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CAPITOLO SECONDO
LO STALKER
1. ASPETTI EPIDEMIOLOGICI DELLO STALKING
La diffusione del fenomeno dello stalking non è di facile misurazione poiché le stime variano significativamente in base al tipo di definizione utilizzata come riferimento (ad esempio, l’auto-percezione della vittima oppure le definizioni comportamentali legali). Nonostante ciò, le varie ricerche che si sono occupate di valutare la diffusione dello stalking presentano delle similitudini relative alla stima della vittimizzazione di genere: gli studi hanno rilevato che una percentuale compresa tra il 75 e l’80 per cento delle vittime è di sesso femminile. Il rischio di vittimizzazione è specifico per una donna di età compresa tra 16-30 anni, divorziata, con attività ben remunerata e i dati Istat dimostrano che la probabilità è maggiore per coloro che praticano professioni d’aiuto come l’essere insegnante, medico, psicologo o avvocato.
88 In Italia, i dati raccolti dall’Osservatorio nazionale stalking non si discostano da quelli mondiali e indicano che le donne costituiscono il 70 per cento delle vittime e che lo stalker, nel 75 per cento dei casi, è uomo. Alcuni studi hanno preso come parametro di riferimento la tipologia di relazioni da cui lo stalking trae origine e hanno evidenziato che circa il 77 per cento delle vittime aveva una relazione di qualche tipo (ex partner, colleghi di lavoro, vicini di casa) con chi le molestava, solo circa il 20 per cento degli stalkers risulta essere un estraneo.
Lo stalking, per molti anni, è rimasto un fenomeno nascosto a causa dei sentimenti di vergogna e paura che provoca nelle vittime (ancora oggi è un tipo di reato ad alto numero oscuro perché non viene sistematicamente denunciato e registrato puntualmente) ed è in continua espansione; questa diffusione potrebbe essere dovuta all’aumento di relazioni affettive che gli individui sperimentano in epoca moderna, oppure a una maggiore consapevolezza e sensibilità verso il reato.
Tracciando un identikit, in generale, lo stalker è un uomo (70% dei casi) di età media intorno ai 36 anni, con un livello di occupazione inferiore a quello della vittima prescelta e con una relazione affettiva alle spalle complicata e caratterizzata da continue delusioni; riguardo alla posizione lavorativa
89 spesso è disoccupato (oltre il 20 per cento) o sottooccupato (il pedinamento richiede tempo); quanto alla scolarità ha un livello di istruzione elevato anche se il livello delle vittime è solitamente più elevato di quello dello stalker. Non mancano, chiaramente, episodi di stalking in cui le donne sono protagoniste delle condotte persecutorie ma tali casi si caratterizzano per un differente modus operandi, più idoneo alle molestie psicologiche che fisiche.
Recenti ricerche condotte dall’Osservatorio nazionale
stalking63, su un campione di 9600 persone composto per
metà di uomini e per metà di donne dai 17 agli 80 anni, ha evidenziato che circa una persona su cinque (il 20 per cento della popolazione) ha subito atti persecutori; il 70 per cento delle vittime sono donne. Lo stalker nel 55 per cento dei casi è un partner o un ex partner, nel 5 per cento un familiare, nel 15 per cento un collega o compagno di studi e nel 25 per cento un vicino di casa. Lo studio dimostra, inoltre, che è recidivo nel 30 per cento dei casi quindi uno stalker su tre è recidivo e continua, anche dopo la denuncia a perseguitare la vittima che nel 70 per cento dei casi, accusa esiti psico-relazionali gravi.
63
90 2. L’IDENTIKIT DELLO STALKER
Per comprendere meglio il fenomeno dello stalking è necessario analizzarne l’autore e la sua condotta. Alcuni studiosi (Zona, Sharma e Lane) nel 1993 elaborarono il primo sistema di classificazione degli stalker sulla base dello studio di 74 casi, a cui se ne aggiunsero altri 126 dell’Unità di gestione delle minacce del Dipartimento di polizia di Los Angeles. Secondo questo studio è ipotizzabile una tripartizione di base, fermo restando che le categorie evidenziate possono coincidere o sovrapporsi almeno in parte.
Le categorie sono le seguenti64:
• erotomani: soggetti affetti da un disturbo mentale
delirante che causa in loro la convinzione che gli individui da questi molestati, provino amore nei loro confronti; queste persone non hanno mai avuto una relazione con le vittime che sono in prevalenza personaggi famosi. Lo stalking, in questo caso, rappresenta la manifestazione di una patologia predefinita e trova nella stessa la propria fonte.
• Amanti ossessivi: anche questi soggetti ritengono d’essere
amati dalla loro vittima, sebbene alcuni di loro, pur mostrando una forte infatuazione per il soggetto molestato,
64
91 non sostengano che i loro sentimenti siano ricambiati; come nel gruppo precedente anche in questo, la vittima (in prevalenza personaggi dello spettacolo), non ha mai avuto relazioni con il molestatore. Le due categorie si distinguono per la presenza, negli amanti ossessivi, di un’ampia patologia psicotica, in particolare schizofrenia e disturbo bipolare.
• Semplici ossessivi: individui che mettono in atto
comportamenti ossessivi nei confronti di soggetti con cui hanno avuto precedentemente dei contatti; le vittime sono, spesso, ex-partner ma possono essere anche vicini, amici, conoscenti, colleghi di lavoro. La persecuzione inizia nel momento in cui la relazione si degrada e giunge al termine. La comune percezione dello stalking come forma di aggressione psicologica di un individuo di sesso maschile nei confronti di una vittima di sesso femminile con la quale, molto probabilmente, esiste un relazione sentimentale pregressa, è statisticamente corretta; infatti “lo stalker può
essere chiunque (amico, vicino di casa, collega di lavoro, non di rado un perfetto sconosciuto) ma nella maggioranza dei casi è un ex amante o una persona con la quale in passato è esistito un forte legame affettivo; non di rado le persecuzioni iniziano quando finisce un matrimonio o anche solo una
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relazione, scatenate dall’abbandono e dal rifiuto di ulteriori rapporti affettivi o di amicizia65”.
Il molestatore assillante è spinto ad agire in conformità a diverse motivazioni quali il desiderio di riallacciare una relazione con un ex partner, di vendicarsi per un abbandono o un torto subito, di avvicinare qualcuno dal quale è attratto in maniera ossessiva o il tentativo assillante di iniziare una relazione d’amore. Per lo stalker la vittima non è più un soggetto ma diventa l’oggetto del proprio desiderio, non per quello che realmente è ma per ciò che rappresenta, in altre parole il “mezzo” con il quale calmare le proprie pulsioni, i bisogni di riconoscimento e di attenzione; in generale il molestatore, a prescindere dalle motivazioni che lo sostengono, manifesta una evidente problematicità nell’area
affettivo-emotiva, relazionale e comunicativa66.
Solo nel 10 per cento degli stalkers si ha la presenza di un quadro psicopatologico; da ciò si può comprendere come sia sbagliato ritenere possibile l’inquadramento del molestatore assillante come soggetto malato. Normalmente, quindi, lo stalker non è un malato, uno psicopatico più o meno pericoloso, facilmente riconoscibile e di conseguenza curabile o perlomeno prevenibile. Molti molestatori sono soggetti
65
Missaggia M.L., Stalking: quale tutela in sede civile?, in www.studiodonna.it 66
93 “abitualmente” normali o che limitano la propria anomalia a fasi definite della propria esistenza e quindi, spesso, divengono individuabili solo dopo che hanno iniziato la loro opera di molestia e magari hanno già causato gravi conseguenze alla vittima. Per questo motivo la dottrina ha posto l’accento sulla peculiarità dello stalker, infatti, è difficile comprendere se siamo alla presenza di un comportamento grave e cosciente da sanzionare duramente o di una patologia di tipo psichiatrico che incide sulla punibilità di chi pone in essere i comportamenti tipici ad essa ascrivibili: di fatto non sarebbe configurabile un concreto e valido profilo psicopatologico dello stalker perché sovente, in questi casi, non vi è nulla di psicopatologico secondo l’accezione
psichiatrico- forense e medico- legale del termine67.
Non essendo individuata una specifica patologia dobbiamo chiederci: perché, quando e come un soggetto normale mette in atto delle azioni che si spingono oltre quella normalità entro la quale, a volte per una vita intera, si è mosso? E si può ritenere che la causa (o almeno la concausa) dello scatenarsi di questi fenomeni possa essere accertata piuttosto nelle caratteristiche della vittima dello stalking?
67
Marasco M., Zenobi S., Stalking: riflessioni psichiatrico-forensi e medicolegali, in Difesa sociale, vol. LXXXII, n. 4-5, 2003, p. 45.
94 Evidentemente molto dipende non tanto dalle singole componenti del rapporto ma dalla reazione che il contatto tra loro provoca: “…nella maggior parte dei casi, la vittima
conosce lo stalker, mentre solo una minoranza risulta essere stata perseguitata da uno sconosciuto, e ciò è significativo dell’ origine o causa del “comportamento deviato”, nel senso che l’intento e l’atto persecutorio nascono – per lo più - da un legame affettivo/sentimentale finito male o, per lo meno, interrotto per volontà della vittima e non accettato. Si verifica, dunque, la seguente sequenza: uno dei partner pone fine alla relazione; l’altro non riesce ad accettare la fine del rapporto e, anziché rassegnarsi, mette in atto la propria “vendetta”, fatta, appunto, di uno stillicidio pervicace ed instancabile di atti di disturbo…”; in effetti “anche un soggetto sano di mente può porre in essere atti di stalking e, conseguentemente, rendersi autore di fatto-reato in danno della vittima o, comunque, di fatto illecito implicante responsabilità risarcitoria.”68
Ovviamente questo non significa che non esistano delle patologie che comportano lo svilupparsi di atteggiamenti assillanti e un interesse morboso verso altri soggetti ma semplicemente indica che “in un’ottica psichiatrica non pare
verosimilmente configurabile un concreto e valido profilo
68
95
psicopatologico della personalità dello “stalker”, tale da consentire di delineare aprioristicamente le caratteristiche patognomoniche di quest’ultimo nonché le motivazioni psicopatologiche del comportamento di questi.”69
In generale si può ritenere quindi che lo stalker presenti un disagio relazionale ed esistenziale e un evidente mancanza di empatia, intesa come quella capacità di discriminare e riconoscere le emozioni espresse dall’altro e di mettersi nei suoi panni, in modo tale da poter condividere e rispettare i sentimenti altrui. Il persecutore, di conseguenza, non ha l’abilità di provare empatia verso gli altri e di interpretare i messaggi che questi gli inviano.
3. LA CLASSIFICAZIONE DEI MOLESTATORI
Dato il difficile inquadramento “scientifico” degli autori di condotte qualificabili come stalking, sono state proposte delle forme di classificazione dei molestatori assillanti su base sostanzialmente sociologica, che possono comunque aiutare a comprendere il fenomeno. La classificazione più celebre è
stata fatta dagli studiosi Mullen, Pathè e Purcell70 in funzione
della motivazione predominante del molestatore, della
69
Parodi Cesare, Stalking e tutela penale, Giuffré editore, op. cit., p. 26. 70
Mullen P.E., Pathé M., Purcell R. e Stuart G.W. Study of stalkers, in American
96 relazione preesistente con la vittima e della diagnosi psichiatrica.
Le categorie sono:
• Il rifiutato: la vittima e lo stalker hanno avuto in passato
una relazione sentimentale che è giunta al termine, la fine del rapporto diventa la causa scatenante che genera lo stalking. Il molestatore non è in grado di accettare la conclusione della relazione e spinto dal desiderio di riallacciarla, mette in atto dei comportamenti persecutori
che, secondo la sua ottica, dovrebbero evitare
l’allontanamento della persona amata; lo stalker è quindi, un soggetto incapace di accettare l’abbandono della persona amata o di altre figure significative. Questa condotta può durare molto a lungo perché rassicura rispetto alla perdita totale, inaccettabile per il persecutore, che per sfuggire al dolore della privazione interpreta a suo vantaggio, i segnali di rifiuto della vittima. Questa categoria è tra le più pericolose per la vittima poiché il rifiutato, pur di continuare a esercitare il controllo sulla vita dell’ex partner può arrivare ad ucciderlo. Il rischio per la vita della vittima aumenta se la precedente relazione era caratterizzata da violenza, gelosia e senso del possesso.
97
• Il ricercatore di intimità: lo stalker e la vittima non si
conoscono; il primo, per instaurare una relazione intima con la persona di cui si è innamorato, inizia a molestarla. In questo caso il molestatore è guidato dal bisogno d’affetto, contatto e vicinanza; quest’ultimo, vivendo un profondo senso di solitudine causato da continui rifiuti, tenta di alleviarlo costruendo nella propria mente una
relazione fittizia con la vittima che nasce
dall’interpretazione distorta dei comportamenti neutri di questa. Il persecutore è completamente focalizzato sul perseguitato, al punto d’arrivare a rinunciare a rapporti reali per dedicarsi totalmente a questa relazione che è completamente frutto della sua fantasia.
• Il corteggiatore incompetente: la vittima e lo stalker
possono aver avuto un contatto casuale da cui scaturisce il desiderio di quest’ultimo di corteggiare la prima ma, a causa delle proprie scarse abilità sociali e relazionali, finisce per molestarla con atteggiamenti opprimenti e aggressivi. Il corteggiatore incompetente è spinto dal desiderio di possesso che gli fa considerare la vittima come un oggetto e di conseguenza lo pretende anziché corteggiarlo opportunamente. Questo soggetto non accetta il rifiuto perché non comprende il motivo che muove la persona molestata a non voler istaurare una relazione
98 intima con lui. Questo tipo di stalker cambia frequentemente l’oggetto d’interesse, a causa della propria incapacità di conquistare una persona.
• Il risentito: lo stalker ritiene di aver subito un torto (reale
o immaginario) dalla vittima presa di mira e il suo obbiettivo è, quindi, quello di vendicarsi per far diminuire la rabbia provata. Il persecutore, sentendosi a sua volta vittima, considera la propria condotta persecutoria come giustificata. Il soggetto perseguitato potrebbe essere casuale se il molestatore lo ritiene simbolicamente rappresentante le persone che in passato lo hanno ferito, umiliato, offeso. Questa categoria è frutto di un circolo vizioso che guida lo stalker: quest’ultimo mette in atto un atteggiamento invasivo, prova sollievo e soddisfazione ma tale stato, è temporaneo e si riaccende la rabbia che da nuovamente origine al circolo.
• Il predatore: lo stalker è mosso dal desiderio di avere un
rapporto sessuale con la vittima; è molto meticoloso poiché pianifica le sue azioni, prepara la trappola e ciò gli risulta gratificante a prescindere dall’aggressione stessa. Il predatore è incapace di farsi amare non avendo le abilità sociali per compiere un corteggiamento efficacie ed inoltre non riesce ad interpretare le reazioni altrui. Il molestatore è eccitato dall’ottenere il controllo totale e il possesso della
99 vittima che ha scelto; egli desidera terrorizzare, braccare e far sentire in trappola la sua preda. Questa tipologia di stalker è tra le più pericolose per la sopravvivenza della persona molestata e può colpire anche bambini poiché può essere compiuta da soggetti con disturbi nella sfera sessuale, quali pedofili o feticisti.
Un’altra classificazione ha considerato il fenomeno dello
stalking in tre differenti prospettive71:
• lo stalking delle celebrità, consistente nel perseguitare
personaggi famosi o di pubblico interesse;
• lo stalking emotivo associato al termine di una relazione
affettiva tra due persone, laddove un componente della coppia non riesce a rassegnarsi alla perdita dell’altro;
• lo stalking occupazionale, nel caso in cui la persecuzione
prenda le mosse dal luogo di lavoro e finisca poi per invadere la sfera privata.
4. LE MANIFESTAZIONI
Quando l’attenzione e l’ossessione di uno stalker sono rifiutate dall’oggetto del suo interesse, il persecutore ricorrerà alla sua creatività nelle manifestazioni che metterà in atto.
71
100 Alcuni studiosi, tra cui Finch, hanno notato che una delle caratteristiche peculiari dello stalking è la vasta gamma di condotte che comprende.
Lo studioso Mullen, insieme ad altri autori, nel 2000 ha distinto tre tipologie comportamentali degli stalkers:
• comunicazioni indesiderate: il molestatore adotta questa
tipologia di molestie per comunicare le proprie emozioni, qualunque esse siano (amore, odio, rancore, vendetta), alla vittima; egli desidera che l’altra persona sia a conoscenza dei suoi bisogni, impulsi, intenzioni. Generalmente lo stalker si rivolge direttamente alla vittima ma non è escluso che possa mettersi in contatto con i suoi familiari e amici, per minacciarli. In questi casi le forme di persecuzione più utilizzate sono quelle che fanno parte dei canali di comunicazione indiretti come lettere, telefonate, e-mail, sms, i più creativi possono ricorrere anche a murales e graffiti;
• contatti indesiderati: il persecutore compie le molestie con
lo scopo di avvicinare la vittima; lo stalker può ricorrere a tattiche di controllo diretto come pedinare o sorvegliare, oppure indiretto come appostarsi sotto casa, farle visita nel luogo di lavoro, minacciare o aggredire;
101
• comportamenti associati: lo stalker che mette in atto
questa condotta è spinto non solo dal desiderio di danneggiare e infastidire la vittima ma vuole, in particolare, spaventarla per dimostrarle di aver assunto il completo controllo sulla sua vita. Le manifestazioni più comuni sono l’ordinare beni a nome del molestato, il fargli trovare oggetti in luoghi familiari, fargli recapitare doni ma anche la cancellazione di servizi intestati alla vittima nonché, in casi estremi, l’uccisione di animali domestici. E’ interessante lo studio sull’argomento fatto da Purcell,
Pathè e Mullen72, nel quale vengono individuate le
manifestazioni comportamentali più comuni agli stalkers:
• fare telefonate sgradite
• coinvolgere terze persone
• diffondere pettegolezzi e bugie
• appostarsi nei pressi del lavoro e/o di casa
• pedinare
• importunare con visite sgradite
• inviare posta indesiderata
• raccogliere informazioni con l’inganno
• danneggiare la proprietà
72
Mullen P.E., Pathé M., Purcell R., The prevalence and nature of stalking in the
Australian community. Australian and New Zealand Journal of Psychiatry, 2002, 36,
102
• muovere false accuse
• usare violenza
• ordinare beni per conto della vittima
• imbrattare l’abitazione
• usare mezzi telematici
In sintesi le manifestazioni dei comportamenti di stalking
presentano queste caratteristiche generali(Westrup e
Fremouw, 1998): sono dirette a uno specifico individuo, sono intrusive e indesiderate, inducono paura e preoccupazione nella vittima e inducono cambiamenti nelle abitudini di vita della vittima.
Non è sempre facile distinguere tra un corteggiamento insistente e un comportamento di stalking, in particolare se si è all’inizio della relazione tra molestatore e vittima o se quest’ultima è, o è stata, molto coinvolta nel rapporto. Questo accade perché lo stalking può manifestarsi con le stesse forme del corteggiamento, basti pensare all’invio di fiori, alle continue telefonate, ai ripetuti sms; quando, però, la condotta diviene così insistente da limitare la libertà altrui, costringendo la persona che la subisce a un costante stato d’allerta e a modificare le proprie abitudini quotidiane, allora il corteggiamento assumerà i connotati dello stalking.
103 5. LE MOTIVAZIONI CHE SPINGONO LO STALKER
Gli Studiosi hanno cercato di comprendere le motivazioni che stanno alla base del comportamento dello stalker; le ricerche si sono focalizzate su ciò che spinge il persecutore a mettere in atto le molestie, prendendo come punto di riferimento le informazioni raccolte dalle vittime. Questa prospettiva, tuttavia, può risultare fuorviante poiché, chi subisce lo stalking, potrebbe non essere a conoscenza delle reali ragioni che muovono il molestatore nella sua opera di persecuzione ma può semplicemente intuire ciò che lo porta ad agire così. Inoltre è doveroso sottolineare che a volte neppure gli stalkers sono coscienti dei motivi che li portano a molestare una persona (Badcock, 2002). Possiamo quindi dedurre come
ogni attribuzione di motivazione sia soggetta a
interpretazione e possa, di conseguenza, risultare errata o poco veritiera.
Le scienze sociali individuano nell’amore e nel potere le colonne portanti della vita sociale; gli studiosi sostengono che la maggioranza degli stalkers siano spinti da entrambe le motivazioni. Si ritiene che i molestatori, sia consciamente che inconsciamente, siano mossi dalla volontà di ottenere il controllo sulle proprie vittime.
104 Emblematico del desiderio di controllo e manipolazione dell’oggetto della molestia è il fatto che quest’ultima sia sempre caratterizzata da intimidazione e minaccia: “nella
mente degli stalkers ricorrono continuamente pensieri ossessivi, che per loro stessa natura incorporano desideri di possesso; il controllo è una forma di possesso e la sensazione d’avere il controllo sulla relazione, la soddisfazione derivante da ciò, rappresentano una base molto forte dalla quale possono avere origine le molestie (badcock, 2002); quel che fondamentalmente guida lo stalker è la sensazione di avere il controllo su un’altra persona.”73 Possiamo
dedurre, da queste costatazioni, che esista una relazione tra potere, controllo e stalking ma allo stesso tempo si può capire come sia necessario ampliare gli studi empirici poiché non sono ancora sufficienti per giungere a conclusioni effettive. Gli stalkers possono essere spinti anche da infatuazione e amore e per indagare questo aspetto gli studiosi hanno preso in considerazione, come fattori di rischio per lo stalking, lo stile d’amore maniacale, erotico, dipendente e di convivenza. Può essere rilevante anche l’amore non corrisposto che provoca nel persecutore sentimenti quali rabbia, collera e dolore; quando un soggetto prova queste emozioni è portato
73
Diaz Rossella - Garofano Luciano, I labirinti del male, Infinito edizioni, op. cit., p. 77.
105 a dare la colpa a qualcuno e verosimilmente il bersaglio sarà proprio chi lo ha rifiutato.
Dobbiamo considerare anche gli stalkers che mettono in atto le molestie perché, semplicemente, sono persone aggressive che magari hanno alle spalle storie di violenza, detenzione e crimini precedenti e questa loro aggressività si trasferisce pure sulle loro relazioni.
In conclusione possono essere identificate quattro categorie di motivazioni (Cupach e Spitzberg, 2004):
1. espressiva: incentrata su desideri, emozioni, preferenze
relazionali;
2. strumentale: orientata verso “il potere per il potere”, il
desiderio di controllare gli altri;
3. personologica: manifesta incapacità, dipendenza, difetti
caratteriali;
4. contestuale: include eventi di vita stressanti incidentali che
generano, per il bisogno di intimità o di supporto, lo stalking.
Le prime due categorie possono essere considerate dirette verso un obiettivo e volontarie, la terza tipologia riguarda più
da vicino le caratteristiche personali, intrinseche
dell’individuo che rappresentano il modo in cui il soggetto è fatto. Le cause contestuali, invece, riguardano le situazioni
106 esterne all’individuo che possono influenzarne lo stato, portandolo così ad agire da stalker; sono le cause che possono essere considerate come “fattori scatenanti”.
6. FATTORI DI RISCHIO DELLO STALKER
Per evitare che la condotta persecutoria si aggravi e possa condurre a forme di violenza fisica a danno della vittima come lesioni, percosse, tentato omicidio e omicidio è necessaria un’attività di prevenzione. In considerazione del fatto che ogni stalker è diverso da un altro, è difficile adottare un’unica strategia preventiva; gli studi internazionali hanno fornito alcune indicazioni sulle variabili da valutare per cercare di predire la severità delle condotte di stalking. Tanto più questi fattori sono presenti, tanto maggiore sarà il rischio per la vittima.
a. Pregresso coinvolgimento dello stalker in atti
criminali
Si riferisce al fatto che l’autore risulti già conosciuto alle Forze dell’Ordine perché censurato per precedenti penali o comunque per precedenti di polizia. Questo fattore di rischio è stato reso evidente da autori di lingua inglese, che hanno preso in considerazione quindi la società americana e anglosassone; dai dati che emergono in Italia, lo stalker
107 non sembra presentare precedenti a vario titolo in numero significativo74.
b. Utilizzo di sostanze psicotrope da parte dello
stalker
Riguarda l’uso e l’abuso di sostanze stupefacenti o l’abuso di bevande alcoliche che costituiscono un importante fattore di rischio poiché l’assunzione di sostanze e l’abuso di alcool influenzano il comportamento del soggetto, aumentandone l’impulsività e l‘aggressività.
c. Presenza di disturbi psichiatrici nello stalker I disturbi psichiatrici sono presenti nel circa il 10 per cento della popolazione degli stalkers e non sono semplici da riconoscere e da rilevare perché i dati sanitari sono informazioni sensibili e quindi non facilmente accessibili. La letteratura specialistica riconosce la prevalenza di alcuni disturbi di personalità, in particolare:
1. il disturbo antisociale di personalità si riscontra in
soggetti che tendono a violare sia le norme sociali che i diritti altrui. Questo tipo di disturbo è caratterizzato
dalla marcata impulsività, irresponsabilità,
egocentrismo e intolleranza alle frustrazioni, dalla mancanza di empatia, di lealtà e di affetto verso gli altri,
74
Prontuario Operativo in materia di atti persecutori del Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche, Reparto Analisi Criminologiche, anno 2012.
108 dall’assenza o quasi di senso di colpa, di rimorsi, di scrupoli e di vergogna per i proprio comportamenti; 2. il disturbo borderline di personalità si caratterizza per
una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’umore e soprattutto per una forte impulsività che la persona manifesta entro la prima età adulta. Sono presenti permalosità e diffidenza che portano il borderline a reagire con rabbia ed umore depresso ogni volta che l’altro non risponde alle sue continue richieste o si discosta dalle sue aspettative;
3. il disturbo istrionico di personalità è caratterizzato da
un quadro pervasivo di emotività eccessiva, da una ricerca costante di attenzione, da teatralità e suggestionabilità;
4. il disturbo narcisistico di personalità è presente in
soggetti che si considerano speciali e appaiono arroganti ed egocentrici. Per il narcisista l’altro è considerato come strumento di giustificazione dei suoi bisogni.
d. Precarietà lavorativa o disoccupazione dello
stalker
E’ un altro elemento indiziario sull’instabilità di vita del soggetto e sulla sua difficoltà a diventare economicamente autonomo. I soggetti disoccupati hanno sicuramente più
109 tempo da dedicare all’attività persecutoria di controllo e sorveglianza della vittima oltre ad essere più a rischio per problematiche di adattamento ambientale.
e. Presenza di una relazione sentimentale pregressa
tra stalker e vittima
Una valutazione del grado di familiarità tra il molestatore e la vittima sembra essere utile per predire la possibilità di minacce e comportamenti violenti: i dati di ricerca sottolineano che più intima è stata la relazione conclusa, maggiore è il rischio che questi atti avvengano (McCann, 2001; Morrison, 2001).
f. Presenza di minacce esplicite alla vittima
E’ un fattore importante da tenere in considerazione in quanto spesso gli stalker minacciano le loro vittime e anche se la maggior parte di questi atti intimidatori non sono compiuti, il rischio di violenza aumenta quanto più le minacce sono precise.
g. Stili di attaccamento insicuri o disorganizzati
nello stalker e nella vittima
Si riferisce al fatto che molte volte lo stalking deriva da una patologia della separazione evidenziata da alterazioni affettive durante l’infanzia e da perdite nell’età adulta precedenti l’inizio dell’attività persecutoria.