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CONSIGLIO DELL ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA

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Academic year: 2022

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(1)

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA

PRIMA EDIZIONE

del

CORSO DI FORMAZIONE PER AMMINISTRATORI DI SOSTEGNO

Dott. Stefano Pizza Avv. Saveria Mobrici

TUTOR

Avv. Celeste Attenni, Avv. Giovan Filippo Ermini, Avv. Giuliana Scrocca, Avv. Anna Maria Tripodi

INTRODUCE

Cons. Donatella Cerè

INTERVENGONO

(2)

VI° INCONTRO 9 FEBBRAIO 2022

La responsabilità penale

dell’amministratore di sostegno


(3)

Dott. Stefano Pizza

Pubblico Ministero

presso il Tribunale di Roma

(4)

Avv. Saveria Mobrici

Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma

Vice responsabile Commissione Diritto e Procedura Penale

(5)

Abuso d’ufficio

(art. 323 c.p.)

Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità , ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità.

(6)

Peculato

(art. 314 c.p.)

Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi.

Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito

al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è

stata immediatamente restituita.

(7)

Avv. Giovan Filippo Ermini

TUTOR corso ADS

(8)

Truffa

(art. 640 c.p.)

Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549:

1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o dell'Unione europea o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;

2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorità;

2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal

capoverso precedente o la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, primo comma, numero 7.

(9)

Appropriazione indebita

(art. 646 c.p.)

Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000.

Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è

aumentata

(10)

Il caso

• Ricorso per la nomina di AdS da parte delle due figlie;

• dopo pochi giorni dal ricorso, le figlie hanno portato la signora dal Notaio per farle firmare una procura a vendere e, dopo un solo giorno, una delle due ha firmato da una figlia l’accettazione di una proposta alla Agenzia Immobiliare, dopo che la Sig.ra era stata forzatamente trasferita in una casa di cura;

• il Giudice Tutelare, a differenza di quanto richiesto dalle figlie, che si dichiaravano disponibili ad assumere l’incarico di AdS, nominava un terzo che impediva loro di concludere tempestivamente la vendita e percepirne i proventi;

• immediata querela: capo di imputazione:

(11)

La querela sporta nei confronti dell’AdS è strumentale alla successiva istanza di revoca dell’AdS, basata sulla incompatibilità delle funzioni, per essere l’AdS sottoposto a procedimento penale per la grave condotta nei confronti della beneficiaria stessa e firmata dalla beneficiaria, di anni 88, affetta da una grave forma di demenza senile e da un grave deterioramento cognitivo.

Seguono:

• indagini preliminari

• procedimento per la revoca dell’AdS, dinanzi al GT

➡ Si concludono, dopo circa due anni con l’archiviazione.

(12)

Il pubblico ufficiale, che ricevendo o formando un atto nell'esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell'art. 476.

Falsità ideologica

commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici

(art. 479 c.p.)

(13)

• Grave sinistro stradale che portava l’invalidità al 100% del Sig. L.;

• veniva nominato AdS il figlio diciottenne;

• L. conferiva mandato per la gestione del sinistro a due legali che ottenevano un risarcimento di circa 1 milione di euro:

• senza alcuna autorizzazione del GT, l’AdS pagava i legali per circa 700mila euro, indirettamente, intestando auto, quadri, gioielli a loro stessi ed ai rispettivi coniugi;

• il Giudice revocava l’AdS ed inviava gli atti alla Procura della Repubblica per le gravi responsabilità dell’AdS che aveva agito, insieme alla ex moglie del Beneficiario, madre dell’AdS, gestendo i soldi del Beneficiario in modo del tutto illegale e violando i suoi doveri di AdS-pubblico ufficiale;

• indagati l’AdS, la madre e gli avvocati, per abuso d’ufficio, falso e truffa.

Il caso

(14)

Avv. Celeste Attenni

TUTOR corso ADS

(15)

Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.

Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.

Rifiuto d’atti d’ufficio.

Omissione.

(art. 328 c.p.)

(16)

• Situazione di grave conflittualità tra fratelli, comproprietari con la madre di un rilevante patrimonio.

• Due sorelle chiedono la nomina di AdS. Il terzo fratello trasferisce la madre in altra città.

• Trasmessi gli atti al Tribunale competente, con nomina di AdS esterno al nucleo familiare.

• Il figlio che ha trasferito la madre a casa sua vuole ora inserirla in casa di riposo, ma il decreto nulla dice al riguardo e le spese per la retta della struttura ipotizzata superano il limite mensile previsto.

• Il conto corrente della Beneficiaria è incardinato in una banca della città di provenienza e all’AdS vengono frapposti molteplici ostacoli sia al trasferimento che all’operatività.

• Il figlio presenta all’AdS scontrini di rilevantissime spese che asserisce di aver effettuato per la madre (tra cui conti del ristorante per decine di persone e svariate centinaia di euro in scarpe).

• L’AdS deposita numerose note di aggiornamento ed istanze affinché, effettuate le necessarie valutazioni, autorizzi quanto eventualmente dovuto.

Il caso

(17)

• Nelle more dei provvedimenti del Giudice Tutelare, il figlio presenta una strumentale querela per omissione di atti d’ufficio, tale tentando di qualificare il mancato rimborso delle spese non autorizzate dal GT, i tempi imposti dalla banca per il rimborso di quelle ordinarie e la necessità di attendere l’autorizzazione del GT per l’eventuale trasferimento residenziale.

• Lo stesso chiede inoltre la revoca dell’AdS, proponendo per l’incarico se stesso.

• L’AdS ipotizza di chiedere l’esonero e si reca a colloquio con il GT.

Esiti:

➡ Le indagini preliminari si concludono con la richiesta di archiviazione

➡ L’AdS viene esonerato ma emerge oltre che il figlio della Beneficiaria, oltre ad essere

in conflitto con le sorelle, ha precedenti penali e quindi viene nominato un ulteriore

AdS estraneo alla famiglia

(18)

Avv. Giuliana Scrocca,

TUTOR corso ADS

(19)

In quali reati può incorrere l’AdS

Come già sappiamo, con il decreto di nomina il Giudice Tutelare indica all’amministratore di sostegno in maniera precisa il contenuto dell’attività che egli dovrà svolgere, e a tal fine gli conferisce particolari poteri e facoltà.

Dal decreto di nomina derivano, dunque, precisi obblighi ma anche responsabilità, alcune riguardanti la situazione specifica, altre invece dipendenti dall’incarico stesso di amministratore di sostegno.

Seppur non espressamente previsto dalla legge, a tutti gli effetti, l’amministratore di sostegno è un pubblico ufficiale. Vi sono numerosi elementi che confermano tale circostanza:

• la prestazione del giuramento prima dell’assunzione dell’incarico (art. 349 cod. civ.);

• il regime delle incapacità e delle dispense (artt. 350-353 cod. civ.);

• la disciplina delle autorizzazioni, le categorie degli atti vietati, il rendiconto annuale al giudice tutelare sulla contabilità dell’amministrazione (artt. 374-388 cod. civ.);

• l’applicazione, nei limiti di compatibilità, delle norme limitative in punto di capacità a ricevere per testamento

(artt. 596, 599 cod. civ.) e capacità di ricevere per donazioni (art. 779 cod. civ.).

(20)

I reati di falso sono anzitutto inclusi nel Libro II, Titolo VII del codice penale, che disciplina i delitti contro la fede pubblica.


A seguito della depenalizzazione del falso in scrittura privata, i delitti in esame hanno una portata limitata agli atti con rilevanza pubblica.


È possibile raggruppare i reati di falso in due “macro-categorie”: la contraffazione o alterazione di un documento autentico (falso materiale) e l’attestazione in un documento di fatti non rispondenti alla realtà (falso ideologico).

Nel dettaglio, i reati di falso sono:

• Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 476 c.p.);

• Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative (art. 477 c.p.);

• Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti (art. 478 c.p.);

• Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 c.p.);

• Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative (art. 480 c.p.);

• Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità (art. 481 c.p.);

• Falsità materiale commessa dal privato (art. 482 c.p., che estende la falsità materiale di cui agli artt. 476, 477 e 478 c.p. al privato, con riduzione di 1/3 della pena);

• Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.);

• Falsità in foglio firmato in bianco. Atto pubblico (art. 487 c.p.);

• Uso di atto falso (art. 489 c.p.);

• Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri (art.

495 c.p.);

• False dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri (art. 496 c.p.).

Reati di falso

(21)

Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 476 c.p.)

Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni forma in tutto o in parte un atto o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni.

Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso , la reclusione è da tre a dieci anni.

Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 476 c.p.)

Il pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell'esercizio delle sue funzioni, attesta

falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui

ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque

attesta falsamente fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite

nell'articolo 476.

(22)

Ipotesi

La legge quindi punisce il pubblico ufficiale che nell’esercizio del suo incarico rende una falsa attestazione.

Ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo è sufficiente il dolo generico, e cioè la volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione. Tale delitto si verifica, dunque, non solo quando la falsità sia compiuta senza l’intenzione di nuocere ma anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno.

Nel caso dell’amministrazione di sostegno tale circostanza potrebbe verificarsi, ad

esempio, qualora l’amministratore dichiarasse falsamente che il beneficiario si trova in

condizioni di indigenza, per poter così beneficiare di determinati contributi economici,

come ad esempio il reddito di cittadinanza.

(23)

Altro esempio il caso in cui l’ADS faccia una dichiarazione non veritiera di quelle che sono le entrate e le uscite per fare apparire un rendiconto in cui ad es. le uscite sono maggiori rispetto alle entrate o gonfiare le uscite per coprire l’appropriazione di somme dell’amministrato.

In realtà il falso potrebbe essere compiuto anche solo come abbiamo visto nel fare una falsa dichiarazione di indigenza del beneficiario al fine di usufruire di contributi e/o aiuti.

È stato precisato dalla Suprema Corte che “il concetto di atto pubblico è, agli effetti della tutela penale, più ampio di quello desumibile dall’art. 2699 c.c., dovendo rientrare in detta nozione non soltanto i documenti redatti da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, ma anche quelli formati dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato, nell’esercizio delle loro funzioni, per uno scopo diverso da quello di conferire ad essi pubblica fede, purché aventi l’attitudine ad assumere rilevanza giuridica e/o valore probatorio interno alla pubblica amministrazione” (Cass.

pen. sez. V, 17/12/2018, n.3542).

Ipotesi

(24)

Applicazioni in materia di abuso d’ufficio

Il delitto di abuso d’ufficio è uno tra quelli, contro la Pubblica Amministrazione, sul quale si è maggiormente incentrata l'attenzione del nostro Legislatore, se si pensa che la norma è stata novellata e sostituita dapprima dall’art. 13, Legge 26 aprile 1990, n. 86 e poi dall’art. 1, Legge 16 luglio 1997, n. 234, mentre più recentemente, l’art. 1, comma 75, lett. p), della legge 190/2012 e poi il reato di abuso d'ufficio è stato recentemente ridimensionato nella sua portata applicativa dal d.l. 76/2020 convertito in legge 120/2020 (c.d. Decreto Semplificazioni) mediante il quale l'area del penalmente rilevante non viene più ricondotta, come in passato, alla violazione di “norme di legge o di regolamento”, ma viene delimitata alla inosservanza di “specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge”, così escludendo che la fattispecie possa trovare applicazione nel caso di violazione di norme di rango secondario come i regolamenti, ma anche nell'ipotesi di norme di rango primario qualora non derivino violazioni di specifiche regole di condotte imposte al funzionario dalla legge medesima.

Il fondamento della modifica è da rinvenire, in primo luogo, nella necessità di far fronte alla possibile inerzia dei pubblici funzionari fermati dall'assumere decisioni di interesse pubblico per paura di incorrere in violazioni di legge; l'obiettivo, infatti, è stato quello di eliminare dal penalmente rilevante l'eccesso di potere, sulla scia già introdotta dalla legge n. 234 del 1997.

Per effetto di detta modifica normativa, il delitto di abuso di ufficio attualmente è configurabile quando il soggetto agente abbia violato:

• specifiche regole di condotta (non regole di carattere generale);

• regole dettate da norma di legge o atti aventi forza di legge (ad esclusione degli atti di normazione secondaria come i regolamenti);

• regole che non lascino spazio alla discrezionalità del soggetto);

• ha inasprito il trattamento sanzionatorio prevedendo, anziché la pena della reclusione “da sei mesi a tre anni” la più grave pena “da uno a quattro anni”.

(25)

L’art. 323 c.p. delinea un reato “proprio”, in quanto non può essere commesso da chiunque, ma solo da colui il quale possieda, al momento del fatto, una determinata qualifica che, nella fattispecie, è indicata come quella di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio.

L’AdS, qualunque attività ponga in essere, deve agire costantemente nell’interesse del beneficiario, che non sempre è incapace d’intendere e di volere. Ad esempio alcuni amministrati, pur essendo costretti a letto prendono lucidamente decisioni e non hanno alcuna deficienza dal punto di vista cognitivo e psichiatrico. In questi casi, se l’AdS operasse delle scelte circa gli interessi dell’amministrato senza preventivamente informare quest’ultimo, andrebbe a compiere appunto un reato di abuso di atti d’ufficio.

A differenza degli altri due reati, di falso e di omissione di atti d’ufficio, l’abuso di atti d’ufficio non può concorrere con il reato di peculato, posto che l’art. 323 c.p. è una norma di salvaguardia (“salvo che il fatto non costituisca un più grave reato …”). Quindi se l’abuso di atti d’ufficio venisse posto in essere dall’AdS al fine di appropriarsi di beni e/o somme di proprietà del beneficiario (peculato), si avrebbe un assorbimento nel reato di peculato dell’abuso di ufficio, perché il reato più grave sarebbe il reato di peculato.

Applicazioni in materia di abuso d’ufficio

(26)

La fattispecie di abuso di ufficio è stata interessata da una recente ed importante evoluzione normativa che ha intaccato alcuni aspetti degni di nota che possono qui essere così sintetizzati:

1) la struttura oggettiva: il reato di abuso di ufficio è stato trasformato da reato a consumazione anticipata a dolo specifico a reato di evento a dolo generico, nel senso che, come vedremo meglio più avanti, ai fini della consumazione, non è più sufficiente che il pubblico funzionario abbia agito con il fine di vantaggio o danno, ma occorre che vi sia l’effettiva produzione dell’uno o dell’altro;

2) il vantaggio deve essere patrimoniale e doveva essere prodotto in violazione di norme di legge o di regolamento;

3) dal punto di vista dell’elemento psicologico del reato si richiede il dolo intenzionale.

L’art. 410 c.c. stabilisce che l’amministratore deve tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario e tempestivamente informare il beneficiario circa gli atti da compiere nonché informare il giudice tutelare in caso di dissenso con il beneficiario stesso.

Nel caso in cui, invece, l’amministratore agisca ignorando tale obbligo potrebbe incorrere nell’abuso d’ufficio, se con tale comportamento intenzionalmente procuri a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrechi ad altri un danno ingiusto.

Nello svolgimento del proprio incarico egli, dunque, deve sempre rapportarsi con il beneficiario o, nei casi in cui ciò non sia possibile (ad esempio, per le condizioni di salute del beneficiario stesso), con il giudice tutelare, al fine di individuare la soluzione che si ritiene migliore nell’interesse della persona amministrata.

Nelle amministrazioni di sostegno il reato si configura nel caso in cui l’AdS ometta o rifiuti di adempiere ad atti di ufficio richiesti dal giudice o propri del compito (es. omettere la redazione del rendiconto, utilizzare atti o segreti del suo ufficio, interrompere una cura utile per il beneficiario).

Applicazioni in materia di abuso d’ufficio

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