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Le attività dell’Amministrazione finanziaria

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L’ATTIVITÀ ISTRUTTORIA DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA.

1. Le attività dell’Amministrazione finanziaria.

In Italia, per la maggior parte delle imposte, il sistema tributario si basa essenzialmente sulla c.d. “autodeterminazione” del debito tributario da parte del soggetto passivo d’imposta.

Il predetto procedimento di autodeterminazione consiste nella dichiarazione dei propri redditi da parte di ciascun soggetto obbligato, il quale provvede autonomamente a calcolare e a versare le somme dovute al Fisco. Questa operazione è comunemente definita anche

“autoliquidazione” o “autotassazione”.

Invero, come affermato da autorevole dottrina, il nostro sistema è caratterizzato, per la quasi totalità dei tributi, da uno schema applicativo che si basa sulla collaborazione del contribuente, chiamato ad “autoliquidare” le imposte dovute e a far conoscere (dichiarare) al Fisco gli elementi (dati) da cui discende la base imponibile, determinata sulla base del presupposto impositivo stabilito dalla legge.1

Pertanto, in questo contesto di “fiscalità di massa”, all’Amministrazione finanziaria rimangono soprattutto funzioni di controllo e di coordinamento, di recupero d’imposta evasa di irrogazione delle sanzioni.

L’intervento da parte degli Uffici finanziari, comunque eventuale, viene effettuato solo successivamente, ed è finalizzato alla corretta autodeterminazione del debito d’imposta, al recupero il gettito fiscale e a portare alla luce eventuali condotte illecite.

Nell’espletamento di questa funzione di controllo, si evidenzia che                                                                                                                

1 Cfr. F. TESAURO, “Istituzioni di diritto tributario”, Torino, 2003, p. 153.  

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l’Amministrazione finanziaria si trova in una posizione di “estraneità”

o di “inferiorità conoscitiva”, rispetto alla sfera giuridica del contribuente, nell’ambito della quale si collocano i fatti che la legge assume a presupposto dell’imposizione.2

Per queste ragioni, poiché la posizione della stessa Amministrazione finanziaria risulta essere “svantaggiata” sotto il profilo conoscitivo, necessita, appunto, di essere contro bilanciata da poteri autoritativi che consentano di penetrare nella sfera giuridica dei contribuenti,3 al fine di garantire la piena conoscenza della situazione economica effettiva degli stessi.4

Corollario di tale scelta sistematica è, evidentemente, l’ampiezza dei poteri di controllo riconosciuti in capo all’Amministrazione finanziaria, i quali si sostanziano in attività di indagine e verifica molto incisive con riferimento alla posizione dei contribuenti, al fine di garantire il corretto assolvimento dell’obbligazione tributaria.

Gli elementi necessari allo svolgimento dell’attività istruttoria vengono infatti acquisiti attraverso il sistema informativo denominato

“Anagrafe tributaria”, in cui sono raccolti “su scala nazionale i dati e le notizie risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce presentate agli Uffici dell'Amministrazione finanziaria e dei relativi accertamenti, nonché i dati e le notizie che possono comunque assumere rilevanza ai fini tributari”.5

All’interno di questo sistema, il contribuente viene identificato con un codice, ossia con una sequenza di sedici caratteri, composto da lettere e numeri, che prende il nome di “codice fiscale” e ne riproduce i dati

                                                                                                               

2 In questi termini, A. VIOTTO, “I poteri dell’amministrazione finanziaria”, Milano, 2002, p. 4-5.

3 Secondo R. LUPI, “Diritto tributario. Parte generale”, Milano 2000, p. 172, in materia di indagini fiscali gli Uffici finanziari hanno veri e propri poteri di supremazia amministrativa “marcatamente inquisitori”. Cfr., anche, G. PORCARO, “Riflessioni sulla natura del potere amministrativo nell’ambito dell’attività istruttoria tributaria”, in Dir. e prat. trib., 2004, p. 1111 ss.  

4 Aspetto ben evidenziato da A. AMATUCCI, “Il fatto come fonte disciplina del procedimento tributario”, in Riv. dir. trib., 1998, I, p. 71.  

5 D.P.R. 29 Settembre 1973, n. 605, art. 1.  

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anagrafici (cognome, nome, sesso, luogo e data di nascita) del cittadino – contribuente.

La banca-dati dell’Anagrafe tributaria è alimentata costantemente dai dati ricavati da:

• dichiarazioni e denunce del contribuente;

• accertamento degli Uffici finanziari;

• attività ispettiva della Guardia di Finanza;

• registrazione delle attività bancarie.

Attesa la vastissima platea dei soggetti obbligati al pagamento dei tributi, l’attività dell’Amministrazione finanziaria è parametrata innanzi tutto all’effettiva capacità degli Uffici stessi.

Pertanto, in ossequio a ciò, ogni anno il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con un proprio decreto, determina i “criteri selettivi”

per individuare e selezionare i contribuenti da controllare, ma saranno poi i singoli Uffici, nell’ambito e nel rispetto delle direttive tracciate nel decreto ministeriale, a scegliere quale tipo di poteri istruttori esercitare.

Ciò posto, l’attività istruttoria degli Uffici dell’Amministrazione finanziaria può essere così articolata: si parte da quella più elementare che viene realizzata in sede di liquidazione, per arrivare a quella più complessa del controllo “formale” o a quella, assai più articolata, del controllo “sostanziale”.

1.1 La liquidazione automatica della dichiarazione.

L’Ufficio finanziario provvede ad una semplice verifica di tutte le dichiarazioni dei redditi, mediante la c.d. “liquidazione della

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dichiarazione”,6 che deve essere realizzata entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo.7 Tale istituto, disciplinato dall’art. 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 per quanto attiene il comparto delle imposte dirette,8 prevede un controllo automatizzato e limitato alle sole informazioni riportate nella dichiarazione, con cui l’Ufficio verifica l’esattezza dei dati dichiarati dal contribuente (o nei casi di specie dal sostituto d’imposta) relativi all’imponibile o ad eventuali detrazioni o riduzioni, appura la loro corrispondenza con quelli presenti nell’Anagrafe tributaria, corregge eventuali errori di calcolo9 e, infine, verifica l’esattezza del versamento.10

Il controllo automatizzato è svolto dal Sistema informativo dell’Anagrafe tributaria (SIAT), in maniera automatica e generalizzata, su tutti i modelli di dichiarazione inviate all’Amministrazione finanziaria e su tutti gli adempimenti collegati.

All’esito del controllo l’Amministrazione finanziaria procede a rendere noto al contribuente le risultanze della liquidazione automatizzata, dalle quali possono emergere situazioni di regolarità o di irregolarità.

La legge nonostante circoscriva espressamente, ai sensi dell’art. 36- bis comma 3 del D.P.R. n. 600/1973 , e art. 54-bis comma 3 del D.P.R. n. 633/1972, l’obbligo di comunicazione ai soli casi di                                                                                                                

6 La “liquidazione” è un termine tecnico che designa l’operazione di calcolo (dell’imposta); tale operazione è tipizzata, nei suoi contenuti e nei suoi limiti, per le imposte sui redditi. Per la verifica dell’imponibile si usa invece il termine “accertamento”. Nelle imposte sui trasferimenti, l’attività di liquidazione ha per esito un apposito atto, denominato “avviso di liquidazione”. Cfr. P. COPPOLA, “La liquidazione dell’imposta dovuta e il controllo formale delle dichiarazioni (art. 36-bis e 36-ter del D.P.R.

n. 600/1973)”, in Rass. Trib., 1997, 1478; R. RINALDI, “Profili ricostruttivi della liquidazione d’imposta”, Trieste, 2000, p. 203 ss.  

7 Si tratta di un termine ordinatorio, come stabilito, con norma di interpretazione autentica, dall’art. 28 della L. 27 dicembre 1997, n. 449.  

8 Analogo controllo è previsto ai fini IVA dall’art. 54-bis del D.P.R. n. 633/1972.

9 Il Ministero delle Finanze, con la circolare 30 aprile 1977, n. 7 (parte 9), ha precisato che gli errori materiali o di calcolo devono essere corretti anche nell’interesse dei contribuenti.

10 La materia è anche disciplinata dal D.P.R. 633/1972 , art. 54-bis “Liquidazione dell’imposta dovuta in base alle dichiarazioni” per l’IVA; e dalla Circ. min. n. 100 del 18 maggio 2000 “Servizio assistenza ai contribuenti presso gli Uffici delle Entrate, gli Uffici delle Imposte Dirette e gli Uffici IVA relativamente alle comunicazioni di cui all’art. 36-bis del D.P.R. 600 del 1973 e all’art. 54-bis del D.P.R. 633 del 1972”.

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irregolarità, con la circolare n. 100 del Ministro delle Finanze del 18 maggio del 2000, è divenuta ormai prassi consolidata dell’Amministrazione finanziaria comunicare sempre ai contribuenti l’esito del controllo automatizzato della dichiarazione d’imposta.

Mentre con la comunicazione di regolarità, l’Ufficio finanziario avvalora la correttezza della dichiarazione con eventuale conferma del rimborso richiesto o dell’eccedenza d’imposta versata rispetto a quella dovuta; nell’ipotesi in cui dall’istruttoria dovessero emergere elementi attivi e/o passivi difformi da quanto dichiarato, l’Ufficio finanziario procede alla comunicazione di irregolarità al contribuente, mediante il c.d. “avviso di liquidazione”, con il quale lo invita a regolarizzare gli eventuali i vizi formali riscontrati, a dare i chiarimenti utili e necessari a giustificare la sua posizione e a versare in autoliquidazione quanto ancora dovuto.

Inoltre, al contribuente (o il sostituto d’imposta) nei trenta giorni successivi al ricevimento della suddetta comunicazione di irregolarità, viene riconosciuta la possibilità di disporre al Fisco i chiarimenti necessari per verificare l’inesattezza delle risultanze degli esiti della liquidazione automatizzata, motivando le ragioni per le quali si ritengono infondati gli addebiti. Laddove non dovessero essere forniti chiarimenti o dovessero apparire insufficienti a sanare le irregolarità rilevate dall’Amministrazione finanziaria, sempre nel rispetto del termine di trenta giorni, il contribuente (o il sostituto d’imposta) può procedere al pagamento della maggiore imposta dovuta, degli interessi e le sanzioni a suo carico saranno ridotte ad un terzo11 ed è altresì esclusa l’iscrizione al ruolo delle maggiori somme emergenti dal controllo.

Al contrario, se il contribuente non procede tempestivamente al versamento, l’Amministrazione finanziaria avvia le ordinarie                                                                                                                

11 Cfr. D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, all’art. 2.

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procedure di riscossione iscrivendo a ruolo le maggiori imposte dovute e le sanzioni saranno applicate nella misura intera.

Il tipo di controllo in esame, generalizzato e automatizzato, è reso possibile dal fatto che la dichiarazione dei redditi, oggi, è inviata in via telematica, ed è rivolto a tutti i contribuenti che hanno presentato la dichiarazione, a differenza dei c.d “controlli formali” ex art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 e delle verifiche fiscali che, invece, sono rivolti a contribuenti ben identificati.

1.2 Il controllo formale.

Dopo la liquidazione, l’Ufficio finanziario può realizzare il c.d.

controllo “formale”, previsto esclusivamente per il comparto delle imposte dirette, disciplinato dall’art. 36-ter del D.P.R. 600/1973 dal D.M. 31 maggio 1999, n. 16412 e dalla circolare 16 luglio 2001, n.

68/E;13 che deve essere effettuato entro il 31 Dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione14 della dichiarazione.

Si tratta di un’attività di controllo, anche documentale, più incisiva e penetrante rispetto alla liquidazione automatizzata prevista dall’art.

36-bis, poiché trattasi di un’attività di controllo “selettiva” rivolta cioè ad una platea di contribuenti piuttosto circoscritta, individuata sulla base di criteri selettivi fissati annualmente con decreto ministeriale, tenuto conto anche dei peculiari indici di rischiosità fiscale e delle capacità operative dei singoli uffici.15

                                                                                                               

12 Rubricata “Regolamento recante norme per l’assistenza fiscale resa dai Centri di assistenza fiscale per le imprese e i dipendenti, dai sostituti d’imposta e dai professionisti ai sensi dell’art. 40 del D. Lgs. 9 luglio 1997, n. 241”.

13 Rubricata “Attività di controllo formale delle dichiarazioni ai sensi dell’art. 36-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 699”.

14 Anche questo termine, in analogia a quanto previsto per la liquidazione, non è perentorio.  

15 L’art. 36 ter, comma 1, D.P.R. n. 633/1972, afferma che “Gli uffici periferici dell'Amministrazione finanziaria, procedono, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione, al controllo formale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta, sulla base dei criteri selettivi fissati dal Ministro delle finanze, tenendo conto di specifiche analisi del rischio di evasione e della capacità operative dei medesimi Uffici”.

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Il controllo formale, seppur apparentemente identico alla liquidazione della dichiarazione, è finalizzato all’esame di merito della documentazione tramite la quale il contribuente ha effettuato l’autoliquidazione delle imposte sui redditi indicati nella dichiarazione periodica e, qualora dal controllo preliminare dovessero emergere delle irregolarità, l’Ufficio16 invita (per iscritto, o telefonicamente, o in via telematica) il contribuente (o il sostituto d’imposta) a fornire gli opportuni chiarimenti, nonché a trasmettere o esibire i documenti giustificativi a supporto di quanto dichiarato.

L’Ufficio finanziario, all’esito del controllo in parola, può procedere alla correzione di errori materiali o di calcolo, può procedere altresì al disconoscimento di detrazioni o deduzioni non spettanti e, infine, può quantificare crediti di imposta o liquidare le maggiori imposte dovute.

A ciò si aggiunga che nel caso in cui dovesse emergere un credito di imposta a favore del contribuente (ovvero un maggior credito o una minore imposta), questi può chiederne il rimborso o usufruire del credito per l’anno successivo; oppure, in alternativa, può utilizzarlo in compensazione per pagare altri tributi.

Anche in questo caso, come in sede di liquidazione, l’Ufficio procede alla comunicazione al contribuente (o al sostituto d’imposta) del quantum emergente dal controllo, fornendo adeguata motivazione dalla quale si evince il procedimento logico e/o matematico seguito.

Successivamente all’eventuale comunicazione effettuata dall’Ufficio, tramite il c.d. “avviso bonario”, al contribuente si prospetta una duplice alternativa: può fornire dati o elementi non considerati o                                                                                                                                                                                                                                                                    

I criteri selettivi, conseguentemente, verranno concretamente delineati con un provvedimento adottato annualmente dall’Agenzia delle Entrate tenuto conto della totalità delle dichiarazioni presentate (sul punto circ. Agenzia delle Entrate n. 28/E/2011, § 7).

16 A mente del comma 2, dell’art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 l’Ufficio può:

escludere in tutto in parte le deduzioni dal reddito e detrazioni d’imposta non spettanti;

escludere il tutto in parte lo scomputo delle ritenute d'acconto non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti d'imposta o dalle certificazioni;

determinare i crediti d’imposta spettanti;

liquidare la maggiore imposta e i maggiori contributi dovuti sull’ammontare complessivo dei redditi risultanti da più dichiarazioni;

correggere gli errori materiali e di calcolo nella dichiarazione dei sostituti d’imposta.

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valutati erroneamente dall'Ufficio, oppure versare in autoliquidazione quanto dovuto.

In caso contrario, l’Ufficio può procedere all’iscrizione a ruolo dell’imposta ancora dovuta: il nominativo del contribuente verrà pertanto inserito nell’elenco dei debitori dell’Erario per tributi e accessori relativi ad un periodo di imposta e si dà avvio alle procedure per la riscossione delle somme dovute.

1.3 Il controllo sostanziale.

Al fine di garantire la piena tutela dell’interesse fiscale, l’Amministrazione finanziaria deve procedere, oltre che sotto il profilo del controllo sulla correttezza formale delle dichiarazioni e di alcuni elementi di reddito (come detrazioni e deduzioni d’imposte) che, come poc’anzi osservato, avviene con la liquidazione ed il controllo formale, anche con riguardo alla sua completezza e alla sua veridicità fattuale, mediante i cc.dd. “controlli sostanziali” che, invece, incidono direttamente sugli aspetti sostanziali della posizione del contribuente e sono mirati ad individuare proventi occulti e altre forme di evasione fiscale.

Il controllo sostanziale delle dichiarazioni viene realizzato dagli Uffici della Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza, la quale esercita, oltre alle funzioni di Polizia giudiziaria e di Pubblica sicurezza (comuni alle altre forze di Polizia) anche funzioni di Polizia tributaria.17

Il controllo sostanziale, come meglio si avrà modo di vedere più avanti, è disciplinato dall’art. 31 del D.P.R. 600/1973 in materia di imposte sui redditi (che si applica anche in materia di imposta di                                                                                                                

17 Così l’art. 1 del R.D.L. n. 63/1926, come sostituito dall’art. 1 del R.D.L. n. 1290/1937, espande alla Guardia di Finanza i poteri che le singole leggi attribuiscono agli Uffici dell’Amministrazione finanziaria disponendo che ad essa: “sono conferiti tutti i poteri e diritti di indagine, accesso, visione, controllo, richiesta di informazioni, che spettano per legge ai diversi Uffici finanziari incaricati dell’applicazione dei tributi diretti e indiretti”.

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registro) e dagli artt. 51 e 52 del D.P.R. 26 Ottobre 1972, n. 633 in materia di IVA.

Si puntualizza che l’attività di controllo non si esaurisce solo sulla dichiarazione in sé, ma si estende anche sulle ipotesi di omessa dichiarazione.

L’acquisizione di elementi probatori, in sede di ricerca della capacità contributiva reale ed effettiva dei soggetti passivi d’imposta, riveste notevole importanza poiché i poteri istruttori riconosciuti in capo all’Amministrazione finanziaria costituiscono, da un lato, il presupposto giuridico di un’autonoma valutazione degli stessi Uffici in sede di accertamento tributario18 e, dall’altro lato, implicano poteri di ingerenza nella sfera privata dei contribuenti ed anche di soggetti terzi, dato che possono restringere i diritti e gli interessi del soggetto sottoposto a controllo.19

Per queste ragioni, si pone l’esigenza di orientare l’attività normativa in materia di controlli al rispetto delle garanzie e dei diritti costituzionali, pena l’illegittimità costituzionale, cosicché le deroghe ai diritti inviolabili dell’uomo devono essere tassativamente previste dalla legge, al fine di evitare ogni possibile forma di arbitrio che si traduca in ingiustificate lesioni, da parte dell’Amministrazione, di interessi costituzionalmente protetti.20

Soltanto in questo modo, si potrà raggiungere un equilibrio fra il perseguimento dell’interesse fiscale e la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti (libertà personale, inviolabilità del domicilio, inviolabilità della corrispondenza, tutela della privacy,                                                                                                                

18 Cfr. A. LATTANZIO, “L’attività istruttoria dell’Amministrazione finanziaria in sede di accertamento tributario”, in Fisco, 1995, p. 4117 ss.  

19 Cfr. R. SCHIAVOLIN, “Poteri istruttori dell’amministrazione finanziaria”, in. Dig. Disc. priv. (se.

Comm.), Torino, XI, 1995 p. 195.  

20 Il legislatore, nel suo discrezionale bilanciamento dei valori costituzionali, deve tener conto che le limitazioni dei diritti inviolabili devono rispondere ai criteri della “ragionevole proporzionalità” e della

“necessarietà”, nel senso che esse devono essere l’unico mezzo per il raggiungimento dello scopo.

Ovviamente, anche l’Amministrazione finanziaria non può prescindere dall’osservanza dei suddetti criteri nell’esercizio dei poteri istruttori, dovendo preferire a parità di risultati ottenibili, l’adozione di poteri che arrecano la minore turbativa alle posizioni dei singoli. (in tal senso, A. VIOTTO, “I poteri dell’Amministrazione finanziaria”, cit., p. 94).

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segreto professionale etc.) dei soggetti sottoposti all’attività di controllo fiscale.

2. L’attività istruttoria: profili generali e principi.

L’attività istruttoria, svolta dall’Amministrazione finanziaria e dagli altri organi ispettivi, comprende tutti quegli atti volti ad individuare e a reperire dati e notizie relativi ai singoli contribuenti, con lo scopo di individuare eventuali violazioni della normativa tributaria.

Il fondamento costituzionale di tutte le disposizioni concernenti l’esercizio delle attività istruttorie e l’ingerenza che tali attività hanno nella sfera privata dei contribuenti, è da ricercarsi fermamente nell’art.

53 della Costituzione.21

Infatti, il dovere di concorrere alle spese pubbliche e il criterio di riparto della capacità contributiva, può essere rispettato e concretamente attuato soltanto se in capo all’Amministrazione finanziaria viene riconosciuta una posizione di “supremazia”, che si realizza, appunto, attraverso efficaci poteri di controllo e di verifica del corretto operato dei contribuenti.

Nel compimento di questa attività, per di più, devono essere rispettati principi e regole procedurali, in quanto l’esercizio dei poteri che costituiscono l’attività istruttoria non è, però, del tutto incondizionato.

                                                                                                               

21 L’art. 53 della Costituzione sancisce che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.

Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

La summenzionata disposizione non era presente nello Statuto Albertino e i padri costituenti hanno ritenuto necessario introdurre una norma riguardante un aspetto fondamentale della convivenza civile di uno Stato e cioè quella attinente alle risorse finanziare per permettere il sostentamento e la crescita del Paese. I padri costituenti hanno fatto una scelta coraggiosa poiché hanno inserito tale articolo non nell’ambito dei rapporti economici, bensì politici. Questo perché l’articolo in esame è attuativo di due norme fondamentali presenti nella nostra Costituzione: l’art. 2 che, nella sua parte finale, afferma il principio solidarista, che impone ai cittadini una serie di prestazioni e comportamenti il cui adempimento risulta essere necessario per il benessere dalla comunità, e l’art. 3 che sancisce il principio di uguaglianza quale criterio che condiziona l’intero ordinamento giuridico.

In altre parole, l’art. 53 della Costituzione rappresenta lo strumento solidaristico attraverso il quale si può garantire la sostanziale uguaglianza dei cittadini, in quanto ognuno di noi, siccome membro di una collettività, in virtù del principio solidarista, si spoglia di una parte della propria ricchezza per destinarla allo Stato, cosicché questi si possa procurare da un lato, le risorse necessarie per il sostentamento e la crescita del Paese e, dall’altro, possa intervenire per rimuovere le disparità di ordine economico e sociale esistenti, affinché tutti i cittadini siano messi nelle condizioni di realizzare pienamente se stessi e le proprie aspirazioni.

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I poteri istruttori riconosciuti in capo agli Uffici finanziari, pertanto, incontrano alcuni limiti salienti:

• le fondamentali garanzie previste dalla Carta Costituzionale, a tutela della persona e del domicilio, della segretezza della corrispondenza, della libera esplicazione dell’individuo, della libera iniziativa economica, della tutela del risparmio, della garanzia dei segreti professionali, della proprietà privata,22 nonché i principi di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione sanciti dall’art. 9723 e il richiamato art. 53;

• le disposizioni sancite dalla legge 7 Agosto del 1990, n. 241 – come novellata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15 – recante norme generali sull’azione della Pubblica Amministrazione;

• le disposizioni contenute nella legge 27 luglio del 2000, n. 212, nota come “Statuto dei diritti del contribuente”.

Dapprima, l’attività istruttoria è un’attività che deve essere svolta nel rispetto del principio di legalità, che costituisce il limite oltre il quale l’attività di controllo fiscale è da considerarsi illegittima; per questo i poteri istruttori devono avere una fonte legale.

L’obbligo di consentire l’accesso, le ispezioni e le verifiche, di rispondere ad un questionario e di fornire documenti richiesti, etc., devono essere previsti dalla legge o da un fatto avente forza di legge.24 Inevitabilmente nell’ottica di quanto riportato, tenuto conto dell’invasività dell’attività istruttoria nella sfera privata dei contribuenti, incombe nei confronti dell’Amministrazione finanziaria,

                                                                                                               

22 Cfr. A. FANTOZZI, “Diritto Tributario”, UTET, 2013, p. 626.

23 L’art. 97 della Costituzione dispone che “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione”.

24 Il tipo di riserva di legge, assoluta o relativa, dipende dal tipo limitazione e dall’incisività che questa ha sulla libertà personale del contribuente.

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l’obbligo di rispettare il disposto dell’art. 23 della Costituzione.25 Dal momento che l’attitudine di gran parte dei poteri istruttori è quella di restringere soltanto parzialmente e in maniera relativa la libertà di agire degli stessi, quanto poc’anzi affermato si concretizza innanzitutto nel rispetto di una riserva di legge di tipo relativo, ove spetta alla legge regolare solo gli aspetti essenziali e le linee fondamentali della disciplina, rimettendone il completamento della stessa a fonti di secondo grado; contrariamente, i restanti poteri istruttori che sono idonei ad incidere e comprimere le garanzie fondamentali e i diritti inviolabili dell’individuo (come la libertà personale, l’inviolabilità del domicilio, la segretezza della corrispondenza) sono sottoposti invece ad una riserva di legge di tipo assoluto, laddove la disciplina di una determinata materia è rimessa solamente alla legge e non è ammesso il completamento da parte di fonti di secondo grado.26

Si pensi agli artt. 13, 14 e 15 della nostra Carta Costituzionale,27 dove si prevede espressamente che una limitazione dell’inviolabilità è consentita solo nei casi e nei modi stabiliti dalla legge, seguita da un’autorizzazione da parte dell’Autorità giudiziaria.

Si tratta dunque di un’autorizzazione che il legislatore fiscale ha                                                                                                                

25 L’art. 23 della Costituzione stabilisce che “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.

26 Cfr. A. FANTOZZI, “Diritto Tributario”, cit., p. 627.

27L’art. 13 della Costituzione afferma che “La libertà personale è inviolabile.

Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza indicate tassativamente dalla legge, l’Autorità di Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’Autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.

È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.

La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva”.

L’art. 14 della Costituzione dispone che “ Il domicilio è inviolabile.

Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizione o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale

Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati dalle leggi speciali”.

L’art. 15 della Costituzione stabilisce che “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.

La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”.

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rimesso alla discrezionalità del potere giudiziario, in quanto si riferisce ad atti fortemente limitativi ed incisivi della libertà personale e del principio di inviolabilità del domicilio.

Successivamente, nel condurre le indagini tributarie, sono due le esigenze che vanno prese in considerazione: da un lato bisogna, infatti, tener conto di un’esigenza di natura operativa degli organi verificatori, in virtù della quale questi sono chiamati a programmare la loro attività ispettiva secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità; dall’altro lato è necessario tener conto del diverso grado di incisività dei singoli strumenti istruttori nella sfera giuridica dei destinatari.

Pertanto la scelta di esercitare in concreto uno o più poteri tra quelli attribuiti dalla legge agli Uffici finanziari è rimessa alla valutazione discrezionale degli organi ispettivi, i quali non sono né tenuti a impiegarli tutti né a seguire un ordine prestabilito.28

Proseguendo nell’analisi dei principi che regolano l’attività istruttoria, l’art. 12, comma 1, dello “Statuto dei diritti del contribuente” (legge n. 212/2000), come vedremo meglio più avanti, individua il c.d.

“principio di proporzionalità”, principio che deve orientare la concreta scelta del potere da utilizzare. Il legislatore, dunque, afferma che le verifiche (tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali) presso la sede in cui si svolge l’attività del contribuente, devono essere giustificate sulla base di “esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo”, ovvero la scelta del potere (da esercitare in concreto) da parte dell’Amministrazione finanziaria deve tener conto del tipo di contribuente sottoposto a controllo, dei valori economici presumibilmente evasi e del grado di incisività che, il potere scelto, ha nei confronti del destinatario.

                                                                                                               

28 Sul punto G. FALSITTA, “Corso istituzionale di Diritto Tributario”, III edizione riveduta, Cedam, p.

289, il quale sostiene che “gli Uffici possono dunque scegliere quali poteri (fra quelli previsti) esercitare, in quale ordine (se più di uno) esercitarli e con quale approfondimento (quante domande porre nel questionario, quanti e quali documenti richiedere, per quanto tempo protrarre l’accesso)” .

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Per queste ragioni, come sostenuto da un’autorevole dottrina,29 in capo all’Amministrazione finanziaria graverebbe un vero e proprio dovere di valutare la possibilità di perseguire i risultati maggiormente produttivi delle indagini, adottando i mezzi istruttori meno intrusivi.

Altro principio particolarmente rilevante è quello di “buona fede e collaborazione” (art. 10 dello “Statuto dei diritti del contribuente”), che si applica ai rapporti fra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente.

Un’applicazione importante del principio di buona fede è la tutela dell’affidamento, ovvero il comportamento di chi pur non rispettando la legittima aspettativa altrui, viene in vario modo sanzionato. Pertanto la ragionevole convinzione che un soggetto si forma comportandosi diligentemente, trova qualche riconoscimento giuridico, anche se tale convinzione risulta errata.

Infine, si ricorda che l’attività istruttoria è caratterizzata dall’eventualità dell’atto finale.

Ciò sta a significare che la fase istruttoria si può anche concludere con un atto interno di archiviazione, laddove dalle indagini svolte non emergono elementi tali da fondare un atto impositivo o di irrogazione delle sanzioni.30

3. I poteri istruttori dell’Amministrazione finanziaria.

I poteri istruttori possono essere esercitati soltanto dai soggetti dotati di potere istruttorio, individuati negli Uffici dell’Amministrazione finanziaria, negli enti territoriali titolari di potestà impositiva, nella

                                                                                                               

29 Cfr. A. VIOTTO, “I poteri dell’Amministrazione finanziaria”, cit., p. 186.

30 Cfr. A. FANTOZZI, “Diritto Tributario”, cit., p. 633., il quale afferma che “l’eventualità del provvedimento finale è una conseguenza della peculiarità della fase istruttoria che non è un procedimento amministrativo vero e proprio”.

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Guardia di Finanza in veste, come già richiamato, di Polizia tributaria, e negli agenti di riscossione.31

La Guardia di Finanza – ai sensi dell’art. 33 del D.P.R. n. 600/197332 – è titolare della medesima funzione di indagine, conferita agli Uffici dell’Amministrazione finanziaria, con la peculiarità che soltanto quest’ultimi possono, però, esercitare il potere di accertamento dei tributi e irrogazioni delle sanzioni attraverso l’emissione di atti impositivi o sanzionatori.33

Dunque gli organi dell’Amministrazione finanziaria e la Guardia di Finanza, ai sensi degli artt. 51 e 52 del D.P.R. del 26 Ottobre 1972, n.

633 per l’IVA, richiamati dagli artt. 32 e seguenti del D.P.R. del 29 Settembre 1973, n. 600 per le imposte dirette, nonché delle singole leggi di imposta per gli altri tributi, vigilano sulla correttezza degli adempimenti fiscali posti a carico dei contribuenti, mediante una serie di strumenti volti ad acquisire informazioni o accertare comportamenti utili alla repressione delle violazioni tributarie; più precisamente si tratta dei seguenti poteri:

− procedere all’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche di cui all’art. 33 del D.P.R. n. 600/1973;

− invitare il contribuente a comparire (di persona o a mezzo di rappresentante) per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti;

                                                                                                               

31 In questo senso, definisce il potere istruttorio, inteso da un punto di vista generale, come presupposto dell’attività dei singoli atti istruttori, R. SCHIAVOLIN, “Poteri istruttori dell’amministrazione finanziaria”, cit. p. 195.

32 Ai sensi dell’art. 33 del D.P.R. n. 600/1973, la Guardia di Finanza coopera con gli Uffici delle imposte per l'acquisizione e il reperimento degli elementi utili ai fini dell'accertamento dei redditi e per la repressione delle violazioni delle leggi sulle imposte dirette, procedendo di propria iniziativa o su richiesta degli uffici, secondo le norme e con le facoltà di cui all'art. 32.

Inoltre, per garantire il necessario coordinamento dell'azione della Guardia di Finanza con quella degli Uffici finanziari, periodicamente e nei casi in cui si debba procedere ad indagini sistematiche, saranno presi accordi tra la Direzione generale delle imposte dirette e il Comando generale della Guardia di Finanza e, nell'ambito delle singole circoscrizioni, fra i capi degli ispettorati e degli uffici e i Comandi territoriali. Gli Uffici Finanziari e i Comandi della Guardia di Finanza, per evitare la ripetizione di accessi presso gli stessi contribuenti, devono scambiarsi vicendevolmente tempestiva comunicazione delle ispezioni e verifiche intraprese, cosicché l'Ufficio o il Comando che riceve la comunicazione può richiedere all'organo che sta eseguendo l'ispezione o la verifica l'esecuzione di determinati controlli e l'acquisizione di determinati elementi utili ai fini dell'accertamento.

33 Cfr. A. FANTOZZI, “Diritto Tributario”, cit., p. 620.

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− invitare i contribuenti ad esibire o trasmettere atti e documenti rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti;

− inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti nonché nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti;

− richiedere agli organi e alle Amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici, alle società ed enti di assicurazione dati e notizie relativi soggetti indicati singolarmente o per categorie;

− richiedere copie o estratti degli atti e dei documenti depositati presso i notai, i procuratori del registro, i conservatori dei registri immobiliari e gli altri pubblici ufficiali;

− richiedere, previa apposita autorizzazione, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezioni o verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l’indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con Istituti bancari e assicurativi;

− richiedere, previa apposita autorizzazione amministrativa, a banche ed assicurazioni nonché ad enti e società esercenti attività bancaria e creditizia e assicurativa e fiduciaria dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti;

− richiedere ad autorità ed enti notizie, dati, documenti ed informazioni di natura creditizia, finanziaria e assicurativa, relativi alle attività di controllo e di vigilanza svolte dagli stessi, anche in deroga di specifiche disposizioni di legge;

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− richiedere ai soggetti dati, notizie e documenti relativi ad attività svolte in un determinato periodo di imposta, relativi ai fini di accertamento, nei confronti di loro clienti, fornitori o prestatori di lavoro autonomo;

− invitare ogni altro soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica atti o documenti fiscalmente rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti con il contribuente e a fornire i chiarimenti relativi;

− richiedere agli amministratori di condominio notizie e documenti relativi alla gestione condominiale.

Da questa elencazione, inoltre, i poteri istruttori possono, come osservato da autorevole dottrina, essere tradizionalmente distinti in base al luogo di esercizio; in tal senso si possono infatti individuare:

• i poteri istruttori esercitati presso il contribuente;

• i poteri istruttori esercitati in ufficio;

• i poteri istruttori esercitati presso terzi.34

A questa classificazione, oggi, si affiancano anche le indagini bancarie e finanziare, nonché i poteri dello scambio di informazioni tra Amministrazioni finanziarie, già da tempo utilizzati in ambito internazionale in quanto previsti dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni.

3.1 L’accesso, le ispezioni e le verifiche.

Tra i vari poteri riconosciuti all’Amministrazione finanziaria, quelli più incisivi per controllare gli adempimenti degli obblighi fiscali

                                                                                                               

34 In particolare, A. FANTOZZI, “Diritto Tributario”, cit. p. 650.

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imposti dalle norme tributarie, sono quelli di “accesso, ispezione e verifica”, 35 “esercitati presso i contribuenti”.

L’Amministrazione finanziaria ha, pertanto ai sensi del combinato disposto dagli artt. 32, comma 1, n. 1, e 33 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 51, comma 2, n. 1, e 52 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.

633, la facoltà di disporre l’accesso di propri impiegati, muniti di apposita autorizzazione scritta, motivata e rilasciata dal Capo dell’Ufficio da cui dipendono o dal Comandante di zona (per i soggetti appartenenti alla Guardia di Finanza), presso i locali destinanti all’esercizio di attività imprenditoriali, sia di tipo commerciale che agricolo, nonché artistiche o professionali, al fine di procedere ad “ispezioni documentali, verifiche, ricerche ed ogni altra indagine utile ai fini dell’accertamento dell’imposta e alla repressione dell’evasione e delle altre violazioni”.

Dal dettato normativo si può evincere che, in ambito tributario, l’accesso è sempre strumentale al potere di ispezione e verifica ovvero ne costituisce l’antefatto necessario e indispensabile per procedere allo svolgimento della successiva attività di ispezione, verificazione e ricerca.

L’accesso nei locali adibiti contestualmente ad abitazione e a luogo di svolgimento delle attività economiche può essere effettuato solamente con l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica e, in caso di uso esclusivamente abitativo, è anche richiesta la sussistenza di gravi indizi di violazione delle norme fiscali (tale ultima condizione non è necessaria in caso di destinazione promiscua dell’abitazione36 anche nell’esercizio dell’imprese o professione).

                                                                                                               

35 I poteri di accesso, ispezione e verifica sono riconosciuti nell’ambito dei poteri di indagine di quasi tutte le imposte, anche se sono differenziati a seconda del tributo e funzionali all’accertamento dello specifico fatto imponibile. In generale su questi aspetti, B. SANTAMARIA, “Accessi, ispezioni e verifiche (dir. trib.)”, in Enc. Giur., I, Roma 1999, 1; ID., “Appunti sui poteri della polizia tributaria nell’imposta di registro”, in Riv. dir. finanziario, 1973, I, 693; ID., “Le ispezioni tributarie”, Milano, 2000.

36 Con la sentenza n. 12179 del 1998, la Corte di Cassazione ha evidenziato che i locali possono considerarsi ad uso promiscuo quando “la agevole possibilità di comunicazione interna consente il trasferimento dei documenti propri della attività commerciale nei luoghi abitativi e, quindi sia possibile

(19)

Infine si ricorda che, l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, nel caso di accesso nei locali destinati all’esercizio di arti e professioni, è necessaria “per l’esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale”,37 ed è altresì richiesta la presenza del titolare dello studio (o di un suo delegato), in quanto è necessario contemperare da un lato, la tutela dell’interesse fiscale e, dall’altro, quella del segreto professionale.

Il comma 3 dell’art. 52 del D.P.R. n. 633/1972 stabilisce che, nel caso in cui i militari della Guardia di Finanza o gli impiegati dell’Amministrazione finanziaria debbano, nel corso dell’accesso, effettuare perquisizioni personali e/o procedere all'apertura coattiva di plichi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili, è necessaria e obbligatoria una specifica autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica o dell’Autorità giudiziaria più vicina.

La medesima autorizzazione, sempre per espressa previsione normativa, è necessaria anche per l'esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale ferma restando la norma di cui all'articolo 103 c.p.p.

Le ispezioni documentali e le ricerche sono invece finalizzate all’acquisizione di documenti, dati e notizie.

L’art 52 del D.P.R. n. 633/1972, al comma 4, riconosce agli Uffici finanziari e alla Guardia di Finanza la possibilità, presso la sede del contribuente, di analizzare ed esaminare la documentazione contabile in possesso del soggetto sottoposto a controllo, esame che può estendersi a tutti i libri, registri documenti e scritture, che si trovano

                                                                                                                                                                                                                                                                   

averli sotto mano per ogni evenienza, e nel contempo però detenerli in stanze abitualmente destinate al sonno, o ai pasti”.

Secondo un’interpretazione più recente della Corte di Cassazione (sentenza del 29 ottobre 2010, n.

24178), il locale è “promiscuo” ove l’accesso, presso un bar, avvenga anche in un locale adibito a cucina personale del contribuente, a nulla rilevando il fatto che la restante parte dell’abitazione sia sita al primo piano dello stabile.

37 Nell’ambito tributario il rilievo del segreto professionale trova fondamento nell’art. 52, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, in quanto si richiede espressamente l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica per poter procedere all’esame di dati e notizie verso le quali è eccepito il segreto professionale.

(20)

nei locali, compresi quelli la cui tenuta e conservazione non sono obbligatorie.38

Tra i documenti ispezionabili vi rientrano: la corrispondenza commerciale, la contabilità posta in essere ai fini di controllo interno della gestione e la documentazione contabile di altri soggetti che hanno intrattenuto, con quello verificato, rapporti economici.

L’ispezione documentale si estende non solo ad ogni tipo di documentazione disponibile su carta, ma anche a tutti i documenti a supporto informatico a rilevanza tributaria.

Inoltre, si ricorda che l’ispezione documentale mira ad effettuare un controllo circa la corretta istituzione, tenuta e conservazione della documentazione contabile obbligatoria del verificato, della complessiva attendibilità delle scritture e dei registri contabili nonché, infine, delle peculiarità del sistema gestionale e contabile adottato dall’impresa controllata.

Secondo un’interpretazione, fornita con circolare n. 1/2008 della Guardia di Finanza,39 l’ispezione documentale è orientata sia sotto il punto si vista formale che quello sostanziale.

Più precisamente dal punto di vista formale, l’ispezione documentale è volta ad appurare la regolarità e l’attendibilità di tutta la documentazione amministrativo-contabile del contribuente sottoposto a controllo, la cui tenuta e conservazione sono obbligatorie secondo la normativa fiscale, il codice civile e le altre legge di carattere speciale (ad esempio la legislazione sul lavoro); mentre dal punto di vista sostanziale, l’ispezione contabile tende a controllare il corretto rispetto da parte del verificato della normativa tributaria sostanziale, ovvero delle disposizioni che disciplinano la determinazione della

                                                                                                               

38 Cfr. G. FALSITTA, “Corso istituzionale di Diritto Tributario”, cit.  

39 Circolare della Guardia di Finanza, 1/2/2008, protocollo n. 35534/08, “Indagini finanziarie in materia di imposte sui redditi e IVA. Semplificazioni e prospettive 2008”.

(21)

base imponibile, nonché la quantificazione e il versamento delle imposte.

L’attività di verifica invece consiste nel controllo del corretto assolvimento da parte del contribuente degli obblighi previsti dalla normativa fiscale.

Le “verificazioni” dunque, consistono in operazioni di raffronto – eseguite ex artt. 52 del D.P.R. n. 633/1972 e 33 del D.P.R. n.

600/1973 – tra la concreta realtà gestionale del contribuente e le correlative indicazioni contenute nel sistema contabile.40

Le diverse tipologie di verifiche fiscali possono essere le seguenti:

− le verifiche generali, che consistono in un approfondito esame degli aspetti salienti della posizione fiscale del soggetto in relazione ai principali tributi;

− le verifiche parziali, che si basano su controlli finalizzati alla determinazione delle basi imponibili di uno o più tributi, mediante la revisione approfondita, in tutto o in parte, degli adempimenti agli obblighi di fatturazione, contabilizzazione, versamento e dichiarazione;

− le verifiche specifiche, che riguardano singoli atti di gestione ovvero un complesso di atti di gestione con caratteristiche di omogeneità sotto il profilo fiscale, giuridico ed economico, riferiti a rapporti intercorsi con clienti e fornitori nominativamente individuati;

− le verifiche di iniziativa, che generalmente vengono avviate sulla base di informazioni già in possesso dell’Amministrazione finanziaria o della Guardia di Finanza;

                                                                                                               

40 Sul concetto di verificazione cfr. S. GALLO, “I poteri di accesso, ispezioni, verificazioni e ricerche”, in Il fisco, n. 20/1984, p. 2634.

(22)

− le verifiche a richiesta, che sono effettuate su impulso di altri organi dello Stato, che possono, appunto, richiedere all’Amministrazione finanziaria di eseguire attività ispettiva nei confronti di determinati contribuenti.

3.2 Le richieste di informazioni al contribuente: inviti a comparire, richieste di documenti e invio di questionari.

Gli Uffici finanziari, per verificare la posizione fiscale dei contribuenti, previa indicazione del motivo, possono acquisire elementi utili per l’indagine, tramite l’esercizio di poteri istruttori c.d.

“esercitati in ufficio”. Tali poter sono: l’invito a comparire per rispondere ad interrogatorio formale, la richiesta di documenti e l’invio del questionario.

Pertanto, ai sensi dell’art. 32, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 600/1973, l’Ufficio può “invitare i soggetti che esercitano imprese, arti o professioni, indicandone il motivo, a comparire di persona o a mezzo di rappresentanti per esibire documenti e scritture, ad esclusione dei libri e dei registri in corso di scritturazione, o per fornire dati, notizie e chiarimenti rilevanti ai fini della ricerca degli accertamenti nei loro confronti”.

Gli organi procedenti dispongono, dunque, l’invio del c.d. “invito a comparire”, indicando il motivo specifico per il quale si richiede la partecipazione collaborativa del contribuente all’attività istruttoria;

invito che può essere rivolto solo al contribuente o ad un suo delegato, nei cui confronti viene effettuato l’accertamento.

L’invito a comparire deve essere formulato in forma scritta e deve essere notificato ex art. 60 del D.P.R. n. 600/1973 (modificato dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78),41 deve contenere l’indicazione del                                                                                                                

41 L’articolo in questione testualmente dispone che: “La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli artt. 137 e

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