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La Corte Penale Internazionale.

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La Corte Penale Internazionale.

1.Premessa.

Contrariamente ai due tribunali penali internazionali ad hoc, la Corte Penale Internazionale (CPI) è un tribunale penale internazionale permanente con sede all’Aja. Il suo Statuto è stato adottato a Roma nel luglio del 1998, ed è entrato in vigore sul piano internazionale, il 1° luglio del 2002, ossia trascorsi tre mesi dopo il deposito del 60°

strumento di ratifica. Questa è una delle prime differenze tra la Corte penale internazionale e i Tribunali penali ad hoc: la Corte è un tribunale istituito per mezzo di trattato, e non, come nel caso dei due Tribunali ad hoc, per mezzo di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza adottata in virtù del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite. 1

Il suo carattere permanente consente di superare la selettività della giustizia, tipica dei precedenti Tribunali penali ad hoc; potenzialmente si ambisce ad una giustizia universale, permettendo agli inquirenti della Corte di svolgere liberamente indagini e interrogare testimoni nel territorio di ciascuno stato, senza passare per le istituzioni giudiziarie nazionali.

1

“Le sfide attuali del diritto internazionale” Antonio Cassese Paola Gaeta Ed Il Mulino 2008

Pag.210-211

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E’ chiaro che si tratta di una limitazione della sovranità nazionale, ma le grandi democrazie devono accettarla, seppur gradualmente e sempre che siano garantiti i diritti dell’accusato: questo è l’unico modo di costruire una giustizia penale più universale, efficiente e soprattutto uguale per tutti. 2

2.Lo Statuto.

Lo Statuto è composto da un Preambolo, tredici capitoli e 128 articoli.

La delegazione degli Stati che hanno preso parte ai negoziati che hanno preceduto la sua adozione rappresentavano sistemi giuridici ed interessi politici assai diversi fra loro. La necessità di giungere a compromessi ha dunque inevitabilmente giocato un ruolo fondamentale nella redazione del testo finale dello Statuto. Esso infatti presenta un sistema misto dove gli elementi delle procedure derivanti dai sistemi di tipo accusatorio ed inquisitorio si mescolano, dando talvolta vita a disposizioni innovative. Ciononostante l’orientamento di fondo segue chiaramente il modello accusatorio, dove le parti, accusa e difesa, si affrontano davanti ad un giudice terzo

che agisce come mero arbitro nella contesa.

2

“Il sogno dei diritti umani” Antonio Cassese Ed. Serie Bianca Feltrinelli 2008 Pag. 129.

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Lo Statuto di Roma fornisce una descrizione dettagliata dei crimini rientranti nella giurisdizione della Corte , a cui accompagna un intero sistema di principi generali del diritto penale elaborati per regolare questioni di legalità, del diritto applicabile, della responsabilità individuale, gli elementi costitutivi dei crimini nonché le difese.

Il 17 luglio 1998, oltre allo Statuto della Corte, è stato adottato l’Atto Finale, che prevedeva l’istituzione di una Commissione Preparatoria, incaricata di elaborare gli strumenti integrativi dello Statuto: il Regolamento di procedura e di prova e gli Elementi costitutivi dei crimini. Il primo fornisce alla Corte un sistema di regole procedurali che integrano lo Statuto nel disciplinare le varie fasi dei procedimenti dinanzi alla Corte; il secondo, invece, specifica gli elementi di ciascuno dei comportamenti criminalizzati ai sensi dello Statuto.

Entrambi questi strumenti sono stati adottati il 30 giugno 2000. 3

3

“Dal tribunale per la ex-iugoslavia alla corte penale internazionale” Gianmaria Calvetti Tullio

Scovazzi Ed. Milano-Giuffrè Pag. 62-64.

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3.La giurisdizione.

La giurisdizione ratione materiae della CPI comprende le categorie di crimini elencati nell’articolo 5 dello Statuto, e più precisamente definiti negli articoli successivi, ossia:

a) genocidio;

b) crimini contro l’umanità;

c) crimini di guerra nei conflitti armati internazionali e non internazionali;

d) aggressione. 4

Tuttavia, come precisa l’articolo 5 par.2 la Corte potrà esercitare la propria giurisdizione sul crimine di aggressione solo dopo che una conferenza di modifica dello Statuto avrà adottato una definizione di tale crimine.

Riguardo alla giurisdizione ratione temporis, la Corte, a differenza dei Tribunali penali ad hoc, è competente solo rispetto agli eventi successivi all’entrata in vigore dello Statuto. In altri termini, essa non opera ex post facto, non è creata per processare i presunti criminali che abbiano commesso i fatti prima della sua istituzione: la CPI potrà

4

“Dal tribunale per la ex-iugoslavia alla corte penale internazionale” Gianmaria Calvetti Tullio

Scovazzi Ed. Milano-Giuffrè Pag. 72.

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esercitare la propria giurisdizione solo in relazione ai crimini commessi dopo l’entrata in vigore dello Statuto, che non ha quindi efficacia retroattiva.

Inoltre la Corte potrà esercitare la propria giurisdizione solo se i crimini rientranti nell’ambito di competenza materiale siano stati commessi nel territorio di uno Stato parte ( Stato territoriale), oppure da un cittadino di uno Stato parte ( Stato di nazionalità attiva). La Corte ha giurisdizione universale, e dunque può conoscere dei crimini commessi ovunque nel mondo e da chicchessia, soltanto nel caso in cui il suo intervento venga sollecitato dal Consiglio di Sicurezza.

La norma dello Statuto che attribuisce giurisdizione alla Corte in base

al criterio di territorialità o di nazionalità attiva è stata fortemente

contestata da taluni Stati, in particolare dagli USA, poiché si è

sostenuto che essa violi un principio fondamentale del diritto dei

trattati, secondo il quale un accordo internazionale può produrre effetti

giuridici solo per gli Stati contraenti, mentre non può creare né diritti

né obblighi per gli Stati terzi. Tale norma trova comunque un

bilanciamento nella circostanza che la Corte, a differenza dei

Tribunali penali ad hoc, non ha primacy rispetto alle giurisdizioni

nazionali, ma opera in via complementare rispetto alle giurisdizioni

(6)

nazionali potendo avviare un procedimento solo se lo Stato dimostra di non potere o volere avviare, in modo “genuino”, un procedimento nazionale. Il principio di complementarietà opera anche rispetto agli Stati non parte allo Statuto. 5

La complementarietà della giurisdizione della Corte è strettamente connessa alle questioni di procedibilità; infatti essa può dichiarare un caso inammissibile in tre situazioni:

a) se il caso rappresenta o abbia rappresentato l’oggetto di un’inchiesta o di un’azione penale iniziata da uno Stato che abbia giurisdizione in materia e, nella seconda ipotesi, che tale inchiesta sia terminata con la decisione di non procedere verso la persona interessata, a meno che il giudice nazionale non intenda o non possa iniziare l’azione penale o svolgere il processo in modo adeguata;

b) se il caso è già oggetto di una sentenza nazionale (principio del ne bis in idem), salvo che i procedimenti presso i tribunali nazionali siano stati instaurati per proteggere l’individuo dalla responsabilità per i crimini che rientrano nella giurisdizione della Corte, o in ogni caso se non siano stati condotti in modo indipendente ed imparziale;

5

“Le sfide attuali del diritto internazionale” Antonio Cassese Paola Gaeta Ed Il Mulino 2008

Pag.211-212.

(7)

c) se il caso non appare sufficientemente grave. 6

4.Il ruolo delle vittime.

Per la prima volta nella storia della giustizia penale internazionale alle vittime è riconosciuto un diritto di partecipare ai procedimenti ed un diritto di richiedere forme di riparazione. Mentre lo Statuto ed il Regolamento del Tribunale per la ex Jugoslavia non riconoscono le vittime come parti del procedimento, ma si limitano ad attribuire loro un ruolo ausiliario, principalmente di testimoni, le vittime dinanzi alla Corte hanno un ruolo in quanto tali. Esse godono, innanzitutto, di un sistema di protezione, fornito principalmente dalla Divisione per le vittime ed i testimoni che prevede misure di protezione e di assistenza, sia fisica che psicologica, per tutte le vittime che compaiono di fronte alla Corte, con particolare riguardo alle vittime di crimini di natura sessuale. Le vittime possono poi partecipare ai procedimenti e, a tal fine, possono essere rappresentate da un legale. Lo Statuto prevede infine un sistema di riparazioni per le vittime dei crimini che rientrano nella competenza della Corte, quali la restituzione, l’indennizzo o la riabilitazione.

6

“Dal tribunale per la ex-iugoslavia alla corte penale internazionale.” Gianmaria Calvetti Tullio

Scovazzi Ed. Milano-Giuffrè 2004 Pag.70-71.

(8)

Per la prima volta, è istituito un fondo fiduciario a beneficio delle vittime e delle rispettive famiglie (Trust Fund), in cui la Corte potrà ordinare che venga trasferito denaro ed altre proprietà ottenute mediante multe o sequestri.

Queste disposizioni sono state adottate per ovviare alle lacune nel sistema del Tribunale per la ex Jugoslavia, e rappresentano uno sviluppo sostanziale riguardo lo status delle vittime nel sistema di una giustizia penale internazionale. 7

5.Le relazioni tra la Corte e in Consiglio di Sicurezza.

Il Preambolo dello Statuto della Corte riconosce esplicitamente il legame esistente tra i più gravi crimini individuali e il mantenimento della pace e della sicurezza. Coerentemente, nello Statuto si tenta di regolare, secondo una duplice prospettiva, il problema delle relazioni tra attività del Consiglio di Sicurezza e attività della CPI.

Da un punto di vista “positivo”, nello Statuto si prevede che la giurisdizione della Corte possa essere attivata, oltre che dagli Stati parte e dal Procuratore, anche dietro iniziativa del Consiglio di

7

“Dal tribunale per la ex-iugoslavia alla corte penale internazionale” Gianmaria Calvetti Tullio

Scovazzi Ed. Milano-Giuffè 2004 Pag.80-81.

(9)

Sicurezza. In base all’articolo 13 lett.b dello Statuto, il Consiglio, agendo in virtù del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, potrà infatti deferire all’attenzione del Procuratore una situazione nella quale paiono essere stati commessi uno o più crimini rientranti nella competenza della Corte. Questa previsione segna in un certo senso una continuità tra la nuova giurisdizione penale permanente ed i Tribunali penali ad hoc creati dal Consiglio di Sicurezza. E’ apparso logico ritenere che il Consiglio possa fare ricorso alla competenza della Corte in quei casi, rilevanti per il mantenimento della pace e della sicurezza, in cui lo stesso organo sarebbe già abilitato, sulla scia dei precedenti della ex Jugoslavia e del Ruanda, a creare un tribunale penale speciale in virtù del Capitolo VII della Carta.

Il potere di attivazione della CPI attribuito al Consiglio può essere esercitato a condizioni più “favorevoli” rispetto al potere di attivazione già spettante agli Stati parti allo Statuto ed al Procuratore.

La CPI potrà infatti conoscere di un crimine portato alla sua attenzione da uno Stato parte o dal Procuratore solo quando lo Stato sul cui territorio il crimine è stato commesso o lo Stato di cui il criminale è cittadino abbiano accettato la giurisdizione della Corte, sia divenendo parti allo Statuto, sia attraverso una dichiarazione ad hoc.

Queste condizioni non si applicano nel caso di iniziativa del Consiglio

(10)

di Sicurezza: questi potrà attivare la Corte anche in relazione a crimini commessi sul territorio di Stati o da cittadini di Stati che non sono divenuti parti allo Statuto della CPI o non ne hanno in altro modo riconosciuto l’autorità. Il consiglio di Sicurezza, agendo in base al Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, obbligherà, di fatto, uno Stato ad accettare la giurisdizione della Corte, in evidente deroga al principio consensualistico che informa il funzionamento dello Statuto e le competenze della CPI.

L’aspetto “negativo” dei rapporti tra CPI e Consiglio di Sicurezza è

invece oggetto dell’articolo 16 dello Statuto, ove si regola l’ipotesi

inversa nella quale l Consiglio di Sicurezza non attiva, ma blocca

l’azione della Corte. Secondo tale disposizione, nessuna richiesta può

essere avviata o nessun procedimento può essere proseguito dalla CPI

nei dodici mesi che seguono la richiesta in tal senso formulata dal

Consiglio di Sicurezza. La richiesta di sospensione può poi essere

rinnovata alle medesime condizioni dal Consiglio di Sicurezza per un

ulteriore periodo di dodici mesi. Questa soluzione dovrebbe mirare ad

evitare i potenziali effetti negativi derivanti da una sovrapposizione tra

l’attività della CPI e quella del Consiglio di Sicurezza in situazioni

delicate per il mantenimento della pace e sicurezza internazionale,

(11)

privilegiando questi ultimi aspetti rispetto all’azione penale della Corte. 8

6.La Corte Penale Internazionale e il principio di legalità.

Lo Statuto della Corte penale internazionale contiene invece un espresso riferimento al principio di legalità. Nell’elenco dei principi generali del diritto penale che la Corte deve rispettare nell’esercizio della sua attività, contenuto nella parte III dello Statuto, il rispetto del nullum crimen sine lege è indicato per primo all’art. 22.

Articolo 22 - Nullum crimine sine lege

“1. Una persona è penalmente responsabile in forza del presente Statuto solo se la sua

condotta, nel momento in cui viene realizzata, costituisce un crimine di competenza della

Corte.

2. La definizione dei crimini è interpretata tassativamente e non può essere estesa per

8

“Dal tribunale per la ex-iugoslavia alla corte penale internazionale.” Gianmaria Calvetti Tullio

Scovazzi Ed. Milano Giuffrè 2004 Pag.18-21.

(12)

analogia. Nel dubbio, deve essere interpretata a favore della persona che è oggetto di

un’inchiesta, di azioni giudiziarie o di una condanna.

3. Il presente articolo non impedisce che un comportamento sia qualificato come crimine

secondo il diritto internazionale, indipendentemente dal presente Statuto.”

Gli articoli 23 e 24 prevedono invece le altre due fondamentali manifestazioni del principio di legalità: il principio nulla poena sine lege e della non retroattività della legge penale.

Articolo 23 - Nulla poena sine lege

“Una persona che è stata condannata dalla Corte può essere punita solo in conformità alle

disposizioni del presente Statuto.”

Articolo 24 - Non retroattività ratione personae

“1. Nessuno è penalmente responsabile in forza del presente Statuto per un comportamento

precedente all’entrata in vigore dello Statuto.

(13)

2. Se il diritto applicabile ad un caso è modificato prima della sentenza definitiva, alla

persona che è oggetto d’inchiesta, di un procedimento giudiziario o di una condanna sarà

applicato il diritto più favorevole.”

Quanto al ruolo più in generale del corpus dei diritti umani, l’art. 21, par. 3, prevede chiaramente che

l’applicazione e interpretazione del diritto devono essere compatibili con i diritti dell’uomo internazionalmente riconosciuti. La centralità che il principio di legalità avrebbe assunto emergeva già dai lavori del Comitato ad hoc per l’istituzione della Corte penale internazionale, ove si ribadiva l’esigenza di definire con chiarezza e precisione i crimini oggetto di giurisdizione. Sul punto si può affermare, per inciso, che proprio l’esigenza di garantire al meglio il rispetto del principio di legalità ha fortemente incoraggiato lo sforzo di codificazione avvenuto con lo Statuto della Corte.

Infine, occorre sottolineare che la Corte penale internazionale esercita

la propria giurisdizione su condotte penalmente rilevanti enunciate in

norme internazionali anche nel caso in cui la legislazione interna dello

Stato dove è stato commesso il crimine o dello Stato di nazionalità

(14)

dell’imputato non preveda quella particolare fattispecie criminosa o sia in contrasto con la regola internazionale. 9

7.La posizione degli Stati Uniti.

Nel luglio del 2002, non appena lo Statuto della Corte penale internazionale entrò in vigore, gli Usa reagirono subito, per impedire che la Corte, cui si oppongono aspramente, potesse un giorno giudicare militari o politici statunitensi. Gli americani imposero l’adozione di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che bloccava per un anno qualunque procedimento giudiziario davanti alla Corte per crimini commessi da cittadini di stati quali gli Usa, che contribuiscono con forze militari alle operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite. Gli altri membri del Consiglio di Sicurezza non poterono che inchinarsi dato che gli Usa, il mese prima avevano posto il veto al rinnovo della missione di pace in Bosnia, e minacciavano di ritirarsi da tutte le missioni di peacekeeping, se non si garantiva l’immunità dalla Corte dei militari americani.

9

Rivista di dirirtto internazionale Ed. Giuffrè 2012 Volume XCV Pag.813-814.

(15)

Gli interessi politico-militari delle maggiori potenze europee nei Balcani e la necessità di contare sugli americani nella Sfor (la forza di stabilizzazione creata nel quadro della Nato ma sotto ombrello ONU), spiegano perché i due soli membri permanenti del Consiglio di sicurezza che si sono sempre battuti per la Corte, l’Inghilterra e la Francia, abbiano finito per accordare priorità al mantenimento dell’ordine internazionale e della pace.

La pretesa americana di bloccare la giurisdizione della Corte nei confronti di cittadini di paesi che non hanno ratificato il suo Statuto, tra cui vi sono appunto gli Stati Uniti, non è durata a lungo. Nel 2003 il Consiglio di Sicurezza, su richiesta americana, rinnovò l’esenzione, che però non è stata concessa ulteriormente.

Ciononostante, l’opposizione degli Stati Uniti alla Corte penale

internazionale continua, presumibilmente sulla base di due

motivazioni: la prima è l’antico convincimento di Washington della

superiorità del sistema americano e la contemporanea riluttanza a

sottoporsi a controlli o giudici internazionali e la seconda è il timore

che organismi internazionali possano essere manipolati per fini politici

(16)

e usati come strumenti d’antiamericanismo. Ragioni entrambe tanto ideologiche, quanto aprioristiche. 10

8.I possibili emendamenti allo Statuto.

A riguardo interessano gli articoli 121 e 123.

Articolo 121 – Emendamenti

“1. Alla scadenza di un periodo di sette anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del

presente Statuto, ogni Stato parte potrà esprimere proposte di emendamento allo stesso. Il

testo di ogni proposta di emendamento è sottoposto al Segretario generale

dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che lo comunica senza indugio a tutti gli Stati parti.

2. Non prima di tre mesi dopo la data di tale comunicazione, la successiva Assemblea di

Stati parti decide, a maggioranza dei presenti e votanti, se ricevere o meno la proposta.

10

“Il sogno dei diritti umani” Antoni Cassese Ed. Serie Bianca Feltrinelli 2008 Pag.129-131.

(17)

L’Assemblea può trattare tale proposta direttamente o convocare una Conferenza di revisione se la questione in oggetto lo giustifica.

3. L’adozione di un emendamento, in una riunione dell’Assemblea degli Stati parti o ad una Conferenza di revisione esige, qualora non sia possibile pervenire ad un consenso, una maggioranza di due terzi di Stati parti.

4. Subordinatamente alle disposizioni del paragrafo 5, un emendamento entra in vigore nei confronti di tutti gli Stati parti un anno dopo che sette ottavi di tali Stati hanno depositato i loro strumenti di ratifica o di accettazione presso il Segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

5. Un emendamento agli articoli 5, 6, 7 e 8 dello Statuto entra in vigore nei confronti degli Stati parti che lo hanno accettato un anno dopo il deposito dei loro strumenti di ratifica o di accettazione. Nel caso di uno Stato parte che non ha accettato l’emendamento, la Corte non esercita la sua competenza per un reato oggetto di un emendamento, se tale reato è stato commesso da cittadini di tale Stato parte, o sul territorio dello stesso.

6. Se un emendamento è stato accettato da sette ottavi degli Stati parti

in conformità al paragrafo 4, ogni Stato parte che non ha accettato

l’emendamento può recedere dal presente Statuto con effetto

(18)

immediato, nonostante l’articolo 127 paragrafo 1 ma subordinatamente alle disposizioni dell’articolo 127 paragrafo 2, dando notifica del suo recesso non più tardi di un anno dopo l’entrata in vigore di tale emendamento.

7. Il Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite comunica a tutti gli Stati parti gli emendamenti adottati in una riunione dell’Assemblea degli Stati parti o ad una Conferenza di revisione.”

Articolo 123 - Revisione dello Statuto

“1. Sette anni dopo l’entrata in vigore del presente Statuto, il Segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite convocherà una Conferenza di revisione per esaminare ogni emendamento al presente Statuto. L’esame potrà concernere in modo particolare, ma non esclusivamente, la lista dei reati di cui all’articolo 5. La Conferenza sarà aperta a coloro che partecipano all’Assemblea degli Stati parti, alle stesse condizioni.

2. In qualsiasi momento successivo, su richiesta di uno Stato parte ed

ai fini enunciati al paragrafo 1, il Segretario Generale delle Nazioni

Unite, con l’approvazione della maggioranza degli Stati parti,

convocherà una Conferenza di revisione.

(19)

3. L’adozione e l’entrata in vigore di ogni emendamento al presente Statuto, esaminato ad una Conferenza di revisione, sono regolate dalle disposizioni dell’articolo 121 paragrafi 3 a7.”

A queste due prime vie di acceso ad emendamenti dello Statuto, esperibili dopo un periodo di sette anni dopo la sua entrata in vigore, se ne aggiunge un’altra, esperibile in qualunque momento e disciplinata all’articolo 122.

Articolo 122 - Emendamenti alle disposizioni di carattere istituzionale

“1. Ogni Stato parte può proporre, in qualsiasi momento, nonostante la norma dell’articolo 121 paragrafo 1, emendamenti alle disposizioni del presente Statuto di carattere esclusivamente istituzionale, vale a dire gli articoli 35, 36 paragrafi 8 e 9, 37, 38, 39 paragrafi 1 (prime due frasi), 2 e 4, 42 paragrafi 4 a 9, 43, paragrafi 2 e 3, 44, 46, 47 e 49.

Il testo di ogni proposta di emendamento sarà sottoposto al Segretario Generale delle Nazioni Unite o ad ogni altra persona designata dall’Assemblea degli Stati parti, che lo farà rapidamente circolare a tutti gli Stati parti e ad altri partecipanti all’Assemblea.

2. Gli emendamenti presentati in attuazione del presente articolo, per i

quali non è possibile pervenire ad un consenso, sono adottati

dall’Assemblea degli Stati parti o da una Conferenza di revisione a

(20)

maggioranza di due terzi degli Stati parti. Tali emendamenti entrano in vigore nei confronti di tutti gli Stati parti, sei mesi dopo la loro adozione da parte dell’Assemblea o della Conferenza, a seconda dei casi.”

Tale norma è interessante e può venire in rilievo, nel periodo attuale, contrassegnato dall’avversione manifestata di continuo e nei modi più svariati dal Governo degli Stati Uniti nei confronti della Corte.

Un secondo aspetto di interesse di tale articolo è la possibilità di emendare i paragrafi dal quarto al nono dell’articolo 42 (Ufficio del Procuratore), il primo dei quali stabilisce che l Procuratore sia eletto a scrutinio segreto dall’Assemblea degli Stati parte, punto cruciale dell’intera querelle statunitense.

Sia alla vigilia che durante la Conferenza di Roma è stato sempre

manifestato, da parte degli Stati Uniti, un chiaro favor in ordine alla

sostituzione della formula dei tribunali ad hoc, fino ad allora

sistematicamente adottata nel settore delle giurisdizioni penali

internazionali, con quella della precostituzione del giudice, legittimato

di conseguenza ad occuparsi soltanto di fatti criminosi commessi

successivamente all’entrata in vigore della formazione, che è tipica

espressione del principio di legalità.

(21)

Una riserva di tale importanza è però, paradossalmente, rimasta inascoltata; infatti l’individuazione del Procuratore, avviene ai sensi del quarto paragrafo dell’articolo 42, tramite elezione a scrutinio segreto dall’Assemblea degli Stati parte senza ingerenze dall’esterno, compreso il Consiglio di Sicurezza, che ebbe invece un ruolo fondamentale nell’istituzione dei tribunali ad hoc del 1993 e del 1994.

Ciò contribuisce a tenere viva l’opposizione americana alla Corte. 11

11

“Dal tribunale per la ex-iugoslavia alla corte penale internazionale” Gianmaria Calvetti Tullio

Scovazzi Ed.Milano Giffrè 2004 Psg.216-218.

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