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Capitolo 5. Sorveglianza e prevenzione delle complicanze infettive del paziente sottoposto a trapianto d’organo solido.

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Capitolo 5.

Sorveglianza e prevenzione delle complicanze infettive

del paziente sottoposto a trapianto d’organo solido.

Le indicazioni a sorveglianza, profilassi e terapia antimicrobica riportate nei prossimi paragrafi e capitoli sono classificate usando una versione del sistema di valutazione della Infectious Disease Society of America (tabelle 8 e 9). In questo sistema la “forza” (strenght) della raccomandazione è indicata da una lettera (A-E) mentre un numero romano (I-III) indica la “qualità” (quality) dell’evidenza supportata da trials clinici controllati, randomizzati o non, da studi di coorte o di casi-controllo od ancora da opinioni di esperti.[20]

Tabella 8: Sistema di valutazione della “forza” di indicazioni riguardanti la terapia antimicrobica.

Categoria Definizione

A Una forte evidenza di efficacia e benefici clinici sostanziali ne raccomandano l’utilizzo; dovrebbe essere sempre essere offerta ai pazienti

B Una moderata evidenza di efficacia – oppure una forte evidenza di efficacia, ma limitati benefici clinici – ne raccomanda l’utilizzo; dovrebbe generalmente essere offerta ai pazienti C L’evidenza di efficacia è insufficiente a supportare una raccomandazione a favore di o contro

l’utilizzo, oppure l’evidenza di efficacia può non controbilanciare effetti avversi quali: tossicità, interazioni con altri farmaci, o costi elevati; opzionale

D Una moderata evidenza di mancanza di efficacia oppure di presenza di effetti avversi supporta la raccomandazione di non utilizzo; generalmente non dovrebbe essere offerta ai pazienti

E Una forte evidenza di mancanza di efficacia oppure di presenza di effetti avversi supporta la raccomandazione di non utilizzo; non dovrebbe mai essere offerta ai pazienti

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Tabella 9: Sistema di valutazione della “qualità” di indicazioni riguardanti la terapia antimicrobica.

Categoria Definizione

I Evidenza derivante da ≥1 trial controllato e randomizzato

II Evidenza derivante da ≥1 trial ben strutturato senza randomizzazione, da studi analitici di coorte o caso-controllo (preferibilmente da parte di >1 centro), da studi multipli seriati o da significativi risultati di studi non controllati

III Evidenza derivante da opinioni di rispettate autorità, basate su esperienza clinica, studi descrittivi o report di commissioni di esperti.

NOTA: basata sul sistema di valutazione della IDSA del 1997.

Sulla base degli effetti clinici diretti ma soprattutto indiretti delle infezioni occorrenti nel paziente sottoposto a trapianto d’organo solido la sorveglianza e la prevenzione (figura 10), piuttosto che il trattamento di malattie già clinicamente manifeste, sono divenute il fine principale del follow-up dei pazienti trapiantati che prende inizio già nel periodo pre-trapianto per protrarsi poi indefinitamente nei tempi successivi all’intervento.[21,61]

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5.1 Screening del donatore.

Ai fini del successo del trapianto è essenziale una ricerca accurata di possibili infezioni presenti nel donatore che debbono essere diagnosticate in epoca pre-intervento: l’insufficiente segnalazione di donatori, il rapporto rischi-benefici atteso e la differente suscettibilità all’ischemia fredda degli organi condizionano modalità e tempistiche della valutazione di idoneità biologica del potenziale donatore.

Nella pratica trapiantologica, anche nel pieno rispetto delle linee guida per la valutazione di idoneità del donatore, un certo grado di rischio biologico è sempre presente rendendo necessaria la univoca definizione di livelli di rischio accettabili/non accettabili per l’utilizzo degli organi da trapiantare.

Si distinguono:

1. Rischio inaccettabile (criteri di esclusione assoluti). Rientrano in questo ambito pazienti affetti da HIV 1-2, co-infezione o super-infezione HBV/HDV, neoplasie maligne (con alcune eccezioni), infezioni sistemiche non controllabili, infezioni da prioni documentate.

2. Rischio aumentato ma accettabile. Rientrano in questa categoria casi in cui, nonostante l’identificazione di infezione a carico del donatore, l’utilizzo dell’organo è giustificato dalle condizioni di salute precarie del ricevente, previa acquisizione del consenso informato.

3. Rischio calcolato (criteri relativi a protocolli per trapianti elettivi). Rientrano in questo livello casi in cui, anche in presenza di patologie trasmissibili, il trapianto è permesso nei confronti di pazienti affetti dalla stessa patologia del donatore o con uno stato immunologico considerato protettivo. Sono compresi in questo ambito anche donatori affetti da meningite o con batteriemia sottoposti a terapia antibiotica mirata da almeno 24 ore.

4. Rischio non valutabile. Casi in cui il processo di screening non permette un’adeguata valutazione e stratificazione del rischio a causa della mancanza di uno o più elementi di valutazione. In questi casi l’utilizzo degli organi non è escluso a priori, ma deve essere valutato caso per caso sulla base delle informazioni disponibili sul donatore, dell’urgenza del trapianto e delle condizioni dei riceventi. 5. Rischio standard. Casi in cui dal processo di valutazione non emergono fattori di

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Le infezioni legate al donatore e riattivate nel ricevente rappresentano uno dei più importanti capitoli delle complicanze infettive del paziente sottoposto a trapianto d’organo solido.

Lo screening del donatore, finalizzato a minimizzare il rischio di trasmissione di tali infezioni, è limitato dalle tecnologie disponibili e dal breve lasso di tempo utile durante il quale è possibile valutare lo stato infettivo del cadavere. Al momento la valutazione di routine si basa sulla storia epidemiologica del paziente con particolare attenzione a: vaccinazioni, infezioni pregresse ed esposizioni specifiche (viaggi, contatti con animali, uso di droghe, comportamenti sessuali a rischio, permanenza in carcere), sulla ricerca di anticorpi specifici diretti verso i microrganismi più comuni attraverso test sierologici (tabella 10), ed infine su esami strumentali.[22]

Il sospetto della presenza di batteriemia in un potenziale donatore necessita di emocolture ripetute atte a dimostrare la presenza/assenza dell’agente patogeno entro il torrente circolatorio (B-II).

In linea generale, comunque, l’utilizzo di organi a partire da donatori con infezione batterica attiva o recente sembra relativamente sicuro se si assesta nel contesto di una profilassi antibiotica e di un attento follow-up atto a verificare l’andamento dell’infezione stessa.[40,41]

Al contrario l’utilizzo di organi a partire da donatori con sindrome infiammatoria sistemica o con sintomi neurologici di natura indeterminata dovrebbe essere, se possibile, evitato. L’infezione tubercolare attiva al momento della valutazione rappresenta, in aree non endemiche, una controindicazione assoluta alla donazione. Donatori provenienti da aree endemiche o positivi allo skin-test con tubercolina dovrebbero essere attentamente valutati e la decisione se utilizzare o meno organi potenzialmente infetti da Mycobacterium tuberculosis dovrebbe essere presa caso per caso; non esistono invece dati che attestino la sicurezza o meno di organi derivanti da pazienti con storia pregressa di tubercolosi.[39]

Al contrario di quanto avviene per le infezioni batteriche, la presenza di infezioni fungine attive nel donatore controindica il trapianto, soprattutto nel caso di trapianto di polmone, fonte comune di trasmissione di infezioni micotiche donatore-ricevente.

Il rischio di trasmissione di micosi endemiche (Histoplasma capsulatum, Coccidioides immitis) giustifica lo screening di donatori provenienti da aree geografiche in cui tali miceti sono presenti o di donatori che hanno effettuato viaggi in tali zone.[39]

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Tabella 10: Valutazione sierologica pre-trapianto di routine.[39]

Test sierologici Tutti i pazienti Pazienti in aree

endemiche CMV √ HSV √ VZV √ EBV √ HIV √ HBV: HBsAg Anti-HBs Anti-HBc √ √ √ HCV √ Treponema pallidum √

Toxoplasma gondii √ (tutti i trapianti di cuore)

Strongyloides stercoralis √

Leishmania spp. √

Tripanosoma cruzi √

Histoplasma capsulatum √

Coccidioides immitis √

Ricerca di uova e parassiti su materiale fecale

Tutti i pazienti Pazienti in aree

endemiche

Strongyloides stercoralis √

Ricerca di uova e parassiti nelle urine/Cistoscopia

Tutti i pazienti Pazienti in aree

endemiche

Schistosoma spp. √ (solo trapianti di rene)

La trasmissione donatore-ricevente di infezioni virali è inevitabile se il potenziale donatore è affetto da infezione latente da virus erpetici (CMV, EBV, VZV, HSV, HHV6, 7 e 8), da HBV od HCV. L’utilizzo di test sierologici al fine di valutare il potenziale donatore è ormai entrato nel regolare iter diagnostico alla ricerca di EBV (A-III), CMV (A-II), HCV (A-I), HBsAg (A-I), anti-HBc (A-I) ed eventualmente anche anti-HBs (B-II).

Per quanto riguarda il possibile utilizzo di tali donatori le conseguenze a carico del ricevente debbono essere “pesate” attentamente sulla base del rapporto rischi/benefici che il trapianto garantirebbe e della disponibilità o meno di profilassi efficace in grado di diminuire significativamente il rischio di riattivazione dell’infezione nel paziente trapiantato: organi derivanti da donatori affetti da epatite B con documentata positività per anti-HBc e

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negatività per HBsAg possono essere trapiantati con successo in riceventi vaccinati o anch’essi infetti provvedendo alla successiva somministrazione di terapia con immunoglobuline anti-HBs e farmaci antivirali (lamivudina, adefovir); allo stesso modo l'utilizzo di organi infetti da virus dell'epatite C è in genere riservato a riceventi HCV-positivi.

Di particolare importanza è inoltre l’esecuzione di test sierologici alla ricerca di infezioni da retrovirus quali HIV (A-II) ed HTLV I e II (C-III), la cui presenza controindica la donazione.

Tre virus responsabili di meningoencefalite hanno recentemente attirato l’attenzione del mondo scientifico a causa dei numerosi eventi infettivi da essi sostenuti occorsi in pazienti trapiantati; gli “agenti patogeni emergenti” in causa sono: West Nile virus, virus della coriomeningite linfocitaria e virus della rabbia, la cui presenza controindica la donazione. Per quanto concerne questi microrganismi è necessario valutare la storia epidemiologica dei potenziali donatori alla ricerca di eventi sindromici di natura indeterminata che possano far nascere il sospetto, quali segni neurologici o rash cutanei.[39,42]

La presenza di infezioni parassitarie attive rappresenta una controindicazione assoluta alla donazione.

La prevalenza nella popolazione generale di Toxoplasma gondii varia dal 10% al 75%, pertanto la ricerca di un movimento anticorpale del donatore tramite test sierologici è ormai di routine per tutti i tipi di trapianto, in particolar modo quello di cuore (A-II). La ricerca di altri tipi di infezione parassitaria deve essere considerata soprattutto per donatori provenienti da aree endemiche. Ad esempio la presenza di infezione malarica attiva nel donatore, controindicazione assoluta alla donazione, deve essere accuratamente indagata in soggetti provenienti da aree endemiche o che abbiano recentemente viaggiato in tali aree; in genere test sierologici per la ricerca di anticorpi anti-plasmodio non vengono effettuati durante la valutazione del donatore a causa dei limiti di tempo, ma in casi selezionati l’emoscopia per la ricerca di parassiti malarici o la valutazione anatomopatologica di biopsie epatiche possono rappresentare metodiche diagnostiche efficaci.[39,42,255]

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5.2 Screening del ricevente.

Le possibili infezioni presenti nel ricevente debbono essere identificate e trattate in epoca pre-trapianto: a causa dell’impatto del rischio biologico di tali infezioni quale fattore di rischio per l’occorrenza di gravi eventi infettivi nel post-trapianto la valutazione deve essere condotta in modo quantomeno aggressivo e spesso invasivo e la diagnosi etiologica deve rappresentare sempre l'obiettivo da raggiungere (tabella 11).[35]

Inoltre un corretto screening del ricevente deve essere in grado di determinare lo stato immunitario del paziente nei confronti di agenti patogeni comunemente trasmissibili attraverso il trapianto: la presenza di immunità acquisita nei confronti di determinati microrganismi (EBV, CMV, T. gondii ed anche HBV) garantisce un certo grado di protezione nei confronti di pericolose infezioni primarie; la rilevazione di patologie infettive presenti anche in un donatore “marginale” può permetterne l’utilizzo (HCV); infine la colonizzazione da parte di microrganismi pan-resistenti o non controllabili rappresenta un criterio di esclusione del paziente dalle liste d’attesa.

5.3 Vaccinazione.

La pianificazione di una campagna vaccinale in grado di fornire immunità attiva al paziente candidato al trapianto nei confronti di numerosi agenti infettivi è un’esigenza ormai accertata (tabella 12). La vaccinazione con microrganismi vivi attenuati (morbillo, parotite, rosolia, VZV, polio virus orale) non dovrebbe essere effettuata in pazienti trapiantati a causa del rischio di infezioni invasive provocato dall’immunodepressione ed è quindi necessario somministrare tali vaccini in epoca pre-trapianto; inoltre anche se i pazienti in lista d’attesa sviluppano in genere risposte anticorpali subottimali in seguito alla vaccinazione a causa del sottostante deficit funzionale d’organo, la risposta in pazienti immunodepressi vaccinati nel periodo post-trapianto risulta persino peggiore. Chiaramente, sebbene i vaccini esistenti siano in grado di offrire un certo grado di protezione all’ospite, la risposta non è in genere completa e pertanto è consigliabile somministrare dosi di richiamo aggiuntive e, in situazioni ad elevato rischio, associare ulteriori misure preventive quali immunizzazione passiva o profilassi antimicrobica.[22,44,63]

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Tabella 11: Valutazione pre-trapianto di potenziali fonti di infezione a carico del ricevente in prospettiva di trapianto d'organo solido.[62]

Valutazione Trattamento

Ascesso dentario Visita odontoiatrica Estrazione dentaria Candidasi orale Ispezione orale Antimicotici topici

Candidasi esofagea EGDS Antimicotici topici o fluconazolo orale Ulcera duodenale EGDS antiH2; IPP

Diverticolite colon Colonscopia; clisma opaco Resezione colica elettiva Fistole; asc. perirettali Procotosigmoidoscopia Drenaggio; sfinterectomia Colelitiasi Ecografia addominale Colecistectomia Parassitosi Es.coproparassotologico Terapia mirata

Infiltrati polmonari RX; broncoscopia Terapia antibiotica, se necessaria Micronoduli polmonari Controllo RX precedenti Osservazione, se stabili

Macronoduli polmonari

o lesioni cavitarie Rx, TAC, broncoscopia con bx, bx transtoracica Resezione

Versamenti pleurici Drenaggio Terapia antibiotica, se necessaria Ascessi cutanei Esami colturali Incisione e drenaggio Lesioni micotiche Esami colturali Terapia topica Ulcere delle estremità Esami colturali; ecodoppler,

eventuale arteriografia Terapia antibiotica, toilette, PTCA o by-pass in caso di stenosi arteriosa Reni, uretere e vescica Esame delle urine ed

urinocoltura; ecografia; cistouretrografia; cistoscopia

Terapia antibiotica; nefrectomia bilaterale in caso di reflusso con infezioni recidivanti

Genitali Ispezione Terapia antibiotica, se necessaria

CMV CMV IgM e IgG; Ag CMV Aumento del rischio di infezione primaria se ricevente siero-negativo e donatore sieropositivo; la malattia acuta rappresenta una controindicazione e necessita di terapia

EBV EBV IgM e IgG Aumento del rischio di PTLD se ricevente siero-negativo e donatore sieropositivo; la malattia attiva rappresenta una controindicazione

VZV VZV IgG Vaccinazione pre-trapianto in casi selezionati HSV Nessuna a meno di ulcere

muco-cutanee in atto Osservazione per la riattivazione post-trapianto. Infezioni in atto rappresentano una controindicazione

HIV HIV Ab-Ag Controindicazione se non in centri autorizzati HAV,HBV,HCV, HDV Sierologia Vaccinazione HBV; HAV

Toxoplasmosi Sierologia Osservazione per la riattivazione post-trapianto; la malattia attiva costituisce controindicazione

Sistema genito-urinario

Siero

Cute e tessuti molli Potenziale sito d’infezione Orofaringe ed

esofago

App.

gastrointestinale

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Tabella 12: Indicazioni alla vaccinazione per pazienti candidati al trapianto o sottoposti a trapianto di organo solido.[43]

Vaccino Indicazioni

HBV Vaccinare tutti i pazienti sieronegativi (A-II); considerare la somministrazione di dosaggi aumentati del vaccino ed ulteriori dosi di richiamo (B-I, II) HAV Vaccinare tutti i pazienti, in particolar modo se in lista d’attesa per trapianto di

fegato (B-II)

Virus dell’influenza Vaccinare annualmente tutti i pazienti, in particolar modo se affetti da patologie cardio-pomonari (A-II)

Morbillo-Parotite-Rosolia Completare la serie della vaccinazione in accordo con le indicazioni standard (A-II) Poliovirus Vaccino inattivato; completare la serie della vaccinazione in accordo con le

indicazioni standard (A-II)

VZV Vaccinare pazienti sieronegativi (A-II)

Difterite-Tetano-Pertosse Completare la serie della vaccinazione in accordo con le indicazioni standard; dosi di richiamo ogni 5-10 anni (A-II)

Haemophilus influenzae di tipo B

Vaccino coniugato; completare la serie della vaccinazione in accordo con le indicazioni standard (A-II)

Pneumococco Vaccinare tutti i pazienti, in particolar modo se affetti da patologie cardio-polmonari (A-II)

La polmonite pneumococcica è una causa comune di infezione in pazienti trapiantati, in particolar modo nel corso del primo anno post-trapianto; in alcuni pazienti infetti possono inoltre verificarsi meningite e sepsi potenzialmente letali.

La vaccinazione anti-pneumococcica è indicata in tutti i pazienti candidati al trapianto (A-II), con necessità di richiamo ogni 5 anni (B-II). In pazienti sottoposti a terapia emodialitica o trapiantati di rene vaccinati i titoli anticorpali raggiunti sono significativamente più bassi e tendono a decrescere con maggior rapidità rispetto a quelli raggiunti in altri sottogruppi di pazienti: in tali soggetti sono in genere richiesti richiami ogni 2-3 anni.[43,67,68]

Haemophilus influenzae di tipo B è un microrganismo in grado di causare infezione invasiva in

pazienti trapiantati, soprattutto a carico di soggetti sottoposti a trapianto di polmone durante il primo anno post-trapianto.

La somministrazione di vaccino coniugato anti-haemophilus in pazienti sottoposti a trapianto porta alla sieroconversione di circa il 35% dei soggetti trattati, contro il 71% delle risposte ottenute nella popolazione generale.

La vaccinazione anti-haemophilus è indicata in tutti i bambini in attesa di trapianto (A-II) ed in adulti asplenici od immunodepressi candidati al trapianto (B-II).[43,44,66]

Tetano e difterite sono ad oggi patologie piuttosto rare e non esistono dati riportati in letteratura che riguardino l’occorrenza di tali infezioni in pazienti sottoposti a trapianto d’organo. Uno studio effettuato su 164 pazienti trapiantati di rene vaccinati nel primo anno

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post-trapianto ha indicato che il 100% dei pazienti sviluppano titoli anticorpali protettivi verso il tetano e l’89% di essi risulta immunizzato verso la difterite; mentre la continuità nel tempo del titolo di antitossina tetanica risulta stabile, il titolo di antitossina difterica tende a diminuire nel 38% dei pazienti dopo un anno dalla vaccinazione. Pertanto può risultare utile la quantificazione del titolo di antitossina difterica ad un anno dall’immunizzazione e l’eventuale somministrazione di una dose di richiamo se il titolo stesso non risultasse protettivo.

Il richiamo deve essere comunque somministrato ai pazienti almeno ogni 10 anni.

Sebbene la sicurezza di tale vaccinazione e delle dosi di richiamo nel post-trapianto sia un concetto ormai acquisito, si continua comunque a preferire l’immunizzazione attiva di tutti i pazienti nel periodo pre-trapianto (A-II).[43,44,64,65]

Il vaccino ricombinante anti-HBV è, per pazienti in attesa di trapianto, solo parzialmente immunogeno con titoli anticorpali considerati protettivi individuati in percentuali variabili tra il 44% ed il 54% dei pazienti vaccinati contro il 96% di responders nella popolazione generale.

Nel post-trapianto la risposta alla vaccinazione è generalmente ancora più debole: la sieroconversione si evidenzia in una percentuale variabile dal 18% al 73% dei pazienti. La vaccinazione anti-HBV è indicata in tutti i pazienti sieronegativi candidati al trapianto (A-II); in un sottogruppo di pazienti comprendente soggetti sottoposti a terapia emodialitica, alcolisti, diabetici ed altri non-responders è indicata la somministrazione di dosaggi aumentati del vaccino ed ulteriori dosi di richiamo (B-I, II).[43,44,73-79]

Tutti i soggetti candidati al trapianto, in particolar modo di fegato, affetti da patologia epatica cronica ed infezione da HAV sono considerati a rischio di sviluppare insufficienza epatica fulminante. Il vaccino inattivato anti-HAV è indicato in particolar modo in questi pazienti (B-II).

Il 94-98% dei soggetti affetti da epatite cronica da HBV od HCV risponde correttamente alla vaccinazione anti-HAV se la somministrazione del vaccino avviene in una fase precoce della patologia epatica; al contrario se il vaccino viene somministrato in pazienti in cirrosi od insufficienza epatica la percentuale di sieroconversione scende al 50% ed a percentuali ancora inferiori se somministrato nel post-trapianto.[43,44,80-85]

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L’influenza è una causa comune di infezione delle vie respiratorie sia in pazienti candidati al trapianto che trapiantati.

In pazienti trapiantati di rene con funzionalità stabile dell’organo la vaccinazione evoca una risposta anticorpale protettiva verso il ceppo A nel 46% casi e verso il ceppo B nel 21% dei casi; fortunatamente, nonostante la scarsa risposta, l’influenza si sviluppa soltanto nel 5-8% dei pazienti.

Risposte migliori si osservano in pazienti trapiantati di fegato vaccinati, con percentuali di sieroconversione che vanno dal 92% al 95%.

La vaccinazione è indicata sia nel periodo pre-trapianto che nel post-trapianto al fine di prevenire episodi gravi e super-infezioni batteriche a carico del parenchima polmonare (A-II). Poiché la risposta al vaccino non è sicura in pazienti sottoposti a trapianto, nelle situazioni che comportino aumentato rischio di contrarre l’infezione, quale diagnosi di influenza in un membro del nucleo familiare, dovrebbe essere considerata la possibilità di effettuare una profilassi efficace (zanamivir, oseltamivir).[43,44,69-72]

La varicella è associata a tassi di morbidità e mortalità particolarmente elevati in pazienti sottoposti a trapianto d’organo, pertanto la somministrazione del vaccino vivo attenuato è indicata in tutti i pazienti non immuni candidati al trapianto (A-II).

Per quanto riguarda pazienti sieronegativi che entrino in contatto con pazienti affetti da varicella o zoster, è indicata inoltre la somministrazione profilattica di immunoglobuline (VZIG) in grado di fornire protezione per circa tre settimane; tutti i pazienti trapiantati dovrebbero essere valutati e seguiti attentamente dopo tale esposizione al fine di somministrare loro tempestivamente acyclovir endovena ai primi segni di infezione.[43,44,86,87]

Morbillo, parotite e rosolia sono infezioni virali che occorrono raramente in pazienti sottoposti a trapianto d’organo, anche se la potenziale gravità di tali patologie in soggetti immunodepressi è ben nota.

Il vaccino è indicato in tutti i pazienti candidati al trapianto, da somministrare se possibile almeno un mese prima dell’intervento (A-II). Non esistono dati adeguati a fornire indicazioni per la vaccinazione di pazienti nel periodo post-trapianto.[43,44]

Nonostante la poliomielite sia una patologia ormai quasi eradicata, è preferibile immunizzare comunque verso di essa i pazienti candidati al trapianto d’organo (A-II). In seguito alla vaccinazione primaria è necessaria una sola dose di richiamo con vaccino

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inattivato (IPV): infatti sembra che, sebbene solo il 3% di pazienti trapiantati di rene precedentemente vaccinati risulti avere un titolo anticorpale protettivo, il 91-98% di tali soggetti risponda alla singola dose di richiamo.[43,44,65]

5.4 Prevenzione post-trapianto.

Nel periodo successivo al trapianto il management del ricevente consiste innanzitutto nella promozione di strategie atte ad evitare l’eccessiva esposizione epidemiologica a patogeni ambientali (A-III). In particolare le esposizioni nosocomiali debbono essere evitate implementando ogni misura di prevenzione possibile attraverso modalità di isolamento (respiratorio, da contatto e da trasmissione oro-fecale) e focalizzando l’attenzione sull’importanza del lavaggio delle mani del personale sanitario; per quanto riguarda esposizioni comunitarie, invece, è necessario promuovere una serie di cambiamenti nello stile di vita del paziente al fine di minimizzare il rischio. Il paziente trapiantato dovrebbe quindi prestare attenzione a lavare accuratamente le mani dopo il contatto con animali od operazioni di giardinaggio; evitare contatti stretti con soggetti affetti da infezioni respiratorie o con rash cutanei; evitare l’ingestione di carne e uova crude o poco cotte, frutta e verdura non lavate, latte non pastorizzato o acqua proveniente da pozzi o laghi; ancora il paziente sottoposto a trapianto dovrebbe evitare rapporti sessuali non protetti, uso di droghe per via endovenosa ed infine prestare particolare attenzione a profilassi e vaccinazioni richieste in caso di eventuali viaggi in aree endemiche per malattie trasmissibili.[30,88-90]

In aggiunta a tali misure la gestione del paziente sottoposto a trapianto d’organo dovrebbe essere focalizzata soprattutto su quello che è considerato il principio guida delle misure terapeutiche post-trapianto, cioè la corretta associazione di agenti immunosoppressori antirigetto e farmaci antimicrobici utilizzati per salvaguardare graft e paziente.[1,20,91] Oltre all’utilizzo di terapie antimicrobiche a fini terapeutici nei confronti di infezioni occorrenti, è possibile utilizzare le stesse a fini profilattici collocando in primo piano la prevenzione piuttosto che il trattamento di pericolosi episodi infettivi.

Un primo livello di prevenzione è costituito dalla profilassi antibatterica peri-operatoria, finalizzata a diminuire il rischio di occorrenza di infezioni precoci in genere localizzate nel sito dell’intervento chirurgico; la scelta dell’antibiotico da utilizzare è generalmente mirata verso la flora residente a livello del sito di impianto del graft e quindi differenziata in base al

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dovrebbe essere iniziata già in sala operatoria e continuata per un tempo <24 ore nei pazienti trapiantati di rene e <3 giorni per tutti gli altri tipi di trapianto d’organo solido (A-II). In particolare in pazienti affetti da fibrosi cistica riceventi cuore e/o polmone, particolarmente a rischio per infezioni da batteri multi-resistenti (Pseudomonas spp.), è indicata la prosecuzione della profilassi per oltre 7 giorni dall’intervento fino alla rimozione dei cateteri di drenaggio (C-III)[88,92-95]; in pazienti trapiantati di fegato invece è indicato un ulteriore ciclo di profilassi in concomitanza di ogni esame strumentale invasivo eseguito: colangiografia o biopsia epatica (A-III).

Inoltre in pazienti trapiantati di fegato viene utilizzata anche la “decontaminazione intestinale selettiva” (Selective Bowel Decontamination, SBD), atta a prevenire la colonizzazione della cavità orale e dell’apparato gastroenterico da parte di batteri aerobi Gram-negativi e funghi, risparmiando invece la flora anaerobia; generalmente la SBD viene iniziata 1 settimana prima dell’intervento chirurgico e continuata per 1-3 settimane dopo il trapianto (B-III).[88,96-104]

La profilassi con isoniazide in pazienti con reattività cutanea verso PPD dovrebbe essere preferibilmente completata prima del trapianto a causa dell’epatotossicità del farmaco e della sua documentata interazione con il metabolismo di ciclosporina e tacrolimus. Le indicazioni riguardanti la profilassi post-trapianto sono controverse, tuttavia un regime con isoniazide per 9-12 mesi può essere indicato anche dopo l’intervento in pazienti considerati ad alto rischio di sviluppare tubercolosi attiva, in particolar modo nei seguenti casi: residenza in aree endemiche, esposizione a soggetti con infezione attiva, anamnesi positiva per pregressa infezione attiva, positivizzazione recente dello skin-test, radiografia del torace patologica (B-I). La profilassi post-trapianto con isoniazide dovrebbe essere inoltre considerata nel caso di pazienti in terapia con anticorpi anti-linfociti con skin-test positivo e precedentemente non trattati o nel caso abbiano ricevuto il graft da donatore con anamnesi positiva per pregressa tubercolosi o con reattività cutanea verso PPD (C-III).[88,105-116] Un altro tipo di strategia preventiva comunemente utilizzata è la profilassi con cotrimossazolo o, in alternativa, ciprofloxacina somministrati nei primi 6 mesi dopo il trapianto per la prevenzione di infezioni delle vie urinarie in pazienti trapiantati di rene (A-I)[88,117-121]; il regime profilattico semestrale con cotrimossazolo garantisce inoltre protezione in tutti i pazienti sottoposti a trapianto nei confronti di infezioni da Pneumocystis

jirovecii (A-II)[88,122], verso il quale possono essere utilizzati in alternativa pentamidina o

dapsone, e diminuisce l’incidenza di infezioni da Listeria monocytogenes, Nocardia asteroides,

Isospora belli, Cyclospora cayetanensis e Toxoplasma gondii[22,124]. Inoltre per la prevenzione

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sieropositivo è indicata una profilassi semestrale con pirimetamina (A-II). Il regime profilattico nei confronti di P. jirovecii e T. gondii dovrebbe essere continuato oltre il sesto mese post-trapianto in pazienti con episodi ricorrenti di rigetto controllati con OKT3 o pazienti con disfunzione cronica del graft (A-III).[88,122,123]

La prevenzione post-trapianto dell’infezione da CMV rappresenta uno dei principali settori di ricerca nell’ambito delle malattie infettive del paziente sottoposto a trapianto d’organo, data l’elevata morbidità e mortalità di tali infezioni e data la disponibilità di farmaci antivirali efficaci, ganciclovir e valganciclovir su tutti; le strategie preventive finora proposte sono principalmente due: una profilassi universale che consiste nella somministrazione di terapia antivirale per un periodo di 3 mesi a tutti i pazienti a rischio, CMV-sieropositivi o riceventi graft da donatori sieropositivi, ed una cosiddetta “pre-emptive therapy”, utilizzando cioè test diagnostici (ricerca su siero di antigene precoce pp65 e genoma virale) per monitorare i pazienti al fine di iniziare la terapia solo in caso di positivizzazione in soggetti asintomatici. L’utilizzo di strategie profilattiche ha condotto ad una significativa diminuzione nel tempo dell’incidenza di infezioni precoci da CMV, sebbene il prolungato ed indiscriminato uso di farmaci antivirali abbia portato alla nascita di nuove problematiche relative ad elevata tossicità, aumento dell’incidenza di infezioni tardive, occorrenti in seguito alla discontinuazione della terapia, e selezione di ceppi virali farmaco-resistenti; la

pre-emptive therapy risponde all’esigenza di selezionare un più ristretto gruppo di pazienti

verso cui focalizzare l’utilizzo di farmaci antivirali, anche se gli elevati costi relativi al prolungato uso di esami strumentali, la mancata protezione verso gli effetti “indiretti” del virus ed i dubbi sull’effettivo significato diagnostico della positività di monitoraggi sierologico-molecolari non permettono di individuare con chiarezza una strategia generale opportuna, rendendo controverso l’utilizzo preferenziale di pre-emptive therapy o profilassi.[22,125-133]

L’utilizzo di agenti antivirali si effettua inoltre per la prevenzione di malattie linfoproliferative EBV correlate (Post Transplant Lymphoproliferative Disorder, PTLD), sia attraverso la profilassi con ganciclovir o valganciclovir in grado di diminuire l’incidenza di infezione da CMV, importante co-fattore nella patogenesi della malattia, sia monitorando la carica virale di EBV in circolo ed in caso di aumenti significativi utilizzando una pre-emptive

therapy strutturata associando una terapia immunosoppressiva decisamente ridotta nei

dosaggi con farmaci antivirali efficaci (acyclovir, cidofovir) o con linfociti citotossici, prelevati dallo stesso paziente ed attivati previa incubazione in vitro con EBV.[217]

(15)

fattori di rischio epidemiologici, tra cui: prolungata degenza in reparti di terapia intensiva, ripetute emotrasfusioni, interventi di re-trapianto o re-esplorazione chirurgica, disfunzione metabolica, infezione da CMV od HCV e somministrazione di terapie antibiotiche ad ampio spettro; in particolar modo sono indicate differenti terapie profilattiche nei confronti di Aspergillus spp. in pazienti a rischio trapiantati di polmone o fegato e nei confronti di

Candida spp. in pazienti a rischio sottoposti a trapianto di fegato o pancreas (tabella 13).[22,

134-144]

Tabella 13: Profilassi antifungina.[137]

Tipo di trapianto

Agente patogeno

Fattori di rischio Farmaci utilizzati

Durata della profilassi Fegato Aspergillus Diminuita funzione del graft;

insufficienza epatica fulminante pre-trapianto; re-trapianto;

emodialisi

Amfotericina B

liposomale 4 settimane

Fegato Candida Re-trapianto; ripetute

emotrasfusioni, lunga durata dell’intervento, insufficienza

renale

Fluconazolo 4 settimane

Polmone Aspergillus Esami colturali di campioni

provenienti dalle vie aeree positivi per Aspergillus, in particolare in pazienti con:

rigetto; terapia immunosoppressiva ad alte dosi; infezione da CMV; bronchiolite obliterante Itraconazolo ± amfotericina B in aerosol 4-6 mesi

Pancreas Candida Drenaggio enterico; trapianto di

pancreas dopo rene; dialisi peritoneale pre-trapianto; pancreatite post-trapianto;

re-trapianto

Fluconazolo 4 settimane

Tutti gli organi Coccidioides immitis Anamnesi positiva per

pregressa infezione polmonare da Coccidioides o sierologia

pre-trapianto positiva

Agente antimicotico

triazolico

Figura

Tabella 8: Sistema di valutazione della “forza” di indicazioni riguardanti la terapia antimicrobica
Tabella 9: Sistema di valutazione della “qualità” di indicazioni riguardanti la terapia antimicrobica
Tabella 10: Valutazione sierologica pre-trapianto di routine.[39]
Tabella  11:  Valutazione  pre-trapianto  di  potenziali  fonti  di  infezione  a  carico  del  ricevente  in  prospettiva di trapianto d'organo solido.[62]
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