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CAP 1 - Carburanti alternativi di origine biologica

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Academic year: 2021

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CAP 1 - Carburanti alternativi di origine biologica

1.1 - Introduzione

La questione energetica rappresenta un elemento strategico delle politiche di sviluppo e delle politiche ambientali. Tra gli esperti internazionali sono sempre più numerosi quelli che stimano una riduzione delle riserve complessive di petrolio con tempi anche più ridotti di quanto già precedentemente previsto, questo soprattutto per effetto dell’incremento della domanda mondiale d’energia (+60% entro il 2020), con i paesi in via di sviluppo a registrare i maggiori incrementi. È stato calcolato ad esempio che quando la Cina raggiungerà gli stessi consumi pro capite degli USA consumerà una quantità di barili di greggio pari all’intera produzione mondiale di petrolio registrata nel 1997.

In Italia la fragilità del sistema energetico è ancora più evidente, importiamo dall’estero oltre l’82% del nostro fabbisogno d’energia, che è coperto in larga parte da combustibili fossili. La quota costituita dal riscaldamento domestico non va sottovalutata, essa rappresenta un quinto del fabbisogno energetico nazionale e a livello europeo, se sommata alla produzione di vapore nel settore industriale, raggiunge una quota pari ad un terzo dell’energia richiesta.

Anche nel nostro paese da alcuni anni sono state attivate iniziative per incrementare l’uso e la produzione di energia da fonti rinnovabili anche se con risultati ancora non significativi rispetto alle potenzialità.

Il settore agricolo e forestale in questi ultimi anni sta acquisendo via via un ruolo sempre maggiore grazie al progressivo affermarsi di nuove tecnologie che, attraverso l’utilizzo di produzioni agricole e forestali dedicate, consente di produrre energia pulita e rinnovabile.

1.2 - Il quadro generale

La gamma di combustibili di origine agricola destinati alla produzione di energia rinnovabile è articolata in:

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• Combustibili solidi: biomasse agricole e forestali (Cippato di legno, Pellet, Legna da ardere, Briqette)

• Combustibili liquidi o biocarburanti: Bioetanolo, Biodiesel, Olio combustibile vegetale

• Combustibili Gassosi: Biogas da fermentazione di reflui zootecnici e biomasse vegetali.

L’insieme della produzione energetica derivante dal settore agricolo è definita BIOENERGIE o più opportunamente con il neologismo AGRIENERGIE, perché direttamente riconducibili alle produzioni agricole.

1.3 - I biocarburanti

L’impiego e lo sviluppo di questi combustibili sono in più occasioni richiamate dalle politiche energetiche dell’Unione Europea. Il Libro Verde della Commissione “verso una strategia europea di sicurezza dell’approvvigionamento energetico” fissa l’obiettivo di sostituire il 20% dei carburanti convenzionali con i carburanti alternativi nel settore dei trasposti stradali entro il 2020.

Direttive in corso di recepimento dispongono che gli Stati membri provvedano all’immissione sui loro mercati di una percentuale di biocarburanti pari al 2%, calcolato sulla base del tenore energetico di tutta la benzina e del diesel per trasporti immessi sui loro mercati entro il 31 dicembre 2005. Per l’Italia l’obiettivo da raggiungere può essere stimato in circa nove milioni di ettolitri di biocarburanti da immettere sul mercato.

1.3.1 - Il biodiesel

Il Biodiesel è una fonte d’energia rinnovabile in forma liquida ottenuta da oli vegetali di colza, soia o girasole. Può essere utilizzato come sostituto del gasolio, puro o in miscela con quest’ultimo, come carburante nel settore dei trasporti e come combustibile per il riscaldamento senza modificare motori o caldaie.

Il Biodiesel è definito dalle specifiche internazionali CEN con la sigla FAME (Fatty Acid Methyl Esters) con le due differenti caratteristiche di combustibile: per uso

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La produzione italiana di Biodiesel è attorno alle 200.000 tonnellate annue a fronte di una produzione europea di circa un milione di tonnellate.

L’uso del Biodiesel, se comparato con quello dei combustibili di origine fossile, permette una riduzione delle emissioni gassose prodotte dai motori e ritenute pericolose per la salute. La CO2 liberata durante la combustione di Biodiesel è

riutilizzata, durante la fotosintesi, dalle stesse colture destinate alla produzione di quella quantità di Biodiesel. In questo modo, il contenuto di anidride carbonica presente in atmosfera non cambia.

Studi indipendenti mostrano che, confrontando l’anidride carbonica emessa durante tutto il ciclo di vita del Biodiesel con quello del gasolio, si ha un risparmio complessivo medio di 2,5 tonnellate per ogni tonnellata di gasolio sostituito.

Il Biodiesel può contribuire a risolvere le problematiche d’inquinamento locale; grazie alla presenza di ossigeno nella sua molecola (circa l’11%), la combustione risulta migliore; non contiene idrocarburi aromatici policiclici, non contiene zolfo e permette una generale riduzione degli inquinanti e della pericolosità delle emissioni. Da uno studio dell'Health and Safety Institute (organo Sanitario Governativo Britannico equivalente al nostro Istituto Superiore della Sanità) su motore Diesel alimentato a Biodiesel risulta che il particolato fine (PM10) viene ridotto del 58% con una diminuzione del 76% della parte più nociva, quella carboniosa (soot) in quanto più assorbibile durante la respirazione ed anche quella non riducibile dai sistemi catalitici di abbattimento. Il monossido di carbonio è ridotto del 58% ad alti carichi e i composti aromatici subiscono una diminuzione del 68%, riducendo così l’impatto cancerogeno, mentre non si sono riscontrate variazioni sugli altri inquinanti non normati. Questi dati sono in linea con quanto riportato da studi americani convalidati dall’EPA (Environmental Protection Agency).

Il Biodiesel viene utilizzato nel settore dei trasporti come sostituto del gasolio in forma pura o miscelato. Le aziende petrolifere utilizzano già il Biodiesel in miscela fino al 5% per le sue particolari qualità lubrificanti, infatti nei gasoli desolforati è necessario aggiungere additivi per fornire la “lubricity” necessaria affinché possa essere compatibile con le classiche pompe e gli iniettori dei motori Diesel.

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Come carburante può essere utilizzato sia puro sia miscelato fino al 30% con il gasolio fossile. In Italia la commercializzazione del Biodiesel avviene nel mercato extra rete, per chi dispone di flotte di veicoli. L’impiego del Biodiesel ha delle ricadute positive sull’inquinamento soprattutto in ambito urbano e nelle zone di intenso traffico veicolare.

La legge finanziaria approvata nel 2005 ha previsto tra l’altro una riduzione del contingente defiscalizzato di Biodiesel prodotto in Italia, passando dalle 300.000 tonnellate del 2004 a 200.000 tonnellate per il 2005.

1.3.2 - Il Bioetanolo

Il bioetanolo può essere prodotto mediante un processo di fermentazione da biomasse ovvero da diversi prodotti agricoli ricchi di carboidrati e zuccheri quali i cereali, le colture zuccherine, gli amidacei e le vinacce.

Le materie prime per la produzione di bioetanolo possono essere racchiuse nelle seguenti classi:

• Coltivazioni ad hoc (mais, sorgo, orzo, bietola, e canna da zucchero);

• Residui di coltivazioni agricole e forestali;

• Eccedenze agricole temporanee ed occasionali;

• Residui di lavorazioni delle industrie agrarie e agro-alimentari;

• Rifiuti urbani.

In campo energetico, il bioetanolo può essere utilizzato come componente per benzine o per la preparazione dell'ETBE (EtilTerButilEtere), un derivato alto-ottanico1 alternativo al MTBE (MetilTerButilEtere).

Può essere aggiunto nelle benzine per una percentuale che può arrivare al 20% senza modifiche al motore o, adottando alcuni accorgimenti tecnici, fino al 100%. Il processo di produzione di bioetanolo genera, a seconda della materia prima agricola utilizzata, diversi sottoprodotti con valenza economica (destinabili, a seconda dei casi, alla mangimistica, alla coproduzione di energia elettrica e calore ecc.). La sua produzione mondiale è stimabile tra gli 11 e gli 11,5 milioni di tonnellate l’anno (di cui la stragrande maggioranza negli USA e in Brasile).

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L’etanolo può essere miscelato, in percentuali variabili, direttamente nella benzina in osservanza alle normative locali: dal 20% e oltre del Brasile, tra il 5,7 e 10% degli USA, al 5% massimo dell’Europa, tanto per citare le più importanti.

L’alternativa più valida al problematico impiego diretto dell’etanolo è l’ETBE, un omologo del MTBE con caratteristiche tecnologiche e funzionali simili e di gran lunga migliori di quelle dell’alcool di provenienza.

L’ETBE non ha problemi di volatilità o di miscibilità con la benzina, possiede un numero di ottani elevato che permette di aumentare il tasso di compressione e, di fatto, il rendimento e l’efficacia del motore.

In quanto etere, contiene anch’esso ossigeno nella molecola e ciò gli consente di contribuire al miglioramento delle emissioni veicolari di agenti inquinanti.

Il suo elevato costo di produzione e le materie prime coinvolte, sono tali da richiedere un’opportuna scelta strategica dei governi. Per questo, si potrebbe dire che il bioetanolo è un prodotto “politico”: la sua presenza sul mercato, nel quadro economico attuale, può derivare da una politica coerente in campo agricolo, finanziario, energetico e non ultimo ambientale.

Ancora oggi un litro di etanolo costa circa due-tre volte quello della benzina. Ciò richiede un adeguato sostegno finanziario a suo favore, normalmente costituito da una detassazione di elevata entità.

L’art. 22 della Legge 388/2000 (Finanziaria 2001) ha dato la possibilità di incrementare l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili attraverso uno stanziamento di 45,5 milioni di euro, in termini di minori entrate per l’erario, per defiscalizzare parzialmente bioetanolo e ETBE.

In attuazione delle citate disposizioni e del regime fiscale previsto nella Legge Finanziaria, è stato emanato il Decreto del Ministero delle Finanze (96/2004) recante agevolazioni fiscali all’etanolo di origine agricola che stabilisce le modalità di attuazione della defiscalizzazione, rendendo finalmente operativo il progetto italiano sul bioetanolo. In particolare, all’art. 1 comma primo, si approva il progetto sperimentale, della durata di un triennio, “al fine di incrementare l’impiego di fonti energetiche che determinino un ridotto impatto ambientale” attraverso l’utilizzo come carburanti, da soli o in miscela con oli minerali, dei prodotti di seguito riportati:

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• Bioetanolo derivato da prodotti di origine agricola;

• Etere etilbutilico (Etbe) derivato da alcole di origine agricola;

• Additivi e riformulanti, prodotti da biomasse, utilizzati nelle benzine e nel gasolio, escluso il biodiesel.

La legge finanziaria 2005 (L. 311/2004) nel prorogare il regime di defiscalizzazione ha previsto di aumentare lo stanziamento a 73 milioni annui, con una prospettiva di sostenere tale impegno economico per altri due anni.

1.3.3 - Olio Combustibile Vegetale (S.V.O.)

Straight Vegetable Oil – SVO, Pflanzenöl – olio prodotto da piante oleaginose mediante pressione, estrazione o processi analoghi, greggio o raffinato ma chimicamente non modificato (qualora compatibile con il tipo di motore usato e con i corrispondenti requisiti in materia di emissioni – art 2 c.2j DIR 30/2003/CE) rappresenta oggi una filiera matura e consolidata (soprattutto in Germania).

L’olio vegetale puro può essere impiegato per scopi diversi:

• Alimentazione di motori diesel statici per la produzione di energia elettrica ed energia termica in mini impianti cogeneranti (a partire da 9 kWe);

• Alimentazione di motori diesel di automobili, autobus, motori nautici, trattori agricoli, ecc…

A differenza del biodiesel, l’olio vegetale puro (SVO) comporta numerosi vantaggi, i principali sono:

• La produzione dell’olio vegetale puro è diretta (semplice pressatura a freddo dei semi delle piante oleaginose o eventualmente un’estrazione con solventi), mentre la produzione del biodiesel comporta numerosi passaggi di lavorazione intermedia (esterificazione con aggiunta di metanolo, purificazione, distillazione e stabilizzazione chimica) che, oltre a dare alcuni non trascurabili problemi ambientali, aumentano in maniera evidente i costi di produzione.

• Il biodiesel, diversamente dall’SVO, richiede l’impiego di cospicui quantitativi d’acqua per il processo di purificazione in fase di produzione.

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• Il processo di produzione del biodiesel porta con se la creazione di sottoprodotti di difficile smaltimento come la glicerina.

• Il prodotto di scarto dell’SVO è invece rappresentato da farine ricche di oli (5-10%), adatte all’alimentazione di animali (vitelloni, suini).

• Il metanolo (impiegato per la produzione del biodiesel) è quasi esclusivamente ricavato da fonti energetiche fossili.

• Il biodiesel ha un contenuto energetico inferiore all’SVO.

• La produzione di biodiesel richiede grossi impianti industriali di trasformazione (elevati investimenti): si limita così la remunerazione del produttore primario (agricoltore) al 15% del prezzo ottenibile dalla vendita del biodiesel; mentre la produzione di SVO può essere ottenuta direttamente nell’azienda agricola con semplici sistemi di pressatura e questo permette di massimizzare il profitto per l’imprenditore agricolo e contemporaneamente di immettere sul mercato carburante a basso costo.

• L’olio vegetale puro può essere prodotto direttamente dall’azienda agricola in forma singola o associata, diventando così una fonte energetica locale e diffusa nel territorio rurale.

La tecnologia è da considerarsi matura e affidabile. Ad oggi esistono numerosi esempi applicativi in Germania, paese nel quale hanno sede numerose aziende produttrici di cogeneratori e di motori ad olio vegetale puro, per il settore dei trasporti su gomma e per imbarcazioni (es. ELSBETT). Per il prossimo futuro, la Germania si è posta l’obiettivo di sostituire il 3% del fabbisogno di carburanti fossili destinati al trasporto privato con SVO. In Baviera solo negli ultimi due anni si contano circa 500 nuove automobili private alimentate direttamente a SVO.

Per la produzione di olio vegetale puro a scopo energetico sono adatte tutte le colture agrarie oleaginose ed in particolare la colza ed il girasole.

Per ovviare ai problemi di utilizzo alle basse temperature la tecnologia ha già provveduto attraverso un preriscaldamento dell’olio prima di entrare in camera di combustione.

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1.3.4 - Biogas

Il biogas che all’inizio degli anni ottanta aveva suscitato molte aspettative per poi subire una brusca frenata per la scarsa resa economica degli investimenti, sta ritornando d’attualità. Questo soprattutto grazie alle nuove tecnologie introdotte e all’esperienza maturata in questi anni soprattutto in Germania.

Per il 2002 la produzione di biogas nel paesi dell’UE si stima in 32 milioni di MWh, circa il 38% è biogas da discariche di rifiuti urbani (observer 2003).

EuroObserv’ER stima per l’Italia una produzione di biogas nel 2002 di 155 ktep (tep: tonnellate di petrolio equivalente - circa 11,6 MWh), oltre un terzo è dovuta al recupero di biogas da discariche.

Un censimento del 1999 contava 72 impianti a biogas a liquami zootecnici in Italia, in larghissima parte impianti aziendali. La quasi totalità degli impianti è localizzata nelle regioni del nord. Alla fine del 2003 ne sono stati calcolati oltre 100, 70 dei quali sono impianti semplificati a basso costo, realizzati sovrapponendo una copertura di materiale plastico ad una vasca di stoccaggio liquami zootecnici. Recentemente si è mostrato interesse alla codigestione dei liquami con colture energetiche (mais e sorgo zuccherino) con la concreta realizzazione di alcuni impianti di questo tipo.

1.4 - Elementi di criticità

1.4.1 - Scarsa informazione e comunicazione

Le informazioni che il sistema dei media diffondono sulle bioenergie o agrienergie sono decisamente scarse, anche se in realtà esse rappresentano da sole oltre il 50% di tutte le rinnovabili in Europa. In Italia il raffronto tra tutte le energie rinnovabili vede ancora in testa le fonti derivate dal settore agricolo che pesano per oltre il 30% (29% legno-energia, 0,56% biocarburanti, 1,10% Biogas) rispetto all’energia solare che (dati ENEA 2002) non supera il 0,10 %, l’energia eolica che è pari a 1,81%, l’idroelettrica che per tradizione nel nostro paese pesa il 55% grazie agli impianti presenti soprattutto nell’arco alpino.

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Quindi, malgrado l’evidenza, l’attenzione dei programmi televisivi, riviste, giornali è soprattutto concentrata sull’energia solare, sull’energia dal vento, e talvolta anche sull’idrogeno.

1.4.2 - Convenienza economica

Tutte le energie rinnovabili e quindi anche le agrienergie devono fare i conti con la competizione delle fonti fossili (petrolio, gas naturale, carbone) e dell’energia nucleare.

La convenienza economica delle rinnovabili, nonostante le pesanti accise che gravano su gasolio e benzina, rappresenta un ostacolo serio alla loro diffusione. Senza una chiara politica d’incentivazione e promozione le agrienergie, come le altre rinnovabili, stentano a svilupparsi in modo adeguato.

Nonostante ciò alcune filiere energetiche cominciano a dimostrare la loro capacità competitiva, sia per l’aumento progressivo del prezzo del petrolio e del gas naturale, sia per la maggiore efficienza che le nuove tecnologie stanno dimostrando. In particolare la filiera “legno-energia”, soprattutto per la produzione di energia termica e nella cogenerazione, attraverso l’impiego di nuove e moderne apparecchiature, ha messo in evidenza interessanti vantaggi economici. Analogamente anche l’impiego di olio vegetale puro a scopo energetico e gli impianti per la produzione di biogas di ultima generazione, sulla base delle più recenti esperienze austriache e tedesche, stanno dimostrando significativi successi economici.

1.4.3 - Normative

Tutto il settore delle agrienergie necessita di normative su:

• Standardizzazione della qualità dei combustibili, occorre cioè definire norme sulle caratteristiche di questi prodotti, il loro potere energetico, i contenuti, le emissioni prodotte, ecc, in modo da creare un mercato trasparente e fornire garanzie ai consumatori.

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• Tecnologie che impiegano questi combustibili per produrre energia, che considerino le innovazioni introdotte e che diano certezza sui livelli di efficienza energetica, anche attraverso la loro certificazione.

1.4.4 - Risorse

Le risorse disponibili a livello nazionale per incentivare e promuovere lo sviluppo delle agrienergie non sono rilevanti e, soprattutto, non sono inserite in un quadro organico finalizzato. Esse traggono origine da provvedimenti e iniziative diverse in campo ambientale, agricolo, e dell’innovazione tecnologica.

Il Programma Nazionale Biocombustibili promosso dal MIPAF nel 2004 ha attivato 1,9 milioni di euro, una cifra decisamente contenuta, se si considera che è stata “ spalmata” tra le venti regioni.

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