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Dopo la crisi del sistema idealistico, dopo la pubblicazione della Dottrina delle visioni del mondo, dopo Significato e fine della Storia, ma anche dopo i due disastri mondiali,

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Academic year: 2021

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3 Premessa

Dopo la crisi del sistema idealistico, dopo la pubblicazione della Dottrina delle visioni del mondo, dopo Significato e fine della Storia, ma anche dopo i due disastri mondiali,

il pensiero occidentale ha preso coscienza che il prodotto del suo pensiero, non solo non poteva ambire ad avere i caratteri dell’universalità, ma anche che il suo specifico pensiero che voleva dirsi laico non poteva non riconoscere alla sua radice i caratteri mondanizzati del cristianesimo.

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L’Occidente ha concepito il mondo, attingendo dalla visione cristiana della storia, come intenzione verso un futuro da compiersi, ma nel tentativo di emanciparsi dalla teologia ha relegato questa idea di compimento prettamente all’uomo, facendo del mondo, non più il mondo di Dio bensì il mondo dell’uomo e per l’uomo, e della storia la storia del cammino dello spirito dell’uomo.

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Ma chi è quest’uomo di cui la filosofia ci parla? Rosenzweig potrebbe dire che si tratta di un uomo senza nome, non chiamato da nessuno. Si tratta di un pensiero che da un lato vuol fare dell’uomo l’unico protagonista indiscusso della storia e l’unico padrone indiscusso del mondo, dall’altro definisce con uomo un “io” generico che tutti ingloba e nessuno considera: un Io talmente grande da includere nel suo cammino la storia di Stati, popoli, comunità ed individui, gioie e sofferenze, vantaggi e disagi, senza occuparsi mai realmente di nessuno. Questo pensiero, che come dicevo ha una matrice cristiana, senza che però abbia attinto dal cristianesimo alcun insegnamento relativo alla cura per il prossimo, all’invito alla fratellanza e alla pace, all’amore e alla speranza, non poteva non andare in frantumi, non poteva non farlo perché le tragedie della storia e i

1 Cfr. W. Dilthey, La Dottrina delle visioni del mondo, tr. it. a cura di G. Magnano San Lio, Napoli 1984;

Cfr. anche K. Löwith, Significato e fine della Storia, tr. it. a cura di F. Tedeschi Negri, il Saggiatore, Milano 2004.

2 Cfr. K. Löwith, La fatalità del progresso, in Storia e Fede, tr. it. a cura di A. Mazzone e A. M. Pozzan, Laterza, Roma-Bari 1985, pp. 143-170.

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disagi degli oppressi e degli emarginati non potevano non costringere gli uomini, i pensatori, a riflettere sulla falla del proprio pensiero.

Oggi occorre un urgente ripensamento della storia ripartendo dagli individui, dal modo in cui essi fanno il loro ingresso all’interno della società, perché sono spinti alla relazione con gli altri uomini, di come gli Stati debbono farsi carico di questi uomini e porsi nei confronti degli stranieri, di come debba essere concepita la diversità e se è possibile la fondazione di una società che sia in grado di inglobare tutte le alterità.

Bisogna innanzitutto ricominciare a pensare ponendosi il problema del valore della dignità umana, del diritto dell’uomo alla felicità e delle possibilità di fondazione di una società in cui questi diritti inalienabili possano essere rispettati.

Perché ripartire da Rosenzweig? Perché «non possiamo prescindere dalla storia della filosofia. Non prescindere da essa non significa di necessità che solo nell’esercizio della storiografia di essa si debba semplicemente continuare, bensì anche che ad essa è necessario continuare a riferirsi semplicemente per continuare a pensare».

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Rosenzweig, pensatore ebreo occidentale, occupa una posizione peculiare per noi che da queste domande vogliamo ricominciare a pensare; innanzitutto perché in quanto ebreo, benché proveniente da una famiglia ben integrata all’interno della società tedesca, vive in prima persona il disagio della diversità;

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ma soprattutto perché è stato uno dei primi pensatori a ricercare alle radici della propria origine ebraica la possibilità della fondazione di un pensiero altro, nuovo, rispetto al pensiero di matrice cristiana, che prenda in considerazione come oggetto del suo filosofare l’uomo, polvere e cenere, ricercando da questo nuovo punto di partenza le dinamiche che lo inducono all’incontro con l’altro e alla costituzione della comunità.

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Cit. L. Calabi, La filosofia della Storia come problema. Karl Löwith tra Heidegger e Rosenzweig, Edizioni ETS, Pisa 2008, p. 9.

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Si pensi alla lettera inviata ai genitori il 22.10.1905 Cfr. N. N. Glatzer Franz Rosenzweig, His

life and Thought, Schocken books, New York 1961, pp. 2-3.

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Scopo di questo lavoro è quello di intercettare attraverso le tappe della vita di Rosenzweig e attraverso l’analisi delle sue opere principali, quali Hegel e lo Stato e La Stella della Redenzione, ma anche attraverso gli altri suoi scritti, tra cui il Globus,

l’umana storia dialogica come risposta all’inquietudine dell’uomo risvegliato all’esistenza e al suo bisogno dell’altro, mirando alla costituzione di una comunità in cui l’individuale non si disperda mai nell’universale e in cui il macrocosmo sia il prodotto costante e rinnovato dalla messa in relazione dei microcosmi, cioè gli individui, che nell’incontro e nella relazione con l’altro generano la comunità.

Nel primo capitolo cercheremo di tracciare, attraverso la storia dell’unificazione della Germania e della politica tedesca nei confronti degli ebrei, il modo in cui si sviluppa il pensiero di Rosenzweig, cercando di comprendere le sofferenze e le insofferenze che influenzano la sua ricerca.

Nel secondo capitolo attraverso lo studio di Hegel e lo Stato cercheremo di focalizzare

quali siano le problematiche filosofiche già in germe nel pensiero di Rosenzweig sin

dagli anni giovanili. In Hegel e lo Stato attraverso la critica ad Hegel Rosenzweig fa la

critica all’idea di Storia universale del XIX secolo ovvero a quell’idea di storia in cui

l’individuo, il singolo, gioca un ruolo fondamentale soltanto in quanto contribuisce, con

le proprie azioni, allo sviluppo dell’Autocoscienza dello Spirito Assoluto. All’idea dello

Spirito Assoluto di Hegel, Rosenzweig, in Globus, oppone una nuova idea di storia

universale, che è la storia dei conflitti e delle violenze generate dalla modulazione e

rimodulazione dei terreni a causa dell’appropriazione della terra da parte dell’uomo.

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Nel terzo capitolo ci addentreremo nell’analisi del capolavoro di Rosenzweig, La Stella della redenzione. Qui il filosofo opera una decostruzione dei sistemi filosofici che a

partire dalla domanda originaria circa l’essenza hanno, secondo il nostro autore, smarrito la via e teorizzato una realtà che tutto ingloba a scapito dell’individuo che viene considerato solamente come personalità, ovvero per mezzo di un concetto generico che non si cura delle peculiarità del singolo. Rosenzweig, attraverso il dialogo con la teologia, oppone alla filosofia dell’essenza la filosofia narrante, ovvero la filosofia dell’accadere nel tempo storico. Egli, partendo da questo nuovo metodo del filosofare, apre la via alla ricostruzione di un universo di relazione, ovvero di un universo in cui diversità irriducibili ad identità entrano in relazione attraverso l’apertura verso l’altro e attraverso il dialogo. In tal modo Rosenzweig vede la generazione spontanea della comunità non determinata da un atto violento, come accade nel caso dell’appropriazione della terra, bensì generata da uomini che entrano umanamente in relazione attraverso un atto di amore.

Nel quarto capitolo, infine, cercheremo di comprendere, attraverso le pubblicazioni

posteriori alla Stella della redenzione, i risvolti pratici del sistema di Rosenzweig. Nella

consapevolezza che l’azione del nostro filosofo s’inserisce all’interno di un mondo

specifico, ovvero all’interno della realtà ebraica, cercheremo di estrapolare i caratteri a

partire dai quali dal suo pensiero è possibile ricominciare a pensare; in questo tentativo

cercheremo di comprendere come il pensiero di Rosenzweig può essere utile nella

riflessione concernente l’attualissima problematica relativa alla costituzione

dell’identità dell’Europa.

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