• Non ci sono risultati.

Capitolo I. Le crisi d’impresa 1.1 Definizione di crisi

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo I. Le crisi d’impresa 1.1 Definizione di crisi"

Copied!
44
0
0

Testo completo

(1)

1

Capitolo I. Le crisi d’impresa

1.1 Definizione di crisi

Negli ultimi 40 anni le crisi aziendali sono divenute fenomeni ricorrenti, non più episodici, messe in luce ogni giorno dalle cronache. Per il carattere ciclico e frequente le crisi d’impresa rappresentano una componente del sistema aziendale, da considerarsi

come un dato permanente.1

In questa logica, fondata sulla consapevolezza che l’impresa inevitabilmente nel corso del suo ciclo di vita dovrà affrontare momenti di crisi che può essere correlata ad eventi aziendali ma anche al mutamento dell’ambiente esterno, ci accorgiamo che entrano in crisi interi settori e non solo grandi e prospere aziende ben amministrate, che vedono

ridursi il loro reddito indebolendosi rapidamente2.

Le crisi d’impresa sono frequenti tanto da essere un fenomeno diffuso, collegato ai cambiamenti del mercato e all’instabilità dell’ambiente. Esse appaiono causate dagli sbalzi dei costi delle materie prime, dalle innovazioni, da fenomeni inflazionistici, dalla difficoltà di programmare, dalla rigidità di alcuni sistemi aziendali.

«In queste condizioni la crisi aziendale e la scomparsa di singole aziende sono il prezzo inevitabile da pagare per il riequilibrio di interi settori, mediante l’espulsione delle

aziende marginali»3. Il risultato è la vita solo delle imprese proattive4, più efficienti più

innovative o che hanno saputo proteggersi meglio dai rischi. È a tutti gli effetti un processo naturale di selezione il cui risultato finale è il miglioramento dell’efficienza e la

predisposizione all’innovazione.5

1 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, Giuffrè editore, Milano, 1986, pag. 3 2 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 3

3 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 8

4 «Mentre tenta di espandere la propria quota di mercato, l’impresa dominante deve anche difendere in

modo attivo il proprio business corrente… in quale modo? La risposta più costruttiva è: con un innovazione continua… nel progettare beni e servizi idonei a soddisfare le esigenze del cliente, è possibile adottare due diversi orientamenti: reazione o anticipazione… nel marketing di anticipazione si guarda avanti, e quindi alle esigenze che i clienti potrebbero avere nel prossimo futuro… le imprese creative che realizzano con successo il marketing di anticipazione sono quelle che guidano il mercato anziché farsi guidare da esso. Qualcuno le ha definite imprese proattive» P. Kotler, Kl. Keller, F. Ancarani, M. Constabile, Marketing

management, quattordicesima edizione, Pearson Italia, Milano-Torino, 2012, pag. 460

(2)

2 La crisi assicura la selezione naturale delle aziende meritevoli, sancendo in modo Darwiniano la cessione di tante altre aziende non meritevoli, o comunque non capaci di

gestire i processi, competenze e relazioni in modo sostenibile6.

Ogni impresa di successo e non deve assumere un’attitudine nel considerarsi in perenne crisi, in modo da riformulare continuamente la propria strategia competitiva intervenendo come prassi più normale sulla configurazione della catena del valore, coinvolgendo direttamente e in modo innovativo i clienti, i partners industriali, creando nuove relazioni

di tipo cooperativo con gli stakeholders chiave.7

Il soggetto dello studio è la piccola e media impresa per la quale bisogna chiedersi se liquidare o risanare. Come prima approssimazione possiamo affermare che la crisi d’impresa si ha quando: «si crea uno squilibrio economico finanziario, destinato a perdurare e a portare all’insolvenza e al dissesto in assenza di opportuni interventi di

risanamento».8

La crisi è un fatto di interesse globale, che si è sviluppato giorno dopo giorno con un graduale deterioramento delle condizioni interne ed esterne all’azienda, che richiede l’avvio di un turnaround basato su una accurata valutazione delle cause. Uno stato di crisi è la conseguenza del sommarsi di risultati negativi, realizzati dal gruppo imprenditoriale e manageriale incapace di gestire i complessi processi, competenze e relazioni in modo dinamico. Una crisi aziendale difficilmente è improvvisa, causata da un cambiamento repentino dell’ambiente, mentre normalmente è il risultato di un lento deterioramento

della strategia e della struttura aziendale nel tempo9.

È prassi pensare che la crisi “esplode”, che si manifesti in un preciso istante della vita aziendale, ma in realtà è più ragionevole pensare che la crisi si concretizzi in un periodo più lungo, nasce come uno stato latente finché qualcuno non l’avverte come tale e ne

diffonde la consapevolezza10. Nella dottrina si ritiene che le condizioni caratterizzanti uno

6 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, Ipsoa, 2008, pag. 8

7 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 9

8 S. Sciarelli, La crisi d’impresa il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese,

Cedam, Padova, 1995, pag. 4

9 S. Sciarelli, La crisi d’impresa il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese, op.

cit. pag. 8

10 S. Sciarelli, La crisi d’impresa il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese, op.

(3)

3 stato di crisi sono tre: la sorpresa, ovvero la percezione improvvisa della situazione di grande difficoltà aziendale, il limitato tempo di reazione, caratterizzato dall’impellenza di prendere decisioni per fronteggiare al più presto la crisi, e la compromissione seria del raggiungimento degli obiettivi aziendali.

In altre parole la crisi è uno stato di grave minaccia per il raggiungimento degli obiettivi aziendali che necessita di decisioni di tipo straordinario. Una crisi è causata dalla somma

di situazioni critiche che minano continuamente l’equilibrio economico e finanziario11.

In molte situazioni il management non ha l’incentivo di dichiarare tempestivamente la situazione di crisi, ma anzi tende a rimandarla. Infatti ammettere che l’azienda gestita è in crisi significa ammettere di aver fallito, di non aver raggiunto l’obiettivo del

«…conseguimento di un determinato equilibrio economico, a valere nel tempo…»12 al

contrario mantenere il controllo della gestione consente di poter sperare che nuove

iniziative possono risolvere il problema.13

Una delle abilità fondamentali di chi governa l’azienda è dunque quello di cogliere tempestivamente le situazioni critiche, per evitare che queste situazioni diventino crisi irreversibili. Infatti un buon management deve riuscire ad evitare questo pericolo, perché essenzialmente il miglior modo di affrontare la crisi aziendale è fare in modo di non trovarcisi, agendo prima che gli eventi sfavorevoli si presentino nel corso della gestione. Nella realtà accade che il management non realizzi il progressivo deteriorarsi della condizione aziendale e quindi si trovi poi di fronte ad una crisi, molto spesso il gruppo di governo è incapace di individuare i sintomi della crisi e dunque di fronteggiarla con la

dovuta tempestività14.

Lo stato di crisi in molti casi, viene avvertito dal gruppo proprietario o da qualche

stakeholder. In particolare le banche suonano il campanello di allarme quando avvertono

il peso della situazione finanziaria aziendale e dunque la crisi, che se non è gestita tempestivamente, potrà porre il pericolo la sopravvivenza dell’azienda stessa e di riflesso

i loro crediti15. Tale crisi però potrebbe essere fronteggiata mediante il ruolo attivo da

11 S. Sciarelli, La crisi d’impresa il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese, op.

cit. pag. 10

12 E. Giannessi, Appunti di economia aziendale, Pisa, Pacini, 1979.

13 G. Forestieri, Corporate e investment banking quarta edizione, Egea, Milano 2007, pag. 430

14 S. Sciarelli, La crisi d’impresa il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese, op.

cit. pag. 11-12

15 S. Sciarelli, La crisi d’impresa il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese, op.

(4)

4 parte delle banche, le quali non concedono solo prestiti, ma sono di supporto per la

consulenza delle imprese per la definizione della struttura finanziaria ottimale16.

Le crisi sono sempre dovute da squilibri tra costi e ricavi, ossia a fatti economici, che

successivamente si traducono in fatti finanziari17. Alcuni studi dimostrano che sono più

frequenti squilibri di natura finanziaria piuttosto che squilibri di natura operativa. Spesso la formula imprenditoriale è molto valida ma l’imprenditore non riesce o non pone la dovuta attenzione ai sistemi di controllo interno.

Il ruolo delle banche prima che si verifichi la crisi, nel rapporto con l’azienda, ha una duplice funzione: prevenzione e monitoraggio. La prima funzione intesa come riduzione dei casi di crisi la seconda come tempestiva individuazione delle crisi.

La crisi si sviluppa attraverso fasi che sono la fase latente, di sviluppo e la fase acuta o

conclamata18. Se il soggetto economico riesce ad individuare la situazione di pericolo per

tempo non dovrà gestire la fase conclamata con tutti i problemi del caso, ma dovrà solo progettare lo sviluppo e il rilancio.

Nella gestione aziendale il problema sostanzialmente è quello di rendersi conto delle situazioni critiche. La gravità della crisi dipende dal tempo disponibile per fronteggiarla, infatti è l’urgenza che indica la gravità della crisi. Nella situazioni di crisi è tipico l’elemento d’urgenza, questo genera la necessità di prendere le decisioni straordinarie senza però avere il tempo necessario per analizzare il problema e trovare la soluzione migliore. L’urgenza inoltre dev’essere vista secondo due ottiche, gli interventi immediati e la proiezione di interventi più a lungo termine. Le azioni a breve termine sono date dalla necessità di prendere le decisioni nel più breve tempo possibile, che sono necessarie per avviare il processo di risanamento, queste decisioni poi saranno la base per lo sviluppo e il rilancio19.

È chiaro che il carattere impellente degli interventi è maggiore più si è vicini al momento

acuto della crisi20. Infatti quanto più sono ristretti i tempi di risposta, tanto più è grave la

16 G. Forestieri, Corporate e investment banking, op. cit., pag. 429

17 S. Sciarelli, La crisi d’impresa il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese, op.

cit. pag. 11

18 S. Garzella, Il sistema d’azienda e la valorizzazione delle “potenzialità inespresse” una “visione”

strategica per il risanamento, Giappichelli, 2005, pag. 70

19 S. Sciarelli, La crisi d’impresa il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese, op.

cit. pag. 13

20 S. Garzella, Il sistema d’azienda e la valorizzazione delle “potenzialità inespresse” una “visione”

(5)

5 crisi che poi diventerà irreversibile quando il tempo di risposta sarà finito, cioè quando

nessun intervento di fronteggiamento sarà in grado di bloccare il dissesto21.

1.1.1 Le cause della crisi

Nell’ambito aziendale la crisi è uno stato di tipo patologico a più stadi. Alla base dalla crisi ci sono fenomeni di squilibrio e di inefficienza, originati o dall’interno o dall’esterno. Se questa condizione di instabilità continua nel tempo genera perdite di varia entità. Con l’aumentare delle perdite l’azienda entrerà in uno stadio di insolvenza, cioè l’incapacità di far fronte ai suoi impegni in maniera ordinata, dopo questo stadio abbiamo il dissesto, caratterizzato dall’incapacità dell’azienda di utilizzare l’attivo per fronteggiare il passivo. Ovviamente fronteggiare la crisi quando si trova al primo stadio è relativamente più facile. La difficoltà maggiore sta nell’individuare i sintomi che la contraddistinguono e che sono la base per la seconda fase, cioè quella delle perdite. In questa fase abbiamo un’erosione costante delle risorse aziendali con l’assorbimento delle riserve in bilancio e di quote del capitale, quindi l’erosione sostanzialmente della liquidità, l’appesantimento

dei debiti, la riduzione delle risorse destinate al marketing e alla ricerca e allo sviluppo22.

Il fronteggiamento della crisi in questo caso è sicuramente più difficile. La difficoltà dipende dall’intensità e dalla durata delle perdite. Il risultato di questa fase è in un certo senso l’esplosione della crisi che sfocia nell’insolvenza che rappresenta l’iceberg. Infatti a questo punto la crisi non è più un fatto solo interno ma coinvolge tutto l’ambiente circostante generando degli effetti palesi come: incapacità di far fronte alle scadenze, perdita di fiducia e di credito, perdita della clientela. Tutta l’azienda viene sconvolta tanto che qualsiasi intervento appare insufficiente e le probabilità di successo si riducono. In ogni caso alcuni interventi per tentare il salvataggio riguardano sicuramente la struttura

del capitale e il management23.

All’insolvenza segue il dissesto che è «una condizione permanente di squilibrio

patrimoniale»24 che non è risolvibile senza una contrattazione dei crediti.

Le reazioni più comuni a stati di crisi sono sicuramente i tardivi riconoscimenti dei sintomi di crisi. Che sono molto spesso la base dei dissesti aziendali che altrimenti

21 S. Sciarelli, La crisi d’impresa il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese, op.

cit. pag. 14

22 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 11-12 23 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 12 24 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 13

(6)

6 sarebbero stati evitati. Il risultato è quasi sempre un disfacimento che diventa sempre più

grande, fino ad arrivare all’irreversibilità25.

L’individuazione e l’analisi delle cause delle crisi vengono ricondotte a due approcci: di natura soggettiva, riconducibili al management che rappresenta la fonte unica del successo o dell’insuccesso dalla cui decisioni dipende maggiormente il cattivo andamento aziendale. Dall’altra parte abbiamo le critiche che sono rivolte ai possessori del capitale, le critiche riguardano la distribuzione eccessiva dei dividenti, sbagliata scelta del management, timore di correre eccessivi rischi. Altre critiche sono rivolte agli operatori, all’organizzazione, alla forza vendita. Ogni crisi aziendale è riconducibile ad inefficienze,

sbagliati comportamenti e incapacità dei protagonisti dell’azienda26.

Tuttavia mettere sotto accusa il management e gli altri protagonisti del sistema aziendale non è il migliore modo per descrivere la complessa realtà aziendale. Perché la crisi può dipendere da fenomeni che sono estranei al volere degli uomini dell’impresa come per esempio: la diminuzione della domanda globale di un prodotto, l’aumento dei prezzi delle materie prime, la concorrenza, ecc. In questa logica possiamo individuare cinque tipi fondamentali di crisi in funzione delle cause che la provocano:

1. Le crisi di inefficienza;

2. Le crisi di sovraccapacità/ rigidità;

3. Le crisi da decadimento dei prodotti;

4. Le crisi da carenza di programmazione/ innovazione;

5. Le crisi da squilibrio finanziario.27

La crisi da inefficienza si verifica quando uno o più settori dell’attività aziendale, in particolare l’area operativa, hanno dei rendimenti che non sono in linea con quelli dei concorrenti. Il raffronto con le aziende concorrenti avviene non solo sui costi ma anche sul rendimento dei fattori produttivi come per esempio l’energia consumata per ogni prodotto, l’entità degli scarti delle materie prime, ore di lavoro su ogni prodotto. Ci sono diversi modi per avere un livello dei costi maggiori rispetto a quello dei concorrenti per

esempio: impianti obsoleti, personale non idoneo o inefficienze logistiche28.

25 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 13 26 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 14 27 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 14 28 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 15-16-17

(7)

7 La crisi di inefficienza non dipende solo dall’area produttiva, ma dipende anche da altre aree come quella commerciale, amministrativa, organizzativa e finanziaria. L’inefficienza commerciale si verifica quando la rete di vendita è inefficiente e i costi che genera sono maggiori dei risultati di vendita. Anche nell’area amministrativa si verificano situazioni di inefficienze come per esempio eccessi burocratici che si traducono in un eccessiva rigidità aziendale e dipendono da procedure amministrative troppo complesse. Nell’area organizzativa le inefficienze più diffuse riguardano l’assenza di un budget annuale, in queste condizioni non c’è la possibilità di pianificazione, necessaria per

predisporre le decisioni a medio e a lungo termine29. Nell’ambito dell’attività finanziaria

le inefficienze dipendono sostanzialmente dal più elevato costo delle risorse aziendali rispetto alla concorrenza. Le cause sono due: debolezza contrattuale e incapacità degli addetti alla funzione finanziaria.

Le crisi da sovracapacità/rigidità si originano da alcune situazioni come: • Continua riduzione della domanda;

• Perdita di quote di mercato; • Ricavi inferiori alle attese.

La continua riduzione della domanda può derivare da un eccesso di capacità produttiva

rispetto alla possibilità di assorbimento del mercato30. Le crisi da sovracapacità trae

spesso origine da un eccesso di capacità nell’ambito dello stesso settore. Quest’ultima può avere diverse spiegazioni come la ricerca di economie di scala, dalla caduta della domanda globale che dipende dai cambiamenti dei gusti dei consumatori, errori di previsione. In queste circostanze le imprese più piccole vedono ridursi la propria

domanda e di conseguenza questa condizione porterà alla crisi31.

Un secondo tipo di crisi da rigidità dipende dalla perdita di quote di mercato. In questo caso la crisi dipende solo dall’azienda interessata e non l’intero settore. Queste sono connesse a carenze specifiche dell’azienda, l’unica possibilità per evitare la crisi è quello di adeguare i costi. Ma ridurre i costi risulta abbastanza difficile in un contesto dove è la

29 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 18-19 30 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 20 31 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 21

(8)

8 singola impresa ad essere in crisi e non l’intero settore, il risultato molto spesso, dopo

continue perdite, è il dissesto32.

Un altro tipo di crisi da rigidità dipende dall’ottenimento dei ricavi inferiori delle attese e le cause sono ricondotte a due casi: mancata o insufficiente aumento della quota di mercato rispetto alle attese oppure sbagliata previsione dello sviluppo della domanda globale. Dopo l’eccesso di capacità l’azienda o attende che il mercato riassorba l’offerta

subendo nel frattempo le perdite o tenta politiche aziendali aggressive33.

La crisi da decadimento dei prodotti si origina da prezzi al di sotto dei costi fissi cioè incapaci di garantire la copertura, anche parziale degli stessi. Questa condizione porterà l’azienda nella fase preliminare della crisi, caratterizzata prima da uno squilibrio e successivamente dalle perdite. Gli strumenti idonei ad analizzare la condizione da decadimento dei prodotti sono il margine di contribuzione e il margine lordo. Entrambe

mettono in relazione il prezzo di vendita di uno specifico prodotto con il costo34.

Le crisi da carenze di programmazione/innovazione va intesa in senso sostanziale, come incapacità di adattare l’assetto aziendale ai cambiamenti ambientali. In queste situazioni le imprese adottano un atteggiamento miope guardando solo nell’immediato, avendo come unico obiettivo il risultato a breve termine trascurando le decisioni per il futuro. Queste imprese non stabiliscono obiettivi e né verificano la compatibilità con le proprie risorse, operano al fine di raggiungere obiettivi impossibili o comunque fuori portata rispetto alle risorse a disposizione. È un atteggiamento casuale che si tradurrà in un

progressivo peggioramento economico del reddito35. Inoltre l’incapacità di programmare

genera problemi di coinvolgimento anche del personale che si sentirà disorientato e non motivato nel raggiungere un preciso e valido obiettivo. Infatti definire degli obiettivi contraddittori, incerti, non precisi genererà reazioni negative. Il personale non sarà interessato al progetto partecipando con uno scarso impegno.

Gran parte delle aziende in crisi hanno gravi problemi di programmazione, causato proprio dallo stato di difficoltà che rende difficile qualsiasi tipo di programmazione. In

32 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 25 33 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 26 34 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 28 35 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 32

(9)

9 queste situazioni la difficoltà non è causata dalla mancanza di programmazione, ma è la

crisi che rende impossibile programmare36.

Altro fattore di crisi deriva dall’assenza di innovazione, l’azienda difficilmente potrà prosperare senza trovare nuove idee. Nelle aziende di piccole dimensioni l’innovazione è collegata maggiormente alle capacità dell’imprenditore, allo stesso modo l’insuccesso dipende dall’incapacità di generare nuove idee. In rari casi un’attitudine conservatrice consente la sopravvivenza. Nelle aziende di grandi dimensioni le nuove idee, economicamente produttive si generano molto spesso con la ricerca. Infatti una ricerca efficace è la base per l’innovazione. In un ambiente in rapido mutamento la ricerca è una condizione per la sopravvivenza. Anche se la ricerca porta dei risultati negativi nel breve

periodo, è indispensabile per il lungo periodo37.

Le crisi da squilibrio finanziario/patrimoniale sono generate dai seguenti eventi: carenza di mezzi propri e maggioranza di mezzi di terzi, prevalenza di debiti a breve termine, scarsa o nulla riserva di liquidità, impossibilità da parte dell’azienda di contrattare le condizioni del credito perché ne ha bisogno ad ogni costo, incapacità di far fronte in maniera ordinata ad alcuni pagamenti come i fornitori, rate di prestiti e in casi limite i dipendenti38.

Gli squilibri finanziari portano a perdite economiche e quindi all’insolvenza. Le perdite economiche sono caratterizzate da elevati oneri finanziari provocati dal pesante indebitamento dell’azienda. Inoltre gli oneri sostenuti da un’azienda in crisi sono maggiori rispetto a quelli dei concorrenti, che in condizioni positive del mercato hanno risultati soddisfacenti, mentre l’impresa in crisi farà fatica a raggiungere il pareggio. Invece in uno stato negativo del mercato le aziende migliori vedono contrarsi i loro risultati mentre l’azienda con squilibrio finanziario subisce fatalmente una serie di perdite che minano ulteriormente la sua condizione finanziaria. In queste condizione l’impresa non avrà la possibilità di ottenere dal mercato ulteriori risorse finanziarie inoltre l’autofinanziamento o è scarso o è nullo. Se le perdite continuano allora l’azienda

precipita in uno stato di insolvenza39.

36 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 33 37 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 34 38 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 35 39 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 35

(10)

10 Queste rappresentano le cinque cause fondamentali delle crisi aziendali. C’è da sottolineare il fatto che le crisi sono quasi sempre provocate da più cause, anche contemporaneamente, per questo anziché dire che le crisi provengono da cause specifiche, è meglio sottolineare che la crisi deriva dall’azione di più fattori. Tuttavia è possibile individuare una sorta di sequenza nel processo di crisi. Nella fase iniziale della crisi sono tipicamente presenti i fattori delle carenze di programmazione/innovazione, inefficienze e decadimento dei prodotti. Queste rappresentano l’origine dei processi di crisi. Nella seconda fase ad amplificare il fenomeno entrano altri fattori quali la rigidità e gli squilibri finanziari40.

Le fasi iniziali della crisi sono le basi per le difficoltà future. Ma a differenza della fase di sviluppo e acuta/conclamata la prima fase è difficile da individuare. E si è consapevoli solo quando essa è entrata nella seconda fase generando perdite. La ricerca dei sintomi della crisi quindi ha l’obiettivo di eliminare o ridurre i fattori negativi, prima ancora che portino a perdite. Lo scopo è la prevenzione della crisi che è l’unica alternativa per evitare errori e minacce. Per riconoscere la crisi è opportuno tenere in considerazione tanto gli aspetti oggettivi, intesi come i fenomeni attinenti al settore, sia gli aspetti soggettivi, in relazione ai comportamenti del management e dei portatori di capitale. Infatti lo stato di crisi latente dipende dall’incapacità del management o dell’imprenditore. Incapacità che

si trasformeranno in squilibrio, perdite e dissesto41.

1.2 Valutazione, analisi della crisi

Individuare i sintomi della crisi risalendo alle cause è un processo fondamentale per prendere le decisioni finalizzate per fronteggiarla. Esistono diversi strumenti per evidenziare i segnali più significativi e in sintesi possiamo distinguerli in tre categorie: metodi basati sull’intuizione, sugli indici e su modelli.

I metodi fondati sull’intuizione si basano sull’interpretazione di variabili oggettive come: carenze di programmazione, perdita di quote di mercato, squilibri patrimoniali e finanziari. E soggettive come incapacità del management.

40 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 39 41 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 42-43-44

(11)

11 I metodi basati sugli indici si basano sul principio di analizzare la propensione o disponibilità dell’azienda ad una crisi futura, confrontando alcuni indicatori con altre aziende.

I metodi basati su modelli costruiscono delle correlazioni matematico-statistiche tra

variabili aziendali cercando di prevedere situazioni di crisi42.

1.2.1 Analisi di bilancio

Senza dubbio l’analisi di bilancio è uno strumento fondamentale per la diagnosi delle crisi aziendali soprattutto in fase di prevenzione. Una corretta analisi di bilancio deve essere realizzata confrontando situazioni contabili riferite almeno a tre esercizi consecutivi in modo tale da delineare lo sviluppo dell’attività aziendale. Questo tipo di analisi viene

inoltre integrato con un raffronto con la media del mercato43.

Una considerazione sul bilancio è data dal fatto che ha una scarsa attitudine a segnalare in modo tempestivo le crisi aziendali. Il bilancio rappresenta il risultato monetario di

azioni umane e dalla relazioni tra variabili interne ed esterne44.

Il bilancio dovrà essere utilizzato non per riconoscere la crisi in atto, ma per cogliere i piccoli segnali premonitori.

Il segnale esterno più evidente di una crisi è sicuramente rappresentato dall’incapacità dell’azienda di far fronte ai propri impegni finanziari. Un’azienda insolvente è un’azienda che si sta avvicinando al dissesto.

Esistono quattro stadi: il primo è lo squilibrio economico e l’inefficienza che perdurando nel tempo genera perdite -secondo stadio- e col crescere delle perdite la crisi entra nel terzo stadio che è quello dell’insolvenza, cioè incapacità dell’azienda di far fronte ai propri impegni finanziari, oltre il quale c’è il dissesto ovvero l’incapacità permanente

dell’azienda di far fronte ai propri impegni45.

Le informazioni sul grado di solvibilità aziendale si ottengono attraverso l’analisi della liquidità e della solidità patrimoniale. L’analisi della liquidità fa riferimento all’equilibrio

42 L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, op. cit. pag. 46-47-48

43 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 47

44 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 47

(12)

12 economico finanziario, cioè alla capacità dell’azienda di far fronte alle sue obbligazioni in maniera ordinata. La solidità patrimoniale fa riferimento all’attitudine dell’impresa di poter far fronte ai propri impegni di pagamento complessivamente e in maniera definitiva nel tempo.

La liquidità e la solidità patrimoniale vengono entrambe utilizzate per l’analisi della

solvibilità e si ottengono attraverso la costruzione di uno stato patrimoniale finanziario46.

Lo stato patrimoniale finanziario prevede un prospetto a sezioni contrapposte ed ha lo scopo di evidenziare la provenienza delle fonti di finanziamento e l’impiego di queste risorse in investimenti per l’attività aziendale.

Le fonti di finanziamento sono classificate in base il criterio di esigibilità, cioè il tempo necessario per la loro estinzione. Gli impieghi sono classificati in base al criterio di liquidità, cioè il tempo necessario per il loro ritorno in forma liquida. Le fonti di finanziamento vengono classificate in:

• Fonti non esigibili, non soggette a restituzione;

• Fonti esigibili nel medio/lungo periodo, note come passività consolidate; • Fonti esigibili nel breve periodo, note come passività correnti.

Le fonti non soggette a restituzione si riferiscono a mezzi finanziari ottenute a titolo di capitale di rischio o dall’autofinanziamento che sono esclusi dal processo di distribuzione ai soci. Le fonti esigibili nel breve e medio/lungo termine si riferiscono a debiti di funzionamento e/o di finanziamento. I debiti di finanziamento fanno riferimento a prestiti concessi o ottenuti da parte di banche o dal mercato finanziario. I debiti di funzionamento scaturiscono dalle normali transazioni commerciali e fanno parte della gestione corrente ordinaria.

Le fonti di finanziamento vengono classificate in base alla durata, e per convezione si fissa la durata del breve periodo in un esercizio gestionale di 12 mesi. Quindi verranno classificate come fonti di finanziamento a breve termine tutte le quote con scadenza entro

i 12 mesi mentre a medio/lungo per le quote superiore i 12 mesi47.

46 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 48

47 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

(13)

13 Per quanto riguarda gli impieghi vengono classificati in base a due macro-categorie, l’attivo fisso e l’attivo corrente in base al tempo necessario per il ritorno in forma liquida, rispettivamente nel medio e nel lungo periodo.

Nell’attivo fisso rientrano: le immobilizzazioni immateriali, materiali, finanziarie e commerciali. Le ultime fanno riferimento a rimanenze prodotti finiti o materie prime temporaneamente bloccate perché non vendibili o non utilizzabili.

L’attivo circolante invece viene scomposto in tre categorie:

• Disponibilità economiche, quindi materie prime e prodotti finiti;

• Liquidità differite, crediti finanziari o operativi con scadenza entro 12 mesi;

• Liquidità immediate, denaro disponibile immediatamente48.

Attraverso questa classificazione possiamo notare che, se il processo di costruzione è applicato correttamente, le passività correnti sarà l’importo dei debiti esigibili entro i 12 mesi mentre l’attivo circolante rappresenterà l’importo degli investimenti che si

trasformeranno in denaro entro lo stesso periodo49. L’analisi della liquidità è basato sul

confronto tra questi due fattori.

L’indice di struttura corrente = attivo circolante / passività correnti.

48 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 50-51

49A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

(14)

14 Se il rapporto è positivo allora l’impresa riuscirà a rimborsare le passività in scadenza nel breve periodo, senza compromettere le future condizioni di equilibrio. Se il rapporto è negativo vuol dire che l’attivo circolante non è in grado di coprire le passività in scadenza. Di conseguenza in caso di richiesta di rientro dei debiti da parte dei finanziatori può essere soddisfatta smobilizzando una parte dell’attivo fisso, compromettendo le funzioni

operative e di equilibrio economico e patrimoniale50.

Il secondo indicatore utilizza le liquidità immediate, le liquidità differite e le passività correnti.

Indice di liquidità secca = liquidità immediate + liquidità differite / passività correnti Nel caso in cui questo indice ha valore maggiore di 1 è una situazione positiva perché le liquidità immediate e liquidità differite sono maggiori delle passività correnti. L’azienda non solo può assolvere ai suoi impegni, ma quando c’è una eccesso significativo di liquidità questa potrebbe essere utilizzata.

Quindi nell’analisi sulla liquidità aziendale non ci sono grandi problemi se entrambi gli indicatori hanno un valore maggiore di 1. Ci sono invece problemi di interpretazione se l’indice di struttura corrente ha valori maggiori di 1, e l’indice di liquidità secca inferiori ad 1.

Questo è il caso in cui l’attivo circolante riesce a coprire le passività correnti, ma le

liquidità immediate e differite non sono altrettanto sufficienti51.

Le azioni di miglioramento a breve termine riguardano la riduzione della posizione finanziaria netta a breve, e la riduzione della durata del ciclo monetario. Mentre le azioni di miglioramento a medio lungo termine prevedono un consolidamento dei debiti finanziari52.

Oltre a valutare la liquidità aziendale attraverso degli indici relativi, è importante utilizzare delle grandezze assolute. Pertanto è consigliabile l’uso del capitale circolante netto.

50 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 53-54

51 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 54-55

52 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

(15)

15 CCN= attività correnti – passività correnti

Le attività correnti rappresentano gli investimenti che generano nell’arco temporale di riferimento entrate monetarie. Mentre le passività correnti rappresentano le fonti di

finanziamento che generano delle uscite monetarie53.

Il CCN è una grandezza molto importante perché rappresenta l’ammontare di risorse che compongono e finanziano l’attività operativa. È un indicatore che viene utilizzato per verificare lo stato di equilibrio finanziario dell’impresa nel breve periodo.

Il giudizio sull’equilibrio economico e finanziario a breve tuttavia deve essere confermato da un approfondimento. Perché esistono aziende con CCN negativo ma il cui squilibrio è solo apparente.

Valutare la liquidità utilizzando il valore assoluto, quindi non utilizzando percentuali ma la differenza tra due fattori, è utile perché spesso utilizzare solo l’indicatore percentuale potrebbe non rendere chiara la dinamica aziendale. Ci potrebbe essere per esempio il caso di un’azienda di grandi dimensioni in crisi che ha un indice di liquidità con un valore

tendenzialmente positivo, ma la differenza tra attivo e passivo è di milioni di euro54.

Per questo motivo l’analisi della liquidità deve essere condotta tenendo in considerazione sia gli indici che il margine se si vuole avere una definizione attendibile della reale situazione aziendale nel breve periodo.

L’analisi sulla solidità patrimoniale può essere effettuata attraverso due differenti strumenti: l’analisi di correlazione fonti impieghi, e di capienza del capitale netto. L’analisi di correlazione ha l’obiettivo di valutare l’adeguatezza della struttura delle fonti di finanziamento utilizzate in relazione con la struttura degli impieghi, in modo tale da verificarne se il tempo di estinzione delle fonti è omogeneo con il tempo necessario per gli impieghi di ritornare in forma liquida, questo processo viene definito sincronizzazione. L’analisi di correlazione permette di effettuare un giudizio sulla solidità patrimoniale di un’azienda in modo indiretto. Una struttura delle fonti sincronizzata con la struttura degli impieghi dovrebbe limitare il rischio di crisi di liquidità generate dalla necessità di estinguere un debito in assenza di sufficienti disponibilità liquide o di

53www.liuc.it/cmgenerale/centri/cepa/cm/upload/FMCL_INDICI%20DI%20BILANCIO.doc [analisi di

bilancio]

54www.liuc.it/cmgenerale/centri/cepa/cm/upload/FMCL_INDICI%20DI%20BILANCIO.doc [analisi di

(16)

16 impieghi. In questa logica un’azienda che ha limitati rischi di crisi finanziarie può definirsi solida55.

Per esprimere con accuratezza un giudizio sulla solidità patrimoniale di un’azienda è necessario fare alcune considerazioni sul grado di capitalizzazione o di autonomia finanziaria, cioè il grado di utilizzo del capitale netto per la copertura del fabbisogno di finanziamento. Infatti la progressiva erosione dello stesso è da considerarsi come un sintomo importante di crisi in atto. È possibile utilizzare due indicatori:

Il primo indicatore, viene definito come indice di copertura delle immobilizzazioni tecniche, ed è il rapporto tra capitale netto e immobilizzazioni tecniche. Quest’ultime

rappresentano le immobilizzazioni immateriali, materiali o finanziarie56.

Per l’interpretazione di questo si raffronta con quello di altre aziende di settore. Quanto più l’indicatore è vicino ad 1 tanto più sarà la porzione di liquidità generata che rimane nelle casse aziendali, perché il capitale netto non essendo soggetto a rimborso, non assorbe, solo in casi eccezionali, liquidità prodotta dalla gestione aziendale.

Il secondo indicatore utilizzato per esprimere un giudizio più diretto sulla solidità patrimoniale è il capitale netto di garanzia. Per la sua costruzione è necessario una simulazione per stimare le perdite che l’azienda subirebbe in caso di liquidazione. Si va a verificare se il capitale netto è sufficiente per la loro copertura. In questa logica è solida quella azienda che non sottopone i propri creditori al rischio di dover supportare le perdite di liquidazione. Questo vuol dire che gli investimenti aziendali sono in grado di generare

un ammontare di liquidità sufficiente a rimborsare tutti i creditori57.

Anche se il processo di stima delle perdite di liquidazione è soggetto ad approssimazioni soggettive e a prudenza da parte dell’analista è comunque un informazione molto importante e significativa.

Capitale netto di garanzia = capitale netto / ∑ perdite di liquidazione

55 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 57-58

56 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 58

57 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

(17)

17 Se l’indice assume valori superiori ad 1 l’azienda può considerarsi solida. Nel caso opposto si segnala una possibile rischiosità per i creditori aziendali che potrebbe essere

sanata attraverso una ricapitalizzazione58.

Le azioni di miglioramento a breve termine prevedono di richiedere ai soci l’eventuale versamento e di conseguenza di non distribuire i dividendi per incrementare il capitale netto attraverso l’autofinanziamento. Mentre le azioni di miglioramento a medio lungo

termine prevedono l’aumento del capitale sociale59.

La gestione del fabbisogno di finanziamento aziendale è essenziale per prevenire il formarsi di squilibri che possono degenerare in uno stato di crisi. È molto importante conoscere in che misura le differenti aree gestionali generano fabbisogno finanziario, perché da questa consapevolezza si prenderanno le decisioni se accendere o no un finanziamento. Inoltre sono informazioni molto importanti per il management perché ha la possibilità di selezionare le alternative di copertura in maniera più razionale.

La misurazione del fabbisogno finanziario generato dalle diverse aree aziendali più significative è dato dall’utilizzo dello stato patrimoniale gestionale che classifica gli impieghi e le fonti per destinazione oltre che per natura. Ha una forma scalare.

Le aree più significative per classificare gli impieghi e le fonti sono:

• L’area della gestione operativa corrente. Che raggruppa le fonti e gli impieghi per processi di acquisizione di fattori produttivi correnti.

• L’area della gestione operativa strutturale: che comprende tutti i fattori produttivi pluriennali coinvolti nella gestone caratteristica e le relative fonti di finanziamento spontanee.

• L’area accessoria: rientrano in questa area eventuali impieghi e fonti coinvolti in attività operativa estranee alle gestione caratteristica.

• L’area finanziaria: comprende le liquidità immediata e con segno negativo i debiti finanziari60.

58 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 63

59 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 80

60 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

(18)

18 Ponendo le fonti e gli impieghi in forma scalare la loro somma algebrica esprime pertanto il fabbisogno finanziario residuo o l’eccedenza di fonti di finanziamento spontanee rispetto al fabbisogno dell’area. La somma progressiva di tutti i fabbisogni finanziari residui è l’importo che deve essere coperto ricorrendo ai debiti finanziari ed al capitale proprio.

Da qui l’importanza dello strumento; un’azienda che ha intenzione di ridurre il proprio indebitamento può provare a tagliare il fabbisogno di finanziamento residuo generato all’interno di ciascuna area gestionale.

Un aspetto molto significativo è che questo modo di procedere consente di individuare la posizione finanziaria netta aziendale, che è un indicatore estremamente diffuso che sintetizza la capacità dell’azienda di generare cash flow e la tendenza ad aumentare o

diminuire l’indebitamento finanziario61.

La posizione finanziaria netta valuta in maniera combinata i due aspetti: liquidità e indebitamento finanziario. Un aumento della posizione finanziaria netta è senza dubbio un fattore negativo, mentre è positiva una sua riduzione. Può essere calcolata in maniera complessiva comprendendo l’intero ammontare dei debiti finanziari, o in alternativa le componenti a breve e a medio/lungo periodo.

Conoscere le cause che determinano il risultato economico è molto importante nel caso in cui si teme per una perdita economica che può sfociare in una crisi finanziaria. I risultati più evidenti di una crisi in atto sono riconducibili alla progressiva riduzione del fatturato e la riduzione del risultato netto. Per creare uno strumento atto ad evidenziare la formazione del risultato economico è opportuno prima di tutto classificare i costi e i ricavi in aree che sono rappresentative dei principali ambiti di attività aziendale.

• L’area operativa, o caratteristica, in questa area rientrano i ricavi che sono generati dai processi tipici di vendita, ed i costi legati ai fattori produttivi necessari. • L’area accessoria, o extra-caratteristica, rientrano in quest’area costi e ricavi

collegati ad attività di investimento estranee all’attività operativa.

• Area finanziaria, rientrano principalmente i costi e in misura marginale i ricavi collegati all’attività di copertura del fabbisogno finanziario residuo dell’azienda.

61 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

(19)

19 • Area straordinaria, rientrano in quest’area costi e ricavi che sono generati da

eventi non prevedibili.

• Area tributaria, fa riferimento alle imposte sul reddito.62

L’analisi di efficacia ed efficienza si concentra prevalentemente sull’area caratteristica perché è l’area più consistente del risultato economico.

Il conto economico gestionale è costruito ponendo in sequenza le aree caratteristica,

finanziaria e tributaria integrata eventualmente con quella accessoria e straordinaria63.

Sommando progressivamente il saldo delle singole aree è possibile analizzare il contributo delle aree gestionale per la formazione del risultato economico.

Abbiamo tre configurazioni del conto economico, caratterizzate da diversi criteri di classificazione dei costi nell’area caratteristica.

• Conto economico a costi e ricavi della produzione ottenuta, che classifica i costi in interni ed esterni;

• Conto economico a costi e ricavi del venduto, che classifica i costi per destinazione con riferimento ai più rilevanti centri di responsabilità coinvolti nell’area operativa;

• Conto economico marginalistico, che classifica i costi in fissi e variabili.

Ogni configurazione di conto economico viene realizzata per soddisfare particolari scopi conoscitivi. La scelta di configurazione del conto economico dipende dalla necessità di omogenizzare i dati interni ad informazioni esterne per la comparazione con altre aziende del settore64.

Il conto economico a costi e ricavi della produzione ottenuta evidenzia in valori economici, il valore dei prodotti realizzati nel periodo ed il relativo costo. Il risultato della gestione caratteristica si ottiene per differenza tra il valore dei prodotti realizzati e i relativi costi.

62 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 68-69

63 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 69

64 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

(20)

20 Il valore economico si realizza sommando: i ricavi di vendita, la variazione del magazzino prodotti finiti, semilavorati ed in corso di lavorazione, ed eventuali incrementi di processi interni. La produzione ottenuta rappresenta in termini economici i processi di produzione realizzati nel corso del periodo di riferimento, di conseguenza è opportuno che i costi della produzione realizzata fanno riferimento alle stesse attività produttive. I costi della produzione ottenuta vengono classificati in due categorie: costi interni, ovvero il costo delle immobilizzazioni e personale, e costi esterni cioè i fattori produttivi correnti. Questo criterio di classificazione permette di determinare all’interno dell’area caratteristica due risultati intermedi: il valore aggiunto e il margine operativo lordo. Il primo si ottiene sottraendo il totale dei costi esterni al valore della produzione ottenuta. Mentre il margine operativo lordo si ottiene sottraendo al valore aggiunto i costi del personale65.

Il valore aggiunto viene confrontato con altre aziende del settore. Comparare il valore aggiunto di due aziende concorrenti, senza però considerare contestualmente il risultato operativo caratteristico può essere fuorviante.

Il margine operativo lordo può fornire informazioni molto interessanti perché misura il differenziale tra potenziali entrate e potenziali uscite; quindi il flusso del capitale circolante netto caratteristico. Il margine operativo lordo (M.O.L) consente di integrare l’analisi del risultato economico con aspetti che riguardano la capacità dell’area caratteristica di generare liquidità. Inoltre viene utilizzato come grandezza di riferimento

per la costruzione del rendiconto finanziario con il metodo indiretto66.

Il conto economico a costi e ricavi della produzione ottenuta è quello maggiormente utilizzato perché ha un minor costo informativo, in quando utilizza un bilancio pubblico. Il conto economico a costi e ricavi del venduto. Si caratterizza per due aspetti: si focalizza sui processi di vendita, e adotta una classificazione dei costi caratteristici per destinazione. Il fatto che si focalizzi sui processi di vendita piuttosto che sulla produzione supera il limite del conto economico a costi e ricavi della produzione ottenuta. Si concentra maggiormente sull’efficacia gestionale perché mostra il risultato economico prodotto dalle effettive attività di vendita. Questo schema risulta inoltre più oggettivo

65 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 70-71

66 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

(21)

21 perché, utilizzando un criterio di classificazione per destinazione, è necessario scomporre l’attività caratteristica nelle attività più rilevanti come quella industriale, commerciale, logistica, amministrativa, allo scopo di attribuire a ciascuna categoria i costi dei fattori

produttivi direttamente consumati67.

Questo metodo è particolarmente significativo perché consente di individuare i fattori produttivi il cui costo ha determinato un guadagno o una perdita di efficienza e inoltre è possibile individuare l’attività o comunque i centri di responsabilità direttamente responsabili.

Il conto economico a costi e ricavi del venduto è utile per evidenziare le leve di miglioramento o al consolidamento del risultato risultando più efficace rispetto allo schema a costi e ricavi della produzione. Il lato negativo è che il costo informativo risulta

maggiore68.

Il conto economico marginalistico viene costruito utilizzando come base o il conto economico a costi e ricavi del venduto o il conto economico a costi e ricavi della produzione ottenuta distinguendo i costi caratteristici in fissi e variabili. Sono costi variabili quei costi che variano al variare di una grandezza di riferimento, che è definita come il driver di costo, mentre sono fissi quei costi il cui importo complessivo non varia in conseguenza a variazioni del driver. Se la base per la costruzione del conto economico marginalistico sarà il conto economico a costi e ricavi del venduto il driver di costo saranno i volumi di vendita. Mentre se si usa il conto economico a costi e ricavi della produzione ottenuta si opterà per individuare il volume produttivo come driver di costo. La classificazione basata sulla variabilità dei costi è soggettiva; infatti molte voci necessitano di approssimazioni che tenteranno di far prevalere una natura o l’altra. Pertanto il conto economico marginalistico non viene utilizzato per comparazione esterne perché risulta poco incline allo scopo. Viene prevalentemente usato in ambito interno per la costruzione di bilanci di simulazione, per strumenti di pianificazione e di comunicazione fondamentali soprattutto in fase di risanamenti, crisi o in tutti quei casi che rendono necessaria la redazione di un business plan o di piani industriali. È

67 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 73-74

68 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

(22)

22 particolarmente indicata per l’analisi break even o comunque tutti i casi i cui è necessario

analizzare l’andamento dei costi in relazione ai volumi di vendita69.

L’utilizzo degli indicatori è parte integrante dell’analisi di bilancio che si accompagna alla lettura di schemi. Ci sono diversi tipi di indicatori ma andremo ad analizzare quelli più funzionali per il processo di diagnosi di eventuali stati di crisi. In particolare andiamo a vedere gli indici di redditività, indici di rotazione e durata, ed efficienza del personale. Gli indicatori di redditività sono costruiti ponendo al numeratore un flusso di reddito ed al denominatore un valore di stock che è espressione del capitale utilizzato per generare reddito. I due maggiori indicatori sono il ROE e il ROI. Il ROE è acronimo di return on

equtiy esprime la redditività del capitale netto:

ROE = risultato netto / capitale netto

È un indicatore molto significativo e viene utilizzato per valutare la convenienza

dell’investimento in azienda rispetto ad altre alternative che ha l’investitore70. La

valutazione del ROE si basa su una comparazione con i tassi di rendimento che sono legati a queste alternative. Nella valutazione della maggiore convenienza occorrerà interpretare i vari coefficienti di rendimento, tenendo conto anche il rischio ad esso collegato71.

Il ROI (return on investment) si concentra sulla redditività caratteristica ed è dato dalla seguente formula:

ROI = risultato operativo caratteristico / capitale investito caratteristico

La valutazione del ROI è collegata a comparazioni spaziali, e temporali per individuare l’andamento della redditività caratteristica. Il ROI può essere scomposto in due ulteriori indicatori il ROS e il turnover. Il ROS (return on sales) esprime la redditività dei ricavi di vendita, è collegato alla capacità dei prezzi di vendita di remunerare i costi

69 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 75-76

70 «Nella sua accurata selezione di azioni da acquistare, Warren Buffet passa al setaccio innanzitutto i

fondamentali finanziari delle aziende. Guarda al lungo periodo… Buffet si focalizza in particolare sul ROE, ossia la redditività del capitale proprio (return on equity): per entrare nei suoi radar questo magico numeretto dovrebbe essere robusto, almeno pari al 15% nell’ultimo decennio»

www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-09-01/guadagnare-borsa-come-buffett-mago-che-batte-regolarmente-indici-wall-street-184124.shtml%3Fuuid%3DACvAhEq+&cd=3&hl=it&ct=clnk&gl=it

71 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

(23)

23 caratteristici, il suo miglioramento prevede la possibilità per l’azienda di aumentare i prezzi di vendita o alla ricerca di efficienze che permettono di ridurre i costi caratteristici. Il turn over evidenzia il volume delle attività che l’azienda ha generato attraverso il capitale investito. Un turn over troppo basso evidenzia un sotto-utilizzo del capitale investito in rapporto al volume di fatturato generato. È possibile migliorarlo attraverso una crescita dei ricavi da realizzare tenendo sotto controllo la crescita del capitale investito72.

Il ROI può essere calcolato secondo una variante che pone al numeratore l’EBITDA (margine operativo lordo) ed al denominatore i ricavi di vendita. In questo modo le politiche di ammortamento e di accontamento non influenzano la misurazione della redditività aziendale.

Un ultimo indicatore di redditività utilizzabile per l’analisi della crisi è l’indice di copertura degli oneri finanziari:

Indice di copertura degli oneri finanziari=risultato operativo caratteristico/oneri finanziari Misura la capacità economica di sopportare l’indebitamento finanziario, quanto più il risultato operativo è maggiore degli oneri finanziari, tanto più l’azienda è economicamente in grado di sopportare ulteriori debiti. Mentre man mano che l’indice si avvicina ad 1, il risultato operativo generato viene progressivamente assorbito dalla remunerazione dei terzi finanziatori e sarà necessario intervenire sull’onerosità dei debiti finanziari, ovvero sul volume dei debiti finanziari contratti, o aumentando la quota di capitale sociale73.

Gli indici di rotazione servono per valutare il grado di efficienza, inteso in senso finanziario cioè la velocità con cui l’investimento, coinvolto nell’attività caratteristica, si tramuta in denaro. Si costruiscono ponendo al numeratore i ricavi di vendita ed al denominatore il valore stock dell’investimento. Esprimono una stima espressa in giorni della durata degli investimenti. Vediamone alcuni:

Indice di struttura dei crediti commerciali = crediti commerciali x 360 / ricavi di vendita

72 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 79

73 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

(24)

24 Indice di durata del magazzino materie prime = rimanenze m.p. x 360 / consumo materie Indice di durata del magazzino prodotti finiti = rimanenze p.f. x 360 / costo del venduto Indice di durata dei debiti commerciali = debiti commerciali x 360 / acquisiti

Gli acquisti e i ricavi di vendita sono compresi d’ IVA74.

Con questi indicatori è possibile integrare l’analisi della liquidità. Gli indicatori possono essere opportunamente combinati per ottenere una stima della durata del ciclo monetario che indica il periodo di tempo che c’è tra il pagamento dei fornitori e l’incasso del corrispettivo per la vendita dei prodotti finiti. La durata del ciclo monetario è la somma della durata magazzino materie, durata del ciclo produttivo, durata magazzino prodotti, durata crediti commerciali meno la durata dei debiti commerciali.

Altri indici molto utilizzati dagli analisti finanziari sono: • PFN / EBITDA

• Net debt / EBITDA

Esprime il rapporto tra l’indebitamento finanziario netto e il margine operativo lordo. Questo indicatore segnala di quante volte l’indebitamento finanziario netto supera la marginalità dell’impresa, cioè la capacità dell’azienda di generare reddito con la sua gestione caratteristica corrente. Esprime quanto tempo l’impresa impiega per ripagare il

debito con gli utili lordi prodotti dalla gestione caratteristica75. È fisiologico un rapporto

tra 1 e 2, ma maggiore di 4 indica una posizione finanziaria eccessivamente squilibrata rispetto ai flussi di gestione.

• EBITDA / OF

• EBITDA / net interest expenses

È il rapporto tra margine operativo lordo e interessi passivi netti. Dovrebbe essere intorno a 4 e non inferiore a 3. Indica quante volte gli utili lordi della gestione caratteristica coprono i costi di servizio del debito. Tanto più il valore è elevato più la società è in grado

74 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 81

(25)

25 di coprire gli oneri finanziari con il margine operativo lordo. Se il valore è negativo vuol

dire che c’è una perdita76.

• Fixed charge coverage ratio

Rapporto tra flussi di cassa e servizio del debito, vale a dire:

/

1

Il fixed coverage ratio è un rapporto finanziario che misura la capacità dell’azienda di pagare tutte le sue spese o spese fisse con il suo reddito al lordo di interessi e imposte sul reddito77.

• PFN / PN

• Net debt / Equity

Esprime il rapporto tra l’indebitamento finanziario netto e il patrimonio netto dell’azienda. Verifica il grado di dipendenza dell’impresa da fonti finanziarie esterne e

onerose. Quanto più è elevato questo valore meno è equilibrata la struttura finanziaria78.

Il rapporto tra debito finanziario netto ed equity dovrebbe essere inferiore al 66%. • Patrimonio netto tangibile = patrimonio netto contabile – valore delle

immobilizzazioni immateriali

Il patrimonio netto tangibile è dato dalla differenza tra patrimonio netto meno

l’avviamento e gli altri intangibles al netto delle relative imposte differite passive79.

76www.borse.it/glossario-finanza/E [indici di bilancio]

77www.myaccountingcourse.com/financial-ratios/fixed-charge-coverage-ratio [fixed charge coverange

ratio]

78www.borse.it/glossario-finanza/P [indici di bilancio]

79www.group.intesasanpaolo.com/portalIsir0/isInvestor/FinancialFAQ/PN_tangibile_it.pdf [patrimonio

(26)

26 • Flussi gestionali (FFO) / debito

Dove il FFO = margine operativo lordo, meno oneri finanziari netti meno le imposte correnti.

È un coefficiente di leva finanziaria che una società di rating o un investitore possono

utilizzare per valutare il rischio finanziario di una società80.

• Debt / EBITDA

Misura la capacità di un’azienda di far fronte al suo debito. Questo rapporto dà all’investitore la quantità approssimativa di tempo necessario all’impresa di far fronte alle

sue obbligazioni81.

• Flusso di cassa operativo (CFO) / debito

Questo rapporto fornisce un’indicazione della capacità dell’azienda di coprire il debito

totale con il suo flusso di cassa operativo82.

• Free cash flow operativo (FOCF) / debito

Ove FOCF (free operating cash flow) = CFO – spese in conto capitale • Discrezionalità cash flow (DCF) / debito

Ove DCF = FOCF – dividendi pagati

• FFO + interessi / interesse di cassa (interest coverage ratio)

Ai fini del calcolo del grado di copertura degli interessi con la voce “interesse di cassa” si comprende solo i pagamenti degli interessi sul debito finanziario lordo.

• FCGC / OF • PFN / FCGC – OF

L’ammortamento del debito misura in modo approssimativo il numero di anni necessari

per rimborsare i debiti finanziari dati gli OF che devono essere pagati83.

80www.investopedia.com/terms/f/funds-operations-ffo-total-debt-ratio.asp?optm=sa_v2 [indici di

bilancio]

81www.investopedia.com/terms/d/debt_edbitda.asp?optm=sa_v2 [indici di bilancio] 82www.investopedia.com/university/ratios/debt/ratio6.asp [indici di bilancio]

(27)

27 Nelle crisi aziendali spesso il lavoro umano viene accusato come uno dei principali responsabili dei costi operativi. Gli indicatori utilizzati per valutare l’andamento del volume di attività aziendale sono due:

Ricavi pro-capite = ricavi di vendita / unità lavorative annue Costi pro-capite = costo del personale / unità lavorative annue

I ricavi pro-capite esprimono il volume di attività creato da ogni unità lavorativa in azienda, pertanto un aumento è da considerarsi come un miglioramento dell’efficienza. Il costo pro-capite indica il costo sostenuto dall’azienda per ogni unità lavorativa, quindi l’efficienza va ricercata per la riduzione del quoziente. Questi strumenti vengono utilizzati per la riorganizzazione del personale per rendere più flessibile il costo del lavoro84.

1.2.2. Il rendiconto finanziario

Il rendiconto finanziario rappresenta uno strumento di estrema importanza per la gestione della crisi, perché:

• Evidenzia le aree di gestione che sono in grado di generare cassa nel breve e medio lungo periodo;

• Fornisce una sintesi dello stato patrimoniale e del conto economico;

• Offre la possibilità di poter effettuare un analisi per il riposizionamento competitivo e di ristrutturazione organizzativa;

• Permette di definire la migliore modalità di finanziamento.

Si presta attenzione alla logica finanziaria perché nel risanamento è molto importante generare il prima possibile cassa. Il rendiconto evidenzia le principali aree di azione nella

strategia di risanamento85.

Può essere utilizzato come strumento di supporto per le politiche finanziarie di un’azienda, per le politiche di finanziamento e per le politiche di investimento, tutti aspetti fondamentali ai fini del risanamento aziendale.

84 A. Danovi e A. Quagli, Gestione delle crisi aziendale e dei processi di risanamento prevenzione e

diagnosi, terapie, casi aziendali, op. cit. pag. 82-83

85 S. Garzella, Il sistema d’azienda e la valorizzazione delle “potenzialità inespresse” una “visione”

Riferimenti

Documenti correlati

Audizione del Ministro dello sviluppo economico (videoconferenza) in merito alla relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR),

la riduzione dei contributi dispo- sta dall’INPS, sulla base della legge 92/2012, è stata realmente utile per creare nuovi posti di lavoro? Il Presi- dente di CILA, Antonino Gasparo,

Analizzando le singole voci che compongono la materia gestione delle crisi aziendali ( grafico 5), si osserva nel 2015 una maggiore negoziazione della Cassa integrazione

Una sfida non da poco per il nostro sistema industriali e per il rinnovamento della rappresentanza tanto del lavoro quanto delle imprese perché contribuirebbe a

Resp. In realtà, nell’ipotesi di danno procurato dall’allievo a se stesso, non trova applicazione l’art. 2048 c.c., dal momento che la

Rami Makhlouf was a key pillar in the centre of power in Syria, in other words a powerful member of the inner circle in the Presidential Palace led by Bashar al-Assad, together

Come evidenziato dallo studio, la mortalità rappresenta un indicatore finale e complessivo di esito che rimanda a una serie di altri indicatori e fattori che lo determinano,

En definitiva, si tenemos en cuenta la influencia familiar en la crea- ción y consolidación de los hábitos lectores de sus hijos/as, la acción educativa deberá trascender más allá