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Academic year: 2021

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CAPITOLO III

IL CASO DEL DISTRETTO CONCIARIO

1. IL DISTRETTO INDUSTRIALE S.CROCE S/A

2. SETTORE CONCIARIO

3. DESCRIZIONE DEL PROCESSO CONCIARIO; RAPPORTI ECONOMICI TRA LE AZIENDE DEL DISTRETTO

4. CORRETTEZZA PROFESSIONALE NEI RAPPORTI DI CONCORRENZA

5. CODICE DI AUTODISCIPLINA: ELABORAZIONE DI CANONI CUI CONFORMARSI PER L’ESERCIZIO DELL’ATTIVITA’ ECONOMICA 6. CODICE ETICO DI CATEGORIA, CODICE ETICO DISTRETTUALE

1- IL DISTRETTO INDUSTRIALE DI S.CROCE S/A

Il distretto(1) industriale di Santa Croce Sull’Arno comprende i comuni di Santa Croce Sull’Arno, San Miniato, Castelfranco di Sotto, Santa Maria a Monte, Fucecchio, Bientina e Montopoli in

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I distretti secondo il legislatore della regione toscana del 1995, sono aree territoriali in cui potranno essere realizzati ”specifici piani-programmi di

sviluppo aventi l’obiettivo di creare le condizioni che consentano un uso ottimale ed integrato delle risorse produttive esistenti o potenzialmente reperibili all’interno dell’area e la rimozione di eventuali vincoli che non ne permettano la loro piena valorizzazione”.

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Val d’Arno, si estende su un’area di circa 330.44 km, con una popolazione residente di circa 93600 abitanti(2).

Il distretto si caratterizza per essere costituito da tre settori produttivi: settore conciario, settore della pelletteria e settore calzaturiero.

Il distretto Santacrocese si caratterizza anche per il proprio modello produttivo, che è formato da numerose aziende integrate sia verticalmente che orizzontalmente.

Al 31/12/2011 (3) risultavano registrate alla CCIAA di Pisa 923 imprese nel settore conciario e 671 in quello calzaturiero, ovvero circa il 36,5% delle aziende manifatturiere tradizionali della provincia(alimentare, abbigliamento, concia, calzature, legno, minerali non metalliferi, metalli, meccanica, cantieristica, mobili) e oltre il 3.5% del totale delle imprese registrate di tutti i settori.

2Vedi Provincia di Pisa “Distretto Industriale di Santa Croce Sull’Arno”

3Da “La dinamica delle imprese della Provincia di Pisa nel 2011” redatto

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Uno degli elementi caratterizzanti l’economia distrettuale ,è che la maggioranza delle aziende registrate alla CCIAA di Pisa è iscritta alla sezione artigiani, e che nel settore conciario (che risulta primeggiare sugli altri per capacità produttiva e per quantitativi di merce scambiate con l’estero(4

)) risultano prevalenti per numero le piccole e micro imprese(5).

Il Distretto industriale di Santa Croce S//A presenta un modello produttivo frammentato in un numero elevato di imprese di taglio medio piccolo e micro, delle quali molte hanno raggiunto un importante livello di specializzazione in alcune fasi del processo di produzione di ciascun settore. Nel corso degli anni poi si sono

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Nel comprensorio si realizza circa il 98% della produzione del nostro paese di “vero cuoio italiano” da suola, ed il 70% di quello dei paesi dell’Unione Europea, nonché il 35% della produzione nazionale di pelli per calzature, pelletteria ed abbigliamento

5 Con Regolamento CE n° 364/2004 del 25/02/2004, la definizione per le

piccole e medie imprese(PMI) è stata aggiornata alle seguenti caratteristiche: microimpresa: a)meno di 10 occupati e b) un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiore ai 2 milioni di euro;

Piccola Impresa: a)meno di 50 occupati e b)un fatturato annuo o un totale

di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro; media impresa:

a)meno di 250 occupati e b)un fatturato annuo non superiore a 50 milioni

di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro

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affiancate attività direttamente o indirettamente collegate, quali prodotti chimici, macchine per conceria, servizi alle aziende.

Per quanto riguarda il dato occupazionale, a fine 2005(6) trovavano occupazione presso le aziende distrettuali oltre 10000 lavoratori, a dimostrazione dell’importanza dei settori in questione nel sistema socio economico provinciale.

Le aziende del distretto, nell’ultimo decennio, hanno migliorato la propria competitività attraverso innovazioni di processo (anche grazie all’esistenza di un elevato grado di professionalità delle forze lavorative), permettendo così una forte presenza delle stesse sui mercati esteri.

La qualità delle lavorazioni del distretto è riconosciuta a livello internazionale, e ciò è confermato dalla netta preferenza accordata da parte delle più importanti firme del made in Italy ai prodotti del distretto, ogni volta si vogliano perseguire obiettivi di qualità ed unicità del risultato.

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Il distretto grazie alle sinergie che qui si sono create, ha raggiunto elevati livelli di qualità della produzione, riconosciuti anche a livello internazionale, e che portano le più importanti aziende di moda a concentrare la propria attenzione sui prodotti di tale settore.

Questo interesse manifestato sui prodotti del distretto sarebbe testimoniato anche dalla tendenza delle grandi firme della moda ad investire direttamente i propri capitali nelle aziende del territorio, anche attraverso la creazione, in joint ventures con imprenditori conciari, di nuove aziende con sede nel distretto per la lavorazione di pellame di altissima qualità da impiegare per i propri prodotti finiti.

Nonostante il clima di concorrenza esasperato in epoca di globalizzazione, e che ha visto colpita anche l’economia del distretto di santa croce s/a, le aziende del territorio dimostrano di voler mantenere alto il livello della produzione, anche attraverso la continua ricerca di forza lavoro qualificata da impiegare.

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La gestione centralizzata di tutto ciò che è di interesse per il distretto, come l’organizzazione di fiere e convegni, le iniziative promozionali in genere oltre alla salvaguardia dell’impatto ambientale della produzione industriale(7), è ciò che caratterizza il distretto stesso.

Il distretto è stato formalmente istituito con DGRT n° 36 del 1995, ed il suo sviluppo è stato facilitato e la sua operatività resa possibile grazie anche all’attività del suo organo di gestione, il comitato d’area, composto da tutte le istituzioni pubbliche di riferimento, dalle associazioni di categoria, dalla rappresentanza sindacale, dai consorzi di imprese settoriali, sotto la presidenza dell’assessore provinciale allo sviluppo economico(8

).

7 In sintesi, si può affermare che una azienda del comparto conciario è

collegata con tutta una serie di impianti consortili, il cui scopo principale è quello di ridurre, in modo consistente, l’impatto ambientale delle produzioni. Gli impianti di depurazione delle acque reflue industriali, insieme agli impianti consortili per il recupero del cromo, del carniccio o dei fanghi di risulta, garantiscono alle aree produttive ad essi collegate una posizione di assoluta eccellenza, in termini di sostenibilità della produzione industriale e di rispetto dell’ambiente.

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Il comitato d’area è costituito da: Provincia di Pisa(che attraverso l’assessore allo sviluppo economico le presiede), i comuni appartenenti al distretto industriale,i sindacati, le associazioni datoriali (cna, Api toscana, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, Unione industriale pisana,

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Il comitato d’area opera in qualità di organo di gestione del distretto, ed ha il compito di avanzare proposte ovvero suggerire linee di intervento ed azioni dirette ad impattare positivamente sullo sviluppo del settore e del sistema socio – economico territoriale grazie anche alle sinergie che si sono create, entro il distretto, tra tutti i soggetti portatori di interessi a seguito della istituzione del tavolo provinciale della moda(9).

Il comitato d’Area ha deliberato l’apertura del Polo Tecnologico Conciario anche al comparto calzaturiero e a quello della subfornitura, approvando la costruzione di una nuova sede che

associazione conciatori, consorzio conciatori, associazione lavorazioni contoterzi e consorzio conciatori fucecchio).

9Da Provincia di Pisa “Distretto industriale d santa croce sull’arno”. Il tavolo

provinciale della moda nasce nel 2003 con la convocazione diretta di tutti i sindacati, associazioni datoriali, CCIAA e consorzi di riferimento del settore. Coordinato sin dall’inizio dall’assessorato allo sviluppo economico, si riunisce più volte nel corso del tempo con l’obiettivo di individuare strategie di intervento a sostegno del comparto concia e calzatura in forte difficoltà in quegli anni. Il tavolo della moda ha portato all’articolazione di un piano di interventi per il rilancio del conciario e del calzaturiero, approvato poi dal tavolo di concertazione il 19/10/2004. Con questo piano vengono previste linee di intervento da realizzare per raggiungere gli obiettivi di rilancio e sviluppo prefissati, quali la crescita dimensionale e culturale delle imprese , supportando e sviluppando le realtà associative che consentano alle piccole realtà aziendali di beneficiare delle attività di ricerca, innovazione tecnologica. All’attenzione del tavolo vi è, inoltre, tutta una serie di interventi in favore dell’occupazione e del rafforzamento degli strumenti di formazione e qualificazione professionale, tutto nell’ottica di miglioramento del sistema

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avesse al suo interno laboratori di ricerca al servizio di tutto il comparto per l’innovazione e la ricerca, oltre che per la formazione delle maestranze specializzate(10).

2- SETTORE CONCIARIO

L’attività prevalente del distretto è la concia delle pelli(11

).

La vocazione industriale di santa croce s/a risale al XIX secolo. A partire dalla metà dell’ottocento gli abitanti della zona, che durante il periodo napoleonico avevano acquisito da alcuni mastri artigiani francesi i rudimenti del processo di conciatura, decisero di avviare la lavorazione sul posto del pellame grezzo,

10PO.TE.CO. è società mista pubblico privata, partecipata da Associazione e

consorzio conciatori, gli enti territoriali del distretto, la provincia di pisa, e ,dopo la deliberazione del comitato d’area, anche da Assa(l’associazione che rappresenta le lavorazioni contoterzi del conciario) e associazione calzaturieri. E’ il centro distrettuale per la ricerca e la formazione e fornisce assistenza e servizi alle aziende del distretto industriale di santa croce sull’arno. E’ una struttura certificata iso 9001:2000 per attività di progettazione ed erogazione di attività di formazione professionale, ed è al servizio di tutto il distretto industriale, dalla conceria a tutte le aziende dell’indotto. Presso il POTECO, in collaborazione con l’università degli studi di pisa, sono attivi due corsi di laurea triennale ad indirizzo conciario.. POTECO sviluppa sperimentazioni di carattere processuale, di trasferimento tecnologico, andando così ad offrire risultati concreti ad aziende che, per la loro piccola dimensione, sarebbero impossibilitate dal fare ricerca.

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anche grazie alla disponibilità sul territorio di grandi quantitativi di acqua, requisito fondamentale del processo di conciatura della materia prima.

Fu così che nacquero i primi insediamenti produttivi da cui, lungo l’arco di circa un secolo, ebbe origine quel processo di sviluppo di competenze ed abilità artigiane che portarono santa croce s/a ad essere, già prima della seconda guerra mondiale, un importante centro della concia al vegetale, l’unico processo allora disponibile e così chiamato perché realizzato con l’impiego del tannino come elemento base per il trattamento delle pelli.

Successivamente viene messa a punto una nuova tecnica di lavorazione basata sull’impiego di un additivo di natura chimica, che diede origine al processo di concia al cromo, il quale ha rappresentato per il settore un vero salto in avanti nella produzione di pellame di alta qualità rispetto ai precedenti limiti posti dal processo al tannino. Tale innovazione che arrivò in toscana solo dopo il ’45 divenne ben presto il fattore primario di

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una crescita impetuosa dell’indotto, che a partire dalla seconda metà del ‘900 si trasforma progressivamente in quel distretto della concia altamente specializzato come è conosciuto oggi. La rapida affermazione della concia al cromo, determinata dalla possibilità di ottenere pelli di qualità esteticamente più belle grazie al maggior numero di lavorazioni e trattamenti permessi, ha comportato tanto la nascita dell’industria meccanica per la concia per la costruzione dei macchinari adatti ai nuovi cicli produttivi, quanto lo sviluppo di nuove professionalità altamente qualificate sia per la gestione delle fasi di lavorazione, che degli stessi macchinari.

Si assiste così all’espansione dell’attività conciaria, i cui opifici sono andati ad innestarsi, in assenza di regolamentazione, nel tessuto urbano dei comuni del distretto.

Con il passare del tempo, negli anni 70, la produzione, sfruttando le nuove tecnologie e conquistando nuovi mercati di riferimento, ha avuto un periodo costante di espansione che ha favorito il

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processo di delocalizzazione dagli insediamenti produttivi dei centri abitati alle zone industriali.

Questo percorso di industrializzazione è stato caratterizzato dalla concertazione di politiche di sviluppo tra le amministrazioni pubbliche locali e le imprese, attraverso le proprie associazioni che istituzionalmente le rappresentano. È in questo momento che nasce negli imprenditori la volontà di affrontare in maniera unitaria i temi più importanti della loro attività.

L’associazione conciatori ed il consorzio conciatori(12) svolgono l’importante ruolo di accompagnamento delle aziende rappresentate allo sviluppo industriale del distretto, rappresentando le aziende conciarie nei confronti della pubblica amministrazione, dei sindacati dei lavoratori, di enti ed organizzazioni economiche.

12 L’associazione dei conciatori raccoglie circa 200 aziende ubicate sulla

riva destra dell’arno nei comuni di santa croce s/a, fucecchio e castelfranco di sotto, per lo più specializzate nella concia al cromo; ll consorzio dei conciatori rappresenta circa 60 aziende che si trovano nel comune di san miniato e che producono prevalentemente cuoio da suola e pelli conciate al vegetale

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Numerosi sono stati e sono i temi di interesse di categoria affrontati dalle associazioni, come le grandi questioni ambientali con la costruzione e la gestione degli impianti centralizzati di depurazione(fino ad arrivare all’accordo di programma del progetto cosiddetto “tubone”(13

) ),e degli impianti di recupero dei sottoprodotti(14),l’attività di promozione del distretto attraverso l’organizzazione di manifestazioni fieristiche in sinergia con enti pubblici, l’attività di assistenza delle aziende associate in materia di agevolazioni finanziarie e di facilitazioni di accesso al credito,

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L’accordo di programma per la tutela delle risorse idriche e la riorganizzazione della depurazione industriale (cosiddetto “tubone”) è stato sottoscritto il 29/07/2004 e successivamente aggiornato il 08/08/2008. Vede coinvolti numerosi soggetti quali il ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, la regione toscana, l’autorità di bacino fiume arno, autorità di ambito territoriale ottimale 2, arpat di pisa e pistoia, province di pisa, pistoia e circondario empolese valdelsa, i comuni di pontedera, san miniato, santa croce, fucecchio, castelfranco di sotto, ponte buggianese, le associazioni dei conciatori, valdera acque. Gli obiettivi dell’accordo sono il miglioramento della qualità della depurazione e l’eliminazione dei prelievi da falda per fini industriali, il risanamento e la tutela del padule di fucecchio, la riorganizzazione della depurazione civile nell’intera area, il potenziamento della depurazione industriale del comprensorio del cuoio e del polo di pontedera.

14Oltre alla creazione di impianti centralizzati di depurazione delle acque a

servizio di aree industriali, sono state ricercate soluzioni per il riutilizzo dei fanghi prodotti dalla depurazione evitando lo smaltimento in discarica attraverso la realizzazione dell’impianto denominato ecoespanso. Inoltre il recupero dei sottoprodotti derivati dalla produzione conciaria avviene anche grazie al consorzio sgs (che si occupa di ritirare e trattare il sottoprodotto carniccio arrivando così a produrre fertilizzanti) ed anche grazie all’attività del consorzio recupero cromo (che è diretta all’estrazione, dai bagni esausti della fase di concia, del cromo trivalente da riutilizzare nuovamente nel processo produttivo).

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la creazione di gruppi di acquisto per la fornitura di gas ed energia elettrica.

Un importante ruolo viene svolto anche da A.S.S.A. SCC, associazione di categoria alla quale aderiscono circa duecento lavorazioni conto terzi del settore conciario, le quali rappresentano una delle realtà più importanti di tutto l’indotto(15

).Il comparto delle lavorazioni conto terzi è strategico per il settore(16), posto che le aziende conciarie negli ultimi tempi hanno scelto di esternare sempre più la produzione assumendo di fatto le sembianze di aziende commerciali più che di produzione. A.S.S.A. SCC ha avviato un percorso di riqualificazione del comparto conto terzi, definendo un insieme di misure ed azioni rivolte alle aziende associate ed utili per il superamento delle

15L’indotto è nato in seno alla crescita e allo sviluppo del settore con circa

250 aziende per un totale di 3000 addetti e con un fatturato complessivo quantificabile in 300 milioni di euro. Di fatto il comparto delle lavorazioni conto terzi, raccoglie al proprio interno il 35-40% della forza lavoro del settore conciario.

16Essendo poi il mercato di riferimento quello del pronto moda, ed avendo

le concerie acquisito un ruolo importante nel condizionare le scelte degli stilisti del settore(grazie alla qualità ed eccellenza che viene assicurata con le proprie lavorazioni), il potenziale del comparto delle lavorazioni conto terzi aumenta ulteriormente

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criticità che le condizionano in modo negativo(quali l’ancoraggio a modelli aziendali superati, fattori di tipo culturale ormai radicati nel territorio che limitano qualsiasi stimolo verso l’innovazione del comparto stesso)attraverso l’organizzazione di percorsi formativi rivolti sia agli imprenditori che al personale dipendente su temi strategici (quali la sicurezza e la qualità sia di prodotto che di processo, con particolare attenzione all’aspetto gestionale interno ad ogni singola azienda)(17).

Il distretto è diventato nel corso degli anni tra i primi distretti nel campo della produzione e commercializzazione del pellame e del cuoio, coniugando la produzione col concetto di sviluppo sostenibile. Attualmente nel distretto vengono lavorati tutti i tipi di pellame, attraverso processi di concia al cromo, vegetale e

17 La scelta di assa scc di indirizzare le proprie aziende associate verso

percorsi di qualità, è avvenuta anche grazie alla definizione di un capitolato delle lavorazioni con cui vengono regolamentati ,nell’interesse comune, tutti i rapporti tra aziende di sub-fornitura e committenti, attraverso l’adozione di un codice etico comportamentale e di condotta quale strumento di trasparenza e correttezza a garanzia del mercato e del consumatore finale, ed attraverso la definizione di un disciplinare assa con cui sono indicati tutti i requisiti di eccellenza delle aziende lavorazioni conto terzi.

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concia mista, con un target di riferimento medio e medio alto ad alto contenuto moda(18).

La grande capacità produttiva delle aziende sta alla base del successo commerciale: la bravura degli imprenditori nel saper cogliere le opportunità del mercato ed il sapersi adattare ai

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Da Provincia di Pisa “Distretto industriale di santa croce s/a” Il segreto del successo del settore conciario risiederebbe nella “grande capacità produttiva delle aziende che è alla base del successo commerciale, nella bravura degli imprenditori nel saper cogliere le opportunità del mercato e nel sapersi adattare ai cambiamenti …….Le concerie hanno saputo trasformarsi da semplici aziende artigianali in complesse industrie creative, in cui lavorano personale specializzato, stilisti, chimici ed addetti alle vendite con un’alta esperienza in materia, derivante da anni passati a

viaggiare per i più importanti paesi del mondo. Gli elevati standard

tecnologici delle imprese del settore hanno permesso di ampliare notevolmente sia la qualità che la gamma dei prodotti offerti. Nel distretto si lavora qualsiasi tipo di materia prima proveniente da bovini, ovini, rettili, struzzo ed in pratica qualsiasi tipo di pellame. Dal distretto escono le tendenze che caratterizzano la pelle per la moda e che influenzano le scelte delle più grandi aziende del fashion mondiale. In questa realtà nascono le idee creative e le pelli che, in ogni stagione, ritroviamo nelle vetrine delle più prestigiose boutique del mondo…..la cura e la qualità che le singole imprese ricercano nella loro produzione comporta l’attenta verifica di ogni pelle lavorata con l’ausilio delle più moderne tecnologie produttive…..la struttura stessa del distretto ha saputo sviluppare al suo interno una elasticità produttiva che gli ha consentito di sostenere forti accelerazioni e di assecondare le richieste dei mercati e delle mode , grazie ad una altissima specializzazione e ad una straordinaria capacità di integrazione delle singole unità produttive. Infatti il modello produttivo si caratterizza per un struttura frammentata di piccole e medie imprese, integrata da attività conto terzi

specializzate in alcune fasi di lavorazione, prevalentemente

meccaniche….oggi è il distretto stesso ad anticipare le tendenze della moda, coniugando esperienza secolare, ricerca, estro e creatività”

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cambiamenti che la società impone hanno permesso di ottenere risultati eccezionali per un’area che conta aziende la cui dimensione media si aggira sui dodici addetti per impresa.

Le concerie hanno saputo trasformarsi da semplici aziende artigianali in complesse industrie creative, in cui lavorano personale specializzato, stilisti, chimici ed addetti alle vendite con un’alta esperienza in materia, derivante da anni passati a viaggiare per i più importanti Paesi del mondo.

3- DESCRIZIONE DEL PROCESSO CONCIARIO; RAPPORTI ECONOMICI TRA LE AZIENDE DEL

DISTRETTO

Il processo conciario può essere condotto in vari modi a seconda del tipo di pelle grezza di partenza e del tipo di prodotto che si vuole realizzare. Il processo più diffuso risulta essere quello che, partendo da pelli di vitello, permette di produrre pelli da tomaia.

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L’insieme delle operazioni del processo conciario vengono di solito raggruppate in quattro fasi.

Nella prima, denominata lavori di riviera, le pelli grezze vengono sottoposte ad operazioni chimiche e meccaniche. La fase di riviera è, a sua volta, composta da operazioni di rinverdimento (operazione chimica), calcinaio e depilazione (operazioni chimiche), scarnatura e spaccatura (operazioni meccaniche), decalcinazione ed infine macerazione (entrambe chimiche). Col rinverdimento, la pelle grezza viene riportata nelle condizioni in cui si trovava una volta scuoiata, togliendo il sale utilizzato opportunamente per la relativa conservazione, e ripulendola dalla sporcizia e facendole assorbire l’acqua persa a seguito del trattamento di conservazione. Successivamente si procede eliminando il pelo e l’epidermide con la depilazione, e, attraverso il calcinaio, ad aumentare la reattività e capacità di assorbimento dei prodotti concianti. Queste due operazioni appena dette, depilazione e calcinaio, vengono eseguite congiuntamente. Con

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la scarnatura, vengono eliminati i residui di carne ed il tessuto adiposo dello strato sottocutaneo (denominato carniccio), mentre con la spaccatura viene equalizzato e ridotto lo spessore della pelle in tutta la sua estensione ottenendo così lo strato superficiale della pelle (chiamato fiore) e lo strato inferiore (chiamata crosta). Con la decalcinazione viene rimossa dalla pelle buona parte della calce usata nella fase di depilazione, ottenendo un notevole sgonfiamento del derma e raggiungendo così un ph ottimale per la successiva fase, quella della macerazione, con la quale viene ulteriormente rilassata la struttura collagenica della pelle.

Nella seconda fase, della concia, si agisce al fine di ottenere una reticolazione stabile delle fibre di collagene del derma. Una volta completata la fase di decalcinazione (con il pickel, con cui si porta la pelle a raggiungere un livello ottimale di ph) con la concia(19) viene stabilizzato il tessuto dermico preservandolo da

19 Numerose possono essere le sostanze concianti, tra cui tannini(da cui

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possibili processi di degradazione, donando alla pelle conciata resistenza meccanica, resistenza all’umidità e resistenza agli agenti chimici. Con la pressatura, spaccatura e rasatura (tutte operazioni di tipo meccanico) la pelle viene, nell’ordine, prima sottoposta a compressione in un sistema di cilindri rotanti (e questo permette di asciugarla e di espanderla aumentandone così la resa superficiale), poi sottoposte a spaccatura (se ciò non è ancora avvenuto nella prima fase di riviera, oppure se le pelli sono pesanti e spesse, e quindi in questo secondo caso vengono spaccate per due volte anche se in fasi diverse), ed infine rasata ottenendo così uno spessore uniforme su tutta la superficie (e ciò avviene facendo passare la pelle attraverso una serie di rulli a lame affilate).

Con la terza fase, si passa alla fase della riconcia (lavorazione chimica con cui facendo assorbire alla pelle ulteriore sostanza conciante, si dona al prodotto finito pienezza, morbidezza, resistenza al sudore; anche in questa fase, come in quella della

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concia che la precede, possono essere utilizzati tannini oppure sali di cromo), alla tintura (con cui si conferisce alla pelle il colore richiesto) ed all’ingrasso (con cui si conferiscono alla pelle caratteristiche di morbidezza e idrofobicità, migliorando anche la resistenza della pelle alle lavorazioni di tipo meccanico). In questa fase la pelle viene inoltre sottoposta ad operazioni di asciugatura (operazione meccanica che permette, in vari modi(20), di ridurre il contenuto di umidità della pelle), palissonatura (operazione meccanica con cui la pelle viene ammorbidita) e inchiodatura (operazione meccanica con cui la pelle viene sottoposta ad operazione di stiro e stabilizzazione delle dimensioni, oltreché ad un aumento della resa superficiale).

Con la fase quarta, detta di rifinizione, vengono eseguite una serie di operazioni sulle pelli asciutte con lo scopo di proteggere la superficie e migliorarne l’aspetto. Questa fase consta di numerose lavorazioni meccaniche e chimiche, atte a migliorare

20 L’asciugatura può avvenire con sospensione in aria, in tunnel di

essiccazione a circolazione forzata d’aria riscaldata, aspirazione sottovuoto, incollaggio termopiastre

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l’aspetto della pelle. In generale vengono applicati con vari tipi di macchine, sul fiore, resine, caseine, cere, pigmenti e coloranti, allo scopo di impartire con precisione il colore voluto, coprire i difetti, dare brillantezza, tatto e tante altre caratteristiche.

Descritto in maniera sintetica il ciclo produttivo conciario, per definire il tipo di rapporto che viene ad instaurarsi tra le aziende del comparto conciario, occorre anzitutto dire che il pellame grezzo deve subire un lungo processo di lavorazione nel quale si alternano fasi di natura chimica e fasi di natura meccanica, prima di arrivare al settore di destinazione (calzaturiero, pelletteria) per essere trasformato in prodotto finito.

Nel comparto conciario, da sempre, le fasi meccaniche previste all’interno del ciclo conciario(21

) sono eseguite esternamente alla

21 Volendo schematizzare il ciclo conciario, posiamo dire che è costituito

dalle seguenti fasi: rinverdimento-calcinazione(fase chimica si svolge prevalentemente in conceria);scarnatura-spaccatura in trippa (fase meccanica svolta da azienda terzista); pickel-concia(fase chimica svolta dalla conceria); pressatura-spaccatura (fase meccanica svolta da azienda terzista); rasatura (fase meccanica svolta da azienda terzista); riconcia-tintura-ingrasso (fase chimica svolta dalla conceria); messa a vento e sottovuoto (fase meccanica svolta da azienda terzista); asciugatura (fase meccanica svolta da azienda terzista); palissonatura (fase meccanica svolta da azienda terzista);rifilatura (fase svolta in conceria); smerigliatura (fase

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conceria in aziende specializzate nelle singole fasi di lavorazione (le aziende della sub-fornitura dette anche aziende conto terzi). Sono veramente poche le concerie che hanno scelto di concentrare al proprio interno tutte le fasi di lavorazione (anche di tipo meccanico).

Essendo il distretto specializzato nella produzione di semilavorati di alta qualità per l’industria della moda (oltre che nella produzione di pellami per la pelletteria e per il settore calzaturiero, cuoio per calzature),ciò pone a carico delle aziende insediate l’onere di fornire un mercato il cui ciclo produttivo è legato al rinnovo periodico delle collezioni, dovendo le stesse offrire una grande varietà di prodotti finiti ciascuno ottenuto attraverso la combinazione di diversi tipi di trattamento e finissaggio(22). Questo spiega la complessità del suddetto ciclo

meccanica svolta da azienda terzista); rifinizione chimica (fase chimica svolta in conceria); rifinizione meccanica (fase meccanica svolta da azienda terzista che può essere svolta in vari modi: volanatura, forno, lissatura, palmellatura, stiratura, stampatura, laser)

22Il distretto di santa croce si distingue dagli altri due distretti italiani della

concia, oltre che per il tipo di pellame lavorato anche per il mercato di riferimento; nel distretto di arzignano e solofra vengono, infatti, lavorati pellami per i settori automotive ed arredamento che, per le loro

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produttivo ed il suo legame con le esigenze stilistiche del sistema moda, che ha portato a riconoscimenti di rilievo mondiale della capacità di offerta di prodotti di qualità in grado di assecondare (ed in molti casi di anticipare) l’evoluzione delle tendenze e di soddisfare le esigenze di rinnovo ciclico delle collezioni. L’organizzazione del lavoro delle concerie è così fondata su un frazionamento del ciclo industriale in diverse fasi di lavorazione, le quali vengono in parte assegnate ai vari terzisti della catena della sub-fornitura, terzisti che vengono selezionati di volta in volta in base al tipo di trattamento richiesto per ottenere quel determinato prodotto finito. Il funzionamento del distretto è caratterizzato da una complessa logistica interna che assicura, durante i successivi stadi della lavorazione, i ripetuti trasferimenti delle pelli tra le concerie ed i terzisti (che possono, in media, arrivare anche a contare trenta-quaranta passaggi); l’altra caratteristica risiede nella suddivisione dell’intero processo produttivo, mantenendo le concerie al loro interno le

caratteristiche intrinseche, richiedono dei prodotti più standardizzati e meno soggetti ad esigenze di rinnovo stilistico, lavorazioni, colori.

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sole fasi della lavorazione chimica, e realizzando i terzisti le sole fasi di lavorazione meccanica, operando così come reparti decentrati.

Nella catena di sub-fornitura oggi si arrivano a contare circa cinquanta possibili diverse fasi di lavorazione meccanica (sempre dovendo fare riferimento al tipo di prodotto che si vuole realizzare), per ciascuna delle quali i terzisti prendono in carico il pellame di proprietà delle concerie, lo trattano con maestranze e macchinari propri in base al trattamento richiesto per poi riconsegnarlo alle concerie a lavorazione eseguita.

Ciò comporta che il livello di complessità dell’intero ciclo produttivo è talmente alto da rendere difficilmente sostenibile tenere dentro la stessa azienda conciaria tutte le fasi di lavorazione (chimiche e meccaniche), a causa dell’eccessiva onerosità delle risorse necessarie in termini di macchinari, immobilizzo di capitali, competenze e professionalità richieste.

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Oggi sono poche, infatti, le grandi concerie in grado di accentrare al loro interno la quasi totalità delle fasi di lavorazione.

Tra le concerie, che svolgono l’importante ruolo di acquisire le commesse sul mercato internazionale da grandi aziende e firme importanti della moda, è diffusa e crescente la tendenza a spingere sempre più, decentrando la produzione, verso la catena di fornitura del distretto. Vengono mantenute dalle concerie (cosiddette capofila) funzioni chiave come la ricerca, l’innovazione, le fasi chimiche delle lavorazioni, e vengono esternalizzate molte fasi (per lo più di tipo meccanico) del ciclo produttivo alle aziende terziste (e, con esse, le competenze tecniche e le professionalità proprie delle fasi di lavorazione). Tutto ciò ha portato progressivamente le concerie ad assumere il ruolo di aziende commerciali abili ad intessere relazioni con il mercato e la propria committenza; mentre i terzisti, che invece non hanno nessun accesso diretto al mercato ma solo filtrato tramite la propria committenza (le concerie appunto), ad

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assumere l’importante ruolo di esecutori delle commesse delle stesse. Per i terzisti, così, il mercato diviene uno scenario difficile da comprendere in maniera adeguata poiché, oltre alla scarsità di informazioni direttamente disponibili, viene a mancare anche un tavolo istituzionale, allargato a tutti gli interlocutori in cui le associazioni possano dialogare apertamente ed affrontare la risoluzione delle problematiche della filiera della produzione(23). Se da una parte vi sono aziende conciarie che rendono i terzisti della propria filiera partecipi delle notizie su mercati e clientela (24), dall’altra vi sono invece aziende sub-fornitrici che, non avendo un legame consolidato di filiera con la/e propria/e conceria/e committente/i, difettano di informazioni sufficienti per

23

Le difficoltà sono senz’altro legate ad una certa ritrosia, da parte delle singole aziende, di “aprirsi”(come inevitabilmente avverrebbe se si volessero affrontare determinate tematiche in sedi istituzionali)al dialogo su temi di interesse della categoria.

24Esistono i rapporti di filiera non formalizzati, fenomeno che interessa le

concerie che eseguono commesse per le grandi case della moda, che non producono eccessive quantità di pelli(i manufatti sono prodotti di lusso) e che per la realizzazione del prodotto si avvalgono dell’operato delle aziende della sub fornitura che hanno intrapreso un percorso di miglioramento qualitativo del servizio reso(in termini di rispetto dei tempi di consegna, eccellenza nella lavorazione effettuata, complicità tra i responsabili della produzione delle aziende che instaurano il rapporto di filiera per il superamento di tutte le difficoltà che possono verificarsi sul prodotto e per arrivare così al prodotto eccellente).

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poter avere un quadro generale della situazione del distretto conciario, non potendo sviluppare politiche di intervento efficaci e mirate(25).

Il rapporto commerciale che viene ad instaurarsi tra azienda conciaria e azienda conto terzi, si caratterizza anche per la mancanza di regolamentazione scritta dello stesso, basandosi esclusivamente su conoscenza personale e ripetitività. Quotidianamente l’azienda conto terzi riceve l’ordine, dalla conceria committente, di recarsi presso di essa per ritirare una partita di pelli da lavorare secondo le istruzioni di volta in volta impartite; le dette istruzioni sono, di solito, semplicemente riportate sul documento di trasporto emesso dalla conceria al momento del ritiro del pellame. La mancanza di una disciplina

25La scarsa disponibilità delle concerie al dialogo, a livello istituzionale, su

temi importanti quali i possibili scenari dell’economia del comparto conciario, determina nei fatti un mancato coinvolgimento della sub-fornitura nel dibattito relativo alle dinamiche del mercato e alle politiche di indirizzo del distretto, generando per i terzisti una carenza di punti di riferimento e fattori di stimolo, tali da rallentare fortemente le capacità di sviluppo della categoria. Questa situazione è il risultato di un eccessivo squilibrio dei rapporti di forza all’interno del distretto (che determina per i terzisti una condizione di tensione psicologica oltre che di compressione economico finanziaria) derivante dal fatto che le leve di controllo del mercato, nonché i rapporti con i clienti, sono esclusiva delle concerie committenti.

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scritta delle condizioni del rapporto è senza dubbio dovuta all’esigenza di non “appesantire” troppo lo stesso dato i tempi ristretti entro cui(26) i terzisti devono eseguire le lavorazioni richieste dal committente sul pellame consegnato in conto lavorazione.

Per quanto riguarda invece il rapporto di concorrenza che vede coinvolte le aziende conto terzi esercenti la medesima tipologia di lavorazione del processo conciario, possiamo affermare che le conseguenze del calo complessivo dei volumi di materia prima lavorata nel distretto rispetto agli anni antecedenti la crisi che ha colpito il settore moda nel 2001, ha determinato una riduzione delle commesse assegnate dalle concerie ai conto terzi. Ciò ha generato un aumento della concorrenza interna nella sub-fornitura scoppiata in una vera e propria guerra dei prezzi tra i terzisti esercenti la stessa fase di lavorazione; la medesima lavorazione viene offerta alle concerie committenti dal terzista a prezzi anche di gran lunga inferiori a quelli praticati dal diretto

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concorrente ( o comunque differentemente da quelli previsti dal listino prezzi della categoria). La riduzione delle commesse e delle quantità di pelli date in lavorazione, in definitiva, ha messo molte aziende conto terzi nella condizione di accettare di lavorare a prezzi sicuramente non remunerativi ma che nel breve periodo permettono di “fare portafoglio” necessario per preservare la propria operatività. Questa situazione di scorrettezza è appunto messa in moto da quelle lavorazioni conto terzi che “offrono” alla conceria la medesima lavorazione a prezzi molto ribassati27, facendo così il gioco della conceria committente che ottiene dal proprio abituale sub fornitore (che ovviamente farà di tutto per non perdere la commessa) una adeguata riduzione di prezzo. Può accadere anche che la conceria committente decida di affidare le proprie commesse ad entrambe le aziende conto terzi, determinando così la creazione di una situazione di soggezione

27 Non esistono dati di nessun tipo, ma solo la conoscenza del settore e

degli operatori che quivi tutti i giorni presenziano il territorio distrettuale, permettono di sapere che le aziende che iniziano a fare concorrenza partono con un ribasso inferiore, rispetto ai prezzi usualmente praticati, (frutto di un listino creato in origine ed aumentato annualmente attraverso l’indicizzazione istat) anche del 30-40%.

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psicologica per cui il rapporto di concorrenza tra le aziende conto terzi (che sono sempre la parte debole della filiera, in quanto non aventi accesso diretto al mercato) venga creato e mantenuto anche per il futuro (28). Il problema tende ad acuirsi nei periodi di scarso lavoro (29), dove la situazione di eccessiva presenza di aziende conto terzi e la necessità di queste di garantire la propria sopravvivenza, porta a subire una riduzione dei prezzi che spesso si traduce in un danno sistemico ovvero in un deterioramento dei margini di profitto (in una situazione come quella che oggigiorno caratterizza il settore conciario, di abbondanza di offerta da parte dei fornitori dovuta ad un eccesso di capacità produttiva, ogni cedimento sul prezzo assume un carattere di ribasso permanente

28 Se una azienda conto terzi in futuro, a causa dell’aumento di determinati

costi quali manodopera, energia elettrica, fornitura gas, manutenzione macchinari ecc. prova a chiedere un aumento, la azienda committente (di solito succede questo), rifiuta l’aumento e intimorisce di affidare la commessa in esclusiva all’altro proprio sub fornitore (il quale magari ha una situazione economico finanziaria che gli permette di poter far fronte a costi aumentati). Il problema delle lavorazioni conto terzi, è questo è ormai noto, è l’incapacità di riuscire a fare rete a protezione degli stessi interessi di categoria.

29 È stato rilevato, per le lavorazioni conto terzi, anche il problema della

stagionalità della produzione che interessa il settore conciario, che vede alcuni mesi dell’anno di scarsa produzione legata ai cambi di stagione o coincidenti con periodi di festività (dicembre e gennaio, ad esempio, non sono mai mesi di produzione piena). Oltre al periodo di chiusura dell’impianto di depurazione (e quindi di fermo produzione a livello distrettuale) nel periodo di agosto.

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da cui le concerie non tornano indietro nemmeno nei periodi di nuovo picco degli ordinativi).

4- CORRETTEZZA PROFESSIONALE NEI RAPPORTI DI CONCORRENZA

Nei paragrafi che precedono si è cercato di descrivere il processo conciario di produzione del pellame ed i possibili rapporti economici che vengono ad instaurarsi tra le aziende conciarie del distretto. L’attenzione si è concentrata sul rapporto che vede coinvolte le aziende conciarie committenti e quelle della sub fornitura, da una parte, e sul rapporto che viene a crearsi tra aziende conto terzi esercenti la medesima attività di lavorazione, rapporto quest’ultimo che può definirsi di concorrenza. E’ stato messo in evidenza come il comparto conciario abbia subito negli ultimi dieci anni un drastico calo dei livelli di produzione e dei quantitativi di pelli lavorate, e come questo abbia inciso molto sulla determinazione della situazione di fatto in essere, posto che

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oggigiorno sono presenti sul territorio un numero troppo elevato di aziende sub fornitrici per ciascuna fase di lavorazione del pellame, tanto che si può parlare di una situazione di eccesso di offerta di servizio; ciò indebolisce sistematicamente le aziende terziste del comparto, strette nella morsa tra la conceria committente che non esercita una posizione dominante nel rapporto(e quindi i meccanismi di tutela previsti , ad esempio, dalla normativa sulla sub fornitura, non sono azionabili posto che numerose sono le aziende conciarie nel distretto e quindi numerose sono le possibilità di incontrare commesse di lavoro provenienti da aziende diverse) e l’azienda terzista concorrente che invece cercherà di conquistarsi fette di mercato. Tra queste ultime si segnalano con preoccupazione le aziende conto terzi che esercitano attività di concorrenza in modo scorretto, violando sistematicamente normative di diritto pubblico che impongono dei costi ( i costi che derivano, ad esempio, dal rispetto delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro, delle norme igienico sanitarie, delle norme fiscali in materia di IVA, ecc.),

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ottenendo di conseguenza un risparmio da sfruttare per sostenere sul mercato di riferimento un ribasso di prezzi e, quindi, per conquistare la clientela dell’azienda “avversaria”.

Nell’anno 2011 questa situazione, peraltro riferita non in modo specifico alla realtà delle aziende conto terzi ma a tutte le aziende del comparto conciario (30), è venuta alla ribalta a seguito di numerosi controlli ed attività ispettive effettuate ad opera della Direzione Territoriale del Lavoro e delle istituzioni competenti ad effettuare attività di controllo nel mondo del lavoro( in particolare l’Arma dei Carabinieri, la questura, l’INPS, l’INAIL,

30

Occorre precisare che esistono e sono molto operative anche aziende conciarie che lavorano per conto terzi, per conto cioè di quelle concerie che hanno saputo affrontare al meglio la sfida della crescita dimensionale e dell’internazionalizzazione riuscendo, così, ad affermarsi sui mercati globalizzati. Queste aziende, nel distretto, si sono ritagliate il ruolo di leader capofila( riuscendo a produrre elevate quantità di pellami), e danno l’esecuzione della fase chimica a quelle concerie che invece hanno subito in termini di peggioramento il cambiamento derivato dalla globalizzazione(le quali, appunto, sono concerie per terzi). Merita inoltre ricordare la presenza sul territorio delle aziende del settore conciario cosiddette commerciali, le quali acquistano il pellame (grezzo, semilavorato, crust, wet blu) e lo danno in lavorazione alle varie aziende (concerie per terzi, lavorazioni terziste), arrivando così al prodotto finale che viene poi commercializzato ad opera delle stesse.

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la ASL, la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate) e riportati nella relazione CLES anno 2011.(31)

Per ciò che concerne l’attività ispettiva dell’Arma dei Carabinieri(32) (che opera in stretta collaborazione con la D.T.L., vista la presenza del Nucleo Ispettorato Lavoro presso la D.T.L. stessa), è da mettere in rilievo come nell’anno 2011 sono state

31Relazione CLES anno 2011, fornita dalla Direzione Territoriale del Lavoro.

Il Comitato per il Lavoro e l’Emersione del Sommerso (CLES), è istituito presso la Direzione Territoriale del Lavoro, prevede la partecipazione di ventitré componenti designati con provvedimento della prefettura di Pisa. Il CLES si riunisce ogni tre mesi presso la sede della Direzione Territoriale del Lavoro di Pisa ed è presieduto dal Direttore o da un suo delegato. All’attività del comitato partecipano attivamente tutti i componenti, contribuendo alla redazione di una relazione trimestrale sullo stato del mercato del lavoro e sui risultati della attività ispettiva nella provincia di pisa, oltre che di una relazione annuale di sintesi al termine di ogni anno. Il CLES (dove siedono esponenti dell’Arma dei Carabinieri, della Questura, l’INPS, l’INAIL, la ASL, la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate) ha deciso di adottare una modalità operativa comune finalizzata a coordinare e a razionalizzare l’attività di vigilanza attraverso un sistema di scambio di informazioni fra le Amministrazioni tenute allo svolgimento della attività ispettiva. Tale decisione si è concretizzata nell’approvazione di un modello di verbale con cui, tutti gli enti che tramite la loro attività ispettiva vengono a conoscenza di casi di lavoro nero, possano comunicarlo tempestivamente alla D.T.L., affinché la stessa possa adottare i provvedimenti di propria competenza, il che consente di garantire una tutela immediata del lavoratore che, in quanto irregolare, si trova in una situazione di pericolo.

32 Molto importante è l’attività di collaborazione tra la D.T.L. di Pisa ed il

Comando dell’Arma Territoriale dei Carabinieri operante nella provincia di Pisa, che si concretizza sia nella comunicazione alla D.T.L., da parte di militari, di tutte le ipotesi di lavoro irregolare riscontrati nell’ambito dell’attività di competenza, sia nell’organizzazione di attività di controllo congiunta tra i Carabinieri del N.I.L. e quelli dell’Arma Territoriale. Queste modalità di cooperazione sono state formalizzate in una convenzione stipulata in data 29/09/2010 tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Ministero della Difesa.

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ispezionate 27 aziende conciarie, in 5 di queste riscontrate irregolarità di lavoro nero piuttosto rilevanti visto l’ordine di sospensione dell’attività lavorativa comminato. Nel totale (la relazione CLES riporta dati aggregati) sono stati trovati 60 lavoratori in nero.

Nell’anno 2011 sono state confermate anche le forme di collaborazione con la Guardia di Finanza, formalizzate in una convenzione stipulata in data 29/10/2010 tra i comandi provinciali della Guardia di Finanza e D.T.L. , in attuazione della quale, nel periodo in questione, sono stati organizzati appositi incontri operativi fra la D.T.L. di Pisa ed il competente comando provinciale della Guardia di Finanza. Per quanto concerne i dati riferiti alla attività ispettiva svolta dal Corpo della Guardia di Finanza, emerge che da un totale di 47 ispezioni, le aziende irregolari sono state 17, i lavoratori irregolari 32, mentre le segnalazioni effettuate alla D.T.L. sono state 19(33). In particolare merita evidenziare come nel corso di una verifica congiunta (fin

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dall’accesso in azienda) effettuata da parte del Corpo della Guardia di Finanza e D.T.L. presso una azienda conto terzi del settore conciario, sono stati trovati 18 lavoratori in nero, di cui 1 minorenne e 2 clandestini(34).

Nel documento CLES anno 2011, viene poi fatto riferimento alla collaborazione istituzionale tra la D.T.L. di Pisa e l’Agenzia delle Entrate territorialmente competente(35), per l’irrogazione della Maxi Sanzione per il lavoro nero(36).

Gli esiti delle attività ispettive hanno fatto emergere una realtà economica costituita da comportamenti concorrenziali scorretti ed idonei anche a causare un danno concorrenziale (l’azienda conto terzi che deve sostenere elevati costi per la propria

34

La scorrettezza di tale azienda era conosciuta nel comparto conto terzi; la stessa era solita effettuare una sistematica politica di ribasso dei prezzi( delle stesse lavorazioni) anche del 50% , con azioni di disturbo, alle dirette concorrenti, e sottrazione di clienti ( causando quindi un danno concorrenziale)

35Concretizzata nella nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

del 06/06/2011

36 Prevista dalla legge 183/2010 (c.d. collegato lavoro). Anche se

competente alla relativa irrogazione è la D.T.L., l’agenzia delle entrate si impegna, attraverso la propria attività, a svolgere tutti gli accertamenti di competenza con la massima completezza di informazioni possibile, allegando ogni informazione utile all’applicazione del disposto sanzionatorio previsto dalla legge 183/2010.

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operatività – si pensi al costo della manodopera – viene fortemente danneggiata dall’opera di disturbo di un proprio diretto concorrente, basata soltanto su un ribasso di prezzi). La violazione di leggi dello stato nell’esercizio dell’attività di impresa è sempre da valutarsi come comportamento scorretto; se questa situazione, che permette di conseguire un risparmio di costi (il risparmio, ad esempio, sul costo della manodopera)(37), viene poi anche sfruttata per sostenere un ribasso di prezzi (e quindi una politica concorrenziale aggressiva perché basata sul prezzo) cui i concorrenti, che invece rispettano le leggi, non possono far fronte, allora la suddetta violazione delle norma di diritto pubblico può essere considerata fonte di danno concorrenziale e dar luogo ad una fattispecie di sleale concorrenza.

37Sono varie le normative di rilevanza pubblicistica il cui rispetto impone, a

carico delle aziende che decidono di operare nella legalità, di sostenere determinati costi. Si pensi alla normativa che tutela le condizioni di lavoro (normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro), normativa in materia di tutela e rispetto dell’ambiente, normativa fiscale, alle norme che subordinano l’esercizio di determinate attività ad autorizzazioni o licenze amministrative, e così via.

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Le attività ispettive hanno portato alla conoscenza di una situazione di illegalità diffusa allarmante, soprattutto se messa in relazione all’immagine che il distretto ha dato di sé, a livello internazionale, di area industriale votata alla produzione di pelli di qualità eccellente (testimoniato anche dalla presenza massiva nel territorio distrettuale di importanti case della moda, che hanno scelto qui di produrre il pellame per la realizzazione dei propri prodotti commercializzati in tutto il mondo).

Chi vive la realtà economica del distretto sa bene che offrire un servizio di sub fornitura ad un prezzo ribassato del 40-50% non può che essere la conseguenza di un comportamento concorrenziale tenuto in modo scorretto e reso possibile dal risparmio di costi che vanno sostenuti se si vuole agire nella legalità. L’attività ispettiva del Comando della Guardia di Finanza che nel 2011 ha portato alla scoperta della azienda conto terzi con 18 lavoratori irregolari, non ha fatto altro che cementificare questa convinzione.

(39)

102

5- I CODICI DI AUTODISCIPLINA: ELABORAZIONE DI CANONI CUI

CONFORMARSI PER L’ESERCIZIO DI ATTIVITA’ ECONOMICHE

Oggigiorno sempre più di frequente gli individui, ed in particolare gli operatori economici tramite le loro associazioni di categoria, elaborano dei canoni cui si adeguano nell’esercizio delle loro attività, predisponendo anche degli organismi incaricati di vigilare sulla loro osservanza. Vengono a formarsi per tale via i cosiddetti codici di autodisciplina con il contributo decisivo dei privati (che rappresentano un determinato settore) per la regolazione di aspetti rilevanti della propria attività. I codici di autoregolamentazione presentano la caratteristica di essere il frutto di un accordo inizialmente promosso e sottoscritto da una cerchia limitata di soggetti che si innesta in settori dell’ordinamento (non privi di regolazione) che col tempo e per il perseguimento di obiettivi mutevoli si estende a tutti gli operatori di un determinato settore o ambiente economico. L’occasione pratica per cui si ricorre alla raccolta di regole di comportamento

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è data dal fatto di voler introdurre l’etica negli affari (con ciò si intende esperire il tentativo di fare ricerca del consenso, consenso inteso come la conseguenza dell’agire in linea con gli interessi degli interlocutori e come valore da inserire in un nuovo modello economico) come soluzione alle distorsioni del sistema economico, soluzione che è in grado di mostrarsi efficace ogni volta in cui la competizione non riesca spontaneamente a tradursi nella sua espressione più sana della concorrenza. I codici di condotta svolgono anche l’importante funzione di compensare un eventuale deficit di normazione o l’inidoneità dello strumento normativo ad essere un efficace mezzo per agevolare il raggiungimento degli obiettivi.

L’etica aziendale è normalmente indicata con l’etichetta di

corporate ethics, ed ha come obiettivo quello di affermare

standard etici per garantire una maggiore qualità dell’attività di impresa (con conseguente aumento di accettabilità della stessa nell’ambiente economico di riferimento), oltre a definire regole

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di organizzazione interna per determinati tipi di imprese, per una regolamentazione efficace ed efficiente dei molteplici rapporti ed interessi che gravitano intorno ad esse (ed in questo caso si parla di codici di condotta come insieme delle norme sull’amministrazione ed il controllo delle imprese).

Il momento del passaggio dalla legislazione primaria e regolamentare a quella autodisciplinare (per codici) è segnato dal mutamento a livello europeo sull’apertura dei mercati. Nei mercati finanziari e bancari, ad esempio, si è assistito alla trasformazione del sistema chiuso di pubblico servizio di tipo settoriale ad una economia di mercato condizionata dalla libera concorrenza, voluta ed imposta dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità Europea. L’attenzione dei risparmiatori si è così spostata su una valutazione di affidabilità degli enti creditizi a cui veniva attribuita la maggior quantità di risparmi. I codici di autodisciplina sembrano lo strumento regolativo più idoneo a confermare come gli operatori del settore si meritino la fiducia

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dei mercati. Le politiche di liberalizzazione dei mercati cui ha fatto seguito una maggiore libertà di scelta per i consumatori hanno portato anche ad un aumento dei livelli di attenzione per gli standard funzionali dell’attività di impresa. Così ha iniziato a fare breccia l’idea che il mercato potesse essere conquistato attraverso l’esaltazione e la pubblicità dei comportamenti virtuosi. Gli operatori iniziarono ad affidare prima ai cosiddetti codici aziendali (che esprimono una forma di tutela verso l’interno) poi ai cosiddetti codici di impresa (con tutela verso l’esterno) la descrizione di tutto un sistema di norme che impegnavano gli stessi alla correttezza gestionale e alla garanzia dei diritti ed interessi riconosciuti in capo ai risparmiatori, consumatori, utenti e così via.

Paradigma dell’esperienza dei codici di autoregolamentazione risulta essere il codice di autodisciplina pubblicitaria. Adottato a metà degli anni sessanta dalle imprese del settore pubblicitario, il codice ha rappresentato, a lungo, l’unico presidio contro gli

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inganni perpetrati(38) nel campo della pubblicità commerciale. Le aziende di questo settore stabilivano i limiti di correttezza del proprio agire professionale, affidando meccanismi sanzionatori ad un giurì nel caso della loro violazione.

Al modello descritto rispondono anche altre tipologie di codice: dai codici aziendali ai codici etici delle imprese (RSI). Significativa in questo senso è l’esperienza dei codici di Autodisciplina delle società quotate in borsa, approvato nell’ultima versione nel dicembre del 2011 dal comitato per la

corporate governance(39). I codici redatti dalle società operanti

sul mercato italiano si muovono entro lo schema generale elaborato con il codice di autodisciplina disegnato dal comitato per la corporate governance. Il codice si inserisce nelle fonti regolative del mercato mobiliare, in origine retto da un apposito ente pubblico e oggi disciplinato dalla Borsa Italiana SPA, che

38

Solo di recente la legge ha disposto la competenza in materia dell’antitrust, che in tal modo viene a concorrere con il sistema autodisciplinare alla repressione della pubblicità ingannevole

39

Costituito, nella sua attuale configurazione, nel giugno del 2011 ad opera delle associazioni di impresa( ABI, ANIA, CONFINDUSTRIA, ASSONIME) di investitori professionali (ASSOGESTIONI), nonché di BORSA ITALIANA SPA

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secondo un modello di self regulation, provvede ad amministrare le operazioni finanziarie che si svolgono in piazza affari. Il controllo gestionale viene invece esercitato da un organismo pubblico, la Consob, che a tal fine emana dei regolamenti, divenuti nel tempo sempre meno prescrittivi in modo da far spazio all’azione e alla responsabilità degli stessi operatori di borsa.

Accanto a questi e ai tanti altri esempi di autoregolamentazione nel settore economico che potrebbero essere fatti, vi sono i processi autodisciplinari che si sono sviluppati nel campo della informazione, nel mondo sportivo, nella deontologia professionale, mostrando un diffuso bisogno della società civile di provvedere da sé all’ordinamento giuridico delle relazioni che in essa si svolgono. Diffuso è però l’orientamento che ravvisa nell’attività autodisciplinare la mera attuazione dei precetti statali, al punto che parlare di autoregolamentazione sarebbe fuorviante se non addirittura errato, perché ai singoli ed alle loro

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associazioni rappresentative spetterebbe semplicemente di dare un contenuto operativo alle indicazioni programmatiche del legislatore statale. In realtà l’autoregolamento viene a prodursi nell’ambito di rapporti tra operatori economici, e verrà sostenuto, controllato ed integrato da parte dei diretti fruitori del medesimo tutte le volte in cu appaia non più adeguato a conseguire l’equilibrio degli interessi in gioco. Le istituzioni sembrano pertanto favorire l’autoregolazione, in quanto promuovono processi normativi in cui vi è identità tra il soggetto ordinante e quello ordinato.

6- CODICE ETICO DI CATEGORIA, CODICE ETICO DISTRETTUALE

Il codice etico è uno dei principali strumenti di attuazione della responsabilità sociale utilizzati all’interno delle imprese. Svolge l’importante funzione di orientare la condotte etica delle azioni quotidiane di tutti coloro che, a vario titolo, contribuiscono

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all’attività di impresa, mettendo in evidenza i valori fondamentali intorno ai quali si sviluppano le politiche aziendali.

Con il termine Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) si intende “la tensione dell’impresa - in primis quindi dei vertici aziendali

–a soddisfare in misura sempre crescente, andando al di là degli obblighi di legge, le legittime attese sociali ed ambientali, oltre che economiche, dei vari portatori di interessi interni ed esterni,

mediante lo svolgimento delle attività aziendali”(40

).

Il Libro Verde, “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese”, pubblicato dalla Commissione europea nel luglio 2001 definisce la responsabilità sociale d’impresa come “l’integrazione volontaria delle

preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate. Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma

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110

anche andare oltre investendo nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate”.

Intorno agli anni 2000 l’opinione pubblica dimostra una crescente sensibilità al problema dell’inquinamento dell’ambiente causato dalle attività economiche; i consumatori sono sempre più attenti e critici nelle loro scelte d’acquisto: I “numeri” della contabilità tradizionale non riescono a testimoniare adeguatamente né ciò che l’impresa preleva dalla società, né ciò che in essa conferisce; le imprese stesse che operano sui mercati globali, ma non solo, avvertono la necessità di comportarsi da buoni cittadini del villaggio globale, per non vedere intaccata la loro reputazione, risorsa fondamentale per il loro funzionamento.

L’assunzione di responsabilità sociale di impresa avviene volontariamente, e questo è sancito sia dal libro verde del 2001 della commissione europea, sia nella successiva comunicazione della stessa commissione nella quale si afferma che chi agisce sul

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mercato responsabilmente decide di assumersi un impegno che va oltre gli obblighi di legge. Se ad esempio in un paese dove la legge non riconosce la libertà di associazione, una impresa la garantisce ai propri collaboratori, siamo di fronte ad una manifesta politica di RSI (cosa che invece non può dirsi se a comportarsi nello stesso modo è una impresa che opera in un paese dove per legge la libertà di associazione è garantita). Da ciò deriva quindi che quando si parla di RSI occorre tenere conto anche di alcune variabili fondamentali come la localizzazione dell’impresa e delle sue unità produttive, il momento storico, il settore di appartenenza e le caratteristiche di base dell’impresa.

L’azienda RSI potrà agire al proprio interno coinvolgendo e motivando al meglio il personale, adottando una politica di trasparenza e dialogo nei rapporti con le organizzazioni sindacali. Esternamente una impresa RSI adotterà tecniche di produzione che rispettino l’ambiente e politiche di tutela dei consumatori, si servirà di fornitori che rispondano a determinati requisiti (quali

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ad esempio il rispetto dei diritti sindacali), organizzerà iniziative a beneficio della comunità locale, promuoverà la trasparenza e la pubblicazione delle informazioni.

Le multinazionali sono state maggiormente interessate al tema della RSI, data la natura di imprese che opera a livello globale e visto anche il forte impatto che hanno nelle economie dei paesi in cui operano, ma la comunicazione della commissione europea del 2002 auspica che questo possa riguardare anche le piccole medie imprese che, grazie al forte radicamento nella comunità locale, sono un ambito ideale di applicazione della RSI, in particolare nel campo dell’emersione del lavoro nero e dell’integrazione razziale.

La regione Toscana ha adottato sin dal 2000 politiche dirette a costruire, insieme alle micro, piccole e medie imprese toscane, un percorso culturale per promuovere le produzioni incentrate sul rispetto della dignità dei lavoratori, dei consumatori e dell’ambiente. Il progetto della Regione Toscana di RSI nasce

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nel 2001 con Fabrica ethica, proprio con lo scopo di sottolineare quegli aspetti della responsabilità sociale legati alla osservanza di diritti, alle politiche inclusive ed alla coesione sociale. Nel maggio del 2003 si insedia la Commissione Etica Regionale con lo scopo di monitorare il sistema economico toscano; la commissione è il luogo di scambio dove tutti gli attori possono proporre criticità, idee e soluzioni portando la propria esperienza, le competenze acquisite e la propria rete di relazioni territoriali, nazionali ed internazionali. A marzo del 2004 la regione Toscana viene scelta dalla sottocommissione ONU per la promozione e la protezione dei diritti umani, come una delle tappe italiane per la presentazione della proposta di risoluzione 2003/16 sulla responsabilità legale e sociale delle imprese.

In Toscana nel 2004, su input della Commissione Etica Regionale, prende avvio il primo progetto sperimentale chiamato Fabrica Ethica Laboratorio Filiera Pelle (FELaFiP), per l’introduzione di sistemi di gestione integrata (responsabilità

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