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(2)• Non è necessario una calibrazione dell’apparecchiatura ed è poco sensibile alle plasticizzazioni, spostamenti delle sonde

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2 METODO DI ANALISI DELL’IMMAGINE

2.1 Generalità

La tecnica di analisi dell’immagine [14] [15] [16] [17] [18] è stata sviluppata in campo aerospaziale per soddisfare alla necessità di elaborare le immagini inviate a terra dai satelliti e dalle sonde spaziali. Grazie alla sua versatilità, alla continua evoluzione dei sistemi di acquisizione video, alla velocità di digitalizzazione e elaborazione di immagini sempre più grandi ed alla drastica diminuzione del costo di storaggio, questa tecnica ha subito un crescente sviluppo ed è stata utilizzata anche in altri campi che vanno dalla medicina alla robotica, dall’analisi metallografica, al controllo qualità.

Per quanto riguarda il rilevamento della propagazione di cricche, la tecnica dell’immagine ha avuto un grande sviluppo per alcuni motivi tra cui i principali sono:

• È possibile automatizzare la misurazione della propagazione delle cricche, in modo tale da sfruttare le apparecchiature a ciclo continuo per 24 ore al giorno, potendo fare a meno della presenza permanente dell’operatore umano.

• Il crescente utilizzo di particolari costruiti in materiale composito, per la loro scarsa conducibilità elettrica, ha reso impossibile utilizzare altri metodi di monitoraggio delle fessure, quali il Potential Drop, che inoltre non è utilizzabile in ambiente umido.

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• Non è necessario una calibrazione dell’apparecchiatura ed è poco sensibile alle plasticizzazioni, spostamenti delle sonde; effetti che, con altre tecniche, devono essere controllati e corretti in un secondo tempo.

Il metodo di analisi delle immagini unisce i pregi dell’osservazione ottica, ovvero qualità delle immagini, possibilità di utilizzo con provini non convenzionali o di materiale non conduttore, alla possibilità di investigare su short crack e alla possibilità di automatizzare la procedura di acquisizione e di analisi dei dati.

La tecnica consiste in un’acquisizione periodica delle immagini delle zone del provino che contengono la cricca. L’immagine digitalizzata viene generata campionando il segnale proveniente da una telecamera, tramite un’apposita scheda di conversione che misura il valore medio dell’intensità luminosa in ciascuno degli elementi di una griglia (pixel), idealmente sovrapposta all’immagine reale. La gamma di valori che ogni singolo pixel può assumere è chiamata profondità del pixel (pixel depth) o profondità dell’immagine e dipende dal numero di tipo di convertitore utilizzato: a seconda del numero di bit del convertitore si ha il numero di valori che può assumere ogni pixel.

Ovviamente maggiore è il numero dei bit che assegniamo ad ogni punto, più numerosi sono i toni di grigio in cui l’immagine si può tradurre, cioè maggiore è la profondità del pixel. Generalmente una greyscale image usa fino a 8 bit (e cioè 1 byte) per ogni punto, questo significa fino a 256 possibili livelli di grigio associati all’immagine, cioè una profondità del pixel che può arrivare a 256 (28).

Ovviamente la risoluzione dell’immagine risulta tanto maggiore quanto più elevato è il numero di pixels e tanto maggiori sono i livelli di grigio che è possibile gestire.

L’elaborazione dell’immagine digitalizzata avviene tramite la manipolazione della matrice dei valori dei pixel. La scheda di acquisizione in possesso del DIA

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(National Instrument® PCI-1408) può gestire 256 toni di grigio ma attualmente sono in commercio schede più evolute che permettono di gestire anche immagini 4096 x 4096 pixels con una profondità di 16 milioni di colori o di grigi.

Le immagini vengono, quindi, digitalizzate tramite la scheda di acquisizione e quindi memorizzate su disco.

I più importanti fattori che determinano la qualità finale dell’immagine sono:

1. L’intaglio e la zona da riprendere devono avere un’adeguata finitura superficiale.

2. Il sistema di illuminazione deve essere molto stabile ovvero non deve avere variazioni di intensità luminosa ed è necessario premunirsi il più possibile contro le variazioni di luce ambientale

3. Il sistema di acquisizione nel suo complesso (telecamera-scheda acquisizione) deve permettere una messa a fuoco ottimale

2.2 Metodi di rilevazione delle short cracks

I principali metodi disponibili per lo studio delle short crack sono:

1. Metodo delle repliche 2. Metodo Fotografico 3. Metodo del Potential Drop 4. Metodo Ultrasonico 5. Metodo interferometrico

6. Metodo dell’Analisi delle Immagini

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Metodo delle repliche: il metodo delle repliche [19] si basa sull’analisi dell’impronta che la superficie da esaminare lascia su di un sottile foglio di acetato. La procedura è la seguente:

• arrestare il carico ciclico

• portare il provino in trazione con un carico del 60-80% del carico massimo, gradualmente per non avere picchi di carico superiori al carico massimo della prova, in modo che le fessure si aprano permettendo al materiale di replica di entrare nelle microcavità

• cospargere l’intaglio con acetone

• ricoprirlo con il foglio di acetato

• rimuovere il foglio di acetato

• togliere il carico statico e far ripartire quello ciclico

L’acetone riesce ad ammorbidire la superficie della pellicola che, attraverso una leggera pressione, si adatta alla superficie dell’intaglio e ne prende il calco.

La replica viene poi osservata con un microscopio ottico o elettronico.

Vantaggi

¾ possono essere studiate nucleazioni di fessure inferiori a 5 μm

¾ le repliche possono adattarsi a diverse geometrie: possono essere presi i calchi di superfici cilindriche, piane, ecc.

¾ non è necessaria un attrezzatura costosa

¾ le repliche possono essere immagazzinate per costituire una raccolta di dati sulla storia delle fessure

¾ può essere studiata l’interazione della microstruttura con le cricche

Limitazioni

¾ Il processo non è automatizzabile e piuttosto lento

¾ È possibile raccogliere solo informazioni sulla superficie del provino

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¾ Le interruzioni del test possono introdurre degli scatter di dati

¾ Le repliche sono fragili

¾ Alcune repliche possono dover essere scartate a causa della cattiva qualità

Acetato

Provino Acetone

Figura 2.1: Schema della procedura per la replica di in intaglio semicircolare [19]

Metodo fotografico: Il metodo [20] si basa essenzialmente sull’uso di un apparato fotografico accoppiato ad un microscopio ottico per analisi metallografiche. A seconda della lunghezza minima che interessa rilevare e del campo inquadrato sarà scelto l’ingrandimento necessario; ad esempio per ingrandimenti 400X abbiamo un potere risolutivo di 0,42 μm ed un campo inquadrato di 90 μm, mentre con ingrandimenti 25X si hanno valori rispettivamente di 3,7 μm e 1440 μm.

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Objective Lens Data Film

Plan Magnification

Field of view

(μm) Magnification

Depth of focus (μm)

Numerical Aperture

(μm)

Working distance (mm)

Resolving power

(μm) 25 1440 2,5 125 0,075 28,2 3,7 50 720 5 56 0,1 20,0 2,8 100 360 10 10 0,25 9,0 1,1 200 180 20 3,5 0,4 3,0 0,69 400 90 40 1,2 0,65 1,0 0,42 Tabella 2.1: Prestazioni tipiche di obiettivi per microscopi [20]

L’apparato fotografico è abbinato ad una macchina di prova e gestito in maniera automatica attraverso un personal computer.

Vantaggi

¾ L’attrezzatura è relativamente semplice e poco costosa

¾ Si possono riprendere cricche nate da intagli dolci (senza nucleazione forzata)

¾ La fotografia rimane come dato permanente di documentazione

¾ La precisione di misurazione dipende dagli ingrandimenti utilizzati

¾ È possibile automatizzare la procedura

¾ Può essere utilizzato in ambienti ad alta temperatura e sotto vuoto

Limitazioni

¾ La cricca deve essere preventivamente localizzata dall’operatore

¾ I dati non possono essere analizzati in tempo reale ma le misurazioni devono essere effettuate in un secondo tempo

¾ La scelta iniziale dell’obiettivo impone di scegliere tra l’osservazione di cricche molto piccole e con un campo inquadrato ridotto o tutto l’intaglio, ma con dimensioni della cricca rilevabili più grandi

¾ La distanza tra provino e obiettivo (10mm)

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Metodo del Potential Drop: Il metodo [21] è principalmente utilizzato per la misura delle long-crack; si basa sulla caduta del potenziale all’interno di un circuito elettrico, comprendente il provino nell’intorno dell’intaglio, nel caso ci sia la propagazione di una fessura. Esso funziona nel modo indicato in Figura 2.2

Switch

Provino SENT Computer a

da/dn ΔΚ

A/D

Sonde P.D.

Sonde di rif.

104 gain 104 gain

Macchina di prova servo-idraulica in circuito chiuso

Figura 2.2: Scheda di attrezzatura per il metodo Potenzial Drop [21]

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Vantaggi

¾ Capacità di misurazione di bassi accrescimenti a basse frequenze per tempi lunghi

¾ Capacità di monitorare transienti in risposta a cambiamenti meccanici, microstrutturali e chimici

Limitazioni

¾ Tecnica di monitoraggio non utilizzabile in ambiente umido

¾ Necessità di avere un provino preintagliato per una localizzazione certa dell’inizio della fessurazione

¾ Errori prodotti da plasticizzazioni, spostamenti delle sonde, cambiamenti termici che devono essere corretti dopo la prova

¾ Rumore elettrico

¾ Necessità di una calibrazione tra tensione e lunghezza fessura

¾ Funziona solo per materiali conduttori

Metodo ad ultrasuoni: Si basa su un sistema [22] formato da due trasduttori, uno emettitore e l’altro ricevente.

Il trasduttore emettitore, in contatto con il provino, genera onde ultrasoniche che si propagano fino ad incontrare la fessura, dove vengono riflesse e raccolte dal trasduttore ricevente, posto vicino a quello emettitore. Il rapporto tra l’ampiezza massima del segnale riflesso e quella del segnale emesso (chiamato coefficiente di riflessione) viene misurato periodicamente per misurare la profondità, assumendo che la cricca abbia una forma quasi ellittica.

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Provino Fessura

Trasduttori Generatore

di onde Amplificatore di potenza

Oscilloscopio Amplificatore del segnale

Figura 2.3: Schema di attrezzatura per il metodo di misura ad ultrasuoni [22]

Vantaggi

¾ L’uso di questo metodo, in unione con l’osservazione ottica, permette il monitoraggio della fessura durante la sua propagazione

¾ Con questo metodo è possibile determinare, durante la prova a fatica, lo sforzo di trazione necessario alla completa apertura della short-crack in profondità; ciò permette la raccolta di dati utili alla determinazione dello sforzo necessario all’apertura della cricca, basata sull’analisi della zona elasticizzata dell’apice della cricca.

Limitazioni

¾ Si ha una misura accurata della profondità della fessura solo se questa cresce in una direzione vicina alla normale alla superficie

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¾ L’uso di normali trasduttori, operanti a frequenze tra i 2 e i 3 MHz, permette di monitorare fessure di profondità compresa tra i 20 μm e i 250 μm (o una lunghezza superficiale di circa 0,5 mm). È necessario, inoltre, sapere, almeno approssimativamente, la direzione di propagazione della cricca rispetto a quella in cui si muove il treno di onde ultrasoniche. Per estendere il range delle profondità misurabili è necessario far ricorso a trasduttori appositi che operano a frequenze inferiori

Metodo Interferometrico: il metodo [23] è schematicamente mostrato in Figura 2.4. Esso si basa sul principio dell’interferenza luminosa. Vengono incise due piccole impronte sulla superficie del provino, a cavallo della fessura, nelle posizioni A e B; quando un raggio laser, sorgente di luce monocromatica coerente, viene puntato su di esse, è riflesso formando due coni e, nelle zone in cui i questi si intersecano, vengono a formarsi zone di interferenza. Se la distanza tra A e B varia a causa del carico applicato sul provino, le frange di interferenza si muovono ed il moto può essere correlato allo spostamento relativo delle due impronte e quindi all’apertura della fessura.

Dalla misurazione dell’apertura è poi possibile risalire alla lunghezza e alla profondità della fessura, facendo uso delle relazioni analitiche, che descrivono i rapporti di forma della fessura stessa.

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A

B

Raggio laser incidente

C

D

Zona di interferenza superiore

Zona di interferenza inferiore

Figura 2.4: Metodo interferometrico [23]

Vantaggi

¾ Non vi è contatto fisico con il provino

¾ I dati possono essere analizzati in tempo reale

¾ Il controllo della prova e la procedura di acquisizione dati può essere automatizzata

¾ È utilizzabile ad alte temperature

Limitazioni

¾ Le lunghezze minime misurabili sono circa 40 μm

¾ È necessario localizzare la fessura per posizionarvi le impronte

¾ Il sistema è complesso, costoso ed esige personale tecnico qualificato per l’utilizzazione

¾ È necessaria un’accurata preparazione della superficie da esaminare

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2.3 Sistema di illuminazione

Il sistema di illuminazione deve fare sì da mettere in evidenza le fessure fin dai primi attimi della propagazione, in maniera tale da avere i dati che permettono di sviluppare il modello con l’accuratezza necessaria.

I vari sistemi di illuminazione maggiormente utilizzati sono:

• ILLUMINAZIONE CON LUCE ANULARE

Campo visivo

Luce Oculare

Obiettivo

Figura 2.5: Schema di illuminazione anulare

L’illuminazione è fornita da una fonte luminosa predisposta anularmente attorno all’obiettivo. La visione dell’oggetto attraverso l’obiettivo crea un’immagine poco contrastata poiché i raggi vengono riflessi e assorbiti in maniera diversa dalle varie superfici.

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Figura 2.6: Riflessione dei raggi luminosi con illuminazione anulare

Questo tipo di illuminazione è la più utilizzata perchè si adatta alla maggior parte delle superfici di differenti materiali.

• ILLUMINAZIONE CON LUCE COASSIALE

Campo visivo

Luce Oculare

Obiettivo Specchio

Semiriflettente

Figura 2.7: Schema di illuminazione coassiale

L’illuminazione passa sullo stesso asse dell’obiettivo.

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La luce arriva perpendicolarmente sulla superficie dell’oggetto creando dei forti contrasti; ciò è dovuto al ritorno completo dei raggi provenienti dalle superfici piane e da quelli che riflettono superfici inclinate. Questo sistema si adatta perfettamente per visualizzare incisioni di oggetti metallici.

Figura 2.8: Riflessione dei raggi luminosi con illuminazione coassiale

• ILLUMINAZIONE CON LUCE RADENTE

Campo visivo

Luce Oculare

Obiettivo

Figura 2.9: Schema di illuminazione radente

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L’illuminazione è fornita da una fonte luminosa esterna disposta in maniera radente alla superficie principale dell’oggetto. In questo caso l’immagine viene creata dalle ombre (chiaro-scuri) causate dagli ostacoli incontrati dai raggi sul loro percorso.

Sistema particolarmente utilizzato nelle analisi di long cracks in cui la luce penetra evidenziandole su uno sfondo scuro.

Figura 2.10: Riflessione dei raggi luminosi con illuminazione radente

Lo schema a blocchi del sistema di acquisizione è quindi quello mostrato in Figura 2.11

PC

Analisi immagine

Convertitore A/D

Centralina di controllo della macchina di fatica Cella di carico

Provino

Vedeocamera

Figura 2.11: Schema a blocchi dell’attrezzatura di acquisizione

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2.4 Procedura di acquisizione con telecamera abbinata a tubo prolunga

In una prima fase del presente lavoro di tesi, per gestire l’acquisizione delle immagini, è stato utilizzato un sistema ottico costituito da un tubo di prolunga accoppiato ad una telecamera digitale capace di una risoluzione di 756 (H) x 581 (V) pixel e con una profondità di colore pari a 256 livelli di grigio. Per l’illuminazione della fessura è stato adottato un illuminatore coassiale. Questa attrezzatura ha permesso di riprendere in un’unica immagine l’intero campo di interesse (circa un millimetro di lunghezza) con un rapporto di ingrandimento pari a 2,33 μm/pixel.

Grazie alla rigidezza dell’apparato e alla profondità di campo relativamente elevata, è stato possibile operare una messa a fuoco tramite una vite micrometrica e valutare il risultato tramite un monitor di controllo. Le vibrazioni introdotte dalla prova, grazie alla rigidezza del complesso e alla profondità di campo, non hanno richiesto successive messe a fuoco.

Neanche con la sostituzione del provino alla fine della prova è stato necessaria una nuova messa a fuoco, dato che la distanza tra l’obiettivo e il provino è rimasta sempre la stessa.

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2.5 Procedura di acquisizione con telecamera abbinata ad un microscopio

Durante la campagna di prove effettuata è stato possibile passare ad un sistema più evoluto dal punto di vista hardware:

1) È stato, infatti, adottato un diverso microscopio (Nikon Optiphot con obbiettivo 20x) che ha permesso di aumentare l’ingrandimento di circa 5 volte rispetto alle prove iniziali, passando da un ingrandimento di 2,33 μm/pixel ad uno di 0,4821 μm/pixel.

2) È stato adottato un sistema di pulitura elettrolitica e ad ultrasuoni che hanno consentito di ottenere risultati più omogenei per quanto riguarda la preparazione dei provini

L’aumento dell’ingrandimento ha, però, portato all’esigenza di cambiare, in parte, il sistema di acquisizione immagini: mentre in un primo tempo il campo inquadrato dalla telecamera risultava essere circa 1,6 mm in larghezza x 1,3 mm in altezza (sufficiente a seguire l’evoluzione della fessura fino alla lunghezza in cui cambiava il comportamento da short-crack a long-crack), con la nuova ottica il campo inquadrato si è ridotto a circa 0,35 mm x 0,27 mm.

Si è provveduto, quindi, a suddividere la zona presa in esame in più sottoaree in maniera da poter visualizzare l’accrescimento della fessura fino al limite della transizione da short-crack a long-crack.

Adottando una tavola a croce della Phisik Instrument è stato possibile, tramite la movimentazione per mezzo di viti micrometriche, traslare il microscopio lungo i tre assi in maniera da poter gestire sia il posizionamento che la messa a fuoco.

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Figura 2.12: Sistema di ripresa completo di slitte di traslazione

Per gestire il posizionamento e la messa a fuoco, è stata implementata la precedente VI di Labview®, aggiungendo la routine di movimento e quella di messa a fuoco.

2.6 Struttura generale della procedura di acquisizione

Nelle figure seguenti è riportata la struttura generale del programma:

Microscopio Illuminatore

Slitte movimentazione

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Main

Gestione scheda

Gestione prova a fatica

Uscita

Figura 2.13: Struttura del programma di gestione della prova

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FINE PROVA GESTIONE

PROVA

Selezione nome provino

Scansione sottoaree e autofocus

INIZIO PROVA

Esecuzione cicli di carico

Interruzione e rampa fino a carico massimo

Scansione aree autofocus e acquisizione Ripetizione per

determinati cicli

Figura 2.14: Struttura della subrutine “Gestione prova a fatica”

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2.6.1 Sistema di scansione delle sottoaree

Essendo la zona di interesse troppo grande per un’unica ripresa è stata divisa in sottoaree.

A causa dei giochi esistenti nel sistema motorino passopasso-slitta, è stata prevista una zona di sovrapposizione tra due immagini adiacenti, in modo da consentire la ricostruzione totale dell’avanzamento della fessura e non perdere dati significativi sulla propagazione.

Le sottoaree sono state numerate secondo il seguente schema:

A11 A12 A13 A14 A21 A22 A23 A24 A31 A32 A33 A34

Figura 2.15: Numerazione delle sottoaree

Il sistema di scansione è stato, quindi, il seguente

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Figura 2.16: Schema di scansione delle sottoaree

Data la profondità di campo estremamente ridotta dell’ottica a questi ingrandimenti, se non si ha il pressoché perfetto parallelismo, sia in orizzontale che verticale, tra il provino e gli assi di movimentazione, passando da una zona all’altra si avrà un’immagine non completamente a fuoco.

La routine di messa a fuoco si basa sulla valutazione numerica del contrasto dell’immagine; il contrasto viene definito dalla sommatoria delle escursioni di luminosità tra i pixel dell’immagine digitalizzata secondo la seguente formula

( )

524 760

i,j i-1,j j=1 i=2

L - L C= 760 524

∑∑

dove Li,j è la luminosità del pixel di coordinate i,j.

L’immagine risulta a fuoco quando il contrasto è di grado massimo. Usando la slitta scorrevole lungo l’asse z (asse perpendicolare alla superficie da riprendere) è possibile, quindi, effettuare una messa a fuoco automatica.

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L’andamento del contrasto in funzione della distanza focale è riportato in Figura 2.17

0 1 2 3 4 5 6

-60 -40 -20 0 20 40 60

Distanza dalla posizione iniziale [μm]

Contrasto

Figura 2.17: Andamento del contrasto in funzione della distanza focale

È da notare che la posizione di zero, assunta come riferimento ad “occhio”, non risulta essere quella di massimo contrasto a causa del fatto che l’occhio umano non riesce a valutare queste piccolissime variazioni di fuoco. È necessaria una serie di acquisizioni per trovare il punto di messa a fuoco dato che il valore del contrasto non ha un andamento lineare con la distanza focale e che, quindi, non è possibile calcolare la posizione in cui operare l’acquisizione.

La routine è suddivisa in due fasi:

1) Spostamento e calcolo del contrasto a distanza di passi di 10 μm 2) Spostamento e calcolo del contrasto a distanza di passi di 1 μm

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Nella prima fase si ha uno spostamento più grossolano per stabilire la distanza di messa a fuoco in cui operare una valutazione più precisa del valore del contrasto. Viene calcolato il valore C nella posizione iniziale; quindi il microscopio viene spostato di 3 passi in avanti e 3 passi indietro di 10 μm ognuno, viene calcolato il valore del contrasto e viene presa, come posizione di primo tentativo da cui partire per una messa a fuoco fine, la posizione a metà tra quelle due che hanno il valore del contrasto più elevato. A questo punto il gruppo ottico viene spostato in avanti per 3 passi di 1 μm ognuno e altrettanto indietro, e, dopo la successiva valutazione del fuoco, viene assunta come posizione di riferimento quella con il contrasto massimo.

La procedura è descritta nel seguente diagramma di flusso in Figura 2.18.

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Memorizzazione di C massimo e della relativa posizione

Posizione Iniziale

Spostamento indietro di 0.03 mm

Calcolo del contrasto

Spostamento in avanti di 0.01 mm

Spostamento nel punto di mezzo tra posizioni con il contrasto più elevato

Spostamento indietro di 0.005 mm

Calcolo del contrasto

Spostamento in avanti di 0.001 mm Ripetizione per 7 volte

Ripetizione per 11 volte

Figura 2.18: Diagramma di flusso della routine di messa a fuoco

La routine viene ripetuta per ognuna delle sotto zone prese in esame.

All’atto dell’acquisizione dell’immagine viene calcolato il relativo valore di C:

se questo differisce più del 10% in meno per la zona in esame, viene calcolato il nuovo valore della distanza di messa a fuoco e memorizzato, insieme al relativo valore di C, al posto del precedente per i successivi confronti.

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3 Prove

3.1 Sistema di ripresa

Il sistema di ripresa nel suo complesso consiste in:

1. Telecamera Hitachi modello KP-M1E/K 2. Microscopio Nikon Optiphot con obiettivo 20x

3. Sistema di slitte triassiali Physik Instrumente M–126–CG per la traslazione del complesso di ripresa, dotate di motorini passo-passo con spostamenti di 0,1 μm per passo;

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Figura 3.1: Sistema di ripresa completo di slitte di traslazione

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