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CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI

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Academic year: 2021

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CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI

Lo studio condotto nel corso della presente tesi si è sviluppato su due fronti: da una parte sperimentare un meccanismo di pompaggio del propellente nuovo nell’ambito della propulsione ad emissione di campo, la pompa magnetoidrodinamica, in vista delle semplificazioni derivanti dall’uso dei liquidi ionici come propellenti alternativi ai metalli liquidi, dall’altra affrontare uno dei problemi basilari che nasce come conseguenza all’utilizzo di un sistema di alimentazione di tipo attivo, ovvero l’accumulo di liquido sulla fessura dell’emettitore che se non controllata potrebbe portare ad una fuoriuscita indesiderata di propellente.

Per indagare su questa problematica è stata condotta una attività sperimentale utilizzando un emettitore tipico del FEEP a cesio con l’aiuto indispensabile di un

feeding system che ha consentito delle operazioni basilari per la riuscita del test.

Nello specifico, è stato sottoposto il menisco che si crea lungo la fessura di emissione ad un graduale aumento di pressione fino alla sua fuoriuscita; le operazioni di degassamento e di versamento dell’EMI-BF4 sono state facilitate dalla bassa tossicità

e non reattività in aria dei liquidi ionici. I risultati del test hanno da un lato, relativamente alla parte centrale della fessura, convalidato il modello sviluppato che prevede la fuoriuscita di liquido per una pressione prossima a quella atmosferica, mentre dall’altro hanno messo in luce quelli che si possono definire i “punti deboli” alle estremità della fessura: qui infatti, in corrispondenza della deposizione di Nichel, hanno origine degli effetti di bordo che causano una fuoriuscita di liquido a pressioni relativamente basse; quindi, l’EMI-BF4, scorrendo lungo la lamina dell’emettitore,

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Alimentazione del propellente per propulsore FEEP a liquidi ionici: proposte e prove inerenti la pompa magnetoidrodinamica

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L’attività sperimentale riguardante la pompa magnetoidrodinamica è stata decisamente più articolata; in effetti, dopo un primo approccio teorico al problema, si è presentata l’esigenza di effettuare una campagna di test preliminare sulla corrente elettrica generabile nel liquido: da queste prove si sono ottenuti valori la cui conoscenza è indispensabile ai fini del dimensionamento della pompa MHD come il voltaggio di elettrolisi, la cui soglia non deve essere oltrepassata per evitare la degradazione del propellente e la capacità del double layer che è risultata essere fortemente dipendente dalla frequenza. In particolare, con l’ausilio dei risultati dei test si è giunti ad un’espressione semplice e significativa con cui è possibile approssimare la densità di corrente generabile nel liquido.

Successivamente si è analizzato l’elettromagnete, partendo da una configurazione di base per poi analizzare il circuito magnetico equivalente e quindi arrivare ad un espressione del campo magnetico nel traferro. Tuttavia, si è potuto sperimentare dopo la sua realizzazione come i valori teorici siano decisamente inferiori rispetto a quelli misurati (per mezzo di una sonda ad effetto Hall): questa discrepanza è imputabile alle deformazioni delle linee di campo in corrispondenza dell’interferro il cui effetto principale si traduce in un aumento della sezione del circuito magnetico. In effetti la teoria applicata per lo studio dell’elettromagnete si basa sul presupposto di poter trascurare le deformazioni delle linee di campo magnetico nel passaggio ferro-aria, ipotesi tanto più valida quanto più l’interferro è corto rispetto al restante tratto del circuito magnetico . Inoltre la presenza di campi magnetici alternati danno origine a correnti parassita che concorrono, seppur in maniera inferiore date le basse frequenze di lavoro, a provocare un calo del campo magnetico e quindi dell’efficienza dell’elettromagnete.

I test effettuati con il dispositivo realizzato hanno confermato come sia possibile esercitare forze di natura magnetoidrodinamica per generare un effetto di pompaggio sui liquidi ionici; tuttavia non è stato possibile quantificare l’aumento di pressione derivante in quanto la corrente all’interno del liquido ha dato origine ad una dilatazione termica dell’EMI-BF4 provocando un innalzamento di entrambe le

colonne di liquido e quindi mascherando visivamente gli effetti della forza di Lorentz. In effetti gli spostamenti dei menischi causati dalla dilatazione termica si sono rivelati maggiori di quelli causati dalla forza di Lorentz.

I valori teorici del dh (variazione di altezza del menisco) previsti erano comunque già abbastanza bassi, intorno al decimo di millimetro; non è stato possibile aumentare ulteriormente il campo magnetico nell’interferro già portato al limite durante i test e vincolato dalla massima corrente in uscita dall’amplificatore operazionale di potenza, così come non è stato possibile aumentare la corrente nel liquido a causa del vincolo dell’elettrolisi.

Un’altra osservazione doverosa è relativa al fatto di non aver considerato l’inerzia del liquido e le forze viscose agenti durante i transitori che in qualche modo contrastano quelli che sono gli effetti del pompaggio: in effetti l’equazione di equilibrio meccanico è stata ricavata considerando la configurazione finale (a regime) senza quindi esaminare l’inerzia e le forze viscose.

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Capitolo 12: Conclusioni e sviluppi futuri

255 Questo test non deve insomma essere interpretato come un insuccesso della pompa magnetoidrodinamica come un potenziale meccanismo di pompaggio per un propulsore ad emissione di campo a liquidi ionici; basti pensare che, utilizzando un

set up con configurazione simile a quello realizzato, riducendo però l’interferro

dell’elettromagnete in modo da rendere trascurabili gli effetti di bordo, a parità di potenza elettrica il campo magnetico può divenire fino a cinque volte maggiore. Non solo, ma l’utilizzo di materiali chimicamente più stabili nei confronti dei liquidi ionici (dal punto di vista elettrochimico) comporterebbe un aumento del voltaggio di elettrolisi e quindi della corrente generabile nel fluido.

Le problematiche riscontrate nell’esecuzione del test, come la dilatazione termica dell’EMI-BF4, possono comunque essere superate con lo studio di una

configurazione più idonea, come potrebbe essere quella relativa ad un circuito chiuso su se stesso su cui viene montata una pompa MHD, che mira a misurare il flusso di massa piuttosto che l’aumento di pressione.

Al contempo non bisogna inoltre dimenticare l’applicazione per cui la pompa magnetoidrodinamica è stata pensata, ovvero alimentare l’unità emettitrice di un propulsore ad emissione di campo a liquidi ionici; le portate di propellente sono decisamente basse, quindi non sono necessari aumenti di pressione importanti per generare le portate di massa tipiche per queste applicazioni.

Sebbene l’attività svolta è nata dall’esigenza di sperimentare un nuovo meccanismo di alimentazione nei confronti dei liquidi ionici, la maggioranza delle argomentazioni affrontate prescindono il tipo di liquido utilizzato; di conseguenza nulla vieta di poter applicare alcuni risultati (soprattutto teorici), ottenuti durante questo lavoro, ad un metallo liquido come il cesio.

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