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IL PROBLEMA ENERGETICO:

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C APITOLO P RIMO

IL PROBLEMA ENERGETICO:

PROFILI STORICI E NORMATIVI

S ommario: 1. La crisi petrolifera dello Yom Kippur ed il conseguente contingentamento delle risorse energetiche. 2. Le risoluzioni del Consiglio della Comunità europea del 17 settembre 1974 e del 13 febbraio 1975. 2.1. Il Protocollo di Kyoto. 2.2. La liberalizzazione del mercato elettrico: dalla Direttiva 96/92/CE alla 2003/54/CE. 2.3. L’istituzione del sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra: la Direttiva 2003/87/CE.

3. D.lgs. 16.3.1999 n. 79: attuazione della Direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica. 3.1. D.lgs. 3.3.2011 n. 28, attuazione della Direttiva 28/2009/CE. 3.2. D.lgs. 4.7.2014 n.102 avente ad oggetto l’efficientamento energetico.

1. La crisi petrolifera dello Yom Kippur ed il conseguente contingentamento delle risorse energetiche

Nella Società moderna, identificare quale fonte di energia non solo il petrolio ma anche e soprattutto altre fonti definite rinnovabili risulta essere un qualcosa di assolutamente normale e scontato. Questo è il risultato di una politica economica e sociale che muove i primi passi dal 1973, anno in cui avvenne la famosa Crisi del Kippur.

Nell’Ottobre del 1973, giorno dedicato alla celebrazione

dello Yom Kippur, l’esercito egiziano e quello siriano attaccarono

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Israele su due fronti opposti simultaneamente, ponendo inizialmente lo stato israeliano in forte difficoltà.

Il conflitto si risolse dopo pochi giorni con un cessate il fuoco da entrambe le parti, a dimostrazione del fatto che Israele seppe prontamente difendersi e rendersi altrettanto pericolosa nei confronti degli invasori.

Se le conseguenze belliche furono di poco conto, lo stesso non è possibile dirlo parlando di quelle politico economiche. Lo Stato egiziano e siriano trovarono sostegno, anche durante il conflitto, da parte dei paesi arabi e anti americani che raddoppiarono il prezzo del petrolio e ne diminuirono fortemente le esportazioni, come ammonimento ai paesi occidentali che dovevano astenersi dal prestare aiuto allo stato d’Israele.

Se nel 1950 il fabbisogno energetico del mondo era

soddisfatto per il 60% dal carbone e dal 27% circa dal petrolio, nei

dieci anni successivi i due combustibili concorrevano al

soddisfacimento per meno del 50% il primo e per più del 30% il

secondo; nel 1970 le posizioni erano invertite, tale da risultare il

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33% del bisogno energetico soddisfatto con il carbone e il 45% con il petrolio

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.

Questi dati rendono evidente come la crescita economica dell’occidente era stata resa possibile dalla facile reperibilità del greggio a prezzi molto bassi.

Le più grandi compagnie petrolifere esistenti al mondo (Shell, British Petroleum, Exon, Standard Oil of California, Texaco, Gulf e Mobil), denominate a quel tempo come le “sette sorelle”

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, avevano dato origine ad un mercato oligopolista che permise, fra gli anni 45 e 70, il più lungo periodo di stabilità delle quotazioni con il più alto tasso di domanda.

Con la nascita nel 1960 dell’O.P.E.C (Organization of Petroleum Exporting Countries), e con l’inizio di pratiche commerciali poste in essere dai maggiori produttori di petrolio, proiettati ad affrancarsi il più possibile dalle grandi compagnie petrolifere occidentali, al fine di valorizzare al massimo la loro dominante fonte di ricchezza, l’occidente vide chiaramente la necessità di porre in essere una controffensiva.

1 S. KHULZ, Energia e Sviluppo Sostenibile, Catanzaro, Rubbettino, 2005, p. 29.

2 A. SAMPSON, Le Sette Sorelle: le grandi compagnie petrolifere e il mondo che hanno creato, Milano, Mondadori, 1976, p. 275.

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L’atteggiamento “aggressivo”, economicamente parlando, trovò sostegno anche nella risoluzione dell’ONU del 1966 con la quale si sanciva la sovranità dei singoli Paesi sulle risorse naturali presenti nei propri territori.

Questa risoluzione rappresentò lo strumento con il quale i paesi dell’O.P.E.C trassero il principio del trasferimento del controllo delle concessioni petrolifere ai paesi medesimi.

Questo rappresentò quindi il primo passo di un percorso che terminò con il controllo diretto da parte dei paesi produttori di petrolio, permettendo l’imposizione di nuovi prezzi.

La Crisi del Kippur fu utilizzata dai paesi appartenenti all’Opec come pretesto per alzare unilateralmente il prezzo del greggio facendolo passare dai 2-3$ per barile all’inizio dell’ottobre del 1973 ai 16$ nel gennaio successivo

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.

Il 1973 non fu quindi solo un anno di crisi dettata dalla difficoltà di approvvigionamento di una fonte fondamentale per il progresso industriale, ma costituì anche un momento di riflessione per l’intera società circa il modello di sviluppo da attuare.

3 S . KHULZ, op. cit., p. 2.

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Questa riflessione, divenuta obbligatoria a causa del contesto politico economico delineatosi, era stata preannunciata nel 1972 quando il Massachusetts Institute of Technology, su commissione del Club di Roma, pubblicò il Rapporto sui limiti dello sviluppo della società nel libro The Limits to Growth.

La conclusione di tale rapporto sottolineava che gli equilibri naturali, sarebbero stati inesorabilmente alterati dalla crescita esponenziale della società con il conseguente collasso del sistema Terra. Tale crisi sarebbe iniziata con l’esaurimento delle risorse naturali con il conseguente rallentamento del processo evolutivo del sistema industriale, agricolo e dei servizi.

I governi dei Paesi dell’Europa Occidentale, maggiormente colpiti dal rincaro dei prezzi del petrolio, vararono provvedimenti per diminuire il consumo del petrolio e per evitare gli sprechi.

L’Italia, durante il Consiglio dei Ministri convocato il 22

novembre 1973, approvò il programma di austerità, che tra le

misure maggiormente incisive prevedeva un forte aumento del

prezzo dei carburanti, l'obbligo di ridurre la pubblica illuminazione

del 40% e di tenere spente insegne e scritte pubblicitarie. Bar e

ristoranti dovevano chiudere entro la mezzanotte, mentre ai locali di

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pubblico spettacolo veniva imposta la chiusura entro le ore 23. Allo stesso orario dovevano essere conclusi anche i programmi televisivi. La velocità sulle strade era limitata a 50 km/h nei centri urbani, 100 km/h sulle strade extraurbane e 120 km/h sulle autostrade.

2. Le risoluzioni del Consiglio della Comunità Economica Europea del 17 settembre 1974 e del 13 febbraio 1975 Nel precedente capitolo è stata effettuata una panoramica storica rivolta a far comprendere le ragioni che mossero il mondo intero ad affacciarsi a politiche di risparmio e di efficientamento energetico.

A livello comunitario, la risoluzione del 17 settembre1974 risulta essere sicuramente il primo tassello della futura politica energetica della Comunità.

All’articolo 1 della suddetta risoluzione risulta essere subito

chiaro quale sia l’obiettivo posto, ovvero un approvvigionamento

sicuro e durevole a condizioni economiche soddisfacenti. Lo

spauracchio dei Paesi occidentali era, infatti, un contingentamento

delle fonti energetiche, prime tra tutte il petrolio, che avrebbe

comportato un necessario calo della produttività e dello sviluppo.

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7

Gli scenari mondiali inerenti i problemi legati all’energia resero necessaria una cooperazione tra i Paesi consumatori da un lato e, tra paesi consumatori e produttori dall’altro.

A tal proposito all’art 6, lettera a) si prevedevano anche appositi orientamenti da adottare, primo tra tutti la diminuzione del tasso di incremento del consumo interno attraverso razionali misure di utilizzazione e di economia dell’energia, senza che ciò compromettesse gli obiettivi di sviluppo economico e sociale.

Tali tipi di intervento furono giustificati dalla consapevolezza che, il mantenimento di un grado elevato di dipendenza della Comunità nei confronti delle energie importate da paesi terzi e in particolare del petrolio sarebbe tale da compromettere l’equilibrio economico della Comunità e pertanto fu necessario ridurre per quanto possibile tale dipendenza.

A tal proposito risulta doveroso menzionare la risoluzione del Consiglio datata 13 febbraio 1975 concernente le azioni da porre in essere per raggiungere gli obiettivi delle suddetta politica energetica.

Si richiama innanzitutto, per tutti i settori dell’energia, la

necessità di sviluppare il più rapidamente possibile, delle risorse

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energetiche sicure a condizioni soddisfacenti, accompagnate se necessario, dall’accesso al finanziamento per gli investimenti necessari.

Al paragrafo III, avente ad oggetto proprio l’approvvigionamento degli idrocarburi, si specifica che l’approvvigionamento esterno dovrà essere rivolto a produttori diversificati ed effettuato possibilmente mediante iniziative industriali e commerciali congiunte, cosi da evidenziare ancora una volta la necessità di apparire sul mercato mondiale come un soggetto unico.

2.1. Il Protocollo di Kyoto

La presenza di Gas ad effetto serra nell’atmosfera, fenomeno del tutto naturale poiché permette il mantenimento della temperatura entro soglie adeguate alla vita sul pianeta, negli ultimi decenni è stato influenzato da notevoli mutamenti.

Sulla base degli studi di una oramai pressoché unanime

comunità scientifica, il cambiamento climatico è causato dalla

notevole concentrazione di gas serra, direttamente o indirettamente

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imputabile all’utilizzazione di combustibili fossili da parte degli uomini negli ultimi due secoli.

La reazione internazionale a tale problematica risale agli anni 80 quando fu conclusa la Convenzione di Vienna sulla protezione dello strato di ozono (1985) e due anni più tardi la firma del Protocollo di Montreal sulle sostanze che danneggiano lo strato di Ozono (1987).

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A partire da questi anni quindi, la problematica legata al gas serra assunse un ruolo fondamentale per la comunità internazionale, a tal punto da istituire un Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici ( Intergovernmental Panel on Climate Change I.P.C.C)

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, con il compito di verificare e valutare in modo oggettivo, interdisciplinare e a livello internazionale lo stato di tale problematica.

Nel 1990 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite compì un primo passo decisivo per la conclusione della Convenzione

4 Nella convenzione di Vienna del 1985, all’allegato I punto 4 vengono indicate dettagliatamente le sostanze ritenute capaci di modificare le proprietà chimico fisiche dello strato d’ozono.

5 È stato istituito nel 1988 dalla World Meteorological Organization W.M.O e dall'United Nations Environment Program U.N.E.P come uno sforzo da parte delle Nazioni Unite per fornire ai governi di tutto il mondo una chiara visione scientifica dello stato attuale delle conoscenze sul cambiamento climatico e sui suoi potenziali impatti ambientali e socio- economici.

L'I.P.C.C è un organismo scientifico che passa in rassegna e valuta le più recenti informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche prodotte a livello mondiale per la comprensione dei cambiamenti climatici. Non effettua attività di ricerca né di controllo dei dati o dei parametri climatici. Tali informazioni sono state tratte dalla pagina web dell’I.S.P.R.A.

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Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici quale primo vero strumento giuridico internazionale per la lotta ai cambiamenti climatici.

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Nel Giugno del 1992 si ebbe, a conclusione del lavoro iniziato due anni prima, l’apertura alla firma della Convenzione Quadro nell’ambito della Conferenza di Rio de Janeiro. L’adesione a tale strumento fu cosi importante da raggiungere in breve tempo la quota di ottanta Paesi aderenti.

L’anno successivo all’entrata in vigore della Convenzione si tenne la prima Conferenza delle parti della Convenzione (COP-1), durante la quale le Parti definirono l’obiettivo di rendere in termini ancora più stringenti il loro obiettivo consistente nella stabilizzazione e nella riduzione delle emissioni di gas serra previsto nella Convenzione Quadro.

Per raggiungere tale target, si diede l’avvio ad una nuova fase di trattative che si concluse nel 1997, dopo un non facile percorso, con l’approvazione del Protocollo di Kyoto. La difficoltà incontrata in sede di trattativa era motivata dal fatto che per la prima volta nella storia, questo Protocollo definiva parametri stringenti per

6 Risoluzione 45/212 del 21 dicembre 1990.

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l’attuazione degli obiettivi della Convenzione del 1992, nella quale erano presenti delle definizioni ben più vaghe.

A tal proposito merita ricordare che gli Stati Uniti, pur essendo stati molto attivi nella fase negoziale, decisero nel 2001 di manifestare espressamente la loro volontà di non ratificare il Protocollo, che entrò in vigore ufficialmente il 16 Febbraio del 2005.

Tale aspetto non è di secondaria importanza poiché all’articolo 25 viene indicato quale requisito necessario per la l’entrata in vigore del Protocollo, la ratifica di almeno 55 Paesi rappresentativi di almeno il 55% delle emissioni totali al 1990. Ciò comportò quindi per l’Unione Europea un maggiore impegno a favore dei Paesi facenti parte il cosiddetto Umbrella Group (Russia, Canada, Australia e Giappone)

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, fondamentali per il raggiungimento della quota utile all’entrata in vigore.

I limiti stringenti previsti dal Protocollo sono individuabili nell’allegato B dove viene definita la quantificazione degli obiettivi vincolanti di limitazione o riduzione delle emissioni per ciascun Paese rispetto alla situazione presente nel 1990.

7 The Kyoto Protocol: International Climate Policy for the 21st Century.

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Per quanto riguarda i Paesi dell’Unione Europea, l’obiettivo aggregato di riduzione delle emissioni venne successivamente ripartito sulla base di un accordo interno tra i 15 Paesi allora aderenti, concluso nel 1998 tra i vari Ministri dell’Ambiente

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.

Il rispetto dei vincoli di riduzione delle emissioni da parte degli Stati non può prescindere da una serie di interventi politici nazionali consistenti tra l’altro nella ricerca, promozione e sviluppo di forme energetiche rinnovabili o nel miglioramento dell’efficacia energetica in settori rilevanti dell’economia nazionale.

Sempre all’art 2 del Protocollo si menziona al punto VI l’incoraggiamento di riforme appropriate nei settori pertinenti, al fine di promuovere politiche e misure che limitino o riducano le emissioni dei gas ad effetto serra.

Capiamo quindi quanto la politica nazionale debba rendere appetibile agli operatori economici questa sua mission a tal punto da farla divenire nel tempo condivisa, essendo questo l’unico modo per non risultare inadempiente agli obblighi internazionali.

Non possiamo tuttavia non notare che l’intervento nazionale, seppur basilare per il raggiungimento degli impegni, non possa

8 Art 4, Doc. 9702/98 del 19 Giugno 1998 del Consiglio dell’Unione Europea.

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esser l’unico strumento considerabile; infatti, i limiti stringenti che vengono individuati rischierebbero di non essere rispettati se tale onere fosse solo a carico degli Stati. Per questo motivo il Protocollo prevede per le Parti la possibilità di ricorrere all’utilizzo dei c.d.

meccanismi di flessibilità concepiti proprio con lo scopo di render più agevole il raggiungimento dello scopo senza un eccessivo onere economico.

All’art 11 viene definito uno dei due meccanismi di flessibilità, il Joint Implementation (JI), con il quale due Paesi industrializzati possono realizzare un progetto rivolto alla riduzione di emissioni di gas serra in un altro Paese con lo scopo vedersi accreditati i diritti di emissione del Paese ospitante. I due paesi investitori potranno quindi beneficiare di un quantitativo superiore di gas serra che dovrà essere comunque non superiore a quello ridotto a seguito del progetto.

L’articolo 12 invece indica l’atro strumento denominato

Clean Development Mechanism C.D.M. A differenza del primo

strumento, in questo caso è permesso alle imprese dei paesi

industrializzati con vincoli di emissione di realizzare progetti che

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mirano alla riduzione delle emissioni di gas serra nei paesi in via di sviluppo senza vincoli di emissione.

Lo scopo di questo meccanismo è duplice; da una parte permette ai Paesi in via di sviluppo di disporre di tecnologie più pulite ed orientarsi sulla via dello sviluppo sostenibile; dall'altra permette l'abbattimento delle emissioni nei territori in cui è economicamente parlando più conveniente con la conseguente riduzione del costo complessivo d'adempimento degli obblighi derivanti dal Protocollo di Kyoto.

Le emissioni evitate dalla realizzazione dei progetti generano crediti di emissioni o C.E.Rs (Certified Emission Reductions) che potranno essere utilizzati per l'osservanza degli impegni di riduzione assegnati.

Il fatto quindi che il Protocollo contempli al suo interno i due

tipi di meccanismi sopra descritti, rende palese quanto al fine di

realizzare una comune strategia ambientale vi sia sempre e

comunque la necessità di predisporre adeguati strumenti economici

idonei a supportare i costi di transizione dal vecchio al nuovo

modello.

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2.2. La Liberalizzazione del mercato elettrico: dalla Direttiva 96/92/CE alla 2003/54/CE

Sin dalle premesse della direttiva 96/92/CE concernente le norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, è chiaro l’obiettivo che la Comunità europea si era prefissata.

Infatti, l’apertura del settore europeo dell’elettricità alla concorrenza viene ritenuto così importante da essere considerato come elemento imprescindibile per aumentare l’efficienza della generazione

9

, della trasmissione

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e della distribuzione

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di tale prodotto, rafforzando nel contempo la sicurezza dell’approvvigionamento e la competitività dell’economia europea.

Tale direttiva, nel cercare di perseguire un obiettivo tanto virtuoso, teneva comunque presente la diversità dei sistemi che i vari Stati adottavano nel regolare il comparto energetico; a dimostrazione di ciò, infatti, si prevedeva che gli Stati membri, in base alla loro organizzazione istituzionale e nel dovuto rispetto del

9 Art. 2, direttiva 96/92/CE, nozione di “generazione”: la produzione di energia elettrica.

10 Art. 2, direttiva 96/92 CE, nozione di “trasmissione”: il trasporto di energia elettrica sulla rete interconnessa ad alta tensione ai fini della fornitura ai clienti finali o ai distributori.

11 Art. 2, direttiva 96/92/CE, nozione di “distribuzione”: il trasporto di energia elettrica su reti di distribuzione a media e a bassa tensione per le consegne ai clienti.

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principio di sussidiarietà

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, avrebbero dovuto permettere alle imprese elettriche di essere gestite secondo i principi della suddetta direttiva, non discriminandole nel mercato dell’energia per quanto riguarda i loro diritti e obblighi.

Tuttavia, all’articolo 3 comma 2 veniva individuata come unica eccezione alla libera concorrenza esente da ingerenze statali, quella giustificata dall’interesse economico generale, che permetteva l’imposizione alle imprese operanti nel settore elettrico di obblighi di servizio pubblico concernenti la sicurezza, compresa quella di approvvigionamento, la regolarità, la qualità e il prezzo delle forniture nonché la protezione dell’ambiente.

La direttiva, volendo avere una incidenza concreta nella materia, non si limitava a disciplinare la situazione impiantistica presente ma, con riferimento ai nuovi impianti di generazione, dettava linee guida che gli Stati avrebbero dovuto seguire per la loro costruzione; all’articolo 4 infatti prevedeva la possibilità di

12 Principio sancito all’articolo 5 del Trattato di Roma (ex art 3 B). Esso è inserito all’interno di altri due principi comunitari: il principio di competenza (comma1) e il principio di proporzionalità (comma 3). Esso suona così: nei settori che non siano di esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo della direzione o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario. M. NAPOLI, Principio di sussidiarietà. Europa, Stato sociale. Vita e Pensiero, Milano, 2003, p. 7.

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scelta tra un sistema di autorizzazioni e/o una procedura di gara d’appalto.

La procedura di autorizzazione prevedeva la fissazione, ad opera degli Stati, di criteri di rilascio

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delle autorizzazioni di costruzione degli impianti di generazione sul loro territorio.

La gara d’appalto invece, come altra strada percorribile per la costruzione di nuovi impianti di generazione, prevedeva la redazione di un inventario sui nuovi mezzi di generazione presenti, comprendendo anche le capacità di sostituzione, in base ad una valutazione preventiva.

Tale valutazione preventiva, si prescriveva all’articolo 6 comma 2, doveva essere effettuata almeno ogni due anni dal gestore della rete di trasmissione o da qualsiasi altra autorità competente designata dallo Stato membro e sotto la sua supervisione, con lo scopo di verificarne la capacità di generazione e trasmissione collegabile alla rete, del fabbisogno di dispositivi di interconnessione

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con altre reti e, delle potenziali capacità di trasmissione nonché della domanda di energia elettrica.

13 Art. 5, direttiva 96/92/CE, comma 1.

14 Art. 2, direttiva 96/92/CE, nozione di “dispositivi di interconnessione”: apparecchiatura per collegare le reti elettriche.

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Ovviamente, a garanzia del principio di trasparenza e di non discriminazione ai quali gli Stati dovevano ispirarsi nel compimento dei loro progetti, la direttiva prescriveva la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea di tutte le specifiche relative alla procedura della gara d’appalto, almeno sei mesi prima del termine previsto per la presentazione delle offerte.

Passando dall’attività di costruzione a quella di gestione della rete di trasmissione, la direttiva stabiliva che gli Stati membri, di loro iniziativa, oppure richiedendo alle impese proprietarie di reti di trasmissione, designassero un gestore della rete, responsabile della gestione della manutenzione e, se necessario, dello sviluppo della rete di trasmissione in una data zona e dei relativi dispositivi di interconnessione con altre reti, al fine di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti.

Il gestore, che al comma 3 dell’articolo 7 veniva indicato

quale responsabile della gestione dei flussi di energia sulla rete, era

anche responsabile della sicurezza, affidabilità e efficienza della

rete elettrica, svolgendo un’attività di controllo circa gli scambi con

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le altre reti interconnesse

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, e assicurando la disponibilità dei servizi ausiliari necessari.

La gestione dell’attività di trasmissione dell’energia elettrica, doveva essere effettuata seguendo preliminarmente sulla base degli obblighi contrattuali, compresi quelli derivanti dalle condizioni del bando di gara d’appalto, e solo secondariamente tenendo conto dei criteri approvati dallo Stato membro ,laddove fossero previsti, in materia di dispacciamento degli impianti di generazione e di impiego di dispositivi di interconnessione.

Lo stato membro poteva tuttavia imporre al gestore della rete che effettuava il dispacciamento degli impianti di generazione, l’obbligo di dare la precedenza a quelli impianti che utilizzavano per il loro funzionamento fonti energetiche rinnovabili o energia da rifiuti

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, ovvero che assicuravano la produzione di calore e di energia elettrica.

15 Art. 2, direttiva 96/92/CE, nozione di “rete interconnessa”: complesso di reti di trasmissione e distribuzione collegate mediante uno o più dispositivi di interconnessione.

16 Tra le fonti rinnovabili è compreso il recupero di energia dai rifiuti mediante incenerimento o altre forme di termovalorizzazione (ad es., gassificazione, pirolisi, dissociazione molecolare). L’impiego dei rifiuti come combustibili alternativi rispetto a quelli fossili tradizionali ha trovato, tuttavia, irriducibili oppositori che contestano in radice ogni legittimità a tale soluzione, di cui paventano i rischi ambientali e sanitari, il contributo all’emissione di gas serra, la promozione di comportamenti collettivi ed individuali dissipatori di risorse in alternativa a sistemi virtuosi di riduzione degli sprechi e di riciclo dei rifiuti. S.

MATTEINI CHIARI, F. ALLEGRUCCI, F. ANTONIOLI, Energie rinnovabili e compatibilità ambientale, Milano, Maggioli, 2009, p. 192.

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La direttiva al capitolo V trattava anche della gestione della rete di distribuzione e a tal proposito all’articolo 11 comma 2 sanciva un aspetto fondamentale per il raggiungimento della libera concorrenza, ovvero il divieto per il gestore della rete di distribuzione di discriminare gli utenti o le categorie di utenti della rete, al fine di favorire le sue società controllate o i suoi azionisti.

Anche riguardo alla gestione della distribuzione, cosi come era stato sancito per la gestione della rete di trasmissione, il legislatore comunitario permetteva allo Stato membro di imporre al gestore della rete che effettuava il dispacciamento degli impianti di generazione, l’obbligo di dare la precedenza agli impianti che impiegavano fonti energetiche o energia da rifiuti, ovvero che assicuravano la produzione di calore e di energia elettrica

17

.

Altro ambito in cui interveniva la direttiva era quello relativo alla separazione e trasparenza della contabilità che le imprese elettriche dovevano tenere.

Infatti, l’articolo 14 comma 2, sanciva che qualsiasi fosse il loro regime di proprietà o la forma giuridica in cui erano costituite, queste dovevano redigere, sottoporre a revisione e pubblicare i conti

17 Art. 1, comma 3, Direttiva 96/92/CE.

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annuali, secondo le norme della legislazione nazionale sui conti annuali delle società di capitali

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. Laddove l’impresa non fosse obbligata a pubblicare tali conti avrebbe dovuto comunque tenerne una copia a disposizione del pubblico nella loro sede sociale.

Gli ultimi punti che la direttiva affrontava riguardavano l’organizzazione dell’accesso alla rete.

Gli Stati membri, al fine di gestire tale organizzazione potevano scegliere tra la procedura che prevedeva l’accesso alla rete negoziato, disciplinato all’articolo 17, oppure quella che prevedeva l’acquirente unico, disciplinato all’articolo 18.

Nel primo caso, l’accesso alla rete negoziato, prevedeva che gli Stati membri prendessero le misure necessarie affinché i produttori e, qualora fossero stati autorizzati dagli Stati stessi, le imprese fornitrici di energia elettrica, nonché i clienti idonei, sia all’interno che all’esterno del territorio coperto dalla rete, potessero negoziare circa l’accesso alla rete con lo scopo di concludere tra loro contratti di fornitura sulla base di accordi commerciali volontari.

18 Direttiva 78/660/CEE del 25 luglio 1978.

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Al fine di promuovere la trasparenza e facilitare le trattative commerciali, i gestori delle reti dovevano pubblicare nel primo anno successivo all’attuazione della direttiva in esame una gamma indicativa dei prezzi richiesti per l’utilizzazione della rete di trasmissione e di distribuzione. Tale meccanismo doveva portare negli anni successivi ad avere un quadro di prezzi medi ricavati dalle trattative durante i dodici mesi precedenti

19

.

La procedura dell’acquirente unico prevedeva invece che gli Stati membri designassero una persona giuridica come acquirente unico

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all’interno del territorio coperto dal gestore della rete.

Gli Stati membri, al fine di garantire un mercato concorrenziale dovevano prendere misure necessarie affinché, non solo venisse pubblicata una tariffa non discriminatoria per l’utilizzazione delle reti di trasmissione e di distribuzione, ma si rendessero anche totalmente liberi i clienti idonei

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nella scelta dei contratti di fornitura più adatti alle loro esigenze.

19 Art. 17, comma 3, direttiva 96/92/CE.

20 Art. 2, direttiva 96/92/CE, nozione di “acquirente unico”: la persona giuridica responsabile, nella rete in cui è stabilita, della gestione unificata della rete di trasmissione e/o dell’acquisto e della vendita centralizzati dell’energia elettrica.

21 Art. 2, comma 6, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79: è la persona fisica o giuridica che ha la capacità, per effetto del decreto medesimo, di stipulare contratti di fornitura con qualsiasi produttore, distributore o grossista, sia in Italia che all'estero (…).

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All’acquirente unico veniva imposto l’obbligo di acquistare l’energia elettrica oggetto di un contratto tra un cliente idoneo ed un produttore all’interno o all’esterno del territorio coperto dalla rete, ad un prezzo pari al prezzo di vendita offerto dall’acquirente unico ai clienti idonei, dedotta la tariffa pubblicata ai sensi dell’art 18, comma 1, punto i).

Laddove l’obbligo sopra citato non fosse previsto, gli Stati membri dovevano operarsi per permettere che i contratti di fornitura

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fossero eseguiti mediante l’accesso alla rete in base alla tariffa pubblicata.

L’acquirente unico poteva comunque, a fronte di un’idonea motivazione, negare l’accesso alla rete ai clienti e rifiutare di acquisire energia nel caso in cui non disponesse della capacità di trasmissione o di distribuzione necessaria.

A fronte dei meccanismi commerciali sopra illustrati, si evince quindi che la volontà dei Paesi membri fosse quella di raggiungere un’apertura dei loro mercati dell’energia elettrica tale da permettere la conclusione dei contratti di cui sopra ad un livello

22 Art. 18, comma 1, lettere ii) e iii) della direttiva 96/92/CE.

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significativo, che ovviamente doveva essere notificato alla Commissione europea.

La quota di mercato nazionale veniva calcolata, ai sensi dell’articolo 19 sulla base della quota comunitaria di energia elettrica consumata dai clienti finali

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il cui consumo fosse superiore a 40 GWh, mentre la quota comunitaria veniva calcolata dalla Commissione sulla base delle informazioni fornite annualmente dagli Stati membri.

Laddove si fosse verificata una crisi improvvisa del mercato dell’energia, tale da minacciare l’integrità fisica o la sicurezza delle persone, delle apparecchiature, degli impianti o della rete, gli Stati venivano legittimati ad adottare temporanee misure di salvaguardia;

tuttavia tali interventi dovevano causare il minor perturbamento possibile al funzionamento del mercato e allo Stato veniva imposto l’obbligo di notifica agli Stati membri e alla Commissione, la quale poteva decidere che lo stesso modificasse il suo operato onde evitare che tali interventi generassero una distorsione della concorrenza, incidendo negativamente sugli scambi commerciali.

23 Art. 2, direttiva 96/92/CE, nozione di “ cliente finale”: il cliente che acquista energia elettrica per uso proprio.

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L’analisi approfondita della direttiva 96/92/CE, abrogata dalla direttiva 2003/54/CE risultava essere necessario poiché questa ha rappresentato il primo vero passo verso la liberalizzazione del comparto elettrico. La direttiva del 2003, volta a completare la liberalizzazione del mercato interno dell’elettricità fa proprio l’approccio della Commissione nei confronti delle energie rinnovabili, stabilendo che lo Stato membro possa imporre al gestore del sistema che effettua il dispacciamento degli impianti di generazione, l’obbligo di dare la precedenza agli impianti di generazione che impiegano fonti energetiche rinnovabili o rifiuti , oppure che assicurano la produzione mista di calore e di energia elettrica

24

.

La direttiva affida anche alle autorità di regolamentazione il compito di assicurare la non discriminazione, l’effettiva concorrenza e l’efficace funzionamento del mercato, controllando in particolare le condizioni e le tariffe di connessione dei nuovi produttori di elettricità, al fine di garantire che queste siano obiettive e trasparenti, tenendo conto nel compimento della

24 Direttiva 2003/54/CE, art. 11, comma 3.

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26

valutazione, dei costi e dei vantaggi che le varie tecnologie rinnovabili potrebbero comportare.

Analizzando quindi il percorso che le varie direttive succedutesi nel corso del tempo hanno delineato, risulta imprescindibile notare che nonostante il periodo iniziale della liberalizzazione risulti essere in larga misura positivo ed è dimostrato dai prezzi dell’elettricità che in termini reali sono inferiori a quelli del 1997, nonostante l’aumento dei prezzi del petrolio, del gas e del carbone-siamo ancora molto lontani dall’integrazione dei mercati nazionali dell’elettricità e del gas naturale per l’esistenza di barriere all’ingresso, per l’uso inadeguato delle infrastrutture esistenti e per l’insufficiente interconnessione delle reti elettriche tra molti Stati membri che comportano fenomeni di congestione alle frontiere

25

.

2.3. L’istituzione del sistema per lo scambio quote di emissione dei gas ad effetto serra: la Direttiva 2003/87/CE

La direttiva 29/2009 del 23 Aprile 2009 recante disposizioni in materia di riduzione gas ad effetto serra, rappresenta un altro

25 B. POZZO, Le politiche energetiche comunitarie. Un’analisi degli incentivi allo sviluppo delle fonti rinnovabili, Milano, Giuffrè, 2009, p. 21.

(27)

27

tassello fondamentale di quello che costituisce un deciso impegno comunitario alla tutela ambientale.

Il primo intervento in tale ambito si ebbe, infatti, nel 2003 con la direttiva n° 87 che istituiva un sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra nella Comunità, al fine di favorire le riduzioni delle emissioni di tali gas all’insegna dell’efficacia dei costi e dell’efficienza economica.

L’obiettivo ultimo della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici U.N.F.C.C, approvata con decisione 94/69/CE era infatti quello di stabilizzare le concentrazioni di gas ad effetto serra nell’atmosfera ad un livello tale da escludere qualsiasi pericolosa interferenza delle attività umane sul sistema climatico.

Il risultato normativo prodotto dai vari interventi legislativi succedutisi, risulta essere sicuramente molto incisivo e penetrante per l’economia dei vari Stati membri, per i quali resta tuttavia garantito il principio della libera concorrenza .

A decorrere dal 1° gennaio 2005, gli Stati membri si sono

impegnati affinché nessun impianto possa esercitare, senza la

(28)

28

specifica autorizzazione rilasciata da un’autorità competente

26

, le attività elencate nell’allegato 1 della direttiva che comportano le emissioni specificate in relazione a tali attività.

Tale richiesta di autorizzazione deve contenere la descrizione dell’impianto e delle tecnologie utilizzate, le materie prime e secondarie impiegate che potrebbero comportare la produzione di emissioni elencate nell’allegato I, e le misure previste per monitorare e comunicare le emissioni.

L’autorità competente, rilascerà quindi l’autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra da un impianto o parte di esso dopo aver accertato che il gestore sia in grado di controllare e comunicare le emissioni.

27

La validità dell’autorizzazione è di 5 anni sempre che non intervengano modifiche sostanziali che ovviamente richiederebbero un aggiornamento autorizzativo.

Il monitoraggio e la comunicazione richiesti devono essere certificati da un soggetto terzo che sia accreditato dalle autorità competenti cosi come previsto dall’articolo 15 della direttiva del 2003.

26 Art. 5, direttiva 87/2003 CE.

27 Art. 6, direttiva 87/2003 CE.

(29)

29

La Direttiva, inoltre, istituisce i registri nazionali delle emissioni, che in Italia sono gestiti dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambiente

28

.

Tale registro contiene il numero di quote assegnate a ciascun impianto, tutte le transazioni dovute a trasferimenti di quote, European emission trading, tra i conti e le emissioni annuali dichiarate dagli operatori e convalidate dai verificatori.

Il Sistema europeo di scambio di quote di emissione è il principale strumento adottato dall’Unione Europea per rispondere alle esigenze espresse nel Protocollo di Kyoto, al fine di ridurre le emissioni di gas serra nei settori energivori

29

.

Il sistema è stato introdotto con la direttiva 2003/87 CE e le successive modifiche culminate con la direttiva 2009/29 CE;

secondo lo schema delineato normativamente, viene definito un tetto massimo alle emissioni totali consentite a tutti i soggetti vincolati dal sistema (cap), ma consente ai partecipanti di acquistare

28 A. PIEROBON, Nuovo manuale di diritto e gestione dell'ambiente. Analisi giuridica, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2012, p. 798.

29 ENCICLOPEDIA TRECCANI: Che consuma grandi quantità di energia per alimentare la propria produzione. Le aziende «energivore» hanno bisogno di elettricità e gas a costi compatibili con la competizione internazionale. Altrimenti, i bilanci stessi delle imprese vengono messi a rischio, perché appesantiti da bollette insostenibili nei confronti dei concorrenti esteri. Per questo le aziende chiedono una liberalizzazione vera dell’energia invece dell’attuale aumento netto di costi.

(30)

30

e vendere sul mercato, trade, i diritti di emissione di CO2 (quote) secondo le loro necessità all’interno del limite stabilito.

30

I gestori degli impianti possono quindi scegliere se investire per ridurre le proprie emissioni, attraverso interventi di efficientamento energetico o con l’utilizzo di tecnologie a basso contenuto di carbonio, oppure acquistare ulteriori quote.

L’assegnazione iniziale delle quote avviene a titolo oneroso mediante aste pubbliche europee.

Tali aste si svolgono su piattaforme d’asta dedicate, gestite da mercati regolamentati operanti sul mercato del carbonio e selezionate tramite gara d’appalto europea.

Tutti gli operatori, a prescindere dallo Stato membro in cui hanno sede, possono partecipare alle aste bandite da qualsiasi piattaforma d’asta operativa.

25 Stati, tra i quali l’Italia, insieme a Norvegia, Islanda e Lichtenstein hanno deciso di collocare le proprie quote su una piattaforma d’asta comune transitoria (Transitional Common Auction Platform – t- CAP).

31

30 Informazioni tratte dal portale informatico del GSE, il sistema EU UTS.

31 Informazioni tratte dal portale informatico del GSE.

(31)

31

In Italia, il Gestore dei Servizi Energetici G.S.E è il responsabile del collocamento (Auctioneer) ovvero partecipa per conto del Governo italiano a ciascuna asta gestita dalla piattaforma d’asta comune collocando le quote italiane e ricevendone i proventi che trasferisce successivamente all’erario.

E’ importante sottolineare che il G.S.E non intrattiene mai rapporti diretti con gli operatori che gestiscono le quote, poiché il soggetto mediatore risulta essere sempre la Piattaforma d’Asta.

La direttiva del 2009 permette agli Stati membri di assegnare, agli impianti per la produzione di energia elettrica che hanno posto in essere un processo d’investimento, quote a titolo gratuito per un periodo transitorio

32

. Dalle condizioni richieste per poter accedere a tale procedura risulta chiara la ratio della norma ovvero raggiungere un complessivo sistema energetico efficiente e omogeneo al fine di garantire un mercato elettrico sostenibile.

Le quote assegnate a titolo gratuito per un periodo transitorio sono detratte dal quantitativo di quote che lo Stato membro interessato avrebbe messo all’asta ai sensi dell’articolo 10 paragrafo 2 della direttiva del 2009.

32 Art. 10 quater, comma 1, direttiva 29/2009.

(32)

32

All’articolo 27 della suddetta direttiva è stata prevista, a certe condizioni, la possibilità di escludere i piccoli impianti (emissioni annue < 25.000 t/CO2) definendo in maniera ancor più chiara rispetto alla precedente, anche i soggetti obbligati a chiedere l’autorizzazione all’emissione di gas a effetto serra con particolare riferimento agli impianti di combustione.

A conclusione dell’esame dei principali meccanismi delineati a livello comunitario in materia di emissione di gas serra, possiamo dire che considerato l’impatto indiscutibile che questi hanno sui cambiamenti climatici, il notevole impegno che i Paesi dell’Unione dedicano al fine di limitare tali variazioni non poteva non sfociare in un obbiettivo più che mai virtuoso cioè quello di alzare al 20% la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili con la conseguente diminuzione del 20% di emissione dei gas serra, portando al 20% il risparmio energetico, obiettivi da raggiungere entro il 2020.

Questo delineato in sintesi rappresenta in sintesi il contenuto

del cosiddetto pacchetto clima energia 20-20-20, proposto dalla

(33)

33

Commissione Europea nei primi mesi del 2007 e approvato il 12 Dicembre 2008.

33

3. D.lgs. 16.3.1999 n. 79: attuazione della Direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica

La liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica, sancita in primis a livello comunitario attraverso la direttiva 96/92/CE, si è realizzata in Italia per effetto del decreto legislativo del 16 marzo 1999 n. 79, il quale ha stabilito che sono completamente libere le attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica, a differenza di quelle di trasmissione e dispacciamento su cui vige una riserva dello Stato da cui deriva che le stesse sono attribuite in concessione al Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale G.R.T.N.

Il processo di liberalizzazione ha avuto un percorso lento ma progressivo, riguardando inizialmente solo le grandi aziende, esso ha successivamente investito le piccole e medie imprese, sino a raggiungere, a partire dal 1° luglio 2007

34

, anche le utenze domestiche. Tale sviluppo ha condotto alla piena liberalizzazione

33 M. SILVESTRI, E. PEDROCCHI, G. ALIMONTI, Energia Sviluppo Ambiente:

Osservatorio per l'energia, Bologna, Esculapio, 2012, p. 366.

34 Decreto Legge n.73 del 2007.

(34)

34

del settore, fenomeno che ha permesso a tutti gli utenti la possibilità di scegliere, in totale assenza di vincoli, il proprio fornitore di energia elettrica.

L’obiettivo principe del decreto era quello di porre fine alla monopolio che si riscontrava nel mercato elettrico italiano. Tale situazione trovava origine nel 1962, anno in cui il Parlamento Italiano, decise di istituire Ente Nazionale per l’Energia Elettrica, E.N.E.L, nel tentativo di superare la frammentazione del mercato fino ad allora esistente. L’obiettivo da conseguire era la rapida elettrificazione dell’intero territorio nazionale in un periodo di forte crescita economica e garantire tariffe dell’energia elettrica non differenziate in base alla localizzazione del punto di prelievo

35

.

Dal 1962 al 1999 i vari processi del settore elettrico (generazione, trasmissione, dispacciamento e distribuzione) sono stati concentrati in un solo operatore, E.N.E.L.

Con l’entrata in vigore del decreto n° 79 del 1999 il settore elettrico è stato profondamente riformato. all’articolo 1 esso infatti dispone che le attività di produzione, importazione, esportazione acquisto e vendita sono libere nel rispetto degli obblighi di servizio

35 B. POZZO, Op. cit., 128.

(35)

35

pubblico. Tuttavia, le attività di trasmissione e dispacciamento restano riservate allo Stato, che le attribuisce per mezzo di concessione al gestore della rete di trasmissione nazionale G.R.N.T.

Il gestore della rete, proprio per garantire la libera concorrenza, ha l’obbligo di connettere alla rete di trasmissione nazionale tutti i soggetti che ne facciano richiesta, dovendo motivare l’eventuale rifiuto.

Dal 2005 tale funzione

36

è stata affidata a Terna S.p.A. e il G.R.N.T, oggi Gestore dei Servizi Energetici G.S.E, è garante circa l’adempimento di tutti gli obblighi gravanti sui soggetti operanti nel mercato elettrico in merito alla sicurezza, all’affidabilità a all’efficienza.

Oltre quindi, a rappresentare l’organo pubblico posto a tutela di un settore fondamentale per la crescita economica del Paese

37

, in linea con la strategia comunitaria, deve stimolare l’utilizzazione prioritaria dell’energia elettrica prodotta a mezzo di fonti energetiche rinnovabili e di quella prodotta mediante cogenerazione.

36 Concessione alla Società Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.A. delle attività di trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica nel territorio nazionale.

37 Studi economici dell'O.C.S.E: Italia, 2015.

(36)

36

Il decreto del 1999 prevede anche la nascita dell’Acquirente Unico

38

, società pubblica interamente partecipata dal Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. con lo scopo di garantire, in un sistema caratterizzato dalla completa liberalizzazione, la fornitura dell’energia elettrica ai clienti domestici e piccole imprese che decidono di non passare al mercato libero.

L’Acquirente Unico acquista energia elettrica alle condizioni più favorevoli sul mercato e la cede ai distributori per la fornitura ai consumatori domestici e le piccole imprese connesse in bassa tensione – con meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro – che non hanno scelto un nuovo fornitore nel mercato libero.

39

L’articolo 5 del d.lgs. 79/1999 istituisce infine la figura del Gestore Mercati Energetici G.M.E al quale è attribuita la funzione di organizzare il mercato elettrico secondo criteri di neutralità, trasparenza, obiettività e concorrenza tra i vari produttori.

38 Art. 4, D.lgs. 79 del 1999.

39 Informazioni tratte dal portale informatico di Acquirente Unico S.p.A.

(37)

37

3.1. D.lgs. 3.3.2011 n. 28, attuazione della Direttiva 28/2009/CE In attuazione della direttiva 2009/28/CE, il decreto legislativo n.28 del 3 marzo 2011, definisce gli strumenti, i meccanismi e gli incentivi necessari per raggiungere entro il 2020 gli obiettivi fissati a livello comunitario dal cosiddetto pacchetto 20-20-20

40

in materia di quota complessiva di energia da fonti rinnovabili.

La costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, al fine di favorirne lo sviluppo, sono disciplinati secondo speciali procedure amministrative semplificate;

salvi i casi previsti dagli articoli 6 e 7 del decreto n.28/2011, è previsto infatti, il ricorso all’Autorizzazione Unica

41

.

Il decreto non disciplina i regimi di autorizzazione per la sola energia elettrica ma si occupa anche dell’energia termica, geotermica e dell’utilizzo del biometano.

La disciplina riguardante l’energia prodotta da reti elettriche, oggetto del nostro esame, è contenuta nel Titolo IV capo I del

40 Direttiva 2009/29/CE.

41 Informazioni tratte dal portale informatico GSE: l’ Autorizzazione Unica è il provvedimento introdotto dall'articolo 12 del D.lgs. 387/2003 per l'autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da F.E.R, al di sopra di prefissate soglie di potenza. L'AU, rilasciata al termine di un procedimento unico svolto nell'ambito della Conferenza dei Servizi alla quale partecipano tutte le amministrazioni interessate, costituisce titolo a costruire e a esercire l'impianto e, ove necessario, diventa variante allo strumento urbanistico. Il procedimento unico ha durata massima pari a 90 giorni al netto dei tempi previsti per la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale V.I.A, laddove necessaria. La competenza per il rilascio dell'Autorizzazione Unica è in capo alle Regioni o alle Province da esse delegate.

(38)

38

decreto, dove all’articolo 16 si specifica che la costruzione e l’esercizio delle opere di sviluppo funzionali all’immissione ed il ritiro dell’energia prodotta richiedono l’autorizzazione della Regione su istanza del gestore della rete.

A Terna S.p.A. l’art 17 comma 2 affida il compito di individuare gli interventi di cui sopra, all’interno del Piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale.

Oltre quindi ad essere responsabile dell’individuazione dei nuovi interventi necessari, Terna S.p.A. deve anche individuare gli interventi di potenziamento della rete che risultano essere necessari per assicurare l’immissione ed il ritiro integrale dell’energia prodotta dagli impianti a fonte rinnovabile già in esercizio

42

.

Ai distributori di energia elettrica che effettuano interventi di ammodernamento secondo i concetti di smart grid spetta una maggiorazione della remunerazione del capitale investito per il servizio di distribuzione, ma solo limitatamente ai predetti interventi di ammodernamento.

Per Smart Grid si intende una rete elettrica in grado di integrare intelligentemente le azioni di tutti gli utenti connessi.

42 Art. 17, comma 2, D.lgs. 28/2011.

(39)

39

Questo sistema di connessione permette una distribuzione di energia efficiente, sostenibile, economicamente vantaggiosa e sicura.

Per poter raggiungere un risultato tanto virtuoso è necessario ricorrere a prodotti e servizi innovativi congiuntamente a tecnologie intelligenti di monitoraggio, controllo, comunicazione, dette self-healing che garantiscano la connessione e l'operatività di generatori elettrici eterogenei di qualunque dimensione e tecnologia.

Tale sistema permette una riduzione significativa dell'impatto ambientale dell'intero sistema elettrico, pur mantenendo uno standard elevatissimo in merito alle prestazioni ottenute.

Per tali motivi risulta essere premiata la scelta imprenditoriale che avvicina a tale sistema, poiché in questo modo si permette sia una efficiente gestione, economicamente parlando, ma al contempo si è in linea con i principi internazionali e comunitari in merito di tutela ambientale.

Il sistema Smart Grid supera il classico concetto di

distribuzione dell’energia elettrica, dove risulta essere presente una

(40)

40

sola rete di distribuzione che trasporta l’energia in una sola direzione, ovvero da poche grandi centrali di generazione verso tanti piccoli centri di consumo finali.

Il nuovo concetto di distribuzione prevede infatti la gestione sia dei flussi di energia prodotta dalle grandi centrali (termoelettriche, idroelettriche), sia quella di media e piccola entità prodotta da fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, termico) superando anche le problematiche riscontrate all’inversione di flusso sull’interfaccia AT/MT (cabine primarie) e sulle linee MT.

La produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili è incentivata tramite gli strumenti disciplinati all’art 24 comma 2.

L’incentivo ha lo scopo di assicurare una equa remunerazione dei costi di investimento sostenuti e di esercizio.

Per questo motivo il periodo per il quale l’incentivo viene corrisposto è pari alla vita media utile delle specifiche tipologie di impianto e decorre dalla data di entrata in esercizio dello stesso

43

.

43 D.lgs. n.28/2011, art.24, comma 2, lettera b).

(41)

41

Il sistema adottato per l’assegnazione degli incentivi avviene tramite contratti di diritto privato stipulati tra il GSE ed il soggetto responsabile dell’impianto.

Tali contratti rientrano nella fattispecie dei contratti che sono definiti ed approvati dall’Autorità per l’energia elettrica ed il Gas.

L’incentivo assegnato è misurato anche in base al tipo d’impianto adottato tale per cui ad esempio, risulta essere maggiore se l’impianto fotovoltaico è ad alta concentrazione

44

.

Per quanto concerne i biogas, le biomasse e i bioliquidi invece, l’elemento che viene preso in considerazione ai fini della misurazione dell’incentivo è quello legato alla tracciabilità della provenienza della materia prima.

L’obiettivo che si vuole perseguire in tal caso attraverso l’incentivo, è quello di promuovere l’uso efficiente dei rifiuti

45

e

44 La tecnologia a concentrazione fotovoltaica C.P.V ricorre ai principi dell’ottica per focalizzare la radiazione solare sulle celle fotovoltaiche, aumentando così l’efficienza di conversione energetica e riducendo la quantità di materiale utilizzato per le costose celle solari (silicio). Questi sistemi massimizzano la produzione di energia seguendo il percorso del sole durante tutta la giornata.

I sistemi definiti “ad alta concentrazione fotovoltaica” H.C.P.V concentrano la luce solare aumentandone l’intensità di almeno 300 volte. Questi sistemi utilizzano infatti celle solari multigiunzione costituite da differenti materiali semiconduttori disposti a strati l’uno sull’altro, le quali sono caratterizzate da efficienze totali di conversione molto più alte di qualunque altra tecnologia fotovoltaica.

45 Art.183, comma 1, lettera a), del D.lgs 152/2006: rifiuto è qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'Allegato A alla parte quarta del decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi.

(42)

42

sottoprodotti

46

, di biogas da reflui zootecnici o da sottoprodotti delle attività agricole, agroalimentari, agroindustriali, di allevamento e forestali cosi come descritto in modo più dettagliato dall’articolo 24 comma 1 lettera h punto i) del D.lgs. n.28/2011.

La previsione di tali nuovi incentivi, deriva dalla volontà espressa dal legislatore di abbandonare i certificati verdi

47

, in linea con la volontà europea espressa attraverso la direttiva 2009/28/CE.

La norma comunitaria fissa, infatti, come limite per l’adeguamento normativo il 5 Dicembre 2015, termine utile anche per poter rispettare quelli che sono gli obiettivi previsti per il 2020.

3.2. D.lgs. 4.7.2014 n.102 avente ad oggetto l’efficientamento energetico

Il Decreto legislativo del 4 Luglio 2014 n. 102, attuando la direttiva 2012/27/UE, stabilisce un quadro di interventi necessari al fine di promuovere e migliorare l’efficienza energetica del Paese, concorrendo al conseguimento dell’obiettivo nazionale

48

.

46 Art. 183, comma 1, lettera n), del D.lgs 152/2006: sottoprodotto sono i prodotti dell'attività dell'impresa che, pur non costituendo l'oggetto dell'attività principale, scaturiscono invia continuativa dal processo industriale dell'impresa stessa e sono destinati ad un ulteriore impiego o al consumo.

47 S. KHUTZ,op.cit., p. 2: I certificati verdi sono titoli comprovanti la produzione di una certa quantità di elettricità da fonti energetiche rinnovabili. Ciascun certificato verde attesta la produzione di 100 MWh di energia elettrica da fonti rinnovabili.

48 Art 3, D.lgs 102/2014:L’obiettivo nazionale indicativo di risparmio energetico cui concorrono le misure del presente decreto, consiste nella riduzione, entro l’anno 2020, di 20 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio dei consumi di energia primaria, parti a 15, 5

(43)

43

L’articolo 7 del decreto, rubricato regime obbligatorio di efficienza energetica, al comma 2 sancisce che tale regime obbligatorio è costituito dal meccanismo dei certificati bianchi, detti anche Titoli di Efficienza Energetica T.E.E, di cui ai decreti legislativi 16 marzo 1999 n.79 e 23 maggio 2000 n.164.

I T.E.E dovranno garantire il conseguimento di un risparmio al 31 dicembre 2020 non inferiore al sessanta per cento dell’obiettivo di risparmio energetico nazionale.

La restante parte del risparmio, è previsto che sia ottenuta mediante le misure di incentivazione dell’efficienza energetica vigenti.

L’articolo 8 prevede che le grandi imprese

49

, entro il 5 dicembre 2015 debbano eseguire una diagnosi energetica, condotta da società di servizi energetici e dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale I.S.P.R.A, e successivamente ogni 4 anni.

milioni di tonnellate equivalenti di petrolio di energia finale, conteggiati a partire dal 2010, in coerenza con la strategia energetica nazionale.

49 Art. 2, comma 1, lettera v): impresa che occupa più di 250 persone, il cui fatturato annuo supera i 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio annuo supera i 43 milioni di euro.

(44)

44

Da tale obbligo sono escluse le grandi imprese che hanno adottato sistemi di gestione conformi E.M.A.S

50

e alle norme ISO 50001

51

o EN ISO 14001

52

.

Decorsi 24 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le diagnosi energetiche potranno essere effettuate solo da soggetti certificati UNI CEI 11352

53

o in base alle ulteriori norme che si potrebbero susseguire in tema di Auditor energetici.

Tali diagnosi energetiche dovranno essere effettuate, a norma del comma 3 dell’articolo 8, anche dalle imprese energivore. Per tali imprese valgono le medesime scadenze di cui sopra, indipendentemente dalla loro dimensione.

50 Informazioni tratte dal portale informatico di ISPRA. Sistema di ecogestione ed audit (Eco- Management and Audit Scheme = E.M.A.S) è un sistema ad adesione volontaria per le imprese e le organizzazioni che desiderano impegnarsi a valutare e migliorare la propria efficienza ambientale. E.M.A.S è stato lanciato nel 1993 ed è stato sottoposto a revisione nel 2001 e nel 2009.

51 Sistemi di gestione dell'energia. La norma EN16001: efficienza e risparmio energetico per competere: La norma EN16001: efficienza e risparmio energetico per competere: la norma ISO 50001 sarà il futuro standard internazionale per i sistemi di gestione dell’energia, ispirato alla struttura e ai contenuti dell’EN ISO 16001.

La ISO 50001 stabilirà un quadro per gestire l’energia di impianti industriali , strutture commerciali o di intere organizzazioni.

52 Enciclopedia Treccani: Certificazione che indica le linee guida per lo sviluppo, il mantenimento e l’implementazione di sistemi di gestione ambientale per imprese e organizzazioni, secondo i requisiti dell’International organization for standardization. La seconda edizione, emessa nel 2004, è stata studiata soprattutto al fine di favorire, da parte delle aziende, l'istituzione di sistemi integrati di gestione della qualità e dell'ambiente, anche secondo audit ispirati a criteri unificati. Il regolamento EMAS riconosce la validità dei requisiti fissati nella norma ISO 14001 per il sistema di gestione ambientale.

53 Descrive i requisiti generali e le capacità (organizzativa, diagnostica, progettuale, gestionale, economica e finanziaria) che una ESCO deve possedere per poter offrire i servizi di efficienza energetica. E. NATALE, A. DAOLIO, Le ESCo (Energy Service Company) per l'efficienza energetica, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2013, p. 23.

(45)

45

L’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile E.N.E.A, è l’organo preposto alla istituzione e gestione della banca dati nella quale vengono inseriti tutti i dati relativi alle imprese tenute ad effettuare la diagnosi energetica.

In tale modo sarà possibile monitorare costantemente sia il rispetto degli obblighi previsti dalla legge in tale materia, sia i vari rapporti di diagnosi.

L’E.N.E.A è anche tenuta ad effettuare i controlli per accertare la conformità delle diagnosi alle prescrizioni previste dall’art. 8; in caso riscontri un’inottemperanza dei soggetti obbligati, questi saranno sanzionati

54

.

Entro il 30 Giugno di ogni anno, E.N.E.A, a partire dal 2016, comunica al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell’’ambiente, della tutela del territorio e del mare, lo stato di attuazione dell’obbligo di cui ai commi 1 e 3 dell’articolo 8 D.lgs102/2014.

54 Art. 16, comma 1: Le grandi imprese e le imprese a forte consumo di energia che non effettuano la diagnosi sono soggetti ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 a 40.000 euro. Quando la diagnosi non è effettuata in conformità alle prescrizioni di cui all’art.

8 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 ad euro 20.000.

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46

I due ministeri di cui sopra, di concerto, pubblicano un bando per il cofinanziamento di programmi presentati dalle Regioni finalizzati a sostenere la realizzazioni di diagnosi energetiche nelle piccole e medie imprese o l’adozione di sistemi di gestione conformi alle norme ISO 50001.

Il decreto 102/2014 proprio al fine di essere penetrante a tal punto da rendere possibile il raggiungimento degli obiettivi del 2020, stabilisce che l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas debba predisporre le specifiche per nuovi sistemi di misurazione intelligenti che diverranno obbligatori

55

.

Tali sistemi dovranno tenere presente non solo l’energia consumata dal cliente della rete, ma anche di quella eventualmente immessa da quest’ultimo.

All’E.N.E.A, in collaborazione con le Regioni viene affidato dall’articolo 14 comma 4 il compito di predisporre il contratto tipo che le Pubbliche Amministrazioni potranno stipulare per promuovere l’efficienza energetica.

Notiamo quindi con tale normativa quanto oramai venga avvertita dal legislatore l’esigenza di ricorrere a disposizioni

55 Art. 9, comma 1, decreto n.102/2014.

(47)

47

sempre più precise e puntuali, non limitandosi solo a richiamare principi di ampio respiro, ma scendendo nel dettaglio attraverso l’attribuzione di specifici compiti e ricorrendo a strumenti che rendano la gestione di tale sistema competitivo e concretizzabile.

La scelta di affidare un ruolo primario alle varie

certificazioni, tuttavia controllando il regolare assolvimento delle

prescrizioni impartite, deriva proprio da questo; si vuole, infatti,

sfruttare totalmente gli strumenti che negli anni sono stati

disciplinati, così da raggiungere la migliore ed efficiente gestione

del sistema energetico.

(48)

48

C APITOLO S ECONDO

GLI ORGANISMI E GLI ATTORI NEL SETTORE ENERGETICO

Sommario:

1. Ministeri e organismi statali coinvolti. 1.1.Ministero dello sviluppo economico; 1.2. Ministero dell’ambiente. 1.3. Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico A.E.E.G.S.I. 1.4 Ente Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente E.N.E.A. 1.5. Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale I.S.P.R.A. 2. Gli attori principali del mercato elettrico. 2.1.Gestore dei servizi energetici. 2.2. Gestore dei Mercati Energetici; 2.3. Acquirente Unico. 2.4. Terna, Rete elettrica S.p.A; 2.5. Produttori di energia elettrica.

1. Ministeri e organismi statali coinvolti

Analizzando nel precedente capitolo la normativa riguardante il settore energetico, con attenzione particolare rivolta al comparto elettrico, è emersa la presenza di molteplici soggetti aventi un ruolo attivo nella gestione di tale sistema.

Di seguito saranno descritti, focalizzando l’attenzione sul

comparto energetico-elettrico, i Ministeri e gli organismi statali

coinvolti nell’attività d’indirizzo, di controllo e di ricerca.

(49)

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1.1 Ministero dello Sviluppo economico

Il Ministero dello sviluppo economico M.I.S.E è il dicastero del governo italiano al cui interno troviamo i settori industria, servizi, commercio internazionale, comunicazioni ed energia.

Abbiamo visto nel precedente capitolo che la disciplina nazionale concernente il settore energetico viene dettata recependo gli indirizzi Internazionali e Comunitari al fine di tutelare i particolarismi delle varie realtà nazionali, pur mantenendo fermo il caposaldo di una uniformazione normativa comunitaria di base.

L’intervento nazionale, infatti, rappresenta il penultimo snodo di un percorso normativo che inizia a livello internazionale e termina a livello statale-regionale. Tale parcellizzazione è resa necessaria al fine di rendere attuabile e plasmabile la disciplina in base alle esigenze che caratterizzano e distinguono ciascun territorio.

Il M.I.S.E ha quindi il compito di definire gli indirizzi della politica energetica nazionale.

Tali indirizzi, dopo il sostanziale abbandono della programmazione

energetica nazionale (vale a dire i Piani Energetici Nazionali –

P.E.N, previsti dalla l. n, 393/1975, sulla localizzazione delle

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