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Ipoglicemia ed esercizio fisico nel diabete di tipo 1: una questione di stile

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Academic year: 2021

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(1)

A. Girelli

Unità Operativa di Diabetologia, Azienda Spedali Civili, Brescia

Corrispondenza: dott.ssa Angela Girelli, Unità Operativa di Diabetologia, Azienda Spedali Civili, piazzale Spedali Civili 1, 25100 Brescia

e-mail: angela.girelli@gmail.com G It Diabetol Metab 2015;35:224-232 Pervenuto in Redazione il 27-07-2015 Accettato per la pubblicazione il 01-08-2015

Parole chiave: diabete mellito di tipo 1, esercizio fisico, ipoglicemia, prevenzione

Key words: type 1 diabetes, exercise, hypoglycemia, prevention

Rassegna

Ipoglicemia ed esercizio fisico nel diabete di tipo 1:

una questione di stile

RIASSUNTO

Nel diabete mellito di tipo 1 l’attività fisica è frequentemente causa di episodi ipoglicemici e la paura dell’ipoglicemia è la principale barriera allo svolgimento di esercizio: i meccanismi neuroendocrini che portano all’aggiustamento dell’insulinemia non esistono e l’andamento della glicemia dipende dalla capacità della persona con diabete di modificare in maniera adeguata la terapia insulinica e nutrizionale. Altri meccanismi coinvolti nella genesi di episodi ipoglicemici, durante e dopo l’esercizio, sono l’aumento dell’as- sorbimento dell’insulina, l’aumento della sensibilità periferica, la compromissione del sistema controregolatore. Diversi tipi di eser- cizio comportano diversi effetti sulla glicemia ed è, quindi, indi- spensabile valutare che tipo di attività è svolta dal paziente (aerobica, anaerobica, intermittente, di resistenza). Le misure pre- ventive riguardano sia la variazione della terapia insulinica sia l’in- tegrazione glucidica. Gli algoritmi proposti dalla Letteratura forniscono indicazioni per la gestione dell’insulina rapida (nel caso l’esercizio sia programmato e svolto nelle ore successive a un pasto) e della basale; la CSII, per la somministrazione più flessi- bile e fisiologica dell’insulina, è spesso utilizzata nei pazienti spor- tivi. Per quanto riguarda l’integrazione glucidica, il paziente dovrà valutare: la quantità, la qualità e la tempistica di assunzione dei carboidrati in funzione delle variazioni della posologia insulinica, della glicemia di partenza, dell’intensità, tipo e durata di esercizio.

Per ridurre il rischio ipoglicemico legato all’esercizio, è indispen- sabile uno stretto monitoraggio delle glicemie (autocontrollo fre- quente della glicemia capillare o monitoraggio in continuo della glicemia). Il paziente infine dovrà essere adeguatamente prepa- rato attraverso un trial and error approach supportato da indica- zioni terapeutiche il più possibile individualizzate.

SUMMARY

Hypoglycemia and exercise in type 1 diabetes: the right style

Physical activity frequently causes hypoglycemia in patients with

type 1 diabetes mellitus (T1DM), and the fear of hypoglycemia is

their main barrier to exercise. T1DM patients lack the neuroen-

docrine mechanisms that lead to the adjustment of insulin, and

their blood sugar levels depend on their ability to adapt insulin

(2)

therapy and nutrition. Other causal mechanisms involved in hy- poglycemic episodes during and after exercise are the increased absorption of insulin, increased peripheral sensitivity, and impair- ment of the counter-regulation system.

Different types of exercise have different effects on blood sugar and it is therefore essential to establish what kind of activity the patient does (aerobic, anaerobic, intermittent, resistance). Pre- ventive measures can involve both a change of insulin therapy and glucose integration. The algorithms in the literature mainly refer to the management of rapid insulin (if exercise is planned and done in the hours after a meal), and the baseline level; CSII therapy, providing a more physiological, flexible mode of insulin- ization, is often used by diabetic athletes. As regards glucose in- tegration, patients have to assess the quality, quantity and timing of carbohydrate intake based on insulin dosage, initial glycemia, and the type, intensity and duration of exercise. To reduce the risk of hypoglycemia linked to exercise, glycemic control must be closely monitored through either frequent SBGM or systems for continuously monitoring blood glucose. For safe physical activity with the least possible risk of hypoglycemia, the patient must be properly prepared through a “trial-and-error approach” supported by therapeutic recommendations that are as personalized as pos- sible.

Introduzione

La gestione della terapia del diabete mellito di tipo 1 (DMT1), durante e dopo l’esercizio fisico, continua a rappresentare una problematica importante soprattutto in termini di pre- venzione dell’ipoglicemia. È noto che uno degli ostacoli prin- cipali alla pratica di una regolare attività fisica nei pazienti con DMT1, è proprio il timore dell’ipoglicemia

(1)

ed è ampiamente documentato come l’esercizio esercizio sia un fattore di ri- schio per l’ipoglicemia

(2)

. Nel DMT1, a differenza di quanto avviene nel diabete mellito di tipo 2, non vi sono evidenze univoche circa un beneficio dal punto di vista metabolico

(3)

. D’altro canto, anche nel diabete di tipo 1 sono numerosi i potenziali vantaggi derivanti dallo svolgimento di una regolare attività fisica, quali la riduzione del rischio cardiovascolare, la riduzione della pressione arteriosa, un migliore controllo del peso corporeo, la tendenza a normalizzare la composizione corporea. Vi è evidenza dell’effetto favorevole sulla qualità di vita, sul senso di benessere, un miglioramento dell’autostima

e della motivazione a gestire correttamente la malattia, la ri- duzione del senso di limitazione e disabilità

(4,5)

. Tutti questi vantaggi dell’esercizio sono contrastati dai possibili rischi, tra i quali l’ipoglicemia è sicuramente uno dei più rilevanti

(6)

(Tab. 1).

In questo articolo vengono riprese le nozioni basilari di fisio- patologia dell’esercizio nel DMT1 e vengono riassunte le prin- cipali strategie attualmente a nostra disposizione per ridurre il rischio di ipoglicemia legato all’esercizio fisico. Nel testo ver- ranno usati in maniera indifferente i termini attività fisica ed esercizio fisico.

Metabolismo glucidico nel soggetto sano e nel diabetico durante l’esercizio

Lo svolgimento di esercizio comporta un aumento della ri- chiesta energetica e, quindi, un incremento della mobilizza- zione delle riserve energetiche con attivazione dei processi ossidativi nelle fibre muscolari coinvolte. Il substrato energe- tico finale utilizzato dalla fibra è l’ATP che, nei primi secondi, deriva da una limitata disponibilità presente già a riposo e dal metabolismo della fosfocreatina. Questi meccanismi permet- tono uno sforzo massimale di circa 20 secondi. Successiva- mente, l’ATP è generato dalla glicolisi e dal catabolismo degli acidi grassi liberi (free fatty acid, FFA) derivati dal tessuto adi- poso. Passando dalla condizione di riposo a quella di contra- zione, il muscolo, che a riposo utilizza quasi esclusivamente acidi grassi liberi rilasciati dal tessuto adiposo, passa a utiliz- zare una miscela composta da FFA e glucosio derivante sia dal glicogeno muscolare stesso sia da quello epatico. Il gli- cogeno muscolare è la fonte principale di energia nelle fasi iniziali dell’esercizio, ma la sua disponibilità è molto limitata e, perdurando l’attività, diminuisce, mentre aumenta il contributo derivante dall’ossidazione degli FFA circolanti e dal glucosio derivante dal glicogeno epatico.

Sono l’intensità e la durata dell’esercizio (e il grado di allena- mento) a determinare la composizione della miscela energe- tica. Durante un’attività a bassa/moderata intensità (< 60/70%

del VO

2

max) gli FFA rappresentano il principale combustibile;

aumentando l’intensità dell’esercizio aumenta la quota di energia derivante dall’ossidazione del glucosio. Durante un

Tabella 1 Potenziali benefici e rischi associati allo svolgimento di esercizio fisico nel diabete mellito di tipo 1 (mo- dificata da Riddel et al., 2006)

(7)

.

Benefici Rischi

Aumento dell’aspettativa di vita Iperglicemia

Riduzione del rischio cardiovascolare Ipoglicemia

Possibile miglioramento del controllo metabolico Infortuni muscolo-scheletrici Incremento della performance fisica, Incidenti cardiovascolari cardiovascolare e muscolare

Aumento della sensibilità insulinica Peggioramento di retinopatia e nefropatia

Aumento dell’autostima e del senso di benessere

(3)

esercizio ad alta intensità, il consumo di glucosio può essere maggiore di 1-1,5 g/min e deve essere costantemente rim- piazzato con una uguale velocità o si assiste a un calo della glicemia (Fig. 1)

(7)

. Uno sforzo molto intenso può aumentare l’assunzione da parte dei muscoli fino a 5-6 mg/kg/min e non può essere sostenuto a lungo

(7,8)

. Anche la durata dello sforzo influisce sulla natura dei substrati utilizzati. Infatti, all’inizio di una maratona si usano carboidrati per l’80%, nella fase inter- media si usano 50% carboidrati e 50% lipidi, dopo le 3 ore i lipidi costituisco l’80% dell’energia usata

(9,10)

.

Questa mobilizzazione è controllata dal sistema neuroendo- crino. Nel soggetto normale, dopo pochi minuti dall’inizio del- l’esercizio, c’è un’attivazione del sistema adrenergico che provoca una inibizione della secrezione di insulina. Di conse- guenza è stimolata la glicogenolisi muscolare e aumenta la produzione epatica di glucosio (per aumento di glicogenolisi e gluconeogenesi). La lipolisi viene contemporaneamente sti- molata dalla riduzione dell’insulinemia e dal concomitante au- mento di altri ormoni controinsulari (ormone della crescita, cortisolo e glucagone) determinando liberazione di FFA, cap- tati dal muscolo, e di glicerolo che è utilizzato dal fegato a fini gluconeogenetici. L’effetto netto è di mettere a disposizione del muscolo substrati energetici mantenendo invariata la gli- cemia. Alla conclusione dell’attività fisica l’insulinemia si riporta verso i valori di partenza con conseguente stimolo al reinte- gro del glicogeno muscolare. Il concomitare dell’aumento del- l’insulinemia con l’accelerazione della re-sintesi del glicogeno muscolare, spiega come, dopo esercizio prolungato, vi sia una tendenza all’ipoglicemia che può durare anche fino a 24-36 ore.

Nel diabete mellito di tipo 1 i meccanismi neuroendocrini che portano all’aggiustamento dell’insulinemia non esistono e l’an- damento della glicemia dipende dalla capacità del soggetto di modificare in maniera adeguata la terapia (insulinica e nutri- zionale). Obiettivo finale, durante l’attività fisica, è di mantenere l’insulinemia ai livelli ideali, evitando gli effetti della ipo- e della iperinsulinizzazione e di mantenere la glicemia entro livelli nor- mali per salvaguardare il metabolismo energetico di cervello, cuore e muscoli.

Fattori che concorrono

all’iperinsulinizzazione e all’ipoglicemia durante l’esercizio

La terapia insulinica intensiva, realizzata con un regime multi- niettivo o con microinfusore, causa frequentemente una con- dizione di iperinsulinizzazione, e conseguente ipoglicemia, durante l’attività fisica. Diversi fattori

(11)

contribuiscono al rea- lizzarsi di questa situazione.

Il mancato calo dei livelli plasmatici di insulina durante l’esercizio determina un’iperinsulinemia relativa che osta- cola la produzione epatica di glucosio e innesca l’ipo- glicemia, generalmente entro 20-60 minuti dall’inizio del- l’esercizio

(12,13)

.

L’assorbimento dell’insulina a livello sottocutaneo può es- sere aumentato durante l’esercizio a causa dell’aumento del flusso sanguigno a livello muscolare e sottocutaneo

(14)

. Anche l’incremento della temperatura corporea può au- mentare l’assorbimento. Non sembra che l’esercizio mo- difichi l’assorbimento di glargine

(15)

.

Incremento dell’insulino-sensibilità a livello del muscolo scheletrico. Durante l’esercizio si realizza un marcato in- cremento nell’uptake non insulino-mediato che riduce in maniera consistente il fabbisogno di insulina circolante

(2)

. Anche quando il paziente riduce l’insulina esogena prima dell’esercizio, spesso c’è una condizione di iperinsuliniz- zazione relativa (a livello della vena porta). Nel caso in cui anche l’insulinizzazione periferica sia elevata il rischio di ipoglicemia è ulteriormente aumentato in quanto l’uptake di glucosio da parte dei tessuti periferici sale, anche nei muscoli non coinvolti nell’esercizio. L’aumento dell’insu- lino-sensibilità persiste a lungo dopo l’esercizio e il rischio di ipoglicemia si prolunga fino a 15-36 ore dopo

(16)

. – La compromissione del sistema controregolatore causata

da complicanze neuropatiche (perdita della sensibilità al- l’ipoglicemia) e/o da scadente controllo metabolico, de- termina una riduzione del rilascio di glucosio e quindi un incremento del rischio ipoglicemico. Sia l’esercizio stesso sia precedenti ipoglicemie possono determinare un defi-

In caso di mancata produzione epatica di glucosio si verificherà un calo della glicemia plasmatica Uptake del glucosio

(mg/kg/min)

Produzione endogena di glucosio (mg/kg/min)

Glicemia arteriosa (mg/dl)

Tempo (min)

6

0 6

0

0 100

0 60

-30

Esercizio

Figura 1 Rappre-

sentazione grafica

degli effetti sulla gli-

cemia in caso di

mancato output epa-

tico di glucosio du-

rante l’esercizio (mo-

dificata da Realsen e

Chase, 2011)

(8)

.

(4)

cit della risposta controinsulare

(17)

. È noto che la risposta controinsulare è fisiologicamente attenuata durante il sonno

(17)

. È stato descritto da numerosi studi e attribuito a questa riduzione un secondo picco di incidenza di ipo- glicemia durante la notte successiva allo svolgimento di attività fisica

(18,19)

in modo particolare tra mezzanotte e le quattro del mattino

(20)

.

Tipi di esercizio e rischio di ipoglicemia nel diabete di tipo 1

La letteratura è ricca di studi relativi agli effetti dell’esercizio nel diabete mellito di tipo 1: numerosi di questi hanno anche valutato l’incidenza di ipoglicemia. Nonostante ciò, non vi sono attualmente evidenze univoche in quanto, seppur nu- merosi, gli studi differiscono tra di loro per un numero elevato di elementi. L’eterogeneità riguarda il tipo di esercizio, le sue caratteristiche, gli outcome studiati (effetti acuti o cronici, di una seduta o di un training), gli algoritmi utilizzati per variare la terapia insulinica e/o l’integrazione glucidica. Recenti me- tanalisi hanno cercato di fare il punto sugli effetti acuti e cro- nici sul controllo glicemico di differenti tipi di esercizio

(3,21)

. Il fatto che differenti tipi di esercizio (esercizio aerobico, anae- robico/di resistenza, intermittente) abbiano effetti contrastanti sulla durata e sull’intensità di ipoglicemie sia durante sia suc- cessivamente l’attività fisica stessa, è ben documentato.

L’esercizio aerobico (o di endurance) determina variazioni della glicemia relativamente prevedibili sia nel soggetto sano sia nel paziente diabetico. Il rischio ipoglicemico aumenta sia durante sia dopo l’esercizio in funzione della durata e dell’in- tensità. Una singola seduta di attività aerobica di moderata- media intensità determina ipoglicemia dal 15 al 66% dei casi studiati in diversi trial controllati

(19,22,23)

. Nella tabella 2 un rias- sunto della risposta ormonale e metabolica all’esercizio aero- bico in soggetti con e senza diabete di tipo 1

(24)

.

Si parla di attività anaerobica quando l’esercizio è molto in- tenso (> 85% della capacità aerobica) e la glicolisi avviene in carenza di ossigeno determinando una rapida produzione di ATP e lattato. In queste condizioni il ruolo dell’insulina e del glucagone è ridotto

(24)

, mentre prevalgono gli effetti della se- crezione catecolaminica che comporta un marcato incre-

mento della produzione epatica di glucosio con transitoria iperglicemia

(25)

. Nel soggetto normale questa iperglicemia in- nesca i normali meccanismi di produzione insulinica e viene ri- portata alla norma. Nel diabetico viceversa un’attività intensa di 10-15 min comporta un aumento della produzione di glu- cosio che si mantiene anche dopo il termine dell’esercizio e si traduce in un’iperglicemia persistente

(26)

. Praticata per alcuni secondi (4-10) all’interno di sedute di attività aerobica può contribuire a ridurre il rischio ipoglicemico

(27,28)

. Non sono in- vece univoche le evidenze relative al rischio di ipoglicemia tar- diva a seguito dello svolgimento di attività ad alta intensità/

anaerobiche che sembrerebbe comunque aumentato nelle ore notturne

(20,29,30)

. Nella tabella 3 un riassunto della risposta all’esercizio anaerobico in soggetti con e senza diabete di tipo 1

(24)

.

Infine, per quanto riguarda gli effetti dell’esercizio di resistenza questi appaiono diversi in funzione dell’intensità della seduta.

Pochi studi hanno approfondito questo aspetto. Recenti lavori indicano che, similmente a quanto avviene nell’attività anae- robica, l’esercizio di resistenza comporterebbe un rischio ri- dotto di ipoglicemia durante l’attività e un profilo glicemico più stabile immediatamente dopo, però senza aumentare il rischio di ipoglicemia notturna

(31)

. Infatti, una singola seduta di eser- cizio di resistenza non pare modificare l’insulino-sensibilità post-attività

(29)

. Un recente lavoro di Yardley suggerisce la ri- duzione del rischio ipoglicemico dell’attività aerobica se pre- ceduta da attività di resistenza

(32)

.

È da segnalare che anche la modalità (concentrica o eccen- trica) della contrazione delle masse muscolari coinvolte po- trebbe influenzare l’andamento glicemico e quindi il rischio di ipoglicemia. Buona parte degli studi condotti per valutare gli effetti dell’esercizio nel diabete di tipo 1, hanno utilizzato l’esercizio del pedalare che è essenzialmente un’attività di tipo concentrico. L’esercizio di tipo eccentrico (che si realizza in tutte le attività che necessitano dell’azione degli antigravitari come camminare, fare jogging, correre ecc.) impedisce l’azione insulinica e blocca l’uptake di glucosio per diverse ore

(33)

.

Trasferire nella pratica clinica le conclusioni degli RCT (random -

Tabella 2 Risposta all’esercizio aerobico nel sog- getto sano e nel diabete di tipo 1 (modificata da Yar- dley et al., 2013)

(24)

.

Non diabetico Diabete di tipo 1

Uptake del glucosio ↑↑↑ ↑↑↑

Variazione iniziale della glicemia ↓ ↓

Secrezione di insulina ↓↓ ↔

Secrezione di glucagone ↑↑ ↑ o ↔

Secrezione di catecolamine ↑ ↑

Produzione epatica di glucosio ↑↑↑ ↑

Glicemia ↔ (euglicemia) ↓↓ (ipoglicemia)

Tabella 3 Risposta all’esercizio anaerobico nel sog- getto sano e nel diabete di tipo 1 (modificata da Yar- dley et al., 2013)

(24)

.

Non diabetico Diabete di tipo 1

Uptake del glucosio ↑↑↑ ↑↑↑

Secrezione di catecolamine ↑↑↑↑ ↑↑↑↑

Secrezione di insulina

(durante l’esercizio) ↓ o ↔ ↔

Secrezione di glucagone

(durante l’esercizio) ↑↑ ↑ o ↔

Produzione epatica di glucosio ↑↑↑↑ ↑↑↑↑

Secrezione di insulina

(dopo l’esercizio) ↑↑ ↔

Glicemia ↔ (euglicemia) ↑↑ (iperglicemia)

(5)

ized controlled trial, studio controllato randomizzato), tradu- cendole in indicazioni pratiche da dare al paziente, è però solo in parte possibile. Nella real life le attività ricreative e sportive variano enormemente in termini di reclutamento di massa mu- scolare, aspetti tecnici, intensità e durata. In realtà, la maggior parte delle discipline sportive, sia individuali sia di squadra, comportano un’attività di tipo intermittente. Recenti studi hanno dimostrato che un’attività intermittente ad alta inten- sità (sprint di pochi secondi intervallati da attività a intensità moderata) riduce il rischio di ipoglicemia sia durante sia nei 60 minuti successivi. La maggiore attivazione adrenergica e dell’ormone della crescita, stimolando la glicogenolisi epatica, determina una riduzione del rischio di ipoglicemia

(27,28)

.

Prevenzione dell’ipoglicemia indotta dall’esercizio

Alla luce delle considerazioni fin qui esposte, riguardo al ri- schio di ipoglicemia indotto dall’esercizio, appare evidente l’importanza di precise strategie volte alla diminuzione di tale rischio. Le indicazioni sulla gestione della terapia durante l’esercizio fornite dalle linee guida

(34)

vanno individualizzate ap- profondendo tutti gli aspetti sovramenzionati e tradotte in spe-

cifici algoritmi che il paziente potrà sperimentare in sicurezza solo se adeguatamente preparato. Sinteticamente in figura 2 e tabella 4 vengono riportate le principali linee di azione da adottare per ridurre il rischio di ipoglicemia

(35)

.

Insulinizzazione «fisiologica» (basal bolus) con MDI/CSII Algoritmi di gestione dell’insulina

Integrazione glucidica:

Quanti CHO

Quale concentrazione Quali CHO

Indice glicemico Quando

CGMS (in MDI o CSII)

Educazione del paziente

Figura 2 Strategia terapeutica per la prevenzione dell’ipogli- cemia indotta dall’esercizio nel diabete mellito di tipo 1.

Tabella 4 Strategie di prevenzione dell’ipoglicemia indotta dall’esercizio fisico: vantaggi e limiti (modificata da Gallen et al., 2011)

(35)

.

Strategia Vantaggi Svantaggi

Variazione del bolo di insulina Riduce il rischio di ipoglicemia durante Solo se l’esercizio è programmato prandiale pre-esercizio l’esercizio; riduce il fabbisogno di e si svolge nelle 3 ore successive

integrazione con CHO; favorisce il al pasto; può determinare picchi mantenimento del peso iperglicemici all’inizio dell’attività Variazioni dell’insulina basale Riduce il rischio di ipoglicemia durante Di difficile applicazione nella terapia pre/durante-esercizio (> CSII) l’esercizio; riduce il fabbisogno di multiniettiva

integrazione con CHO; favorisce il mantenimento del peso

Integrazione glucidica durante/dopo Indispensabile per ridurre il rischio Incremento dell’apporto calorico;

l’esercizio ipoglicemico per esercizio non può essere difficile la

programmato e/o prolungato scelta/quantificazione/tempistica di soprattutto se intenso assunzione dei CHO;

disturbi gastrointestinali

Sprint durante o dopo l’esercizio Riduce l’ipoglicemia precoce Efficace solo per attività di durata post-esercizio limitata e non intensa; non efficace

su ipoglicemia durante l’esercizio Esercizio di resistenza prima Riduce il rischio di ipoglicemia durante Non efficace su ipoglicemia tardiva dell’attività aerobica e subito dopo l’esercizio

Riduzione dell’insulina basale Efficace nella riduzione dell’ipoglicemia Può determinare iperglicemie nelle

dopo l’esercizio notturna 12-24 h successive

Assunzione di caffeina prima Riduce l’ipoglicemia durante e dopo Può compromettere la capacità di dell’esercizio l’esercizio; riduce il fabbisogno controllo dei movimenti fini, alterare il

di integrazione glucidica sonno e aumentare il rischio

di ipoglicemia tardiva

(6)

Strategie terapeutiche e algoritmi di adeguamento della terapia insulinica

La disponibilità degli analoghi dell’insulina ha significativa- mente migliorato la possibilità di ricreare un’insulinizzazione il più vicino possibile alla situazione fisiologica riducendo il ri- schio di ipoglicemia. La farmacocinetica degli analoghi e la loro minore variabilità d’azione realizzano infatti un regime te- rapeutico più flessibile e modulabile in funzione dell’attività fi- sica. La terapia basal bolus può essere realizzata attraverso un trattamento multiniettivo (analogo rapido prandiale e ana- logo lento per la basalizzazione, MDI) o con l’infusione continua sottocutanea di insulina ad azione rapida con mi- croinfusore (CSII). Mentre per la gestione dell’insulina pran- diale la MDI e la CSII possono essere assimilate, la basa- lizzazione attraverso CSII fornisce al paziente modalità molto più elastiche e idonee a ottimizzare il controllo glicemico du- rante e dopo l’esercizio. Negli ultimi anni sono comparsi in let- teratura numerosi lavori che hanno cercato di definire l’ef- ficacia, in termini di riduzione del rischio ipoglicemico, di di- versi algoritmi di variazione dell’analogo rapido nella MDI e di gestione della CSII. Non così ricca la disponibilità di studi sulla gestione dell’insulina basale nella terapia multiniettiva.

La scelta dell’insulina basale e variazioni della posologia pos- sono influenzare il rischio di ipoglicemia durante e dopo l’eser- cizio. In uno studio randomizzato del 2009

(36)

, sono state paragonate glargine, detemir ed NPH valutando l’incidenza di ipoglicemia durante (30 min) e dopo l’esercizio (150 min).

I pazienti in terapia con glargine avevano un’incidenza di ipo- glicemia maggiore di quelli in detemir; d’altra parte l’assorbi- mento di glargine non appare influenzato dallo svolgimento di esercizio

(15)

. Nella gestione pratica della MDI è però difficile fornire indicazioni precise sulla variazione della basale prece- dente o successiva l’esercizio in quanto queste variazioni mo- dulano la glicemia per periodi di tempo ben più lunghi di quelli dell’esercizio. Una recente segnalazione

(37)

indica una ridu- zione significativa dell’ipoglicemia notturna dopo un esercizio serale (45 ′ al 70% VO

2

) riducendo del 20% l’insulina basale e assumendo una cena e uno snack a basso indice glicemico.

Non esistono dati relativi all’efficacia di variazione dell’insulina basale in pazienti che pratichino regolarmente esercizio fisico anche se è clinicamente noto come la pratica costante riduca mediamente il fabbisogno insulinico.

Molto più numerosi sono gli studi che hanno indagato l’effi- cacia di diversi algoritmi di riduzione dell’insulina ad azione rapida. Le raccomandazioni variano però in maniera marcata nei diversi studi, probabilmente in relazione ai diversi protocolli di esercizio effettuato, consigliando una riduzione dell’analogo rapido somministrato prima dell’esercizio che va dal 10 al

75%

(38-41)

. Di particolare interesse lo studio di Rabasa-Lhoret

et al.

(41)

, in cui la riduzione della rapida viene modulata in fun- zione dell’intensità e durata dell’esercizio (Tab. 5) dal 25 al 75% in funzione del VO

2

e della durata ottenendo una signifi- cativa riduzione del rischio ipoglicemico. Questo algoritmo è attualmente quello più utilizzato quando un esercizio fisico programmato deve essere svolto nel periodo postprandiale.

Lo stesso dicasi per la gestione del bolo nella terapia con mi-

croinfusore

(42)

; per sforzi intensi e di lunga durata può essere necessaria anche la riduzione del bolo del pasto successivo.

La modifica della velocità di infusione basale deve essere fatta quando l’esercizio si svolga lontano dai pasti e dovrebbe ini- ziare 30/60 ′ prima dell’inizio dell’attività perdurando in fun- zione dell’intensità e durata dello sforzo per diverse ore successive per ridurre il rischio di ipoglicemia tardiva

(43)

. Ven- gono suggerite riduzioni che vanno dal 10/30% per attività fi- sica lieve/moderata fino a riduzioni del 40/80% in caso di attività fisica intensa

(42)

. In ambito pediatrico è stato studiato quale effetto si determini con la sospensione dell’infusione ba- sale: la disconnessione riduce il rischio di ipoglicemia ma si può associare a iperglicemia significativa se la sospensione è prolungata (> 2 h)

(44)

.

Integrazione glucidica

L’assunzione di carboidrati supplementari è un elemento chiave nelle strategie di prevenzione dell’ipoglicemia durante e dopo l’esercizio. L’ADA consiglia di assumere 15-30 g di carboidrati ogni mezzora di attività fisica intensa: questa rac- comandazione “generale” è stata specificata meglio in nu- merosi studi che hanno applicato diversi protocolli di integrazione glucidica abbinata o meno a variazioni della te- rapia insulinica. Gli elementi che vanno tenuti presenti non sono solo la quantità di CHO ma anche la qualità e la tempi- stica di assunzione. Il tipo di carboidrati, mono- di- o polisac- caridi, influenza la velocità di comparsa in circolo come pure la concentrazione: ottimale, per favorire la più rapida com- parsa in circolo, è una concentrazione dell’8-10% preferibil- mente in forma liquida

(45)

. La velocità di svuotamento gastrico, di assorbimento intestinale e la capacità ossidativa sono fat- tori da tenere in considerazione per valutare la quantità e la tempistica dell’assunzione. Tra questi la capacità ossidativa è quello limitante: la velocità massima di comparsa in circolo è circa 1,0-1,1 g/min. Questo suggerisce che una quota mas- sima di 60/66 g di CHO/ora può essere utilizzata per mante- nere il livello di glicemia costante

(46)

.

I numerosi studi che hanno valutato la quantità di CHO da in- trodurre per ridurre il rischio di ipoglicemia durante o dopo l’esercizio, suggeriscono integrazioni che spaziano da 60 a 120 g in funzione dei diversi protocolli utilizzati. In ogni caso, nella maggior parte di questi studi non venivano apportate va- riazioni alla terapia insulinica.

Tabella 5 Variazioni del bolo prandiale in funzione dell’intensità e della durata dell’esercizio (modificata da Bruttomesso, 2006)

(42)

.

Intensità (% VO

2

max)

Riduzione del bolo (%) Esercizio Esercizio di 30 minuti di 60 minuti

Leggera (25) 25 50

Moderata (50) 50 75

Sostenuta (75) 75 100

(7)

È stata suggerita la possibilità di utilizzare diverse strategie per quantificare la quota di CHO extra da assumere

(47)

: – raccomandazione “base” 15/30 g ogni 30/60 minuti di at-

tività: può essere il punto di partenza nel percorso forma- tivo del paziente;

– approccio “semiquantitativo”: la stima dei CHO extra viene fatta in base al peso: 1 g/kg peso/h;

– approccio “quantitativo”: la stima viene fatta considerando il dispendio energetico in funzione del tipo di attività e del peso corporeo utilizzando specifiche tabelle. Diversi algo- ritmi vengono proposti in letteratura

(47)

.

La quantità, la qualità e la tempistica dei glucidi da assumere sono inoltre influenzati dalla glicemia prima dell’esercizio, e il paziente, controllando la glicemia due ore e un’ora prima dal- l’esercizio, dovrà intervenire portando la glicemia a un valore glicemico adeguato. In presenza di valori inferiori a quelli de- siderati dovrà assumere zuccheri semplici e complessi in pro- porzioni diverse in funzione dei valori glicemici di partenza (tanto più bassa la glicemia preattività tanto maggiore sarà la quota di glucidi semplici). Si sta diffondendo l’utilizzo di pre- parati energetici per gli sportivi che nel paziente diabetico sono particolarmente utili, permettendo l’assunzione di mi- scele di glucidi sequenziali (maltodestrine) che forniscono, in percentuali diverse a seconda del preparato commerciale, zuccheri a diverse velocità di assorbimento. L’assunzione di questi integratori, che hanno una composizione costante, per- mette con maggiore precisione un’adeguata integrazione prima dell’esercizio o, per attività prolungate, anche durante.

In Italia in tempi recenti è stato commercializzato un prodotto a base di glucosio per la correzione/prevenzione dell’ipogli- cemia (negli USA vi sono numerosi prodotti di questo tipo creati appositamente per le persone con diabete).

Accanto al consiglio di integrazione glucidica fatta prima e/o durante l’esercizio, alcuni studi suggeriscono lo spuntino prima di coricarsi, soprattutto se l’esercizio è stato svolto nelle ore serali, per prevenire l’ipoglicemia tardiva. Il gruppo di West ha pubblicato diversi lavori riguardo all’utilità di integrazioni con glucidi a basso indice glicemico (per esempio isomaltu- losio) nel prevenire l’ipoglicemia post-esercizio

(37)

. Altre se- gnalazioni di tecniche per ridurre il rischio ipoglicemico riportano un rischio ridotto con l’assunzione di caffeina

(48)

e con l’utilizzo di integratori contenenti glutamina o proteine

(49)

.

Monitoraggio della glicemia e nuove tecnologie

Il controllo della glicemia capillare è un elemento indispensa- bile per attuare qualsiasi variazione della terapia e/o integra- zione glucidica pre/post-esercizio al fine di ridurre il rischio di ipoglicemia. Viene consigliato, soprattutto nella fase iniziale di training, un controllo intensivo della glicemia: un’ora prima, appena prima, durante (per attività uguali o superiori a 30- 60 minuti) e dopo (a termine dell’esercizio e nelle ora succes- sive, in particolare notturne). La valutazione del trend della gli- cemia capillare prima dell’esercizio può essere suggerita al paziente in quanto fornisce indicazioni utili per l’integrazione

glucidica e/o la correzione insulinica e l’ottenimento di una gli- cemia ottimale all’inizio dell’attività fisica.

Il monitoraggio in continuo del glucosio (continuous glucose monitoring, CGM) ha notevolmente ampliato le conoscenze e le possibilità di gestione della terapia nutrizionale/insulinica ine- renti all’esercizio anche in funzione di ridurre il rischio ipoglice- mico. Quasi tutti gli studi pubblicati negli ultimi anni hanno utilizzato il CGM per valutare l’efficacia di diversi protocolli. L’uso del CGM e dei sistemi integrati di infusione/monitoraggio trova particolare indicazione al fine di prevenire l’ipoglicemia nei sog- getti che praticano abitualmente sport. La gestione dell’eserci- zio fisico è stata affrontata anche dai recenti studi sul pancreas artificiale: una recente revisione indica proprio l’esercizio fisico come uno degli ostacoli maggiori nel percorso di ottimizzazione dei sistemi closed-loop. Anche in questi sistemi, accanto alla riduzione dell’insulina somministrata, è necessaria un’integra- zione glucidica, e la variabilità intra- e interindividuale dell’insu- lino-sensibilità, maggiore durante l’esercizio, rimane un punto critico ancora non pienamente risolto

(50)

.

Trial and error approach, algoritmi ed educazione del paziente

Quanto fin qui esposto rende conto della complessità della ge- stione dell’esercizio fisico per il paziente con diabete di tipo 1.

Sono numerose le variabili di cui esso deve tenere conto:

– terapia insulinica in corso;

– glicemia di partenza e trend;

– momento della giornata;

– tipologia dell’esercizio;

– durata dello sforzo;

– intensità dello sforzo;

– rapporto con i pasti;

– natura dello sforzo (nuovo o abituale);

– esperienze precedenti;

– compromissione del sistema controregolatore;

– condizioni di allenamento;

– controllo glicemico precedente;

– precedenti ipoglicemie.

Viceversa gli RCT in genere valutano piccoli campioni di sog- getti giovani, maschi, con l’applicazione di protocolli standard che prevedono la variazione di una sola variabile. In realtà, nella maggior parte delle situazioni è invece necessario co- struire protocolli di gestione che combinino sia la variazione della terapia insulinica sia suggerimenti relativi all’integrazione glucidica. Gli algoritmi suggeriti dalla letteratura vanno quindi declinati in indicazioni individualizzate il più dettagliate possi- bile. Questo può avvenire affiancando il paziente con un in- tervento di formazione che gli permetta di sperimentare, in sicurezza, le indicazioni ricevute.

Per questo il trial and error approach

(51)

, cioè un inevitabile,

almeno in parte, approccio “empirico” per tentativi e corre-

zioni, va sistematizzato fornendo un preciso supporto tecnico

alla persona con diabete di tipo 1. In questo modo egli potrà

minimizzare il rischio di ipoglicemia indotta dall’esercizio fisico

e beneficiare dei numerosi vantaggi derivanti dalla pratica re-

golare dell’attività fisica.

(8)

Conflitto di interessi

Nessuno.

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