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Le lingue del mondo: un patrimonio importante da difendere

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Academic year: 2022

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Adele Ceccon1

Le lingue del mondo:

un patrimonio importante da difendere

THERE are no handles upon a language Whereby men take hold of it And mark it with signs for its remembrance.

It is a river, this language, Once in a thousand years Breaking a new course Changing its way to the ocean.

It is mountain effluvia Moving to valleys And from nation to nation Crossing borders and mixing.

Languages die like rivers.

Words wrapped round your tongue today And broken to shape of thought Between your teeth and lips speaking

Now and today Shall be faded hieroglyphics Ten thousand years from now.

Sing – and singing – remember Your song dies and changes

And is not here to-morrow Any more than the wind Blowing ten thousand years ago.

(Carl Sandburg Languages)2

Nella vita di tutti i giorni ognuno di noi tende a dare per scontato l'uso della parola e del linguaggio: la conoscenza di un lessico e di una grammatica tramite cui esprimiamo i nostri desideri, le nostre sensazioni, le nostre esigenze, ci appare quasi come una proprietà intrinseca al nostro essere uomini. Eppure non è affatto così: l'acquisizione della nostra prima lingua, la cosiddetta lingua madre, è probabilmente la prima importante conquista intellettuale della nostra infanzia, basilare ed essenziale per tutta la nostra vita futura. La lingua è il nostro primo complesso e articolato strumento di conoscenza e di catalogazione del mondo, il nostro principale mezzo di

1 Docente di Lingua e Letteratura inglese al liceo scientifico Ferraris di Varese.

2 «Una lingua non ha maniglie / con cui gli uomini possano afferrarla / e contraddistinguerla con segni per ricordarla./ È un fiume, questa lingua, /che una volta ogni diecimila anni spezza il suo corso /e si crea una nuova via verso l'oceano./ Sono effluvi di montagna / che si spostano verso le valli / e di nazione in nazione / attraversando confini e mescolandosi./ Le lingue muoiono come i fiumi./ Parole avvolte oggi intorno alla tua lingua / e spezzate in forma di pensiero / tra i tuoi denti e le tue labbra che parlano / ora ed oggi / saranno geroglifici sbiaditi / tra diecimila anni. / Canta – e cantando – ricorda / che il tuo canto muore e cambia / e non sarà qui domani / più del vento / che spirava diecimila anni fa.» (Carl Sandburg, Lingue, traduzione di A. Ceccon)

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comunicazione con gli altri, una delle nostre fonti di espressione artistica e culturale più importanti.

Sarebbe più che naturale avvertire la necessità di prendersi cura della propria lingua madre come di un patrimonio importante, un bene prezioso. Ma ciò avviene comunemente? Siamo consapevoli dell'importanza di tutte le lingue? O, forse, nella frenesia di globalizzazione culturale che ha trascinato nell'ultimo secolo tutto il mondo verso una sorta di imperialismo linguistico dell'inglese, non tendiamo piuttosto a svalutare l'importanza delle singole lingue, e a preoccuparci più dell'acquisizione di quella essenziale lingua straniera, che non della salvaguardia della nostra e di tutte le altre lingue nazionali?

Per tentare di rispondere a queste complesse domande, val la pena partire da alcuni dati che forniscono un'immagine globale.

Quante sono le lingue del mondo?

È difficile dire con esattezza quante siano le lingue attualmente parlate al mondo.

L'organizzazione statunitense Ethnologue ha compilato un database mondiale di lingue in cui ne ha catalogate 7102 come “vive”. Tra queste, 916 (13 %) sono considerate “morenti”: lingue che non verranno più trasmesse alle future generazioni perché i soli parlanti rimasti in vita sono ormai troppo vecchi per avere figli, mentre ben 1531 altre lingue (22%) risultano a rischio di estinzione.

Dal 1950, anno di inizio delle pubblicazioni, ad oggi, Ethnologue riporta la scomparsa di 367 lingue, che non hanno più alcun tipo di uso, nemmeno di valore simbolico, poiché nessuno al mondo le associa più ad un senso di identità. In altre parole, nessuno più si riconosce come parlante nativo di queste lingue. Si tratta di una media di 6 morti linguistiche all'anno. Se questa tendenza negativa procederà con questo stesso ritmo, non apparirà poi più tanto improbabile la catastrofica previsione di un eminente linguista americano che già nel 1992 aveva stupito il mondo accademico, sostenendo che entro il 2100 il 90% delle lingue parlate al mondo sarebbero scomparse.

Tornando al presente, può essere interessante notare la distribuzione delle lingue sul territorio mondiale.

Distribuzione delle lingue mondiali per area di origine Area Lingue viventi Numero di parlanti

Totale % Totale % Media Mediana

Africa 2,138 30.1 815,252,580 13.0 381,316 27,500

America 1,064 15.0 51,527,759 0.8 48,428 1,160

Asia 2,301 32.4 3,779,634,812 60.1 1,642,605 12,000

Europa 286 4.0 1,637,993,977 26.0 5,727,252 35,600

Oceania 1,313 18.5 6,783,496 0.1 5,166 950

Totali 7,102 100.0 6,291,192,624 100.0 885,834 7,000

Come si nota, le situazioni di maggior ricchezza e complessità linguistica si trovano in Asia ed in Africa, mentre l'Europa è il continente con il minor numero di lingue originarie. Inoltre, secondo l'organizzazione Terralingua patrocinata dall'Unesco, le due regioni del mondo in cui sono state di

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Questi sono alcuni dei dati più interessanti che riguardano la situazione attuale:

il 6% delle lingue mondiali è parlato dal 94 % della popolazione

il restante 94 % di lingue è parlato dal 6 % della popolazione

la singola lingua più parlata al mondo è il cinese mandarino (1 miliardo e 197 milioni di parlanti), seguita dallo spagnolo (399 milioni) e dall'inglese (335 milioni)

133 lingue sono parlate da meno di 10 persone

l'83-84 % delle lingue parlate al mondo è “endemico”: esistono in un unico paese.

Perché muoiono le lingue?

Anche se siamo abituati a parlare del latino o del greco antico come di “lingue morte”, in realtà, quando si parla di morte delle lingue al giorno d'oggi, si fa riferimento ad un fenomeno ben diverso.

Il latino non è scomparso senza lasciare traccia, ma si è evoluto e trasformato, dando origine ad una variegata famiglia di lingue (chiamate appunto neolatine o romanze) che sono ben vive e parlate tuttora in molte parti del pianeta (una di queste, lo spagnolo, è, come si è visto, addirittura la seconda più parlata al mondo). In questo caso si tratta di una scomparsa per così dire “naturale”, della spontanea evoluzione e trasformazione di una lingua in un'altra (o più altre), per ragioni storico-culturali complesse. Come nella poesia di Carl Sandburg, la lingua, simile a un fiume, si è creata un altro corso per raggiungere l'oceano.

Invece la morte di una lingua si può manifestare in altri modi e per varie ragioni, ma comporta sempre una situazione in cui una comunità di parlanti di un'unica lingua diventa bilingue e gradualmente abbandona la lingua originaria a favore della seconda. Questo processo di assimilazione può avvenire volontariamente, oppure a causa di un'imposizione. Nel primo caso i parlanti di una lingua, specialmente se minoritaria o regionale, possono decidere spontaneamente di abbandonarla progressivamente per ragioni di carattere economico o utilitaristico, e di acquisire invece una lingua considerata più utile (per esempio per trovare un buon impiego) o percepita come di maggior prestigio culturale. Nel secondo caso invece la lingua di un popolo “conquistatore” (dal punto di vista politico, economico, o culturale) può venire imposta in maniera più o meno violenta come unica scelta possibile ad un popolo “conquistato”, finendo per sostituirne la lingua originaria.

Talvolta la morte improvvisa di una lingua è stata storicamente determinata dalla scomparsa del popolo che la parlava, a causa di epidemie, catastrofi naturali, o perfino di eccidi o genocidi. Si parla allora di “genocidio linguistico”, o “linguicidio”, cioè di un vero e proprio delitto, assimilabile ad un assassinio.

Non è casuale che la sottomissione di un popolo conquistato passi spesso attraverso l'imposizione della lingua (oltre che della cultura, delle usanze, della religione, delle credenze) del popolo conquistatore. Ciò che invece non appare forse sempre evidente è come spesso anche mezzi di imposizione meno violenti, quali delle politiche di indiretta assimilazione linguistico-culturale, possano avere come risultato gravi problemi di autostima nei popoli che le subiscono. Per esempio, sempre secondo Terralingua, tra i giovani nativi del British Columbia (Canada) i suicidi sono bassissimi, quasi pari a zero, in quelle poche comunità in cui la conoscenza della lingua nativa è maggiore, mentre salgono vertiginosamente laddove l'uso della lingua originaria va scomparendo.

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Identità, cultura e conoscenza: perché le lingue sono tutte importanti?

Non esistono lingue più importanti o prestigiose di altre, così come non esistono culture superiori ad altre. Inoltre la lingua madre è per ciascuno di noi un elemento imprescindibile della nostra identità non solo culturale, ma anche psicologica e sociale. Se in una comunità si comincia a diffondere l'uso di una seconda lingua che è considerata più importante e prestigiosa di quella originaria, a poco a poco verrà trasmessa in maniera più o meno subliminale l'idea che anche la cultura stessa di quella comunità è meno importante, meno prestigiosa, e pertanto anche il valore delle singole persone appartenenti a tale comunità verrà messo in dubbio. Ne deriveranno problemi di identità ed autostima, che possono portare addirittura al suicidio, come appunto messo in evidenza dall'esempio sopra citato dei giovani parlanti nativi del British Columbia. Non è un caso che i diritti linguistici, il diritto all'uso pienamente sviluppato e alla libera trasmissione della propria lingua, siano oggi considerati un aspetto fondamentale dei diritti umani, riconosciuti almeno sulla carta dalla maggior parte delle nazioni mondiali.

Ma la scomparsa di una lingua è la perdita di un patrimonio conoscitivo anche per coloro che non la parlano come lingua madre, ma che l'hanno studiata o che la potrebbero acquisire. Quando muoiono gli ultimi parlanti di una certa lingua, scompaiono con loro dei suoni, dei canti, delle poesie, delle conoscenze che non esisteranno mai più nella stessa precisa forma. Scompare un punto di vista, un modo di interpretare la realtà unico e irripetibile. È importante riconoscere che si tratta di una perdita per tutta l'umanità, paragonabile, con le dovute differenze, all'estinzione di una specie vivente, di una pianta o di un animale. Si parla infatti di diversità linguistico-culturale come di una fonte di ricchezza e di un patrimonio di conoscenza, che può essere comparato alla biodiversità del pianeta.

Le lingue a rischio possono essere salvate?

Che cosa si può fare allora per evitare la scomparsa delle lingue, e dei loro parlanti? Si può cercare di sensibilizzare l'opinione pubblica nei confronti della necessità di proteggere le lingue e culture a rischio, così come si fa per il patrimonio artistico o quello ecologico del pianeta? Del problema sembrano occuparsi attivamente solo pochi linguisti e sostenitori dei diritti umani. Gli organismi politici mondiali hanno sì creato dei momenti istituzionali, che però hanno poco seguito, come la Giornata Internazionale della Lingua Madre, proclamata il 21 febbraio dopo che, in quel giorno dell'anno 1952 a Dhaka, capitale del Bangladesh, molti studenti vennero uccisi mentre manifestavano per ottenere il diritto a parlare la propria lingua. Similmente nell'Unione Europea si celebra la diversità linguistico-culturale con la giornata europea delle lingue il 26 settembre.

Sono stati lanciati anche alcuni progetti di registrazione, catalogazione e salvaguardia delle lingue esistenti, nati dall'idea che, fintanto che di una lingua rimarranno dei documenti scritti o registrati in altra forma, non la si potrà considerare del tutto perduta o morta. Uno dei più interessanti prende il nome dalla stele che permise la decifrazione del linguaggio geroglifico egiziano: the Rosetta Project. Utilizzando i mezzi e le potenzialità messe a disposizione dalla più recente tecnologia informatica, un gruppo appassionato di linguisti e di altri specialisti delle lingue collabora con i parlanti nativi in tutto il mondo per cercare di costruire una biblioteca digitale delle lingue umane accessibile a tutti. Chiunque può dare un contributo, collaborare ai lavori in corso, o

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Voices, sostenuto e promosso dal National Geographic. L'obiettivo non è solo quello di documentare, ma si cerca anche di rivitalizzare le lingue a rischio, intervenendo presso le comunità con laboratori didattici e, anche grazie all'ausilio delle tecnologie digitali più attuali, aiutando i giovani a perpetuare l'uso della propria lingua madre.

La situazione globale è comunque difficile. Le lingue e le culture a rischio nelle varie parti del mondo sono quelle delle comunità numericamente più ristrette ed economicamente e politicamente più deboli. Spesso si tratta di cosiddetti popoli tribali, che cercano ancora oggi di condurre uno stile di vita tradizionale ben diverso dal modello imperante, che è quello della globalizzazione. I loro tempi, i loro ritmi, i loro mestieri sono spesso intimamente legati al luogo in cui vivono: sono a volte piccole tribù di pastori o allevatori nomadi, o di cacciatori e le loro lingue non hanno quasi mai una forma scritta. Il loro stile di vita è minacciato tanto quanto lo è l'ambiente in cui vivono: la deforestazione, lo sviluppo industriale indiscriminato, l'imposizione di un modello di vita

“occidentale” sono tutti pesanti fattori di rischio per loro e per le lingue che parlano.

È chiaro che, perché a tutti i popoli del mondo sia concesso di poter parlare liberamente la propria lingua madre, e di poter mantenere un legame forte con le proprie radici culturali, sarebbe necessaria una politica mondiale diversa. Le belle dichiarazioni di intenti spesso rimangono solo sulla carta e vengono ignorate quando entrano in gioco gli interessi economici e i contrasti sociali o politici. Anche quei singoli cittadini che sono sensibili al problema si sentono impotenti se rimangono isolati, ma esistono organizzazioni che cercano di affrontare il problema in termini globali e sostengono attivamente il diritto dei popoli all'autodeterminazione delle proprie condizioni e stili di vita, di cui la lingua è parte essenziale. Un esempio per tutti è quello di Survival, che dal 1969 combatte in tutto il mondo per i diritti dei popoli indigeni, grazie al contributo di volontari presenti in 80 paesi diversi.

Molti forse ritengono che nel 21° secolo non ci sia spazio per stili di vita etichettati come

“primitivi”, e neanche per lingue poco parlate e pertanto considerate poco importanti. In maniera a volte inconscia, molti condividono questa visione quantitativa della cultura, che si alimenta anche grazie a un'interpretazione deviata del darwinismo e a pregiudizi culturali che sono dei lasciti non ancora superati dell'epoca colonialista. È una visione che va combattuta e contrastata. Bisognerebbe fermarci a riflettere profondamente e chiederci se lo vorremmo davvero un mondo tutto globalizzato, monoculturale e magari anche monolinguistico, o se non preferiremmo invece la moltitudine delle voci umane, dei diversi suoni delle lingue, che hanno ritmi, cadenze e musicalità variate. Pensiamo a una realtà di un solo colore, fosse anche il nostro preferito: la vorremmo davvero, o non preferiremmo invece comunque la varietà di tutte le infinite sfumature di colori del mondo?

Voglio chiudere con una nota di cauto ottimismo: malgrado la situazione sia difficile, in tutto il mondo molti studiosi ed organizzazioni stanno agendo, si stanno impegnando in progetti di ricerca e di aiuto complessi, di cui ho citato solo alcuni esempi. Forse, dunque, l'allarmistica previsione secondo cui il 90% delle lingue del mondo attualmente esistenti scompariranno nel prossimo secolo, lasciando poca o nessuna traccia significativa di sé, non si avvererà del tutto. Forse rimane ancora un po' di speranza per tutti quei piccoli popoli e tutte quelle lingue che lottano sul confine incerto tra l'estinzione e la sopravvivenza.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Sito dell'organizzazione Ethnologue: www. e t h nologue. com

Rivista online del sito Terralingua, Langscape volume II issue 8, autumn 2011: http://www.terralingua.org Sito del progetto Rosetta: www.rosetta.org

Progetto Enduring Voices del National Geographic: http://travel.nationalgeographic.com/travel/enduring-voices/

Trasmissione radiofonica della BBC del 19 ottobre 2009:

http://news.bbc.co.uk/today/hi/today/newsid_8311000/8311069.stm

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