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IL PECCATO ORIGINALE

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IL PECCATO ORIGINALE

Luca Vinci

2014

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I

NTRODUZIONE

Nella teologia contemporanea una delle caratteristiche è la preoccupazione metodologica, e in questo senso nello studio sul peccato originale la principale difficoltà è quella di determinare il soggetto. Il termine “peccato originale” non si trova nella Scrittura e ancora oggi si discute su quale sia il concetto a cui il termine corrisponde.

In questo senso cercano una risposta i testi che ho utilizzato per questo elaborato, si parte con l’analisi dei testi della Scrittura, da Genesi 3 a Romani 5:12-21, per arrivare ad affermare che l’intera Bibbia contiene riferimenti alla condizione di peccato dell’umanità.

Nel secondo capitolo elencherò in breve come il tema del peccato originale sia stato affrontato dai Padri ad oggi, passando da Agostino, Tommaso e il concilio di Trento, vedendo i punti di contrasto, ma soprattutto evidenziando i punti in comune e nello specifico il punto centrale di tutta l’analisi del peccato originale, ossia la redenzione in Cristo che sarà il tema specifico del terzo capitolo.

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Capitolo 1

I

L PECCATO ORIGINALE NELLA

B

IBBIA1

Il punto di appoggio del peccato originale per la teologia occidentale era la testimonianza storica contenuta in Gen. 2-3, alla luce di Rom. 5:12-21. Rispondendo affermativamente alla domanda se il primo peccato dell'uomo si trasmetta ai discendenti per via di generazione, si poteva esprimere questo primo peccato col nome di peccato originale e porre così altre domande, ad esempio se questo peccato si identifichi o meno con la concupiscenza.

Dopo le discussioni sulla storicità del racconto di Genesi 3, il peccato di Adamo non appare così chiaramente determinato. Inoltre occorre precisare in che senso il peccato commesso da Adamo passa ai posteri.

Per tali ragioni negli ultimi anni il soggetto della domanda teologica è diventato la dottrina conosciuta. La catastrofe primordiale, causata dalla libertà umana, è diventata una delle soluzioni al problema del male, sia esso fisico, estetico, intellettuale o morale. Ma qual è la sua origine e fino a che punto può giustificarsi davanti alla ragione? Il teologo cattolico crede che il dogma è in continuità con la predicazione degli apostoli in modo che sia giustificabile dalla ragione. Occorre esprimere ciò che ci dice la fede sul peccato originale in modo che sia in continuità sia con le fonti della fede, sia con l’ambiente intellettuale contemporaneo.

1.1 Genesi 3

Le opere esegetiche, fino al secolo scorso, nell’analizzare Genesi 3 insistevano sul carattere storico del racconto, supponendo che l’autore sacro avesse conosciuto questa storia per mezzo di una rivelazione speciale o per trasmissione orale dei fatti.

1 Maurizio FLICK e Zoltán ALSZEGHY, Il peccato originale, Queriniana, Brescia 19742.

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Il racconto doveva essere interpretato in senso letterale, ammettendo un’interpretazione simbolica solo in specifici casi. Questo causava però incertezza su ciò che andava interpretato in senso letterale e ciò che invece poteva essere interpretato simbolicamente.

Alcuni esegeti già allora cercavano un criterio interno, ossia determinabile studiando lo stesso testo, per distinguere ciò che si doveva leggere in senso letterale da ciò che era metaforico. Solo quando anche gli esegeti cattolici riconobbero una maggiore importanza al contesto storico dei racconti, furono chiari alcuni presupposti metodologici. Affermando che Genesi 2-3 è un racconto storico, occorre precisare che non è un’opera storiografica. L’autore si prefigge come fine la comunicazione di una dottrina religiosa. Gli esegeti per lo più hanno evitato di applicare a questo racconto la categoria del mito, termine che oramai ha assunto un altro senso, non riferendosi al valore del contenuto, ma al genere letterario. Un altro tentativo di rinchiudere il racconto in un genere letterario è quello di interpretarlo come racconto mitologico, una storia costruita per dare una spiegazione alla condizione umana dandone una causa. Il Rahner parla invece di «etiologia storica», per mettere in evidenza la specificità dell’etiologia del racconto del primo peccato. Un’etiologia che caratterizza la condizione presente dell’umanità e indica l’origine di questo stato in un fatto avvenuto in un tempo determinato, storico.

Con questo racconto l’autore ispirato vuole spiegare l’origine dei mali che opprimono l’uomo, la sua attuale condizione di debolezza nei confronti della seduzione del male, frutto del peccato di Adamo, e su questo gli esegeti concordano.

L’autore sacro indica un peccato concreto, commesso all’inizio della storia, peccato che ha i tratti del peccato umano, ossia la volontà di determinare il proprio bene e il proprio male senza riguardo a Dio, il rifiuto della condizione di creatura fatta ad immagine di Dio. Adamo è un uomo, ma in quest’uomo emerge la figura di ciascun uomo, viene descritto come il primo padre di tutta l’umanità, e molti esegeti ritengono che questo legame biologico non appartiene al messaggio dell’autore, si tratterebbe invece di una rappresentazione collettiva.

L’effetto della caduta è stato la separazione da Dio, l’esclusione dalla familiarità con Dio che ha colpito Adamo per primo e tutta l’umanità in conseguenza. Una

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esclusione che spiega il prevalere del peccato a cui però si contrappone la benedizione data ad Abramo e con lui a tutte le genti. Il peccato viene descritto come una forza distruttiva, che dà inizio ad una reazione a catena fin dal primo momento in cui entra nell’umanità.

Riguardo la morte come conseguenza del peccato originale, vi sono diverse ipotesi.

Possiamo distinguere tra morte biologica e morte come esperienza psicologica. La morte biologica secondo alcuni avrebbe avuto luogo anche senza il peccato di Adamo, ma l’uomo l’avrebbe vissuta come un semplice transito da questa all’altra vita. Un’altra ipotesi è che Dio in previsione del peccato avrebbe creato l’uomo mortale.

1.2 Romani 5:12-21

Fino a non molto tempo fa si pensava che il fondamento del peccato originale risiedesse quasi esclusivamente nel parallelismo antitetico che Paolo fa tra Adamo e Cristo, con Adamo per cui il peccato entra nel mondo e Cristo per cui la giustizia è stata sovrabbondantemente restituita agli uomini. Proprio su quanto contenuto in Rom. 5:12 si basa la risposta dei concili contro i pelagiani a semipelagiani e del concilio di Trento contro Erasmo. I concili così affermano che la negazione del peccato originale è in opposizione con quanto afferma Paolo in Rom. 5:12.

Allargando il campo della ricerca riguardo il fondamento biblico del peccato originale, si vede che la Scrittura contiene indizi che riguardano la miseria e la corruzione che penetrano l’uomo, e attraverso la presa di coscienza di questa condizione umana, intendere pienamente la profondità dell’opera di redenzione di Cristo.

Tornando a Paolo, nello specifico Rom. 5:12, si vede che viene tracciato un parallelismo antitetico tra Cristo e Abramo, ma lo schema che utilizza Paolo è differente da quello del mondo culturale moderno e occidentale. Si tratta di un’argomentazione rabbinica, che segue un tracciato circolare.

Questa difficoltà si palesa nelle divergenti opinioni espresse da diversi esegeti in merito al contenuto dottrinale del testo. Secondo alcuni nel testo si riscontra un vero

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peccato esistente in tutti a causa di Adamo, per altri si tratta solo del fondamento per la dottrina del peccato originale. Queste controversie filologiche sono viste dalla dogmatica come questioni secondarie, non inerenti le questioni centrali della teologia dogmatica.

Il parallelismo antitetico può essere così schematizzato: l’azione di un uomo produce negli altri uno stato, l’azione di Adamo procede verso il peggio, l’azione di Cristo procede verso il meglio e la sua azione supera enormemente l’efficacia dell’azione di Adamo. I termini peccato e morte usati in questo caso da Paolo sono delle forze che entrate nel mondo dominano l’uomo e si manifestano concretamente.

Occorre anche chiarire quale sia il significato del termine peccatore. Dal peccato personale di Adamo si determina uno stato di peccato generale, che si estende incontrastato su tutti gli uomini e viene aggravato dai peccati personali. Oppure, e questa è l’interpretazione più diffusa, il termine peccatori indica persone che commettono peccati personali. L’influsso di Adamo consisterebbe nel produrre una situazione nella quale i singoli non possono non commettere peccati personali.

Il peccato personale dei singoli è un’inevitabile conseguenza della condizione umana a causa del peccato di Adamo. La morte totale invade così l’umanità ed è vinta soltanto dalla redenzione in Cristo. Occorre dire che Paolo non considera la condizione dei bambini che non arrivano a compiere un peccato personale.

Tutti sono peccatori e dunque tutti hanno bisogno di Cristo redentore, e il peccato di Adamo ha una parte decisiva nella necessità universale della redenzione. Tuttavia non è possibile desumere con chiarezza dal testo se l’influsso mortifero del peccato di Adamo si attua a prescindere dai peccati personali o se questi ultimi sono condizione o anche cause intermedie della sua efficacia. Tuttavia secondo Paolo l’influsso che Adamo ha esercitato su tutta l’umanità non è il semplice cattivo esempio, ma implica una corruzione profonda della realtà umana. L’influsso di Adamo include quantomeno una inclinazione al peccato, inclinazione che solo per il contrapposto influsso di Cristo può essere superata.

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Il punto centrale di Rom. 5:12-21 è il riferimento alla salvezza, l’affermazione che tutti siamo stati salvati dal potere della morte e dal peccato per Cristo Gesù. Risulta invece secondario l’asserto secondo il quale l’umanità è caduta sotto la schiavitù del peccato non solo per colpa personale, ma per colpa altrui, del peccato di Adamo.

1.3 Il vero fondamento biblico

Si può supporre, erroneamente, che un dogma debba essere affermato esplicitamente nella Scrittura, o quantomeno possa essere dedotto da una premessa contenuta nella Scrittura. Basta però riflettere sul modo in cui i dogmi mariani sono affiorati nella coscienza della chiesa per capire che non è così.

Per quanto riguarda il peccato originale abbiamo un duplice dato biblico, la rappresentazione della condizione umana e la ricerca delle origini degli aspetti oscuri di questa condizione. Notiamo una progressione, in cui la miseria causata dal primo peccato, che causa l’espulsione di Adamo dall’Eden, viene accresciuta da nuovi peccati e si moltiplica sulla terra, a partire dall’omicidio compiuto da Caino nei confronti di suo fratello Abele. Questo moltiplicarsi del peccato dipende da una debolezza intrinseca dell’uomo. Inizia con la chiamata di Abramo una serie di interventi straordinari posti in essere da Dio.

Finché Cristo da se stesso per la rinascita dalla morte del peccato. Tutti prima della conversione erano immersi nel peccato solo il dono dello Spirito dà la forza di rompere col peccato.

Paolo mette in luce la contraddizione dell’esistenza umana, l’uomo approva il bene, ma è irresistibilmente attratto dal male. Il dominio del peccato non si può spiegare se non con una malizia esistenziale che precede le scelte deliberate.

Il male che opprime l’uomo è frutto del peccato umano, è un risultato dell’amore rifiutato. Il male non è mai direttamente voluto da Dio.

Tutti gli uomini peccano, universalità spiegata con un’inclinazione universale ed irresistibile da cui l’uomo non può liberarsi. Mentre la corruzione umana è ampiamente descritta nella Bibbia, la caduta si intravede solo marginalmente.

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Capitolo 2

I

L PECCATO ORIGINALE DAI

P

ADRI A OGGI2

Il dogma cattolico evolve in un processo unico e irreversibile non ancora giunto a conclusione. In certi casi la legittimità dello sviluppo sarà chiara perché sarebbe illogico affermare le fasi anteriori del processo e negare quelle seguenti, in altri casi nonostante non si verifichi questa situazione, il processo storico viene ritenuto valido e la sua legittimità deriva dal movimento carismatico legato ad esso, dal consenso della chiesa vissuto nel concreto e dalla presa di posizione del magistero.

2.1 I primi quattro secoli

La teologia paleocristiana dei primi quattro secoli non riesce a risolvere le incertezze lasciate dalla Bibbia sulla condizione da cui Cristo ci salva. Sarà Agostino nel quinto secolo ad analizzare nel profondo questo aspetto, tuttavia non bisogna trascurare l’interesse che i primi quattro secoli hanno nella storia del dogma del peccato originale.

Gli scarsi elementi contenuti negli scritti dei Padri Greci sul peccato originale vengono interpretati in modo diverso. Alcuni ritengono che le opere patristiche preagostiniane non contengono affermazioni di un peccato propriamente detto esistente in tutti gli uomini prima del battesimo a causa del peccato di Adamo. Altri giudicano addirittura inconciliabile col pensiero dei Padri preagostiniani il peccato originale, giudizi che si fanno strada nella letteratura cattolica nel tempo della crisi modernista.

2 Maurizio FLICK e Zoltán ALSZEGHY, Il peccato originale, Queriniana, Brescia 19742.

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Altri ancora, invece, danno un giudizio opposto, affermando di ritrovare nella letteratura patristica preagostiniana pensieri conformi alla dottrina tridentina sul peccato originale.

Queste correnti di pensiero citano scritti dei Padri preagostiniani a favore della propria tesi. Se ricercatori di spessore giungono a conclusioni talmente differenti la causa va ricercata soprattutto nella diversa impostazione da loro seguita. Nel leggere la letteratura patristica occorre tener conto delle caratteristiche dei singoli autori, il loro temperamento religioso, le loro preoccupazioni controversiste, il loro modo di leggere la Bibbia.

È sbagliato il procedimento che parte da una nozione già determinata per ricercarla nei Padri, un simile modo di procedere ignora il modo in cui i dogmi storicamente si formano. Non bisogna confrontare immediatamente le dottrine odierne con quelle patristiche per determinare se dalle une deriva la verità o la falsità delle altre, occorre invece preoccuparsi di determinare la condizione da cui Cristo ci libera così come è descritta dai Padri, mettendo in secondo piano le proprie opinioni sull’essenza del dogma o per lo meno cercando di non esserne troppo influenzati.

A questo scopo possiamo analizzare l’Omelia pasquale di Melitone di Sardi, un’opera composta verso il 180 da un vescovo di notevole autorità dottrinale.

L’opera mette in evidenza la schiavitù che opprimeva l’umanità e la salvezza, già preannunciata nell’Antico Testamento, realizzata nell’incarnazione, morte e resurrezione di Gesù Cristo.

Riguardo la schiavitù dalla quale Cristo ci libera, Meltione accenna al racconto di Gen. 1-3 parlando della triste eredità trasmessa da Adamo (padre di tutti gli uomini) ai suoi figli. La rovina trasmessa da Adamo è caratterizzata dal fatto che tutti peccano. Da un lato questa peccaminosità deriva, attraverso l’eredità, dal peccato di Adamo, dall’altro i peccati dei singoli sono la ragione perché essi debbano morire. Il rapporto causale tra peccato di Adamo, spinta delle passioni, peccato dei singoli e morte corporale e spirituale non è chiaro. È abbastanza chiaro invece il fatto che, secondo Melitone, il peccato commesso da Adamo condiziona lo stato dell’umanità.

Senza questo condizionamento, non si comprende adeguatamente la salvezza offerta

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da Cristo. Cristo non solamente ci fa progredire nel bene, ma ci libera da una situazione disastrosa che precede ed è sorgente dei nostri peccati personali. L’opera di Melitone non si pone il problema se dal peccato di Adamo deriva una colpevolezza per tutti gli uomini.

Gli uomini sono travolti dalla tirannia del peccato per l’eredità di Adamo, perché agitati dal tumulto delle concupiscenze. La concupiscenza è una tendenza affettiva, spontanea dell’uomo, distinta dalla volontà deliberata, per cui l’uomo è attratto verso un bene. La tendenza non è volta verso il vero bene, ma è un orientamento istintivo verso il mondo terreno che ritarda o impedisce l’apertura verso i beni superiori, specialmente verso Dio.

L’economia della salvezza tende a convertire l’uomo, allontanandolo dalla concupiscenza e riavvicinandolo alla contemplazione di Dio.

Si pensa che l’affermazione che noi tutti abbiamo peccato in Adamo sia stata introdotta da Agostino, in realtà simili affermazioni si ritrovano frequentemente nella letteratura patristica del terzo e quarto secolo. Lo ritroviamo ad esempio in Ireneo.

Ireneo dimostra l’identità del Dio creatore dell’Antico Testamento col Dio Padre del Nuovo Testamento, Dio offeso da Adamo e riconciliato da Cristo, inviato per riparare sul legno della croce la disubbidienza che Adamo ha commesso prendendo il frutto dell’albero proibito. Anche il peccatore è identico, noi abbiamo inciampato in Adamo che ha disobbedito e noi siamo riconciliati nel secondo Adamo che si è fatto obbediente fino alla morte.

Secondo Ireneo il primo peccato ha avuto come effetto una situazione che spinge verso peccati personali. Il primo peccato ha un significato proprio, oltre ad essere causa dei peccati personali, è uno stato di inimicizia con Dio che precede i peccati personali.

Al fine di comprendere come era visto il peccato originale nella chiesa dei primi secoli, è importante analizzare il battesimo dei bambini e se tra i motivi del battesimo dei bambini ci fosse anche quello di ottenere la purificazione o il perdono di una colpa.

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Il battesimo dei bambini era già praticato verso la metà del secondo secolo, diffondendosi sempre di più, fino ad essere prevalente all’inizio del sesto secolo. Il bambino, col battesimo viene immerso nel mistero della morte e risurrezione di Cristo, è santificato e consacrato, riceve il sigillo e l’iniziazione della salvezza, diventa figlio di Dio ed è destinato alla gloria del Regno. Il fatto che fino a tempi recenti il rito battesimale proprio per i bambini non esisteva, fa ritenere che fin dalla chiesa patristica non si vedessero inconvenienti nel trattare i bambini come sottoposti al diavolo, impuri e morti come gli adulti. Anche nei bambini che non hanno ancora commesso peccati personali veniva dunque vista la necessità di una purificazione. Il battesimo, anche se destinato principalmente ad aprire il regno escatologico al battezzato, è anche essenziale per superare la fase precedente della storia della salvezza. In non battezzato era in uno stato immondo e peccaminoso per la sua unione con Adamo.

2.2 Agostino

L’insegnamento di Agostino è decisivo nello sviluppo del dogma del peccato originale. Tanto che è necessario Agostino per comprendere i motivi teologici più profondi della forte reazione della chiesa all’idea che gli uomini nascono senza necessità di essere riconciliati con Dio.

Agostino arrivò progressivamente alla dottrina del peccato originale che difese contro i pelagiani. Già all’inizio della controversia pelagiana Agostino chiama peccato originale non solo il peccato personale di Adamo, ma anche il male che a causa di questo peccato separa gli uomini da Dio. Ma si tratta di una dottrina costruita progressivamente e lentamente, precedentemente ad esempio Agostino considerava l’inclinazione ereditaria verso il peccato come effetto e pena del peccato di Adamo ma non come peccato essa stessa, questo emerge soprattutto nella disputa contro i manichei.

Occorre dunque stabilire come Agostino sia arrivato a dire che la condizione attuale dell’umanità implica anche uno stato di peccato in ogni uomo, finché nel battesimo non viene liberato da Cristo. L’evoluzione del pensiero di Agostino sul peccato

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originale è legato alla maturazione del suo pensiero su diversi temi teologici, dalla sua sempre più profonda comprensione del rapporto tra salvezza umana e Cristo.

A partire dalla sua ordinazione sacerdotale Agostino comincia a comprende maggiormente il primato della grazia, e lo studio approfondito della dottrina paolina lo mette di fronte all’universalità del peccato. Così conclude che la grazia liberatrice è la forza decisiva per l’ascensione verso la riconciliazione con Dio. Fino a vedere la decadenza umana non più come una immersione profonda nella materia, ma come un reato. Così la miseria da cui Cristo ci libera non viene più spiegata attraverso categorie metafisiche, ma morali.

Al centro della maturazione del pensiero agostiniano vi è il ruolo salvifico di Cristo, i figli di Adamo hanno un assoluto bisogno di Cristo redentore. Per Agostino l’influsso di Cristo principalmente è il dono della grazia, tutti abbiamo bisogno di Cristo, tutti abbiamo bisogno della grazia, perché tutti nasciamo senza grazia. Il figlio di Adamo nasce in uno stato di morte spirituale. La grazia di Cristo è liberatrice e sanante.

L’uomo ha bisogno di redenzione e grazia perché è dominato dalla concupiscenza e si trova in uno stato di peccato anche prima di ogni atto personale. Se anche il bambino ha bisogno di Cristo per entrare nel regno dei cieli è perché è già peccatore.

La concupiscenza non è solo uno stato per Agostino, ma è dinamica, un movimento che spinge irresistibilmente a moltiplicare i peccati personali. La miseria umana è una pena derivante dal peccato originale di cui tutti siamo colpevoli.

Nel pensiero agostiniano il peccato originale è rappresentato in tre aspetti che è necessario mettere insieme per comprendere il peccato originale secondo Agostino.

Questi tre aspetti sono la morte dell’anima, la concupiscenza e la solidarietà morale con Adamo.

2.3 La scolastica

Nella scolastica del dodicesimo secolo vi furono tre definizioni di peccato originale:

concupiscenza contraria alla legge divina, perdita della giustizia originale e pena dovuta al peccato commesso da Adamo. Questi tre modi di vedere il peccato

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originale condussero alla teoria di Tommaso che riunisce le prime due teorie e rifiuta la terza. Ponendo così la concupiscenza come elemento materiale e la privazione della giustizia originale come elemento formale del peccato originale.

La scolastica ha meditato su tre problemi principali del peccato: la sua natura, la sua peccaminosità e la sua trasmissione. Nel medioevo prevale la tendenza di considerare il peccato originale come una tara con cui l’uomo nasce a causa del peccato di Adamo. La difficoltà incontrata delle teorie sulla trasmissione del peccato originale visto come tara fisica o metafisica mostrarono che andavano completate. Un'altra difficoltà deriva dal fatto che si venisse considerati colpevoli per un peccato commesso da un’altra persona.

Gli scolastici danno per assodato che tutti i discendenti di Adamo sono peccatori fin dal seno materno, fatto che considerano un mistero. La scolastica avanza teorie complesse per cercare di dare una risposta a questo ed altri misteri sul peccato originale, teorie che però si escludono a vicenda. Le difficoltà di elaborare un’unica teoria capace di conciliare tutte le teorie contrapposte si riscontra nel fatto che l’esistenza del peccato originale era norma di fede, mentre era oggetto di libera discussione la sua natura.

2.4 Il concilio di Trento

Il concilio che costituisce la base dell’attuale insegnamento della chiesa sul peccato originale è il concilio di Trento, che riprese quanto già contenuto nei concili precedenti (in particolare quello di Cartagine e quello di Orange) e ne completò l’insegnamento tenendo conto della situazione contemporanea.

Il concilio di Trento è stata la risposta cattolica alla dottrina protestante, e così fu la sessione V del concilio in cui fu promulgato il decreto sul peccato originale. Il punto di partenza del dogma è la necessità assoluta che tutti gli uomini hanno del Cristo. La situazione storica in cui si svolse il concilio ha come conseguenza che tutto l’insegnamento tridentino sul mistero del peccato originale è espresso in sentenze giudiziali che colpiscono con l’anatema coloro che si oppongono alla dottrina contenuta nel decreto.

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Il decreto sul peccato originale si prefigge di impedire che il popolo cristiano sia contaminato da errori che si stanno diffondendo, conservando l’integrità della fede, e lo fa proponendo un insegnamento basato sulla Scrittura, sulla dottrina dei Padri e dei concili precedenti.

Il primo asserto ha come soggetto il primo uomo, Adamo, che ha perduto la giustizia e la santità. Un cambiamento di Adamo che viene rappresentato dal punto di vista religioso (nella sua relazione con Dio) e antropologico (nella sua condizione umana).

Il secondo asserto ha come soggetto la disubbidienza di Adamo, un delitto che ebbe efficacia sulla sua discendenza, dunque su tutto il genere umano. La perdita di giustizia e santità di Adamo è la perdita di giustizia e santità di ogni uomo. Adamo non ha trasmesso all’umanità solo la morte corporale e le pene fisiche, ma anche il peccato, che è la morte dell’anima.

Il terzo asserto ha come soggetto il peccato di Adamo, non l’atto peccaminoso, ma lo stato in cui si è ritrovato Adamo a seguito della sua disubbidienza e che ha trasmesso a tutto il genere umano. Un peccato che è uno nella sua origine, è trasfuso per propagazione e non per imitazione e inerisce a tutti, come proprio a ciascuno. Unico mediatore e redentore è Gesù Cristo. Viene ribadito l’effetto del battesimo anche sui bambini.

Il quinto canone afferma che la grazia di Cristo conferita nel battesimo rimette il reato del peccato originale. La concupiscenza permane anche nei battezzati, ma non è peccato, finché ad essa si resiste con la grazia di Cristo. La concupiscenza deriva dal peccato e spinge al peccato, si tratta dell’inclinazione al male che non trova alcun consenso nella vita personale dell’uomo, restando dunque una pura tentazione respinta.

Il decreto definisce anche il peccato originale originato, un peccato che non dipende dall’atto di un individuo, ma viene introdotto per mezzo della stessa generazione. La sua origine è il peccato di Adamo ed è morte dell’anima. Tutti i figli di Adamo, per il suo delitto, hanno perduto la propria innocenza.

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16 2.5 Il peccato originale oggi3

Oggi la concezione tradizionale del peccato originale è divenuta problematica per la nuova visione che l’uomo ha sull’origine dell’umanità e sulla responsabilità della persona. La teologia deve porsi il problema di come riuscire a dare una risposta alle istanze culturali, senza per questo rinunciare ai contenuti della fede.

Neppure oggi, con le attuali conoscenze scientifiche, la fede nella creazione risulta irreale, non solo resta ragionevole, ma appare come l’ipotesi che spiega di più e meglio di tutte le altre teorie. Nel racconto della creazione risulta che il mondo non è il prodotto dell’oscurità e dell’assurdo, deriva da un’intelligenza, da una libertà, da una bellezza che è l’amore. Il racconto della creazione dell’uomo non ci narra come l’uomo ha avuto origine, ma ci dice cosa sia l’uomo, la sua origine più intima.

Sul tema del peccato oggi regna il silenzio, si teme quasi di parlarne, eppure, ognuno deve riconoscersi personalmente peccatore e colpevole, fare penitenza e diventare un altro. Il racconto del peccato di Adamo in Gen. 3 è un frammento dell’opera dello Spirito Santo che convince il mondo e noi di essere peccatori non per umiliarci, ma per redimerci, per renderci veri e sani. Il serpente non tenta negando Dio, ma creando il sospetto sulla sua alleanza, ed è facile far credere all’uomo che l’alleanza con Dio lo priva della sua libertà. L’uomo nega la propria verità quando considera la dipendenza dall’amore supremo come una schiavitù. Rifiutando la propria creaturalità, l’uomo vuole diventare Dio, ma non può, diventa solo schiavo del proprio potere che lo distrugge.

Il peccato, nella sua essenza, è rinuncia alla verità, l’uomo che vive nella menzogna e nell’irrealtà vive una vita di apparenza e cade vittima del dominio della morte. Nel racconto della Genesi il peccato non è una possibilità astratta, ma un dato di fatto, è il peccato di Adamo, commesso all’inizio dell’umanità e da cui comincia una storia di peccato. Un peccato che genera peccato.

3 Joseph RATZINGER, Creazione e peccato. Catechesi sull’origine del mondo e sulla caduta, Paoline, Torino 1986.

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Oggi ci appare assurdo il concetto di peccato originale, non concepiamo una colpa che non sia una realtà personalissima. Ma bisogna partire dal fatto che l’uomo è relazione, ed essere veramente uomo significa stare nella relazione dell’amore, del da e del per. Il peccato nega la relazione, è una perdita di relazione, la turba e influenza il tutto. Il peccato colpisce anche l’altro, trasforma il mondo.

Se dunque questa struttura relazionale dell’umanità è turbata fin dall’inizio, da allora in poi, ogni uomo entra in un mondo caratterizzato dal turbamento delle relazioni.

L’uomo vive relazioni non come dovrebbero essere, ma trasformate dal peccato. Se l’uomo è in questo stato di turbamento a causa del fatto che vuole essere Dio, possiamo essere redenti solo rinunciando all’illusione dell’autonomia. Quindi l’uomo non può redimersi da solo, solo il Creatore può essere il nostro redentore.

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Capitolo 3

L

A REDENZIONE IN

C

RISTO

La risposta che il Nuovo Testamento dà al racconto della caduta può essere trovata in modo chiaro nell’inno che Paolo ha inserito nel secondo capitolo della lettera ai Filippesi. Gesù Cristo compie un percorso inverso rispetto a quello compiuto da Adamo. Gesù Cristo, che è veramente uguale a Dio perché è veramente Dio, diventa totalmente dipendente, il servo. Percorrendo la via dell’amore, del dono di sé fino alla morte ha ristabilito la verità.4

Il Cristo rappresenta l’uomo veramente nuovo, che dice si là dove l’uomo del peccato ha detto no e che dice no là dove l’uomo del peccato ha detto si. Nel Cristo il male e il suo ‘principe’ sono realmente vinti, non nella loro esistenza (perché la libertà, che è la loro unica sorgente, rimane intatta e tuttora ci è possibile sottometterci al loro impero e perfino propagarlo), ma sono realmente vinti nella loro potenza, poiché il Figlio di Dio nella carne è per sempre al nostro fianco. È l’Agnello immolato, cui il Padre volge lo sguardo fin da prima della creazione del mondo, l’Agnello predestinato fin da prima della fondazione del mondo rappresenta l’amore eterno di Dio per il mondo e il peso di dolori che questo mondo gli costa. Non rappresenta in primo luogo la condizione posta da Dio perché Dio possa amarci un giorno, ma è il prezzo che paga egli stesso affinché noi lo amiamo. È dove Dio decide di passare per venire fino a noi.5

4 Joseph RATZINGER, Creazione e peccato. Catechesi sull’origine del mondo e sulla caduta, Paoline, Torino 1986.

5 Gustave MARTELET, Libera risposta ad uno scandalo. La colpa originale, la sofferenza e la morte, Queriniana, Brescia 1987.

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C

ONCLUSIONI

Il tema del peccato originale, appare oggi ai margini, eppure si tratta di un tema, senza il quale non è possibile comprendere l’immenso amore di Dio per l’uomo. Un uomo che nella sua libertà respinge questo amore, che continuamente è attratto dal male eppure viene salvato da Dio.

L’essere creature ci spaventa, ci fa sentire meno liberi, eppure, non c’è niente di degradante nella dipendenza se ha la forma dell’amore, perché così non è più dipendenza, non è più diminuzione, perché l’amore è «Io voglio che tu esista». Noi esistiamo perché Dio ci ama e siamo chiamati a rispondere con l’amore a questo amore.

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IBLIOGRAFIA

FLICK Maurizio e ALSZEGHY Zoltán, Il peccato originale, Queriniana, Brescia 19742. MARTELET Gustave, Libera risposta ad uno scandalo. La colpa originale, la

sofferenza e la morte, Queriniana, Brescia 1987.

RATZINGER Joseph, Creazione e peccato. Catechesi sull’origine del mondo e sulla caduta, Paoline, Torino 1986.

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I

NDICE

INTRODUZIONE ... 3

CAPITOLO 1IL PECCATO ORIGINALE NELLA BIBBIA ... 4

1.1 Genesi 3 ... 4

1.2 Romani 5:12-21 ... 6

1.3 Il vero fondamento biblico ... 8

CAPITOLO 2IL PECCATO ORIGINALE DAI PADRI A OGGI ... 9

2.1 I primi quattro secoli ... 9

2.2 Agostino ... 12

2.3 La scolastica ... 13

2.4 Il concilio di Trento ... 14

2.5 Il peccato originale oggi ... 16

CAPITOLO 3LA REDENZIONE IN CRISTO ... 18

CONCLUSIONI ... 19

BIBLIOGRAFIA ... 20

INDICE ... 21

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