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o PARTE I : Analisi teorica del cuscinetto magnetico assiale passivo

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(1)

o Introduzione

o PARTE I : Analisi teorica del cuscinetto magnetico assiale passivo

• Capitolo 1. Teoria della sostentazione magnetica passiva 1 I. 1.1. Introduzione

1.1.1. Tipi di sospensione magnetica 1

1.1.2. Possibili applicazioni 3

II. 1.2. Magnetismo e magneti permanenti 6

1.2.1. Introduzione 6

1.2.2. Magneti permanenti in terre rare 12

1.2.2.1. Generalità 12

1.2.2.2. Dipendenza della magnetizzazione dalla

temperatura 17

1.2.2.3. S

TABILITÀ DELL

INTENSITÀ DI MAGNETIZZAZIONE

19 1.2.2.4. Tecnologie di produzione e di lavorazione 24 1.2.2.5. Applicazioni magnetomeccaniche 33

• Capitolo 2. Studio del cuscinetto assiale magnetico passivo ad

anelli semplici 36

ß 2.1. Introduzione 36

ß 2.2. Cuscinetto ad anelli semplici: caso di eccentricità

nulla 40

2.2.1. P

RIMI RISULTATI

F

ORTRAN PER IL CUSCINETTO

(

E

= 0) 40 2.2.2. Risultati ANSYS per la capacità di carico (Fz) del

cuscinetto semplice (e = 0) 44

2.2.3. Risultati MEGA per la capacità di carico (Fz) e

valore ottimale del raggio interno degli anelli 48 ß 2.3. Cuscinetto ad anelli semplici: eccentricità

variabile 50

(2)

ß 2.4. Correzione del programma in Fortran per il calcolo di

cuscinetti magnetici assiali ad anelli semplici 56

2.4.1. Correzione per permeabilità unitaria (m

r

= 1.001) 57

2.4.2. Dipendenza dell’induzione residua dalla permeabilità relativa 59

2.4.3. Nuovo confronto ANSYS o MEGA – Fortran 61

ß 2.5. Conclusioni sul cuscinetto magnetico assiale ad anelli semplici 65

• Capitolo 3. Studio del cuscinetto assiale magnetico passivo ad anelli estesi 67

ß 3.1. Introduzione 67

ß 3.2. Cuscinetto ad anelli estesi: caso di eccentricità nulla 69 3.2.1. Risultati ANSYS e MEGA per la capacità di carico (Fz) del cuscinetto semplice (e = 0) 69

ß 3.3. Previsioni ANSYS per eccentricità variabile 74

ß 3.4. Soluzione per ottenere un sensibile aumento della capacità di carico del cuscinetto esteso 77

ß 3.5. Conclusioni sul cuscinetto magnetico assiale ad anelli estesi e soluzione proposta 90

o PARTE II : Analisi sperimentale della sospensione magnetica passiva • Capitolo 1. Analisi sperimentale della sospensione magnetica III. 1.1. introduzione 101

IV. 1.2. determinazione della campagna di prove 102

V. 1.3. Messa a punto dell’attrezzatura 104

VI. 1.4 Prove a temperatura ambiente con ecc=0 112

VII. 1.5 Prove a temperatura ambiente con ecc variabile 121

VIII. 1.6 Confronto tra i dati sperimentali e quelli teorici 135

(3)

XI. 2.3. Analisi dei risultati 154

XII. 2.4. Verifica magnetizzazione 155

XIII. 2.5. Verifica magnetizzazione in ambienta criogenico 164 XIV. 2.6. Conclusioni 170

o PARTE III : Modifiche dell’attrezzatura per le prove sperimentali

• Introduzione 172

• Specifica di progetto 180

• Capitolo 1. Progetto concettuale e costruttivo preliminare 185 XV. 1.1. Schematizzazione del problema 185 XVI. 1.2. Possibili soluzioni e scelta della soluzione definitiva 186 XVII. 1.3. Progetto costruttivo preliminare 190

1.3.1. Analisi cinematica 190

1.3.2. Analisi dei carichi in prima approssimazione 193

• Capitolo 2. Progetto costruttivo esecutivo 197

XVIII. 2.1. Piastra superiore 197

2.1.1. Disegno della piastra 197

2.1.2. Verifiche statiche agli elementi finiti 199

XIX. 2.2. Albero della cerniera 200

2.2.1. Disegno dell’albero 200

2.2.2. Verifiche statiche agli elementi finiti 200

XX. 2.3. Slitta portamagnete 202

2.3.1. Disegno della slitta portamagnete 202 2.3.2. Verifiche statiche agli elementi finiti 202

XXI. 2.4. Complessivo 3D 206

• Capitolo 3. Procedure di montaggio e taratura dell’attrezzatura

di prova 208

XXII. 3.1. Montaggio 208

XXIII. 3.2. Taratura 209

(4)

Sommario

L’obbiettivo del presente lavoro di tesi mira, mediante la sperimentazione, all’individuazione del comportamento della capacità di carico assiale e radiale di una sospensione magnetica a magneti permanenti passivi, al variare di eccentricità e gap.

Le prove sperimentali sono state effettuate in due condizioni operative differenti:

• Prova a temperatura ambiente

• Prova a temperatura criogenica

Nella prova a temperatura criogenica si sono raggiunti valori di temperatura prossimi ai 93°K, cioè circa -180°C.

Sono poi state progettate delle modifiche da apportare all’attrezzatura di prova, per mettere a punto adeguatamente l’attrezzatura stessa, e per permettere una migliore sperimentazione in ambiente criogenico.

Introduzione

(5)

FiatAvio Spazio fornisce la turbopompa LOx “Vinci” per Ariane 5.

Attualmente FiatAvio è impegnata nella ricerca di un sistema alternativo di sostentazione dell’albero della turbopompa, sostitutivo dei presenti cuscinetti obliqui a sfere.

Turbopompa “Vinci”

Da questa esigenza, nasce la collaborazione tra l’Università di Pisa e

FiatAvio, per la ricerca di un sistema ibrido di sostentazione, costituito da

cuscinetti idrostatici e magnetici. I cuscinetti idrostatici hanno il compito di

supportare le spinte radiali, mentre tutte le spinte assiali sono supportate

da un sistema idrostatico di bilanciamento, denominato “Axial Balancing

System”. Tutti questi dispositivi funzionano in presenza di fluido in

pressione (spillato dal compressore), quindi, all’avvio e durante i transitori

di accensione e spegnimento della turbopompa, il compito della

sospensione magnetica è quello di supportare tutte le spinte assiali. Infatti

le spinte radiali, in queste fasi, non sono tali da compromettere l’integrità

degli anelli degli idrostatici radiali che eventualmente fossero venuti in

(6)

contatto. Un altro compito della sospensione magnetica è quello di supportare il carico assiale in caso di malfunzionamento dell’ABS.

Il tipo di sostentazione magnetica adottata è quella passiva, che presenta l’inconveniente dell’instabilità radiale, ma che teoricamente sviluppa forze destabilizzanti trascurabili tenuto conto delle eccentricità di funzionamento dell’albero (15mm). La sospensione mediante superconduttori è da escludere perché la temperatura dell’ossigeno liquido non la permette, mentre la sospensione magnetica attiva presenta l’inconveniente di richiedere una sorgente di potenza esterna, ma soprattutto un peso totale inaccettabile per l’applicazione in esame.

Il lavoro svolto mira alla sperimentazione della sospensione assiale magnetica passiva, in maniera tale da determinarne il suo reale comportamento (cioè capacità di carico assiale e radiale) , che sarà confrontato con quello teorico ottenuto in precedenza. A tal scopo quindi è stata pianificata un’opportuna campagna di prove ,da effettuare sia a temperatura ambiente che in temperatura criogenica, su tre coppie di cuscinetti della ditta MPI, che sono N10-40, N10-45, N15-45.

Per quanto riguarda le prove,esse sono state svolte con valori dell’eccentricità variabile da zero a 5mm, mentre il valore del gap (distanza tra i due cuscinetti) è stato fatto variare da un massimo di 14 mm, fino ad un minimo di 0.1mm.

Poiché durante la sperimentazione ad eccentricità nulla si è riscontrata la presenza una forza radiale che teoricamente avrebbe dovuto essere nulla, si è provveduto a verificare l’uniformità della densità di flusso magnetico presente all’interno dei cuscinetti.

Inoltre si è misurata la densità di flusso sui cuscinetti immersi in azoto

liquido al fine di verificare se le ipotesi teoriche riguardanti l’aumento della

capacità di carico dovuto alla bassa temperatura, si rispecchiassero in un

reale aumento della capacità di carico assiale della sospensione

magnetica.

(7)

E’ stato necessario apportare preventivamente delle modifiche all’attrezzatura che permettessero una corretta messa a punto dell’attrezzatura di prova.

Altre modifiche sono state in seguito progettate al fine di effettuare una migliore e più accurata sperimentazione per quanto riguarda le prove in ambiente criogenico.

Parte di questo lavoro di tesi, nello specifico i capitoli 2 e 3 della parte 1,

sono ripresi e rielaborati da un precedente lavoro di tesi, al fine di offrire

una completa trattazione del problema.

(8)

Capitolo 1.

Teoria della sostentazione magnetica passiva

1.1. Introduzione

1.1.1. Tipi di sospensione magnetica

Per sospendere o far levitare un corpo, nel campo magnetico di un magnete permanente, è necessario superare l'instabilità predetta dal citato teorema di Earnshaw. Bisogna notare che l'instabilità riguarda solamente alcune direzioni.

Per meglio comprendere il concetto, possiamo fare il seguente esempio:

chiunque può notare che, usando un magnete permanente ed un pezzo di ferro, il corpo ferromagnetico sospeso sotto il magnete permanente, è instabile in direzione verticale (se si avvicina al magnete la forza di attrazione cresce, se si allontana la forza diminuisce) ma stabile in direzione laterale (se si allontana in senso laterale il corpo ferromagnetico è richiamato nella posizione iniziale). Un magnete permanente in repulsione sopra ad un altro magnete permanente è invece stabile in direzione verticale ma instabile in direzione laterale (tende a cadere di lato).

Un'altra caratteristica sfavorevole, della sostentazione magnetica passiva, è il valore decisamente basso della rigidezza della sospensione, cioè della variazione della forza di sostentazione con lo spostamento.

Per rimuovere l’instabilità dei sistemi magnetici, si sono proposte varie soluzioni che possono essere classificate nel modo seguente:

a. Sospensione ibrida meccanica-magnetica

b. Sospensione a magneti permanenti o a superconduttori c. Sospensione elettrodinamica

d. Sistemi attivi

(9)

a. Le sospensioni ibride sfruttano uno o più supporti meccanici per stabilizzare le direzioni che sarebbero naturalmente instabili.

Tali configurazioni non sono quindi veramente senza contatto e pertanto, se il corpo sospeso è in moto, si ha comunque usura ed attrito. E’ tuttavia possibile sfruttare le forze magnetiche per ridurre il carico sull'appoggio meccanico, riducendo ad esempio la resistenza al moto, oppure l'usura, o ancora la necessità di usare lubrificanti in alcune parti critiche della macchina.

b. La levitazione a magneti permanenti aveva l'inconveniente fondamentale di richiedere campi magnetici estremamente intensi per generare forze sufficienti a sospendere oggetti di un certo peso. Oggi si riescono a raggiungere valori del campo magnetico impensabili in passato e la ricerca sia in campo scientifico che applicativo ha subito un nuovo impulso.

Comunque, fino a che non si riuscirà ad introdurre fattori nuovi che eliminino l’instabilità dei cuscinetti magnetici passivi a magneti permanenti, non è pensabile un loro utilizzo senza altri dispositivi. Un ulteriore limite è, come già detto, il basso valore della rigidezza della sospensione.

I superconduttori producono forze che, a parità di valori del campo magnetico, sono superiori. Gli inconvenienti che ostacolano la diffusione della sospensione magnetica di questo tipo sono soprattutto legati alla bassa rigidezza della sospensione ed alla necessità di mantenere il superconduttore a bassissima temperatura.

c. I sistemi elettrodinamici sono basati sulle forze repulsive che si

generano tra un magnete permanente, od un elettromagnete, ed

un conduttore in cui siano presenti correnti indotte causate da

variazioni di flusso del campo magnetico. Si può far muovere il

conduttore su un sistema di magneti fissi o far muovere il

magnete sul conduttore, quello che conta è che ci sia moto

(10)

relativo. In alternativa le correnti indotte possono essere dovute ad una corrente alternata, ma in quest'ultimo caso le forze di levitazione che si possono generare sono molto basse. Gli inconvenienti dei sistemi elettrodinamici, che peraltro stanno trovando applicazioni pratiche (il treno a levitazione magnetica giapponese è basato su un sistema elettrodinamico, con grossi elettromagneti superconduttori a bordo e via di corsa conduttrice), sono la necessità di avere moto relativo (il treno citato deve partire utilizzando ruote convenzionali, per poi poter levitare ad una certa velocità), la necessità di campi magnetici molto intensi e la notevole resistenza al moto causata dalle correnti indotte.

d. Nei sistemi attivi il corpo sospeso è ferromagnetico ed è attirato da un elettromagnete che lo mantiene in sospensione, la configurazione sarebbe quindi instabile se non fosse presente un sistema di controllo. Un sistema di sensori misura la posizione del corpo ed il controllore aumenta la corrente che fluisce nell'elettromagnete se il corpo si allontana, o la diminuisce se il corpo si avvicina oltre la posizione stabilita, causando un aumento o una diminuzione della forza magnetica che riporta il corpo in posizione.

Naturalmente un simile sistema richiede una sorgente esterna di potenza e presenta inconvenienti legati a peso, ingombro e anche un maggior costo, spesso non trascurabili, rispetto ad altre soluzioni.

1.1.2. Possibili applicazioni

Le possibili applicazioni di dispositivi in grado di mantenere un corpo in

una posizione fissa senza alcun contatto fisico con altri oggetti sono molte,

come ad esempio la sospensione dei modelli in galleria del vento. Un

sistema a levitazione magnetica permetterebbe di sospendere il modello

senza disturbare la corrente d'aria, simulando il campo aerodinamico in

(11)

modo migliore e contemporaneamente, se si usasse un sistema attivo di sospensione, di regolare la posizione dell'oggetto rispetto alla corrente e di misurare le forze con grande precisione.

Se, invece, si facesse utilizzo di una sostentazione magnetica passiva, si potrebbe sfruttare la forza instabilizzante laterale per equilibrare la resistenza aerodinamica. Un sistema di controllo, in questo caso, sposterebbe il magnete, avvicinandolo o allontanandolo dal modello, in modo da far variare la forza instabilizzante laterale al variare della resistenza aerodinamica del modello.

Applicazioni di questo tipo sono ancora ostacolate dalla fortissima intensità dei campi magnetici necessari, a causa della grande distanza tra il corpo sospeso ed i magneti.

Le applicazioni più importanti della sospensione senza contatto sono però quelle in cui l'oggetto sospeso è in moto. Il moto può essere di rotazione, come nei cuscinetti magnetici per le macchine rotanti, oppure di traslazione, come nei veicoli a levitazione magnetica.

I vantaggi della levitazione magnetica sono in questo caso notevoli. Per prima cosa non vi è contatto fisico tra parti dotate di moto relativo, e pertanto non si ha né attrito né usura. Si possono quindi raggiungere velocità relative anche molto elevate e la potenza richiesta per il moto è molto minore di quella che si ha nelle soluzioni convenzionali.

L'assenza di usura permette di aumentare la durata, riducendo i costi di manutenzione, e l'assenza di strisciamenti tra parti in moto rende superflua la presenza del lubrificante.

I vantaggi sono molto diversi secondo le applicazioni, per esempio nelle macchine per l'industria alimentare e quella tessile i lubrificanti costituiscono sempre una possibile fonte di contaminazione del prodotto e quindi la possibilità di eliminarli è importante.

In molti casi l'impianto di lubrificazione è complesso, comprendendo

pompe, filtri, radiatori ed altri componenti, costoso ed ingombrante. In

talune macchine l'abolizione del sistema di lubrificazione può rendere

(12)

economicamente vantaggioso l'uso della sospensione magnetica, anche in assenza di altri vantaggi.

I sistemi attivi di sospensione magnetica, rispetto ai sistemi passivi o a quelli convenzionali, hanno in più la possibilità di modificare caratteristiche quali la rigidezza e lo smorzamento semplicemente intervenendo sull'elettronica di controllo.

Gli svantaggi principali, rispetto ai sistemi passivi ed in particolare ai

magneti permanenti, stanno nel maggior costo, ingombro e peso

complessivo del sistema (requisito, quest’ultimo, di fondamentale

importanza in applicazioni aerospaziali). Tutti i sistemi di sostentazione

magnetica hanno un costo maggiore dei sistemi convenzionali a causa del

fatto che si tratta di una tecnologia relativamente nuova, che non beneficia

della riduzione di costi legata alla produzione in grande serie, come

avviene, ad esempio, per i cuscinetti a sfere od a rulli. In alcune

applicazioni pesa a sfavore la diffidenza, da parte di molti utenti, verso una

tecnologia troppo nuova. I sistemi attivi si stanno affermando in vari campi

specialistici, grazie anche alla sempre maggior potenza di calcolo ed alle

continue riduzioni di costo e di volume dei sistemi digitali, mentre i

progressi nella tecnologia di produzione e nella ricerca di nuovi materiali,

hanno fatto progredire in modo quasi esponenziale le prestazioni dei

magneti permanenti, al punto che i sistemi di sostentazione magnetica

diverranno sempre più competitivi con i sistemi convenzionali. La

possibilità di ridurre la resistenza al moto e di aumentare la velocità di

rotazione, permette la realizzazione di macchine più compatte, leggere e

soprattutto di ridurre i consumi energetici. La riduzione delle esigenze di

manutenzione potrà permettere una riduzione dei costi e l'assenza di

lubrificanti avrà sicuramente vantaggi di tipo ambientale.

(13)

1.2. Magnetismo e magneti permanenti

1.2.1. Introduzione

Per spiegare il fenomeno della levitazione magnetica, si deve partire dall’osservazione che forze elettromagnetiche si possono sviluppare tra corpi conduttori attraverso cui passa corrente elettrica, tra corpi polarizzati elettricamente, oppure (ed è il caso che c’interessa) tra corpi magnetizzati permanentemente.

Nel caso di due fili paralleli percorsi da corrente, per esempio, si sviluppa una forza, per unità di lunghezza, proporzionale al prodotto dell’intensità di corrente nei due fili e inversamente proporzionale alla distanza tra essi:

r i i

∂ 2

F ì

o 1

2

⋅ ⋅

= (1.2.1)

(dove m

o

è la permeabilità magnetica nel vuoto e vale 4p

.

10

-7

Wb/Am).

La stessa forza di interazione, può essere espressa anche in termini dell’induzione magnetica generata dai fili percorsi da corrente, mediante la prima e la seconda legge di Laplace:

1

3 o

r r s i d 4∂

B ì

d ¥

= (1.2.2)

dF = i

2

ds

2

x B

1

(1.2.3)

con ds un tratto di filo percorso dalla corrente “i” e r il vettore congiungente ds al generico punto P nello spazio.

Per cui la forza sul filo 2 si può scrivere, in forma semplice:

F = i

2

B

1

(14)

Fig.1.2.1. Forza magnetica tra due fili paralleli in cui scorre corrente

Nel caso più generale, in cui la sezione trasversale del filo non è trascurabile rispetto alla lunghezza g, si deve fare uso del vettore densità di corrente J(x, y, z). Allora la prima legge di Laplace si scrive:

Ú ¥

= dV

r r i J 4∂

B ì

o 3

dove dV è il volume infinitesimo in cui J è diverso da zero.

La proprietà fondamentale del campo di induzione magnetica può essere espressa dalla seguente relazione:

div B = 0 (1.2.4)

in tutti i punti dello spazio, cioè B è un campo solenoidale.

2

Gli effetti dovuti alla presenza di un campo magnetico dipendono, oltre che dall’intensità del campo, anche dalla natura del mezzo entro il quale il campo si sviluppa. Fino ad ora infatti, non si è tenuto conto del mezzo in cui si può trovare immersa la sorgente del campo magnetico ed il valore dell’induzione magnetica è quello riferito al vuoto. La presenza di sostanze solide, liquide o gassose, in cui la sorgente del campo è immersa, altera il

(15)

valore dell’induzione B in modo che, se si indica con B

o

il valore dell’induzione nel vuoto, il valore di B nel mezzo considerato vale:

B = m

r .

B

o

con m

r

la permeabilità relativa (al vuoto) del mezzo.

Se il mezzo è omogeneo e isotropo, il valore della permeabilità relativa è indipendente dal punto considerato.

Talvolta può essere utile fare riferimento ad un’altra grandezza, la suscettività magnetica, indicata col simbolo c

m

e pari a: c

m

= m

r

– 1 Naturalmente, nel caso di mezzo diverso dal vuoto, la prima e la seconda formula di Laplace restano valide (si deve semplicemente sostituire, alla permeabilità del vuoto, il valore della permeabilità assoluta del mezzo in esame: m = m

o.

m

r

).

Le sostanze sono classificate in base al loro comportamento nei confronti di campi magnetici in cui sono immerse e quindi in base al valore della loro permeabilità relativa. Le più note sono le sostanze diamagnetiche (m

r

<1), le paramagnetiche (m

r

>1) e le ferromagnetiche (m

r

>>1).

3

I modelli con cui si rappresentano le proprietà magnetiche delle sostanze sono due: il modello che si basa sul concetto di dipolo magnetico e quello che si basa sul modello delle correnti. In base al primo modello, l’intensità di magnetizzazione M della sostanza dipende dalla densità di dipoli magnetici presenti alle due estremità del magnete, mentre in base al secondo, M dipende dalla risultante dei momenti magnetici molecolari, assimilabili a spire microscopiche di corrente elettrica.

Come è noto, infatti, in base a questo secondo metodo, una sostanza magnetizzata può essere considerata come percorsa da una densità di corrente di magnetizzazione la cui intensità è legata all’intensità di magnetizzazione M. In generale, esiste sia una densità di corrente di magnetizzazione di volume che di superficie, ma se la magnetizzazione della sostanza è uniforme, la corrente risultante di volume è nulla (figura 1.2.2) e si ha solo una corrente di magnetizzazione superficiale.

(16)

Fig.1.2.2. Cilindro di sostanza magnetizzata uniformemente con asse parallelo al Bext

In definitiva, nel caso più generico, l’induzione magnetica B, generata da un materiale magnetizzato, dipende sia dalle correnti di conduzione che da quelle di magnetizzazione e si può scrivere che:

rot B = m

o

(J

cond.

+ J

magn.

) (1.2.5)

con J

cond.

la densità delle correnti di conduzione e J

magn.

= rot M le correnti di magnetizzazione.

Introducendo il vettore campo magnetico H, si ricava che:

rot H = J

cond

e B = m

o

(H + M) (1.2.6)

La seconda delle (1.2.6) è fondamentale nello studio dei magneti permanenti, in quanto, essendo il campo solenoidale (equazione (1.2.4)), si può dimostrare

4

che, mentre all’esterno del magnete B ed H sono equiversi (B= m⋅H), all’interno hanno verso opposto. Infatti, come si vede dalla figura 1.2.3, all’interno del magnete è presente il campo H = H

d

che, in verso opposto ad M, tende a diminuire l’intensità di magnetizzazione.

(17)

Fig. 1.2.3. Campi M, B ed H

Come si vede, il campo B è analogo a quello generato da un solenoide in cui le correnti dell’avvolgimento sono sostituite dalle correnti di magnetizzazione e di conduzione del materiale, mentre il campo H è analogo a quello generato da un dipolo, ovvero, è come se sulle due facce di estremità del magnete fossero presenti due densità di cariche (di segno opposto) che rappresentano i poli nord e sud del magnete.

Le proprietà magnetiche di un materiale sono individuate dalla sua curva di isteresi ed in particolare dalla sua curva di smagnetizzazione (figura 1.2.4). Le intersezioni di questa curva con gli assi, nei piani H - M o H – B, individuano grandezze di fondamentale importanza per la valutazione delle prestazioni di ogni magnete.

Di particolare interesse, per le applicazioni ingegneristiche, sono i valori

dell’induzione residua B

r

e della forza coercitiva

B

H

c

. Dal quadrato del

primo dipende la forza magnetica di repulsione tra magneti, mentre il

secondo rappresenta l’intensità del campo esterno, necessario a

smagnetizzare il magnete.

(18)

Fig.1.2.4. Curva di isteresi nel piano B - H

In figura 1.2.5 è riportato il secondo quadrante del piano B – H per diversi materiali per magneti permanenti: si può vedere come, l’ultima generazione di materiali magnetici in terre rare al neodimio – ferro – boro (Nd

2

Fe

14

B), abbia portato un notevole incremento nei valori di induzione residua e forza coercitiva.

Fig.1.2.5. Curve di smagnetizzazione per magneti permanenti in materiali diversi

I materiali di comune impiego per la realizzazione di magneti permanenti

sono: i ceramici a base di ferriti, le leghe a base di Al – Ni – Co ed i

composti a base di terre rare (samario – cobalto e neodimio – ferro –

boro). Nei paragrafi seguenti l’attenzione sarà concentrata sui materiali a

(19)

base di terre rare, in particolare sui composti a base di neodimio, di cui sono costituiti gli anelli del cuscinetto magnetico.

1.2.2. Magneti permanenti in terre rare 1.2.2.1. Generalità

Nella tabella seguente sono riportati i valori di tutte le grandezze fondamentali che caratterizzano un magnete, compreso il prodotto energetico:

Tab.1.2.1. Proprietà di magneti in materiali diversi

Dalla tabella si vede come sia incrementato il prodotto energetico massimo con le ultime generazioni di materiali in terre rare (Sm-Co, ma soprattutto Nd-Fe-B).

Tutti i valori sono aggiornati al 1996, ma ad oggi, in 6 anni, il prodotto energetico dei magneti commerciali in terre rare al neodimio ferro boro, è arrivato a valori superiori a 400 kJ/m

3

, con valori dell’induzione residua vicini ad 1.5 tesla e forze coercitive (

B

H

c

) superiori a 1100 kA/m.

L’incremento notevole nelle prestazioni di tali magneti, ne sta espandendo sempre di più il campo di applicazione.

I magneti utilizzati in quest’applicazione, sono ottenuti per sinterizzazione

di polveri finissime di neodimio, ferro e boro (il composto più noto è

Nd

2

Fe

14

B) cioè un materiale a base di terre rare.

(20)

Il termine “terre rare” in realtà è fuorviante. Deriva dal fatto che, in origine, gli elementi classificati come “terre rare” erano difficili e costosi da separare e raffinare e non perché fossero effettivamente scarse in natura.

Le terre rare sono quegli elementi che, con i numeri atomici da 58 (Ce - cerio) a 71 (Lu - lutezio), formano un gruppo di transizione simile ma più complicato di quello contenente Fe, Ni e Co.

In questi elementi il guscio più interno, 4f, ha un numero di elettroni variabile da un elemento all’altro. Gli elettroni di questo guscio interno sono fondamentali nel determinare il comportamento magnetico che, quindi, varia col tipo di elemento. Com’è noto, le proprietà magnetiche della materia dipendono sia dalla rotazione degli elettroni lungo le loro orbite, sia dalla rotazione dei singoli elettroni attorno a sé stessi (spin).

Negli atomi delle terre rare leggere, cioè da Ce a Eu (europio), il momento magnetico orbitale è più grande del momento magnetico di spin ma antiparallelo. Quindi, indicando con L il momento angolare orbitale e con S il momento angolare di spin, il momento angolare risultante è dato da:

J = L – S

Nel Gd (gadolinio) il momento è dovuto essenzialmente allo spin ed è l’unico elemento delle terre rare ad essere ferromagnetico a temperatura ambiente.

5

Per questo motivo possiamo scrivere che: J = S.

Nelle terre rare pesanti, da Tb (terbio) a Yb (itterbio) (numeri atomici da 65 a 71), i momenti di spin ed orbitali sono concordi e determinano valori molto alti del momento angolare totale alle temperature dell’elio liquido.

Per le terre rare pesanti vale:

J = L + S

Quanto detto è riassunto nella tabella 1.2.1 in cui si vede che i momenti J più grandi risultano quelli delle terre rare pesanti da Gd a Yb (gli elementi estremi La - lantanio - e Lu - lutezio - non sono magnetici).

(21)

Tab.1.2.2. Terre rare e caratteristiche magnetiche

Saremmo, quindi, portati a pensare che le terre rare pesanti siano le migliori per la realizzazione di materiali per magneti permanenti, ma non è così. Sfortunatamente infatti, il comportamento magnetico allo stato naturale della maggior parte delle terre rare non è ferromagnetico e solo il Gd ha una temperatura di Curie (293°K) vicina a quella ambiente.

Da questo deriva la necessità di realizzare leghe di terre rare con i metalli (ferromagnetici) di transizione, cioè Fe, Co o Ni, per realizzare materiali adatti a diventare magneti permanenti.

Quello che accade, però, nei composti terra rara pesante – metallo ferromagnetico, indicati anche come composti R-T (R = terra rara; T = metallo ferromagnetico di transizione), è che i momenti di spin dell’elemento R e del T risultano opposti. Infatti, nelle leghe di terre rare pesanti, il J della terra rara è antiparallelo a quello del metallo, risultando una lega di materiale ferrimagnetico con bassi valori della magnetizzazione di saturazione.

Nelle leghe di terre rare leggere, invece, anche se il J è più basso (J = L –

S), va comunque a sommarsi a quello forte del metallo, come mostrato

nella figura 1.2.7, ed il comportamento risulta ferromagnetico invece che

ferrimagnetico. In questo modo si raggiungono livelli di magnetizzazione

utili per le applicazioni.

(22)

Fig.1.2.7. Rappresentazione della struttura magnetica dei composti R-T

Gli elementi più utilizzati per i composti a base di terre rare sono il samario ed il neodimio.

Il samario (Sm) è particolarmente adatto a combinarsi con il cobalto per formare un cristallo ad elevata anisotropia (proprietà del materiale che determina il valore della forza coercitiva). I primi magneti prodotti con questi elementi sono stati a base di SmCo

5

, seguiti da Sm

2

Co

17

.

Nella figura 1.2.8 sono riportate le caratteristiche di smagnetizzazione, misurate a diverse temperature, tipiche di magneti a base di samario- cobalto.

Fig.1.2.8. Curve di smagnetizzazione per il SmCo5 (figura (a)) e per il Sm2Co17 (figura (b))

Il successo ottenuto dai primi magneti Sm-Co, era però in parte velato dalla reperibilità e costo dei due elementi principali. L’attenzione si rivolse quindi verso il ferro, più economico del cobalto e, dopo vari tentativi di combinazione con le terre rare, si scoprì che il neodimio (Nd), con aggiunta di boro, dava la migliore combinazione di proprietà sia magnetiche che termiche.

In figura 1.2.11 sono riportate le caratteristiche di smagnetizzazione

misurate a diverse temperature tipiche di un magnete al neodimio (si

(23)

osserva l’incremento nelle proprietà magnetiche rispetto ai magneti Sm- Co).

Fig.1.2.11. Curve di smagnetizzazione tipiche per il Nd2Fe14B

Sono stati compiuti molti tentativi di combinare terre rare e ferro (composti R-Fe, del tipo R

2

Fe

17

) ma tutti risultavano avere temperature di lavoro

troppo basse. La scoperta, poi, che l’aggiunta di boro non solo determinava una forte anisotropia monoassiale, ma anche che la temperatura di lavoro risultava molto più elevata, portò alla scoperta del composto Nd

2

Fe

14

B. Nel 1990 si è scoperto che anche l’aggiunta di azoto aumenta l’anisotropia del materiale, la temperatura di lavoro e l’intensità di magnetizzazione. Il composto più promettente è risultato il Sm

2

Fe

17

N

3

, che

in teoria potrebbe avere potenzialità maggiori del Nd

2

Fe

14

B, ma che presenta inconvenienti pratici legati all’instabilità del composto, (per esempio il numero di processi che può sopportare è limitato e si devono evitare trattamenti termici superiori ai 250°C

6

– la produzione dei magneti

permanenti richiede trattamenti a temperature maggiori).

Un'altra direzione, intrapresa nel tentativo di trovare un’alternativa al composto Nd

2

Fe

14

B, è stata quella di cercare di ridurre il contenuto di

(24)

neodimio (anche se il valore della forza coercitiva è risultato diminuire di conseguenza).

Il vantaggio di una diminuzione di neodimio è legato soltanto al minor costo del prodotto finale (che contiene una minore quantità di terra rara) perché ci si discosta dalla migliore combinazione di proprietà magnetiche e termiche, rappresentata dal composto Nd

2

Fe

14

B.

1.2.2.2. Dipendenza della magnetizzazione dalla temperatura Come si è visto nel paragrafo precedente, al variare della temperatura, le curve di smagnetizzazione, pur mantenendo pressoché inalterata la loro forma, si spostano. In termini di proprietà magnetiche, possiamo dire che al variare della temperatura, variano sia l’induzione residua che la forza coercitiva.

In particolare, un aumento nella temperatura provoca una maggiore mobilità dei domini, un maggiore disordine e una diminuzione del grado di anisotropia del materiale. Il risultato è una diminuzione dell’intensità di magnetizzazione. Continuando ad aumentare la temperatura, si arriva ad un punto in cui l’agitazione termica è tale che i vari dipoli hanno un orientamento casuale e determinano una risultante nulla. Tale valore della temperatura è definito temperatura di Curie, a cui corrisponde un’intensità di magnetizzazione nulla.

In figura 1.2.11 è riportato l’andamento della magnetizzazione, in funzione

della temperatura in °K, per un particolare magnete in terre rare Nd

2

Fe

14

B.

(25)

Fig.1.2.11. Dipendenza magnetizzazione-temperatura per un magnete in Nd2Fe14B (Tc = temperatura di Curie; Tst = transizione di “spin-tilt”)

Nella figura 1.2.12 si riportano nuovamente le curve di smagnetizzazione di un magnete Nd

2

Fe

14

B. Andando a tracciare l’andamento dei valori della B

r

, al variare della temperatura, otteniamo il grafico di figura 1.2.12.

Fig.1.2.12. Curve di smagnetizzazione in funzione della temperatura per un magnete in Nd2Fe14B

(26)

Fig.1.2.13. Andamento dell’induzione residua con la temperatura per il magnete al neodimio di figura 1.2.13

Si osserva che esiste una temperatura (nel caso di figura coincidente con 200°C circa) oltre la quale la diminuzione della B

r

avviene molto rapidamente. Questa temperatura rappresenta il limite tra perdite reversibili e irreversibili e coincide con la condizione per cui il ginocchio della curva di smagnetizzazione ricade sull’asse H = 0 (si veda la figura 1.2.12). La pendenza della prima parte della curva di figura 1.2.13, coincide con il “reversible temperature coefficient of B

r

” che indica la perdita percentuale (reversibile) di induzione, per grado d’aumento di temperatura e di cui si parlerà più in dettaglio al paragrafo seguente a proposito delle perdite nella magnetizzazione.

D’altra parte, dalla figura 1.2.11, si osserva anche che, diminuendo la temperatura, cresce l’intensità di magnetizzazione (fino ad un valore di saturazione). Il cuscinetto assiale oggetto di questo studio, dovendo lavorare immerso in ossigeno liquido ad una temperatura di -180°C (all’incirca 93°K), nelle previsioni avrà una capacità di carico sicuramente maggiore di quella che si può calcolare a temperatura ambiente.

1.2.2.3. Stabilità dell’intensità di magnetizzazione

Un altro aspetto che è importante tenere nella dovuta considerazione, è la

stabilità della magnetizzazione di un magnete permanente. Per stabilità di

magnetizzazione s’intende sotto quali condizioni e per quanto tempo, il

magnete manterrà le prestazioni richieste dalla particolare applicazione.

(27)

Sappiamo che ogni magnete permanente si smagnetizza se sottoposto a particolari condizioni, come temperature molto alte o campi smagnetizzanti molto elevati, ma se il magnete è di buona qualità e se è utilizzato propriamente, mantiene inalterate le sue proprietà per molti anni.

I fattori che possono influenzare la stabilità di un magnete includono tutti i seguenti fattori: tempo, temperatura, corrosione, campi smagnetizzanti esterni, radiazioni, urti, sollecitazioni e vibrazioni.

• Tempo

L’effetto del tempo sui moderni magneti permanenti è minimo. Studi hanno dimostrato che ogni magnete, subito dopo essere stato magnetizzato, perderà una piccola parte della sua magnetizzazione a causa dell’instabilità di alcuni domini che, per assumere configurazioni di minima energia, ruotano orientandosi in direzioni diverse da quella di magnetizzazione. Questo processo si arresta quando tutti i domini instabili si sono stabilizzati.

I magneti in terre rare generalmente non risentono di questo fenomeno a causa della loro elevata coercività. Mediante studi sperimentali, si è dimostrato che, nel corso di 100000 ore dalla prima magnetizzazione, le perdite sono dell’ordine dello 0% per materiali al samario cobalto.

• Temperatura

Gli effetti della temperatura possono essere suddivisi in tre categorie:

a. Perdite reversibili

b. Perdite irreversibili ma recuperabili c. Perdite irreversibili irrecuperabili

a. Sono quelle perdite che si recuperano riportando il magnete a

temperatura ambiente. L’entità delle perdite nell’induzione residua e

nella coercitività dipendono dal materiale e sono quantificabili come

punti percentuali per grado di temperatura. Come già indicato al

paragrafo precedente, tale coefficiente coincide con la pendenza

del primo tratto della curva di figura 1.2.14 e si indica con T

c*

(per

distinguerlo dalla temperatura di Curie). In tabella 1.2.4 è riportato il

(28)

valore di T

c*

dei magneti in terre rare (Nd o Sm) a confronto con i principali materiali per magneti permanenti.

Materiale T

c*

(B

r

)

% / °C

T

c*

(H

c

)

% / °C

NdFeB -0.12 -0.6

SmCo -0.04 -0.3

Alnico -0.02 0.01

Ceramici -0.2 0.3

Tab.1.2.4. “Reversible Temperature Coefficient” Tc* per Br e Hc

Come si vede dalla tabella, i coefficienti T

c*

di B

r

ed H

c

differiscono tra loro.

Di conseguenza, mentre a temperatura ambiente la curva di smagnetizzazione è approssimativamente una retta (lo è per il Nd

2

Fe

14

B), all’aumentare della temperatura, la curva, mantenendo la pendenza del tratto reversibile, sviluppa un ginocchio perché le variazioni di B

r

ed H

c

non coincidono.

b. Alcune perdite dovute all’esposizione ad alte o basse temperature sono irreversibili riportando il materiale a temperatura ambiente e possono essere recuperate solo rimagnetizzando il materiale a temperatura ambiente.

c. Come abbiamo visto, l’aumento della temperatura

porta di per sé una diminuzione della

magnetizzazione, che però, in assenza di altri fattori,

è reversibile o recuperabile. Questo vale finché non si

raggiunge e si supera la temperatura di Curie. Come

già detto, infatti, raggiunta tale temperatura, la

mobilità dei momenti magnetici elementari è tale per

cui essi tendono ad assumere, con estrema facilità,

(29)

orientamenti diversi da quello di magnetizzazione in presenza di campi smagnetizzanti o anche solo a causa dell’agitazione termica. Il risultato è che il magnete è completamente smagnetizzato.

• Corrosione

Altre cause di smagnetizzazione a lungo termine, irreversibili e irrecuperabili, sono rappresentate dall’ossidazione del materiale. Nelle terre rare la corrosione ha origine in superficie (figura 1.2.15) e se non si provvede a un rivestimento di protezione, l’ossigeno, dopo aver deteriorato la superficie, si diffonde nel magnete causando un cambiamento nella metallurgia del materiale. Questi cambiamenti, naturalmente, sono funzioni del tempo, ma la velocità con cui avvengono aumenta se il magnete è portato a temperature elevate. La velocità di degrado delle prestazioni del magnete ha una dipendenza fortemente non lineare dalla temperatura, ma si può individuare una temperatura massima di lavoro al di sopra della quale, un magnete non rivestito, presenta un tasso di corrosione tale da comprometterne sensibilmente le prestazioni.

Fig.1.2.15. Corrosione superficiale e diffusione dell’ossidazione all’interno di un magnete Nd2Fe14B (la superficie del magnete è sul lato sinistro dell’immagine)

In tabella 1.2.5 sono indicate le temperature massime di Curie e di lavoro,

per i magneti in terre rare a confronto con altri materiali per magneti

(30)

permanenti. Da questa tabella si può avere la conferma che l’aggiunta di Co nella lega contrasta la diffusione dell’ossigeno nel materiale.

Inversamente, la mancanza di Co nei magneti al neodimio, ferro, boro, rende il problema della corrosione superficiale un problema da tenere in considerazione.

Material T

Curie

°C (°K) T

max

°C (°K)

NdFeB 310 (590) 150 (302)

SmCo 750 (1382) 300 (572)

Alnico 860 (1580) 540 (1004)

Ceramici 460 (860) 300 (572)

Tab.1.2.5. Temperatura di Curie e massima dei principali materiali per magneti permanenti

Gli effetti della corrosione sulle prestazioni del magnete sono, ovviamente, molto importanti e lo sono ancora di più per i magneti al neodimio ottenuti per sinterizzazione. Il degrado delle proprietà magnetiche e meccaniche può essere realmente contenuto solo agendo sulla composizione del materiale e provvedendo ad un opportuno rivestimento protettivo.

• Campi smagnetizzanti esterni

Un fenomeno di smagnetizzazione, che interessa particolarmente i

magneti utilizzati per la realizzazione di cuscinetti magnetici passivi, è

quello legato ai campi H esterni. In un cuscinetto magnetico, infatti, i

magneti sono posti in modo da respingersi tra loro, ovvero i versi di

magnetizzazione sono in opposizione. Quello che accade è che il campo

H esterno di un magnete penetra l’altro, andando a sommarsi al suo

campo smagnetizzante interno (H

d

). Il punto di lavoro di ogni magnete, di

conseguenza, si sposta più in basso nella curva di smagnetizzazione,

abbassando così l’intensità di magnetizzazione (o l’induzione residua). La

diminuzione di magnetizzazione viene recuperata allontanando i magneti

e quindi il processo è reversibile. L’irreversibilità si ha quando il punto di

(31)

lavoro si avvicina troppo al valore della forza coercitiva. In questo caso si percorre la parte non lineare della curva di smagnetizzazione (il ginocchio della curva) e si possono avere smagnetizzazioni (non necessariamente di tutto il magnete, ma anche soltanto localizzate in alcuni punti in cui il campo è più intenso) che possono essere recuperate solo rimagnetizzando il materiale (ovvero applicando un campo esterno magnetizzante a temperatura ambiente).

I magneti in terre rare con le più alte forze coercitive (superiori ai 1000kA/m) difficilmente risentono di perdite irreversibili, mentre gli altri materiali, in presenza di forze magnetiche repulsive, possono andare incontro a smagnetizzazioni.

• Urti, sollecitazioni e vibrazioni

Un’altra causa di smagnetizzazione è quella dovuta ad urti o vibrazioni, ma il fenomeno è rilevante solo in magneti di scarso interesse applicativo.

Nei magneti moderni, infatti, una smagnetizzazione significativa è improbabile: il materiale dovrebbe essere sollecitato al punto che, prima di smagnetizzarsi, si arriverebbe a rottura (le terre rare sono notoriamente materiali fragili).

Tra le sollecitazioni, è importante considerare anche quella termica: shock termici possono causare fratture nel materiale, è quindi consigliabile evitare l’esposizione ad elevati gradienti di temperatura.

1.2.2.4. Tecnologie di produzione e di lavorazione

A differenza dei loro predecessori basati sul Sm-Co, le leghe al Nd-Fe-B possono seguire molti processi differenti per essere trasformate in magneti permanenti.

La tecnologia principale di produzione dei magneti al neodimio, si basa su

numerose varianti della metallurgia delle polveri (la maggior parte di

magneti al neodimio sono “sintered”). La polvere può essere

monocristallina o policristallina.

(32)

Il punto di partenza è sempre la produzione della lega base, nella forma di lingotti o polvere, le cui composizioni più comuni sono riportate in tabella 1.2.6.

Tab.1.2.6. Alcune tra le più comuni composizioni di lingotti Nd-Fe-B

Le leghe, di solito, si ottengono per fusione in fornace a induzione (figura 1.2.16) o mediante un processo di coriduzione di ossidi.

• Ciclo di lavorazione della polvere monocristallina

Uno dei principali vantaggi della metallurgia delle polveri è la possibilità di

realizzare una grande varietà di forme che possono poi essere lavorate

con le tolleranze finali. Lo svantaggio maggiore, per il Nd-Fe-B, è che le

polveri di terra rara e metallo di transizione sono molto reattive e si

ossidano rapidamente, in particolare in ambiente umido.

(33)

Fig.1.2.16. Rappresentazione schematica di una fornace a induzione

Questo implica che la produzione e gestione delle polveri deve avvenire in ambiente controllato, con conseguente significativo aumento nel costo finale.

Le varie fasi di produzione sono riassunte in figura 1.2.17 e sono apparentemente identiche a quelle della produzione di SmCo

5

, ma sono state adattate per il Nd-Fe-B.

Fig.1.2.17. Fasi di produzione di magneti da polvere monocristallina

Il processo inizia con una frantumazione dapprima grossolana (“coarse crushing”) e successivamente sempre più fine (“jet milling”), della lega ottenuta per fusione (“ingot material”).

La polvere deve essere molto fine, di dimensioni pari a circa 3mm, per i successivi processi di fabbricazione del magnete.

Si deve porre grande cura nella frantumazione del Nd-Fe-B. La frantumazione avviene mediante una macchina che utilizza sfere di acciaio indurito ed un solvente (cicloesano C

6

H

12

) per limitare l’ossidazione.

Durante le prime lavorazioni, quando si utilizzava freon, ci furono grandi

esplosioni dovute alla violenta reazione della terra rara con i radicali liberi.

(34)

Lo svantaggio, rispetto alla produzione di magneti in samario-cobalto, è che il solvente deve essere rimosso mediante un ulteriore operazione di asciugatura.

Un’alternativa alla macchina di frantumazione citata è la frantumatrice jet (“jet milling”), mostrata schematicamente in figura 1.2.18.

Fig.1.2.18. Rappresentazione schematica di una frantumatrice a getto

Granelli di Nd-Fe-B sono introdotti nella camera di frantumazione tramite una tramoggia (“hopper”). All’interno della camera, vari jet di gas (azoto molto puro) in pressione (5 - 10 bar), causano la collisione dei granelli tra loro che, in questo modo, vengono ridotti progressivamente di dimensione.

La polvere più fine cade dalla camera di frantumazione, attraverso un foro

centrale, in un raccoglitore. Questa macchina è la più usata perché il

processo è continuo, mentre la precedente va alimentata, a intervalli

(35)

regolari, con lotti di materiale da frantumare e utilizza il cicloesano che è altamente inquinante.

Ottenuta la polvere fine, questa viene allineata magneticamente e compressa (“aligning + pressing”) in modo da ottenere dei blocchi, con densità 60%, e pronti alla sinterizzazione. Additivi, come la cera, possono essere aggiunti alla polvere per aumentare la sua fluidità durante l’operazione di compattazione e sono drenati dal seguente trattamento termico.

I blocchi possono essere magnetizzati e compressi lungo la stessa direzione o lungo direzioni ortogonali tra loro o isostaticamente (figura 1.2.19 o 1.2.20).

Fig.1.2.19. Compattazione e magnetizzazione di magneti (direzione della pressione – in rosso - rispetto alla magnetizzazione – in blu)

Fig.1.2.20. Rappresentazione schematica dei possibili orientamenti compressione / magnetizzazione

(36)

Il metodo di produzione più diffuso è il primo (“parallel alignment pressing”) per i magneti di forma cilindrica o ad anello, il secondo (“perpendicular alignment pressing”) per forme prismatiche o cubiche di dimensioni contenute, l’ultimo (“isostatic pressing”) è più adatto per prismi o cubi di dimensioni maggiori.

Durante questi processi il materiale è compattato e vengono allineati tutti i dipoli magnetici. La magnetizzazione del materiale avviene mediante esposizione ad un campo magnetico generato da un magnete o, più spesso, da un elettromagnete. Il campo esterno che si applica è proporzionale al valore della forza coercitiva del materiale da magnetizzare, quindi è più alto per i materiali al neodimio – ferro - boro.

In base alla particolare applicazione, il materiale viene magnetizzato, con una certa accuratezza, lungo certe direzioni piuttosto che altre. Queste direzioni possono, o no, coincidere con gli assi di simmetria geometrica del magnete. Naturalmente, per materiali anisotropi la direzione di magnetizzazione coinciderà con quella di anisotropia del materiale, mentre i materiali isotropi possono essere magnetizzati in ogni direzione.

Nella figura 1.2.21 sono rappresentate le geometrie maggiormente diffuse, insieme a tutte le possibili magnetizzazioni del prodotto finito.

Dopo l’allineamento magnetico, i blocchi compattati sono riscaldati nella fornace di sinterizzazione (“sintering”) in argon puro (figura 1.2.22). Sono mantenuti ad una opportuna temperatura T

s

(1080°C per il Nd

15

Fe

77

B

8

) per un’ora, prima del raffreddamento a temperatura ambiente.

Prestando particolare cura di evitare reazioni con l’ossigeno, la sinterizzazione produce densità molto buone.

Le proprietà magnetiche dei magneti sinterizzati dipendono criticamente

dalla loro storia termica. Una tempra che parta dalla temperatura T

s

,

provoca un degrado delle proprietà magnetiche rispetto ad un

raffreddamento lento. La differenza sostanziale tra un materiale

raffreddato lentamente ed un altro temprato è che nel secondo decresce il

valore della coercività nel tempo, mentre nel primo non si osserva lo

(37)

stesso degrado. Si è, comunque, osservato che una ricottura a 600°C circa (“heat treatment”) conferisce le migliori proprietà indipendentemente dal raffreddamento iniziale subito dal materiale.

Parallelamente alla larghezza

Parallelamente al diametro

Parallelamente alla

lunghezza Parallelamente alla lunghezza

Parallelamente allo

spessore Parallelamente allo spessore

2 Poli / 1 Faccia Parallelamente al diametro

Poli multipli su una faccia

4 Poli sul diametro esterno

(38)

Fig.1.2.21. Possibili direzioni di magnetizzazione

Fig.1.2.22. Fornace per sinterizzazione

I magneti sinterizzati possono essere lavorati (“machining”), per conferire la forma desiderata, utilizzando una mola e fluido non reattivo. Metodi alternativi sono: elettroerosione (forme complesse) e fresa circolare (produzione di pezzi da grandi blocchi sinterizzati). La lavorazione talvolta può ridurre le proprietà magnetiche, ma i magneti, a questo stadio, non possono subire ulteriori trattamenti di ricottura.

Questa lavorazione può influire notevolmente nel costo finale di un magnete ed è per questo motivo che, dal punto di vista economico, è preferibile mantenere geometrie semplici e, possibilmente, evitare tolleranze eccessivamente stringenti. Sezioni rettangolari o circolari sono da preferire a forme più complesse e si dovrebbero evitare fori molto piccoli o addirittura quadrati anche se di dimensioni molto ampie.

Il passo finale, nel processo di produzione, consiste nel rivestimento dei

magneti sinterizzati (“coating”), necessario a causa della scarsa resistenza

a corrosione del Nd-Fe-B.

(39)

Lo strato protettivo deve essere abbastanza sottile da non falsare il valore del gap di aria del circuito magnetico e abbastanza spesso per assicurare una protezione sufficiente. Il rivestimento deve essere, inoltre, esente da pori o cricche, deve presentare superficie liscia che abbia una buona adesione al substarto, deve essere impermeabile ai gas e all’umidità ed avere un’opportuna stabilità con la temperatura. La superficie da rivestire deve essere opportunamente preparata,e durante l’operazione di rivestimento, si deve evitare infragilimento da idrogeno.

E’ stato dimostrato che la resistenza a corrosione migliora con la formazione di uno strato di ossidazione di 0,3mm, che si può generare mediante un trattamento termico, seguente la sinterizzazione, a 600 – 1000°C in ossigeno a bassa pressione (10

-7

bar) o mediante altri processi.

Molti altri tipi di rivestimento possono essere efficaci, i migliori sono riassunti in tabella 1.2.7.

Tab.1.2.7. Rivestimenti per magneti sinterizzati Nd-Fe-B

(40)

1.2.2.5. Applicazioni magnetomeccaniche

Le forze agenti tra magneti permanenti sono sfruttate nei cuscinetti magnetici, accoppiamenti magnetici e dispositivi di afferraggio o bloccaggio (figura seguente).

Fig.1.2.28. Cuscinetti (sinistra) ed accoppiamenti magnetici (destra)

Per tutte queste applicazioni, gli effetti (forza e torsione) dipendono dal quadrato della magnetizzazione del magnete permanente.

• Cuscinetti rotanti

Il cuscinetto radiale più semplice è costituito da due magneti ad anello

concentrici in repulsione (in figura 1.2.29 (a) la magnetizzazione è assiale

ma il sistema di forze e rigidezze è del tutto equivalente a quello che si

avrebbe con una magnetizzazione radiale).

(41)

Fig.1.2.29. Cuscinetto radiale a magnetizzazione assiale (a) e cuscinetto assiale a magnetizzazione assiale (b)

In posizione centrale, il sistema non sviluppa nessuna forza. Se uno dei due anelli si porta in posizione eccentrica, si genera una forza radiale che tende a riportare l’anello nella posizione centrale, cioè il sistema è stabile in senso radiale. Il sistema risulta, invece, instabile assialmente e angolarmente, ovvero si generano forze instabilizzanti (di repulsione) tra gli anelli, se questi non giacciono perfettamente sullo stesso piano.

Analogamente al cuscinetto radiale, esiste quello magnetico assiale passivo che, viceversa, è instabile radialmente (figura 1.2.29 (b)).

Questi cuscinetti sono molto semplici ed economici, non necessitano di

una sorgente di potenza, sono estremamente affidabili, durano molto a

lungo e possono essere utilizzati in combinazione con cuscinetti meccanici

(sospensione ibrida) oppure in combinazione con cuscinetti magnetici

attivi per sospensioni completamente magnetiche.

(42)

• Cuscinetti lineari

Esiste anche un altro tipo di cuscinetto passivo, anche se meno utilizzato, che assicura la sospensione o la levitazione su una grande guida lineare (figura 1.2.31).

Fig.1.2.31. Configurazione elementare di un cuscinetto magnetico lineare

L’esempio più noto è il treno a levitazione magnetica , il moto lungo i binari è controllato da un motore lineare e la posizione stabile è mantenuta da una sospensione magnetica che controlla cinque gradi di libertà.

L’utilizzo di cuscinetti magnetici lineari a magneti permanenti è limitato ad applicazioni speciali. Per i treni, il costo di magneti distribuiti lungo tutti i binari è proibitivo, mentre sono preferibili, per esempio, binari in ferro attratti da magneti fissati sul veicolo, oppure repulsione mediante correnti parassite.

Fig.1.2.32. Immagine del sistema di trasporto Mag-Lev (Superconducting Magnetic Levitation System) costruito in Giappone

(43)

Capitolo 2.

Studio del cuscinetto assiale magnetico passivo ad anelli semplici

2.1. Introduzione

Come già indicato nell’introduzione alla tesi, l’attuale sistema di sostentazione della turbopompa viene sostituito con cuscinetti idrostatici e magnetici. La zona di intervento è cerchiata in rosso in figura 2.1.1.

Fig.2.1.1. Parte dell’albero interessata dai cuscinetti idrostatici e magnetici

I cuscinetti idrostatici radiali sono posti all’estremità della zona interessata,

ovvero in corrispondenza degli attuali cuscinetti volventi, mentre il

cuscinetto assiale magnetico è posto tra i due radiali, a formare un blocco

(44)

compatto. I calcoli preliminari riguardanti i cuscinetti idrostatici, hanno imposto degli ingombri massimi al cuscinetto assiale magnetico. In particolare, è risultato che il cuscinetto magnetico non può avere un ingombro assiale superiore ai 60mm. Il raggio interno degli anelli è stato posto uguale a quello dell’albero (15mm), mentre il raggio esterno è imposto dagli ingombri del telaio della turbopompa (45mm).

7

La prima geometria di cuscinetto magnetico che è stata studiata è quella più semplice: anelli sovrapposti a magnetizzazione assiale contrapposta (figura 2.1.2). In considerazione dell’ingombro assiale massimo di 60mm, i due anelli sono stati scelti con h = k = 25mm. I valori del gap a cui lavora il cuscinetto sono inferiori ai 2mm, quindi risultano 8mm di margine libero lungo l’asse dell’albero.

Fig.2.1.2. Cuscinetto magnetico assiale ad anelli semplici (magnetizzazione assiale in repulsione)

In figura 2.1.3 è riportato uno schema tridimensionale in cui è indicata la collocazione del cuscinetto magnetico all’interno della turbopompa.

Lo studio del cuscinetto è affrontato, in questo capitolo, mediante l’utilizzo di tre software differenti.

7 In base ai dati sulla densità del materiale indicati dalla ditta MPI (7.4 g / cm3), il peso di un anello semplice, come quello indicato, è di circa 10N.

(45)

Come già esposto nell’introduzione al lavoro di tesi, il primo software è stato scritto in Fortran, nell’ambito di una tesi

8

di dottorato in tribologia presso il DIMNP.

La tesi ha indagato la possibilità di utilizzare magneti permanenti per la realizzazione di cuscinetti magnetici passivi ed il software calcola la capacità di carico di geometrie semplici ad anello, schematizzando gli anelli magnetici col metodo delle densità di correnti superficiali.

Fig.2.1.3. Collocazione del cuscinetto magnetico assiale (anelli blu e rosso)

Al fine di ottenere un maggiore controllo sulle previsioni software (e, nel capitolo seguente, di analizzare una geometria più complessa), si sono utilizzati anche metodi di analisi agli elementi finiti. Quindi, il secondo programma utilizzato è ANSYS, mentre il terzo è ancora un programma di analisi agli elementi finiti, ma è stato ideato appositamente per lo studio di problemi di elettromagnetismo. Quest’ultimo software è il MEGA ed è utilizzato da alcuni anni presso il Dipartimento di Sistemi Elettrici ed

8 Sebastiano Villani, Levitazione magnetica passiva: magneti ad anello, Dip. di Costr.

Mecc. e Nucl., 1998

(46)

Automazione, della facoltà di ingegneria di Pisa. I risultati delle sperimentazioni svolte presso tale Dipartimento, che hanno richiesto calcoli preliminari al MEGA, hanno convalidato la buona affidabilità delle previsioni di questo software.

Prima di passare al calcolo software delle capacità di carico, si è imposta la necessità di scegliere i magneti da acquistare per le prove sperimentali, in modo da immetterne i dati nei programmi di calcolo. Come indicato alla fine del capitolo precedente, la presente applicazione impone la scelta di magneti, in terre rare, con il più alto valore di induzione residua e forza coercitiva. Dopo un’accurata indagine di mercato, è risultato che i magneti della ditta MPI, pur non presentando le massime proprietà magnetiche, potessero essere quelli con il maggior rapporto prestazioni / costo. In particolare, la scelta si è indirizzata sui modelli “N45” ed “N40M” (i migliori magneti da catalogo). La curva di smagnetizzazione del modello “N45”, ricavata dai dati di laboratorio, è riportata in figura 2.1.4 .

Fig.2.1.4. Curve di smagnetizzazione al variare della temperatura per il magnete “N45”

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