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Recenti sviluppi nell’azione di classe - Judicium

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GIORGIO AFFERNI

Recenti sviluppi nell’azione di classe

Introduzione

Il Tribunale di Napoli con sentenza depositata il 18 febbraio 2013 ha accolto per la prima volta in Italia un’azione di classe promossa da un consumatore nei confronti di un’impresa1. Nella specie un gruppo di consumatori aveva acquistato un pacchetto turistico tutto compreso per un viaggio a Zanzibar. La sistemazione alberghiera non era però conforme alle informazioni che questi avevano ricevuto prima della partenza. Il Tribunale ha ritenuto che il venditore del pacchetto turistico fosse inadempiente rispetto alle obbligazioni che si era contrattualmente assunto e lo ha condannato al risarcimento del danno non patrimoniale per vacanza rovinata a favore dei consumatori che avevano promosso l’azione e dei consumatori che trovandosi in una posizione omogenea rispetto a questi avevano aderito all’iniziativa giudiziaria. Questa prima sentenza offre lo spunto per una sintetica panoramica della prima giurisprudenza in materia di azione di classe alla luce della recente riforma di questo nuovo strumento processuale approvata nell’ambito del Decreto Sviluppo del 20122.

Introduzione del giudizio

L’azione di classe può essere promossa solamente da consumatori. Essi possono agire personalmente oppure mediante mandato a un’associazione di consumatori o a un comitato appositamente costituito. Sino a oggi, quasi tutte le azioni di classe note sono state promosse mediante mandato a un’associazione di consumatori o comunque con la sua assistenza. Inoltre, molte di queste azioni hanno avuto una finalità quasi esclusivamente dimostrativa, non avendo una concreta possibilità di successo sotto il profilo dell’ammissione dell’azione o sotto il profilo del numero di adesioni raccolte. Esemplare in questo senso è l’azione promossa da Codacons nei confronti di Voden Medical Intruments, un distributore di un vaccino antiinfluenzale che si era rivelato inefficace3. In questo caso, il Tribunale di Milano ha accertato che il proponente aveva acquistato il vaccino lo stesso giorno in cui era stato fissato l’appuntamento dal notaio per la firma del mandato all’associazione per promuovere l’iniziativa. Ciò nonostante, il Tribunale ha ritenuto di ammettere l’azione. In seguito, ha aderito un solo altro consumatore! Infine, il Tribunale ha respinto la domanda e ha condannato il proponente (in solido con l’aderente) alle spese e al risarcimento del danno per lite temeraria4. In questo caso, è evidente la finalità dimostrativa dell’azione. Il proponente non aveva effettuato l’acquisto per finalità di consumo, ma al fine esclusivo di andare in

Avvocato in Genova. LL.M. ’02 (Harvard). Dottore di ricerca in diritto privato ’06 (Pisa Statale). Docente a contratto di diritto privato europeo nell’Università degli Studi di Genova. Il presente contributo riproduce, con alcune modifiche e l’aggiunta delle note, un intervento svolto in occasione del Secondo Rapporto sulla Giustizia Civile Italiana

“Avvocatura e Magistratura unite per il funzionamento, hic et nunc, del processo civile” organizzato dall’Unione Nazionale delle Camere Civili e dal Centro Studi dell’Avvocatura Civile Italiana i collaborazione con CNF, ANM e Associazione Italiana fra gli studiosi del processo civile, tenutosi presso la Corte di Cassazione l’1-2 marzo 2013.

L’autore è componente della Giunta esecutiva dell’UNCC. Le opinioni espresse sono personali e non rappresentano necessariamente la posizione dell’UNCC.

1 Trib. Napoli, 18 febbraio 2013, n. 2195, in De Jure.

2 Art. 6 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni in l. 24 marzo 2012, n. 27.

3 Trib. Milano, ord. 20 dicembre 2010; App. Milano, ord. 3 maggio 2011.

4 Trib. Milano, 13 marzo 2012.

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giudizio. Inoltre, l’associazione dei consumatori non ha fatto nulla per promuovere la raccolta di adesioni, con il risultato che un solo consumatore ha aderito all’iniziativa.

In giurisprudenza si è discusso della natura del mandato dal consumatore all’associazione al fine della promozione dell’azione. Il Tribunale di Torino nell’azione Altroconsumo c. Intesa Sanpaolo ha negato la legittimazione dell’associazione sulla base della considerazione che essa aveva ricevuto dal consumatore interessato un mandato esclusivamente processuale5. Il Tribunale ha ritenuto che anche all’azione di classe fosse applicabile la norma che ammette la possibilità di agire in nome e per conto di un altro soggetto solamente in base a un mandato sostanziale, e cioè in base a un mandato che attribuisca al mandatario il potere di disporre del diritto oltre che di rappresentare il suo titolare in giudizio. In sede di reclamo la Corte d’appello di Torino ha ritenuto invece che l’eventualità che il consumatore promuova un’azione di classe mediante mandato a un’associazione di consumatori o a un comitato appositamente costituito rappresenta un caso speciale di rappresentanza processuale, come tale sottratta alla disciplina ordinaria della sostituzione processuale ex art. 77 c.p.c. Pertanto, l’associazione di consumatori può essere legittimata ad agire mediante il conferimento di un semplice mandato processuale6. Questa interpretazione è preferibile, perché ha l’effetto di semplificare l’esercizio di un’azione di classe. In particolare, essa consente di evitare l’obbligo di registrare il mandato e il pagamento della relativa imposta7.

La legge prevede che il consumatore può promuovere un’azione di classe per l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni (art. 140-bis, comma 1°, c. cons.). In giurisprudenza si è discusso se il consumatore può promuovere l’azione per il solo accertamento della responsabilità, riservandosi di agire per la condanna o per le restituzioni in un separato giudizio individuale (cd. biforcazione dell’azione di classe). Il Tribunale di Roma nell’azione Codacons c. Unicredit ha ritenuto che, così come in caso di promozione di un’azione individuale, anche in caso di promozione di un’azione di classe, il proponente possa domandare il solo accertamento della responsabilità (l’an), riservandosi di chiedere la condanna al risarcimento del danno (il quantum) in un separato giudizio8. La Corte d’appello di Torino nell’azione Codacons c. Intesa Sanpaolo ha ritenuto invece che il consumatore che propone un’azione di classe ha l’onere, pena l’inammissibilità dell’azione, di domandare sia l’accertamento della responsabilità, che la condanna al risarcimento del danno o alle restituzioni. Questa interpretazione è preferibile sotto due distinti punti di vista. In primo luogo, come ben argomentato dalla stessa Corte d’appello, la possibilità di separare la domanda di accertamento della responsabilità dalla domanda di condanna al risarcimento o alle restituzioni è incompatibile con la disciplina complessiva dell’azione di classe. Infatti, la legge dispone che il consumatore che abbia aderito a un’azione di classe non può promuovere un’azione individuale per la stessa violazione (art. 140-bis, comma 3°, c. cons.). Pertanto, il consumatore che abbia aderito a un’azione di classe di mero accertamento della responsabilità si troverebbe poi nell’impossibilità di ottenere una liquidazione giudiziale del proprio credito a titolo di risarcimento del danno o a titolo di restituzione. Inoltre, anche a voler ammettere che l’adesione a un’azione di classe di mero accertamento non precluda un’azione individuale per la condanna al risarcimento del danno o alle restituzioni, la biforcazione tra le due domande avrebbe l’effetto di frustrare la funzione fondamentale di economia processuale dell’azione di classe. Infatti, in tanto ha senso introdurre un meccanismo processuale che favorisca la promozione di domande per il risarcimento di danni di scarsa entità, in deroga al principio de minimis non curat pretor, in quanto tutte queste domande vengano risolte nell’ambito di un unico processo. Se l’azione di classe di mero accertamento fosse seguita da una moltitudine di azioni

5 Trib. Torino, ord. 28 aprile 2011.

6 App. Torino, ord. 23 aprile 2011.

7 In dottrina v. le osservazioni di Consolo – Zuffi, L’azione di classe ex art. 140-bis cod. cons., Padova, 2012, p. 119 ss.

8 Trib. Roma, ord. 25 marzo 2011.

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individuali di condanna al risarcimento di un danno di scarsa entità, l’azione di classe si trasformerebbe in un mostro dalle mille teste paragonabile all’Idra di Lerno.

La soluzione contraria alla biforcazione era peraltro implicita nel testo originario della disciplina dell’azione di classe, là dove si prevedeva che “ciascun componente della classe … può agire per l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni”

(art. 140-bis, comma 1°, c. cons.). Tuttavia, il legislatore italiano ha ritenuto opportuno ribadire questa regola introducendo un periodo immediatamente successivo a quello citato dove si precisa che “l’azione di classe ha per oggetto l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni in favore degli utenti consumatori” (art. 140-bis, comma 2°, c. cons.). Questa ripetizione è certamente poco elegante, ma ha il pregio se non altro di chiarire una volta per tutte che non sono ammesse le azioni di classe di mero accertamento della responsabilità del convenuto.

La legge precisa anche che l’azione di classe può essere promossa esclusivamente a tutela di certi diritti: i diritti contrattuali in genere e il diritto al risarcimento del danno extracontrattuale causato da un prodotto difettoso, da una pratica commerciale scorretta, o da un illecito antitrust (art. 140- bis, comma 2°, c. cons.). Sino a oggi sono state promosse una ventina di azioni di classe9. Di queste, almeno dodici sono state promosse in materia contrattuale: cinque per la presenza di clausole vessatorie o comunque nulle nei contratti bancari (Codacons c. Intesa Sanpaolo10; Altroconsumo c. Intesa Sanpaolo11; Codacons c. Unicredit12; Assoconsum c. Banca della Campania13; Adoc c. Banca Popolare di Novara14); altre cinque nei confronti di imprese di trasporto per disservizi di vario genere (Comitato Pendolari FR 8° Carrozza c. Trenitalia15; Adoc c.

Gruppo Torinese Trasporti16; Federconsumatori c. AMT Genova17; Altroconsumo c. Trenord18; Associazione Codici et al. c. Autostrade per l’Italia19); una nei confronti di un’azienda ospedaliera (Codacons c. Policlinico Gemelli20); una nei confronti di RAI per inadempimento al contratto di servizio (Altroconsumo c. RAI21); e infine una contro un tour operator (Maggi c. Wecan Tour di Goa22).

Per il risarcimento del danno extracontrattuale sono state promosse almeno quattro azioni di classe.

Un’azione è stata promossa nei confronti di un produttore di tabacco (Codacons c. British American

9 Al 1° marzo 2013, l’Osservatorio antitrust dell’Università degli Studi di Trento riporta che sono state promosse 23 azioni di classe (www.osservatorioantitrust.eu).

10 Trib. Torino, ord. 4 giugno 2010, in Foro it. 2010, 9, I, 2523. Si tratta della prima azione di classe promossa in Italia.

Dichiarata inammissibile con decisione confermata in sede di reclamo. App. Torino, ord. 27 ottobre 2010, in Foro it.

2010, 12, I, 3530. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro la decisione della Corte d’appello: v.

Cass., Sez. I, 14 giugno 2012, in Giust. civ. 2012, 7-8, I, 1667, e in Foro it. 2012, 9, I, 2304.

11 Trib. Torino, ord. 28 aprile 2011, in Foro it. 2011, 6, I, 1888; App. Torino, ord. 23 settembre 2011, in Foro it. 2011, 12, I, 3422. Dichiarata ammissibile in sede di reclamo dopo che era stata dichiarata inammissibile dal Tribunale. Il giudizio nel merito è in corso. Il Tribunale aveva concesso termine sino al 21 gennaio 2013 per aderire all’azione: Trib.

Torino, ord. 15 giugno 2012.

12 Trib. Roma, ord. 25 marzo 2011, in Foro it. 2011, 6, I, 1889. Dichiarata inammissibile.

13 Trib. Napoli, ord. 9 dicembre 2011, in Foro it. 2012, 6, I, 1909. Dichiarata ammissibile con decisione confermata di sede di reclamo: App. Napoli, ord. 29 giugno 2012, in www.ilcaso.it.

14 Trib. Torino, ord. 7 aprile 2011, in Giur. merito 2012, 2, 367. Dichiarata inammissibile.

15 Trib. Roma, ord. 20 settembre 2011. Dichiarata inammissibile.

16 Trib. Torino, ord. 31 ottobre 2011, in Foro it. 2012, 6, I, 1910. Dichiarata inammissibile.

17 Trib. Genova, ord. 8 febbraio 2012. Dichiarata inammissibile.

18 L’azione è stata promossa davanti al Trib. Milano. Non si è ancora tenuta l’udienza sull’ammissibilità dell’azione.

19 Azione promossa davanti al Trib. Roma. Dichiarata inammissibile.

20 Trib. Roma, ord. 27 aprile 2012, in Danno e resp. 2012, 1243. Ammessa.

21 Azione dichiarata inammissibile dal Trib. Roma. L’udienza di reclamo è prevista per il prossimo 8 maggio 2013.

22 Trib. Napoli, 18 febbraio 2013, n. 2195, Zanzibar, in De Jure. Come detto, si tratta della prima decisione che accoglie un’azione di classe condannando il convenuto al risarcimento del danno a favore del proponente e degli aderenti.

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Tobacco23). Due azioni sono state promosse per pratiche commerciali sleali: la prima nei confronti del distributore di un vaccino antiinfluenzale (Codacons c. Voden Medical Instruments24); la seconda nei confronti del produttore di software (Aduc c. Microsoft25). Infine, una sola azione è stata promossa per illecito antitrust (Altroconsumo e Casa del consumatore c. Moby et al.26).

Per quanto riguarda la definizione delle fattispecie di responsabilità per le quali è ammissibile l’azione di classe, degna di nota è l’azione De Zordo c. Quadrifoglio. Nella specie, un assessore comunale della città di Firenze aveva citato in giudizio la società affidataria del servizio di pulizia delle strade comunali, lamentando il fatto che essa non aveva provveduto a mantenere le strade pulite in occasione di una forte nevicata che si era verificata a Firenze nel dicembre 2010. Il Tribunale di Firenze, con decisione confermata in sede di reclamo, ha dichiarato l’azione inammissibile sulla base della considerazione che nella specie non ricorreva alcuno dei casi previsti dalla legge per la promozione di un’azione di classe27. In particolare, a giudizio del Tribunale, non sussisteva un rapporto contrattuale tra il proponente e il convenuto, dal momento che il contratto di servizio obbligherebbe il convenuto esclusivamente nei confronti dell’ente pubblico che affida il servizio. Inoltre, sempre a giudizio del Tribunale, non sussisteva una responsabilità del produttore, dal momento che, contrariamente a quanto sostenuto dal proponente, la responsabilità del produttore non ricomprende la responsabilità del fornitore di un servizio.

Questa decisione è degna di nota proprio perché esclude dal novero dei diritti tutelabili mediante la promozione di un’azione di classe il diritto al risarcimento del soggetto che abbia subito un danno a causa di una qualche violazione imputabile a un fornitore di servizi con il quale il proponente non sia legato da un rapporto contrattuale. Il legislatore ha infine ritenuto di estendere i casi in cui può essere promossa un’azione di classe anche alla responsabilità del fornitore di un servizio, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto contrattuale tra le parti. Infatti, il testo riformato dell’art. 140-bis, comma 2, lett. b), c. cons. precisa che l’azione di classe tutela “i diritti omogenei spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto o servizio nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale” (enfasi aggiunta). Questa riforma avrà certamente l’effetto di estendere l’ammissibilità di un’azione di classe anche a casi che in origine ne erano esclusi. Ad esempio, prima della riforma si discuteva entro quali limiti i cd.

investitori al dettaglio potessero promuovere un’azione di classe nei confronti di un intermediario finanziario che avesse prestato la propria attività nell’ambito di un’operazione di sollecitazione del pubblico risparmio28. In genere, si escludeva che una simile azione potesse essere promossa nei confronti di intermediari che avessero assistito l’emittente nella predisposizione dell’offerta, senza però intrattenere rapporti contrattuali con gli stessi risparmiatori (cd. responsabilità da prospetto).

23 Tri. Roma, ord. 11 aprile 2011, in Foro it. 2011, 12, I, 3424. Dichiarata inammissibile con decisione confermata in sede di reclamo. App. Roma, ord. 27 gennaio 2012, in Foro it. 2012, 6, I, 1908 e in Corriere giur. 2013, 103, con nota di Donzelli.

24 Trib. Milano, ord. 20 dicembre 2010, in Foro it. 2011, 2, I, 617; App. Milano, ord. 3 maggio 2011, in Foro it. 2011, 12, I, 3423. Il Tribunale di Milano, dopo avere ammesso l’azione, con decisione confermata in sede di reclamo, ha respinto tutte le domande condannando il proponente (in solido con l’unico aderente!) alle spese di giudizio e al risarcimento del danno per lite temeraria. Trib. Milano 13 marzo 2012, in Foro it. 2012, 6, I, 1909.

25 Trib. Milano, ord. 20 ottobre 2011. Dichiarata inammissibile.

26 Trib. Genova, ord. 4 ottobre 2012. Azione sospesa in attesa della decisione dell’AGCM sul supposto cartello tra le compagnie di traghetti da/per la Sardegna. Per un breve resoconto della vicenda, mi sia consentito il rinvio a G. Afferni, Class action e danno antitrust: il caso Traghetti, in Consumatori, diritti e mercato, 2012, p. 118 ss.

27 Trib. Firenze, ord. 15 luglio 2011, in Foro it. 2012, 6, I, 1910; App. Firenze, ord. 27 dicembre 2011, in Foro it. 2012, 6, I, 1908.

28 Cfr. Giudici, L’azione di classe e la responsabilità civile nel diritto dei mercati finanziari, in Class action: il nuovo volto della tutela collettiva in Italia, Milano, 2011, p. 191; Sangiovanni, Class action e tutela contrattuale degli investitori, in Obbligazioni e contratti, 2010, p. 611. Inoltre, mi sia consentito il rinvio a G. Afferni, Recent developments on prospectus liability in Italian law, in Euredia, 2011, p. 476 ss.

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Oggi, si potrebbe sostenere che questi intermediari prestano un servizio anche ai risparmiatori, pur essendo remunerati direttamente solo dall’emittente, e per questa via promuovere un’azione di classe anche nei loro confronti.

Nell’impostazione originaria della legge, l’azione di classe poteva essere promossa esclusivamente per la tutela di diritti individuali di consumatori che fossero omogenei rispetto ai diritti di altri consumatori che, trovandosi in una posizione identica, appartenevano alla stessa classe. La riforma del 2012 ha esteso la possibilità di promuovere un’azione di classe anche a tutela di interessi collettivi (art. 140-bis, comma 1°, c. cons.). Questa innovazione è stravagante rispetto all’impostazione complessiva della disciplina, la quale attribuisce la legittimazione esclusiva a ciascun consumatore a tutela di un proprio diritto individuale al fine esclusivo di ottenere una sentenza di condanna al risarcimento di un danno individuale o alla restituzione di una prestazione individuale. Non si comprende quindi a quale fine un consumatore potrebbe agire in giudizio a tutela di un interesse collettivo. Si tratta verosimilmente di un’innovazione scarsamente meditata, che potrebbe avere conseguenze pratiche anche molto rilevanti, al momento del tutto imprevedibili.

Il giudizio preliminare sull’ammissibilità dell’azione

La legge prevede che all’esito della prima udienza il Tribunale deve pronunciarsi sull’ammissibilità dell’azione. L’azione è inammissibile quando è manifestamente infondata, quando il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l’interesse della classe, quando sussiste un conflitto di interessi e, infine, quando i diritti individuali tutelabili non sono omogenei (art. 140-bis, comma 6°, c. cons.).

La giurisprudenza ha precisato che il giudizio preliminare sull’ammissibilità dell’azione non deve esaurirsi necessariamente in un’unica udienza. Inoltre, la trattazione non deve necessariamente essere orale, ma può essere scritta. In particolare, le parti possono chiedere al tribunale di concedere termini per il deposito di memorie29. A questo si aggiunga che le parti possono precisare o modificare le domande ed eccezioni già formulate entro gli stessi limiti previsti per il giudizio ordinario dall’art. 183, comma 5°, c.p.c. Ad esempio, nell’azione Codacons c. Voden Medical Instruments, il proponente aveva agito nei confronti del convenuto chiedendo il risarcimento del danno per responsabilità del produttore. Il convenuto aveva eccepito di essere solamente un distributore del prodotto. Il proponente ha quindi modificato nella memoria autorizzata le proprie conclusioni, chiedendo la condanna del convenuto al risarcimento del danno per pratica commerciale scorretta. Il Tribunale ha dichiarato ammissibile la modifica delle conclusioni già rassegnate dal proponente, sul presupposto che nell’atto di citazione era già stata prefigurata una responsabilità del convenuto anche per pratica commerciale scorretta, oltre che per prodotto difettoso30.

Sulla non manifesta infondatezza dell’azione, la giurisprudenza ha precisato che il giudizio preliminare nel merito è sommario e presuppone la veridicità dei fatti allegati (sulla base della massima si vera sint exposita), i quali, se del caso, dovranno essere provati solamente nella fase istruttoria del giudizio31. A questo proposito, si può osservare che, analogamente a quanto richiesto dalla giurisprudenza federale americana, il proponente ha comunque l’onere di allegare un numero sufficiente di fatti che se provati possano condurre all’accertamento della responsabilità del convenuto e alla sua condanna al risarcimento del danno o alle restituzioni32. Ad esempio, in un’azione di classe antitrust, il proponente, pur non dovendo provare l’esistenza della violazione già

29 Trib. Milano, ord. 20 dicembre 2010; App. Milano, ord. 3 maggio 2011, Codacons c. Voden Medical Instruments.

30 Trib. Milano, ord. 20 dicembre 2010, Codacons c. Voden Medical Instruments.

31 App. Roma, ord. 27 gennaio 2012, Codacons c. BAT.

32 Cfr. Bell Atlantic Corp. v Twombly, 550 U.S. 544, 127 S.Ct. 1955 (2007) (un’azione di classe antitrust).

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nella fase preliminare del giudizio sull’ammissibilità dell’azione, non potrebbe limitarsi ad allegare il semplice aumento improvviso e simultaneo dei prezzi di tutti i convenuti. Infatti, per giurisprudenza pacifica, questo solo fatto, anche se provato, non è sufficiente a condurre all’accertamento di una violazione antitrust. Piuttosto, il proponente dovrà allegare, già nella fase preliminare del giudizio, l’esistenza di qualche fattore ulteriore (quale, ad esempio, l’esistenza di accordi commerciali tra le imprese convenute che abbiano l’effetto di restringere in modo irragionevole la concorrenza) che se provato possa condurre all’accertamento della violazione.

Sull’adeguatezza dei proponenti, la giurisprudenza ha avuto modo ai affermare che si deve presumere l’idoneità a curare in modo adeguato l’interesse della classe da parte dell’associazione di consumatori cui sia stato dato mandato per promuovere l’azione, quando essa sia iscritta all’elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale previsto dall’art.

137 c. cons.33. Invece, sono stati ritenuti non in grado di curare in modo adeguato l’interesse della classe, i consumatori che siano sprovvisti di adeguati mezzi finanziari e organizzativi. Il problema si è posto nelle azioni Altroconsumo c. Intesa Sanpaolo e ADOC c. Banca Popolare di Novara. In entrambi i casi, i consumatori avevano promosso l’azione insieme con le associazioni dei consumatori. Il Tribunale di Torino, dopo avere escluso che le associazioni potessero partecipare al giudizio come sostituti processuali dei consumatori, dal momento che ad esse era stato conferito un mandato meramente processuale e non sostanziale, ha ritenuto i consumatori non adeguati a rappresentare gli interessi degli altri membri della classe, dal momento che gli stessi consumatori avevano allegato che i propri conti corrente bancari erano in rosso (nella specie erano state promosse due azioni di classe contro le banche per una supposta illegittima applicazione delle commissioni di massimo scoperto)34.

In particolare sull’omogeneità dei diritti

Il testo originario della legge prevedeva che l’azione di classe potesse essere promossa esclusivamente a tutela di diritti omogenei di consumatori che si trovano in una posizione identica tra loro (ex combinato disposto degli art. 140-bis, commi 1° e 2°, c. cons.). Vi era quindi una tensione tra due presupposti non perfettamente coincidenti: quello di omogeneità, da una parte, e quello di identità dall’altra parte. Il primo era ovviamente più favorevole al proponente, perché meno rigoroso del secondo. La giurisprudenza aveva già avuto modo di chiarire che il requisito di identità non dovesse essere interpretato in senso letterale e che, in sostanza, esso coincidesse con quello di omogeneità. In particolare, la giurisprudenza aveva chiarito che affinché fosse soddisfatto il requisito dell’omogeneità/identità non era necessario che i danni individuali di cui ciascun consumatore chiedeva il risarcimento fossero identici 35 . Questa soluzione era senz’altro condivisibile, dal momento che, diversamente, l’azione di classe avrebbe potuto essere promossa solamente in pochissimi casi. Questa stessa soluzione è stata infine fatta propria anche dal legislatore, il quale con la riforma del 2012 ha definitivamente abbandonato il criterio dell’identità dei diritti sostituendolo con il criterio meno rigoroso e più favorevole al proponente dell’omogeneità dei diritti (art. 140-bis, commi 2° e 6°).

33 Trib. Napoli, ord. 9 dicembre 2011, Assoconsum c. Banca della Campania, confermata sul punto da App. Napoli, ord. 29 giugno 2012.

34 Trib. Torino, ord. 28 aprile 2011, Altroconsumo c. Intesa Sanpaolo; Trib. Torino, ord. 7 aprile 2011, Adoc c. Banca Popolare di Novara. Vedi le osservazioni critiche di P. Fiorio, Solo il consumatore ricco può curare adeguatamente gli interessi della classe? La legittimazione ad agire alla luce delle prime esperienze applicative dell'art. 140-bis, in Giur.

merito, 2012, 2, 377.

35 App. Roma, ord. 27 gennaio 2012, Codacons c. BAT; App. Torino, ord. 23 settembre 2011, Altroconsumo c. Intesa Sanpaolo; Trib. Roma, ord. 20 aprile 2012, Codacons c. Policlinico Gemelli; Trib. Napoli, ord. 9 dicembre 2011, Assoconsum c. Banca della Campania.

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In giurisprudenza comincia a farsi strada la tesi secondo la quale il requisito dell’omogeneità dei diritti sussiste quando sulla base delle prime difese delle parti il Tribunale ritiene di essere in grado di svolgere un’unica attività istruttoria comune a tutti i membri della classe36. Infatti, solo in questo modo l’azione di classe riesce a svolgere la funzione di economia processuale che le è propria.

Diversamente, se non fosse possibile svolgere un’attività istruttoria comune, l’azione di classe si ridurrebbe a una somma di tante azioni individuali dove il Tribunale sarebbe costretto a trattare e decidere separatamente la posizione di ciascun consumatore che abbia aderito all’azione37.

Nelle prime decisioni che si sono occupate frontalmente del requisito dell’omogeneità dei diritti è già emerso quali sono destinate a diventare le questioni maggiormente complesse sotto questo profilo: la prova del nesso di causalità nei danni alla salute e la liquidazione del danno non patrimoniale.

Per quanto riguarda la prova del nesso di causalità nei danni alla salute, occorre distinguere, da una parte, i danni alla salute che sono stati causati con un grado sufficiente di probabilità da un unico fattore, il quale sia imputabile al convenuto (ad esempio, un difetto del prodotto) e, dall’altra parte, i danni alla salute che possono essere stati causati da una molteplicità di fattori, dei quali solamente alcuni siano imputabili al convenuto. Nel primo caso, è più facile che sussista il requisito dell’omogeneità dei diritti, dal momento che è più probabile che la sussistenza del nesso di causalità possa essere accertata mediante un’unica attività istruttoria comune a tutti i membri della classe.

Nel secondo caso, invece, è più difficile (se non impossibile) che sussista questo requisito, dal momento che è più probabile che l’accertamento della sussistenza del nesso di causalità richieda indagini specifiche per ciascun membro della classe.

Anche sulla base di queste considerazioni, il Tribunale di Roma, nel caso Codacons c. British American Tobacco (BAT), ha dichiarato inammissibile un’azione di classe promossa da alcuni consumatori che sostenevano di essere diventati dipendenti dalla nicotina a causa del fumo e chiedevano il risarcimento del danno non patrimoniale consistente nel timore di ammalarsi e del danno patrimoniale consistente nelle spese sostenute a causa della dipendenza. Il Tribunale, con decisione confermata in sede di reclamo, ha ritenuto l’azione manifestamente infondata, dal momento che i rischi del fumo sono noti alla generalità dei consumatori oramai da molti anni.

Inoltre, esso ha ritenuto che non sussisteva il requisito dell’omogeneità dei diritti, dal momento che sarebbe stato necessario svolgere accertamenti individuali per ciascun consumatore aderente all’azione anche con riferimento alla sue abitudini personali e quindi alle ragioni per le quali egli ha cominciato a fumare e successivamente non è riuscito a smettere38.

L’ammissibilità di un’azione rivolta a ottenere la riparazione del danno non patrimoniale si scontra con due principi oramai consolidati nella giurisprudenza di legittimità. In primo luogo, il principio in base al quale la liquidazione del danno non patrimoniale deve essere personalizzata. In secondo luogo, il principio in base al quale, fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, la riparazione del danno non patrimoniale è ammessa solo quando vi sia stata una lesione grave di un diritto inviolabile della persona, in quanto tale garantito dalla Costituzione39.

Per quanto riguarda il principio della personalizzazione del danno non patrimoniale, la prima giurisprudenza sembra orientata nel senso che un’azione di classe diretta a ottenere la riparazione del danno non patrimoniale non è di per sé inammissibile per mancanza del requisito

36 Molto chiara in questo senso Trib. Roma, ord. 11 aprile 2011, Codacons c. BAT, confermata sul punto da App. Roma, ord. 27 gennaio 2012.

37 Poco convincente è quindi Trib. Roma, ord. 20 aprile 2012, Codacons c. Policlinico Gemelli.

38 Trib. Roma, ord. 11 aprile 2011, Codacons c. BAT, confermata sul punto da App. Roma, ord. 27 gennaio 2012.

39 Per entrambi i principi vedi anche solo Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972, in Giust. civ., 2009, p. 930, con ampio commento di Rossetti.

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dell’omogeneità dei diritti40. Piuttosto, l’azione di classe può essere promossa esclusivamente al fine di ottenere la riparazione di danni non patrimoniali che siano in qualche modo comuni a tutti i membri della classe. In questa prospettiva, il proponente ha l’onere di domandare la riparazione di un danno non patrimoniale che non sia individualizzato, ma sia fondato su circostanze comuni a tutti i membri della classe41. Ad esempio, non sarebbe ammissibile un’azione di classe diretta a ottenere la riparazione del danno alla salute causato da un difetto di un prodotto, dove si chieda che la classe sia definita in modo tale da includere soggetti che hanno subito lesioni diverse tra loro.

Viceversa, sarebbe ammissibile un’azione di classe diretta a ottenere la riparazione di un danno non patrimoniale causato da un grave disagio imputabile al convenuto, sofferto in misura uguale da tutti i membri della classe.

Per quanto riguarda il principio della sussistenza di una violazione grave di un diritto inviolabile della persona, la prima giurisprudenza sembra divisa sull’opportunità di rilassare il relativo presupposto nell’ambito di un’azione di classe. In effetti, il requisito della sussistenza di una violazione grave di un diritto inviolabile della persona è stato sviluppato dalla giurisprudenza al fine di ostacolare la promozione di azioni individuali dirette a ottenere la riparazione di danni bagattellari, in ossequio alla massima de minimis non curat pretor. Tuttavia, l’azione di classe è stata introdotta proprio al fine di agevolare le domande giudiziali di risarcimenti di scarsa entità, sul presupposto che queste domande potessero essere istruite e decise nell’ambito di un unico processo.

Pertanto, sarebbe contraddittorio assoggettare le domande di riparazione di un danno non patrimoniale promosse nell’ambito di un’azione di classe agli stessi limiti previsti per le azioni individuali. In altre parole, all’azione di classe, non si applica la massima de minimis non curat pretor.

Impugnazioni, pubblicità e adesioni

La legge prevede che l’ordinanza del Tribunale che decide sull’ammissione dell’azione di classe può essere oggetto di reclamo davanti alla Corte d’appello (art. 140-bis, comma 7°, cod. cons.).

Tuttavia, essa non precisa se l’ordinanza della Corte d’appello possa, a sua volta, essere impugnata in Cassazione. La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che l’ordinanza della Corte d’appello che dichiara l’azione inammissibile non può essere impugnata davanti alla Corte Suprema. Infatti, questa ordinanza non decide definitivamente la questione e, quindi, non preclude al proponente la possibilità di proporre una nuova azione per la stessa questione, sia essa un’azione individuale o di classe42.

In caso di ammissione dell’azione, la legge prevede che il proponente debba dare esecuzione alla pubblicità disposta dal Tribunale. L’esecuzione della pubblicità è condizione per la procedibilità dell’azione (art. 140-bis, comma 9°, cod. cons.) Inoltre, tutti i consumatori che fanno parte della classe, così come definita dall’ordinanza di ammissione, possono aderire all’azione (cd. opt-in).

L’eventuale sentenza che definirà il giudizio farà stato anche nei confronti degli aderenti, oltre che nei confronti dei proponenti (art. 140-bis, commi 3° e 14°, cod. cons.).

Come è noto, il costo della pubblicità può essere ingente. Per questa ragione si era ipotizzato che, almeno nei casi in cui la responsabilità del convenuto fosse più evidente, il Tribunale potesse addossare al convenuto il costo della pubblicità. Questa soluzione è stata espressamente esclusa dal

40 Favorevoli all’ammissibilità sono: Trib. Napoli, 18 febbraio 2013, n. 2195, Zanzibar; App. Roma, ord. 27 gennaio 2012, Codacons c. BAT; Trib. Firenze, ord. 15 luglio 2011, De Zordo c. Quadrifoglio; Contrario: Trib. Torino, ord. 31 ottobre 2011, Adoc c. GTT.

41 Cfr. App. Roma, ord. 27 gennaio 2012, Codacons c. BAT.

42 Cass., Sez. I, 14 giugno 2012.

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Tribunale di Torino, nell’azione Altroconsumo c. Intesa Sanpaolo43. Il Tribunale ha osservato che la legge prevede che l’esecuzione della pubblicità sia una condizione per la prosecuzione dell’azione.

Pertanto, il relativo onere non può essere efficacemente addossato al convenuto, il quale di norma non ha interesse alla prosecuzione dell’azione.

Uno degli aspetti di maggiore criticità dell’azione di classe italiana riguarda il numero delle adesioni. In molti casi, i consumatori che hanno subito un danno ingiusto non solo non hanno interesse a promuovere un’azione individuale, ma non hanno neppure interesse ad aderire a un’azione di classe. Infatti, anche la semplice adesione comporta un minimo di sforzo che in molti casi può non essere giustificato dal vantaggio che se ne può conseguire. La riforma del 2012 ha cercato di agevolare il processo di adesione a un’azione di classe, precisando che l’adesione può pervenire in cancelleria anche mediante fax o posta elettronica certificata (art. 140-bis, comma 3°, cod. cons.). E’ evidente però che questa innovazione non cambierà di molto lo stato delle cose. A questo proposito, degna di nota è la già citata ordinanza del Tribunale di Torino, nell’azione Altroconsumo c. Intesa Sanpaolo, la quale ha richiesto il requisito della firma autentica per la validità dell’atto di adesione. Peraltro, il Tribunale ha precisato che la firma dell’aderente non può essere autenticata dall’avvocato, dal momento che egli non è parte del processo44. Questo onere ulteriore, nella misura in cui dovesse consolidarsi nella giurisprudenza successiva, avrà l’effetto di rendere più onerosa l’adesione a un’azione di classe e quindi di scoraggiarne ulteriormente l’esercizio. Per questa ragione, sembra ragionevole ritenere che ai fini dell’autentica della firma sia sufficiente allegare una copia del proprio documento di identità, secondo quanto è oramai prassi consolidata per la partecipazione ai concorsi pubblici.

Infine, nella prima giurisprudenza sull’azione di classe non è sempre chiara la posizione giudiziale dell’aderente. In dottrina prevale largamente la tesi secondo la quale egli non è parte del processo e quindi ad esempio non può compiere atti processuali e non può essere condannato alle spese o al risarcimento del danno per lite temeraria45. In questo senso, desta perplessità la decisione del Tribunale di Milano, nell’azione Codacons c. Voden Medical Instruments, di condannare l’unico aderente, in solido con il proponente, alle spese di lite oltre che al risarcimento del danno per lite temeraria46. Peraltro, dal testo della sentenza emerge una certa confusione tra le figure di aderente e interveniente. Quest’ultimo, essendo parte del processo, potrebbe essere condannato alle spese e al risarcimento del danno. Tuttavia, la legge è chiarissima nel prevedere che nell’azione di classe è escluso l’intervento di terzi ai sensi dell’art. 105 c.p.c. (art. 140-bis, comma 10°, cod. cons.).

Liquidazione del danno

Infine, degna di nota è la disposizione introdotta dal legislatore della riforma sulla liquidazione del danno47. Il testo originario della legge prevedeva l’eventualità che il giudice, in caso di accoglimento dell’azione e conseguente condanna del convenuto, non liquidasse direttamente il danno dovuto a ciascun consumatore che aveva promosso o aderito all’azione, ma si limitasse a determinare il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione del danno dovuto a ciascuno di essi.

Non era chiaro allora che cosa sarebbe successo se i consumatori che avevano promosso o aderito all’azione non fossero riusciti a trovare un accordo con il convenuto per la liquidazione volontaria di quanto loro dovuto. Il problema era che il credito risarcitorio riconosciuto dal Tribunale a favore di questi consumatori non era liquido. Pertanto, questi consumatori erano privi a rigore di un titolo

43 Trib. Torino, ord. 15 giugno 2012.

44 Trib. Torino, ord. 15 giugno 2012.

45 Cfr. Consolo-Zuffi, op. cit., p. 132 ss.

46 Trib. Milano, 13 marzo 2012.

47 Cfr. Consolo-Zuffi, op. cit., p. 283 ss.

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esecutivo. Avrebbero potuto procedere comunque per l’esecuzione forzata nei confronti del convenuto, oppure avrebbero dovuto adire nuovamente il Tribunale per la liquidazione giudiziale di quanto loro dovuto?

Con la riforma del 2012, il legislatore ha introdotto opportunamente una specifica procedura per il caso in cui il giudice non abbia provveduto direttamente alla liquidazione del danno dovuto a ciascun consumatore che abbia proposto o aderito all’azione di classe, ma si sia limitato a determinare un criterio omogeneo di calcolo. In questo caso, il Tribunale fissa un termine non superiore a novanta giorni affinché le parti (e cioè il convenuto e i soli consumatori che hanno promosso l’azione) provvedano di comune accordo alla liquidazione volontaria di quanto dovuto a ciascun consumatore, sia esso proponente o aderente all’azione. La legge precisa che il processo verbale dell’accordo, sottoscritto dalle parti e dal giudice costituisce titolo esecutivo. Scaduto il termine senza che l’accordo sia stato raggiunto, ciascuna parte (e cioè, di nuovo, il convenuto o i soli consumatori che hanno promosso l’azione) può chiedere al Tribunale di provvedere alla liquidazione di quanto dovuto a ciascun consumatore, proponente o aderente (art. 140-bis, comma 12°, cod. cons.). In questo modo, è stato scongiurato il rischio che il consumatore che ha promosso o aderito a un’azione di classe, in caso di mancata collaborazione del convenuto, non riesca ad ottenere un titolo esecutivo, se non dopo avere promosso una nuova azione giudiziale per l’accertamento del proprio credito e la condanna del convenuto al pagamento.

Conclusioni

Come si è visto, la giurisprudenza ha cominciato a chiarire alcune questioni non espressamente risolte dalla legge che ha introdotto l’azione di classe. Inoltre, la riforma del 2012 ha contribuito a rendere questo nuovo strumento più efficace, estendendone l’ambito di applicazione, rilassando il presupposto fondamentale per la sua ammissibilità e colmando una lacuna nella liquidazione del danno in caso di condanna del convenuto. Tuttavia, questi primi anni di applicazione dell’azione di classe hanno mostrato i limiti dello strumento così come concepito dal legislatore italiano. In particolare, l’azione di classe italiana si è dimostrata scarsamente efficace quando l’illecito imputabile al convenuto ha causato a ciascun consumatore un danno di scarsa entità. In questo caso, il consumatore non ha interesse ad aderire all’azione e l’illecito rimane sostanzialmente privo di una sanzione civile. La riforma del 2012 non ha certamente posto rimedio a questi limiti. Molta altra strada rimane da fare.

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