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Il dilemma tra stabilità e sviluppo in Brasile

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Il dilemma tra stabilità e sviluppo in Brasile 1946-1964

Andrea Silei

Dopola secondaguerra mondiale,per effetto del positivo ciclo economico degli anni successivi alla grande depressione e deifruttuosi rapporti congli Stati Uniti,si erano generate nei paesi latinoameri­ cani,in particolare in quelli che potevanocontare su una base industriale preesistente, importanti aspettative di sviluppo.

In Brasile, ilperiododemocratico(1946-1964)ven­ necaratterizzato da un alto tassodi crescitadell'e­ conomia guidato dalladefinitiva maturazione del processo diindustrializzazioneottenuto attraverso la sostituzione delleimportazioni.Ciascuno con di­

versi approcci, da quello neoliberista dei primi anni dell'amministrazione Dutra ai vari tentativi dipiani­ ficazione e diindustrializzazione guidatadallo Sta­

to diVargas o Kubitschek, igovernibrasilianiten­

tarono di individuare la ricetta cheavrebbe consen­

tito dimassimizzarelacrescitae sfruttare le favore­

voli condizioni economicheintemazionali. Il risul­ tato fuimpressionante — il tasso di crescita medio annuo fu del 7 percentoma la tumultuosacre­

scitavenneaccompagnata da forze destabilizzanti che sembraronoostacolare ilcammino delpaese ver­

so losviluppo. Senzatralasciare richiami alle prin­

cipali vicende storiche,il saggioanalizza l'evolu­

zione delle scelte economiche dei governi brasilia­ nitra il 1946 e il1964, soffermandosi inparticolare sul dilemma che parve caratterizzare ipolicy-makers del paese latinoamericano,ovvero la scelta tra poli­ tiche diincentivazione della crescitaeinterventicor­

rettivi delle distorsioni. Due questioni legateadop­

piofiloda una sortadi anello invisibile.

After thè Second WorldWar, owing to thefavourable economie cycle followingthè Great Depressionand thè fruitful relations with thèUnitedStates, remark- able expectations of development were created in LatinAmerica, particularly in those countries which could count onan pre-existent industriai basis.

In Brazil, thè democraticperiod(1946-1964) was marked by ahighrateof economie growth support- ed by thèfullaccomplishment of thè industrializa- tion process towed bythè substitution ofimport. Each with differentapproaches.from thè neo-liberal one in thè earlyyears ofDutraadministration to thè var- ious efforts of planned economyor State-guided in- dustrialization made by VargasandKubitschek, thè Brazilian governments tried to devise thè formula that would allow both to maximize growth and to profitfrom thefavourable International conjuncture.

The result was impressing, with an averagegrowth rate of 7 percent,butthè tumultuous development wasaccompaniedby destabilizing forces which ap- peared to hamperthè marchof thècountry toward prosperity. Without neglecting due reference to thè mainhistorical turns ofthe period,this essay exam- ines thè trend ofthe economie choices oftheBrazil­ ian governmentsfrom1946 to 1964,focusingin par- ticular thè dilemmathat seemed tohauntpolicy-mak­ ers in that Latin-Americancountry,namelythè al­ ternativebetween growth-incentivation policies and corrective measures againstdistortions. Twoissues tightly connectedby a sort ofinvisible link.

‘Italia contemporanea”,dicembre 2002, n. 229

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Il quarto di secolo che seguì la seconda guerra mondiale fu senza dubbio il periodo più lungo di crescita ininterrotta dei paesi industrializzati, con il ritmo più elevato mai raggiunto durante la storia. L’espressione “miracolo economico”, applicata per la prima volta al caso tedesco do­

po la riforma valutaria del 1948, si estese a tut­

ti quei paesi che ebbero tassi di crescita analo­

ghi o addirittura superiori alla Germania occi­

dentale. Le ragioni di questa crescita sensazio­

nale furono in realtà assai poco soprannaturali.

Gli aiuti fomiti dagli Stati Uniti, la moderniz­

zazione tecnologica, la partecipazione diretta e indiretta dello Stato alla vita economica, la ric­

chezza del capitale umano furono alcune delle componenti che consentirono ai paesi indu­

strializzati di perseguire con successo la strada dello sviluppo economico.

Tra gli altri paesi che scelsero il blocco occi­

dentale, quelli che dopo la guerra partivano da una posizione privilegiata erano senza dubbio i latinoamericani. Intorno alla metà del secolo al­

cuni di loro, in particolare i paesi del Cono sud, avevano redditi prò capite paragonabili a quel­

li dell’Europa occidentale. In seguito alla gran­

de depressione le economie maggiori, o meglio quelle che potevano contare su una base indu­

striale preesistente, avevano accelerato la cre­

scita del settore industriale attraverso la sostitu­

zione delle importazioni, processo che venne so­

stenuto da un crescente interventismo dello Sta­

to in economia. I rapporti con gli Stati Uniti, nuovo leader economico mondiale, infine, era­

no estremamente proficui. La Good Neighbour Policy rooseveltiana aveva cementato l’allean­

za tra i paesi del continente, e durante la guer­

ra, con la sola eccezione dell’Argentina, tutti avevano collaborato allo sforzo bellico ameri­

cano fornendo materie prime, forza lavoro e, in alcuni casi, militari. La Export-Import Bank ave­

va spalancato i forzieri, avviando progetti di svi­

luppo nelle varie nazioni. Era logico supporre

che questa collaborazione continuasse anche ne­

gli anni postbellici.

Le aspettative erano ingenti soprattutto per un paese, il Brasile. Nonostante le mille con­

traddizioni che la caratterizzavano, quella bra­

siliana era pur sempre la maggiore economia re­

gionale. L’estensione smisurata, le importanti ricchezze del sottosuolo, il grande mercato in­

terno, la possibilità di disporre di una delle mag­

giori reti idrografiche del mondo, l’estrema va­

rietà delle produzioni agricole, una discreta in­

dustria di beni di consumo costituivano alcuni degli ingredienti che facevano di quella brasi­

liana una ricetta decisamente appetibile. Stando ai numeri, il Brasile del periodo democratico — che registrò tra il 1946 e il 1964 un tasso di cre­

scita medio annuo del 7 per cento e del 4 per cento a livello prò capite — fu una scommessa vinta, paragonabile ai “miracoli economici” dei paesi industrializzati. In realtà, osservando con più attenzione il fenomeno, si nota come il per­

corso del Brasile fu tutt’altro che equilibrato. Un elemento, più di altri, parve caratterizzare que­

sto periodo. I responsabili delle scelte politiche ed economiche si mostrarono indecisi su una priorità: stimolare al massimo la crescita eco­

nomica o mantenere sotto controllo le forze de­

stabilizzanti che da questa scaturivano. Una sor­

ta di anello invisibile sembrò legare le due que­

stioni.

L’eredità della seconda guerra mondiale

All’indomani della seconda guerra mondiale, l’economia brasiliana, come del resto quella del­

l’intera America Latina, era ancora sostanzial­

mente agricola. L’importanza dell’agricoltura nella struttura economica del Brasile può esse­

re testimoniata dal suo peso sul Pii, tra il 25 per cento del 1940 e il 24,3 per cento nel 19501, e dall’alta percentuale di impiegati nel settore sul

1 Ibge(IstitutoBrasileiro de Geografia e Estati'stica), Estatisticas Históricas do Brasi!,1990, in Marcelo De Paiva Abreu, Dorte Vemer,Long-TermBrazilian Economie Growth(1930-94), Parigi,Development Center ofthè Oecd, 1997, p.26.

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totale della popolazione attiva, compresa tra il 67 per cento nel 1940 e il 60 per cento nel 19502.

Questi dati, oltre a costituire un indicatore im­

portante del ruolo prioritario dell’agricoltura al­

l’interno dell’economia brasiliana, forniscono anche un chiaro segnale dell’inefficienza e del­

la bassa produttività del lavoro nelle campagne.

L’agricoltura era inoltre contraddistinta da una struttura duale tipica dei paesi meno sviluppati.

Alla scarsa efficienza del comparto legato al mercato interno, caratterizzato da un incremen­

to produttivo ben al di sotto del tasso di cresci­

ta della popolazione3 e quindi insufficiente al fabbisogno nazionale, si affiancava la macroce­

falia della produzione per il mercato intema­

zionale, sulle cui fortune si era basato più di un secolo di crescita guidata dalle esportazioni. Nel quadriennio 1945-1949 un pugno di commodi- ties — caffè soprattutto, ma anche cotone, ca­

cao, tabacco, zucchero e gomma — rappresen­

tava il 63,4 per cento del valore totale delle espor­

tazioni del paese4, determinando, in larga misu­

ra, le sorti e l’andamento dell’intera economia nazionale.

2Cepal (Comisión Econòmica para AméricaLatina),Estudio Econòmico de América Latina,1948, México, Naciones Unidas, 1949, p.87.

3 La popolazione passò, nel periodo 1940-1950, da41,1 milionia 51,9 milioni peruntasso di crescita medio annuo del 2,4 per cento: cfr. Ibge,Censos Demogróficos,in Thomas E.Skidmore, Brazil: FiveCenturies ofChange, New York-Oxford, Oxford University Press,1999, p.139. Perun quadro piùesaustivosull’evoluzione demograficadelBra­ sile cfr. Thomas W. Merrick, Douglas H. Graham, Population and Economie Development in Brazil, 1808tothèPre- sent, Baltimora, Johns HopkinsUniversity Press, 1979.

4 Werner Baer,The Brazilian Economy: GrowthandDevelopment, Westport, Praeger, 1995, p. 48.

5La diminuzione della disponibilità di divise provocò tra glialtriproblemila sospensione, primaparziale e poi tota­ le, dei pagamentisul debito estero.

6 Sulloschemadivalorizzazione del caffè durante la Prima repubblicasi veda Steven Topik,ThePoliticaiEco­ nomy ofthè Brazilian State, 1889-1930, Austin,University of Texas Press, 1987. Sul ruolo anticiclico del prò-

Nonostante l’agricoltura e il settore esporta­

tore svolgessero ancora un ruolo di primo pia­

no, durante la presidenza di Getùlio Vargas e ne­

gli anni della guerra il processo di industrializ­

zazione sostitutiva delle importazioni registrò un notevole salto qualitativo. Fino alla fine de­

gli anni venti la crescita dell’industria — con­

centrata nell’area di San Paolo e dominata dai comparti leggeri tradizionali (tessile, alimenta­

ri e bevande, tabacco, scarpe e vestiario), sep­

pur nell’ambito di una graduale diversificazio­

ne (con raffermarsi, dopo la prima guerra mon­

diale, di nuovi settori quali cemento, metallur­

gia, meccanica, fibre artificiali, chimica, farma­

ceutica, materiali elettrici) — dipese essenzial­

mente dal settore esportatore, in larga parte re­

sponsabile della costituzione e del consolida­

mento dei primi stabilimenti, e daH’investimento del capitale estero. La concorrenza dei beni im­

portati, di migliore qualità e più a buon merca­

to, impedì tuttavia un ulteriore sviluppo e una differenziazione della struttura industriale.

Il passaggio dalla semplice crescita indu­

striale alla vera e propria industrializzazione — ovvero il processo attraverso il quale l’industria diventa il settore trainante dell’economia e ne favorisce rilevanti cambiamenti strutturali—co­

minciò a registrarsi con la grande depressione.

Con il crollo della domanda e dei prezzi del caffè e degli altri prodotti primari, le esportazioni bra­

siliane vennero duramente colpite, decurtando la capacità di importare del paese. Al fine di ar­

ginare il problema del settore esterno5, il go­

verno introdusse controlli sui cambi e procedette alla svalutazione della moneta, provvedimento che rese più costose le importazioni. Con la ri­

duzione delle importazioni, i prodotti manifat­

turieri iniziarono a scarseggiare proprio mentre la domanda interna veniva sostenuta dallo sche­

ma di valorizzazione del caffè, nato durante la Prima repubblica e adesso perfezionato e tra­

sferito al neonato Conselho Nacional do Café6.

Questi fattori — a cui si deve aggiungere, per effetto di prospettive di profitto maggiori rispetto

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a quelle del comparto esportatore, l’aumento de­

gli investimenti nel settore secondario — die­

dero uno slancio enorme all’industria che, nel periodo 1933-1939, crebbe in media dell’11,3 per cento all’anno7. La struttura industriale si di­

versificò ulteriormente: l’industria leggera tra­

dizionale ridusse il proprio peso dal 70 per cen­

to dell’outpwt totale al 58 per cento e settori co­

me la metallurgia, la metalmeccanica e quello dei materiali elettrici registrarono una crescita importante. Di conseguenza, alla fine del 1939 il paese aveva quasi raggiunto l’autosufficienza nella produzione di beni di consumo e forniva circa 1’80 per cento del fabbisogno dei beni in­

termedi e il 50 per cento di quelli di investi­

mento8.

L’industrializzazione e la sostituzione delle importazioni proseguirono a ritmi forzati anche durante la seconda guerra mondiale. La produ­

zione, seppur nell’ambito di un processo che si basò quasi esclusivamente sullo sfruttamento dei vecchi impianti, crebbe a un tasso medio annuo del 5,4 per cento. Le esportazioni di beni indu­

striali, soprattutto nel settore tessile cotoniero9, registrarono un notevole incremento. L’industria dei beni capitale — approfittando degli illumi­

nanti consigli della missione Cooke (1942), in­

caricata di tracciare, nel primo vero tentativo di studio analitico dell’economia brasiliana, le po­

tenziali linee guida dello sviluppo economico nazionale — venne finalmente fortificata, con

la costruzione a Volta Redonda, grazie alla par­

tecipazione dello Stato e al cofinanziamento del­

la Export-Import Bank statunitense, del primo impianto siderurgico a ciclo integrato10. L’in­

tervento dello Stato in economia, che fu una del­

le costanti della politica economica dell’Estado Novo, il regime instaurato da Getùlio Vargas con il colpo di Stato del 1937*1, non si limitò al set­

tore dell’acciaio, ma si estese al settore minera­

rio (Companhia Vale do Rio Doce per il mine­

rale di ferro, 1942), alla meccanica (Fàbrica Na- cional de Motores, 1943) e alla chimica (Com­

panhia Nacional de Alcalis, 1943).

L’industrializzazione brasiliana del periodo 1930-1945 fu dunque il prodotto di due forze di­

verse: la sostituzione delle importazioni spon­

tanea — indotta dalla riduzione delle importa­

zioni, dalla tenuta della domanda interna pro­

vocata dal programma di difesa della produzio­

ne di caffè e dal trasferimento degli investimenti privati dal settore esportatore a quello industriale

— e l’interventismo statale sponsorizzato dalla politica economica dell’Estado Novo. In conse­

guenza di questa evoluzione, il peso dell’indu­

stria sul Pii, che nel 1930 si assestava al 16,5 per cento, raggiunse il 20,8 per cento nel 1940 ed il 24,1 percento nel 195012.

Alla fine della guerra, quindi, l’economia bra­

siliana, benché sempre dipendente dalla vendi­

ta dei prodotti agricoli sul mercato intemazio­

nale, non era più semplicemente basata sulla so­

gramma di difesa della produzione di caffècfr. Celso Furtado, La formazioneeconomicadelBrasile, Torino,Ei­ naudi. 1970, pp. 239-259.

7 W. Baer, The Brazilian Economy,cit.,p. 40.

8 Donald L. Huddle,Postwar Brazilian Industrialization: GrowthPatterns, Inflation and Sourcesof Stagnation,in EricN. Baklanoff (a curadi), The Shaping ofModern Brazil, Baton Rouge, Louisiana State University Press, 1969,p.

96, e W. Baer, The BrazilianEconomy,cit., p. 40

9 Sul settore del cotone si veda Stanley J.Stein,The Brazilian Cotton Manufacture: Textile Enterprise in an Under- developedArea, 1850-1950, Cambridge,HarvardUniversity Press, 1957.

10 Sull’acciaio cfr. WernerBaer, The Development oftheBrazilian Steel Industry, Nashville,VanderbiltUniversity Press,1969.

11 Una delle caratteristichedellEstado Nòvo fu proprio l’interventodiretto dello Stato in economia che si realizzò, stando a quanto riporta Skidmore, in due maniere principali:lutilizzo di incentivi(tasse,controlli di cambio,quote allimportazione, controllisul credito, politica salariale) e l’investimentodiretto: cfr. Thomas E.Skidmore, Politics in Brazil (1930-1964). An Experiment inDemocracy, Oxford-New York,Oxford UniversityPress, 1986, pp. 43-47.

12Ibge, Estatlsticas Históricas doBrasil, 1990,in M. De Paiva Abreu, D. Vemer,Long-Term Brazilian Economie Growth, cit., p.26.

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la esportazione di beni primari, ma si stava gra­

dualmente diversificando. E, grazie al processo di sostituzione delle importazioni, era l’industria che stava progressivamente acquistando il ruo­

lo di settore dinamico dell’economia.

La situazione appariva in divenire anche sul fronte politico. Il Brasile, durante la guerra, rap­

presentava una vera e propria anomalia sullo scacchiere intemazionale. Da una parte il go­

verno Vargas aveva apertamente scelto di ap­

poggiare le democrazie atlantiche nella loro campagna contro l’Asse — dopo l’attacco di Pearl Harbour il Brasile fu di fatto il primo pae­

se del Sud America a dichiarare guerra (22 ago­

sto 1942) e si dimostrò uno dei più fedeli soste­

nitori degli Stati Uniti, fornendo materie prime, basi e militari alla causa alleata13 — dall’altra, sul fronte interno, continuava però a strutturar­

si come una vera e propria dittatura. Parados­

salmente, la sconfitta dell’Asse, più volte au­

spicata dallo stesso Vargas, inferse un colpo mor­

tale anche all’Estado Novo. Le voci di dissenso verso il governo autoritario, fino ad allora abil­

mente messe a tacere dall’efficiente macchina di censura federale, si fecero sempre più insi­

stenti tanto che anche i militari, fino a quel mo­

mento fedeli alleati, iniziarono a chiedere aper­

tamente un cambio di regime.

13 Cfr. RobertA. Humphreys, Latin America andthè Second World War, 2voi., Londra, Athlone Press, 1981-1982.

14 I queremistasderivavano illoro nomedalloslogan “Queremos Getulio" (vogliamoGetulio). Il movimento, pro­

mosso daMarcondesFilho, veniva appoggiato da gruppivicini alsindacato e da alcuni dirigenti comunisti: cfr.T.E.

Skidmore,Brazil: Five Centuries ofChange, cit., p. 125.

A fronte delle pressioni interne, Vargas fu co­

stretto a convocare nuove elezioni e a rinuncia­

re alla candidatura alla presidenza, designando ufficialmente alla sua successione il suo mini­

stro della Guerra, il generale Eurico Gaspar Du- tra. Anche i partiti, fino a quel momento bandi­

ti dalla scena politica, cominciarono a rifiorire.

La vecchia opposizione liberale si compattò nel­

la neonata Uniào Democràtica Nacional (Udn) che sosteneva la candidatura del brigadiere del­

l’aviazione Eduardo Gomes. Attorno alla figu­

ra di Dutra si raggruppò il Partido Social De­

mocràtico (Psd), che rappresentava un compro­

messo tra la vecchia burocrazia statale e la nuo­

va classe dirigente industriale. Un terzo partito venne fondato dallo stesso Vargas, il Partido Tra- balhista Brasileiro (Ptb), che si proponeva l’am­

bizioso obiettivo di diventare il braccio politico del movimento dei lavoratori. Riconoscendo in­

fine il ruolo determinante avuto dall’alleanza con l’Unione Sovietica nella vittoria Sull’Asse, Vargas, con un coup de théàtre, decretò l’amni­

stia generale per i leader del Partido Comunista Brasileiro (Pcb) — tra cui l’odiato avversario Lufs Carlos Prestes—permettendo al Pcb di rie­

mergere come forza politica di rilievo nel pa­

norama nazionale.

Mano a mano che la data delle elezioni—fis­

sate per il 2 dicembre 1945—si avvicinava,!’at­

teggiamento di Vargas diventava sempre più enigmatico. Gli oppositori temevano che, come era già successo in occasione del colpo di Stato del 1937, Vargas assumesse 1 ’ iniziativa per man­

tenere il potere. Tali timori iniziarono a mate­

rializzarsi quando in agosto un nuovo movi­

mento politico — quello dei cosiddetti queremi- stasi4 — iniziò a battersi per lo slittamento del­

le presidenziali e l’elezione di una Costituente con a capo lo stesso Getulio Vargas. Nel timore che accadesse quanto era successo nella vicina Argentina, i militari, che allora potevano conta­

re sull’appoggio del governo degli Stati Uniti, incominciarono a premere perché la situazione si risolvesse con la forza. Nell’ottobre del 1945 il generale Góes Monteiro mobilitò le truppe e costrinse Vargas alle dimissioni, trasferendo la presidenza provvisoria nelle mani del capo del Supremo Tribunal Federai José Linhares. Le ele­

zioni, che si tennero come stabilito in dicembre, diedero la vittoria al candidato del Psd Eurico Gaspar Dutra che fu dunque il primo presiden­

te del nuovo Brasile democratico.

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Andrea Silei

Enrico Gaspar Dutra (gennaio 1946-gennaio 1951)

Il governo Dutra entrò in carica nel gennaio del 1946 con il chiaro obiettivo di traghettare il Bra­

sile dalle agitate acque della dittatura al mare tranquillo della democrazia. Una nuova Costi­

tuzione, redatta in pochi mesi dal Congresso re­

centemente eletto, smantellò parte della struttu­

ra autoritaria e corporativa imposta da Vargas nel 1937, ampliando le libertà individuali prima ferocemente represse e cercando di ristabilire l’equilibrio tra i tre poteri.

Era soprattutto in campo economico, tutta­

via, che le aspettative per un’inversione di ten­

denza si facevano più forti15. La seconda guer­

ra mondiale aveva avuto importanti ripercus­

sioni non solo sulla struttura industriale ma sul­

l’intera economia brasiliana. La diminuzione delle importazioni e il buon andamento delle esportazioni avevano consentito al paese di ac­

cumulare un ingente saldo di divise, circa 700 milioni di dollari. D’altra parte la guerra, la cre­

scita della domanda interna, le difficoltà a im­

portare e una produzione nazionale dai costi ec­

cessivi ebbero conseguenze considerevoli sul­

l’inflazione, che riprese a crescere a ritmi rile­

vanti.

15 Cfr. Fausto Saretta, O Governo Dutra na Transigo Capitalista noBrasil, in Tamas Szmrecsànyi, Wilson Suzigan (acura di),História econòmica do Brasilcontemporàneo,San Paolo, EditeràHucitec,1997, pp. 99-117.

16 Tutti i paesi —trannelArgentina, che rinviòla propria adesioneaglianni successivi al rovesciamento di Perón (1956), ed Haiti, il cui ingressonel sistema venne posticipato al1953 per ragioni tecniche —si associarono agli hea- venlytwins (Bancamondiale e Fondo monetario intemazionale)come membri fondatori: cfr. John Keith Horsefield, TheInternational MonetaryFund, 1945-65, voi.I,Chronicle, Washington,International Monetary Fund,1969, pp.

69,117.

17SecondoBaer (The BrazilianEconomy, cit., p. 52), nel periodo 1937-1945, i prezzibrasilianieranocresciuti dell80 per cento inpiùrispetto a quelli statunitensi.

In un quadro caratterizzato dunque da gran­

de disponibilità di divise e inflazione in cresci­

ta il governo decise di rompere con l’interven­

tismo tipico degli anni di Vargas adottando una politica improntata al laissez-faire. Tale deci­

sione rappresentò non solamente la volontà di invertire la rotta rispetto agli anni della dittatu­

ra, ma fu anche figlia dei cambiamenti che si

prospettavano in seno al sistema economico in­

temazionale. La conferenza di Bretton Woods aveva generato nei paesi dell’America Latina—

che aderirono al sistema nella quasi totalità co­

me membri fondatori16—l’illusione di giunge­

re alla definitiva regolarizzazione dei flussi del commercio intemazionale e quella di porre fi­

ne, nel nome della libertà di circolazione delle merci e dei capitali, alle distorsioni che aveva­

no ostacolato l’economia mondiale nel periodo tra le due guerre. Queste illusioni furono ac­

compagnate dalla speranza che gli Stati Uniti, come avevano fatto durante il conflitto, ricom­

pensassero l’ingresso nel nuovo sistema multi­

laterale con denaro sonante.

Nel nome del liberismo, dunque, il governo, già nel febbraio del 1945, stabilì un regime di cambi esteri senza restrizioni — a eccezione di alcune limitazioni sulla rimessa dei profitti — liberalizzando di fatto le importazioni e i movi­

menti di capitale. Anche per il pericolo che una eventuale svalutazione causasse effetti inflativi addizionali, il cruzeiro, già fortemente soprav­

valutato17, venne mantenuto alla parità prebel­

lica di 18,50 per dollaro. L’intenzione era chia­

ra: vista la grande disponibilità di divise, si in­

tendeva aprire il paese all’acquisto di beni fini­

ti dall’estero e combattere con una generosa po­

litica di importazioni la crescente domanda in­

terna e i prezzi in ascesa. L’inflazione venne af­

frontata anche sul piano interno, con l’adozio­

ne di una rigorosa politica di stabilizzazione ba­

sata sul taglio della spesa federale, la diminu­

zione della presenza dello Stato in economia e la restrizione dell’emissione monetaria. A chi paventava un chiaro disimpegno del governo

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nella politica di sostegno all’industria, il mini­

stro delle Finanze Pedro Coneia e Castro si af­

frettò a chiarire, nella sua relazione annuale per il 1946, che “il ritorno alle norme del libero mer­

cato avrebbe creato un clima di fiducia tale da condurre all’incremento della produzione”. E comunque per il Brasile, che era “essenzialmente un paese agrario”, il destino era quello di con­

centrare gli “sforzi nell’esportazione di prodot­

ti primari e generi alimentari e nell’importazio­

ne di un’ampia varietà di beni manifatturieri”18.

18 T.E.Skidmore, Politicsin Brazil, cit., pp. 69-70.

19RosemaryThorp, The LatinAmericanEconomies(1939-1950), in Leslie Bethell (a cura di),Cambridge Historyof Latin America, voi.VI, Latin America Since 1930.Economy,Society and Politics, Part I: Economy and Society, Cam- bridge-New York, Cambridge University Press,1994, p. 130.

20 Lapolitica di moltipaesidellaregione siuniformò quasi immediatamente aquelladicontenimentodel comuniSmo adottata in granparte dell’Europaoccidentale. Nell’ottobredel 1947 il Brasile ruppe le relazionidiplomaticheconl’U- nione Sovietica. Pochi mesi più tardi, nelgennaiodel 1948, dopo chesempre nel 1947 la Suprema corte elettorale ave­

va decretato l’illegalità del Pcb, il Congresso decisedi revocare il mandato di tutti icomunisti inparlamento.

21 Sullaquestione cfr. Stephen G. Rabe,TheElusive Conference: United States Economie Relationswith Latin Ame­

rica(1945-1952),“Diplomatic History”, 1978, n. 2,pp.279-294.

22IIBrasile investì partedellesue riserve insterline rilevandole ferrovie nellemani del capitalebritannico: cfr. F.Sa- retta, O Governo Dutra, cit., p. 104.

23W. Baer,The Brazìlian Economy, cit., p. 52.

La politica economica adottata dal governo Dutra si rivelò ben presto inadeguata. I dettami stabiliti a Bretton Woods non vennero seguiti nell’immediato dopoguerra. Molte monete eu­

ropee, per esempio, tornarono convertibili so­

lamente alla fine degli anni cinquanta e altre, come la sterlina nel 1949, furono costrette a su­

bire pesanti svalutazioni. Il protezionismo ven­

ne reintrodotto in molti paesi, a testimonianza del fatto che l’apertura dei commerci era più un’intenzione che un proposito immediatamen­

te realizzabile. Quanto al denaro nordamerica­

no, esso arrivò sì in America Latina, ma in mi­

sura largamente inferiore alle attese: basti pen­

sare che nel periodo 1946-1950 il flusso totale di capitale statunitense nella regione fu positi­

vo nel suo insieme, ma negativo se si escludo­

no settori chiave quali il petrolio venezuelano e lo zucchero cubano19. Ben presto, dunque, le speranze e le illusioni dei paesi latinoamerica­

ni soccombettero di fronte all’evidenza. Fondo monetario intemazionale e Banca mondiale, co­

sì come il governo degli Stati Uniti, attribuiro­

no nella scala delle priorità il primo posto al­

l’Europa, la cui ricostruzione diventava deter­

minante per la ripresa dell’economia mondiale.

L’emergere della guerra fredda, d’altra parte, in­

dicava chiaramente come il vecchio continente sarebbe divenuto lo scacchiere su cui giocare la partita politica nei decenni successivi. Di con­

seguenza l’America Latina, fedele alleata degli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale e al riparo da ogni infiltrazione comunista20, ve­

niva nuovamente dimenticata e relegata a un ruolo marginale sia dal punto di vista economi­

co che politico21.

Ancora più contradditoria appariva la scelta di aprire, almeno in maniera così generosa, alle importazioni. I 700 milioni di dollari di riserve, per esempio, erano composti soprattutto da va­

lute non convertibili — tra cui molte sterline, di fatto inspendibili22 — e solo il 12 per cento del totale era costituito da dollari nordamericani, che rappresentavano l’effettiva capacità di importa­

re. La sopravvalutazione del cruzeiro, d’altra par­

te, rendeva estremamente vantaggioso comprare in dollari. Le conseguenze furono disastrose: do­

po appena un anno le riserve erano virtualmente prosciugate; le importazioni — in buona parte di beni non essenziali — inondarono il paese, cre­

scendo in volume del 40 per cento e in valore dell’80 per cento, mentre il volume delle espor­

tazioni si ridusse del 5 per cento23.

Il deterioramento della situazione economi­

ca costrinse il governo a una decisa inversione

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Andrea Silei

di tendenza. Per fronteggiare la crisi della bi­

lancia dei pagamenti le opzioni erano due: la svalutazione della moneta o l’adozione di con­

trolli di cambio. Nel giugno del 1947, il gover­

no, coerente con la decisione di combattere l’a­

scesa dei prezzi mediante le importazioni, optò per la seconda scelta. Il meccanismo, che si ba­

sava sull’introduzione di licenze, operava di fat­

to in modo da discriminare l’acquisto all’estero di beni di consumo e da favorire invece l’im­

portazione di prodotti essenziali (medicinali, in­

setticidi, fertilizzanti, generi alimentari) e di be­

ni necessari all’industria (carburante, cemento, macchinari).

La misura, introdotta soprattutto per fron­

teggiare i problemi di breve periodo dell’eco­

nomia brasiliana, si rivelò involontariamente determinante per l’avvio di una nuova fase del processo di industrializzazionespontanea24. Gli investimenti nel settore secondario aumentaro­

no, visto che il mantenimento della parità del cruzeiro, ancorché non del tutto benefico per l’economia25, operava a svantaggio del settore esportatore. Questo fattore, unitamente all’af­

flusso di macchinari e beni essenziali per l’in­

dustria nazionale, consentì l’aumento della pro­

duzione industriale che nella seconda metà de­

gli anni quaranta crebbe in media del 7,9 per cento annuo. Settori chiave dell’industria pri­

vata quali la cellulosa e l’acciaio beneficiarono dell’apertura di nuove linee di credito da parte del Banco do Brasil.

24 Skidmorehaparagonato lintroduzione dei controlli di cambiodel 1947 alla politica di difesa delsettore del caffè degli anni trenta. Ambeduele misure,seppur introdotteper altriscopi, costituirono una sortadi “miccia” per il processo di industrializzazione spontanea: cfr.T.E.Skidmore,Politicsin Brazil, cit., p.71.

25 La sopravvalutazione del cruzeironon solo scoraggiava le esportazioni e favoriva le importazioni,ma costitui­ va una vera e propria barriera all’afflusso di capitale dall’esteroe uno stimoloaddizionale alla rimessa dei profit­

ti. Essa inoltrefavorì lanascita diunfiorente mercato nero dove le divise venivano scambiatea tassi superioria quelliufficiali.

26 Cfr. Ecla (Economie Commission for LatinAmerica), The Evolution oftheEconomiePolicyinBraziiand Chile, in Ecla, Economie Surveyof Latin America,1964, NewYork, United Nations,1966, pp. 288-289.

Se gli industriali appoggiarono le nuove de­

cisioni del governo Dutra, la politica adottata appariva collidere con gli interessi del potente settore esportatore e dei suoi più influenti rap­

presentanti, i produttori di caffè. Nella realtà, l’atteggiamento di questi ultimi non fu ostile al­

le decisioni del governo e ciò per una serie di fattori facilmente spiegabili26.

In primo luogo, il settore del caffè proveniva da una prolungata fase di depressione che era stata attenuata solamente dalle politiche di so­

stegno del governo federale e i piantatori, nei fatti, si erano abituati a seguire senza riserve le scelte dell’esecutivo. L’eventuale svalutazione della moneta, d’altra parte, pur rendendo più competitive le esportazioni, avrebbe ulterior­

mente abbassato il prezzo del caffè stimolando l’espansione delle piantagioni e creando, attra­

verso la sovrapproduzione, condizioni avverse per il settore. Esisteva, infine, un legame tra il settore esportatore e quello industriale che ope­

rava attraverso la rete finanziaria e bancaria e che attutiva ogni possibile frizione tra i due set­

tori. Dal 1949, comunque, la ripresa del prezzo intemazionale del prodotto—nel periodo 1949- 1954 passò da 13 centesimi di dollaro per libbra a 70 centesimi — contribuì a mitigare l’appren­

sione per le scelte governative e fornì nuova lin­

fa a un settore che da troppo tempo si trovava in debito d’ossigeno.

Il 1947 segnò anche un’inversione di ten­

denza sul fronte delle politiche di lungo perio­

do per lo sviluppo economico. Tentativi di pia­

nificazione della spesa pubblica vennero tenta­

ti sia su scala nazionale — con l’ambizioso ma mai realizzato piano quinquennale Salte (Saù- de, Alimentando, Transportes, Energia), un mi­

liardo di dollari complessivi da destinare alla riforma sanitaria, alla produzione di generi ali­

mentari, allo sviluppo dei trasporti e dell’ener-

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già elettrica — sia a livello regionale. In que­

st’ultimo campo, gli interventi ebbero maggio­

re successo: nel 1948 furono create due agen­

zie, la Comissào do Vale do Sào Francisco27 e la Superintendència do Plano de Valorizagào Economica da Amazònia, che avviarono lo sfrut­

tamento rispettivamente della ricca vallata del fiume Sào Francisco e della regione del Rio del­

le Amazzoni. Si trattò comunque di tentativi estremamente blandi di interventismo statale. La predilezione per l’ortodossia fiscale e finanzia­

ria e l’avversione per lo sviluppo guidato dallo Stato — tranne che in settori che presentavano serie deficienze strutturali quali per esempio quello dei trasporti e dell’energia — venne ri­

badita dal governo nel 1949 in occasione della diffusione del Rapporto Abbink, risultato del la­

voro della Commissione tecnica congiunta Sta­

ti Uniti-Brasile.

27 La ricca vallata delfiume Sào Francisco, lungo 2.700 chilometri, con una massa d’acquafinoad allora nonsfrutta­

ta, attrasse l’attenzionedei pianificatori e venneparagonata, forse coneccesso dienfasi, alla Tennessee Valley di roo- seveltiana memoria. LaComissàodo Vale do Sào Francisco, avrebbe dunque dovutocostituireuna sortadi Tva bra­ siliana:cfr. Hubert Herring, Storia dell'America Latina,Milano, Rizzoli, 1972,p. 1227.

In definitiva, dunque, la storia economica del governo Dutra fu caratterizzata da due fasi di­

stinte. Nel periodo 1946-1947, come risultato del combinarsi di diversi fattori economici e po­

litici, si assistette al tentativo di ritorno a una po­

litica improntata ai principi del liberismo. Tale politica venne abbandonata nel 1947 in seguito alla grave crisi della bilancia dei pagamenti e la­

sciò spazio, durante il periodo 1947-1950, a una fase contraddistinta dalla ripresa del processo di industrializzazione spontanea e dall’adozione di forme, seppur blande, di pianificazione della spesa federale.

Mentre Dutra tentava di venire a capo del­

l’intricata matassa dell’economia brasiliana, le forze politiche cominciarono a organizzarsi in vista delle imminenti elezioni presidenziali del 1950. La sorpresa principale della nuova tor­

nata elettorale fu senza dubbio l’annuncio da parte di Getùlio Vargas di volersi ricandidare.

Dopo la sua deposizione, l’ex dittatore era riu­

scito a ottenere un seggio di senatore nelle file del Psd, ma aveva preferito mantenere una po­

sizione defilata, prediligendo la vita rurale nel­

la suafazenda di Sào Borja rispetto ai dibattiti parlamentari. Dando mostra di notevoli capa­

cità politiche, Vargas sfruttò la pausa di rifles­

sione per modificare la propria immagine, ab­

bandonando gli scomodi panni del dittatore per indossare quelli del democratico. In un breve lasso di tempo, adottando una nuova filosofia politica in cui si combinavano elementi di po­

pulismo e di nazionalismo, riuscì a costruire un’alleanza formidabile. Senza rinnegare il suo ruolo di senatore del Psd, ottenendo in questo modo l’appoggio delle classi medie, degli in­

dustriali e di parte dei fazendeiros, fondò il Par- tido Trabalhista Brasileiro, che guadagnò rapi­

damente consensi presso le classi lavoratrici ur­

bane, rimaste, sin dalla messa al bando del Pcb, senza rappresentanza politica. Anche laddove la piattaforma varguista sembrava avere meno presa, ovvero nell’ostile Stato di San Paolo, lo statista brasiliano riuscì a coalizzarsi con la for­

za politica più dinamica dell’area, il populista Partido Social Progressista di Adhemar de Bar- ros. Quando anche i militari, tramite il genera­

le Góes Monteiro, revocarono ogni veto alla sua candidatura, fu chiaro che il verdetto delle ele­

zioni presidenziali sarebbe stato pressoché scontato. Il 3 ottobre 1950 Vargas si presentò di fronte al corpo elettorale sostenuto ufficial­

mente da Ptb e Psp (e con il supporto tacito di parte del Psd). La vittoria fu schiacciante. Var­

gas ottenne il 48,7 per cento dei suffragi contro il 29,7 per cento del candidato dell’Udn, il re­

divivo Eduardo Gomes, e appena il 21,5 per cento di quello ufficiale del Psd, l’avvocato Cri­

stiano Machado, coronando il sogno di rientra­

re nella residenza presidenziale del Catete, que­

sta volta per volere popolare.

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Getùlio Vargas (gennaio 1951-agosto 1954)

Vargas aveva vinto le elezioni raccogliendo il consenso di classi e settori della società che spes­

so erano stati in contrasto tra di loro. E anche dopo la sua elezione fu abile nel non legarsi a nessuno schieramento bensì a proporsi come un presidente super partes, tornato alla vita politi­

ca grazie all’imposizione popolare. Questi fat­

tori, unitamente alla predilezione di Vargas per il trasformismo, contribuirono a creare incer­

tezza su quale sarebbe stata la strategia di svi­

luppo economico adottata dal nuovo governo.

Il dibattito interno sulla questione, sin dalla pubblicazione del Rapporto Abbink, si era fatto estremamente serrato anche se, tra le varie inter­

pretazioni, erano ben presto emerse tre posizio­

ni principali28. Queste non rappresentavano un mero esercizio teorico ma costituivano il tentati­

vo di delineare una strategia generale di svilup­

po, affrontando al tempo stesso i principali pro­

blemi che affliggevano l’economia brasiliana: la natura carente e squilibrata dell’economia na­

zionale, la recrudescenza dell’inflazione e i pro­

blemi endemici della bilancia dei pagamenti.

28Per un’analisi più dettagliata, cfr.T.E. Skidmore, Politics in Brazil,cit., pp.72, 87-92.

29 Sulla diffusione delle ideemarxistein Brasile cfr. Guido Mantega, Marxismo na Economia Brasileira,in T. Szm- recsànyi,W.Suzigan(a cura di),Históriaeconòmica do Brasil contemporàneo, cit.,pp. 147-166.

30 Lapubblicazione del manifesto” deH’industrializzazione latinoamericana di Radi Prebisch,El desarrollo econò­

mico de América Latina y sus principales problemas, arrivò inBrasilenel numerodi settembredel 1949 della “Revi­

sta Brasileira de Economia”. Il saggio, tradottoinportoghese dall’economista Celso Furtado,venne pubblicatoappe­

na quattro mesi dopo la suadivulgazioneacura della Cepal. Leteorie cepaliste ottennero subitoun forte consenso pressoi circoliindustriali di SanPaolo.

Per i neoliberisti, il cui principale esponente era l’economista Eugenio Gudin e che trovava­

no nell’Udn il loro referente politico, era il libe­

ro gioco delle forze di mercato che doveva gui­

dare l’economia. Le politiche monetarie, fiscali e dei cambi si dovevano uniformare a una serie di precetti semplici e obbligati: i bilanci dove­

vano essere in pareggio; l’offerta di moneta stret­

tamente controllata; il capitale estero incorag­

giato e incentivato come elemento determinan­

te per l’investimento in un paese, come il Brasi­

le, caratterizzato da carenza di capitali propri.

Diametralmente opposta a quella dei neoli­

beristi, la posizione dei nazionalisti radicali rap­

presentava la linea più estremista e più incline al cambiamento. Gli intellettuali che appoggia­

vano questa formula — che appartenevano, pur raccogliendo consensi anche presso alcuni espo­

nenti della sinistra del Partido Trabalhista, alle ali marxiste più radicali29 e del fuorilegge Pcb

— consideravano la situazione esistente come un tipico esempio di sfruttamento economico e si schieravano apertamente per un cambiamen­

to radicale. Il sottosviluppo del Brasile era im­

putabile a una cospirazione ordita dall’alleanza tra i settori interni legati al commercio di im­

portazione ed esportazione, gli investitori pri­

vati e i governi dei paesi capitalisti industrializ­

zati. Grazie a questo patto, il Brasile mantene­

va nell’economia mondiale un ruolo subordina­

to di esportatore di beni primari, i cui prezzi era­

no tenuti al livello minimo, e importatore di be­

ni finiti, con prezzi fissati a livelli esorbitanti dalle compagnie monopolistiche. Pertanto, ogni programma di industrializzazione, basato sul­

l’appoggio e la cooperazione con i paesi svi­

luppati, era destinato al fallimento.

Come in altri paesi, anche in Brasile emerse una sorta di “terza via”, seppur più imbevuta di nazionalismo rispetto ad altre realtà. Gli svilup- pisti, il cui pensiero nella seconda metà degli an­

ni quaranta era ancora in fase embrionale — le pubblicazioni della Comisión Econòmica para América Latina (Cepal), costituivano il soste­

gno teoretico ed empirico di questa scuola di pensiero, iniziarono solamente nel 194930—re­

cuperavano le teorie nazionaliste dei tenentes e quelle favorevoli all’esperimento di industria­

lizzazione guidata dallo Stato dell’Estado Nó-

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vo. Secondo i sostenitori di questa formula - che includeva, oltre ai circoli industriali paulisti e ad alcuni leader del Psd, anche molti ufficiali del­

le forze armate — l’imperativo assoluto per l’e­

conomia brasiliana era quello di industrializzarsi benché le forze spontanee che avevano guidato lo sviluppo nei paesi capitalistici più avanzati fossero da considerarsi inadeguate per il paese.

Perché l’economia del paese, fino ad allora pre­

valentemente agraria, si trasformasse in un’ eco­

nomia moderna e industrializzata occorreva una nuova strategia di sviluppo che abbandonasse definitivamente quella basata sul libero movi­

mento dei fattori produttivi e riattribuisse allo Stato un ruolo centrale. Il nuovo obiettivo era quello di creare un’economia mista in cui il set­

tore privato avrebbe ottenuto incentivi in pro­

porzione a un quadro stabilito di priorità di in­

vestimento. Lo Stato sarebbe intervenuto più di­

rettamente attraverso le imprese pubbliche e quelle miste per eliminare le “strettoie” — i co­

siddetti bottlenecks — e assicurare gli investi­

menti nelle aree per avventurarsi nelle quali il settore privato mancava di volontà e risorse. Il capitale estero avrebbe potuto rivestire un ruo­

lo importante, ma solamente nell’ambito stabi­

lito dalle autorità brasiliane.

Già in campagna elettorale Vargas aveva di­

mostrato di essere più vicino alla terza di queste posizioni. Il governo Dutra, colpevole di aver sperperato le riserve accumulate durante la guer­

ra nell’acquisto di beni inutili e di ferrovie ob­

solete piuttosto che di mezzi necessari all’indu­

stria, venne duramente attaccato e accusato di aver interrotto il cammino verso l’industrializ­

zazione imboccato dal paese durante l’Estado Novo. Occorreva quanto prima riprendere quel sentiero. Lo sviluppo industriale, anzi, sarebbe dovuto passare a una nuova tappa basata sul­

l’intervento dello Stato, sul rafforzamento del­

l’industria pesante e delle infrastrutture e sull’u- tilizzo dei capitali pubblici per sostenere la do­

manda interna. Il problema, ancora una volta no­

do fondamentale nel processo di policy-making brasiliano, era quello di uniformare i propositi di lungo periodo con le necessità congiunturali del- l’economia, caratterizzata da alta inflazione, da un tasso di cambio sopravvalutato e dallo squi­

librio della bilancia dei pagamenti.

Una volta in carica, Vargas dissolse ogni dub­

bio sulle sue intenzioni muovendosi decisamente nella direzione di un programma di investimen­

to coordinato dallo Stato. Contrariamente a Du­

tra, che aveva elaborato il pur abortito piano Sal­

te, o a quanto avrebbe fatto Kubitschek con il Programa de Metas, egli non adottò mai un pia­

no di governo generale31. Le direttrici fonda­

mentali della sua azione di governo erano inve­

ce elencate nei cosiddetti mensagens (messag­

gi) che lo stesso presidente presentava annual­

mente al Congresso e al paese, enumerando le realizzazioni della sua politica industriale e an­

nunciando le nuove proposte. Tali messaggi era­

no alimentati dall’azione di tre organi di piani­

ficazione (che e a loro volta alimentavano), i quali si occuparono di tracciare le linee maestre dell’intervento dello Stato in economia: l’As- sessoria Econòmica, la Comissào Mista Brasil- Estados Unidos (Cmbeu) e la Comissào de De- senvolvimento Industriai (Cdi)32.

31 Un’analisi critica dellesperienza dipianificazione brasiliana nel periodo 1946-1964viene svolta inRoberto de Oli- veira Carnpos, A Retrospect overBrazìlian Development Plans, inHowardS.Ellis,TheEconomyofBrazil, Berkeley, University of California Press, 1969,pp. 317-344.

32 Maria Antonieta P. Leopoldi, O DificilCaminho do Melo. Estado,Burguesia Industriai eIndustrializa^ao no Se­ gando Governo Vargas (1951-54), in T.Szmrecsànyi, W.Suzigan(a cura di), História econòmica do Brasilcontem­

poràneo,cit.,p. 43.

L’Assessoria Econòmica venne creata dallo stesso Vargas con il compito di fornire consu­

lenza all’attività del governo in campo econo­

mico, con particolare attenzione al settore della pianificazione. I tecnici che ne facevano parte

— tra i quali spiccava la figura di Romulo de Almeida — erano esperti di politica industriale ed energetica e provenivano per la quasi totalità

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da organismi della burocrazia pubblica quali il Departamento de Administra^ào e Servilo Pu- blico (Dasp) o i ministeri. Grazie al loro inter­

vento, per esempio, vennero formulati i proget­

ti di creazione delle imprese di Stato nel setto­

re petrolifero e in quello dell’elettricità sui qua­

li ci soffermeremo in dettaglio più avanti.

La Cmbeu era stata fondata in seguito a un ac­

cordo raggiunto da Dutra e Truman nel 1950 con un duplice obiettivo: quello di fornire assistenza tecnica al Brasile per l’elaborazione di progetti di sviluppo e quello di facilitare l’approvvigio­

namento di materie prime strategiche per gli Sta­

ti Uniti. L’organismo, che entrò in funzione nel luglio del 1951, diede un enorme impulso alla politica nazionale di piano. Iniziò, per esempio, a fissare le linee guida per progetti di investi­

mento — da finanziare parzialmente con il ri­

corso al denaro di Export-Import Bank e Banca mondiale33 — in aree chiave per lo sviluppo del paese. I progetti passarono poi a costituire quel­

lo che il ministro delle Finanze Horàcio Lafer chiamò Plano do Reaparelhamento Econòmico (settembre 1951), ovvero un piano quinquenna­

le di nuovi investimenti nei settori strategici del­

l’industria di base, delle infrastrutture, dei tra­

sporti e dell’energia elettrica. Per finanziare il piano, oltre al denaro estero fornito da Eximbank e Birs (Banca intemazionale per la ricostruzione e lo sviluppo), vennero stanziati fondi nazionali confluiti nel cosiddetto Fundo de Reaparelha­

mento Econòmico, che avrebbe dovuto essere amministrato da un nuovo ente appositamente creato, il Banco Nacional de Desenvolvimento Econòmico (Bnde, 1952). Dopo aver elaborato più di quaranta progetti e creato le basi per la ri­

presa a ritmi forzati del processo di sviluppo, nel

33 Sul ruolo e gli interventi della Banca mondialein Brasile, cfr.Edward S.Mason, Robert E. Asher, TheWorldBank since Bretton Woods,Washington, The BrookingsInstitution,1973, pp. 657 sg.

34Per alcuni comparti chiave vennerocreatecommissioni esecutive. Le più importantifurono senza dubbio laSub- comissào de Jeeps, Tratores, Caminhóes e Automóveis, creata nel 1952, e lasua filiazione,la ComissàoExecutiva da Indùstria Automobilistica (Ceima), natanel 1954.1 risultati deilavori di questi due organismi furonorecuperatieduti­ lizzati, duranteil governo Kubitschek, per lintervento di potenziamentodell’industriaautomobilistica brasiliana: cfr.

Helen Shapiro,StateIntervention and Industrialization: thè Origins ofthèBrazilianAutomotive Industry, AnnHar- bor, MichiganUniversityPress, 1988, p.75.

dicembre del 1953 la Cmbeu, che non rientrava nei disegni del neoeletto presidente Usa Ei- senhower, venne sciolta. Tuttavia, molte delle sue prerogative furono trasferite al neonato Bnde.

Il terzo “braccio” della politica di pianifica­

zione del governo Vargas fu la Comissào de De­

senvolvimento Industriai (Cdi), anch’essa isti­

tuita nel luglio 1951. Fin dalla sua costituzione la Cdi — che si componeva di membri gover­

nativi e di rappresentanti del mondo industriale e aveva dunque una natura che potremmo defi­

nire neocorporativa — si pose l’obiettivo di for­

mulare una politica generale di sviluppo indu­

striale e quello di elaborare progetti specifici di creazione ed espansione di settori particolari del- 1 ’ industria34.1 lavori della Cdi portarono alla for­

mulazione di un Plano Geral de Industrializa^ào (maggio 1952) nel quale venivano stabilite le aree prioritarie a cui ci si doveva rivolgere per promuovere l’industrializzazione del paese.

Grazie alla nuova politica di sviluppo adot­

tata da Vargas — che finalmente si dedicava al rafforzamento della dotazione infrastrutturale e al potenziamento delle industrie pesanti — l’in­

dustrializzazione brasiliana riprese a ritmi for­

zati. I risultati furono impressionanti. Il settore della siderurgia, grazie ai nuovi investimenti, ar­

rivò a produrre laminati e acciaio grezzo in quan­

tità quasi sufficiente a coprire il fabbisogno del paese. La chimica, il cui potenziamento inte­

ressava direttamente i vertici dell’esercito, co­

nobbe una sostenuta espansione. Nel campo del cemento sorsero cinque nuove fabbriche che portarono tra il 1950 ed il 1954 a raddoppiare la produzione. L’infrastnittura dei trasporti venne modernizzata dando impulso alle industrie col­

legate quali quelle per la produzione di mate­

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riale elettrico e materiale ferroviario, la cantie­

ristica, il settore aereonautico, l’assemblaggio degli autoveicoli.

I tentativi più ambiziosi riguardarono però il comparto petrolifero e quello dell’energia elet­

trica. Qui Vargas abbandonò la moderazione per abbracciare un atteggiamento decisamente im­

prontato al nazionalismo.

La cronica dipendenza del Brasile dall’im­

portazione di derivati del petrolio aveva spinto il presidente a studiare possibili correttivi sin dall’Estado Nóvo. Nel 1938, con la speranza di affrancarsi dalla dipendenza dall’estero, aveva creato il Conselho Nacional do Petróleo, inca­

ricato dell’esplorazione e della trivellazione di pozzi in territorio brasiliano. L’intervento ebbe comunque scarso successo e il progetto slittò agli ultimi posti dell’agenda politica del gover­

no brasiliano fino a essere definitivamente ab­

bandonato da Dutra. La campagna per la nazio­

nalizzazione del petrolio tornò a interessare l’o­

pinione pubblica nel dopoguerra diventando uno dei temi fondamentali del dibattito interno. I gruppi favorevoli alla completa nazionalizza­

zione —aderirono a questo campo sindacati, or­

ganizzazioni studentesche, militari nazionalisti, imprenditori, intellettuali e militanti comunisti

— formarono fronte comune facendo proprio il motto “il petrolio è nostro” (“0 petróleo é fios­

so”) e opponendosi ferocemente alle tesi di co­

loro — ovvero parte dell’imprenditorìa, politi­

ci dell’Udn e del Psd, militari filoamericani, grandi industriali — che invece erano contrari al monopolio e propensi a una apertura al capi­

tale estero. Una volta eletto, Vargas decise di af­

frontare definitivamente la questione. In uno dei suoi mensagens, il presidente presentò dati in­

confutabili che mostravano come il Brasile non

poteva continuare a dipendere dalle importazioni di petrolio e derivati35 adottando senza riserve la linea nazionalista. La stesura del disegno di legge di creazione di una nuova impresa mista a maggioranza pubblica (Petrobràs) — che avrebbe avuto il monopolio dell’estrazione del greggio e delle nuove raffinerie, lasciando la ge­

stione delle vecchie e la distribuzione ai priva­

ti36 — venne demandata all’Assessoria Econò­

mica, completata in pochi mesi, e iniziò l’iter per l’approvazione già nel dicembre del 1951.

Il dibattito interno e quello parlamentare prose­

guirono per quasi due anni in una delle contro­

versie più accese dell’intera storia economica brasiliana. Nel 1953, con una mossa a sorpresa, l’Udn, che fino a quel momento aveva sostenu­

to la linea favorevole al capitale estero, cercò di strappare a Vargas la bandiera del nazionalismo, proponendo una serie di emendamenti al dise­

gno di legge che stabilivano il completo mono­

polio statale e la nazionalizzazione delle impre­

se già operanti sul territorio. Il Congresso, il 3 ottobre 1953, approvò la legge con questa va­

riante — che eliminava dunque lo spazio rita­

gliato ai privati da Vargas — e la Petrobràs di­

venne di fatto l’unico ente incaricato della ri­

cerca, estrazione e raffinazione del petrolio sul territorio brasiliano.

35Senel 1939le importazioni di petrolio rappresentavano il 7per cento del valore totale delle importazioni, nel 1950 erano arrivate all11,3 percento. La crescita delconsumodi petrolio ederivati, che nel decennio 1931-1940 era stata del 6,4 per cento in mediaallanno,neldecennio1941-1950 fu dell’11,9per cento all’anno.Inoltre, questa crescitaera stataprogressiva: infatti, se nelquinquennio 1946-1950 il consumo era aumentato inmedia del 19,5 per cento, nel biennio1949-1950 esso aumentò addiritturadel 22,3per cento.

36Cfr. M.A.P. Leopoldi, O Dificil Caminho doMeio,cit., pp. 47-48. Sul progettodi legge cfr. T.E. Skidmore, Politics inBrazil, cit., p. 97.

La produzione di elettricità per le famiglie e le industrie era stata avviata ben prima delle pro­

spezioni petrolifere ma la situazione, nel mo­

mento in cui Vargas assunse la seconda presi­

denza, era caratterizzata da disorganizzazione

— non erano infrequenti per esempio i raziona­

menti o le interruzioni improvvise della forni­

tura tanto che molte industrie si erano dotate di generatori propri — e da una produzione quan­

titativamente insufficiente al fabbisogno nazio-

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