S. Gentile
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Seconda Università di Napoli, Napoli
Corrispondenza: prof. Sandro Gentile, via Luca Giordano 121, 80128 Napoli e-mail: s.gentile1949@gmail.com G It Diabetol Metab 2015;35:16-21 Pervenuto in Redazione il 14-01-2015 Accettato per la pubblicazione il 20-01-2015 Parole chiave: diabete, epatopatie, NAFLD, NASH, HCC, HVC
Key words: diabetes, liver failure, NAFLD, NASH, HCC, HCV
Rassegna
Diabete e fegato
RIASSUNTO
Circa il 30% dei pazienti con cirrosi ha il diabete mellito (DM). At- tualmente, è una questione ancora dibattuta se il DM di tipo 2, in assenza di obesità e ipertrigliceridemia, possa essere un fattore di rischio per la malattia epatica cronica. Il DM, che si sviluppa come complicazione della cirrosi, è noto come “diabete hepato- genous”. La resistenza all’insulina nei tessuti muscolare e adi- poso e l’iperinsulinemia sembrano essere le basi fisiopatologiche del diabete in corso di malattie del fegato. Steatosi epatica non alcolica, cirrosi alcolica, epatite cronica C (CHC) ed epatocarci- noma sono più frequentemente associati con DM. L’insulino- resistenza aumenta il fallimento della risposta al trattamento in pazienti con CHC e accresce la progressione della fibrosi. DM in pazienti cirrotici può decorrere in modo subclinico ed è meno fre- quentemente associato con microangiopatia e i pazienti soffrono più frequentemente di complicanze della cirrosi. DM aumenta la mortalità dei pazienti cirrotici. Il trattamento del diabete in un sog- getto epatopatico è complesso a causa di potenziale epatotos- sicità di molti ipoglicemizzanti orali.
SUMMARY
Diabetes mellitus and liver disease
About 30% of patients with cirrhosis have diabetes mellitus (DM).
It is still debated whether type 2 DM in the absence of obesity and hypertriglyceridemia is a risk factor for chronic liver disease.
DM that develops as a complication of cirrhosis is known as “he- patogenous diabetes”. Insulin resistance in muscle and adipose tissues and hyperinsulinemia seem to be the patho-physiologic bases of diabetes in liver disease. An impaired response of the islet β-cells of the pancreas and hepatic insulin resistance are also contributory factors. Non-alcoholic fatty liver disease, alco- holic cirrhosis, chronic hepatitis C (CHC) and hepato-carcinoma are more frequently associated with DM. Insulin resistance in- creases the likelihood of failure to respond to treatment in pa- tients with CHC and boosts the progression of fibrosis. DM in cirrhotic patients may be subclinical. Hepatogenous diabetes is clinically different from type 2 DM: it is less frequently associated with microangiopathy and patients more often suffer complica-
tions of cirrhosis. DM increases the mortality of cirrhotic patients.
Treatment of the diabetes is complex because of the liver damage and the hepatotoxicity of many oral hypoglycemic drugs.
L’interesse del diabetologo per l’associazione tra malattie
epatiche e diabete mellito deriva dall’elevata frequenza con
cui queste due patologie coesistono nello stesso soggetto,
creando una serie di problematiche cliniche non sempre sem-
plici da affrontare, non ultime la definizione di possibili rischi
additivi per la salute, la necessità di modulare le prescrizioni
nutrizionali e farmacologiche, l’attenzione a una diversa rile-
vanza delle complicanze e degli effetti collaterali delle strate- gie terapeutiche, prima fra tutte il rischio di ipoglicemia. L’as- sociazione tra cirrosi epatica e diabete di tipo 2 potrebbe sembrare derivante dal fatto che si tratta di due condizioni morbose piuttosto frequenti, ma esistono solide evidenze che nei diabetici è più alto il rischio di epatopatia e, viceversa, nel- l’epatopatico è più elevata la presenza di alterazioni del me- tabolismo glucidico. Questa rassegna non ha la pretesa di esaminare tutte le numerose informazioni disponibili in lette- ratura sull’associazione tra epatopatie e diabete, ma vuole concentrare l’attenzione del lettore sui principali quadri clinici e sulle strategie terapeutiche più appropriate per affrontarli.
Espressioni cliniche
L’elevazione delle transaminasi (AST, ALT) nel diabetico di tipo 2 (DM2) è piuttosto frequente
(1,2)ed è ascrivibile nella maggior parte dei casi alla presenza di steatosi (NAFLD, non alcoholic fatty liver disease, steatosi epatica non alcolica) o di infezione virale o ad abuso etilico, anche se tali fattori patologici pos- sono essere presenti in un numero non irrilevante di soggetti senza alterazioni di AST, ALT.
È altresì noto da tempo che l’epatomegalia è di frequente ri- scontro in DM2
(3)e quando si associa a elevazione di AST/ALT rende decisamente più probabile la presenza di patologia epatica
(4,5), il che dà solitamente inizio a un percorso diagno- stico volto alla ricerca delle possibili cause, come la presenza di virus epatitico B (HBV) e C (HCV), indicatori di abuso eta- nolico ( γGT), steatosi epatica (SE).
Fino al 96% dei pazienti con cirrosi può avere intolleranza glu- cidica e il 30% può essere clinicamente diabetico
(6), e la fre- quenza di alterazioni del metabolismo glucidico cresce progressivamente al crescere della severità dell’epatopatia, fino alla cirrosi scompensata e alla cancro-cirrosi
(4).
Diabete mellito di tipo 2 come fattore di rischio per malattie epatiche croniche ed epatocarcinoma
Il rischio di sviluppare malattie epatiche croniche è più elevato in soggetti con diabete di tipo 2 e questo fenomeno è noto da molto tempo, tanto che è stato coniato il termine di diabete epatogeno
(7). Tale rischio è stato calcolato come 2 volte più elevato rispetto alla popolazione generale, indipendentemente da malattia epatica alcolica, epatite virale e fattori demogra- fici
(5). Anche il rischio di epatocarcinoma (HCC) è significati- vamente più elevato nei diabetici di tipo 2
(8-10)(Tab. 1).
Steatosi epatica non alcolica (NAFLD)
La SE è molto frequente in diabetici di tipo 2 e può rappre- sentare il punto di partenza per quadri evolutivi di malattia epatica progressivamente più gravi, fino all’epatocarcinoma
(HCC) (Fig. 1). La SE riflette un alterato bilancio tra assorbi- mento intestinale e sintesi epatica di acidi grassi e loro suc- cessiva ossidazione e immissione in circolo. Il fattore patogenetico principale è l’insulino-resistenza (IR), che rap- presenta anche l’anello di congiunzione con il DM2
(11). L’IR promuove la lipolisi, favorisce l’aumento di acidi grassi in cir- colo e il loro conseguente accumulo nel fegato. Gli acidi grassi accumulati nel fegato sono poi ossidati dal sistema mitocon- driale, con l’innesco a catena di infiammazione, necrosi e fi- brosi. A questo processo evolutivo prendono parte radicali liberi, TNF- α, citochine infiammatorie e bassi livelli di adipo- nectina, che nei quadri evolutivi favoriscono lo sviluppo della steato-epatite non alcolica (NASH). Tra NAFLD e diabete esi- ste una forte associazione testimoniata da un’elevata fre- quenza di DM2 o di IGT (impaired glucose tolerance, alterata tolleranza al glucosio) nei pazienti seguiti dagli epatologi per NAFLD, mentre nei diabetici la steatosi ecograficamente do- cumentabile è presente in una percentuale almeno doppia ri- spetto alla popolazione generale. Il diabete costituisce un fattore di rischio per la NASH nei soggetti con steatosi e, nelle persone con diabete, la presenza di NAFLD costituisce un fattore di rischio di mortalità sia totale sia per specifiche cause epatiche
(12). La mortalità nel diabete con NAFLD aumenta anche in presenza di cardiopatia ischemica e con l’aumen- tare dell’età
(13)e la NAFLD è un fattore di rischio indipendente per complicanze micro- e macrovascolari
(14).
NAFLD 80%
NASH 10%
CIRROSI
10% HCC
Severità progressiva dei quadri clinici