A. Girelli
Unità Operativa di Diabetologia, Azienda Spedali Civili, Brescia
Corrispondenza: dott.ssa Angela Girelli, Unità Operativa di Diabetologia, Azienda Spedali Civili, piazzale Spedali Civili 1, 25100 Brescia
e-mail: angela.girelli@gmail.com G It Diabetol Metab 2015;35:224-232 Pervenuto in Redazione il 27-07-2015 Accettato per la pubblicazione il 01-08-2015
Parole chiave: diabete mellito di tipo 1, esercizio fisico, ipoglicemia, prevenzione
Key words: type 1 diabetes, exercise, hypoglycemia, prevention
Rassegna
Ipoglicemia ed esercizio fisico nel diabete di tipo 1:
una questione di stile
RIASSUNTO
Nel diabete mellito di tipo 1 l’attività fisica è frequentemente causa di episodi ipoglicemici e la paura dell’ipoglicemia è la principale barriera allo svolgimento di esercizio: i meccanismi neuroendocrini che portano all’aggiustamento dell’insulinemia non esistono e l’andamento della glicemia dipende dalla capacità della persona con diabete di modificare in maniera adeguata la terapia insulinica e nutrizionale. Altri meccanismi coinvolti nella genesi di episodi ipoglicemici, durante e dopo l’esercizio, sono l’aumento dell’as- sorbimento dell’insulina, l’aumento della sensibilità periferica, la compromissione del sistema controregolatore. Diversi tipi di eser- cizio comportano diversi effetti sulla glicemia ed è, quindi, indi- spensabile valutare che tipo di attività è svolta dal paziente (aerobica, anaerobica, intermittente, di resistenza). Le misure pre- ventive riguardano sia la variazione della terapia insulinica sia l’in- tegrazione glucidica. Gli algoritmi proposti dalla Letteratura forniscono indicazioni per la gestione dell’insulina rapida (nel caso l’esercizio sia programmato e svolto nelle ore successive a un pasto) e della basale; la CSII, per la somministrazione più flessi- bile e fisiologica dell’insulina, è spesso utilizzata nei pazienti spor- tivi. Per quanto riguarda l’integrazione glucidica, il paziente dovrà valutare: la quantità, la qualità e la tempistica di assunzione dei carboidrati in funzione delle variazioni della posologia insulinica, della glicemia di partenza, dell’intensità, tipo e durata di esercizio.
Per ridurre il rischio ipoglicemico legato all’esercizio, è indispen- sabile uno stretto monitoraggio delle glicemie (autocontrollo fre- quente della glicemia capillare o monitoraggio in continuo della glicemia). Il paziente infine dovrà essere adeguatamente prepa- rato attraverso un trial and error approach supportato da indica- zioni terapeutiche il più possibile individualizzate.
SUMMARY
Hypoglycemia and exercise in type 1 diabetes: the right style
Physical activity frequently causes hypoglycemia in patients with
type 1 diabetes mellitus (T1DM), and the fear of hypoglycemia is
their main barrier to exercise. T1DM patients lack the neuroen-
docrine mechanisms that lead to the adjustment of insulin, and
their blood sugar levels depend on their ability to adapt insulin
therapy and nutrition. Other causal mechanisms involved in hy- poglycemic episodes during and after exercise are the increased absorption of insulin, increased peripheral sensitivity, and impair- ment of the counter-regulation system.
Different types of exercise have different effects on blood sugar and it is therefore essential to establish what kind of activity the patient does (aerobic, anaerobic, intermittent, resistance). Pre- ventive measures can involve both a change of insulin therapy and glucose integration. The algorithms in the literature mainly refer to the management of rapid insulin (if exercise is planned and done in the hours after a meal), and the baseline level; CSII therapy, providing a more physiological, flexible mode of insulin- ization, is often used by diabetic athletes. As regards glucose in- tegration, patients have to assess the quality, quantity and timing of carbohydrate intake based on insulin dosage, initial glycemia, and the type, intensity and duration of exercise. To reduce the risk of hypoglycemia linked to exercise, glycemic control must be closely monitored through either frequent SBGM or systems for continuously monitoring blood glucose. For safe physical activity with the least possible risk of hypoglycemia, the patient must be properly prepared through a “trial-and-error approach” supported by therapeutic recommendations that are as personalized as pos- sible.
Introduzione
La gestione della terapia del diabete mellito di tipo 1 (DMT1), durante e dopo l’esercizio fisico, continua a rappresentare una problematica importante soprattutto in termini di pre- venzione dell’ipoglicemia. È noto che uno degli ostacoli prin- cipali alla pratica di una regolare attività fisica nei pazienti con DMT1, è proprio il timore dell’ipoglicemia
(1)ed è ampiamente documentato come l’esercizio esercizio sia un fattore di ri- schio per l’ipoglicemia
(2). Nel DMT1, a differenza di quanto avviene nel diabete mellito di tipo 2, non vi sono evidenze univoche circa un beneficio dal punto di vista metabolico
(3). D’altro canto, anche nel diabete di tipo 1 sono numerosi i potenziali vantaggi derivanti dallo svolgimento di una regolare attività fisica, quali la riduzione del rischio cardiovascolare, la riduzione della pressione arteriosa, un migliore controllo del peso corporeo, la tendenza a normalizzare la composizione corporea. Vi è evidenza dell’effetto favorevole sulla qualità di vita, sul senso di benessere, un miglioramento dell’autostima
e della motivazione a gestire correttamente la malattia, la ri- duzione del senso di limitazione e disabilità
(4,5). Tutti questi vantaggi dell’esercizio sono contrastati dai possibili rischi, tra i quali l’ipoglicemia è sicuramente uno dei più rilevanti
(6)(Tab. 1).
In questo articolo vengono riprese le nozioni basilari di fisio- patologia dell’esercizio nel DMT1 e vengono riassunte le prin- cipali strategie attualmente a nostra disposizione per ridurre il rischio di ipoglicemia legato all’esercizio fisico. Nel testo ver- ranno usati in maniera indifferente i termini attività fisica ed esercizio fisico.
Metabolismo glucidico nel soggetto sano e nel diabetico durante l’esercizio
Lo svolgimento di esercizio comporta un aumento della ri- chiesta energetica e, quindi, un incremento della mobilizza- zione delle riserve energetiche con attivazione dei processi ossidativi nelle fibre muscolari coinvolte. Il substrato energe- tico finale utilizzato dalla fibra è l’ATP che, nei primi secondi, deriva da una limitata disponibilità presente già a riposo e dal metabolismo della fosfocreatina. Questi meccanismi permet- tono uno sforzo massimale di circa 20 secondi. Successiva- mente, l’ATP è generato dalla glicolisi e dal catabolismo degli acidi grassi liberi (free fatty acid, FFA) derivati dal tessuto adi- poso. Passando dalla condizione di riposo a quella di contra- zione, il muscolo, che a riposo utilizza quasi esclusivamente acidi grassi liberi rilasciati dal tessuto adiposo, passa a utiliz- zare una miscela composta da FFA e glucosio derivante sia dal glicogeno muscolare stesso sia da quello epatico. Il gli- cogeno muscolare è la fonte principale di energia nelle fasi iniziali dell’esercizio, ma la sua disponibilità è molto limitata e, perdurando l’attività, diminuisce, mentre aumenta il contributo derivante dall’ossidazione degli FFA circolanti e dal glucosio derivante dal glicogeno epatico.
Sono l’intensità e la durata dell’esercizio (e il grado di allena- mento) a determinare la composizione della miscela energe- tica. Durante un’attività a bassa/moderata intensità (< 60/70%
del VO
2max) gli FFA rappresentano il principale combustibile;
aumentando l’intensità dell’esercizio aumenta la quota di energia derivante dall’ossidazione del glucosio. Durante un
Tabella 1 Potenziali benefici e rischi associati allo svolgimento di esercizio fisico nel diabete mellito di tipo 1 (mo- dificata da Riddel et al., 2006)
(7).
Benefici Rischi
Aumento dell’aspettativa di vita Iperglicemia
Riduzione del rischio cardiovascolare Ipoglicemia
Possibile miglioramento del controllo metabolico Infortuni muscolo-scheletrici Incremento della performance fisica, Incidenti cardiovascolari cardiovascolare e muscolare
Aumento della sensibilità insulinica Peggioramento di retinopatia e nefropatia
Aumento dell’autostima e del senso di benessere
esercizio ad alta intensità, il consumo di glucosio può essere maggiore di 1-1,5 g/min e deve essere costantemente rim- piazzato con una uguale velocità o si assiste a un calo della glicemia (Fig. 1)
(7). Uno sforzo molto intenso può aumentare l’assunzione da parte dei muscoli fino a 5-6 mg/kg/min e non può essere sostenuto a lungo
(7,8). Anche la durata dello sforzo influisce sulla natura dei substrati utilizzati. Infatti, all’inizio di una maratona si usano carboidrati per l’80%, nella fase inter- media si usano 50% carboidrati e 50% lipidi, dopo le 3 ore i lipidi costituisco l’80% dell’energia usata
(9,10).
Questa mobilizzazione è controllata dal sistema neuroendo- crino. Nel soggetto normale, dopo pochi minuti dall’inizio del- l’esercizio, c’è un’attivazione del sistema adrenergico che provoca una inibizione della secrezione di insulina. Di conse- guenza è stimolata la glicogenolisi muscolare e aumenta la produzione epatica di glucosio (per aumento di glicogenolisi e gluconeogenesi). La lipolisi viene contemporaneamente sti- molata dalla riduzione dell’insulinemia e dal concomitante au- mento di altri ormoni controinsulari (ormone della crescita, cortisolo e glucagone) determinando liberazione di FFA, cap- tati dal muscolo, e di glicerolo che è utilizzato dal fegato a fini gluconeogenetici. L’effetto netto è di mettere a disposizione del muscolo substrati energetici mantenendo invariata la gli- cemia. Alla conclusione dell’attività fisica l’insulinemia si riporta verso i valori di partenza con conseguente stimolo al reinte- gro del glicogeno muscolare. Il concomitare dell’aumento del- l’insulinemia con l’accelerazione della re-sintesi del glicogeno muscolare, spiega come, dopo esercizio prolungato, vi sia una tendenza all’ipoglicemia che può durare anche fino a 24-36 ore.
Nel diabete mellito di tipo 1 i meccanismi neuroendocrini che portano all’aggiustamento dell’insulinemia non esistono e l’an- damento della glicemia dipende dalla capacità del soggetto di modificare in maniera adeguata la terapia (insulinica e nutri- zionale). Obiettivo finale, durante l’attività fisica, è di mantenere l’insulinemia ai livelli ideali, evitando gli effetti della ipo- e della iperinsulinizzazione e di mantenere la glicemia entro livelli nor- mali per salvaguardare il metabolismo energetico di cervello, cuore e muscoli.
Fattori che concorrono
all’iperinsulinizzazione e all’ipoglicemia durante l’esercizio
La terapia insulinica intensiva, realizzata con un regime multi- niettivo o con microinfusore, causa frequentemente una con- dizione di iperinsulinizzazione, e conseguente ipoglicemia, durante l’attività fisica. Diversi fattori
(11)contribuiscono al rea- lizzarsi di questa situazione.
– Il mancato calo dei livelli plasmatici di insulina durante l’esercizio determina un’iperinsulinemia relativa che osta- cola la produzione epatica di glucosio e innesca l’ipo- glicemia, generalmente entro 20-60 minuti dall’inizio del- l’esercizio
(12,13).
– L’assorbimento dell’insulina a livello sottocutaneo può es- sere aumentato durante l’esercizio a causa dell’aumento del flusso sanguigno a livello muscolare e sottocutaneo
(14). Anche l’incremento della temperatura corporea può au- mentare l’assorbimento. Non sembra che l’esercizio mo- difichi l’assorbimento di glargine
(15).
– Incremento dell’insulino-sensibilità a livello del muscolo scheletrico. Durante l’esercizio si realizza un marcato in- cremento nell’uptake non insulino-mediato che riduce in maniera consistente il fabbisogno di insulina circolante
(2). Anche quando il paziente riduce l’insulina esogena prima dell’esercizio, spesso c’è una condizione di iperinsuliniz- zazione relativa (a livello della vena porta). Nel caso in cui anche l’insulinizzazione periferica sia elevata il rischio di ipoglicemia è ulteriormente aumentato in quanto l’uptake di glucosio da parte dei tessuti periferici sale, anche nei muscoli non coinvolti nell’esercizio. L’aumento dell’insu- lino-sensibilità persiste a lungo dopo l’esercizio e il rischio di ipoglicemia si prolunga fino a 15-36 ore dopo
(16). – La compromissione del sistema controregolatore causata
da complicanze neuropatiche (perdita della sensibilità al- l’ipoglicemia) e/o da scadente controllo metabolico, de- termina una riduzione del rilascio di glucosio e quindi un incremento del rischio ipoglicemico. Sia l’esercizio stesso sia precedenti ipoglicemie possono determinare un defi-
In caso di mancata produzione epatica di glucosio si verificherà un calo della glicemia plasmatica Uptake del glucosio
(mg/kg/min)
Produzione endogena di glucosio (mg/kg/min)
Glicemia arteriosa (mg/dl)
Tempo (min)
60 6
0
0 100
0 60
-30