3 Premessa
Dopo la crisi del sistema idealistico, dopo la pubblicazione della Dottrina delle visioni del mondo, dopo Significato e fine della Storia, ma anche dopo i due disastri mondiali,
il pensiero occidentale ha preso coscienza che il prodotto del suo pensiero, non solo non poteva ambire ad avere i caratteri dell’universalità, ma anche che il suo specifico pensiero che voleva dirsi laico non poteva non riconoscere alla sua radice i caratteri mondanizzati del cristianesimo.
1L’Occidente ha concepito il mondo, attingendo dalla visione cristiana della storia, come intenzione verso un futuro da compiersi, ma nel tentativo di emanciparsi dalla teologia ha relegato questa idea di compimento prettamente all’uomo, facendo del mondo, non più il mondo di Dio bensì il mondo dell’uomo e per l’uomo, e della storia la storia del cammino dello spirito dell’uomo.
2Ma chi è quest’uomo di cui la filosofia ci parla? Rosenzweig potrebbe dire che si tratta di un uomo senza nome, non chiamato da nessuno. Si tratta di un pensiero che da un lato vuol fare dell’uomo l’unico protagonista indiscusso della storia e l’unico padrone indiscusso del mondo, dall’altro definisce con uomo un “io” generico che tutti ingloba e nessuno considera: un Io talmente grande da includere nel suo cammino la storia di Stati, popoli, comunità ed individui, gioie e sofferenze, vantaggi e disagi, senza occuparsi mai realmente di nessuno. Questo pensiero, che come dicevo ha una matrice cristiana, senza che però abbia attinto dal cristianesimo alcun insegnamento relativo alla cura per il prossimo, all’invito alla fratellanza e alla pace, all’amore e alla speranza, non poteva non andare in frantumi, non poteva non farlo perché le tragedie della storia e i
1 Cfr. W. Dilthey, La Dottrina delle visioni del mondo, tr. it. a cura di G. Magnano San Lio, Napoli 1984;
Cfr. anche K. Löwith, Significato e fine della Storia, tr. it. a cura di F. Tedeschi Negri, il Saggiatore, Milano 2004.
2 Cfr. K. Löwith, La fatalità del progresso, in Storia e Fede, tr. it. a cura di A. Mazzone e A. M. Pozzan, Laterza, Roma-Bari 1985, pp. 143-170.
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disagi degli oppressi e degli emarginati non potevano non costringere gli uomini, i pensatori, a riflettere sulla falla del proprio pensiero.
Oggi occorre un urgente ripensamento della storia ripartendo dagli individui, dal modo in cui essi fanno il loro ingresso all’interno della società, perché sono spinti alla relazione con gli altri uomini, di come gli Stati debbono farsi carico di questi uomini e porsi nei confronti degli stranieri, di come debba essere concepita la diversità e se è possibile la fondazione di una società che sia in grado di inglobare tutte le alterità.
Bisogna innanzitutto ricominciare a pensare ponendosi il problema del valore della dignità umana, del diritto dell’uomo alla felicità e delle possibilità di fondazione di una società in cui questi diritti inalienabili possano essere rispettati.
Perché ripartire da Rosenzweig? Perché «non possiamo prescindere dalla storia della filosofia. Non prescindere da essa non significa di necessità che solo nell’esercizio della storiografia di essa si debba semplicemente continuare, bensì anche che ad essa è necessario continuare a riferirsi semplicemente per continuare a pensare».
3Rosenzweig, pensatore ebreo occidentale, occupa una posizione peculiare per noi che da queste domande vogliamo ricominciare a pensare; innanzitutto perché in quanto ebreo, benché proveniente da una famiglia ben integrata all’interno della società tedesca, vive in prima persona il disagio della diversità;
4ma soprattutto perché è stato uno dei primi pensatori a ricercare alle radici della propria origine ebraica la possibilità della fondazione di un pensiero altro, nuovo, rispetto al pensiero di matrice cristiana, che prenda in considerazione come oggetto del suo filosofare l’uomo, polvere e cenere, ricercando da questo nuovo punto di partenza le dinamiche che lo inducono all’incontro con l’altro e alla costituzione della comunità.
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Cit. L. Calabi, La filosofia della Storia come problema. Karl Löwith tra Heidegger e Rosenzweig, Edizioni ETS, Pisa 2008, p. 9.
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