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1.1 Il problema energetico

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione 3

1) Energia ed ambiente 6

1.1 Il problema energetico 7

1.1.1 Consumi e proiezioni 7

1.1.2 Le fonti energetiche 12

1.1.3 Il problema della CO2 e rischio ambientale 14

1.2 La Fusione Nucleare 18

1.2.1 Reazioni di fusione 18

1.2.2 Condizione di reazione: criterio di Lawson 20

1.2.3 Fusione magnetica 23

1.2.4 Fusione inerziale 25

2) Fusione a confinamento inerziale 27

2.1 Panoramica 27

2.2 Fisica dell’ignizione 35

2.3 Velocit`a d’implosione 41

2.4 Guadagni 43

3) Dinamica del fascio 47

3.1 Equazioni di Hill 48

3.1.1 Equazioni del moto 49

3.2 Effetti non lineari 52

3.2.1 I sestupoli 53

3.2.2 Apertura dinamica 58

3.2.3 Approccio geometrico 68

Conclusioni 71

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Appendice A 72

Appendice B 75

Ringraziamenti 77

Bibliografia 78

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Introduzione

Gli acceleratori di particelle sono stati da sempre un poderoso stru- mento della fisica moderna ed hanno per anni supportato la ricerca fon- damentale, accompagnandola tra la verifica delle pi`u incredibili teorie, non sottraendosi mai al concreto aiuto dato per sviluppo della fisica ap- plicata e delle sue innumerevoli branche. Mentre si sta registrando un notevole calo d’entusiasmo per quel riguarda l’utilizzo degli acceleratori nel campo della ricerca fondamentale (calo generato soprattutto dai pi`u numerosi limiti tecnici e dalla quasi impossibilit`a di raggiungere certe energie), si nota, invece, come ci sia fermento in quei settori applicativi in cui l’acceleratore `e uno strumento ancora utile.

Uno di questi settori `e senza dubbio quello biomedico dove l’acceleratore `e usato addirittura per colpire ed eliminare tumori. Le energie e le intensit`a richieste non sono particolarmente alte, ma viene richiesta una estrema affidabilit`a ed una qualit`a del fascio molto elevati.

Anche in campo industriale queste macchine hanno fatto il loro ingresso proprio con la produzione di fasci intensi di neutroni, prodotti per spallazione, i cui utilizzi vanno dalla spettroscopia alla radiografia industriale. A volte anche la ”luce” di sincrotrone viene utilizzata per tecniche spettrometriche; un fulgido esempio `e il sincrotrone ELET- TRA, progettato da Rubbia, dello Science Park di Trieste.

Un utilizzo pi`u che interessante che potrebbero avere gli accelera- tori `e la trasmutazione delle scorie nucleari. Si capisce benissimo che, se un simile progetto andasse in porto, risolverebbe tantissimi problemi

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legati, purtroppo, alla produzione di energia con materiale fissile. Il progetto italiano per la trasmutazione si chiama TRASCO-ADS. Nei laboratori di Los Alamos (LANL) `e in fase di realizzazione un anal- ogo progetto denominato ATW (Acceleration-driven Trasmutation of Waste).

Molto pi`u interessante `e invece l’utilizzo degli acceleratori per la produzione di energia. Ad esempio c’`e il progetto di Rubbia, denomi- nato Energy Amplifier, che prevede la realizzazione di un reattore nu- cleare a fissione sottocritico nel quale i neutroni, necessari a mantenere stazionario il livello di potenza del reattore, sarebbero forniti appunto da un acceleratore di protoni ad alta intensit`a. In breve questi protoni, urtando su un bersaglio di metallo, producono un fascio di neutroni i quali, a loro volta, saranno iniettati nel nocciolo del reattore. Il van- taggio rispetto ai tradizionali metodi `e duplice: da un lato il reattore, lavorando ad un livello sottocritico, pu`o essere spento in qualsiasi mo- mento senza il rischio della reazione incontrollata; dall’altro, il materiale fissile utilizzabile produrrebbe scorie dalla vita media di diversi ordini di grandezza inferiore a quelli tradizionali.

Quella che invece `e l’applicazione pi`u ambiziosa e che senza dub- bio `e destinata a diventare la pi`u importante nell’arco di quaranta- cinquanta anni, `e la fusione termonucleare. E di questa incredibile` sfida che buona parte di questa tesi tratta. Una pallina di Deuterio- Trizio viene colpita, il pi`u isotropamente possibile, da lasers che cos`ı forzano la pallina stessa all’implosione e quindi alla fusione degli atomi di Deuterio-Trizio. Dalla reazione di fusione termonucleare generata, si ha un alto guadagno energetico. Tale meccanismo di fusione prevede tante varianti. Una `e quella che prevede l’uso, appunto, di un accelera- tore. Due fasci ben collimati di particelle cariche, vanno a colpire una

”scatola” (hohlraum), debitamente progettata, ad alto Z su i due lati opposti. Il materiale scaldato dai fasci, produce radiazione X che va ad inondare isotropamente l’interno dell’hohlraum al cui centro `e posta la

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solita capsula di Deuterio-Trizio. I raggi X producono una pressione su di essa, costringendola cos`ı all’implosione e alla generazione di reazioni di fusione. Quindi, per la fusione attualmente ci sono due grandi ap- procci: il primo `e quello che viene chiamato ”driver diretto” e cio`e quello che fa riferimento ai lasers; il secondo `e quello che viene chiamto

”driver indiretto” ed `e appunto quello che usa come driver il fascio di particelle cariche .

Camera per la capsula al Nova

Senza dubbio uno scenario allettante per la produzione di energia che vedrebbe, per la prima volta, la generazione di questa per via nucleare senza crare scorie radioattive. Tanto allettante quanto ancora irreal- izzabile vista la complessit`a del procedimento e la mancanza, ancora, di conoscenze adeguate il cui apprendimento viene spesso, a torto, os- teggiato da attegiamenti di certi governi che, tra l’impercettibile soglia che c’`e tra il limitare e il vietare, vedono lo sviluppo delle tecniche nucleari ancora con reticenza.

Non a caso sono gli Usa che a tutt’oggi stanno facendo lo sforzo pi`u grosso per acquisire le conoscenze necessarie. Nonostante siano decenni che studiano questo tipo di approccio alla fusione (fusione in- erziale), gli Usa hanno approntato un programma ventennale di ricerca

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che dovrebbe vedere in funzione la prima centrale dimostrativa a fusione intorno al 2025. `E ovviamente auspicabile che tale data venga rispet- tata ma, come sempre accade, ci`o che dar`a la spinta decisiva saranno i fondi che si riusciranno a trovare. Comunque i laboratori americani pi`u importanti ed attivi nel campo della ricerca per la fusione termonucle- are inerziale sono: il Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL) dove si sta sviluppando il progetto NIF (National Ignition Facility), che vede la costruzione di una vera e propria centrale a fusione e il progetto Nova che tratta dello sviluppo dei lasers e della camera di ignizione; il laboratorio di Rochester che per`o organizza i suoi progetti pi`u impor- tanti al LLNL (sua la collaborazione al Nova del LLNL); il laboratorio Sandia di Albuquerque. Per quel che riguarda l’Europa possiamo dire che non c’`e il vigore dimostrato finora dagli americani se non in am- bito prettamente teorico. Per quanto riguarda la fusione inerziale si evidenzia il progetto HIDIF con driver indiretti. Il pi`u famoso, e forse il pi`u vecchio, progetto europeo `e il JET (Joint European Taurus) che per`o sviluppa un’idea abbastanza antiquata di fusione termonucleare controllata che si contrappone alla fusione inerziale e cio`e quella del Tokamak o fusione magnetica.

Progetto NIF al LLNL

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Capitolo 1

Energia ed ambiente

1.1 Il problema energetico

1.1.1 Consumi e proiezioni

Il bisogno di energia nel mondo, in futuro, `e legato a molteplici fattori ma `e fondamentale prendere in considerazione la crescita della popolazione mondiale e quella delle attivit`a economiche nel prossimo secolo. La tabella sotto riportata mostra brevemente quali sono le pre- visioni per energia, popolazione ed economia.

Previsioni per energia e popolazione per il 21esimo secolo

1990 2050 2100

Popolazione mondiale (miliardi) 5.3 10.1 11.7 Consumo energia primaria

(gigatoni di olioequivalente) 9.0 75-102 200-300

Tabella 1.1

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Proiezioni della crescita energetica al 2015

Regione Rapporto di crescita Tempo di raddoppio energetica (%/anni) dell’energia (anni) Energia totale

paesi ”sviluppati” 1.3 53

Energia totale paesi

in via di ”sviluppo” 2.5 25

Tabella 1.2

Le previsioni date dalle tue tabelle, suggeriscono che la popolazione mondiale raddoppier`a quasi intorno al 2050 e raggiunger`a, approssima- tivamente, 2.2 volte la popolazione ora esistente intorno al 2100 (si `e assunto in vigore il metodo di controllo della popolazione e che quindi si sia arrivati ad una certa stabilit`a demografica). Distinguiamo ora tra paesi ”sviluppati” e paesi in ”via di sviluppo”. Al momento l’82%

della popolazione mondiale vive nei paesi in ”via di sviluppo” e il rima- nente 18% in quelli ”sviluppati”. I paesi ”sviluppati” allo stato attuale consumano ben il 55% dell’energia primaria del pianeta. Entro il 2050 si prevede una crescita demografica di oltre il 90% dei paesi in ”via di sviluppo” ed intorno al 2006 il consumo energetico di questi ultimi diverr`a pi`u grande di quello dei paesi ”sviluppati”. `E evidente,quindi, che da queste previsioni sia la crescita della popolazione che quella in termini energetici saranno concentrati nei paesi in ”via di sviluppo”.

Con una stima finale possiamo cos´ı dire che la domanda di energia au- menter`a di un fattore ∼ 2 nel 2050 e di ∼ 3.5 nel 2100. Un discorso di questo tipo porta necessariamente a fare il punto di quelle che sono attualmente le risorse e le riserve energetiche del pianeta.

Incominciamo col prendere in esame le risorse fossili. Esse sono cos- tituite per gran parte da carbone che, visto lo scenario dell’incremento della popolazione mondiale, ce ne sar`a abbastanza ancora per circa 200-300 anni. Un’altra risorsa fossile `e il gas naturale che, tra l’altro, `e

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considerato da molti un combustibile eccellente per il prossimo futuro.

Rispetto al carbone `e pi`u ambientalmente compatibile e pi`u facile da us- are, ma durer`a solo per circa 100 anni. Il gas naturale pu`o trovarsi anche sottoforma di gas-idrati e si stima che ce ne siano enormi quantitativi. I gas-idrati sono composti fisici formati da reticoli solidi cristallini di ac- qua dove sono appunto intrappolate le molecole di gas. Il metano-idrato

`e il pi`u comune. Questi gas si possono trovare o nelle zone di permafrost o nei sedimenti in fondo al mare. Metodi e tecniche per l’estrazione dei gas-idrati sono ancora allo studio, ma per molti baster`a trovare solo il sistema per avere cos`ı da questo gas energia a sufficienza. Ci sono poi le risorse energetiche che vengono dalla fissione nucleare. Le risorse del combustibile per la fissione sono limitate, ma in seguito all’impiego di una strategia di riutilizzo di questo, si permetterebbe l’allungamento di entrambe i cicli dei combustibili 238U →239 P u e 232T h →238 U di decine di migliaia di anni. Comunque, una fonte supplementare per il combustibile di fissione `e l’acqua del mare che conterrebbe appunto una certa percentuale di Uranio. Cos`ı, l’efficiente estrazione di Uranio dell’acqua del mare, restituirebbe una fornitura di combustibile per la fissione che potrebbe essere considerata quasi illimitata. Per quel che riguarda le risorse di energia rinnovabile c’`e da dire che sebbene l’energia solare, la biomassa, l’energia idroelettrica, eolica etc. giocheranno un ruolo importante nel prossimo secolo, esse probabilmente non avranno la capacit`a di sostenere la domanda-base di energia della futura societ`a.

Riassumendo, quindi, possiamo dire che: il combustibile fossile, specificatamente il carbone, ci sosterrebbe per circa 100-300 anni; i gas-idrati invece hanno un potenziale energetico enorme, ma `e troppo difficile ed economicamente dispendioso estrarli; la fissione nucleare, con la strategia del riutilizzo del combustibile e l’estrazione di Uranio dall’acqua del mare, ci darebbe energia sufficiente per qualche milione di anni. Cos`ı in termini di risorse di base solo la fusione nucleare pu`o essere considerata inesauribile con i suoi migliaia di anni di erogazione

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d’energia con la DT(Li) (col Litio estratto dalla superficie terrestre), con decine di milioni di anni con la fusione DT(Li) (col Litio estratto dall’acqua del mare) e con miliardi di anni con la fusione DD. L’ultima stima in anni `e compatibile con il tempo di ”vita” della Terra stessa!

Un esauriente riassunto di quanto detto sulle riserve e risorse en- ergetiche future, `e dato dalla Tabella 3 riportata nella pagina seguente.

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Riserve e risorse di energia fossile e nucleare relative ai consumi del 1990 in g.o.e.

Consumo Totale Risorsa Fonti Consumo relativo

di Energia base ulteriori al 1990

Dal 1850 1990 Riserve Risorse Risorsa Energia Energia

al 1990 base Totale Totale Elettrica

Totale fossile 260 7 1330 3800 5100 24000 86% 62%

Olio 90 3.2 340 480 820 39% 10%

Convenzionale 90 3.2 150 150 300

Non Convenz. 190 330 520 1900

Gas naturale 41 1.7 330 540 870 19000 20% 16%

Convenzionale 41 1.7 140 280 420

Non Convenz. 190 260 450 400

Idrati 19000

Carbone 130 2.2 600 2800 3400 3000 27% 36%

Totale fissione 17 0.5 3500+Th 12000+Th 16000+Th 1.7·107

6% 17%

Uranio 17 0.5 57 203 260 290000

Riutilizzo

combustibile 3400 12000 16000 1.7·107

Torio Comparabie all’Uranio (0.5-1 volta) –

Fonti

rinnovabili 0.7 8% 21%

Totale fossile+

fissione 280 7.5 4800 16000 21000 1.7·107

100% 100%

Fusione

DT(Li) 9000 ? 9000+? 2.2·108

DD 3.5·1013

Tabella 1.3

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E importante sottolieare che tutti i dati riportati nella Tabella 1.3 sono` in unit`a di gigatoni di olio equivalente. Inoltre, si fa notare, che con

”riserve” si intendono quelle fonti che sono conosciute e recuperabili con le tecnologie presenti. La somma delle riserve e delle risorse sono chiamate ”risorse base” e includono tutte le risorse convenzionali e non- convenzionali potenzialmente recuperabili. Con ”fonti ulteriori” si in- tendono quelle fonti che si credono esistere ma ancora non sono state sviluppate le tecnologie adatte per poterle estrarre. Un esempio sono il metano e l’uranio naturale disciolto in acqua.

1.1.2 Le fonti energetiche

Vogliamo ora, in questa breve sessione, parlare del rapporto energia-volume che intercorre tra le varie fonti energetiche. Ogni volta che sentiamo parlare di fonti d’energia, dobbiamo anche soffermarci su un aspetto e cio`e quello che ci dice quanto volume di quella fonte `e necessario per creare una certa potenza; con questo tipo di valutazione si ha in mano anche un nuovo tipo di termine di paragone che per forza di cose tira in ballo l’efficienza delle fonti stesse.

Un esempio pratico di quanto appena detto `e quello di confrontare le due principali fonti energetiche: il carbone e il petrolio. Una centrale elettrica da 1000 M W consuma circa 2-2,5 milioni di tonnellate all’anno di carbone, mentre per la stessa centrale (da 1000 M W ) si bruciano un 1 milione e 450 mila tonnellate di petrolio l’anno. Ecco quindi che questo esempio riportato ci mostra la quantit`a annua di petrolio e carbone per mantenere una centrale da 1000 M W . Viene da se quindi che questo paragone pu`o essere esteso a tutte le altre fonti energetiche. Prima di continuare vogliamo dare la definizione, molto utile, di una unit`a di misura che viene usata per i consumi energetici e cio`e il tep ovvero

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”tonnellata di petrolio equivalente”. Riportiamo ora la tabella con il rapporto energia/volume per le principali fonti energetiche.

Energia di alcune fonti energetiche espresse in tep per tonnellata di materiale Fonte energetica Processo Energia ottenibile (tep/ton)

Petrolio grezzo Combustione 1.0

Carbone fossile Combustione 0.7

Gas naturale Combustione 1.3

Minerale uranifero Fissione in reattori

(0.2% in Uranio) ad acqua leggera 23.8

Fissione in reattori ad acqua

leggera con riciclo 40

dell’Uranio e del Plutonio Fissione in reattori veloci

autofertilizzanti con riciclo 2200

completo del Plutonio

Tabella 1.4

Dai dati della tabella pu`o essere facilmente letto che l’energia nu- cleare `e molto pi`u efficiente in termini di rapporto energia-volume pi- uttosto che l’energia chimica. Proprio questa grande efficienza fa di- ventare competitivi anche minerali a bassissimo contenuto di Uranio (fino allo 0.1%). Se poi si prendono in considerazione i reattori veloci, per i quali il costo del combustibile `e una percentuale quasi trascur- abile del costo del kW h, potrebbe diventare utilizzabile anche l’Uranio disciolto, in quantit`a pressoch`e illimitate, nell’acqua degli oceani.

Infine consideriamo l’energia che viene dal Sole. Dell’energia irra- diata dalla stella, 9.3 · 1021kcal · s, 4.1 · 1013kcal · s raggiunge la Terra.

Comunque la densit`a d’energia solare su un piano normale alla superfi- cie terrestre `e solo di 2 cal/cm2· min. A causa di questa bassa energia occorrerebbero grandi aree per sfruttare una significativa quantit`a di energia solare. Calcoli pi`u precisi indicano che per costruire una cen- trale solare termica da 1000 M W occorrono superfici di 29 km2, per una centrale fotovoltaica 50 km2 e per una centrale eolica 74 km2. An- che da questi ultimi numeri si evince che l’energia nucleare `e davvero molto competitiva rispetto alle altre fonti energetiche.

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1.1.3 Il problema della

CO2

e rischio ambientale

Il ruolo dei gas serra nel riscaldamento globale del pianeta nel prossimo secolo `e uno scottante argomento di dibattito sia scientifico che politico.

Comunque, l’effetto della CO2 sul riscaldamento globale `e visto ora come una potenziale seria minaccia da molti corpi scientifici tenendo conto anche del larghissimo impiego che l’odierna societ`a fa, come dis- cusso precedentemente, e far`a appunto di prodotti e materie prime con- tenenti carbonio. Il grafico sotto riportato, ci d`a una rapida ed efficiente occhiata su quelli che saranno gli sviluppi energetici futuri in termini di produzione di energia ”senza carbonio” e di concentrazione di carbonio nell’atmosfera. In termini pi`u appropriati il grafico mostra la quan- tit`a di energia ”senza carbonio”, come funzione degli anni futuri, che deve essere disponibile per stabilizzare la concentrazione di carbonio nell’atmosfera che nel grafico `e un parametro. Tale concentrazione `e misurata in parte per milione (ppm).

Figura 1.1

Per dare ora un’idea delle concentrazioni di CO2in atmosfera ripor- tiamo il suo valore dell’era pre-industriale, prima della met`a del 1800,

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che era approssimativamente 270 ppm. Oggi invece la concentrazione

`e arrivata circa a 350 ppm, e sta crescendo, e c’`e consenso unanime nel dire che questa ha causato un innalzamento globale medio della temperatura di circa 0,5 C. Dal grafico di Figura (1.1) vediamo che se noi vorremmo stabilizzare la concentrazione atmosferica di carbonio al doppio di quella dell’era pre-industriale, 550 ppm, allora nell’anno 2050 occorrerebbe sviluppare ulteriori 15 T W di energia ”senza car- bonio”. La situazione odierna presenta un ”tasso di consumo” (Burn Rate) di energia primaria, considerando tutte le fonti, di circa 13 T W e di questo circa l’85% proviene da combustibili fossili basati ovvia- mente sulla chimica del carbonio. C’`e da notare, per`o, che anche sta- bilizzando a 550 ppm la concentrazione, nel 2050 si `e calcolato che la temperatura si alzer`a di circa 1,5-4,5 C. Ma questo di 550 ppm `e solo uno degli scenari di stabilizzazione. C’`e anche lo scenario ”business-as- usual” (IS92a nel grafico di Figura (1.1)) che tenendo conto degli in- crementi della popolazione mondiale e dell’uso dell’energia fossile senza controlli sul carbonio, prevede un eccesso di concentrazione dello stesso nell’atmosfera oltre il valore 900 ppm con catastrofiche conseguenze sul clima. Ora, ci si pu`o chiedere se pu`o essere possibile isolare la CO2 nel processo di combustione per evitare che essa si disperda nell’atmosfera.

Ricerche in questo senso sono tutt’ora in corso. Scenari possibili preved- erebbero trattamenti sia nella fase di estrazione che lavaggi dei fumi di scarico delle centrali. Comunque, un esempio di isolamento della CO2

`e il seguente: ”spaccamento” del metano, riiniezione del carbonio nei giacimenti e la combustione dell’idrogeno risultante. La rottura dei legami C − H del metano vuol essere fatto con vapore a pressione ele- vata restituendo cos`ı idrogeno e carbonio: CH4 + H2O → CO + 3H2. Il CO verrebbe riiniettato nelle sacche occupate precedentemente dal metano. Non `e comunque chiaro se trovare posti per una disposizione permanente del carbonio sar`a problematico. Presumibilmente si pos- sono pensare come buone disposizioni le fosse oceaniche o i giacimenti

(16)

dove vengono estratti i combustibili fossili stessi. Certamente il costo per questi tipi di siti sar`a un fattore cruciale. Un’altra osservazione riguarda la dispersione di gas naturale e gas idrati nell’atmosfera. An- che se questi combustibili possono avere un enorme potenziale in ter- mini di riserve, necessiteranno di essere trasportati dal luogo della pro- duzione a quello di consumo magari con condutture extra-continentali.

Sfortunatamente il metano `e sei volte peggiore, in termini di propriet`a di gas serra, della CO2. Questo implica che in un ”business-as-usual”, politica del non isolamento della CO2, la dispersione da parte degli impianti (tubature) deve attenersi ad un livello inferiore al 6%, altri- menti sarebbe meglio in termini ambientali bruciare olio.

Alcuni dati sul gas da effetto serra

Gas Abbondanza Tasso di Efficienza relativa per attuale aumento il riscaldamento

CO2 356 ppm +0.4% 1

CH4 1.74 ppm +0.6% 23

N2O 0.31 ppm +0.25% 270

CF C − 11(CF Cl3) 0.26 ppb n/a 14000

Per molecola riferito ad un periodo di tempo di 20 anni

Tabella 1.5

Dopo aver parlato della problematica dell’eccesso di CO2 in atmos- fera, viene da se ora una breve trattazione dei rischi per i sistemi en- ergetici. Tutti i sistemi energetici hanno un certo effetto sull’ambiente e sulla salute umana poich`e essi modificano la situazione ambientale preesistente e introducono, durante il loro funzionamento, inquinanti e calore di scarico nell’atmosfera e in fiumi, laghi o mari. Nell’analisi comparativa dei rischi, deve essere attribuito un peso appropriato agli

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effetti ambientali. La possibilit`a di esprimere rischi sanitari ed ambien- tali con la stessa unit`a richiede che essi vengano considerati e valutati separatamente. Circa l’impiego degli indicatori di rischio `e utile ri- cordare che quello maggiormente adottato `e il tasso di mortalit`a; non bisogna per`o dimenticare che tale indicatore non `e una misura comp- lessiva dei danni potenziali per la salute; una valutazione completa dei rischi sanitari deve prendere in esame anche i decessi ritardati ed altri effetti non letali.

Non meno importanti , ed interessanti, sono i dati relativi ai rischi per gli impianti industriali. Nella figura proposta di seguito vengono confrontate le conseguenze di differenti cause di rischio, tra le pi`u sig- nificative nella categoria dei rischi relativi ad attivit`a umane appunto di tipo industriale. Quello che risulta evidente `e la bassa incidenza, in termini di rischio, di impianti storicamente ritenuti molto pericolosi.

Figura 1.2

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1.2 La Fusione Nucleare

1.2.1 Reazioni di fusione

La figura 1.3, che mostra la variazione di energia di legame per numero di massa A, suggerisce un modo per estrarre energia dal nucleo atomico e cio`e scalando la curva verso nuclei sempre pi`u stabili cominciando con quelli molto leggeri. Ossia, se combiniamo due nuclei leggeri per farli diventare un nucleo con numero di massa inferiore a A = 56, viene rilasciata energia. Questo processo `e chiamato fusione nucleare perch´e due nuclei leggeri vengono fusi in uno pi`u pesante. Da notare che se si scala la curva in senso opposto e cio`e cominciando dai nuclei pi`u pesanti, avremo il processo detto fissione nucleare.

Figura 1.3

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In realt`a, un processo di fusione nucleare non `e altrettanto sem- plice da svolgere come lo si `e raccontato poch’anzi. Affinch`e due nuclei possano fondersi devono potersi avvicinare moltissimo l’un l’altro e toc- carsi. Ma stiamo trattando nuclei della stessa ”natura” e quindi con la stessa carica, ecco allora che si forma una barriera coulombiana, tra i due, che tende appunto ad allontanarli. Solo quando tale barriera viene vinta si ha un processo di fusione.

La fusione nucleare non `e una reazione naturale sulla Terra, ma lo

`e sicuramente sul Sole dove essa rappresenta la reazione base: quattro nuclei di Idrogeno fondono per dare un nucleo di Helio-4, due positroni e due neutrini

41H −→4 He + 2e++ 2ν + 26.7 M eV (1.1) che `e ovviamente la reazione netta.

Come detto prima, sulla Terra la reazione di fusione non `e poi cos`ı naturale come sul Sole, ma molti provano comunque a realizzarla scegliendo tra vari processi tutti pi`u o meno simili, chi pi`u o meno vantaggiosi e realizzabili. Presentiamo ora i principali:

21D +21D −→

32He +10n + 3.27M eV (1.2)

31T +11H + 4.03M eV (1.3)

dove 3T `e il Trizio, un isotopo dell’Idrogeno. Il tasso di reazione di 1.2 o 1.3 `e pi`u alto di quello di 1.1. Comunque la sezione d’urto della reazione 1.2 o 1.3 non `e grande abbastanza per permettere l’estrazione dell’energia da tale fusione. Un processo di fusione con una grande sezione d’urto `e

21D +31T −→42 He +10n + 17.6 M eV (1.4) ed ha pi`u possibilit`a affinch`e la sua energia venga adoperata. In 1.4, T `e materiale radioattivo che fa decadimenti β con tempo di dimezzamento

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di 12 anni, cos`ı non c’`e nessun Trizio naturale. Ma il Trizio pu`o essere prodotto tramite queste reazioni:

63Li +10n −→42 He +31T + 4.6 M eV (1.5)

73Li +10n −→42 He +31T +10 n − 2.41 MeV (1.6)

Nei reattori di fusione, il processo 1.4 procede contemporaneamente con 1.5 o 1.6. I neutroni prodotti dalla 1.4 sono forniti a una o a entrambe le reazioni 1.5 e 1.6; il Trizio prodotto da una o entrambe la 1.5 o 1.6

`e usato nel processo 1.4. Se le reazioni 1.4 e 1.5 sono combinate, esse danno il processo netto

63Li +21D −→ 242He + 22.4 M eV

e diventa chiaro che il vero carburante per una reazione DT (Deuterio- Trizio) sono Litio e Deuterio.

1.2.2 Condizione di reazione: criterio di Lawson

Prima di dare e descrivere uno dei criteri fondamentali della teoria della fusione nucleare (criterio di Lawson), `e importante parlare breve- mente di alcuni parametri in gioco. Nel paragrafo precedente abbiamo descritto le diverse reazioni di fusione e la barriera colombiana da vin- cere. Ma come realizzare praticamente queste fusioni di nuclei? Un metodo `e quello di imitare il Sole e quindi riscaldare questi nuclei in modo tale da fornirgli un’energia cinetica che sia maggiore dell’energia del potenziale colombiano. Le temperature che si devono raggiungere, per ottenere un simile risultato, sono elevatissime e in tali condizioni la materia che stavamo trattando diventa plasma. Quindi, alla fine, tutto viene ricondotto allo studio del comportamento e della dinamica dei plasmi. Ora, l’energia di fusione estratta dal plasma per secondo e per

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metro cubo `e data da

Pf = 1

4 < συ > n2Ef

dove < συ > `e il tasso di collisione, n `e la densit`a del plasma e Ef `e l’energia della reazione di fusione. Per dare un’idea di quanto grande deve essere n, scegliamo Pf = 108 W/m3, che `e comparabile con la densit`a di potenza in uscita di un reattore a fissione, scegliamo la tem- peratura essere di 10 keV e di conseguenza < συ >= 1.1 · 10−22m3/s;

n allora `e uguale a 1.16 · 1021/m3 !!

L’energia di fusione (si prende in considerazione la 1.4) `e condivisa tra l’energia cinetica dei neutroni e delle particelle α. I neutroni passano attraverso il plasma senza interagire perch`e sono neutri elettricamente.

Comunque la quantit`a di energia che `e assorbita dal plasma `e data tutta dall’interazione delle α col plasma stesso riscaldandolo. Questa energia

`e:

Pα = 1

4 < συ > n2Eα. (1.7) Il plasma, comunque, ha anche la tendenza a decrementare la sua tem- peratura dovuta ad un deflusso di energia. La parte pi`u grossa di questa perdita viene dalla radiazione di bremsstrahlung. I massimi ”indiziati”

sono gli elettroni del plasma che, appunto, collidendo con gli ioni sono soggetti a variazioni di accelerazione e quindi a generare onde elettro- magnetiche. L’energia di radiazione bremsstrahlung `e:

PB = 5.35 · 10−37neniT1/2 W/m3

Nel plasma elettricamente neutro, mistura di Trizio e Deuterio, ne = ni = n e quindi:

PB = 5.35 · 10−37n2T1/2. (1.8) Ora, il riscaldamento e l’energia persa, nel plasma, sono bilanciati ad una temperatura di 4 keV che `e chiamata temperatura di auto ig- nizione. In queste condizioni il plasma mantiene la sua alta temperatura

(22)

permettendo cos`ı che le reazioni di fusione continuino. Questo `e ben interpretato dalla Figura 1.4 che segue.

Figura 1.4

Dopo questo preambolo atto a descrivere i parametri principali della fusione, possiamo ora finalmente prendere in considerazione uno dei criteri fondamentali. La stima della temperatura di auto ignizione

`e stata ottenuta per un plasma di dimensioni infinite e quindi troppo ottimistica. Il plasma per la fusione deve essere confinato in ”ambi- enti” limitati. Proprio perch`e parliamo di spazi finiti, dobbiamo in- trodurre altre perdite di energia da parte del plasma oltre che quelle di bremsstrahlung. Consideriamo ora che il plasma perda tutta la sua energia termica durante un tempo t (t `e chiamato tempo di confina- mento). Assumendo che l’energia persa dal flusso caldo `e lineare col tempo e imponendo il bilanciamento tra energia guadagnata e persa avremo:

nτ = 24 · κT

< συ > Ef − 4.28 · 10−36T1/2 (1.9) con κ costante di Boltzmann. La condizione espressa dalla 1.9 chiamata

(23)

criterio di Lawson. Per una reazione DD (Deuterio-Deuterio) e con un valore della temperatura di T = 10 keV

nτ > 1020 s/m3

e cio`e, con un valore di nτ > 1020s/m3, la reazione di fusione continua nel plasma senza un rifornimento esterno di energia. Questo criterio indica anche che il plasma deve mantenere la sua alta temperatura e alta densit`a per qualche tempo.

1.2.3 Fusione magnetica

La condizione che deve essere soddisfatta affinch`e il plasma generi en- ergia attraverso reazioni di fusione, `e tutta contenuta nel criterio di Lawson gi`a descritto. Questo criterio afferma che il plasma deve man- tenere la sua alta temperatura ed un’alta densit`a per un p`o di tempo.

Il primo obiettivo pratico `e allora di incrementare la temperatura del plasma fino a 10 keV . Il secondo obiettivo `e di contenere lo stesso in uno spazio finito. Nessun recipiente pu`o contenere plasma a cos`ı alte tem- perature. Nonostante ci`o, sono stati sviluppati due particolari metodi:

il confinamento magnetico e quello inerziale. Vogliamo ora brevemente illustrare il confinamento magnetico.

Il pi`u facile confinamento magnetico `e un campo magnetico uni- forme dove le particelle cariche hanno una traiettoria a spirale lungo la direzione del campo. Questo per`o `e sufficiente a confinare le par- ticelle in solo due direzioni. Per prevenire la perdita della particella lungo l’asse, possiamo formare un toro, con le linee del campo, mante- nendo cos`ı la traiettoria a spirale in un anello. In qualsiasi avvolgimento toroidale, il campo `e pi`u debole per grandi raggi e cos`ı mentre la par- ticella spiraleggia vede una zona dove il campo `e pi`u debole e questa

(24)

tende a spostarvisici allargando cos`ı la sua traiettoria fino a raggiungere le pareti del recipiente. Per ridurre questo effetto, viene introdotta una componente magnetica poloidale. Questa pu`o essere realizzata usando un set di bobine esterne o facendo passare una corrente lungo l’asse del toroide attraverso il plasma. In questo caso la corrente oltre che creare il campo poloidale serve anche per il riscaldamento del plasma stesso. Dispositivi toroidali con entrambi i campi toroidali e poloidali, vengono chiamati Tokamak. Nonostante sia il pi`u famoso, il Tokamak non `e il solo tra i metodi di confinamento magnetico. Vi `e infatti an- che quello che `e chiamato Specchio magnetico. Esso consiste in un campo magnetico uniforme con alle estremit`a zone con alta densit`a di linee di campo magnetico cos`ı che la particella carica quando incontrer`a queste zone verr`a riflessa indietro verso le regioni a bassa intensit`a di linee di campo. La didascalia seguente mostra: a) specchio magnetico;

b) Tokamak; c) comportamento schematico in un particolare Tokamak (Stellator).

a) b) c)

Figura 1.5

(25)

1.2.4 Fusione Inerziale

Diamo uno sguardo ora a quello che `e il metodo di confinamento in- erziale. Questo tipo di metodo ha un approccio totalmente differente da quello che pu`o essere il confinamento magnetico. La reazione fonda- mentale per il processo `e quella gi`a vista nelle precedenti descrizioni:

D + T −→ α + n + 17.6 MeV

Una descrizione qualitativa del processo pu`o essere questa: una piccol- issima pallina, contenente Deuterio e Trizio, `e improvvisamente colpita con degli intensi impulsi laser che oltre a riscaldare la pallina la com- primono fino a farle raggiungere alte densit`a. Il traguardo di questa tecnica `e di raggiungere densit`a e temperature cos`ı alte da permettere che avvengano reazioni di fusione prima che la pallina si espanda.

Figura 1.6

Proviamo ora a descrivere meglio ci`o che accade alla pallina in un reattore di questo tipo. Una sferetta di DT `e iniettata nella macchina ed `e simultaneamente colpita da molte direzioni da un intenso impulso laser. La parte pi`u esterna della pallina `e immediatamente vaporizzata e forma un plasma che continua ad assorbire la radiazione laser. Il plasma `e non confinato e rapidamente si spande verso l’esterno e di qui si crea un’onda d’urto che comprime la parte interna, rimanente, della pallina. Questa onda d’urto comprime e scalda il nucleo della sferetta fino al punto in cui la reazione nucleare si innesca nelle regioni di pi`u alta

(26)

densit`a nel centro della pallina. Le particelle α risultanti dalla fusione perdono rapidamente la loro energia nelle collisioni con gli ioni del denso carburante. Questo fatto contribuisce ad un ulteriore riscaldamento cos`ı che le reazioni termonucleari si propagano verso l’esterno, la pallina poi si espande e la reazione finisce.

Ora ci soffermeremo su quelle che sono un p`o le problematiche dei fasci. Un problema particolarmente serio, per i fasci laser, `e la bassa efficienza (1 − 10%) per la conversione da energia elettrica in radiazioni. Quindi, approcci alternativi alla fusione a confinamento inerziale sono stati esplorati fino ad arrivare ad usare particelle cariche invece di laser. Sotto, la Figura 1.7 mostra la sequenza degli stadi della fusione a confinamento inerziale.

Figura 1.7

(27)

Capitolo 2

Fusione a confinamento inerziale

2.1 Panoramica

La fusione a confinamento inerziale (ICF) `e un approccio alla fu- sione termonucleare che fa assegnamento sull’inerzia della massa del combustibile per provocare il confinamento stesso. Per raggiungere le condizioni sotto le quali il confinamento inerziale `e sufficiente per un efficiente ”scoppio” termonucleare, i bersagli ICF, o capsule, devono avere caratteristiche simili a quelle mostrate nella Figura 2.1.

Figura 2.1

(28)

Una capsula generalmente `e un guscio sferico riempito con gas a bassa densit`a (≤ 1.0 mg/cm3). Il guscio `e composto da una regione esterna, che forma l’ablatore, ed una regione pi`u interna di deuterio- trizio (DT ), liquido o congelato, che forma il combustibile principale.

Come `e mostrato in Figura 2.2, la sezione d’urto per reazioni di fusione di tipo DT `e approssimativamente due ordini di grandezza pi`u grande rispetto a tutte le altre reazioni nel range di temperature fino a circa 40 keV . Di qui la scelta del combustibile DT .

Figura 2.2

L’energia proveniente da un ”driver” `e trasportata rapidamente all’ablatore che si riscalda e si espande. Come l’ablatore si espande verso l’esterno, il resto del guscio `e forzato a muoversi verso l’interno

(29)

per conservare la quantit`a di moto. L’efficienza con cui il combustile per la fusione implode sta tipicamente nell’intervallo tra il 5% e il 15%.

Il lavoro che fa il combustibile mentre implode `e il prodotto della pres- sione, generata dal processo di ablazione, per il volume racchiuso dal guscio. Di qui, per una data pressione, un guscio pi`u sottile che racchi- ude pi`u volume pu`o essere accelerato a velocit`a pi`u elevate rispetto ad un guscio pi`u spesso della stessa massa.

Nella sua configurazione finale, il combustibile `e quasi isobarico a pressioni fino a ∼ 200 Gbar ma consiste di due distinte regioni: una zona calda centrale, contenente ∼ 2%−5% del combustibile e una densa regione del combustibile principale che comprende anche la massa rima- nente. Le reazioni di fusione iniziano proprio nella zona centrale e, un fronte prodotto dagli scoppi termonucleari, si propaga radialmente verso l’esterno nel combustibile principale producendo un alto guadagno.

Nel processo di implosione, molte caratteristiche sono importanti.

Il rapporto d’aspetto in volo (IFAR) `e definito come il rapporto tra il raggio del guscio R, come esso implode, e il suo spessore ∆R che `e pi`u piccolo dello spessore iniziale perch`e il guscio `e compresso mentre implode. Instabilit`a idrodinamiche, simili all’instabilit`a di Rayleigh-Taylor (RT) di un fluido classico, impone un limite superiore a questo rapporto che risulta da un minimo di pressione o assorbimento dell’irradiazione da parte del ”driver”. Per processi di fusione che usano laser come driver, quando siamo nel range 25 < IF AR < 35 i valori di picco sono ∼ 100 Mbar e ∼ 1015 W/cm2 per drivers che possono arrivare ai megajoules. Questi valori minimi dipendono dalla velocit`a di implosione richiesta che `e a sua volta determinata dalle dimensioni della capsula. Le velocit minime sono nel range di 3 − 4 · 107 cm/s per drivers che raggiungono i megajoules. Va ricordato inoltre che il rapporto di convergenza ³

Rinitial

Rf inal

´ va da 20 a 30.

Le condizioni del combustibile che devono essere raggiunte per scoppi efficienti e rendite elevate, relativi all’energia del driver, possono

(30)

essere ottenute prontamente dall’analisi dello scoppio di un combustibile confinato inerzialmente. Dopo che il combustibile si `e scaldato fino a raggiungere alte temperature, iniziano a verificarsi reazioni di fusione.

Nello stato iniziale (si ricorda che nello stato finale il combustibile `e ionizzato e bisogna quindi tener conto anche degli elettroni), il com- bustibile soddisfa la relazione nD = nT = n/2, dove n indica la densit`a e i suffissi D e T si riferiscono al Deuterio e al Trizio rispettivamente.

L’equazione che regola le reazioni termonucleari `e dn

dt = −n2

2 < συ > . (2.1)

Se la frequenza di reazioni media < συ > si ipotizza essere una costante (sebbene essa cambi come una funzione della temperatura), la soluzione dell’equazione (2.1) risulta essere

1 n − 1

n0

= 1

2 < συ > τ (2.2)

dove n0`e la densit`a del combustibile prima della reazione e τ `e il tempo di confinamento del combustibile dovuto all’inerzia espresso da

τ = Rf

Cs = Rf

(κT /mi)1/2 (2.3)

dove Rf `e il raggio finale del combustibile DT , Cs = (κT /mi)1/2 `e la velocit`a del suono degli ioni (la velocit`a di espansione del combustibile), κ `e la costante di Boltzmann e mi `e una massa efficace che tiene di entrambe gli ioni del combustibile. Se la frazione o efficienza dello scoppio (tasso di reazione) del combustibile `e definita da

f = (n0− n)/n0 (2.4)

l’equazione (1.2) pu`o essere riscritta come

f = ρR

(8miCs/ < συ >) + ρR (2.5) dove ρ = nmi `e la densit`a del combustibile. La temperatura del com- bustibile si innalza a T = 80 keV per merito del riscaldamento prodotto

(31)

dal rilascio di energia delle particelle α create durante le reazioni. In media, T `e di circa 20 keV cos`ı che

8miCs/ < συ >≃ 6.3 g/cm2 (2.6) e l’equazione (2.5) si riduce a

f = ρR

(6.3 + ρR) (2.7)

dove ρR `e espresso in unit`a di g/cm2. Se prendiamo f con un valore di 0.3 ( efficienza di scoppio del 30%), ρR deve essere di 3 g/cm2.

Nel campo della ricerca sulla fusione a confinamento inerziale, ρR

`e frequentemente usato al posto di nτ . Tra ρR e nτ esiste la seguente relazione

nτ = ρR

miCs. (2.8)

Introduciamo ora il concetto di ignizione o accensione e vediamo so- prattutto come esso viene inteso nel ICF. In ICF, processo fondamen- talmente pulsato, l’ignizione avviene quando la produzione d’energia e il rilascio energetico delle particelle, provenienti dalla zona calda, sono sufficienti per creare un’onda di scoppio autosostenuta che si propaga nella circostante regione densa del combustibile principale. Per com- pensare le inefficienze dell’implosione e del driver, il bersaglio ICF deve avere un’alta efficienza di scoppio e la maggior parte del combustibile deve essere scaldato dall’onda creata che si propaga dalla zona calda centrale verso l’esterno. La produzione di energia tramite la fusione a confinamento inerziale, richiede guadagni dei bersagli sufficientemente alti tali che il prodotto tra il guadagno e l’efficienza del driver sia ∼ 10.

Dipendendo ovviamente dall’efficienza del driver, guadagni del bersaglio di 30-100 o pi`u sono richiesti per soddisfare tale condizione.

Oggi, nei laboratori, con la compressione del combustibile DT si ri- esce a raggiungere ρR = 3 g/cm2necessari per raggiungere un’efficienza di scoppio di 1/3. Per una sfera abbiamo

M = 4π 3

(ρR)3

ρ2 . (2.9)

(32)

Di qui, la massa (e anche l’energia del ”driver” con un coefficiente d’efficienza fissato) richiesta per ρR = 3 g/cm2 va come 1/ρ. A densit`a come quelle dei liquidi di 0.21 g/cm3, sono richiesti circa 2.5 kg di DT . Se tutta questa massa fosse accesa, restituirebbe circa 8·1014 J sapendo che l’energia prodotta dal DT per chilogrammo `e 3.3 · 1014 J/kg. Cos`ı, se pensiamo di raggiungere densit`a di 400 g/cm3, un guscio sferico di spessore r/2 e raggio r con ρR = 3 avr`a un massa di DT pari a 5 mg.

Questa massa restituirebbe circa 6 · 108 J. Da cinque a sei impulsi per secondo, tale bersaglio (capsula) potrebbe sostenere un reattore per la produzione di energia di 1 GW .

Sempre riferendoci a processi che usano laser come driver, possi- amo ora fare un altro esempio pratico per capire meglio di come sia importante il fattore densit`a. Introduciamo EDT come l’energia fornita al combustibile DT all’istante in cui esso compresso a densit`a elevate ed Ei come quella parte di energia del fascio, indirizzata dal driver, assorbita dal bersaglio. Le due energie sono legate dalla seguente re- lazione

EDT = ηEi. (2.10)

EDT `e espressa come

EDT = ηEi = 2µ 4π 3 R33

2nκT

(2.11) dove n `e la densit`a degli ioni DT , η `e il coefficiente o rendimento idrodi- namico, R `e il raggio finale del combustibile DT che nello stadio finale `e ionizzato, quindi `e cos`ı spiegato il due che moltiplica la (2.11) che tiene conto degli ioni e degli elettroni. Semplificando la (2.11) e ponendo η = 0.1 (10%), T = 4 keV e ρR = 3 kg/m2 abbiamo

Ei= 4πR3nκT /η

Ei = 3.65 · 1012(ns/n)2 J. (2.12)

Qui ns sta per la densit`a del combustibile solido e il suo valore `e ns = 4.5 · 1028 m−3. Quando n = ns abbiamo Ei = 3.65 · 1012 J

(33)

che `e enormemente grande ed `e tecnologicamente impossibile fornire.

Comunque, abbiamo supposto che il combustibile pu`o essere compresso a circa n = 1000ns. Allora Ei diventa 3.65 M J che `e nell’ambito delle energie che possono essere tecnologicamente raggiunte. Quando n = 104ns, Ei si riduce fino a 36.5 kJ. Quindi, per raggiungere la fu- sione a confinamento inerziale `e necessario comprimere il combustibile a densit`a 103− 104 volte quella dei solidi. Con queste semplici formule si

`e potuto capire quanto sia importante il ruolo che gioca la densit`a nella fusione inerziale. Un rapido sguardo lo diamo anche alla pressione. Se il combustibile principale (DT solido) fosse riscaldato a T = 4 keV e compresso a n = 1032 m−3, la pressione p del combustibile avrebbe il valore p = 6.4 · 1016 P a, valore derivato da p = nκT . Per la fusione a confinamento inerziale la pressione del combustibile deve raggiungere altissimi valori dell’ordine di 1017 P a. Con la stima della pressione, ora si hanno ben chiari quali sono i valori, davvero impressionanti, in questi tipo di processo.

Finora, parlando del driver, abbiamo fatto sempre riferimento al raggio laser. In verit`a esistono diversi dispositivi, tutti atti a com- primere pi`u o meno efficientemente la capsula. Possiamo sostanzial- mente raggrupparli in due categorie: driver diretti e driver indiretti.

Nel drive diretto, il fascio laser (oppure un fascio di particelle cariche) colpisce direttamente il bersaglio. L’energia laser `e trasferita agli elettroni tramite la reazione inversa a quella di bremsstrahlung o tramite una variet`a di processi collettivi del plasma. Questo assorbi- mento accade ad una densit`a di particelle uguale o inferiore alla densit`a critica di plasma nc(cm−3) = 10212, dove λ `e la lunghezza d’onda del laser in µm . La conduzione tramite elettroni deve trasportare l’energia al fronte di ablazione che tipicamente ha una densit`a di elettroni di circa 1024 cm−3.

Nel drive indiretto l’energia proveniente dal laser o dal fascio di ioni `e prima assorbita da un recipiente con alto numero atomico Z, un

(34)

”hohlraum”, che circonda la capsula. Il materiale riscaldato dal driver emette raggi X che guidano l’implosione della capsula. Per una cap- sula ottimamente progettata il 70%-80% dell’energia del driver riesce ad essere convertita in raggi X. Una geometria ottimale dell’hohlraum dipende dal driver. Disegni schematici di hohlarums per driver laser e per driver a fasci di ioni pesanti sono mostrati nella Figura 2.3 sotto riportata.

Figura 2.3

Infine presentiamo una suggestiva immagine di un hohlraum per fasci laser, ed esattamente l’esterno dell’hohlraum dell’esperimento NOVA (ubicato al Lawrance Livermore National Laboratory), proprio quando dieci raggi laser colpiscono e riscaldano la superficie interna.

Hohlraum NOVA

(35)

2.2 Fisica dell’ignizione

Classicamente il concetto di fusione di due atomi `e molto semplice.

Purtroppo, per`o, quello che ha sempre impedito lo sviluppo di questo processo, `e la barriera coulombiana che inevitabilmente ”compare”

quando si cerca di avvicinare due nuclei di atomi designati e quindi di fonderli. Nella Figura 2.4 sotto riportata, viene data una descrizione qualitativa della barriera.

Figura 2.4

In meccanica quantistica l’idea che una particella abbia una certa probabilit`a di passare attraverso una barriera di potenziale non `e certo un’idea bislacca. Quindi, tornando alla Figura 2.1, si vede che pi`u l’energia dei nuclei `e alta, pi`u si ha una probabilit`a elevata di attraver- sare la barriera coulombiana. Quanto detto pu`o essere formalizzato

(36)

come segue. Se V (r) `e la barriera coulombiana ed E l’energia dei nuclei

V (r) = e2

4πε0 · Z1Z2

r

E = e2

4πε0 · Z1Z2 b

con Z1 e Z2 numeri atomici dei due nuclei e b distanza tra i due stessi con la particolare energia E, allora la probabilit`a di attraversare la barriera sar`a

|T |2 = P = exp−2 R dr

(2m/¯h2)[V (r)−E]

= exp−2G

T `e il coefficiente di trasmissione, P indica la probabilit`a, m `e la massa del nucleo che incide sulla barriera e G `e il fattore di Gamow. Il fattore di Gamow `e espresso cos`ı

G =µ 2m

¯h2E

1/2

Z1Z2e2 4πε0

"

arccosr R b −

s R

b

µ 1 − R b

¶ # .

Nella fisica dell’implosione della capsula, per`o, bisogna tenere conto di molti fattori che vanno ad incidere pi`u o meno sensibilmente proprio sull’accensione e sull’auto-sostenimento del fronte d’onda degli scoppi termonucleari.

Come la capsula implode, il lavoro P dV e il rilascio di energia da parte delle particelle α riscaldano la zona calda centrale. La conduzione di elettroni da questa zona fino alla zona circostante (regione densa del combustibile principale), contribuisce a raffreddare la zona calda cen- trale. Contribuiscono anche al raffreddamento le perdite tramite ra- diazioni. Come il guscio del combustibile primario comprime la zona calda, la pressione aumenta e le densit`a di entrambe, zona calda e re- gione densa del combustibile principale, incrementano. Se le perdite per conduzione e radiazione della zona calda sono troppo grandi, l’ignizione non avverr`a mai. Per raggiungere l’accensione, ora che il processo

(37)

d’implosione si `e fermato, la zona calda deve avere ρR uguale a circa 0.3 g/cm2 e si deve raggiungere una temperatura, nel centro, di circa 10 keV . Sotto queste condizioni, l’energia rilasciata dalle particelle α prevarr`a su quella persa dalla conduzione degli elettroni nella zona calda e sar`a cos`ı generata un’onda di scoppio auto-sostenuta. Andando avanti con la trattazione verr`a dimostrato il perch´e di tali requisiti nu- merici per l’accensione della capsula. Prima di fare questo, facciamo un piccolo riassunto del modello di ignizione che si sta usando:

Riscaldamento

Lavoro P dV f atto sul gas durante limplosione Riscaldamento dovuto alle particelle α

Raf f reddamento









Conduzione degli elettroni P erdita dovuta alle radiazioni

Lavoro P dV f atto sul gas durante lesplosione

Elenchiamo ora, brevemente, le potenze specifiche dei vari contributi.

Consideriamo una sfera (ci stiamo riferendo alla zona calda detta anche Hot Spot), con densit`a ρ e temperatura T uniformi, che implode con una certa velocit`a ν . Verr`a compiuto un certo lavoro sul com- bustibile e la potenza specifica per questo contributo al meccanismo di riscaldamento `e

Pw = 2.4 · 1017ρT10ν5

R (2.13)

Il pedice W sta per ”work”, cio`e lavoro, R `e il raggio dell’hot spot espresso in m e ρ `e la densit`a espressa in kg/m3. Abbiamo anche che

ν5 = ν

105 m/s, T10 = T /(10 keV ) e [PW] =· W m3

¸

(38)

con T espressa in keV e ν in m/s.

Consideriamo ora il riscaldamento dovuto alle particelle α . Il tasso di riscaldamento termonucleare per unit`a di volume `e

Pα = 6.2 · 1017ρ2T101/2(ρR) (2.14) [Pα] =· W

m3

¸ .

Per quanto riguarda, invece, la perdita di energia dovuta a radiazioni, avremo che il suo contributo `e

Pr = 1017ρ2T101/2 (2.15) [Pr] =· W

m3

¸ .

Passiamo ora all’ultimo contributo per la perdita di energia per con- duzione degli elettroni:

Pe= 2.5 · 1018T107/2

R2 (2.16)

[Pr] =· W m3

¸ .

Le equazioni che vanno da (2.13) a (2.16) forniscono un quadro quali- tativo dei termini di perdita e guadagno nella zona calda centrale. In tale zona ci sar`a un guadagno netto per f = PW + Pα − Pe− Pr > 0.

La soluzione f = 0 `e quadratica in ρR, infatti si ha R2

107

XP = (ρR)2[6T102(ρR) − T101/2] + (ρR)[2.4T10ν5] − 25T107/2=

= A · (ρR)2+ B · (ρR) − C = 0. (2.17) La condizione f = 0 distingue tra regioni in cui la zona calda guadagna energia, come essa viene compressa, e regioni in cui essa perde ener- gia. Le regioni di perdita e guadagno sono mostrate nella Figura 2.5, riportata nella pagina seguente, per una velocit`a di ν5 = 3; tali zone specificano dove i vari termini di energia dell’equazione dominano.

(39)

Figura 2.5

Sopra una linea data da T = 15.75(ρR2/3) keV , il tasso di perdita per conduzione supera quello di perdita per radiazioni. Una tipica im- plosione di una capsula ICF, procede interamente sopra questa linea (per DT senza tracce d’impurit`a). Sempre dalla figura si vede chiara- mente che il lavoro P dV `e un termine dominante di guadagno d’energia nell’intervallo 0.1 < ρR < 0.2 g/cm2 e temperature di diversi keV . L’esistenza di una zona di perdita di energia a valori di ρR alti e di temperature di alcuni keV , `e causata dal fatto che le perdite per radi- azioni vanno come ρ2 mentre il lavoro P dV va semplicemente come ρ.

Infatti il rapporto tra P dV e le perdite per radiazioni `e dato da PW

Pr

= 0.767T107/2ν5

(ρR) (2.18)

che per una data velocit`a ν `e sempre minore dell’unit`a a valori di ρR sufficientemente alti. Questa regione di perdita di energia per alti valori di ρR, si estende solo fino alla ”temperatura ideale di ignizione” che sarebbe la temperatura alla quale il tasso di produzione delle particelle α uguaglia il tasso di perdita per radiazioni. Nel DT senza impurit`a questa temperatura `e di 4.3 keV .

(40)

Lungo le traiettorie, definite da f = 0, il guadagno e le perdita di energia si bilanciano cos`ı che una capsula non pu`o implodere seguendo esattamente queste traiettorie. Nella regione in cui perdita per con- duzione e lavoro P dV dominano il bilancio di energia, c’`e una trai- ettoria d’implosione verso la quale tutte le possibili altre traietto- rie d’implosione convergono o per meglio dire vengono ”attratte”.

L’equazione, nello spazio T − ρR, da cui `e possibile vedere questo `e

CνρdT

dt =X

P = Pw+ Pα− Pe− Pr. (2.19)

Le capsule che incominciano la loro implosione lontano da questa trai- ettoria, gradatamente tendono verso essa. La traiettoria non attraversa mai quella dell’ ”attrattore stabile” poich`e il coefficiente angolare, da sotto, approccia asintoticamente lo stesso valore dell’ ”attrattore sta- bile”.

Una volta che il sistema inizia ad entrare in zone con valori di T e ρR alti, la pressione cresce e rallenta l’implosione stessa. Per ν5 = 0, nella parte pi`u in basso a sinistra di tale traiettoria c’`e il cambio di pen- denza e siccome una pendenza negativa significaP P < 0, bisogna man- tenersi a T10 ≃ 1 e ρR ≃ 3 kg/m2 piuttosto che tale cambio avvenga.

Tutto questo `e mostrato nella Figura 2.6 sotto riportata. Prima di fare un rapido esempio di quanto appena detto, facciamo notare che nella suddetta figura sono riportate anche le simulazioni numeriche di trai- ettorie d’implosione della capsula del National Ignition Facility (NIF);

si vede che le traiettorie calcolate dal NIF sono qualitativamente con- sistenti col semplice modello di perdita e guadagno di energia del com- bustibile, ma la zona calda centrale raggiunge temperature pi`u alte rispetto ai valori di pre-ignizione di ρR. Il tempo `e implicito nella trai- ettoria: esso incrementa proprio come la temperatura e ρR, cambiando da destra verso sinistra attraverso la figura. Questa capsula ha una ve- locit`a d’implosione di 4 · 107 cm/s nel momento in cui essa incomincia a decelerare.

(41)

Figura 2.6

Riferendoci sempre alla (2.19), `e possibile applicare dei criteri di ignizione, lavorando ovviamente in zone di guadagno netto di energia, che ci riportano sempre ai valori di ignizione T10 ≃ 1 e ρR ≃ 3 kg/m2. Come detto precedentemente, ρR `e spesso usato al posto di nτ . Il valore di quest’ultimo, corrispondente al criterio di ignizione, `e

nτ > 1021 s/m3.

Siccome nell’ICF si raggiungono densit`a di particelle dell’ordine di 1032 m−3, allora avremo un tempo di confinamento τ pari a

τ ≈ 10−11 s.

2.3 Velocit` a d’implosione

Prima di addentrarci nel calcolo della velocit`a tipica d’implosione di una capsula ICF, bisogna puntualizzare alcune cose. Il combustibile DT

(42)

nella zona fredda `e in genere nello stato solido e a basse temperature, quindi `e giusto trattare il combustibile come un gas di fermioni degeneri (o che si trovano nello stato Fermi degenere). Allora si pu`o dire che l’energia media per particella `e dell’ordine di εF0 perch`e guardando la densit`a di particelle in funzione dell’energia, si vede che solo i fermioni che stanno intorno a εF0 interagiscono tra di loro e con campi esterni. I fermioni lontani da εF0 subiscono soltanto un rimescolamento. Quindi, nel caso di fermioni degeneri, la statistica ci suggerisce

ET ot= N · < εF > = N · 3

5 · εF0. (2.20) Con εF0 abbiamo indicato l’energia di Fermi a T ≃ 0 e con N il numero di particelle.

Una domanda che potremmo subito porci `e: che velocit`a d’implosione `e richiesta affinch`e il combustibile si assembli? Si pu`o partire da una semplice considerazione e che cio`e la somma delle en- ergie della zona calda (hot spot) e della regione densa (zona fredda), non sarebbe altro che l’energia del driver incidente sulla capsula conver- tita in energia termica. Se si tiene conto che la massa del combustibile nella zona calda `e molto minore della massa del combustibile nella zona fredda possiamo scrivere

EHS+ ECold = ET ot = 1

2MFVimpl2 1

2MFVimpl2 ≃1

2MColdVimpl2 ≃ ET ot ≃ ECold (2.21) con Cold che sta ad indicare la zone fredda, MF la massa complessiva del combustibile e Vimpl `e ovviamente la velocit`a d’implosione. Usando ora le espressioni della (2.20) e della (2.21), riusciamo a dedurre qual `e la velocit`a di assemblamento o implosione

1

2Vimpl2 ≃ECold

MCold ≡ QF D = 3.2 · 106ρ1/3

Vimpl≃ 2.5 · 103ρ1/3 (2.22)

(43)

e per valori di circa ρ = 106 kg/m3 avremo Vimpl ≃ 2.5 · 105 m/s.

Poich`e la conversione di energia cinetica in energia interna pu`o essere imperfetta, allora la Vimpl pu variare tra Vimpl = 3 − 4 · 105 m/s.

2.4 Guadagni

Parte integrante di un discorso approfondito sulla fusione inerziale, `e la trattazione dei guadagni, in energia, della capsula e la descrizione dei vari rendimenti che entrano in gioco quando finalmente si inizia a progettare ci`o che deve essere un reale reattore a fusione termonucleare inerziale. Vogliamo subito presentare un schema semplificato di un eventuale reattore con tutti i parametri caratterizzanti

Reattore ICF

dove ovviamente ηD `e sempre il rendimento del driver o efficienza idro- dinamica, Pin e Pout rispettivamente le potenze d’entrata e d’uscita, G il guadagno della capsula, ηT il rendimento delle pareti del reattore e

(44)

delle turbine e f `e la frazione che viene presa dalla potenza in uscita per l’automantenimento del ciclo del reattore.

Pin = f Pout = f ηTDPin ⇒ fηTηDG = 1 noi vogliamo che f < 1/4. Allora, con ηT ≃ 0.4 avremo

ηDG ≥ 10. (2.23)

Ora, riprodurremo lo stesso schema del reattore questa volta per`o con un rendimento del driver fissato (in questo caso un driver diretto ossia un laser) cos`ı che incominceremo a vedere i numeri pi`u rappresentativi.

Reattore ICF

Come detto appena sopra, lo schema test`e rappresentato indica quali sono i parametri principali di tutti i maggiori componenti del reattore per un dato rendimento del driver (laser) e cio`e η = 10%. Formalmente il guadagno di una capsula definito nel modo seguente

G = Energia T ermonucleare P rodotta Energia del driver .

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