• Non ci sono risultati.

La crisi dell'appello civile e il dissesto delle Corti d'Appello: cause e rimedi - Judicium

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "La crisi dell'appello civile e il dissesto delle Corti d'Appello: cause e rimedi - Judicium"

Copied!
6
0
0

Testo completo

(1)

GIROLAMO MONTELEONE

LA CRISI DELL’APPELLO CIVILE ED IL DISSESTO DELLE CORTI DI APPELLO : CAUSE E RIMEDI 1

1) LA SITUAZIONE ATTUALE.

E’ un fatto noto, tanto da non richiedere particolari dimostrazioni, che da qualche anno le Corti di appello civili siano precipitate in uno stato che è dir poco definire di inefficienza estrema. E’ un vero e proprio drammatico collasso giudiziario, che non ha prece

denti nella nostra storia processuale, e che trascina con se nella rovina le sorti dell’appel lo civile, destinato a diventare un mezzo di impugnazione evanescente, qualora non si ponga rapido ed efficace rimedio alla situazione venutasi a creare.

I sintomi di quanto testè osservato sono di immediata evidenza : le udienze in Corte di appello sono sempre più congestionate e caotiche, dovendo essa nella sua composizione collegiale provvedere anche alle più minute e secondarie incombenze procedurali; non è mai possibile, perché non viene consentito, precisare le conclusioni alla prima udienza e quindi determinare in essa il passaggio della causa in decisione; anche quando il grava me non necessiti di particolare istruzione (il che avviene di norma data, anche, l’impossi bilità di sollevare nuove eccezioni e chiedere nuove prove), l’udienza di precisazione delle conclusioni e di spedizione della causa in deliberazione viene ormai fissata in tutte le Corti di appello a molti anni di distanza.

2) LE CAUSE

Quali sono le cause della descritta situazione?

Per dare una risposta che abbia un minimo di attendibilità e di serietà, occorre esamina re con la dovuta attenzione le risultanze delle statistiche giudiziarie. Queste bisogna esa minarle a partire dal 1990/91 in poi, perché il movimento di riforma del codice di proce dura civile, che operando in senso retrogrado lo ha praticamente riportato all’originario

1 Il testo riproduce la relazione tenuta all’incontro di studio sulla crisi dell’appello civile svoltosi nel Palazzo di giustizia di Palermo il 29-3-2011.

(2)

assetto del 1940/42, è iniziato con la L. 353/1990 ed è proseguito nel corso degli anni successivi con una serie di leggi, il cui dichiarato scopo è stato sempre quello di elimina re la crisi della giustizia civile (meta fino ad oggi non raggiunta).

Nel 1990 in grado di appello nelle controversie ordinarie si registravano 26.524 procedi menti sopravvenuti, 25.132 esauriti ed un arretrato a fine anno di 79.227 procedimenti pendenti. Nelle controversie di lavoro nello stesso grado si registravano 43.333 procedi menti sopravvenuti, 31.845 esauriti ed un arretrato di 72.779 unità.

A partire dal 1992, e segnatamente dal 1995, si nota un incremento degli appelli nelle controversie ordinarie dell’ordine di circa 5.000 unità annue, passandosi a circa 30.000 procedimenti sopravvenuti l’anno; non si riscontra un significativo aumento dell’arretra to perché le Corti di appello sono riuscite ad assorbire tale contenuta crescita.

La situazione precipita sia nelle cause ordinarie, sia in quelle di lavoro, dopo l’anno 2000, cioè quando entra a regime il giudice unico di primo grado. Nei procedimenti ordi nari il numero degli appelli sopravvenuti quadruplica, passando a circa 100.000 unità an nue e precisamente a 102.432 nell’anno 2009, mentre l’arretrato nello stesso anno tocca la cifra di ben 355.342 procedimenti. In quelli di lavoro il numero degli appelli non pre senta vistosi aumenti, attestandosi nel 2009 su 66.059 nuovi procedimenti, ma è l’arretra to che subisce un netto incremento attestandosi 166.463 unità. Ciò è avvenuto perché in essi, a parità di cause, è drasticamente diminuito il numero degli organi giudicanti: men tre prima dell’avvento del Tribunale g.u. in primo grado giudicava il Pretore del lavoro rispetto al quale gli appelli erano rivolti ai vari Tribunali compresi in ogni distretto di Corte di appello, dopo sono confluiti tutti nell’unica sezione lavoro della Corte.

In definitiva nel 2009 l’arretrato in seconda istanza supera in complesso 500.000 procedimenti.

Al riguardo è di somma importanza osservare il fatto che le riportate cifre non sono la conseguenza di un generale incremento del contenzioso di primo grado, perché questo non solo è rimasto sostanzialmente stabile, ma addirittura dal 2000 in poi segna una ten denza al ribasso. Quindi il collasso delle Corti di appello nelle controversie civili dipen de da fattori endoprocessuali, non da fattori esterni come l’eccesso di litigiosità.

3) I FATTORI ENDOPROCESSUALI.

E’ facile scoprire, sol che lo si voglia e sol che si abbandonino preconcetti ideologismi processualistici, da che cosa è dipeso il descritto fenomeno.

(3)

La legge 353/1990 ha introdotto in modo generale la provvisoria esecutività della senten za di primo grado. Nelle intenzioni del legislatore, che però qualsiasi avvocato di media esperienza avrebbe definito illusorie, con questa misura sarebbe venuto meno l’incenti vo a proporre appello perché il soccombente in primo grado non avrebbe più potuto pro fittare del suo effetto sospensivo per procrastinare l’esecuzione della sentenza impugna ta. Invece, come facilmente prevedibile, è avvenuto il contrario perché la notifica della sentenza esecutiva e del precetto costituisce una provocazione ad impugnare al fine di chiedere l’inibitoria. Prova ne sia che a partire dal 1995, quando l’esecuzione provviso ria fu estesa comunque a tutte le sentenze di primo grado emesse a chiusura di un qual siasi giudizio, il numero degli appelli, anziché diminuire, è cominciato a crescere di circa 5.000 unità annue.Tale aumento, però, essendo contenuto è stato assorbito senza particolari inconvenienti.

Sempre con la L. 353/1990 è stato ancora una volta modificato l’art. 345 c.p.c. reintrodu cendo in appello quel rigido sistema di preclusioni, che caratterizzava l’originaria stesu ra del codice e che era stato eliminato nel 1950. Non esprimo in questa sede giudizi sul l’opportunità e la bontà di tale di tale reintroduzione, a mio avviso non solo inutile ma anche dannosa, ma è certo che essa non ha prodotto alcuna diminuizione nel numero de gli appelli, vale a dire che i soccombenti non si rassegnano ad accettare la sentenza di primo grado in ragione dei limiti imposti al grado successivo. Pertanto, l’unico risultato pratico ottenuto dall’inversione di rotta legislativa è stato quello di favorire l’emanazio ne di sentenze ingiuste perché frutto di arbitrarie ed irrazionali limitazioni al diritto di difesa e della impossibilità di correggere eventuali errori del giudizio di primo grado da chiunque commessi, avvocati o giudici.

Il colpo di grazia, infine, è stato dato dall’introduzione del giudice unico di primo grado.

Prima di questa disastrosa riforma gli appelli erano suddivisi tra i Tribunali e le Corti:

l’appello contro le sentenze dei Pretori era rivolto al Tribunale, sia nelle cause ordinarie che in quelle di lavoro; quello avverso le sentenze dei Tribunali alle Corti. Soppresse le Preture ed istituito il Tribunale giudice unico, tutti gli appelli sono andati a finire in Cor te donde il loro collasso, essendo rimaste immutate nel numero e nella composizione.

Ricordo perfettamente che, a detta dei sostenitori dell’introduzione del giudice unico di primo grado, questa misura avrebbe dovuto risolvere la crisi della giustizia civile ripe tendo a sessanta anni di distanza argomenti (del tutto inconsistenti) di solmiana memo ria (A. Solmi era il ministro Guardasigilli che nel 1937/38 aveva elaborato il progetto di riforma del c.p.c. imperniato sul giudice unico di primo grado e sull’appello pieno di pre

(4)

clusioni). Invece, alla prova dei fatti, non solo non è stata in alcun modo risolta la crisi della giustizia civile, ma in compenso sono state di fatto distrutte le Corti di appello!

4) I RIMEDI

Una volta individuate le cause reali del dissesto che ha colpito le Corti di appello nel processo civile, portandosi dietro le sorti del gravame, si possono trovare i rimedi più idonei ad eliminarle. Essi consistono nella correzione degli errori legislativi che vi sono alla base.

A) ESECUZIONE PROVVISORIA DELLE SENTENZE DI PRIMO GRADO.

Si è constatato alla luce delle statistiche giudiziarie come l’introduzione generalizzata ope legis dell’esecutorietà immediata delle sentenze di primo grado non solo non abbia

determinato un calo degli appelli (come erroneamente pensavano i riformatori del 1990), ma abbia contribuito ad accrescerne il numero nella prospettiva di chiederne, e possibilmente ottenerne, la sospensione.

Occorre, pertanto, modificare opportunamente gli artt. 282 e 283 c.p.c. nel senso di:

fissare una serie di casi in cui, ricorrendo determinati presupposti, la sentenza è provvi soriamente esecutiva per legge; in tutti gli altri la provvisoria esecuzione può essere con cessa solo dal giudice su istanza di parte in base a decisione motivata.

Si tratta, cioè, di ritornare all’impostazione originaria del codice con i miglioramenti, e gli adattamenti, suggeriti dall’esperienza.

Nelle controversie di lavoro è opportuno ritornare al vecchio impianto dell’art. 431 c.p.

c., lasciando l’esecuzione provvisoria per le sentenze di condanna pecuniaria a favore del lavoratore subordinato o parasubordinato, ed eliminando le aggiunte introdotte con la L. 353/90.

B) JUS NOVORUM IN APPELLO.

Un’altra delle illusioni tenacemente (quanto inutilmente) coltivata del legislatore è quel la dei continui cambiamenti restrittivi apportati all’art. 345 c.p.c. Si è creduto,infatti, che impedendo qualsiasi novità in appello, ridotto ad una semplice e formale revisione della sentenza di primo grado, questa ne esca valorizzata ed il soccombente si rassegni alla sconfitta pensando di non potere ottenere alcunché di diverso con l’impugnazione.

Ma le statistiche giudiziarie mostrano chiaramente che l’artificiosa valorizzazione del processo di primo grado e la restrizione dell’appello sono il frutto di un calcolo miope e di un inutile ideologismo processuale, che non ha arrecato alcun beneficio ai ruoli

(5)

giudiziari dal momento che le impugnazioni non sono affatto diminuite, ma sono sos tanziosamene aumentate. Ed allora perché insistere sulle rigide preclusioni, impeden do alle parti di sollevare in secondo grado nuove eccezioni e di introdurre nuove prove, compresi i documenti? A che cosa giova questo sistema?

La risposta è ovvia: le preclusioni non giovano a nulla, ma ostacolando il libero eserci zio del diritto di difesa e costringendo il giudice di appello al mortificante ruolo di sem plice rilettore delle carte di primo grado, accrescono solo e di molto la probabilità che vengano emesse sentenze ingiuste. Infatti, alla fine la sentenza sarà il frutto non di una piena e seconda cognizione della materia del contendere in cui sia permesso di corregge re gli errori del precedente grado da chiunque commessi (parti, avvocati, giudici), ma di artificiosi ostacoli che impediscono di accertare il vero ed il giusto.

Appare, quindi, opportuno se non necessario restituire all’appello la fisionomia di novum judicium in conformità al genuino concetto del doppio grado di giurisdizione,

dal momento che il soccombente non si rassegna tanto facilmente alla sconfitta e che, comunque sia, propone l’impugnazione.

C) IL GIUDICE UNICO DI PRIMO GRADO.

L’introduzione del giudice unico di primo grado non sembra avere apportato grandi be nefici al processo civile, ma solo grave danno essendo la principale causa del tracollo del giudizio di secondo grado. Infatti, soppresse le Preture, tutto il contenzioso di primo grado (salvo che per le cause di competenza del giudice di pace) è confluito sul Tribuna le e di conseguenza tutti gli appelli sono stati convogliati sulle omonime Corti, che non hanno potuto fronteggiare l’esponenziale aumento del carico. Ciò vale sia per le contro versie ordinarie che per quelle di lavoro.

Non è impresa facile rimediare a siffatto errore, del tutto gratuito perché non imposto da alcuna reale necessità, apparendo inopportuno reintrodurre puramente e semplicemente le vecchie Preture. Si creerebbero nuovi e difficili problemi organizzativi, che andrebbe ro ad appesantire la già carente organizzazione della macchina giudiziaria.

L’unico sistema di rapida e non costosa adozione è quello di agire sull’art. 50 bis c.p.c.

e quindi sulla ripartizione delle controversie tra Tribunale giudice unico e collegio. Fer mo restando che il Tribunale deve restare un ufficio giudiziario unico nonostante la sua interna articolazione in due figure, di guisa che i criteri di riparto interno non diano luo go a questioni di competenza esterna, occorre fare in modo da assegnare a ciascuno dei due organi la mettà circa del complessivo contenzioso. Ciò si può ottenere sia facendo ricorso al criterio della materia, sia facendo ricorso a quello del valore.

(6)

Una volta ottenuto il risultato di attribuire la mettà circa delle controversie al giudice unico e l’altra mettà al collegio, bisogna stabilire che l’appello contro le sentenze del g.u. sia diretto al Tribunale collegiale, del quale non farà naturalmente parte il magistra to che ha pronunciato la sentenza impugnata. In pratica si tratta di un sistema analogo a quello già da anni sperimentato col reclamo al collegio nei procedimenti cautelari e consimili casi, che ha dato fin’ora buoni risultati.

Così facendo, il numero dei gravami innanzi alle Corti rientrerebbe subito in limiti fisio logici e, sopratutto, proporzionati al loro numero ed a quello dei magistrati ad esse ad detti, ed il grave dissesto dell’appello civile si attenuerebbe fino a sparire.

Criterio analogo sarebbe opportuno introdurre anche nelle controversie di lavoro, perché la situazione esistente nell’unica sezione delle Corti destinata a conoscere di tali cause non è certamente migliore di quella delle controversie ordinarie.

Riferimenti

Documenti correlati

Sebbene nel caso di specie possa apparire che la corte abbia deciso il motivo di appello solo operando un mero raffronto con il contenuto della sentenza, va detto che

L’esito del processo di prime cure, la mancata riproposizione di talune domande in grado di appello, la cessazione della materia del contendere sulla domanda principale in ordine

Vi è poi una ragione più generale che investe ogni tipologia di contenzioso, in parte sugge- rita da un’osservazione del Presidente della Corte di Cassazione nella relazione sulla

La pronuncia di merito rende giustizia sia alla parte che ha ragione sia a quella che ha torto (la cui posizione è comunque meritevole di considerazione) e dunque assolve alla

396, che adesso contemplano la possibilità di trascrivere negli archivi istitui- ti presso lo stato civile, negli atti di matrimonio e negli atti di nascita gli ac- cordi raggiunti

In primo luogo, se il valore della soccombenza non supera i 600 Euro, la causa è soggetta ad una vincolante valutazione di ammissibilità dell’appello da parte del giudice di

Scrivere uno script di MATLAB RK.m che risolva il problema (1), (2) con il metodo di Runge- Kutta definito

<riscontrabile nelle Foto nn. 5 e 6>), nella illuminazione esterna e nel rifacimento di parte della zona “scuderie” distrutta da una tromba d’aria abbattutasi sulla