• Non ci sono risultati.

2.1 La chimica della raffineria

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "2.1 La chimica della raffineria "

Copied!
81
0
0

Testo completo

(1)

1

1 INTRODUZIONE

Ogni processo ha al suo interno la necessità di impiegare delle utilities, di conseguenza ogni azienda deve far i conti con i consumi di tali utilities ed i loro costi. Col passare del tempo una rilevante esigenza della ditta risulta essere quella di ridurre il più possibile tali consumi senza però dover rinunciare a qualità e quantità. Anzi è sempre più comune che la richiesta del prodotto sul mercato aumenti o, nella maggior parte delle volte, deve rispecchiare una vendita competitiva.

Un modo è quello di agire sulle apparecchiature in gioco nel processo per migliorare o anche investire in nuove tecnologie, introducendone di recenti.

Nel caso in esame si parla dell’introduzione di un impianto di trigenerazione.

Per modellare il funzionamento e capire se la scelta fatta risulta valida per eventualmente ripeterla , si rende necessario l’impiego di un software di simulazione basato su rigorose correlazioni termodinamiche.

La modellazione contribuisce a facilitare l’analisi e l’ottimizzazione in modo da avere una previsione dell’impianto. Lo strumento di simulazione può risultare moto attendibile se ben riesce a riprodurre ciò che è nella realtà; è per questo che il modo di interpretare i risultati deve essere critico, perché è facile commettere errori.

Per potenziare la produzione e ridurre i consumi energetici, soprattutto legati alle frigorie, l’azienda Salov S.p.A. ha investito in un impianto di trigenerazione, ovviamente dopo aver apportato altre migliorie al processo di raffinazione dell’olio vegetale.

Dopo la nascita della collaborazione fra l’azienda Salov S.p.A. e l’Università di Pisa, è stato avviato un processo di simulazione dell’impianto, sviluppato in vari lavori di tesi precedenti ([1],[2],[3]) e continuato con la presente ove si analizzano nuovi obbiettivi.

Lo scopo principale di questo lavoro è quello di sviluppare un modello di simulazione che al meglio riesca a riprodurre il funzionamento di un gruppo di assorbimento associato ad un impianto di trigenerazione. Per inseguire tale scopo, assieme all’azienda collaboratrice, sono stati individuati degli obbiettivi, tra cui:

- Portare a termine la convalida del modello di simulazione dell’impianto di raffinazione degli oli vegetali;

(2)

2 - Comprendere la potenzialità dello storico dell’impianto;

- Stimare dati relativi a variabili non misurate;

- Indentificare il modello di trigenerazione;

- Sviluppare e convalidare un modello di simulazione per il gruppo di assorbimento dell’impianto di trigenerazione;

- Valutare le conseguenze relative all’installazione di un impianto di trigenerazione.

Nei capitoli della presente tesi sono illustrate le fasi volte al raggiungimento degli obbiettivi sopra elencati.

Nel Capitolo 2 verrà descritta la chimica riguardante l’olio alimentare. Si presterà attenzione alla sua composizione e ai vari tipi di olio alimentare, con brevi descrizione di quegli olio trattati presso lo stabilimento Salov S.p.A..

Nel Capitolo 3 si troverà una descrizione dell’impianto di raffinazione dell’olio dello stabilimento, analizzando anche i greggi usati e le operazioni che nel dettaglio vengono svolte per raffinare un olio grezzo e renderlo adatto all’immissione sul mercato, previo imbottigliamento.

Nel presente capitolo si vedrà anche la presentazione di un impianto generico di trigenerazione con particolare attenzione al gruppo di assorbimento. Quindi la descrizione di quest’ultimo ed una piccola parentesi sulle proprietà e caratteristiche delle sostanze in gioco.

Nel Capitolo 4 verrà illustrato lo sviluppo dei modelli di simulazione, ovvero il modello riferito all’impianto di raffinazione, con le opportune modifiche, ed il modello relativo all’assorbitore.

Nel capitolo successivo, il Capitolo 5, si troverà l’analisi e l’elaborazione dei dati ottenuti dagli studi sui modelli di simulazione sviluppati. Infine nell’ultimo, nel Capitolo 6, verranno mostrate le conclusione ed eventuali sviluppi futuri su cui poter lavorare che si sono manifestati.

(3)

3

2 LA CHIMICA IN RAFFINERIA

Nel seguente capitolo ci si occupa di individuare le sostanze nella raffineria, ove si andrà ad identificare la principale composizione degli oli, nello specifico di oli alimentari trattati nell’azienda.

2.1 La chimica della raffineria

Gli oli vegetali sono oli ottenuti da semi oleosi o da altri parti della pianta. La loro composizione è estremamente variegata e dipendente dalla loro origine, dal tipo di pianta e dalla zona di provenienza. Gli oli sono destinati sia ad usi alimentari che non. Per uso non alimentare si intende il loro impiego come biocarburante o, nei Paesi in via di sviluppo, come combustibile per l’illuminazione e per il riscaldamento ambientale.

Di seguito vengono fornite le conoscenze di base che riguardano le tipologie di olio alimentare e la composizione dei diversi oli.

2.2 La composizione degli oli

L’olio è una miscela complessa di diversi componenti la cui frazione massica è molto variabile a seconda del tipo di olio e della provenienza delle colture. E’ possibile distinguere i componenti principali da quelli minori. Gli oli grezzi, non raffinati, sono composti per circa il 95% da trigliceridi e una certa frazione di acidi grassi mono- e poli-insaturi che costituiscono l’acidità di un olio. Poi ci sono altri composti minori in quantità variabile, alcuni dei quali conferiscono all’olio ricercate caratteristiche nutritive e organolettiche (come vitamine liposolubili, alcoli, etc); altri, decisamente sgradevoli, costituiscono le impurezze dell’olio (idrocarburi, clorofilla, etc).

2.2.1 Componenti principali

Acidi grassi

I principali componenti presenti in un olio sono gli acidi grassi. Questi sono acidi carbossilici con una catena alifatica che può presentare una o più insaturazioni. Il numero di atomi di carbonio può variare molto ma prevalentemente si hanno catene da C4 a C22, possono essere saturi o insaturi. La presenza di un doppio legame genera la possibilità di avere

(4)

4 isomeria cis e trans; in natura questi isomeri vengono sintetizzati ma tale reazioni sono possibili solo in determinate condizioni, come elevata temperatura. In presenza di catalizzatori è possibile avere una maggior formazione dell’isomeri trans, i quali possono risultare dannosi per l’organismo umano in quanto più difficili da metabolizzare. Quando si parla di oli, con il nome di acidi grassi ci si riferisce sia alla parte esterificata che dà origine ai trigliceridi, sia alla parte libera, denominata Free Fatty Acid (FFA), che è responsabile dell’acidità di un olio. In relazione al loro livello di insaturazione, si classificano in:

- acidi grassi saturi, con formula generale CnH2n+1COOH; i più comuni sono l’acido palmitico (C16:0) e l’acido stearico (C18:0);

- acidi grassi monoinsaturi, con formula generale CnH2n-1COOH; qui si trova l’acido palmitoleico (C16:1) e l’acido oleico (C18:1);

- acidi grassi diinsaturi, con formula generale CnH2n-3; il più comune è l’acido linoleico (C18:2);

- acidi grassi triinsaturi, con formula generale CnH2n-5COOH; in questo gruppo si trova l’acido linolenico (C18:3).

Acido Palmitico

Acido Stearico

Acido Oleico

Acido Linolenico

Figura 1: Formule chimiche dei principali acidi grassi

Gli acidi grassi liberi (FFA) rientrano tra i componenti di un greggio da rimuovere perché responsabili dell’acidità dell’olio, che altera le sue

(5)

5 caratteristiche organolettiche. Gli acidi grassi, oltre alla frazione già presente nei semi o nei frutti da cui si estrae l’olio, possono formarsi per idrolisi dei trigliceridi in presenza di acqua e catalizzatori adeguati, come acidi minerali o di lipasi. La causa della formazione di questi acidi grassi può essere l’idrolisi o l’ossidazione (causata dalla presenza di ossigeno, alte temperature ed esposizione alla luce) che può avvenire durante le fasi di raffinazione e conservazione. I prodotti derivanti da questi processi di deterioramento dei grassi portano alla formazione di idroperossidi, aldeidi e chetoni che conferiscono all’olio il tipico cattivo odore. Nella lavorazione dell’olio, quindi, è necessario eliminare sia l’acidità residua che le impurezze, ed è opportuno conservare l’olio in una maniera adeguata.

Trigliceridi

Altre sostanze presenti in maggior quantità in un olio sono i trigliceridi (o triacilgliceroli), i quali sono esteri del glicerolo in cui sono presenti le catene di acidi grassi in sostituzione degli atomi di idrogeno dei gruppi ossidrilici tipici della glicerina. Queste sostanze sono il principale componente dell’olio raffinato (circa il 99%), ove si trova anche una piccola quantità di monogliceridi e bigliceridi (che formano circa il 2%

del totale).

La maggior parte dei trigliceridi naturali non hanno una casuale distribuzione di acidi grassi sulla catena glicerinica, difatti negli oli vegetali predominano gli acidi grassi con una o più insaturazioni. Gli oli con un’elevata concentrazione di un acido grasso possono contenere trigliceridi monoacidi, come succede all’olio di oliva e di girasole, contenenti trigliceridi OOO (glicerina esterificata con tre molecole di acido oleico) e LLL (glicerina esterificata con tre molecole di acido linoleico), rispettivamente. Dal punto di vista organolettico i trigliceridi sono inodore ed insapore, ma il loro comportamento lipofilo li rende adatti al trasporto dei componenti aromatici sulle papille gustative. Ad alte temperature i trigliceridi possono avere reazioni di ossidazione termica, idrolisi e polimerizzazione con relativa formazione di prodotti indesiderati.

Altri componenti

Un componente indesiderato che si trova nell’olio ma che viene rimosso durante il processo di raffinazione sono le gomme. Con tale termine si intende quel gruppo di composti chimici solitamente chiamati fosfatidi.

Questi sono un derivato dei trigliceridi, ove si ha un acido grasso sostituito da un gruppo fosfato. In tal modo la molecola acquista una carica negativa e tale polarità conferisce alla molecola la possibilità di diventare un fosfatide idratabile o non idratabile. Nella prima situazione

(6)

6 la molecola è solubile in acqua e quindi si riesce facilmente a rimuovere, il contrario si ha quando la molecola risulta non solubile in acqua, quindi non idratabile, a causa del legame di coordinazione che si crea con un centro metallico, che ne riduce la polarità. Le gomme vengono rimosse tramite la raffinazione sotto forma di lecitina, sottoprodotto con un discreto valore economico utilizzato in altri tipi di industria.

Altri componenti sono le cere, quindi esteri di acidi grassi con alcoli a catena lunga (famiglia degli steroli). Presentano un numero elevato di atomi di carbonio (30-50); il loro contenuto negli oli vegetali è dell’ordine di parti per milione (1000-5000 ppm). Queste sostanze possono esser separate per precipitazione raffreddando l’olio.

Un’altra frazione della parte insaponificabile dell’olio sono gli alcoli, i quali nell’olio hanno notevole importanza in quanto gli conferiscono un odore gradevole. Essendo molto volatili spesso, dopo i diversi trattamenti, risultano quasi completamente assenti.

Altra categoria importante dal punto di vista del valore nutrizionale sono i polifenoli, molecole contenenti gruppi fenolici legati a differenti radicali. Nella forma di α-tocoferoli (vitamina E) hanno un elevato potere antiossidante perché catturano i radicali liberi formatisi per ossidazione, in presenza di aria, dei composti insaturi. Dopo la raffinazione questi composti vengono pienamente rimossi.

Figura 2: Formula chimica di α-Tocoferolo (Vitamina E)

Altra importante frazione è occupata dagli idrocarburi, presenti soprattutto come squalene, carotene e idrocarburi policiclici armatici. La loro particolarità è quella di presentare un’alta solubilità sia nell’olio che nei solventi apolari usati nei processi di estrazione. I caroteni conferiscono un tipico colore giallo-arancio.

Altro pigmento, che conferisce una colorazione verde all’olio, è la clorofilla. Questa conferisce una funzione antiossidante al buoi, ma alla luce si degrada danneggiando l’olio. Per tali motivazione i pigmenti presenti vengono rimossi tramite processi di decolorazione.

(7)

7

2.2.2 Gli oli alimentare

Tra gli oli destinati all’uso alimentare, in primo luogo si deve distinguere quelli estratti da semi oleosi e quelli ottenuti da frutti. Tra gli oli di semi più usati e diffusi si trova l’olio di arachide, l’olio di semi di girasole, l’olio di germe di mais e l’olio di soia. Mentre gli oli ottenuti da frutti oleosi sono l’olio di oliva, di cocco e di palma.

Di seguito viene fornita una piccola presentazione dei principali tipi di olio, nonché quelli trattati dall’azienda Salov S.p.A..

L’ olio di arachide è estratto dai semi di una pianta leguminosa originaria dell’America Latina, i cui maggiori produttori sono l’India, la Cina e gli Stati Uniti. I semi sono contenuti in un baccello dai quali vengono separati meccanicamente, usati sia per l’estrazione dell’olio sia per la produzione di farine proteiche. L’olio estratto è liquido a temperatura ambiente, ma con la diminuzione della temperatura presenta un corpo di fondo. E’ composto prevalentemente da acidi grassi monoinsaturi (palmitico e oleico) con una frazione variabile di acido linoleico. Il suo punto di fumo è intorno a 180 °C; questo, con il suo aroma particolare, lo rende particolarmente adatto alle fritture.

L’ olio di soia è quello che raggiunge il primato per la produzione, con 26 milioni di tonnellate all’anno. E’ estratto dai semi di soia, pianta originaria dell’Asia Centrale, ma le cui coltivazioni si stanno espandendo in tutti i continenti. Il seme ha un altissimo contenuto proteico (circa il 79%) ed è usato a scopo alimentare e come base proteica per mangimi animali. Più della metà degli acidi grassi presenti in questo olio è ricoperta dal linoleico, poi sono presenti anche l’acido oleico, il palmitico ed altri in minori porzioni. Tale olio viene utilizzato sia per fritture che come margarina previa idrogenazione, ma si trova anche in usi non alimentari.

L’ olio di germe di mais è ottenuto dalla lavorazione del seme di granturco. Esso ha una produzione di 2 milioni di tonnellate all’anno, proveniente prevalentemente dagli Stati Uniti. Ha un alto contenuto di acido linoleico (circa il 63% degli acidi grassi), ma con alta stabilità all’ossidazione. Questo olio viene usato soprattutto per fritture, condimenti o come margarina.

(8)

8 L’ olio di girasole si estrae dai semi della pianta Helianthus annus, che cresce in Argentina, Europa, Cina e Stati Uniti. L’acido linoleico è quello presente in maggior quantità (circa il 60-70%). Questo olio presenta un color giallo chiaro; ed è molto usato in cucina, anche come margarina.

L’ olio di oliva, che a differenza degli altri è un olio proveniente dai frutti di una pianta e non dai suoi semi, si ottiene per spremitura del mesocarpo dei frutti dell’olivo. Annualmente, la sua produzione è di circa 2.5 milioni di tonnellate, e proviene principalmente dai Paesi dell’area del Mediterraneo (come Italia, Grecia, Spagna, Turchia e Tunisia). L’acido tipico è l’acido oleico; questo olio ha un’alta resistenza all’ossidazione grazie al suo contenuto di molti composti non saponificabili. Da una prima spremitura si ottiene l’olio vergine di oliva, a basso contenuto di acido non raffinato; mentre successivamente si può ottenere un olio meno pregiato.

(9)

9

3 L’IMPIANTO IN AZIENDA

In questo capitolo verranno presentati gli impianti sottoposti allo studio in questo progetto, come l’impianto di raffinazione dell’olio, il gruppo frigo ed infine l’impianto di trigenerazione.

3.1 L’impianto di raffinazione

Prima di essere confezionato e commercializzato, l’olio grezzo, ottenuto mediante estrazione, deve essere raffinato per eliminare tutte le sostanze indesiderate. Le operazioni di raffinazione di olio vegetale destinato ad uso alimentare necessitano l’uso di tecnologie, oggi ampiamente diffuse, che consentano la rimozione dei componenti indesiderati e al tempo stesso non danneggiano le caratteristiche principali. Sebbene le operazioni sono piuttosto simili per tutti gli oli, a seconda del tipo e della qualità del greggio processato i parametri operativi differiscono. Assieme alle principali operazioni per la raffinazione dell’olio si hanno anche tecnologie per il trattamento dei sottoprodotti, allo scopo di dar loro un maggiore valore commerciale.

Ad oggi tutte queste operazioni sono integrate fra loro a differenza del passato. Questa integrazione ha consentito anche il passaggio dal funzionamento discontinuo a quello continuo agevolando, in questo modo, la produzione di grosse quantità di olio, rivolgendosi così ad un mercato in crescita.

Di seguito si illustrerà la descrizione del processo di raffinazione attuato presso lo stabilimento Salov S.p.A., con particolare attenzione per la lavorazione dell’olio di girasole.

3.1.1 Il greggio usato

Nello stesso impianto è possibile processare diversi tipi di olio. Questo consente una diversificazione della produzione ed una certa flessibilità. I greggi trattati e commercializzati presso lo stabilimento Salov S.p.A.

sono di cinque tipi:

o olio di oliva;

o olio di girasole;

o olio di germe di mais;

o olio di arachidi;

o olio di soia.

(10)

10 Come già preannunciato, la composizione degli oli cambia a seconda della provenienza. Anche il grado di acidità dei differenti greggi è molto variabile in quanto dipende da differenti fattori della materia prima, come il tipo di coltura, la provenienza ed il grado di maturazione.

Il greggio di girasole raffinato presso lo stabilimento Salov S.p.A. ha un’acidità variabile in funzione della sua origine, infatti essa ha un valore dello 0.6% per greggi di origine estera e ha un valore pari a fino al 2%

per oli nazionali.

3.1.2 Le operazioni di raffinazione

L’impianto di raffinazione è composto da una successione di diverse operazioni che hanno lo scopo di rimuovere tutte quelle sostanze contenute nel greggio che ne alterano sapore, odore, aspetto e stabilità.

Il prodotto finito, fornito dall’impianto, deve rispondere ad una certa qualità definita dalla normativa corrente, ma deve anche essere un prodotto che vada verso i gusti del consumatore per proprietà organolettiche e nutritive.

Le principali operazioni di raffinazione sono degommaggio, winterizzazione e neutralizzazione, lavaggio e disidratazione, decolorazione ed infine deodorazione.

Di seguito viene riportato uno schema a blocchi per illustrare le sequenze di lavoro per portare l’olio da greggio a raffinato.

E’ d’obbligo fare una precisazione. Nella pratica i primi tre trattamenti (degommaggio, neutralizzazione e winterizzazione o decerazione) sono molto legati, tanto da venir portati avanti in un unico processo. Questo è valido soprattutto per l’olio di girasole e di mais, in quanto la pratica processuale per gli altri oli è leggermente differente perché non si prevede la winterizzazione.

(11)

11 Figura 3: Schema delle operazioni svolte in raffineria sull’olio da trattare

Sezione di degommaggio, winterizzazione e neutralizzazione

Durante la fase di degommaggio vengono eliminate mucillagini, fosfatidi (gomme) e cere; questo per evitare l’insorgere di problemi come la formazione di schiuma durante il processo, difficoltà nella conservazione dell’olio, possibile innesco di processi di fermentazione ed altri, tutti dovuti alla presenza delle cere. Per eliminare i fosfatidi non idratabili l’aggiunta di acqua non è sufficiente, quindi è necessario introdurre acido fosforico o acido citrico, in modo da formare dei precipitati. Questi vengono separati dalla corrente di olio con l’aggiunta o di acqua o di una base, in modo da separare l’acido dal fosfolipide acidificato e rendere la parte organica solubile in acqua.

La winterizzazione è quel processo attuato su oli con alto contenuto di cere, in quanto con esso è possibile rimuoverne in maggiori quantità.

Infatti questo processo riguarda l’olio di girasole e di mais e non gli altri

(12)

12 tipi. Questa fase di lavoro è effettuata diminuendo la temperatura in modo da provocare la sovrasaturazione dei composti meno solubili in modo che formino cristalli; tutto fatto in un ambiente agitato per controllare la dimensione dei cristalli e favorire la successiva separazione; con un tempo di residenza sufficiente per agevolare la formazione di tali cristalli. Questa operazione è fatta in dei cristallizzatori, detti maturatori, agitati e dotati di serpentini interni per la circolazione del refrigerante con adeguate dimensioni conformi al necessario tempo di permanenza. I cristalli formati si eliminano per centrifugazione.

Nella fase di neutralizzazione si elimina l’acidità libera, tramite la rimozione degli acidi grassi liberi. La quantità di queste sostanze è espressa come acidità percentuale in peso rispetto al totale dell’olio.

Prendendo di riferimento l’olio di girasole, l’acidità passa dal valore di 1.5% nell’olio grezzo a circa il 0.05% per l’olio dopo la neutralizzazione.

Questo perché si vuole che l’acidità sia portata a percentuali molto basse per evitare effetti indesiderati sulle proprietà dell’olio e sulla sua conservazione. La neutralizzazione può essere chimica, fisica o chimico- fisica.

La prima è la più usata e prevede l’impiego di soda e bicarbonato di sodio (NaOH e Na2CO3 rispettivamente) per saponificare gli acidi grassi liberi. Il sapone formatosi è insolubile nell’olio quindi può esser separato tramite decantazione e centrifugazione. La reazione che tratta è reversibile, ma molto efficiente se fatta in condizioni adatte (pressione atmosferica e temperature attorno a 60-70°C).

La neutralizzazione fisica, invece, consiste nell’eliminare gli acidi grassi liberi tramite distillazione in corrente di vapor d’acqua sotto vuoto spinto e temperature alte (rispettivamente 0.5-1 mmHg e 200°C). In questo tipo di neutralizzazione è importante controllare temperatura e tempo di contatto. Questi, se aumentati rimuovono maggiori quantità di acidi grassi ma allo stesso tempo aumenta la quantità di olio degradato, quindi è ottimale lavorare a temperature non troppo elevate e tempi di contatto ridotti. Detto questo, si nota che la neutralizzazione fisica o a caldo è adatta se l’acidità di partenza dell’olio non è elevata, altrimenti comporta possibili svantaggi come la degradazione dell’olio, l’innesco di reazioni indesiderate alle alte temperature, la rimozione di sostanze bassobollenti come alcoli, idrocarburi e proteine liposolubile ed altro.

Ma impiegare solo neutralizzazione chimica, o a freddo, non è sempre vantaggioso perché questa tecnica comporta utilizzo di soda (sostanza da dover trattare con opportune accortezze, nonché costo per il processo) e smaltimento dei saponi formatisi.

La maggior parte delle volte è utile sfruttare la combinazione delle due tecniche in modo da impiegare meno soda, quindi abbattere meno acidità per via chimica, riducendo così i costi di depurazione delle acque

(13)

13 di processo. Infatti in una prima fase si può eliminare buona parte di acidità tramite la neutralizzazione chimica e successivamente si conclude la neutralizzazione con la distillazione fisica.

In Figura 4 viene mostrata in maniera schematica la sezione adibita a degommaggio, winterizzazione e neutralizzazione dell’olio.

Figura 4: Sezione di degommaggio, winterizzazione e neutralizzazione

Nella fase finale della neutralizzazione si trova il lavaggio e la disidratazione, utili ad eliminare i residui saponosi e l’umidità rimanente. In una prima fase si incontra il lavaggio con acqua o acido citrico per eliminare i residui della fase organica (saponi) senza incidere sull’acidità dell’olio. Successivamente si ha la fase di disidratazione perché si necessita di rimuovere l’umidità residua riscaldando blandamente e sottovuoto (a circa 90 °C e 45 mbar). Qui si ha subito una disareazione ove si perde l’aria disciolta nell’olio, che si allontana da questo sottoforma di bolle di gas portandosi dietro quantità di acqua;

successivamente si ha una perdita ulteriore di acqua, più lenta, ma sufficiente per le condizioni volute. Per effettuare tutto questo è necessario controllare temperatura, pressione e tempo di essiccamento.

(14)

14 Sezione di decolorazione e filtrazione

La decolorazione ha l’obbiettivo di rimuovere le sostanze coloranti, quali, pigmenti colorati principali sono clorofille (verdi) e carotenoidi (giallo-arancio). Molto usata per questa fase è la tecnica di adsorbimento, ove si ha l’impiego di sostanze in grado di adsorbire i pigmenti presenti. Gli agenti decoloranti normalmente usati nel settore sono terre decoloranti naturale o attive o infine carboni attivi, usati in miscele con terre decoloranti. Questo trattamento si realizza in un reattore agitato ove si ha il contatto fra le terre decoloranti, il carbone attivo e l’olio. Per facilitare la cinetica e la miscelazione si desidera agire ad alta temperatura (circa 90 °C). Ma si lavora sottovuoto per ridurre il fenomeno di intorbidimento dell’olio dovuto alla sua ossidazione alle alte temperature. Importante è anche il tempo di residenza nel reattore, sufficientemente lungo a favorire la decolorazione, ma sufficientemente breve da evitare effetti collaterali indesiderati.

Figura 5: Sezione di decolorazione

Successivamente l’olio decolorato deve esser filtrato in modo da poter rimuovere le terre esauste. Solitamente questa operazione è molto efficiente, ma questo non elimina il fatto di avere perdite di olio, che solitamente sono proporzionali alla quantità di terre e carbone usati.

In Figura 5 e 6 viene illustrata una schematizzazione delle sezioni, rispettivamente, di decolorazione e filtrazione della corrente oleosa.

(15)

15 Figura 6: Sezione di filtrazione

Sezione di deodorazione

L’ultima fase che si incontra è la deodorazione, ove si eliminano le sostanze responsabili del cattivo odore, sapore e l’acidità residua.

Rimuovere quei composti che generano sapori ed odori cattivi migliora la qualità dell’olio, ma allo stesso tempo si hanno effetti indesiderati della deodorazione, come la rimozione dei tocoferoli e degli steroli e la formazione di reazioni secondarie di polimerizzazione e isomerizzazione.

Figura 7: Sezione di deodorazione

(16)

16 In Figura 7 viene riportata una schematizzazione della sezione responsabile della deodorazione dell’olio.

La deodorazione viene effettuata con una distillazione in corrente di vapore, ove dimensionare l’apparecchiatura risulta difficile e solitamente ci si affida all’esperienza. Parametri importanti sono:

- l’interfaccia di contatto fra vapore ed olio che deve esser massimizzata;

- la temperatura, che presenta dei valori tipici da 220 °C a 250 °C;

- la pressione operativa, mantenuta ad un valore di vuoto molto spinto (fino a 1.5 mmHg) per evitare fenomeni indesiderati;

- il tempo di permanenza, importante dal punto di vista operativo, che deve garantire la rimozione dei composti volatili ma evitare innesco di reazioni sgradite;

- la quantità di vapore introdotto nella colonna per lo stripping (suggerita dalla pratica una percentuale in massa di 0.5-2%).

Nell’impianto dello stabilimento si trova una colonna di deodorazione a camere con integrazione per il recupero termico (similare a quella illustrata in Figura 8 che identifica la sezione di deodorazione De Smet®).

Figura 8: Colonna di deodorazione

La colonna è composta da più camere, l’olio preriscaldato è immesso nella prima camera in testa per poi scorrere nelle camere successivamente sotto. Ogni camera è dotata di serpentini ove il vapore ad alta pressione mantiene alta la temperatura dell’olio (intorno a 230

°C). Il vapore di strippaggio è insufflato tramite pompe dette mammouth

(17)

17 (in Figura 9 sotto) che favoriscono il miscelamento olio-vapore aumentando la turbolenza. Attorno ad esse sono disposti dei serpentini per il vapore ad alta pressione.

Figura 9: Pompe mammouth

I vapori prodotti in ogni camera e gli sfiati vengono raccolti in un collettore e mandati ai successi trattamenti, aspirati dal gruppo di eiettori che assicurano il vuoto nella colonna. L’ultima camera sul fondo, detta culatta, non è utile allo stripping, ma contiene un serpentino adibito al recupero termico ove l’olio decolorato passa per essere pre- riscaldato prima di inviarlo in testa alla colonna. I sistemi del vuoto hanno particolare importanza per l’impianto, dal punto di vista energetico, in quanto si parla di gruppi di eiettori con condensatori sottovuoto e pompe meccaniche ad anello liquido, che quindi richiedono consumo di vapore motore e refrigerante a bassa temperatura (circa 8 °C).

La parte di deodorazione è completata da filtri e scambiatori, rispettivamente per il filtraggio ed il raffreddamento finale dell’olio raffinato.

3.2 Il gruppo frigo

Un ciclo frigo è un ciclo termodinamico in grado di trasferire calore da un ambiente a bassa temperatura ad uno con una temperatura maggiore. La macchina frigorifera ha infatti lo scopo di sottrarre calore da un ambiente esterno, raffreddandolo rispetto alle sue condizioni naturali.

Nello specifico dello stabilimento di Salov S.p.A., dalle utenze l’acqua di torre viene raccolta in un serbatoio in grado di accogliere tutta la quantità necessaria. Da qui tramite delle elettropompe la corrente viene

(18)

18 movimentata ed in parte inviata al gruppo frigo denominato York piccolo, mentre la maggior parte viene inviata al gruppo York grande.

Ogni gruppo frigo ha la funzione di accogliere acqua a circa 12 °C e reintegrarla al processo a circa 7-8 °C.

In Figura 10 viene mostrato un tipico cammino percorso dall’acqua di refrigerazione.

Nelle attuali realtà industriali si ha sempre più necessità di energia frigorifera e molte volte le macchine frigorifere tradizionali sono sfruttate al massimo o non sufficienti. Questo comporta un enorme dispendio economico o addirittura la necessità di un nuovo investimento. Una soluzione valida ed alternativa può essere l’impiego di cogeneratori associati a frigoriferi ad assorbimento, detti anche semplicemente assorbitori, in modo da utilizzare il calore prodotto dal cogeneratore per poter produrre energia frigorifera.

La portata di acqua che viene inviata al gruppo frigo York grande, viene splittata in due correnti. Una di queste correnti è inviata all’impianto di trigenerazione che ha il compito di raffreddare tale corrente di acqua fino ad una temperatura di 7,55 °C. Questa corrente viene poi congiunta nuovamente alla portata di acqua a 12 °C, e poi vengono inviate al gruppo frigo (come mostrato in Figura 11). Tale processo è fatto per alleggerire il lavoro eseguito dal frigo, permettendo così di abbassare il suo consumo.

Figura 10: Circuito riepilogativo del gruppo frigo GRUPPO

FRIGO

DEGOMAGGIO CIRCUITO DEL

VUOTO 8°C

12°C

Utenze

(19)

19 Figura 11: Circuito del gruppo frigo integrato con l’impianto di

trigenerazione

3.3 L’impianto di trigenerazione

Quando si parla della copresenza di due macchine, quale un cogeneratore ed un gruppo di assorbimento si individua un impianto di trigenerazione. Questo è un processo di cogenerazione che, mediante cicli di assorbimento dell'energia termica, produce energia frigorifera (acqua refrigerata per il condizionamento e per i processi industriali).

Ogni impianto di cogenerazione riesce a fornire energia elettrica e termica, di solito usata dall’impianto di riscaldamento dell’utenza o dal ciclo produttivo dell’azienda.

Il processo di trasformazione dell’energia termica in frigorifera è reso possibile dall’impiego di un ciclo frigorifero ad assorbimento, il cui funzionamento si basa su trasformazioni di stato del fluido refrigerante in combinazione con la sostanza assorbente usata.

Il rendimento generale aumenta in maniera esponenziale rispetto ai metodi tradizionali con risparmi energetici anche del 60%.

GRUPPO FRIGO

DEGOMAGGIO CIRCUITO DEL

VUOTO 8°C

12°C

Utenze

IMPIANTO DI TRIGENERAZIONE 7,55°C

(20)

20 Un impianto di trigenerazione è così chiamato perché riesce a generare tre diverse forme di energia:

- energia elettrica, - energia termica, - energia frigorifera.

L’impianto produce energia elettrica ed inoltre utilizza energia termica recuperata da trasformazioni termodinamiche per produrre energia frigorifera, quindi acqua refrigerata a basse temperature (che in alcuni casi possono arrivare anche fino a -60 °C).

3.3.1 Il gruppo di assorbimento

Le unità frigorifere ad assorbimento sono le uniche capaci di usare il calore come energia primaria per produrre freddo, normalmente per questo mestiere viene impiegata energia elettrica. I gruppi ad assorbimento producono freddo basandosi su condensazione ed evaporazione. Hanno un evaporatore ed una serpentina di raffreddamento che espande il refrigerante per produrre freddo. La fonte di calore impiegata può esser alimentata direttamente da un bruciatore od indirettamente tramite vapore, e di solito consiste in acqua calda o anche calore residuo della combustione di gas.

In un tipico gruppo frigo a compressione, il freddo viene prodotto nell’evaporatore dove il refrigerante (chiamato anche termovettore) evapora ed il calore viene rilasciato nel condensatore dove il refrigerante viene poi condensato. L’energia che innalza la temperatura è fornita come energia meccanica al compressore.

Nel ciclo ad assorbimento, l’azione combinata di un assorbitore e di un generatore produce il vapore. Il vapore generato nell’evaporatore viene assorbito nell’assorbitore da una soluzione liquida che indebolisce la propria funzione avendo raccolto il refrigerante e viene pompata verso il generatore ove avviene l’evaporazione del refrigerante che successivamente sarà condensato in un condensatore. Il rigenerato, o soluzione assorbente, è ricondotto all’assorbitore dove preleva nuovamente il vapore refrigerante. Il calore viene fornito al generatore ad un'alta temperatura e poi rilasciato dall’assorbitore ad una temperatura più bassa.

(21)

21 Nelle applicazioni industriali vengono utilizzati principalmente due sistemi di frigoriferi ad assorbimento:

- Sistema con acqua e bromuro di litio (H2O-LiBr); questi sistemi si limitano a temperature di evaporazione sopra lo zero in quanto l’acqua è usata come refrigerante; solitamente lavorano sottovuoto.

- Sistema con acqua ed ammoniaca (H2O-NH3); in questi sistemi, essendo l’ammoniaca a fare da refrigerante, ci si può spingere a temperature di evaporazione più basse, inferiori a 0 °C, con pressioni solitamente maggiori di quella atmosferica.

Il sistema più usato, e quello che sarà preso in esame perché presente nell’azienda collaboratrice Salov S.p.A., è quello che impiega la soluzione acquosa di bromuro di litio.

Il bromuro di litio

Il bromuro di litio è un sale che a temperatura ambiente ha l’aspetto di un solido bianco inodore; esso è un composto nocivo. Di seguito vengono riportate le sue caratteristiche e proprietà.

Tabella 1: Proprietà del bromuro di litio (LiBr) Peso molecolare [kg/kmol] 86.85 Solubilità in acqua completa

Densità [kg/m3] 3460

Temperatura di fusione [°C] 547 Temperatura di ebollizione [°C] 1265

II bromuro di litio è realizzato con il minerale di litio e il bromuro che di solito si ricava dall'acqua di mare. Questa sostanza, sotto certi aspetti, assomiglia al cloruro di sodio (NaCI), infatti la parte metallica del sale è composta da alcani mentre l’altro elemento è un alogeno, in entrambe i casi. Il bromuro di litio possiede una capacità di assorbimento nei confronti dell’acqua molto maggiore rispetto al cloruro di sodio.

Maggiore è la sua concentrazione in soluzione, minore sarà la temperatura e più alta diventerò la sua capacità di assorbimento.

Dopo molti studi è stato scelto il bromuro di litio perché in soluzione acquosa mantiene un equilibrio senza precipitare; inoltre nelle

(22)

22 condizioni di utilizzo tende a ridurre i fenomeni di precipitazione e cristallizzazione. Per di più ha buone caratteristiche igroscopiche, molto utili per il buon funzionamento del ciclo, permettendo la formazione di opportune condizioni di lavoro nei vari punti del processo.

Il gruppo di assorbimento

Il ciclo ha la necessità di utilizzare utilities, in particolare una per raffreddare ed una per riscaldare quando necessario. Per il caso analizzato, sono rispettivamente acqua di torre (da ventilatori a torre evaporativa) ed acqua calda (scaldata dalla combustione del metano) le correnti impiegate.

L'acqua di torre attraversa sia l’assorbitore che il condensatore sottraendo il calore di condensazione ed il calore latente di vaporizzazione. Importante è mantenere l’acqua, veicolo freddo, intorno a temperature dell’ordine di 30-37 °C. La capacità di assorbimento della soluzione LiBr è maggiore al diminuire della temperatura dell'acqua di raffreddamento. Diminuendo la pressione all’interno dell’assorbitore diminuisce la temperatura di evaporazione, con una conseguente variazione della resa frigorifera. Ma non si deve avere temperature troppo basse perché si pregiudicherebbe il necessario equilibrio tra temperatura, percentuale di concentrazione dell’assorbente e la relativa pressione, andando incontro alla possibile cristallizzazione, che comporterebbe gravi danni al sistema.

L’acqua calda, usata per fornire calore alla soluzione in modo da scaldarla fino alle condizioni volute, ha valori intorno a 82-95 °C.

Un aspetto molto importante è la manutenzione dell’impianto, in modo da garantire un buon funzionamento del processo, legato appunto ad una buona conduzione della macchina. Si pone particolare attenzione, nella manutenzione che viene fatta periodicamente, alle possibili incrostazioni createsi all'interno dei tubi che riducono il coefficiente di scambio termico, diminuendo così l’efficienza e consumando più energia, ed infine alla corrosione dei tubi stessi.

(23)

23 Il ciclo dell’assorbitore

Il ciclo dell’assorbitore, a singolo effetto, è composto da cinque componenti principali:

- Evaporatore: è il recipiente dove il fluido refrigerante, quindi l’acqua, evapora a causa della bassa pressione presente, così facendo porta via il calore dalla corrente di acqua da refrigerare.

- Assorbitore: è il componente ove la soluzione assorbente (concentrata) viene usata per ‘assorbire’ il vapore acqueo flashato nell’evaporatore, in questo modo la soluzione si diluisce;

in questa sezione viene introdotta acqua di torre per raffreddare perché si ha in gioco un calore di diluizione, un calore per refrigerare l’acqua condensata ed un calore sensibile per raffreddare la soluzione.

- Generatore: qui si cerca di ripristinare la soluzione concentrata inviando acqua ad alta temperatura, la quale ha la funzione di scaldare la soluzione diluita fino alle condizioni volute tali da far evaporare una opportuna quantità di vapore (quella incorporata precedentemente nell’assorbitore) in modo tale che la soluzione in uscita si concentri fino alla concentrazione desiderata.

- Condensatore: questo scambiatore di calore accoglie il vapore d’acqua proveniente dal generatore per condensarlo tramite l’acqua di torre in uscita dall’assorbitore.

- Recupero termico: è uno scambiatore di calore con la caratteristica di ricevere la corrente della soluzione concentrata calda in uscita dal generatore e quella della soluzione diluita fredda proveniente dall’evaporatore. Questo è fatto per avere un incrocio fra le soluzioni e di conseguenza recuperare del calore, in modo da migliorare l’efficienza del frigo e ridurre il consumo delle utilities necessarie.

(24)

24 Figura 12: Ciclo di assorbimento a singolo effetto

Importante per capire l’importanza dell’uso di una soluzione acquosa invece di acqua pura, e per meglio comprendere il ciclo di assorbimento è utile consultare vari diagrammi, tra cui il diagramma di equilibrio del bromuro di litio, il diagramma di concentrazione del bromuro di litio, il diagramma di Duhring del bromuro di litio ed il diagramma entalpico del bromuro di litio.

(25)

25 Figura 13: Diagrammi relativi alla soluzione acquosa di bromuro di litio

Il COP

Un parametro tipico che definisce la prestazione del frigo ad assorbimento è il COP (Coefficient of performance) che è definito con lo stesso principio come per la refrigerazione meccanica. Non è altro che il rapporto tra effetto utile ottenuto, o potenza termica resa, ed il calore immesso nel sistema, o potenza termica assorbita. Nello specifico è il rapporto fra il calore di refrigerazione, cioè quel calore sottratto alla corrente che si vuole refrigerare, ed il calore in ingresso al generatore, quindi quello fornito dalla corrente calda che nel caso è acqua calda.

Per il ciclo di assorbimento questo coefficiente non riesce a raggiungere valori alti come per un ciclo di refrigerazione classico a compressione (valore intorno a 2.5-3). Per un assorbitore a singolo stadio con bromuro di litio si arriva ad un valore pari a 0.6-0.7, si può raggiungere un valore pari all’unità se si parla di ciclo a doppio effetto (non argomento del presente lavoro di tesi).

(26)

26 Il principale vantaggio dell’impiego di un ciclo ad assorbimento è la diminuzione della potenza elettrica richiesta dal gruppo frigo. L’acqua viene raffreddata prima del suo ingresso al frigo, questo comporta un risparmio che si traduce in una diminuzione di energia richiesta per portare la corrente di acqua ad una temperatura finale di 8 °C.

(27)

27

4 IL MODELLO DI SIMULAZIONE 4.1 Introduzione

Oggi la simulazione di processo viene usata in molti campi industriali come strumento di analisi ed ottimizzazione dei processi chimici. Grazie ad un software di simulazione è possibile riprodurre in maniera abbastanza fedele un impianto preso in esame.

4.1.1 Scopo della simulazione

Lo scopo della simulazione è quello di svolgere uno studio preventivo su di un impianto preso sottoesame, valutare eventuali conseguenze sul comportamento dell’impianto e sulla qualità del prodotto finito dovute a modifiche su specifiche di processo o su apparecchiature.

Il progetto di simulazione dell’impianto di raffinazione di oli vegetali alimentari è nato con questi ed altri obbiettivi, prima con la tesi di Pierini [3], poi con quella Del Mastro e Guercio [2] e dopo con la tesi di Marchionna [1].

Con i primi lavori di tesi ([3] e[2]) il software di simulazione usato è stato Aspen Hysys, mentre successivamente ([1]) c’è stato l’impiego del software Unisim Design.

4.1.2 Il software di simulazione

Il simulatore di processo è uno strumento che consente di predire il comportamento di un processo, appunto, sulla base di bilanci materiali, energetici ed equilibri chimico-fisici. Per simulare un processo industriale è necessario fornire diversi dati in ingresso al software come dati termodinamici, modelli di apparecchiature, condizioni operative. In base agli input forniti, il software stima e calcola i dati restanti in maniera iterativa finché non siano rispettati i vincoli fissati dall’utente.

(28)

28 Le fasi fondamentali da compiere per poter simulare un certo processo sono le seguenti:

- Specificare i componenti che si vuol usare nel simulatore;

possono essere presi dal database o possono essere definiti dall’utente (hypocomponent).

- Specificare il modello termodinamico per rappresentare le proprietà fisiche dei componenti e loro miscele presenti nel processo. I modelli termodinamici sono presenti nel software e possono essere corretti e implementati dall’utente sulla base di dati sperimentali.

- Definire le portate e le condizioni termodinamiche (temperatura, pressione ed altro) delle correnti presenti nel processo.

- Costruire il flowsheet di processo definendo le correnti materiali ed energetiche utilizzate e le operazioni unitarie coinvolte.

- Selezionare i modelli per descrivere ogni operazione unitaria dalla libreria presente nel software. Connettere le varie apparecchiature introdotte con correnti materiali ed energetiche.

-

Specificare le condizioni operative delle operazioni unitarie introdotte nel modello.

Quando si arriva a concludere il modello, quindi tutti gli elementi presenti nel PFD hanno raggiunto la convergenza, si deve passare alla convalida del modello, in modo da verificare tramite dati di riferimento il corretto sviluppo della simulazione.

Un modello di simulazione porta con sé dei vantaggi, infatti oltre al fatto di fornire una previsione di quello che potrà succedere, permette di visualizzare, quasi istantaneamente, le variazioni dovute ad eventuali modifiche. Inoltre tramite questo tipo di analisi è possibile individuare dei punti o dei parametri da modificare in modo da apportare migliorie al processo reale.

(29)

29

4.2 Modellazione della composizione delle correnti

L’olio greggio

Sulla base delle caratteristiche dell’olio processato nello stabilimento si è effettuata la modellazione dell’olio greggio. Essendo la composizione dei diversi greggi processati molto variabile, anche se appartenenti allo stesso tipo di olio, nel modello di simulazione è stato definito un greggio ove si è reso necessario stabilire, tramite opportune indicazioni, le sostanze che compongono l’olio e la quantità con cui sono presenti.

In Tabella 2 viene riportata una composizione stimata dell’olio in ingresso al processo di simulazione.

Tabella 2: Composizione dell’olio greggio in ingresso al modello di simulazione

Componente Frazione massica % Trioleina 97.29 Acido Oleico 2.0 n-Esano 0.1 n-C29H60 0.15 Steroli 0.4 Tocoferoli 0.06

La frazione di esano è stata fissata pari alla massima quantità ammessa dai greggi processati nell’impianto Salov S.p.A.. Steroli, tocoferoli e squalene sono stati introdotti come componenti ipotetici perché non presenti nella libreria del simulatore. Quindi si fissa, di questi, le proprietà conosciute (massa molecolare, densità o temperatura di ebollizione) ed il simulatore stima le proprietà mancanti.

Con l’introduzione di questi componenti ipotetici è stato possibile definire in modo migliore la corrente di olio greggio da processare, o meglio da modellare, così da riprodurre la complessità di quella reale, almeno in parte.

La soluzione di bromuro di litio

Il sistema del gruppo di assorbimento studiato è composto da una soluzione acquosa di bromuro di litio, quindi le sostanze presenti sono

(30)

30 acqua (H2O) e bromuro di litio (LiBr) per la soluzione e sempre acqua per la corrente da dover refrigerare prima di inviarla al gruppo frigo.

In una prima fase del lavoro si è provato a sviluppare un processo di simulazione identificando la soluzione con sola acqua in quanto il sale da impiegare non è presente nella libreria del software ed in mancanza di informazioni sulla composizione della soluzione, sconosciuta in un primo momento. Ovviamente questa simulazione con sola acqua, per poter effettuare lo stesso lavoro della corrente reale, doveva operare a condizioni di temperatura e pressione differenti dalle effettive. In questo modo non si riusciva a riprodurre in modo fedele le condizioni di equilibrio dell’impianto reale, ciò succede perché il sale disciolto nell’acqua provoca un elevato innalzamento ebullioscopico nella soluzione, dovuto alle sue caratteristiche particolari. Per tale motivo si è riscontrata la necessità di introdurre la sostanza del bromuro di litio come componente ipotetico, hypocomponent. Le caratteristiche introdotte nel definire la sostanza sono massa molecolare e densità, ed in un secondo momento anche la temperatura di ebollizione (indicata con NBP, quindi Normal Boiling Point).

Nella tabella seguente vengono riportate le due concentrazioni delle soluzioni che si trovano all’interno del processo; una riferita alla soluzione concentrata ed una alla soluzione diluita.

Tabella 3: Composizione della soluzione di bromuro di litio all’interno del modello di simulazione

Composizione in % in massa Sostanza Soluzione

Concentrata

Soluzione Diluita

LiBr 0.602 0.568

H2O 0.398 0.432

4.3 Modello termodinamico

E’ importante effettuare la giusta scelta del modello termodinamico da impiegare per poter avere una rappresentazione il più fedele possibile alle reali condizioni dell’impianto. Questo perché il modello permette al software di eseguire i bilanci materiali e quelli energetici, stimare le proprietà fisiche dei componenti singoli e delle miscele (anche se non ideali) e calcolare gli equilibri presenti nel processo. Il simulatore presenta dei pacchetti termodinamici, chiamati property package,

(31)

31 caratterizzati da un insieme di equazioni per la determinazione delle proprietà fisiche ed il calcolo degli equilibri di fase. Ognuno di questi pacchetti può essere adottato nella simulazione di processo, ma ciascuno è specifico per alcune classi di componenti o specifiche condizioni di lavoro [7].

Modello della raffineria

Negli studi delle tesi precedenti ([2],[3]) sono stati analizzati dei modelli termodinamici differenti, alla fine quello che risultava essere il più adatto, con l’impiego della composizione dell’olio citata sopra, è stato il modello Peng-Robinson con funzione Twu (PR-Twu). Questo pacchetto nello specifico migliora le correlazioni per le tensioni di vapore. Per migliorare ulteriormente la descrizione dell’equilibrio olio-esano sono stati modificati i coefficienti di interazione binaria tra olio ed esano.

Questa solitamente è una procedura che si fa a fronte di dati sperimentali conosciuti (o disponibili dalla letteratura o da dati sperimentali forniti). Nel caso tali coefficienti sono stati imposti ad un valore pari a -0.095.

Così facendo, il modello PR-Twu corretto è stato convalidato confrontando anche le proprietà fisiche dell’olio.

Modello dell’assorbitore

Il simulatore non prevede la presenza di molti sali nella sua libreria, infatti non sono presenti modelli termodinamici specifici per la simulazione dei loro comportamenti.

Qualsiasi scelta di modello termodinamico effettuata non portava ad una simulazione delle condizioni operative corretta, cioè lo scopo di rispecchiare la realtà non si riusciva ad ottenere. Di conseguenza si è andato a cercare un modello che simulasse nel migliore dei modi gli equilibri liquido-vapore che si andavo ad instaurare. Per questo motivo si è così scelto di mantenere il modello termodinamico PR-Twu anche per la modellazione del gruppo di assorbimento. E’ stata fatta questa scelta in modo da avere il pacchetto Peng-Robinson che di per sé è adatto per il calcolo di equilibri liquido-vapore, con accoppiata la funzione Twu che migliora le prestazioni sulla tensione di vapore.

(32)

32 Così facendo comunque non si riusciva a simulare le condizioni operative del circuito. Si è presentata così la necessita di effettuare uno studio sul coefficiente di interazione binaria fra i componenti acqua e bromuro di litio che si trova all’interno del modello fluidodinamico.

Il nuovo obbiettivo era quello di ottenere una vaporizzazione parziale della soluzione, in modo da perdere una quantità idonea di acqua tale a restituire una soluzione ad una determinata concentrazione; questo ovviamente sotto opportune condizioni. Infatti si vuole che la soluzione passi da una concentrazione del 58.6 %w ad una pari a 60.2 %w alla temperatura di 80 °C e con una pressione di 50.2 mmHg. Per ottenere questo è stato necessario imporre i coefficienti di interazione binaria fra acqua e sale pari a -0.13122. Ciò ha reso possibile migliorare la simulazione dell’equilibrio presente fra bromuro di litio ed acqua.

Con il modello fluidodinamico corretto è stato possibile procedere con lo sviluppo del PFD.

4.4 Sviluppo del PFD

Il processo di raffinazione

Il processo di raffinazione dell’olio vegetale è stato simulato in condizioni di stato stazionario. In relazione alla miscela da studiare si è considerata la simulazione di olio di semi, in particolare quello di girasole, con una portata pari a 15 000 kg/hr.

All’interno del simulatore, anche visivamente, si possono individuare due serie di dati di colori differenti; una di colore nero (quei dati che il simulatore determina tramite le correlazioni che ha a disposizione dopo un numero adeguato di iterazioni) e l’altra in blu. In quest’ultima serie sono raccolti quei dati imposti dall’utente, che vengono quindi reperiti o tramite misure dirette o tramite lo storicizzatore presente nello stabilimento Salov S.p.A. [1] o stimati sull’esperienza degli operatori della raffineria.

In primo luogo l’olio da raffinare incontra il processo di degommaggio e raffinazione combinata a freddo, in quanto ci si riferisce alla lavorazione dell’olio di girasole. Ma la sezione di degommaggio non è stata simulata e di conseguenza il greggio di partenza è privo di gomme. Questo è fatto perché tale processo coinvolge solo equilibri liquido-solido che non hanno influenza sul comportamento della miscela olio-esano.

(33)

33 La corrente di olio greggio 301 viene inviata all’operazione di neutralizzazione, schematizzata con un blocco (NEU), il quale non simula una particolare operazione chimico-fisica, ma restituisce una corrente di portata definita in base ad un parametro imposto. L’olio in uscita dalla sezione di neutralizzazione, denominato 301-neu, viene unita ad una adeguata quantità d’acqua.

Con un mixer, M308-02, viene schematizzato il lavaggio dell’olio ove si ha il miscelamento con acqua, questo riproduce già la miscela olio- acqua che si ottiene dopo la centrifugazione. In base all’efficienza della centrifuga, si ottiene infatti una miscela con lo 0,55% in massa di acqua.

La corrente di uscita viene sottoposta a trattamento nei cristallizzatori dove la temperatura viene portata fino a 8 °C. Questa operazione è stata simulata con uno scambiatore, EC-308, da cui si sviluppa una corrente energetica.

La corrente 303_cere, in uscita dai cristallizzatori, viene scaldata fino a 90 °C nello scambiatore E308_08 per mezzo di vapore saturo a 2,5 bar e inviata nell’essiccatore D308_09 (corrente 304).

L’operazione di essiccamento è stata simulata con un separatore liquido-vapore operante alla pressione di aspirazione, pari a 8 kPa, dal gruppo vuoto PJ_308_01. É stata simulata l’infiltrazione di aria nel separatore D308_09 mediante la corrente aria_PJ_308_01. L’eiettore che genera il vuoto nel disidratatore è stato modellato con una unit operation progettata in ambiente Hysys sulla base delle curve di catalogo che regolano il consumo di vapore motore [2]. La corrente di vapore aspirato 305, con il vapore motore, Vm_308_01, viene inviato al condensatore interstadio del gruppo vuoto E308_07. Tale apparecchiatura utilizza acqua di raffreddamento, CW1 (proveniente dal gruppo frigo a circa 8 °C) per condensare il vapore in uscita dal primo stadio dell’eiettore.

Il condensatore è stato modellato fissando il prodotto UA e le perdite di carico lato tubi e mantello. La temperatura di uscita del condensato è mantenuta su un valore di 20 °C regolando di conseguenza la portata di acqua di torre, CW1. Il secondo stadio di vuoto presente sul condensatore è stato realizzato per mezzo di un separatore V-100 che divide il condensato dal vapore aspirato dal secondo stadio dell’eiettore PJ_308_02; il primo viene scaricato ed il secondo procede verso il blocco di interesse. Anche nel separatore V-100 viene simulata l’infiltrazione di aria mediante una corrente denominata aria_PJ_308_02. La corrente aspirata dal secondo eiettore, 305_C, è unita alla corrente di vapore motore Vm_308_02, per poi essere scaricata in atmosfera come 305_E.

In Figura 14 viene illustrata la parte simulata appena descritta.

Tornando al percorso dell’olio, in uscita dal separatore D308_09 si trova la corrente 306, contenente l’olio neutralizzato ed essiccato, che tramite la pompa P308_15 viene inviato alla sezione di decolorazione. Prima di

(34)

34 ciò l’olio attraversa uno scambiatore, E310_01, ove viene preriscaldato tramite l’impiego di vapore a 2,5 bar. Successivamente la corrente arriva nel decoloratore C310_01. In questa sezione l’olio viene miscelato con terre decoloranti e carboni attivi con lo scopo di rimuovere i pigmenti ed altre sostanze restituendo un olio decolorato. Questa fase è condotta ad una pressione di circa 8 kPa. Il vuoto sul decoloratore serve per allontanare anche l’umidità delle terre la cui quantità è proporzionale alla quantità di terre utilizzate, proporzionali a loro volta alla quantità di olio trattato. Per questo motivo la quantità di umidità delle terre, ACQUA_Terre , è determinata tramite un operatore logico SET-8.

Anche in questo caso viene simulata l’infiltrazione di aria sul primo separatore C310_01 tramite aria_C310 e sul secondo separatore V-101 con aria_PJ_310_02.

Il vuoto nel decoloratore viene realizzato mediante due eiettori PJ_310_01 e PJ_310_02 come nel caso della disidratazione; ove il primo crea il vuoto nel decoloratore ed il secondo aspira direttamente dal condensatore intermedio E310_02 che condensa la corrente vapore fino a circa 20 °C.

La temperatura della corrente 309 è regolata per mezzo dell’operatore logico adjust TICAHL11 che agisce sulla corrente energetica LS1A la quale simula il riscaldamento con serpentino nell’apparecchiatura.

Il vapore uscente 309_A dal primo eiettore, viene inviata allo scambiatore E310_02, dove viene condensato grazie all’acqua di raffreddamento a 8 °C, CW3, che presenta una portata regolata per garantire la temperatura del condensato di circa 20 °C. A questo punto il condensato è inviato ad un separatore V-101 per dividere il condensato dalla corrente vapore. Sul separatore agisce il secondo eiettore PJ_310_02 che aspira i vapori che, uniti al vapore motore, vengono scaricati direttamente in atmosfera, 309_E.

La sezione di filtrazione, con lo scopo di separare le terre ed i carboni attivi esausti dall’olio decolorato, non è stata simulata in quanto l’operazione non incide sull’equilibrio olio-esano. Ma in questa operazione una frazione di olio viene persa, trattenuta dai carboni attivi e terre decoloranti.

Questa perdita viene schematizzata mediante un blocco di splittaggio, Perdita-Olio, fissando la portata di trioleina che viene trascinata dal materiale adsorbente pari a circa il 7% della portata in ingresso.

In Figura 15 viene mostrata la sezione di decolorazione simulata.

(35)

35 Figura 14: Sezione di neutralizzazione ed essiccamento

Figura 15: Sezione di decolorazione

(36)

36 L’olio in uscita dalla sezione di decolorazione-filtrazione, 311, viene pompato (P310_03) e riscaldato in E316-01 dove si realizza un recupero termico tra tale corrente e l’olio raffinato in uscita dalla sezione di deodorazione chiamato Olio_raf_TH. L’olio decolorato viene quindi inviato a quello che nella realtà è il serpentino posto nella culatta della colonna di deodorazione, simulato con lo scambiatore E_C316_01A, in cui si realizza un secondo recupero termico con la corrente 326 che identifica l’olio raffinato del fondo colonna. Dopo i due recuperi l’olio decolorato, 313, viene inviato ad uno scambiatore E316_02 ove viene utilizzato vapore ad alta pressione per raggiungere una temperatura in ingresso alla colonna di deodorazione di circa 220-230 °C. I recuperi termici che si incontrano prima di quest’ultimo scambiatore sono finalizzati a ridurre al minimo il consumo di vapore ad alta pressione da dover impiegare.

La colonna di deodorazione viene simulata con 6 stadi di equilibrio (blocchi C316_01A – C316_01F) dove l’olio stazione per circa 50 minuti e viene a contatto con una corrente di vapore saturo a 1,5 bar e 112 °C (correnti LS2 - LS7). La quantità di vapore introdotta deve essere tale da ottenere un olio raffinato con una percentuale residua di acidi grassi liberi inferiore al limite di legge dello 0,1% (tipicamente tale valore risulta essere 0,05%).

La portata di vapore di strippaggio, Vap_1,5bar, è settata pari al 1,8%

dell’olio da deodorare in ingesso alla colonna attraverso il SET-3. La temperatura all’interno di ogni stadio si cerca di mantenerla costante e con valori compresi tra 220-235 °C per merito dell’utilizzo di vapore ad alta pressione per le prime quattro camere, simulato con correnti energetiche (QS1 – QS4).

L’olio grazie ad uno starmazzo scende da una camera all’altra. Il tempo di permanenza globale nella colonna è di circa 5 ore.

La pressione della colonna è mantenuta a circa 2 mbar con l’utilizzo di una batteria di eiettori a vapore.

Dal fondo della colonna di deodorazione esce l’olio raffinato che prima di essere inviato allo stoccaggio deve essere raffreddato. Per compiere questo lavoro esso attraversa E316-01 (dove si realizza il primo recupero termico), successivamente è inviato all’aerotermo, AEROTERMO, e a due scambiatori in serie, simulati con un’unica apparecchiature E316_03/04, che lo portano alla temperatura di 25 °C, in modo da poter esser inviato allo stoccaggio idoneo.

In Figura 16 viene illustrata la parte del modello di simulazione inerente alla deodorazione.

Della colonna di deodorazione gli sfiati caldi (correnti 315, 317, 319, 321,323, 325) vengono riuniti in un unico collettore (simulati con un blocco mixer D316_02). Viene simulata l’infiltrazione di aria dalle tenute

(37)

37 mediante la corrente aria_C316. Il serbatoio D316_03 identifica uno scrubber dove vengono lavati e recuperati gli acidi grassi strippati nella colonna di deodorazione. Gli acidi grassi condensati vengono pompati tramite P316_05, raffreddati in uno scambiatore a piastre (E316_05) che utilizza acqua di torre ed inviati nuovamente in testa alla colonna di lavaggio. Una parte viene spurgata, invece, e si ritrova con la denominazione Acidi_stoc. Lo scrubber è modellato come un semplice separatore liquido-vapore con una pressione di lavoro fissata e pari a quella degli sfiati caldi, quindi 2 mbar. L’operatore logico Recycle (RCY1) provvede al calcolo della portata di riciclo.

Il vuoto nella sezione di deodorazione è molto spinto e quindi risulta necessario l’impiego di una batteria di tre eiettori in serie per garantire le specifiche richieste. L’eiettore PJ_316_01 aspira il vapore in uscita dallo scrubber, V_asp_E1, e lo scarica nel condensatore verticale E316_06 ad una pressione di 2,8 mbar (condizioni di progetto), dopo averlo unito al liquido di riciclo (Acque-riciclo).

Il fondo del condensatore verticale viene modellato come un separatore liquido-vapore E316-06(FONDO), questo è collegato al secondo eiettore PJ_316_02 che permette un salto di pressione fino a 20 mbar.

Successivamente il vapore viene condensato in un secondo condensatore verticale E316_07, dal fondo del quale (E316_07(FONDO)) il vapore viene aspirato nel terzo eiettore PJ_316_03 che scarica gli sfiati direttamente in atmosfera (Sfiati).

I condensatori presenti nella sezione di deodorazione sono stati modellati con due blocchi ciascuno, una sezione iniziale di scambio termico che tratta acqua di raffreddamento e una sezione finale composta da un separatore liquido-vapore che simula il fondo dello scambiatore ove è collegato l’eiettore successivo. Questo schema permette una rappresentazione più fedele dello stadio di vuoto che viene realizzato sull’impianto.

Il condensato in uscita da E316-06(FONDO), Acidi+acqua, viene prelevato dalla pompa P316_07-A, in parte riciclato in testa allo scambiatore, Acque_riciclo, ed in parte spurgato Acque_sporche per allontanare le acque sporche.

Il condensato, Acidi+acqua2, uscente dal secondo condensatore E316_07(FONDO) viene invece riciclato sul fondo del primo condensatore.

Lo spurgo avviene in continuo perché la simulazione è sviluppata in modo stazionario, ma nella realtà esso è discontinuo.

L’acqua di raffreddamento, CW5, viene inviata al condensatore verticale E316-06 in modo da assicura una temperatura in uscita del condensato di circa 20 °C. La corrente di acqua in uscita dal primo condensatore, CW6, viene inviata al secondo condensatore e infine ritorna al circuito frigo.

(38)

38 In Figura 17 si riporta un immagine del circuito del vuoto simulato appartenente alla sezione di simulazione

Figura 16: Sezione di deodorazione

Figura 17: Circuito del vuoto del reparto di deodorazione

Riferimenti

Documenti correlati

[r]

Consideriamo due particelle libere di muoversi in una dimensione e non soggette a forze esterne (sistema isolato) => il momento totale si conserva.. 1) Urti elastici: K finale =

Vai a fare la spesa e calcola il costo totale.. Calcola il costo totale e

Con riferimento alle richieste pervenute dal CML provinciale il 10 ottobre ed il 28 novembre 2016, è stato necessario, in particolare, distinguere tra gli articoli ivi

[r]

Ne consegue che possiamo enunciare la terza legge della dinamica anche dicendo:<< In un sistema isolato è nullo il risultante di tutte le forze interne >>... Il

Posto che la quantità corretta è quella del Computo (il totale del Computo è uguale all’importo a base d’asta riportato nel Bando, mentre se si prendesse come giusta la

Nei primi anni di scuola primaria, si riscontra- no altre difficoltà con l’uso del segno 0, questa volta legate alla lettura di numeri a più cifre, con- tenenti il segno 0 per