1
INTRODUZIONE
I nostri musei si estendono in modo capillare su tutto il territorio nazionale1 e mentre alcuni costituiscono casi di eccellenza, altri, la maggior parte, sono tuttora in grave sofferenza.
Quest’ultimi “sopravvivono” in una situazione in cui risulta particolarmente complesso concretizzare la propria missione, in quanto mancano di politiche e programmi incisivi, sono carenti di personale qualificato, incapaci di attrarre risorse finanziarie e soprattutto privi di una progettualità strategica ed operativa.
Ed è proprio dalla considerazione del quadro gestionale ed organizzativo in cui i musei italiani riversano che è scaturito questo
lavoro, che ha l’obiettivo di fornire numerosi spunti di riflessione
relativamente alla possibilità di migliorare – attingendo alla disciplina
aziendale – l’efficienza2, l’economicità3 e l’efficacia4 delle istituzioni museali.
È infatti da poco più di un decennio che tali istituzioni stanno attraversando un momento denso di opportunità, capace di fornire gli strumenti idonei per superare le criticità quali: l’estrema difficoltà di gestione5, la contenuta efficacia culturale e la ridotta legittimità in termini di utilità collettiva.
1 Esistono a livello nazionale 3.430 musei, di cui: il 66,09% è di proprietà pubblica, 22,10%
è di proprietà privata ed infine il 11,81% è di proprietà ecclesiastica. Fra quelli pubblici il 20,3% sono statali. I musei degli enti locali rappresentano il 52,5% dell’intero patrimonio museale nazionale, i musei comunali rappresentano il 47,8% sempre dell’intero patrimonio museale nazionale ed infine i musei statali rappresentano il 13,4%. Per quanto riguarda la distribuzione geografica: il 43,03% sono situati al Nord, il 33,76% al Centro e il 23,21% al Sud [Corte dei Conti, 2006].
2 Richiesta dalla Pubblica amministrazione. 3 Richiesta dalla Pubblica amministrazione. 4 Richiesta dei visitatori.
5 Tali criticità riguardano soprattutto l’assenza di autonomia gestionale,
amministrativa-contabile e finanziaria, nonché la scarsa qualità dell’offerta. Esse derivano dall’inadeguato sistema legislativo museale, frutto del portato storico-culturale che caratterizza il nostro paese.
2
In primis la trasformazione del concetto di museo da istituzione
secolare dedicata alla conservazione ad azienda di servizi, chiamata a rispondere alle aspettative e alle istanze della comunità del museo. Si inseriscono così tra gli obiettivi e gli scopi istituzionali, oltre alla conservazione, anche la necessità di garantire la fruizione, possibilmente di qualità. Tutto ciò ha un forte impatto sul modo in cui il museo è percepito da parte di chi ne è responsabile ed anche dalla comunità che ne usufruisce. Se, secondo il paradigma tradizionale, le azioni dei musei sono rivolte verso l’interno e comunicate all’esterno indirettamente solo tramite la collezione, il museo modernamente inteso rivolge invece l’attenzione anche ai risultati sociali conseguiti e al loro impatto sulla comunità locale. Ecco che la comunicazione e l’accountability diventano necessarie al fine di rendere percepibile alla comunità stessa il valore pubblico prodotto, e di conseguenza ottenere la legittimazione essenziale per portare avanti le proprie funzioni.
La comunicazione in particolare deve coinvolgere diversi livelli e linguaggi offrendo in questo modo maggiori opportunità di dialogo e confronto con i vari portatori di interessi sociali ed economici. Tale opportunità è data dall’introduzione delle nuove tecnologie nel settore museale. Queste stanno cambiando il modo di consumare e di partecipare ai servizi forniti, e di svolgere le tradizionali funzioni museali, dalla conservazione alla fruizione. C’è quindi una rinata attenzione ai servizi per il pubblico: numerose sono infatti le iniziative di valorizzazione e di promozione delle attività culturali che hanno portato ad un aumento di pubblico.
Il panorama potrebbe sembrare positivo; di fatto però le carenze strutturali nel settore sono gravi, soprattutto per ciò che concerne le risorse finanziarie6 e le dotazioni di personale7.
6 Sempre più in diminuzione. Ciò è dovuto sia ad un calo in termini assoluti sia alla
concorrenza per i finanziamenti all’interno del settore dell’intrattenimento e, all’interno di questo, fra i musei.
7 Sono ancora troppi i musei privi di direttore, di organico scientifico-tecnico e
3 In questa cornice precaria il nostro lavoro continua riflettendo su quelle che possono essere le strade da intraprendere per modernizzare i musei.
Sicuramente sono necessarie modalità innovative di conduzione e svolgimento delle attività, il cui presupposto è una mentalità manageriale oltre che scientifica. Ciò non significa, come molti credono, privatizzare o focalizzarsi solo sul profitto, ma semplicemente che l’obiettivo è quello di rispondere, in quanto azienda di servizi, ai criteri di efficienza, economicità, efficacia e responsabilità di gestione, al fine di raggiungere la propria missione.
Gli strumenti presi dalle discipline aziendali come l’elaborazione delle strategie di finanziamento e di marketing, l’organizzazione, la conduzione e la motivazione del personale e l’accountability sono
quindi di vitale importanza, se non per la sopravvivenza8, almeno per
effettuare quella trasformazione delle istituzioni museali da luoghi chiusi a luoghi aperti al pubblico.
Nel settore museale le logiche aziendali sono quindi interpretate come un ausilio al raggiungimento degli scopi istituzionali e sono lungi dall’introdurre una logica del profitto, dato che la maggior parte dei musei ha i conti in rosso. L’obiettivo è quello di incrementare le risorse ordinarie, aumentando le entrate e ottimizzando le voci di uscita, e di organizzare il lavoro front-office e back-office, al fine di svolgere nel modo migliore le attività di conservazione e di valorizzazione, raggiungendo il vero e solo rendimento, ovvero la comunicazione del messaggio culturale proprio di ogni istituzione museale.
In questo quadro ci siamo quindi resi conto che le collaborazioni con i vari stakeholders, ovvero con musei, con il mondo della scuola, con la comunità locale, con le associazioni, con gli enti di ricerca e le Università, con gli enti locali e con livelli di governo superiori, ed
4 infine con i finanziatori (sponsor, mecenati…) rappresentano gli elementi cruciali per la riuscita della missione museale.
In particolare le reti museali nate dalla sinergia di tutti i soggetti pubblici e privati no profit presenti sul territorio sono indispensabili sia per risolvere i gravi problemi di carenza di risorse umane, grazie alla condivisone delle professionalità e di progetti, sia per la valorizzazione e promozione dei musei e degli altri beni culturali in un ottica turistica. Per attuare la politica di valorizzazione e di rilancio sono però necessarie nuove competenze e professionalità degli operatori, il che comporta la creazione di nuove prospettive
occupazionali e di sviluppo dell’economia della nazione.
Sintetizzando, la realtà odierna della gestione museale si trova spesso in antitesi con i tradizionali approcci gestionali richiesti invece dalla missione e dal ruolo svolto dai musei nella comunità. Da questa considerazione sorge oggi il fondamentale contributo che un approccio basato sui principi dell’economia aziendale può apportare in termini di capacità d’analisi, di strategie, di conduzione e di rendicontazione.
Il lavoro si conclude affrontando un caso concreto di gestione di un sistema museale.
L’Opera della Primaziale Pisana è l’ente gestore del complesso monumentale della Piazza del Duomo di Pisa, costituito da quattro monumenti e da due musei. Questo è un eccellente caso di applicazione di alcuni principi propri dell’economia aziendale. Ed è questa logica rivolta alla elaborazione di strategie di finanziamento, di gestione, di sviluppo di nuove tecnologie, alla costruzione di sistemi e alla responsabilità sociale, che sostiene l’Opera nel raggiungimento di tutti i suoi obiettivi istituzionali. È quindi un esempio di come sia possibile raggiungere l’efficienza, l’economicità, l’efficacia e la qualità di gestione in ogni attività svolta e in ogni servizio fornito al pubblico di riferimento.