L’ITALIA DEGLI STATI Paragrafo 1 Declino del comune in Italia
Italia: non si creò uno stato italiano sull’esempio della monarchia francese o di quella inglese per diversi fattori:
Primo fra tutti ,l’incapacità dei comuni di ampliare la partecipazione del popolo alla vita politica .
In secondo luogo il declino del papato (che aveva trovato ad Avignone un luogo sicuro sotto la protezione della Francia) e quello dei comuni (piccoli e grandi signori locali si contendevano le terre) e si vennero a creare dei centri di potere che ,a volte divisi in fazioni nella stessa città, lottavano spesso tra loro.
Le fazioni si scontravano :
1. Per motivi economici e sociali;
2. Per i vincoli e le tradizioni familiari;
3. Per le simpatie personali;
4. Per le clientele;
5. Per l’appartenenza ad una determinata contrada o ad una determinata Arte ( altri centri di potere erano anche le corporazioni, che richiedevano ai loro appartenenti giuramento di fedeltà e spesso avevano proprie milizie private).
Conseguenza diretta di questi scontri fu l’espulsione della città degli esponenti della fazione perdente, i quali per ritornare scatenavano altri conflitti.
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Paragrafo 2 Nascita delle signorie
Per limitare gli scontri si introdusse la figura del podestà (un uomo al di sopra delle parti) come magistrato professionista, ma
non riuscì a risolvere i problemi.
A partire dal XIII sec. nacquero le signorie. Un signore (poteva essere anche un podestà) che si era distinto con le sue opere o che si era insediato con la forza, ai quali tutti i sudditi prestavano
giuramento di fedeltà purché ci fosse la pace.
Era un investitura che veniva dal basso, che comportava una
distruzione delle libertà comunali.
A volte i signori ottenevano anche il riconoscimento (potere che veniva dall’alto) da parte dell’imperatore o del papa e le
signorie si trasformavano in principati facendo diventare il potere signorile autonomo e quasi assoluto. Le signorie si
diffusero in tutta l’Italia settentrionale anche se nessuna di loro riuscì a primeggiare sulle altre.
Le signorie più importanti furono:
Estensi a Ferrara, Modena e Reggio
Polenta a Ravenna
Varano a Camerino
Montefeltro ad Urbino
Visconti a Milano
Medici a Firenze
Maggior consiglio nella Repubblica di Venezia
D’Angiò a Napoli fino alla morte di Roberto D’Angiò
Aragona nel regno di Napoli e Sicilia.
Paragrafo 3 Il ducato di Milano
Milano si era da tempo affermata sia economicamente che militarmente, grazie ai Visconti e precisamente a Matteo Visconti che aveva avuto il titolo di vicario dall’imperatore Enrico VII di Lussemburgo; era riuscita ad allargare il suo
territorio che si estendeva in Lombardia, in Piemonte ,in Emilia, in Liguria e in Svizzera.
Milano raggiunse il suo culmine con Gian Galeazzo che incluse nel suo territorio parte della Toscana e dell’Umbria e ottenne dall’imperatore Venceslavo il titolo di duca di Milano
trasformando in tal modo la sua signoria in principato.
L’improvvisa morte di Gian Galeazzo e le reazioni che essa scatenò all’interno e all’esterno di Milano misero in discussione
tutto ciò che egli aveva costruito.
Gli succedette Giovanni Maria che riuscì a mantenersi al potere, ma non riuscì a conservare i territori acquisiti. Il suo potere si ridusse a Milano e alla Lombardia e ciò mise in evidenza
l’incapacità delle signorie di trasformare i propri domini in un’organica struttura sociale.
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Paragrafo 4 La repubblica fiorentina
A partire dalla seconda metà del ‘ 300, la Repubblica di Firenze espanse i propri possedimenti ma non riuscì ad avere una
struttura stabile e ben centralizzata.
Ci riuscì Cosimo de’ Medici nel 1434 che, benché di umili origini ma proprietario della banca più importante d’Europa, con
l’appoggio del popolo e di alcune potenti famiglie, si impadronì del potere. Egli non si fece mai chiamare signore( perché sapeva che i suoi cittadini erano troppo attaccati alla tradizione
repubblicana), non introdusse modifiche istituzionali né assunse cariche particolari, ma esercitò un ferreo controllo sulla vita politica collocando uomini di sua fiducia nei posti chiave.
Firenze restò pertanto dominata da un’oligarchia ristretta.
Paragrafo 5 La repubblica di Venezia Milano: signoria
Firenze: signoria mascherata da apparente repubblica
Venezia: conservò la costituzione repubblicana sotto il governo di una ristretta oligarchia di mercanti e di armatori navali che formavano il Gran consiglio.
Nel corso del 300, Venezia proseguì l’espansione marittima verso Oriente(Cipro, isola di Tenedo) ciò impensierì Genova e il re di Napoli che si unirono in una Lega antiveneta e riuscirono a farle firmare la pace di Torino in base alla quale fu costretta a rinunciare alla sue pretese e a riconoscere i diritti dei suoi
nemici. Tuttavia nei primi anni del’ 400 Venezia riprese la sua espansione ma questa volta verso la terraferma. Questa
decisione fu presa perché da un lato il potente impero ottomano aveva chiuso alle navi italiane le vie verso l’oriente, dall’altro a causa dell’aggressività dei Visconti di Milano nella pianura padana.
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Paragrafo 6 I regni di Napoli e di Sicilia
Il regno di Napoli era il più vasto di tutta la penisola , ma era debole economicamente e militarmente, era legato alle strutture feudali e le attività finanziarie erano in mano agli stranieri (fiorentini e catalani) poco interessati o reinvestire i loro
guadagni. Se si esclude Napoli, non c’erano città importanti. I baroni giunti al seguito degli Aragonesi, dominavano nei loro enormi latifondi coltivati da masse di contadini impoveriti. La lunga crisi dinastica ,che ebbe inizio alla morte di Roberto
D’Angiò e finì con l’assunzione della corona di Napoli e del regno di Sicilia, ebbe una vita breve: Alfonso morì, il regno di Napoli passò nelle mani del figlio naturale Ferrante, quello di Sicilia al fratello Giovanni. Ferrante continuò l’opera del padre. Ci fu una decisiva ripresa economica e demografica del Mezzogiorno, con lo sviluppo dell’industria e del commercio. Ciò portò alla dura reazione dei baroni ( “congiura dei baroni”) che ordirono alle sue spalle.
Paragrafo 7 Lo stato della chiesa
Con il trasferimento della sede papale ad Avignone, Roma decadde dalla sua importanza in quanto fece scomparire tutta l’economia gravitante intorno alla Curia. In questa Roma priva di governo stabile il popolo trovò la forza di ribellarsi grazie a Cola di Rienzo che ripristinò l’ordine pubblico, alleggerì le
imposte, rese più equa la giustizia. Il suo sogno era far ritornare Roma ad essere la guida dell’Italia e raccogliere intorno a sè tutti gli italiani che aspiravano alla libertà. L’idea di una libera Repubblica romana estesa a tutta la penisola allarmò il
pontefice; inoltre il governo dispotico ed eccentrico di Cola fece sì che fosse massacrato in una sommossa popolare. Il compito di ristabilire l’autorità papale fu affidato al cardinale Egidio di Albornoz che riuscì a ridimensionare il potere dei signori locali , riordinò gli uffici ecclesiastici e con le “Costituzioni Egidiane”
formulò alcuni principi fondamentali del governo papale e del suo rapporto con i poteri locali ( signori, comuni,ecc…)
Le costituzioni prevedevano anche norme sulla convocazione di
“ parlamenti” composti da rappresentanti locali,con potere consultivo in campo fiscale o militare. Tornati a Roma dopo la cattività avignonese, i pontefici avviarono un’opera di
consolidamento del loro Stato. (nepotismo, vendite, indulgenze;
papa Alessandro VI Borgia fece addirittura cardinale il figlio Cesare, detto il Valentino).
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Paragrafo 8 Le guerre italiane e la politica di equilibrio
Nel ‘300 e nel ‘400 l ‘Italia restò dunque divisa tra 5 potenze principali: Milano, Firenze, Venezia,lo Stato della Chiesa e il regno di Napoli. Nessuna di esse riuscì a prevalere sulle altre anche perché, quando ciò avveniva, le altre si coalizzarono per contrastare tali egemonie. In questa situazione di guerra
continua, fiorì il fenomeno dei condottieri e delle compagnie di ventura, che per alcuni decenni caratterizzò la storia militare e
sociale dell ‘Italia.
La pace di Lodi(1454) fu la conseguenza della mancata nascita di un’Italia unita stante l’incapacità degli Stati regionali di
assurgere al ruolo di centri di unificazione a livello nazionale.
L’Italia rimase quindi una realtà frammentata, pertanto l’unico scampo che aveva per evitare che lo straniero trovasse pretesti per intervenire fu l’accordo tra gli Stati italiani per una “politica dell’equilibrio”.