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La Mediazione e il Reclamo

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Academic year: 2021

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(1)Università degli Studi di Pisa Facoltà di Economia Corso di laurea magistrale CONSULENZA PROFESSIONALE ALLE AZIENDE. La Mediazione e il Reclamo. Relatore: Prof.ssa Bellè Brunella. Candidato: Tommaso Calamandrei. Anno Accademico 2012-2013.

(2)

(3) INDICE - SOMMARIO PREMESSA 1 1.. LA MEDIAZIONE E IL RECLAMO PROFILI GENERALI .................... 2 1.1. La mediazione e reclamo introdotti con il D.L. 98 del 6 luglio 2011 ................ 2. 1.2. Gli istituti che hanno preceduto il reclamo ..................................................... 3. 1.3. Il confronto con gli altri istituti deflattivi del processo: l’accertamento con adesione e l’autotutela. .................................................................................. 6. 2.. IL RECLAMO ........................................................................................... 13 2.1. Gli atti reclamabili. ....................................................................................... 13. 2.2. L’assistenza tecnica e la legittimazione alla presentazione dell’istanza. ..... 15. 2.3. La presentazione del reclamo: modalità, termini, notificazioni.................... 17. 2.4. Il contenuto del reclamo. .............................................................................. 20. 2.5. La riduzione delle sanzioni, le spese di giudizio e la riscossione. ................ 23. 3.. LA MEDIAZIONE .................................................................................... 27 3.1. La proposta di mediazione del contribuente ................................................. 27. 3.2. La fase di trattazione e la proposta dell’amministrazione ............................ 29. 3.3. Il fallimento della mediazione e la trasformazione ope legis ........................ 39. 4.. PROFILI DI COSTITUZIONALITA’ DELL’ISTITUTO ........................ 44 4.1. Il principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria e la mediazione obbligatoria................................................................................................... 44. 4.2. Il preventivo reclamo amministrativo e la violazione del diritto all’azione . 48.

(4) 4.3. Il principio di uguaglianza e la limitazione del reclamo ai soli atti dell’agenzia dell’entrate .................................................................................................... 53. 5.. CONSIDERAZIONI FINALI ................................................................... 61 5.1. Il ritardo all’accesso alla tutela cautelare .................................................... 61. 5.2. Il difficile coordinamento tra litisconsorzio e reclamo ................................. 64. 5.3. La mancata previsione della condanna al rimborso delle spese in caso di accoglimento del reclamo ............................................................................. 72. 5.4. Conclusioni ................................................................................................... 73.

(5) PREMESSA. Con l’art. 39 comma 9 del d.l. del 6 luglio 2011 n. 98, convertito dalla l. 15 del luglio 2011 n. 111, si impianta nel d.lgs. 546 del 1992, l’art 17-bis, denominato “ Il reclamo e la mediazione”. Nello scritto rifletteremo su tale intervento legislativo che segna il lodevole intento di deflazionare il contenzioso tributario ma, nel contempo, sorge più di un dubbio sulla legittimità costituzionale della mediazione e reclamo. Il preventivo reclamo amministrativo limita il diritto all’azione, così come, la limitazione del reclamo ad i soli atti emessi dell’agenzia dell’entrate lede il principio di uguaglianza. Una giudizio negativo su tale intervento del legislatore si esprime rispetto all’assenza di coordinamento tra la mediazione e reclamo e gli altri istituti deflattivi del processo tributario. Non possiamo distaccarci dal giudizio dato quando parliamo della mancata previsione della condanna al rimborso delle spese in caso di accoglimento del reclamo e del ritardo all’accesso alla tutela cautelare.. 1.

(6) CAPITOLO PRIMO. 1. LA MEDIAZIONE E IL RECLAMO: PROFILI GENERALI.. 1.1. La mediazione e reclamo introdotti con il D.L. 98 del 6 luglio 2011. Nel 2011 il processo tributario ha subito notevoli mutamenti introdotti dal d.l. 13 maggio 2011 n. 701, dal d.l. 6 luglio 2011 n. 982, e dal d.l. 13 agosto 2011 n. 1383. Gli interventi legislativi hanno rinnovato il d.lgs. 546 del 1992 nelle disposizioni riguardanti: l’utilizzo della posta elettronica certificata con l’indicazione del relativo indirizzo nel ricorso introduttivo (art. 16 e 18); l’onere di deposito della nota di iscrizione a ruolo (art.22); la previsione di un termine per la decisione dell’istanza di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato (art. 47); il pagamento rateale delle somme conciliate (art. 48). La modifica più incisiva è stata apportata dal d.l. del 6 luglio 2011 n. 98, che con l’art. 39 comma 9 impianta nel d.lgs. 546 del 1992, l’art 17bis4 rubricato “la mediazione e il reclamo”. Ulteriori sono le novità introdotte dall’art.. 1. Il c.d. “Decreto sviluppo”, convertito in L. 12 luglio 2011 n.106. La c.d. “Manovra estiva”, convertito in L. 15 luglio del 2011 n. 111. 3 La c.d. “Manovra bis”, convertito in L. 14 settembre 2011 n. 148. 4 Art. 17-bis Il reclamo e la mediazione, D.lgs.546/92. 1. Per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dall'Agenzia delle entrate, chi intende proporre ricorso è tenuto preliminarmente a presentare reclamo secondo le disposizioni seguenti ed è esclusa la conciliazione giudiziale di cui all'articolo 48. 2. La presentazione del reclamo è condizione di ammissibilità del ricorso. L'inammissibilità è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio. 3. Il valore di cui al comma 1 è determinato secondo le disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 12. 4. Il presente articolo non si applica alle controversie di cui all'articolo 47-bis. 5. Il reclamo va presentato alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che ha emanato l'atto, le quali provvedono attraverso apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l'istruttoria degli atti reclamabili. 6. Per il procedimento si applicano le disposizioni di cui agli articoli 12,18, 19, 20, 21 e al comma 4 dell'articolo 22, in quanto compatibili. 7. Il reclamo può contenere una motivata proposta di mediazione, completa della rideterminazione dell'ammontare della pretesa. 8. L'organo destinatario, se non intende accogliere il reclamo volto all'annullamento totale o parziale dell'atto, ne l'eventuale proposta di mediazione, formula d'ufficio una proposta di mediazione avuto riguardo all'eventuale incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilità della pretesa e al principio di economicità dell'azione amministrativa. Si applicano le disposizioni dell'articolo 48, in quanto compatibili. 9. Decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato l'accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso. I termini di cui agli articoli 22 e 23 decorrono dalla predetta data. Se l'Agenzia delle entrate respinge il reclamo in data antecedente, i predetti termini decorrono dal ricevimento 2. 2.

(7) 39, per questo, proseguendo la lettura del citato articolo, al comma 10 è prevista la limitazione di responsabilità per i funzionari dell’ente che concludono la mediazione al solo caso di dolo. Il comma 11 esplicita la facoltà di reclamare i soli atti impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie, emessi dall’Agenzia delle entrate,. di valore. inferiore alle ventimila euro e notificati a partire dal 1° aprile 2012. Segue il comma 12 che, al fine di ridurre il numero delle pendenze giudiziarie e concentrare gli impegni amministrativi sulla proficua e spedita gestione del procedimento di mediazione e reclamo, prevede per le liti fiscali pendenti alla data del 1 maggio 2011 di valore non superiore alle ventimila euro di cui è parte l’Agenzia delle Entrate, la possibilità che esse siano definite a domanda del soggetto che ha introdotto l’atto, con il pagamento di somme determinate ai sensi dell’art 16 della legge 27 dicembre 2002 numero 289, che norma la Chiusura delle liti fiscali pendenti. Pare chiaro che delle novità sorte nel 2011 quella che maggiormente incide sul procedimento tributario è la mediazione e reclamo, rendendo nota l’esigenza di creare un filtro all’accesso alla giustizia tributaria, con finalità conciliative.. 1.2. Gli istituti che hanno preceduto il reclamo. Il reclamo, nella sua struttura, richiama alla memoria l’art. 188 del T.U. 29 gennaio 1958 n. 6455, che è stato ritenuto costituzionalmente orientato dalla sentenza n. 776 del 1967 della Corte costituzionale. Secondo il citato articolo il contribuente poteva ricorrere all’ufficio delle imposte, contro l’iscrizione e ruolo entro trenta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, o in mancanza dalla notifica dell’avviso di mora. Se il ricorso non era accolto dall’ufficio, su di esso grava l’onere di trasmetterlo alla commissione tributaria competente (commissione distrettuale delle imposte dirette. del diniego. In caso di accoglimento parziale del reclamo, i predetti termini decorrono dalla notificazione dell'atto di accoglimento parziale. 10. Nelle controversie di cui al comma 1 la parte soccombente è condannata a rimborsare, in aggiunta alle spese di giudizio, una somma pari al cinquanta per cento delle spese di giudizio a titolo di rimborso delle spese del procedimento disciplinato dal presente articolo. Nelle medesime controversie, fuori dei casi di soccombenza reciproca, la commissione tributaria, può compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti solo se ricorrono giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, che hanno indotto la parte soccombente a disattendere la proposta di mediazione. 5 Abrogato dal DPR 29 settembre 1973, n. 602. 6 il diritto di ricorrere é riconosciuto da quella norma (art. 188, lett. c, del T.U.), che, valendo anche per le iscrizioni provvisorie, lungi dal violare l'art. 113 della Costituzione.. 3.

(8) oppure, per l’imposta fondiaria, alla commissione censuaria) dando avvio alla fase processuale vera e propria7. Un ulteriore paragone lo possiamo fare con l’art. 10 del dpr 28 novembre 1980 n. 787, che disciplinava il ricorso contro il ruolo o il provvedimento di rimborso formati dai centri di servizio del Ministero delle finanze. Il ricorso in questo caso si doveva proporre con spedizione dell’originale al centro di servizio, se non veniva accolto dal centro, si depositava mediante spedizione o consegna di altro esemplare alla segreteria della Commissione tributaria di primo grado, decorsi almeno sei mesi e non oltre due anni dalla data dell’invio dell’originale al centro servizi. L’art 188 e l’art 10 presentavano caratteri molti simili, entrambi subordinavano la fase processuale, ad un analisi in prima battuta dell’atto da parte dello stesso organo amministrativo emanante, il quale poteva intervenire con provvedimento di accoglimento qualora avesse riconosciuto fondate le ragioni del ricorrente. Se questo non accadeva, le due norme prevedevano meccanismi diversi di costituzione del rapporto processuale. In entrambi i casi il ricorso poteva avere due funzioni diverse: come ricorso in opposizione amministrativa, secondo lo schema e i modelli propri dei procedimenti giustiziali amministrativi, e come atto introduttivo del processo. Infatti, il ricorso – sia quello depositato all’Ufficio delle imposte, sia quello depositato al Centro di servizio – coinvolgeva, al pari del ricorso in opposizione, l’organo amministrativo affinché esso risolvesse la lite. Col solo decorso del tempo, il ricorso diveniva o poteva divenire l’atto introduttivo del rapporto processuale, sia per l’art 188 che per l’art 10. Tra i precedenti storici del reclamo troviamo l’art. 33 comma ultimo dpr 26 ottobre 1972, che subordina il ricorso giurisdizionale all’esperimento del previo ricorso amministrativo, all’allora Ministero dell’economia e delle finanze, per controversie che avevano ad oggetto il rimborso dell’imposta di bollo. Secondo tale disposizione, abrogata dalla sentenza n. 4038 del 23 novembre 1993 della Corte costituzionale, entro novanta giorni dalla notifica dell’atto impositivo si poteva proporre ricorso. 7. Batistoni Ferrara, I mezzi di difesa contro l’esecuzione esattoriale e la Costituzione, in “Riv. trim. dir. e proc. civ.”, 1968, 971 ss; De Mita, Le iscrizioni a ruolo delle imposte sui redditi, Milano, 1979, 188. 8 Cio' contrasterebbe con gli artt. 24 e 113 della Costituzione, essendo impedito all'interessato di avvalersi del diritto di difesa garantito dall'art. 24, non che' della tutela giurisdizionale contro gli atti della P.A. garantita dall'art. 113, senza avere prima percorso la via amministrativa. Inoltre, tale disciplina concreterebbe una violazione dell'art. 3 della Costituzione in quanto il contribuente, sussistendo i requisiti per la restituzione, verrebbe a trovarsi inserito in un rapporto paritario nei confronti dell'amministrazione, nell'ambito del quale sarebbe irragionevolmente compresso il suo diritto alla tutela giurisdizionale.. 4.

(9) amministrativo, trascorsi centottanta giorni dalla posizione di tale ricorso, il contribuente poteva promuovere l’azione giudiziaria. Analogo procedimento a quello appena descritto era previsto dall’art. 39 dpr 26 ottobre 1972 n.640, che subordinava il ricorso giurisdizionale, al previo ricorso amministrativo, per le imposte sugli spettacoli. Confermando il suo orientamento la Corte costituzionale con la sentenza n. 360 del 19 - 27 luglio 1994, dichiara l’illegittimità costituzionale. dell’art 39. Sulla stessa. tendenza con la sentenza n.56 del 24 febbraio 1995, la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art 12 dpr 26 ottobre 1972 n. 641, nella parte in cui subordina l’esperimento dell’azione giurisdizionale, al ricorso amministrativo per le tasse sulle concessioni governative. Il previo ricorso amministrativo era previsto anche contro l’ingiunzione di pagamento avverso le tasse automobilistiche, il cui sistema sanzionatorio era regolato dalla legge 24 gennaio 1978 n. 27. L’art 3 della citata legge prevedeva che avverso l'ingiunzione di pagamento dovesse essere proposto ricorso all'intendente. di. finanza,. tramite. l'ufficio. del registro che aveva emesso. l'ingiunzione, entro trenta giorni dalla notificazione dell’ingiunzione stessa. Con la sentenza 26 giugno - 4 luglio 1996, n.233 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del’art 3. Nella susseguirsi di norme che hanno regolato il nostro sistema tributario, possiamo rintracciare alcuni istituti che per caratteri e finalità sono simili al reclamo, talvolta dichiarati incostituzionali dalla Corte. I precedenti storici descritti ci dovrebbero far riflettere sulla legittimità costituzionale dell’art 17-bis, che essendo di rilevante importanza merita di essere tratta in seguito. La mediazione e il reclamo sono stati introdotti per alleggerire il carico di lavoro delle commissioni tributarie, quando l’entità delle lite non è di rilevante importanza (inferiore alle ventimila Euro). Il fine di tale disposizione va rintracciato nella volontà di trovare una soluzione stragiudiziale alle liti tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria. Tale fine è perseguito anche da altri due istituti : l’accertamento con adesione e l’autotutela. In ultima analisi la mediazione e reclamo, rischiano di “non introdurre alcuna novità sostanziale9”. Considerata la delicatezza del tema, è necessario un confronto tra i citati istituti deflattivi.. 9. Bellè Brunella, Mediazione e reclamo: due istituti inutili, Riv. dir. tri. 2012, n. 10, 863.. 5.

(10) 1.3. Il confronto con gli altri istituti deflattivi del processo: l’accertamento con adesione e l’autotutela.. L’art 17-bis non fa alcun riferimento all’autotutela10 e all’accertamento con adesione11, ma il primo comma di tale articolo esclude espressamente la possibilità di conciliazione giudiziale (art 48) per le controversie oggetto di reclamo e mediazione. Tale disposizione porta escludere l’improponibilità dell’autotutela e dell’accertamento con adesione, per le controversie oggetto di mediazione e reclamo, quindi le due istanze si possono proporre anche avverso atti oggetto di mediazione e reclamo. Mediazione e reclamo, autotutela e accertamento con adesione hanno le stesse finalità12, anche se, i confini delineati per la mediazione e reclamo sono più ristretti (controversie inferiori alle ventimila euro per atti emessi dall’agenzia dell’entrate). Occorre allora domandarsi quale rapporto intercorra tra questi istituti. V’è la diffusa opinione che reclamo e mediazione siano il duplicato di altri istituti tributari già esistenti13, a mio modesto parere condivisibile. Necessario però resta il confronto tra i profili distintivi di questi istituti. Occorre partire, per trarre argomenti di ragionamento, dalla collocazione della mediazione e reclamo nell’art. 17-bis, inserito nell’ambito del D.Lgs. n. 546/1992 recante “Disposizioni sul processo tributario”, all’interno del Titolo I rubricato “Disposizioni generali” e prima del Titolo II su “Il processo”. Tale scelta non è casuale e risponde alla decisione d’introdurre un rimedio amministrativo pre-processuale, fortemente radicato sulla prospettiva contenziosa. Il reclamo è volto quindi all’annullamento in via amministrativa dell’atto, ma esso non è assimilabile ad un semplice ricorso gerarchico perché costituisce l’atto d’impulso di un procedimento contenzioso avente già i confini tracciati della potenziale lite processuale. Il reclamo è formalmente e sostanzialmente costituito come un ricorso, a. 10. L’Autotutela è il potere conferito all’Agenzia delle entrate di annullare d’ufficio o revocare un atto, anche in caso di pendenza di giudizio, quando esso è illegittimo o infondato. Introdotto nell’ordinamento tributario dal d.l. 30 settembre 1994, n. 546, convertito dalla l. 30 novembre 1994, n. 656; successive disposizioni dal d.m. 11 febbraio 1997 n. 37. 11 L’Accertamento con adesione permette al contribuente di trovare un accordo con l’Agenzia delle entrate, al fine di definire le imposte dovute ed evitare in tal modo l’insorgere di una lite tributaria. Introdotto dal d.l. 19 giugno 1997, n. 218. 12 Il loro fine è la definizione stragiudiziale delle potenziali liti fiscali. 13 A tal riguardo si esprime Bellè, asserendo che“gli istituti della mediazione e reclamo sono riconducibili all’istituto dell’autotutela ovvero all’accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale”, Mediazione e reclamo: due istituti inutili, Riv. Dir. Tri. 2012, 10.. 6.

(11) conferma della sua natura di atto pre-processuale c’è la trasformazione ope legis in ricorso. Sia l’istanza di annullamento in autotutela, sia il reclamo sono volti all’eliminazione dell’atto impugnabile per vizi d’illegittimità o per infondatezza della pretesa. Il reclamo, in qualche modo istituzionalizza l’obbligo dell’Agenzia delle entrate di verificare se l’autotutela è esercitabile o meno. Ciò è coerente con la responsabilità risarcitoria del l’Agenzia delle entrate qualora abbia omesso di annullare l’atto impositivo illegittimo o privo di fondamento. Nonostante la stessa finalità del reclamo, l’autotutela tributaria si inquadra tra le attività di secondo grado a contenuto discrezionale in un contesto di amministrazione attiva, in una fase ancora amministrativa della determinazione della pretesa tributaria. Il riesame in sede di reclamo, pur essendo sempre in una dimensione amministrativa, ha invece una proiezione propriamente processuale: la riconsiderazione dell’atto è inclinata sulla prossima instaurazione della controversia. Sotto il profilo dell’esame della situazione giuridica soggettiva che viene in considerazione nell’autotutela, occorre tener presente la correlativa discrezionalità dell’Amministrazione di procedere o meno al riesame e al successivo annullamento. Il riesame dell’atto nel caso di autotutela è stato considerato, come facoltativo, sulla base del chiaro dato normativo di riferimento, poiché l’art. 2, comma 1, del d.m. 11 febbraio 1997, n.37 afferma che l’Amministrazione “può procedere” e non deve. Se la facoltatività impregna l’autotutela, la doverosità caratterizza, viceversa, il riesame generato dal reclamo. L’obbligo di riesame è un aspetto profondamente innovativo che nell’ordinamento tributario non era esplicitamente previsto prima dell’introduzione dell’art. 17-bis. Tale obbligo è reso noto al comma 5 del art.17-bis: “il reclamo va presentato alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che ha emanato l’atto, le quali provvedono (non: possono provvedere, come in tema della comune autotutela) attraverso apposite strutture diverse ad autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili”. La Direzione preposta quindi è tenuta in base al chiaro dato positivo al riesaminare dell’atto, per valutarne con serietà e rigore la legittimità e fondatezza, e eventualmente a formulare una proposta di mediazione d’ufficio (ne parleremo in seguito). 7.

(12) Dunque onere di reclamo, per il contribuente; obbligo di riesame, per l’Agenzia. Vi sono poi altre differenze tra riesame dell’atto in autotutela e riesame in sede di reclamo. Non trascurabile tra queste è l’ufficio competente al riesame. In base all’art. 1 del d.m. 11 febbraio 1997, n.37, il potere di annullamento in autotutela “spetta all’ufficio che ha emanato l’atto”, salva l’ipotesi di grave inerzia di quest’ultimo e nel qual caso provvede la Direzione regionale. L’istruttoria è dunque curata dalla medesima struttura che ha emanato l’atto. Diversamente, in sede di reclamo l’istruttoria è curata da una struttura diversa ed autonoma dell’Agenzia, rispetto a quella che ha emanato l’atto, individuata negli Uffici legali delle Direzioni provinciali e regionali. V’è dunque dissociazione soggettiva tra struttura che ha emanato l’atto e struttura che procede al riesame in funzione dell’annullamento, sebbene entrambe appartengano alla medesima Direzione provinciale o regionale. Il reclamo in sede di riesame si pensa sia assistito da maggior imparzialità rispetto al riesame in autotutela, ma è pur sempre relativa l’imparzialità del riesaminante in entrambi i casi, poiché a verificare la fondatezza o meno della pretesa è sempre l’Agenzia delle entrate. Analizzando il profilo strutturale, l’istanza di autotutela ha forma e contenuto liberi; viceversa, il reclamo ha la forma e il contenuto del ricorso processuale. Ciò comporta la creazione di un filtro amministrativo che subordina l’avvio dell’azione giudiziaria ad un tentativo di conciliazione. In entrambi i casi, l’adozione di un atto di annullamento elimina l’atto e dunque la sua efficacia. Contrariamente all’annullamento in caso di rigetto dell’istanza, diversi sono gli effetti per il ricorso e per l’autotutela. Un diniego di annullamento in autotutela produce l’effetto esclusivo di confermare l’atto. Nel caso di diniego di annullamento in sede di reclamo, invece, oltre alla conferma dell’atto, si produce un effetto giuridico ulteriore, cioè il reclamo produce gli effetti del ricorso. Il mancato annullamento in sede amministrativa ha come sbocco naturale la richiesta di riesame dell’atto impugnato al giudice tributario. Nel potere di revoca dell’atto, in caso di riesame in autotutela, è sotteso il potere di disporre la sospensione dello stesso. Quando invece il si propone istanza di reclamo, il potere di disporre la sospensione degli effetti dell’atto non è esplicitamente previsto. In seguito parleremo di come opera la tutela cautelare in caso di reclamo e mediazione. 8.

(13) In definitiva non possiamo affermare che gli effetti del reclamo sono completamente equiparabili a quelli dell’autotutela, uno su tutti la trasformazione ope legisi in ricorso. Come il reclamo è si può confrontare con l’autotutela, la mediazione per la sua natura è paragonabile all’accertamento con adesione. Con specifico riferimento all’accertamento con adesione, si osserva, altresì, che la mediazione non è limitata agli avvisi di accertamento, ma attiene a tutti gli atti impugnabili provenienti dall’attività dell’Agenzia delle entrate, compresi i dinieghi di rimborso e le iscrizioni a ruolo, indirizzando il riesame dell’atto impugnato alla luce dei motivi del ricorso, quindi l’ambito della operatività dei due istituti non è completamente sovrapponibile. L’accertamento con adesione è uno strumento di determinazione concordataria dell’obbligazione tributaria e questo vale sia nel caso di adesione rispetto ad un accertamento già notificato, sia nel caso di adesione avviata prima dell’emanazione dell’atto impositivo. L’accertamento con adesione non è da considerarsi una transazione, ma un procedimento amministrativo volto a determinare il presupposto d’imposta con il consenso del contribuente. Questo istituto ha lo scopo di avvicinarsi quanto più possibile alla realtà economica, sviluppandosi attraverso il contraddittorio tra le parti, fondato sul confronto delle reciproche posizioni dell’Ufficio e del contribuente. Nell’adesione su accertamento notificato, la pretesa è nota al contribuente, ma quest’ultimo non è tenuto a formalizzare puntualmente i motivi sul quale si fondano le opposizioni a tale pretesa (a differenza di come avviene nella mediazione), né a motivare specificamente l’istanza di adesione e le proprie richieste di rivisitazione della pretesa. Il contribuente è tenuto per l’accertamento con adesione a formulare una semplice domanda in carta libera, in cui chiede all’ufficio di fargli una proposta di accertamento per una eventuale definizione concordata. Nella mediazione invece la materia del contendere è già compiutamente delineata. La pretesa su cui si fonda l’atto contestato, rispetto all’adesione, è già nota e su di essa l’Amministrazione e il contribuente si confrontano su un piano di parità tenendo conto della motivazione della pretesa fiscale e i motivi dell’impugnazione. La mediazione è proiettata sul processo ed è in funzione della sua prevenzione. Nella mediazione, l’Agenzia deve rigorosamente valutare quali reazioni potrebbe generare la trasformazione del reclamo in ricorso, quindi l’attivazione del processo, per questo è 9.

(14) fisiologico che l’Agenzia delle entrate pone più attenzione nel valutare la mediazione rispetto all’accertamento con adesione. Altro aspetto discordante è da riscontrare tra i criteri con cui si valuta la mediazione, che sono diversi rispetto a quelli che guidano l’accertamento con adesione. L’accertamento con adesione vede la propria sede naturale nelle questioni che coinvolgono estimazioni e presunzioni; pertanto, in adesione l’Ufficio utilizza criteri di fondatezza ragionevole delle valutazioni effettuate e delle presunzioni utilizzate. Nella disciplina del d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218 non v’è indicazione dei criteri di valutazione che deve seguire l’Ufficio. Nel procedimento di mediazione, le valutazioni dell’Ufficio in merito all’istanza proposta dal contribuente devono fondarsi, per espressa disposizione del comma 8 dell’art. 17 bis del d.lgs. n. 546 del 1992, su tre criteri specifici, consistenti nella “eventuale incertezza delle questioni controverse”, nel “grado di sostenibilità della pretesa” e nel“principio di economicità dell’azione amministrativa”. La mediazione è l’unico istituto in cui la legge esige la valorizzazione del principio di economicità. In tema di autotutela, il d.m. 11 febbraio 1997 n.37, fa riferimento ai criteri di economicità per l’inizio o l’abbandono dell’attività contenziosa (art. 7) e amministrativa (art. 8), ma la portata del criterio di economicità è meno rilevante di quanto accade in sede di mediazione, sia per il rango della fonte normativa di riferimento, sia per il carattere generale e non particolare che riveste la suddetta valorizzazione dell’economicità. Nella mediazione, l’affermazione legale della rilevanza del principio di economicità insieme a quello dell’incertezza e sostenibilità, devono essere letti in un contesto di potenziali liti “minori” che deve necessariamente portare ad una valorizzazione degli elementi sostanziali della pretesa. Proseguendo con alcune osservazioni sulle spese, gli oneri affrontati dal contribuente in tema di autotutela ed accertamento con adesione non sono rimborsabili. Così come gli oneri sostenuti in caso di mediazione non sono rimborsabili se essa vada a buon fine. Mentre nel caso di instaurazione del processo, con riferimento al procedimento ex art. 17-bis, la legge prevede che la parte soccombente debba rimborsare alla parte vittoriosa le spese riferibili alla mediazione, per una somma pari al cinquanta per cento delle spese di giudizio. In tali controversie, le spese possono essere compensate solamente se ricorrono giusti motivi che hanno indotto la parte soccombente a disattendere la proposta di mediazione. 10.

(15) Inoltre, il procedimento di mediazione i differisce anche ai fini del trattamento sanzionatorio, ove si consideri che a seguito dell’accordo di mediazione compete il beneficio della riduzione delle sanzioni al quaranta per cento, invece la più elevata riduzione spettante a seguito del perfezionamento dell’accertamento con adesione ad un terzo del minino previsto dalla legge. Non è prospettabile, in definitiva, una sovrapposizione tra i predetti istituti deflativi, atteso che il procedimento di cui all’art. 17 bis del d.lgs. n. 546 del 1992 è proiettato sul processo tributario e induce il contribuente e. l’Ufficio ad anticipare l’esito. dell’eventuale giudizio. E’ altresì vero che se da un lato, se il tentativo di accertamento con adesione,o l’autotutela sono falliti, è arduo che il reclamo e la mediazione possano consentire di evitare l’introduzione del giudizio. In sostanza la proposizione del reclamo rischia di rappresentare solo un inutile aggravio tanto per il contribuente quanto per l’organo deputato ad esaminarlo, che è sempre (anche se non lo stesso Ufficio), l’Agenzia delle entrate. Si può osservare che c’è stato un difetto di attenzione da parte del legislatore che ha introdotto un ulteriore istituto non curandosi di armonizzarlo con quelli già esistenti che perseguono le stesse finalità. La convivenza tra l’art 17-bis e i diversi rimedi deflattivi pare forzata a causa della mancanza di norme di coordinamento. Anche se i profili distintivi tra i vari istituti sono bene delineati, non possiamo concludere che la loro convivenza semplifichi un sistema tributario già molto complesso.. 11.

(16) BIBLIOGRAFIA. BATTISTONI FERRARA – BELLÉ, Diritto tributario processuale, Padova, IV ed. 2011; B. BELLÉ, Mediazione e reclamo: due istituti inutili, Riv. dir. tri., 2012; BATTISTONI FERRARA, Conciliazione Giudiziale, in Enc. Dir., Milano, 1998; CANTILLO, Il reclamo e la mediazione tributaria: prime riflessioni sul nuovo art 17-bis del D.lgs. n. 546/1992, in Fisco, 2011; V. BUSA, Le nuove prospettive della mediazione tributaria, in Corriere Tributario, 2012; CIRC. N. 9/E del 19 marzo 2012, dell’Agenzia delle Entrate; F. PISTOLESI, Il reclamo e la mediazione nel processo tributario, in Rassegna Tributaria, n.1 2012; F. PISTOLESI, Ambito applicativo della mediazione tributaria e sospensione della riscossione, in Corriere Tributario, 2012; C. ATTARDI, Reclamo e mediazione: profili di novità e di opportunità nel panorama degli istituti deflativi del contenzioso tributario, in Fisco, n. 30 luglio 2012; M. MICCINESI, Accertamento con adesione e conciliazione, in AA. VV., Padova, 1999; FRASONI, Osservazioni sui rapporti tra conciliazione giudiziale e accertamento con adesione, in Ras. tri., 2000; D. STEVANATO, Reclamo e mediazione fiscale: lettera ad un bambino mai nato, in Dial. Trib., 2012; CIRC. 49/T del 28 dicembre 2012, dell’Agenzia delle Entrate.. 12.

(17) CAPITOLO SECONDO. 2.. 2.1. IL RECLAMO. Gli atti reclamabili.. Al fine di dirimere i tratti del reclamo esaminiamo avverso quali atti è possibile proporre tale azione. Per gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate, non superiori alle ventimila euro, pervia inammissibilità del ricorso, si deve preventivamente proporre reclamo. Non solo dunque i provvedimenti espressamente elencati dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, ma anche quelli che, seppur non ricompresi nell’elenco, risultano impugnabili in ragione del loro contenuto14. L’art. 17-bis fa riferimento agli atti emessi dall’Agenzia, dovendo intendersi per tali, quelli notificati a decorrere dal primo aprile 201215,anche se formati precedentemente dagli uffici. Con riguardo al valore dell’atto impugnabile, è limitato alle ventimila euro come già detto, determinato secondo quanto disposto dall’art. 12 del d.lgs. n.546 del 1992, ossia considerando l’importo del solo tributo, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate, o per il totale delle sanzioni se si tratta di provvedimento sanzionatorio. Se l’atto reclamato è relativo a più tributi il limite stabilito dalla norma in esame deve essere verificato con riguardo all’insieme dei tributi accertati, sicché il reclamo non è esperibile qualora l’avviso di accertamento abbia ad oggetto più tributi che, presi singolarmente, non superano detto limite, ma lo eccedono nel loro insieme. Se l’atto di reclamo è avverso uno o più tributi che nel loro complesso non eccedono le ventimila euro, è ammissibile anche se l’avviso di accertamento nel suo complesso supera detto limite. L’ipotesi di reclamo cumulativo è configurabile solo nel caso in cui la somma dei tributi contestati non eccede il limite previsto dalla norma. Lo stesso ragionamento sviluppato per i tributi, è valido per le sanzioni. Le liti di valore indeterminabile o indeterminato non sono interessate dal reclamo. Restano altresì esclusi dal reclamo tutti. 14. Afferma a riguardo V.BUSA, Le nuove prospettive nella mediazione tributaria, in Corr. Trib, 2012, che “la mediazione non riguarda solo l’accertamento ma è un tentativo di accordo volto a definire indistintamente tutti gli atti suscettibili di impugnazione, anche solo al fine di ridurre le sanzioni.” 15 Come dispone l’art. 39, comma 11 del d.l. n. 98 del luglio 2011.. 13.

(18) gli atti, che non sono emessi dall’Agenzia delle Entrate, ma dall’Agenzia delle dogane, dagli enti locali, o altri enti, compresi gli atti emessi dall’agente della riscossione. Questa scelta del legislatore di limitare il reclamo ai soli atti emessi dall’Agenzia delle entrate sembra superficiale, considerato la natura tributaria di molti altri atti emessi dalla pubblica amministrazione. Ad una prima riflessione sembrano delineati con certezza in confini all’interno dei quali è possibile individuare gli atti reclamabili, ma non sempre questa conclusione è vicina alla realtà dei fatti. Problematico il caso dell’avviso di accertamento emesso in rettifica delle perdite dichiarate dall’impresa, per il quale si possono richiamare le considerazioni svolte dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 48/E del ottobre 2011 e riprese dalla circolare n. 9/E del marzo 201216. A parere dell’Agenzia è necessario distinguere due ipotesi: se, a seguito della rettifica delle perdite, l’avviso di accertamento evidenzia un imponibile o, comunque, imposte dovute, il valore della lite si ottiene sommando alle maggiori imposte accertate l’imposta virtuale commisurata all’ammontare delle perdite in contestazione. Se invece la rettifica delle perdite non comporta accertamento di imposte, il valore della lite è determinato sulla base della sola imposta virtuale ottenuta applicando le aliquote vigenti per il periodo d’imposta oggetto di accertamento all’importo risultante dalla differenza tra la perdita dichiarata e quella accertata. Altro caso problematico è quello relativo i provvedimenti di diniego di agevolazioni tributarie, che accerti e richieda il tributo e le relative sanzioni. Il riferimento dell’art. 17-bis agli atti emessi dall’Agenzia delle entrate parrebbe escludere l’esperibilità del reclamo a fronte del silenzio-rifiuto di rimborso, tuttavia, l’espresso richiamo della norma agli artt. 19 e 21 del d.lgs. 546 del 1992 portano ad includere tra gli atti reclamabili anche il rifiuto o il diniego di agevolazione. È reclamabile anche l’atto di contestazione delle violazioni fiscali emesso ai sensi dell’art. 16 comma 2 d.lgs. n. 472 del 1997, nel caso in cui, non avendo il contribuente provveduto alla definizione agevolata né alla proposizione di deduzioni difensive, esso si considera provvedimento di irrogazione. Fra gli atti reclamabili seppur non elencati dall’art. 19 rientrano inoltre: gli atti di rigetto di istanze di sgravio di somme iscritte a ruolo; gli avvisi di recupero di crediti di imposta illegittimamente compensati; le comunicazioni con cui l’ufficio neghi l’applicazione di norme che consentono di sanare. 16. In Banca dati Fisconline, sez. Prassi 2012, Circ. n. 9/E del 19 marzo 2012 Agenzia delle Entrate – Dir. Centrale Affari Legali e Contenzioso Mediazione tributaria – Chiarimenti e istruzioni operative.. 14.

(19) irregolarità e omissioni nei versamenti17. Questa apertura ad atti non tassativamente indicati nell’elenco degli atti impugnabili ai sensi dell’art.19, è dovuta alla svalutazione del principio di tassatività dell’elenco contenuto nel detto articolo. Come già accennato avverso l’agente della riscossione non si propone il reclamo, sembra per questo sibillino il caso in cui la cartella di pagamento venga impugnata congiuntamente al ruolo, per vizi riferibili al ruolo. In questo caso secondo le indicazioni dell’Agenzia delle entrate contenute nella circolare 9/E del 201218, è onere del contribuente proporre anche reclamo, si reputa infatti l’Agenzia legittimata a eccepire l’inammissibilità del ricorso in sede di costituzione conseguente alla chiamata in causa da parte dell’agente della riscossione. Sembra più ragionevole accogliere l’ammissibilità del riscorso, poiché secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle entrate, viene tramutato un onere imposto all’agente della riscossione ai sensi dell’art 39 d.lgs. 112 del 1999 in un onere per il contribuente. Altro caso discusso è l’impugnazione della cartella di pagamento per omessa notifica dell’atto presupposto. Anche in questo caso non sembra fondata la convinzione dell’Agenzia delle entrate di proporre reclamo, poiché vorrebbe dire tramutare in oggetto del ricorso la mancata notifica dell’atto presupposto e non gli eventuali vizi di fondatezza della pretesa originaria. In conclusione il perimetro che definisce gli atti avverso i quali è possibile proporre reclamo, appare in certi suoi tratti non delineato con certezza. Dobbiamo interrogarci sulla scelta del legislatore di limitare il reclamo ai soli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate. Tale scelta sembra superficiale, poiché se l’introduzione dell’art.17-bis nel procedimento tributario, in definitiva, rende possibile un decongestionamento delle commissioni tributare per liti fiscali di rilevante entità, l’esclusione dal novero degli atti impugnabili di altri tributi (che non siano atti emessi dall’agenzia dell’entrate ) non favorisce certo l’alleggerimento del carico di lavoro delle commissioni tributarie.. 2.2. L’assistenza tecnica e la legittimazione alla presentazione dell’istanza.. Sono da considerasi legittimati attivi, coloro che sono titolari di un diritto e che pretendano di farlo valere, mentre legittimati passivi si individuano in coloro che, in. 17. 18. Sentenza Cass. n.285, del 12-01-2010. Ivi, p. 14.. 15.

(20) quanto destinatari dell’azione, sono legittimati a contraddire nella lite amministrativa. Nel reclamo individuiamo come legittimato attivo il contribuente, mentre come legittimato passivo l’Agenzia delle entrate. Secondo lo stretto nesso che intercorre tra reclamo e ricorso, vi è una coincidenza perfetta tra il soggetto che è legittimato passivamente nel riscorso e il soggetto che è legittimato passivo nel reclamo. Sebbene non espressamente richiamate dalla norma in commento, si ritengono applicabili al reclamo le disposizioni dell’art.10 e 11 del d.lgs. n. 546 del 1992, per quanto concerne, in particolare, l'individuazione della legitimatio ad causam, vale a dire della capacità di essere parte nel processo tributario, e della legitimatio ad processum, che consiste nell'attitudine del soggetto che ha la titolarità dell'azione a proporre la domanda e a compiere validamente gli atti processuali.. Ciò comporta che l'istanza può essere. presentata dal contribuente che ha la capacità di stare in giudizio in proprio, o a mezzo di procuratore generale o speciale, al quale è stata conferita procura con atto pubblico o per scrittura privata autenticata; può altresì essere presentata dal rappresentante legale del contribuente che non ha la capacità di stare in giudizio; ed in fine dal difensore, nelle controversie di valore pari o superiore alle duemilacinquecentottantadue virgola ventotto euro, come previsto dall’art. 12 comma 5 d.lgs. 546 del 1992. Si rende necessaria una precisazione, l’obbligo di assistenza tecnica non è previsto per la presentazione del reclamo, poiché si tratta di atto amministrativo, tale obbligo entra in vigore al momento della costituzione giudizio delle parti, quando la possibilità di trovare un accordo nella fase amministrativa è già svanita. Per l’Agenzia delle entrate sono costituite a norma del comma 5 art 17-bis d.lgs. 546 del 1992, apposite e autonome strutture diverse da quelle che emettano l’atto che esaminano il reclamo19. Prendendo le mosse da quanto detto sulla legittimazione, il reclamo spetta al soggetto destinatario del provvedimento e della relativa notifica. Se più contribuenti sono destinatari di uno stesso provvedimento impositivo, non v’è ragione di escludere l’esperibilità di un reclamo collettivo, prodromico a una comune fase di mediazione ed, eventualmente, a un unico ricorso giurisdizionale. Già si è accennato nel paragrafo precedente la possibilità di proporre reclamo cumulativo, avente ad oggetto più provvedimenti di imposizione indirizzati a una stessa parte: essa deriva dalla. 19. Secondo quanto previsto dalla direttiva n. 29 del 29-03-2012 dall’Agenzia delle entrate, un reclamo trasmesso all’Ufficio incompetente, deve essere trasmesso a quello competente, e comunque per il contribuente si considera notificato.. 16.

(21) riconosciuta ammissibilità del ricorso giurisdizionale cumulativo. Invece, non è ammesso il ricorso (e,dunque, nemmeno il reclamo) collettivo e cumulativo da parte di più contribuenti destinatari di diversi avvisi di accertamento o titolari di distinti rapporti giuridici di imposta, ancorché gli stessi muovano identiche contestazioni. Possono verificarsi altresì ipotesi controverse. Visto e considerato che abbiamo delineato i soggetti legittimati, è necessaria una specifica disamina, delle modalità di presentazione del riscorso.. 2.3. La presentazione del reclamo: modalità, termini, notificazioni. La presentazione del reclamo come disposto dal comma 2 dell’art 17-bis d.lgs. 546 del 1992, costituisce condizione di ammissibilità al riscorso. Il mancato rispetto del disposto è rigidamente sanzionato, posto che l’inammissibilità del ricorso è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo. La norma riproduce dunque il regime di inammissibilità previsto dal comma 2 dell’art. 22 del d.lgs. 546 del 1992, per il caso di omessa o tardiva costituzione in giudizio della parte ricorrente. Se. da un lato l’omessa presentazione del reclamo è rigidamente sanzionata con. l’inammissibilità del ricorso, la stessa Agenzia delle entrate, ha comunque precisato nella circ. 9/E del 19 marzo 201220, che anche il reclamo palesemente inammissibile può essere trattato come richiesta di autotutela. Resta inteso che, configurandosi un motivo di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’articolo 18 del d.lgs. n. 546 del 1992, il contribuente interessato a prevenire la pronuncia giurisdizionale di inammissibilità, può porvi rimedio contestualmente o anche dopo la costituzione in giudizio (se ammesso). Le modalità di presentazione del reclamo seguono la disciplina prevista dagli artt. 16 e 20 del d.lgs. n. 546 del 1992 per la proposizione del ricorso. Ne consegue che per la notificazione dell’istanza trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 16, commi 2 e 3 del d.lgs. n. 546 del 1992, per il quale le notificazioni sono fatte secondo le norme degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, che prescrivono la notificazione tramite ufficiale giudiziario. Proseguendo le notificazioni possono essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante. 20. Ivi, p.14.. 17.

(22) spedizione dell'atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell'atto; o in alternativa tramite consegna dell'atto all'impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia, presso l’Agenzia delle entrate di competenza territoriale. Quindi le tre modalità di notificazione sono: mezzo posta, mezzo ufficiale giudiziario, consegna diretta all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate. Conseguentemente a tale modalità di comunicazione scelta dal legislatore per il reclamo, possono sorgere problemi analoghi a quelli che attengono al rispetto delle modalità di notifica del ricorso giurisdizionale, concernenti ad esempio la sorte del ricorso spedito in busta chiusa, con posta ordinaria o con raccomandata semplice. La soluzione di questi problemi deve tener conto delle peculiarità della fattispecie regolata dall’art. 17-bis del d.lgs. n. 546 del 1992, alla quale non sono applicabili le conclusioni cui la giurisprudenza è pervenuta nell’interpretare l’art. 20. Nel silenzio della legge, la Corte di cassazione ha ritenuto a volte che la spedizione postale del ricorso in busta chiusa, priva di qualsiasi indicazione relativa all’atto in essa contenuto, costituisse una mera irregolarità ove il contenuto della busta e la riferibilità alla parte non fossero contestati, essendo altrimenti onere del ricorrente provare l’infondatezza della contestazione mossa dall’ufficio21; e ha altre volte considerato nulla tale notifica per violazione di un essenziale requisito di forma, ammettendo però la sanatoria della nullità per effetto della costituzione in giudizio della parte resistente22. Nel caso di eventuali vizi formali di notifica essi dovrebbero risultare irrilevanti, in tutte le ipotesi in cui l’Agenzia delle entrate venga comunque in possesso dell’atto e dia corso al relativo procedimento. In altri termini, l’effetto sanante di una eventuale nullità, prodotto in sede processuale dalla costituzione in giudizio della parte resistente, risulta qui anticipato al momento della ricezione del reclamo da parte dell’ufficio destinatario, tenuto alla relativa istruttoria a prescindere dall’esistenza di vizi di notifica dell’atto stesso. In seguito alla individuazione delle modalità di notificazione, è opportuno definire i termini entro i quali è possibile proporre reclamo. Si può proporre istanza di reclamo entro sessanta giorni dalla notifica dell’atto che ne forma oggetto; oppure nel termine di. 21 22. Corte di Cassazione sez. tributaria civile, sentenza del 12-06-2009, n. 13666. Corte di Cassazione sez. tributaria civile, sentenza del 14-04-2010, n. 8846.. 18.

(23) prescrizione del diritto al rimborso. I termini per la proposizione del reclamo iniziano a decorre dal momento di notificazione dell’atto. Tale termine di sessanta giorni decorre anche dal diniego espresso di rimborso del credito o diniego di agevolazione, mentre in caso di silenzio dell’Agenzia delle entrate, inizia a decorrere, trascorsi novanta giorni dalla istanza di rimborso del credito o agevolazione23. Non trattandosi di atto processuale, parrebbe doversi escludere la sospensione feriale del termine di impugnazione prevista per la proposizione del ricorso tributario; ma la particolare natura del reclamo, che costituisce una sorta di ricorso condizionato all’esito dell’istanza di reclamo, sembra autorizzare diversa conclusione e far ritenere che anche il termine di presentazione del reclamo resti sospeso nel periodo compreso fra il primo agosto e il quindici settembre di ogni anno; soluzione condivisa per altro anche dall’Agenzia delle entrate24. Analogo principio dovrebbe valere nelle ipotesi in cui il comma 4 dell’art 40 d.lgs. 546 del 1992, che dispone la proroga di sei mesi del termine per proporre ricorso: ipotesi nelle quali anche il termine per presentare reclamo dovrebbe ritenersi prorogato.. Inoltre, in caso di presentazione di istanza di. accertamento con adesione, il termine per la proposizione dell’eventuale successiva istanza di mediazione è sospeso per un periodo di novanta giorni dalla data di presentazione da parte del contribuente dell’istanza di accertamento con adesione. Come sopra già accennato, la tardiva presentazione del reclamo comporta l’inammissibilità del successivo ricorso in commissione. L’art. 17-bis del d.lgs. n. 546 del 1992, non fornisce alcuna indicazione in merito al comportamento che l’ufficio deve adottare in caso di tardiva notifica del reclamo. Si potrebbe quindi ritenere che, nonostante la tardività della notifica, il reclamo debba essere esaminato dall’ufficio come una istanza di autotutela. La disciplina del procedimento delineata dalla stessa norma induce a concludere che, in realtà, l’ufficio non sia vincolato in tal senso e possa limitarsi a respingere il reclamo – o, addirittura, restare inerte – attendendo la scadenza del termine (novanta giorni dalla presentazione dell’atto) previsto dalla legge per la sua conversione in ricorso. A quel punto, il reclamo si convertirebbe in un ricorso inammissibile perché tardivo.. 23. Ai sensi dell’art 21 del d.lgs. 546 del 1992. Nella circolare 9/E del 9 marzo 2012, si trova “al termine di proposizione dell’istanza di mediazione si applicano le disposizioni sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, di cui alla legge 7 ottobre 1969, n. 742”. 24. 19.

(24) Nulla impedisce comunque all’ufficio di esaminare nel merito e accogliere un reclamo tardivo, posto che, come noto, anche i provvedimenti di imposizione divenuti definitivi perché non tempestivamente impugnati possono essere annullati in via di autotutela amministrativa. In queste situazioni, il reclamo produce effetti del tutto analoghi a quelli dell’istanza di annullamento di un atto definitivo: e come tale va considerato dall’ufficio. In definitiva, il riesame dell’atto da parte dell’Agenzia delle entrate è garantito da un obbligo normativo solo in caso di impugnazione tempestiva; al fine di non veder negata al ricorrente tale facoltà il contribuente deve impugnare tempestivamente l’atto, al fine di eccepire i vizi. Il contribuente propone reclamo avverso l’atto per i vizi sui quali intende far valere la sua opposizione. Al fine di annullare la pretesa dell’Agenzia delle entrate, quindi, di vedere riconosciuti i diritti vantati dal contribuente, è di primaria importanza stabilire il contenuto del reclamo stesso.. 2.4. Il contenuto del reclamo.. Il comma 6 dell’art. 17-bis del d.lgs. 546 del 1992 fa riferimento all’art. 18 delle citata norma, che prescrive il contenuto del ricorso. Il reclamo quindi deve contenere, oltre ad una eventuale proposta di mediazione, detti elementi: l’indicazione della commissione tributaria competente; la residenza, il domicilio, il codice fiscale, l’indirizzo di posta elettronica certificata, del ricorrente e del suo rappresentante; l’Ufficio dell’Agenzia delle entrate avverso il quale è proposto reclamo; l’atto impugnato oggetto di domanda; e in fine i motivi del ricorso. Se quindi il reclamante è assistito da difensore tecnico, in calce o a margine del reclamo deve trovarsi la procura. Sembra, come già detto, configurabile l’ipotesi di presentazione dell’istanza di reclamo in assenza di difensore tecnico, salvo la nomina al momento della costituzione in giudizio. È necessario distinguere anche le modalità di conferimento e il contenuto dell’incarico, a seconda del fatto che esso abbia ad oggetto la sola presentazione del reclamo o (anche) la proposizione del ricorso. Mentre infatti il conferimento dell’incarico a ricorrere in giudizio segue le modalità previste dal codice di procedura civile per il rilascio della procura e nella pratica il mandato attribuito al difensore tributario non differisce da quello conferito all’avvocato nel processo civile perché comprende la rappresentanza in giudizio della parte e le facoltà tipiche della procura alla lite, il mandato a presentare 20.

(25) reclamo non implica di per sé l’esercizio delle funzioni proprie della rappresentanza e della difesa giurisdizionale e può essere affidato anche a soggetti non abilitati all’assistenza tecnica davanti alle commissioni. Ma tornando al contenuto specifico del reclamo, l’applicazione dell’art. 18 va verificata tenendo conto di quanto prescritto dall’art. 17-bis, per cui oltre la commissione tributaria competente dovrà essere indicata la Direzione regionale o Direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate che ha emesso l’atto. Nel rispetto comma 9 dell’art 17-bis l’istanza promossa dal contribuente, decorsi novanta giorni senza che sia stata conclusa la mediazione o accolto il reclamo si trasforma in ricorso; questo giustifica la doppia indicazione della commissione tributaria competente e della Direzione regionale o provinciale dell’Agenzia delle entrate che ha emesso l’atto nell’istanza di reclamo. In tal senso l’Agenzia delle entrate sembra condividere tale impostazione, pertanto con la circolare 9/E25 del 19-03-2013 è allegato un prospetto di istanza di reclamo che contiene sia il ricorso indirizzato alla commissione tributaria competente, sia l’istanza di riesame dell’atto indirizzata alla Direzione regionale o provinciale dell’Agenzia delle entrate. Con riguardo invece alle eccezioni sollevate dal reclamante l’istanza è fondata sugli stessi motivi del ricorso e può contenere una motivata e documentata proposta di mediazione, completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa. Oltre i motivi, anche i fatti esposti e l’indicazione degli atti contestati sono i medesimi sia per il reclamo che per il ricorso. Importante è stabilire che con il reclamo si contesta determinati atti dell’Agenzia delle entrate,. che vengono riesaminati in caso di accoglimento del reclamo da parte. dell’Ufficio preposto. Qual’ora il reclamo si “trasformi” in ricorso, non è possibile contestare congiuntamente agli atti avverso i quali si è proposto reclamo, altri atti non originariamente indicati nell’istanza di reclamo. In definitiva il thema decidendum, è congelato con il reclamo. Per quanto concerne invece l’indicazione della parte reclamante, del suo legale rappresentante e dell’organo destinatario del reclamo segue la disciplina prevista per il ricorso giurisdizionale (con l’ovvia precisazione che, potendo l’istanza essere rivolta soltanto all’Agenzia delle entrate, non sorgono i problemi connessi all’individuazione degli altri possibili soggetti destinatari del ricorso). Se il reclamante è una persona. 25. Ivi, p. 14.. 21.

(26) fisica, vanno indicati nome, cognome, residenza e codice fiscale. Se si tratta di un soggetto legalmente rappresentato da altri, devono essere indicati anche nome e cognome del procuratore. In alternativa alla residenza, può essere indicato il domicilio eletto in Italia. L’indicazione della residenza e l’elezione del domicilio hanno effetto per tutti i gradi del processo eventualmente instaurato. A differenza di come descritto, se il reclamante è soggetto diverso dalla persona fisica, l’atto deve indicare, oltre alla denominazione (o ragione sociale), alla sede legale e al codice fiscale, nome e cognome della persona fisica titolare del potere di rappresentanza processuale. La mancanza o l’assoluta incertezza di queste indicazioni viziano l’atto di reclamo. L’ammissibilità del successivo ricorso giurisdizionale dovrà essere verificata sulla base dei criteri elaborati in sede di applicazione dell’art. 18, tenendo comunque conto del fatto che – almeno nella normalità dei casi – lo svolgimento della fase amministrativa di mediazione dovrebbe risolvere i dubbi generati da una inesatta identificazione delle parti interessate. Il reclamante deve anche depositare presso l’Agenzia delle entrate, insieme al reclamo, i documenti allegati in originale o in fotocopia. Il deposito dei documenti è necessario per permettere all’ufficio di svolgere un’informata istruttoria e formulare, se del caso, la proposta di mediazione; se il deposito non avviene o è incompleto, l’ufficio può invitare il contribuente a integrare l’istanza. Se il reclamo non ha esito positivo, la legge non impedisce di produrre in giudizio documenti ulteriori rispetto a quelli esibiti all’ufficio; a maggior ragione, non può ritenersi preclusa la possibilità di depositare in commissione documenti menzionati, ma non allegati al reclamo, è preclusa, come detto, la possibilità di impugnare atti diversi da quelli indicati nell’istanza di reclamo. Rispetto invece ai motivi esposti nell'istanza devono coincidere integralmente con quelli del ricorso, a pena di inammissibilità; sotto tale profilo va ribadito che, in applicazione del comma 2 dell'articolo 17-bis, è inammissibile il motivo di ricorso, proposto innanzi alla Commissione tributaria provinciale, per il quale non sia stata preventivamente esperita la procedura di mediazione. Né è consentito integrare (successivamente all'introduzione del giudizio) i motivi del ricorso. Invero, ai sensi del comma 2 dell'articolo 24 del d.lgs. n. 546 del 1992, l'integrazione dei motivi di ricorso è ammessa esclusivamente quando resa necessaria dal deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione. La costituzione in giudizio segue le regole stabilite dall’art. 22 del d.lgs. n. 546 del 1992 e qualora il contribuente si costituisca in giudizio prima del tempo, senza attendere 22.

(27) che l’Agenzia rigetti in modo espresso il reclamo o resti inerte per i novanta giorni successivi alla sua presentazione, la commissione tributaria dovrà considerare improcedibile l’atto sino all’avvenuto decorso del periodo previsto dalla legge. Con riguardo al contributo unificato, esso è dovuto soltanto nel momento in cui il contribuente dovesse eventualmente depositare il ricorso presso la segreteria della commissione tributaria provinciale, in caso di esito negativo del procedimento di mediazione.. 2.5. La riduzione delle sanzioni, le spese di giudizio e la riscossione.. Il contribuente che propone reclamo può beneficiare di una riduzione delle sanzioni in caso di perfezionamento della mediazione, questa è una misura che incentiva le parti a trovare un accordo, evitando la lite processuale. Seppur indirettamente, l’art. 17-bis prevede benefici sanzionatori per i contribuenti, dal momento che il comma 8 dell’art. 17-bis d.lgs. n. 546 del 1992, dichiara applicabili, in quanto compatibili, le disposizioni del successivo art. 48, ai sensi del quale in caso di avvenuta conciliazione le sanzioni amministrative si applicano nella misura del quaranta per cento delle somme irrogabili in rapporto dell’ammontare del tributo risultante dalla conciliazione medesima. Come la conciliazione, anche la mediazione comporta quindi l’abbattimento delle sanzioni irrogabili appena inferiore a quello dei due terzi riconosciuto dalla legge nelle ipotesi di accertamento con adesione26. L’Agenzia delle entrate ritiene che le sanzioni possano essere irrogate nella misura del quaranta per cento anche nei casi in cui, non esistendo margini per una riduzione della pretesa impositiva, gli uffici decidano di concludere una mediazione che confermi integralmente la pretesa ma ridetermini appunto le sanzioni, sulla falsariga di quanto già avviene nella conciliazione giudiziale. Nessuna riduzione delle sanzioni è concessa invece nei casi in cui il parziale accoglimento del reclamo non presuppone la mediazione.. 26. Secondo quanto disposto da Art. 15 del d.lgs n.218, del 19 giugno 1997.. 23.

(28) Con la circolare 9/E27 del 19 marzo 2012 l’Agenzia chiarisce che il procedimento regolato dall’art.15 del d.lgs. n. 218 del 1997, non si applica in caso di istanza di reclamo. In altri termini, a seguito della notifica di un avviso di accertamento o di liquidazione, il contribuente, entro il termine per la proposizione del ricorso, può alternativamente aderire all'atto, ottenendo la riduzione a un terzo della sanzione, o di sua sponte, formulare istanza di accertamento con adesione o, infine, decidere di impugnare l'atto. Queste ipotesi sono alternative tra loro, ciò presuppone che le sanzioni siano ridotte in funzione della scelta intrapresa dal contribuente. Per i motivi già esposti, non vi è spazio per un accordo confermativo della pretesa tributaria qualora la conseguente riduzione delle sanzioni sia più elevata di quanto consentito per effetto di una scelta in fase amministrativa antecedente a quella della mediazione. Ciò si verifica, ad esempio, nell'ipotesi di iscrizione a ruolo a seguito di controllo ai sensi dell'articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 60028. È applicabile invece l’art. 17 del d.lgs. 18-12-1997, n. 472, che riduce a un terzo le sanzioni irrogate con l’avviso di accertamento e pagate entro il termine previsto per la proposizione del ricorso. Come nelle liti di maggior valore, il contribuente può dunque decidere di definire il profilo sanzionatorio dell’accertamento e contestare con il reclamo la sola pretesa impositiva. Dopo la definizione del regime sanzionatori, non possiamo trascurare un altro aspetto essenziale della disciplina che regola il reclamo: le spese di giudizio. In realtà non possiamo parlare di spese di giudizio trattandosi ancora di una fase amministrativa. L’art. 17-bis, al decimo comma, prevede che, nelle controversie instaurate a seguito di infruttuoso esperimento del reclamo, la parte soccombente sia condannata a rimborsare, in aggiunta alle spese di giudizio, una somma pari al cinquanta per cento delle spese stesse, a titolo di rimborso delle spese del procedimento di reclamo; e che, nelle medesime controversie, fuori dei casi di soccombenza reciproca, la commissione tributaria possa compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti solo in. 27. Ivi, p. 14. Nella circolare dell’Agenzia delle entrate n.291 del 1997 è stata affermata la legittimità di “un accordo conciliativo nei casi in cui il ricorrente accetti l’intero importo della maggiore imposta accertata al solo fine di beneficiare della conseguente riduzione delle sanzioni irrogate”, precisando che in “simili fattispecie la valutazione dell’opportunità conciliativa sia da valutare caso per caso”.. 28. 24.

(29) presenza di giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, che abbiano indotto la parte soccombente a disattendere la proposta di mediazione. Nessun rimborso di spese è dunque previsto nel caso in cui il procedimento di reclamo abbia esito positivo e non sfoci nel giudizio tributario. In questa ipotesi – come in quelle di autotutela su provvedimenti non impugnati avanti alle commissioni tributarie – la parte reclamante, pur ottenendo l’annullamento dell’atto (o pervenendo alla mediazione), non ha la possibilità di ottenere il rimborso delle spese legali sostenute. Se invece il reclamo ha esito negativo e si converte in ricorso, la commissione tributaria provinciale deve pronunciare una condanna alle spese maggiorate del cinquanta per cento nei confronti della parte soccombente. Le spese possono anche essere compensate, ma soltanto in presenza di giusti motivi, espressamente indicati, tali da aver indotto la parte soccombente a rifiutare la proposta di mediazione. Dopo la definizione delle sanzioni e il rimborso per le spese processuali è necessario inquadrare il momento del perfezionamento dell’accordo di mediazione, istante dal quale cessano gli effetti del reclamo: la riscossione. Per effetto del rinvio disposto dal comma 8 dell'articolo 17-bis, devono, infatti, ritenersi applicabili alla mediazione le disposizioni dell'articolo 48 del d.lgs. n. 546 del 1992, disciplinanti il perfezionamento della conciliazione giudiziale. In particolare, l'accordo di mediazione costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute mediante versamento diretto ovvero - in caso di omesso versamento alle scadenze - per l'iscrizione a ruolo, in applicazione del comma 3 dell'articolo 48 del d.lgs. n. 546 del 1992. Il pagamento delle somme dovute può essere effettuato anche mediante scomputo di quanto eventualmente già versato dal contribuente in esecuzione dell'atto impugnato.. 25.

(30) BIBLIOGRAFIA. DI PIRRO, La mediazione tributaria, ed. Simone,Napoli, Aprile 2012; BATTISTONI FERRARA, Conciliazione giudiziale: come, quando perché, in Boll. Trib., 1996; CARINCI, La riscossione provvisoria e l’acquiescenza dopo l’introduzione del reclamo, in Corr. Trib., 2012; BRUZZONE, L’anticipazione dei motivi del ricorso al reclamo, in Corr. trib. 2012; CIRC. n.22/E del 11 giugno 2012, Agenzia delle entrate; CIRC. n. 9/E del 19 marzo 2012 Agenzia delle entrate; CIRC. n. 33/E del 3 Agosto 2012, Agenzia delle entrate; CIRC. n. 291/E del 18 dicembre 1996, Agenzia delle entrate; CIRC. n. 98/E del 23 aprile 1996, Agenzia delle entrate; BUSCIO, L’ambito di operatività del reclamo e della mediazione: limiti oggettivi, soggettivi, quantitativi, Corr. trib., 2012; ALIANO, Reclamo e mediazione tributaria, ed. Experta, 2012; DI PAOLA, Reclamo e mediazione nelle controversie tributarie, ed. Maggiolini Editore, 2012.. 26.

(31) CAPITOLO TERZO. 3.. 3.1. LA MEDIAZIONE. La proposta di mediazione del contribuente. Come prevede il comma sette del’art. 17- bis del d.lgs 546 del 1992 “il reclamo può contenere una motivata proposta di mediazione, completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa.” Spetta al contribuente in prima battuta l’onere di proporre una rideterminazione della pretesa. La legge non delinea con chiarezza il contenuto e lo svolgimento della fase di mediazione; richiede però che la proposta del contribuente sia “completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa”. La proposta del contribuente è chiaramente proposta come facoltativa, a differenza di quella formulata dall’amministrazione di cui parleremo in seguito. Il criterio sotteso alla proposta del contribuente è assimilabile, nella logica e nel contenuto, all’istanza di accertamento con adesione o all’istanza di conciliazione giudiziale, perché mira a ottenere una riduzione della pretesa fiscale sulla base di ragioni attinenti al ‘merito’ della stessa (ossia ai suoi profili sostanziali), anche diverse e ulteriori rispetto a quelle poste a fondamento del reclamo. Il reclamo (come il ricorso o l’istanza di annullamento in autotutela) può infatti essere giustificato da soli vizi di forma del provvedimento amministrativo, inidonei a sorreggere una proposta di mediazione, o da vizi sostanziali idonei a determinare l’annullamento totale del provvedimento stesso. La proposta di mediazione dovrebbe invece interessare soprattutto le controversie aventi ad oggetto provvedimenti che accertano in via presuntiva la base imponibile, e ben si prestano a una “rideterminazione dell’ammontare della pretesa”, a riguardo si pensi agli accertamenti di maggior valore, agli accertamenti sintetici o a quelli basati su coefficienti medi di redditività29. Possiamo affermare che non sempre i motivi del reclamo sono gli stessi della mediazione. Il reclamo eccepisce vizi sia formali che sostanziali, che inficiano la bontà dell’atto, la mediazione invece non si instaura su vizi. 29. In tal senso G. SEPIO, La proposta di mediazione da parte del contribuente e limiti del reclamo, in Corr. Trib., 2012.. 27.

(32) formali. Appare infatti importante distinguere, i motivi di reclamo (idonei a convertirsi in motivi di ricorso) dalle ragioni poste a base della proposta di mediazione e chiarire che queste ultime non interferiscono con i primi e non sorreggono alcuna domanda di annullamento (da rimettere, in ipotesi di conversione del reclamo in ricorso, all’esame del giudice tributario). Il contribuente può ad esempio presentare reclamo per ottenere l’annullamento totale o parziale dell’avviso di accertamento, e proporre contestualmente una mediazione che comporti l’accettazione di uno (o di alcuni) dei rilievi formulati dall’ufficio con conseguente rideterminazione della pretesa in misura maggiore di quella che deriverebbe dal parziale annullamento della rettifica: senza che la proposta di mediazione possa essere intesa come parziale acquiescenza al provvedimento e, per questo, inficiare in parte il reclamo30. La proposta di mediazione deve essere contestualmente effettuata con l’istanza di reclamo e rischia di togliere forza al reclamo stesso, riducendo il reclamo a traghettatore della proposta di mediazione31. In concomitanza con la presentazione dell’istanza di mediazione, il contribuente può richiedere la sospensione dell’esecutività dell’atto. La sola presentazione del reclamo, non comporta la sospensione automatica dell’atto impugnato. Per quanto riguarda la sospensione giudiziale dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 47 del d.lgs. n.546 del 1992 può essere richiesta alla Commissione tributaria provinciale solo in pendenza di controversia giurisdizionale, quindi, l’istanza di sospensione giudiziale non può essere proposta prima della conclusione della fase di mediazione. In ogni caso, ai sensi dell’articolo 2-quater, comma 1-bis d.l. 30 settembre 1994, n. 564, convertito con modificazioni dalla legge 30 novembre 1994, n. 656, è previsto che “Nel potere di annullamento o di revoca di cui al comma 1 deve intendersi compreso anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato”. Stante la funzione cui è preordinato il procedimento di mediazione, il contribuente può chiedere la sospensione della esecutività dell’atto ai sensi dell’articolo 2-quater, comma 1-bis del d.l. n. 564 del 1994, che sicuramente è di più facile applicabilità, rispetto all’art. 47 del d.lgs. n.546 del 1992. In altri termini, anche nell’ambito del procedimento amministrativo disciplinato dall’articolo 17-bis del d.lgs. n. 546 del 1992, per sua natura funzionale al riesame ed. 30 31. Si veda M.BRUZZONE, L’anticipazione dei motivi del ricorso al reclamo, in Corr. Trib., 2012. Si veda B.BELLÉ, Mediazione e reclamo: due istituti inutili, Riv. dir. trib., 2012.. 28.

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