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III Capitolo

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III Capitolo

DESCRIZIONE PROFILI

3.1 Introduzione

Negli ultimi decenni, le informazioni sul CA vengono sempre più utilizzate per la valutazione globale, la pianificazione del trattamento, gli interventi e la valutazione dei programmi per individui con vari disturbi.

Lo scopo del capitolo è di fornire una descrizione dei profili di

comportamento adattivo in individui con Disturbo da Deficit di

Attenzione/Iperattività (ADHD) e Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA).

3.2 Attention Deficit Hyperactive Disorder – ADHD

Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività è una sindrome che può avere un forte impatto sulla qualità della vita del bambino o dell’adolescente. Si tratta di un disturbo neuro-comportamentale precoce, a eziologia multifattoriale che insorge intorno ai 3-4 anni d’età e persiste nell’adolescenza e nell’età adulta ed è caratterizzato da sintomi comportamentali di disattenzione, iperattività ed impulsività (Filippello, 2008, p. 303).

Il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, nella sua ultima revisione (DSM-5; APA, 2013, p. 60), descrive il disturbo come “pattern persistente di disattenzione e/o iperattività-impulsività che interferisce con il funzionamento e lo sviluppo dell’individuo”. Nel manuale sono descritte, in

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maniera distinta, le sintomatologie riferite al comportamento disattento, iperattivo ed impulsivo. L’impulsività si esprime come uno stile temperamentale caratterizzato dall’incapacità di riflettere, mediare ed, eventualmente, dilazionare le risposte comportamentali, in rapporto alle esigenze del contesto; il bambino “non pensa” prima di agire o di rispondere ad una richiesta, sia verbale che non verbale. L’iperattività è caratterizzata da livelli di attività motoria relativamente alti; il bambino è incapace di “stare fermo”. La disattenzione è rappresentata dall’incapacità di mantenere l’attenzione in maniera stabile su un determinato compito e di resistere all’azione di distrattori.

L’ADHD è considerato un disturbo esternalizzante, assieme al disturbo oppositivo-provocatorio e al disturbo della condotta.

Nel DSM 5 vengono elencati i sintomi corrispondenti alla dimensione “disattenzione”. Tali sintomi sono: spesso non riesce a prestare attenzione ai dettagli o commette errori di distrazione; ha difficoltà a sostenere l’attenzione in compiti o attività di gioco; spesso non sembra ascoltare quando gli si parla; spesso non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti o le faccende; ha difficoltà ad organizzare compiti e attività; spesso evita, prova avversione, o è riluttante ad impegnarsi in compiti che richiedono uno sforzo mentale protratto; spesso perde il materiale necessario per i compiti o le attività; è facilmente distratto da stimoli esterni; è sbadato nelle attività quotidiane.

I sintomi relativi all’“iperattività/ impulsività” sono: spesso si muove con irrequietezza; spesso si alza dalla sedia in situazioni in cui bisogna rimanere seduti; spesso corre di qua e di là in situazioni in cui non è appropriato; spesso non è in grado di giocare o impegnarsi in attività ricreative tranquillamente;

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spesso parla eccessivamente; risponde prima che una domanda sia stata completata; ha difficoltà ad aspettare il proprio turno; spesso interrompe e si intromette in cose che stanno facendo altri (APA, 2013).

In base ai comportamenti dominanti, nel manuale sono stati delineati tre differenti sottotipi:

- Disturbo da deficit di attenzione/iperattività, Tipo Combinato, l’individuo manifesta almeno sei dei comportamenti descritti sia nella dimensione “disattenzione” sia in quella “iperattività impulsività”, in almeno due contesti di vita per un periodo di tempo non inferiore a sei mesi.

-Disturbo da deficit di attenzione/iperattività, Tipo con Disattenzione Predominante, l’individuo negli ultimi sei mesi ha manifestato comportamenti (almeno sei tra quelli descritti) che denotano disattenzione in più di un contesto di vita (almeno due).

-Disturbo da deficit di attenzione/iperattività, Tipo con Iperattività-Impulsività Predominante, l’individuo negli ultimi sei mesi ha manifestato comportamenti (almeno sei tra quelli descritti) che denotano iperattività-impulsività in più di un contesto (almeno due).

La diagnosi definitiva viene formulata in base a criteri comportamentali ed è necessario verificare se essi caratterizzano il modo di essere del bambino anche nei contesti di vita abituale (a casa, a scuola, ecc.). Nello specifico, i sintomi devono essere inadeguati rispetto al livello di sviluppo dell’individuo, presentarsi prima dei 12 anni di età, durare almeno sei mesi, essere pervasivi in almeno due contesti di vita dell’individuo (scuola, famiglia, ecc.) e determinare una compromissione significativa del funzionamento sociale, scolastico o lavorativo.

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Inoltre, questi sintomi devono essere distinti dalle semplici manifestazioni di irrequietezza o di disattenzione presenti in altre sindromi quali disturbi generalizzati dello sviluppo, disturbi psicotici, ecc. (APA, 2013).

L’ADHD è un disturbo relativamente comune che colpisce circa il 5% di bambini in età scolare e circa il 2.5% degli adulti. La sindrome si manifesta più frequentemente nel sesso maschile, con un rapporto maschi/femmine di 2:1 nei bambini e di 1,6:1 negli adulti (APA, 2013). Sembra, inoltre, che le femmine, rispetto ai maschi, manifestino principalmente comportamenti legati alla disattenzione.

Il disturbo è relativamente stabile nella prima adolescenza, ma alcuni individui possono manifestare un peggioramento nel decorso che può comportare lo sviluppo di comportamenti antisociali. I bambini con ADHD, infatti, hanno maggiore probabilità, rispetto ai loro coetanei senza ADHD, di sviluppare un disturbo della condotta in adolescenza e un disturbo antisociale di personalità in età adulta, con conseguente rischio per i disturbi da uso di sostanze.

In media, gli individui con ADHD hanno una scolarizzazione inferiore, un successo professionale più basso e punteggi nelle scale di intelligenza ridotti rispetto ai loro coetanei. Oltre le caratteristiche principali di disattenzione e/o iperattività- impulsività, l’ADHD include aspetti secondari come deficit nelle prestazioni accademiche, nei comportamenti in classe e nei comportamenti sociali, correlati ai sintomi base, ed è spesso associato a lievi ritardi nel linguaggio, ritardi motori e nello sviluppo sociale.

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3.2.1 Studi sui profili di CA in individui con ADHD

Dall’analisi della letteratura è emerso come, nonostante i deficit del CA non siano formalmente considerati nella diagnosi di ADHD, essi possano fornire ulteriori informazioni relative al disturbo sottostante e possano essere utili nella pianificazione del trattamento e dei programmi riabilitativi (Sparrow, Cicchetti & Balla, 2005).

In generale, si è prestata attenzione ai lavori di ricerca che hanno preso in esame individui con diagnosi di ADHD in età scolare, nello specifico a livello elementare e di scuole secondarie (circa dai 4 ai 16 anni).

Dai risultati di indagini recenti è emerso che, quando associato ad altri disturbi, gli individui con ADHD mostrano maggiori deficit nel funzionamento adattivo. Come dimostrato in un lavoro del 2012 (Sikora, Vora, Coury & Rosenberg, 2012), i punteggi degli individui con doppia diagnosi di disturbo dello spettro autistico (ASD) e ADHD sono significativamente più bassi dei punteggi degli individui con ASD nelle aree Comunicazione, Socializzazione, Abilità del vivere quotidiano e CA composto.

La maggior parte degli studi confronta i gruppi clinici nelle varie aree di CA (ad es., Mattard-Labrecque, Ben Amor & Couture, 2013; Lindbland, Svensson, Landgren, Nasic, Tideman, Gillberg & Farnell, 2013; Crocker, Vaurio, Riley & Mattson, 2009; Clark, Prior & Kinsella, 2002). Nello specifico, sembrerebbe che gli individui con ADHD ottengano punteggi inferiori nelle aree di abilità sociali e abilità comunicative. In particolare, questa ipotesi viene sostenuta in un’indagine recentissima (Mattard-Labrecque et al., 2013), in cui dall’analisi del CA è emerso che bambini con sola diagnosi di ADHD hanno un

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punteggio GAC (General Adaptive Composite score) pari a 1 deviazione standard al di sotto della media nella scala di comportamento adattivo ABAS-II. Inoltre, vengono confermate le ipotesi presenti in letteratura, per cui, i bambini con ADHD otterrebbero punteggi sotto la media in particolare nelle aree di comunicazione, senso di sé, abilità sociali. Ciò dimostra che le difficoltà degli individui con ADHD vanno oltre ai tre sintomi centrali (disattenzione, iperattività e impulsività), cui sono collegate.

I problemi legati all’area della socializzazione sembrano essere al centro delle difficoltà connesse con questa sindrome. Deficit sono stati riportati nella valutazione dei comportamenti sociali, ad es., minore coinvolgimento negli sport e nelle attività ricreative, basso coinvolgimento nelle organizzazioni sociali, poche amicizie e scarse relazioni con i coetanei e i membri della famiglia (McConaughy, Volpe, Antshel, Gordon & Eiraldi, 2011). Secondo i risultati di altre indagini, come previsto, nella scala Vineland II Socializzazione e nei suoi sottodomini gli individui con ADHD hanno ottenuto punteggi relativamente bassi nella sub-scala Relazioni Interpersonale (ad es. “scegliere di non dire cose imbarazzanti”), nella sub-scala Gioco e tempo libero (ad es. “attendere il proprio turno”) e nelle abilità di coping (ad es. “parlare con gli altri senza interrompere”) (Rathi, Agarwal, Yaduvanshi & Bhatia, 2011; Sparrow et al., 2005). Quando confrontato con gruppi di individui con sviluppo tipico, il gruppo con diagnosi di ADHD otterrebbe performances peggiori nelle scale di CA (Crocker et al., 2009; Sparrow et al., 2005). I bambini con ADHD, solitamente, non rispettano il proprio turno e spesso interrompono gli altri nei giochi, nelle conversazioni e nelle discussioni in classe; parlano eccessivamente e spesso sembra che non ascoltano

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quando gli si parla (Clark et al., 2002). Mostrano chiare differenze, rispetto ai bambini con sviluppo tipico, nei comportamenti sociali quando giocano insieme, e spesso sono rifiutati dai loro coetanei (Clark et al., 2002). Soprattutto in adolescenza, sembrerebbe che la maggior parte delle esperienze problematiche di individui con ADHD si riscontrino nelle relazioni con i pari (Barkley, 1990). Nonostante i loro tentativi di cercare accettazione sociale, e nonostante dimostrino la volontà di divertirsi con i loro coetanei, i bambini con ADHD, spesso, non riescono ad essere accettati e mostrano bassi livelli di competenza sociale.

L’ADHD tende ad avere un effetto negativo sul rendimento scolastico, ad es. con aumento di problemi educativi, maggior frequenza di espulsione da scuola, scarse interazioni con i pari e con gli inseganti che portano ad un aumento del rifiuto da parte dei compagni e problemi nelle interazioni familiari, con un sostanziale effetto negativo sull’autostima e sulle relazioni interpersonali (Rathi et al., 2011). A conferma di ciò, è stato eseguito uno studio su adolescenti con ADHD, i cui risultati hanno mostrato deficit nelle aree di “comportamento distruttivo, antisociale e aggressivo”, “relazione con i pari” e “cura di sé e indipendenza” (Rathi et al., 2011). Nello stesso studio, individui con ADHD hanno ottenuto, nelle Vineland-II, punteggi al di sotto della media nella scala Comunicazione e nello specifico nelle sub-scale Ricezione e Scrittura, che avvalorano l’ipotesi di un deficit delle abilità comunicative. Come documentato nello studio sulla validità delle Vineland-II, gli individui con ADHD, come ci si sarebbe aspettato, hanno mostrato difficoltà a mantenere l’attenzione necessaria per prestazioni efficaci nella sub-scala Ricezione (ad es. “ascoltare con

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attenzione”) e deficit nella sub-scala Espressione (ad es. “rimanere in argomento in una conversazione”) e nella sub-scala Scrittura (Sparrow et al., 2005).

Bambini con ADHD, confrontati con altri bambini con problemi di apprendimento e/o comportamentali, oltre che con bambini con sviluppo tipico dello stesso livello di scolarità, hanno mostrato significativi effetti negativi nelle performance accademiche e nello specifico nella loro motivazione e impegno, ad es. non prestano attenzione alle istruzioni, hanno una bassa produttività, non portano a termine i compiti (McConaughy et al., 2011).

Sebbene sia un campo poco indagato, sembrerebbe che buoni livelli di abilità motorie siano associati ad un buon funzionamento adattivo (Wang, Huang & Lo, 2011). Dai risultati raggiunti, sembrerebbe che l’abilità di destrezza manuale (ovvero, l’uso e la coordinazione delle mani) sia associata con comportamenti adattivi nelle aree del vivere a casa (ad es., eseguire le faccende domestiche), della socializzazione (ad es., riconoscere le risposte emozionali, intraprendere relazioni con altri in modo appropriato) e del senso di sé (ad es., capacità di problem solving e decision making). Questi risultati suggeriscono che compromissioni in tale abilità motoria possono avere, per il bambino, conseguenze negative in importanti esperienze di apprendimento e possono comportare difficoltà nel gioco e nell’interazione con i coetanei. Altre associazioni sono state trovate tra le abilità di manipolazione (ad es. lanciare o prendere un oggetto) e le abilità del vivere a casa; ma anche tra l’equilibrio statico/dinamico (cioè mantenere l’equilibrio in una postura statica e muoversi attivamente in una varietà di modi) e le abilità di socializzazione. Questi risultati, sebbene da approfondire, evidenziano che identificare le difficoltà motorie dei

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bambini con ADHD può avere implicazioni importanti per definire il tipo di supporto necessario per gestire efficacemente la disfunzione adattiva.

Risultati interessanti sono stati ottenuti confrontando bambini con disabilità intellettiva lieve (MID) e bambini con ADHD, quest’ultimo generalmente considerato un disturbo meno grave e più vicino allo sviluppo tipico dell’individuo rispetto alla MID. Ci si aspetterebbe, infatti, che il primo gruppo presenti maggiori compromissioni nel funzionamento adattivo, ma dai punteggi ottenuti dai i due gruppi si evince che i bambini con ADHD hanno performances peggiori nei domini indagati con differenze statisticamente significative nelle abilità concettuali, pratiche e nei punteggi del GAC dell’ABAS-II, anche quando confrontati per la variabile età (Lindbland et al., 2013). Altri indagini (Wang et al., 2011) invece hanno riscontrato che un’alta percentuale di bambini con ADHD esibisce un livello normale di funzionamento adattivo sia nell’area della comunicazione che in quella della socializzazione. Inoltre, tutti i bambini mostrerebbero compromissioni in entrambe le aree di comportamento disadattivo, internalizzante (ad es., disattenzione, comportamenti auto-stimolanti) ed esternalizzante (ad es., scarso controllo dell’impulsività, conflitti con altri). Ciò implica che, sebbene, i bambini con ADHD siano in grado di svolgere le attività quotidiane funzionali, i comportamenti disadattivi resterebbero i loro sintomi chiave.

Per quanto riguarda le differenze di profili fra maschi e femmine, sembrerebbe che gli individui maschi otterrebbero punteggi inferiori rispetto alle femmine nelle abilità sociali e pratiche. Sebbene sia opportuno un

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approfondimento, questi risultati suggeriscono la definizione di un trattamento su misura che tenga conto del genere. (Lindbland et al., 2013).

Infine, rispetto allo sviluppo del CA, nonostante gli individui con ADHD mostrino un ritardo, sembrerebbe che i loro punteggi continuino a migliorare con l’età, senza però raggiungere il livello dei bambini con sviluppo tipico (Crocker et al., 2009).

E’ possibile notare che gli studi prediligono confronti tra i gruppi nelle aree di adattamento indagate, senza però approfondire in un eventuale confronto tra raggruppamenti di item che permettono di rilevare la medesima area di CA nelle varie sub-scale. Ad esempio, ci si potrebbe aspettare che bambini con ADHD presentino compromissioni nell’area di CA “ascolto e attenzione” della sub-scala Ricezione delle Vineland-II, così come nell’area “esecuzione di istruzioni”, e ancora in quelle “controllo degli impulsi” e “attenzione sociale appropriata” della sub-scala Regole sociali. Risultati di questo tipo porterebbero a valutazioni più specifiche sull’effettivo funzionamento quotidiano dell’individuo e, quindi, sui deficit presentati, al fine di fornire ai clinici informazioni più complete e mirate per trattamenti più efficaci.

3.3 Disturbi specifici dell’apprendimento

Con il termine Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) vengono indicate una serie di difficoltà nell’apprendimento scolastico, presentate da bambini scolarizzati, in assenza di patologie neuromotorie, cognitive, psicopatologiche e/o sensoriali (Militerni, 2009). Il disturbo può interessare

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l’apprendimento della lettura (dislessia), quello della scrittura (disortografia) o quello del calcolo (discalculia).

I DSA sono relativamente frequenti, interessano circa il 5-15% dei bambini in età scolare e il 4% circa degli adulti. Sono molto più frequenti nei maschi che nelle femmine (i rapporti variano da circa 2:1 a 3:1); inoltre, il disturbo può variare a seconda delle pratiche culturali ed educative (DSM 5, APA, 2013).

I deficit di apprendimento della lettura sono abbastanza frequenti e caratterizzati dall’incapacità di imparare a decifrare e comprendere testi scritti, anche in assenza di danni sensoriali e/o neurologici o di ritardo dello sviluppo intellettivo (APA, 2005). Dal punto di vista delle cause sottostanti e del periodo di insorgenza, la dislessia può essere di due tipi: acquisita o evolutiva (APA, 2005). La prima fa riferimento a quei disturbi di lettura che insorgono come conseguenza di un danno cerebrale, in soggetti le cui abilità di lettura erano originariamente nella norma. La dislessia evolutiva, al contrario, è quello specifico disturbo che inibisce il normale processo di acquisizione della lettura. In relazione ai deficit inerenti all’utilizzo delle procedure lessicali o sub-lessicali durante il processo di lettura, si possono distinguere due sottotipi di dislessia: superficiale e fonologica. I soggetti che presentano dislessia superficiale sono in grado di leggere parole regolari e pseudo-parole attraverso la conversione grafema-fonema, ma incontrano difficoltà marcate a leggere parole non regolari e che comportano anomalie nell’output fonologico. Al contrario, la dislessia fonologica consiste in una marcata difficoltà a leggere parole che non sono già state immagazzinate

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come lessico visivo, ad esempio pseudo-parole e parole sconosciute, mentre è integra la capacità di leggere parole conosciute (Filippello, 2011).

Per quanto riguarda i disturbi della scrittura (disturbo dell’Espressione Scritta), si può operare una distinzione tra i disturbi specifici dell’apprendimento che riguardano la capacità di scrivere in modo chiaro e scorrevole (disgrafia) e i disturbi che intaccano la regolarità dei processi di transcodifica dal codice fonologico a quello grafico e la produzione di testi (disortografia) (Filippello, 2011). Nello specifico, con il termine disgrafia si intende un disturbo qualitativo del processo di trasformazione dei fonemi nei corrispondenti grafemi (i soggetti possono avere difficoltà a riprodurre in modo adeguato la forma delle lettere, ad usare gli spazi del foglio, ad orientare la scrittura sul foglio, ecc.). La disortografia consiste, invece, nella difficoltà di tradurre in simboli una sequenza di suoni, in assenza di deficit uditivi che ne ostacolino la ricezione: l’individuo manifesta difficoltà nell’acquisizione delle regole fonologiche fondamentali e delle irregolarità ortografiche che si traducono in errori di tipo fonologico e non fonologici.

Per discalculia, o disturbo del calcolo, si intende un disturbo specifico non imputabile a una lesione organica o ad un apprendimento insufficiente o inadeguato per motivi psicologici, pedagogici o sociali (Filippello, 2011,). Con il termine discalculia non si fa riferimento ai deficit delle abilità logico-matematiche, cioè a quelle operazioni mentali che coinvolgono processi logici, come ad esempio la soluzione di problemi, ma, in modo specifico, ci si riferisce a molte attività legate alla matematica, come la lettura e la scritture dei numeri o l’apprendimento delle operazioni. La caratteristica più evidente del bambino

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discalculico è, quindi, l’incapacità a realizzare, in modo reiterato ed abituale, uno o più processi matematici, come ad esempio la codifica di simboli numerici e la loro corrispondenza con le quantità, la realizzazione degli algoritmi del calcolo e la comprensione dei problemi aritmetici. Le principali difficoltà del bambino discalculico riguardano i meccanismi di base dell’intelligenza numerica e le procedure di calcolo.

Il DSM 5 riporta la descrizione più recente dei criteri da seguire per la diagnosi di DSA (APA, 2013). Una caratteristica essenziale del disturbo è la persistente difficoltà di apprendimento delle competenze accademiche chiave (criterio A), con esordio durante gli anni di istruzione formale (cioè, il periodo evolutivo). Queste competenze includono lettura di parole singole accurata e fluente, comprensione della lettura, espressione scritta ed ortografia, calcolo aritmetico e ragionamento matematico (ad es., risolvere problemi matematici). Le difficoltà di apprendimento si manifestano come una serie di comportamenti e sintomi osservabili e descrittivi, valutati attraverso colloqui clinici, scale di valutazione, accertati dalle pagelle scolastiche, ecc. Nei bambini e negli adolescenti la persistenza è definita come progresso limitato nell’apprendimento, per almeno sei mesi, nonostante l’erogazione di un aiuto supplementare a scuola o a casa. Tali difficoltà negli apprendimenti scolastici devono essere superiori a quelle riscontrate in individui di pari età (criterio B) e devono essere comparse nei primi anni di scuola (criterio C). Infine, questi non devono essere meglio giustificati da disabilità intellettiva, disturbi dell’udito o visivi, altri disturbi mentali o neurologici, avversità psicosociali (ad es. svantaggio economico e ambientale), mancanza della conoscenza della lingua di insegnamento accademico

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o istruzione educativa inadeguata (criterio D). La difficoltà di apprendimento può essere limitata ad un’abilità accademica o dominio (ad es., lettura si singole parole, recupero o calcolo di fatti numerici).

3.3.1 Studi sui profili di CA in individui con DSA

Tradizionalmente, le ricerche su bambini con diagnosi di DSA si sono concentrate maggiormente sul loro funzionamento percettivo, cognitivo, linguistico ed accademico (Leigh, 1987). Recentemente, alcuni studi hanno suggerito la presenza, nei bambini con DSA, di problemi comportamentali e basse competenze sociali, che sembrano essere fondamentali per il processo di apprendimento (Ditterline, Banner, Oakland & Becton, 2008; Leigh, 1987).

Nelle indagini prese in esame, è stato valutato il funzionamento adattivo di studenti delle scuole elementari e secondarie con diagnosi di DSA (generalmente dai 4 ai 17 anni di età).

Gli individui con DSA presentano un quadro di condizioni eterogenee e carenze nel comportamento adattivo che possono variare per gravità. Inoltre, il disturbo è spesso associato con deficit del linguaggio che possono influire sulle abilità di comunicazione dell’individuo con DSA.

Secondo le caratteristiche del disturbo, ci si aspetterebbe che gli individui ottengano punteggi inferiori nelle aree adattive concernenti comunicazione, funzioni accademiche e scrittura. Sulla base di queste ipotesi, diverse indagini hanno confrontato diversi gruppi clinici con individui con DSA (Ditterline et al., 2008; Fagerlund, Autti-Ramo, Kalland, Santtila, Hoyme, Mattson & Korkman, 2012). Sembrerebbe che i deficit nelle abilità adattive siano più gravi qualora vi

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siano disabilità coesistenti (Ditterline et al., 2008). Recenti lavori (Ditterline et al., 2008) hanno riscontrato che il CA di bambini con questi disturbi è al di sotto della media. Nello specifico, le abilità adattive incluse nelle aree sociale e pratiche risulterebbero nella media, mentre quelle nel dominio concettuale risulterebbero al di sotto della media. In particolare, i deficit maggiori sarebbero riferiti alle funzioni accademiche e alla comunicazione, seguiti da compromissioni nelle aree senso di sé e vivere a scuola. Questi risultati, considerati i problemi a livello accademico di questo gruppo, sono ampiamente comprensibili e coerenti con le analisi di altri studi clinici di studenti con DSA.

Altri confronti sono stati realizzati tra il gruppo con diagnosi di DSA e gruppi di individui con sviluppo tipico (Sparrow, Balla & Cicchetti, 2005). Dall’analisi dei dati, emerge che i punteggi del primo gruppo sono statisticamente inferiori rispetto a quelli del secondo nella scale Vineland II Composta, nella scala Comunicazione e nelle rispettive sub-scale (Ricezione, Espressione e Scrittura). Non sembrano esserci differenze significative nella scala delle Abilità del vivere quotidiano (ad es. la cura di sé e le attività domestiche) e nella scala Socializzazione (ad es., relazioni interpersonali e abilità di coping). Come previsto, i deficit maggiori del gruppo con DSA si presentano nella scala Comunicazione, dominio che interessa l’acquisizione delle competenze prerequisite per lo sviluppo delle abilità accademiche, e il punteggio più basso fra le sub-scale si evince nella sub-scala Scrittura, la quale si concentra su abilità emergenti di lettura e scrittura. I risultati, inoltre, non mostrano deficit importanti nell’area della Socializzazione, ciò indica che gli individui con DSA, in questo dominio, non differiscono dal campione non clinico. Altre indagini hanno

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conseguito risultati simili i (Ditterline et al., 2008). In generale, gli individui esaminati nei diversi studi non hanno mostrato compromissioni a livello delle abilità sociali. Ciò suggerirebbe che, rispetto alle abilità comunicative, un deficit a questo livello sia meno prevedibile.

Per quanto riguarda lo sviluppo del CA in bambini con DSA, sembrerebbe che le abilità di socializzazione degli individui con DSA aumentino con l’avanzare dell’età (Fagerlund et al., 2012). Considerati gli scarsi riferimenti bibliografici a riguardo, sarebbe opportuno approfondire con altre indagini.

Diversamente dai risultati sopracitati, uno studio precedente (Leigh, 1987) ha evidenziato differenze significative tra diversi livelli di età nelle aree di CA. Sono state valutate cinque abilità adattive (cura di sé, comunicazione, abilità sociali, abilità accademiche e professionali) in due gruppi di studenti con diagnosi di DSA, uno composto da bambini di scuola elementare e l’altro da bambini di scuole secondarie. Dall’analisi dei dati, sembrerebbe che questi ultimi mostrino maggiori compromissioni in tutte le aree del funzionamento adattivo rispetto ai bambini di età inferiore, suggerendo un declino delle abilità con l’avanzare dell’età. Nello specifico, le performace delle aree di abilità accademiche e professionali hanno mostrato un trend lievemente decrescente, mentre, differenze più evidenti sono state riscontrate nelle abilità sociali, nella cura di sé e, soprattutto, nella comunicazione. Considerato che adeguate capacità di comunicazione sono fondamentali per lo sviluppo di un individuo, compromissioni in tale area potrebbero comportare un funzionamento ridotto in tutte le altre dimensioni di CA (Leigh, 1987).

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