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ELEMENTI DI REOLOGIA 1.1 Concetto generale di viscoelasticità

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C a p i t o l o 1

ELEMENTI DI REOLOGIA

1.1 Concetto generale di viscoelasticità

Lo studio dei materiali è basato su un approccio di tipo assiomatico, ovvero la loro classificazione avviene dopo aver ipotizzato il comportamento meccanico sotto varie condizioni di carico.

Il comportamento meccanico di un materiale è descritto da una equazione costitutiva che lega tra loro il tensore degli sforzi e una misura della deformazione del materiale stesso.

I solidi hanno tutti una proprietà in comune che è quella di avere una forma propria che essi tendono ad assumere non appena cessa l’azione di forze esterne.

Tra i corpi solidi si può distinguere il caso particolare del solido elastico per il quale vale la legge di Hooke di proporzionalità diretta tra sforzo e deformazione, la costante di proporzionalità è detta modulo elastico (tangenziale).

γ G

τ = ⋅ (1.1)

figura (1.1)

modello meccanico elementare per la rappresentazione di un solido elastico γ(t)

G τ(t)= ⋅

(3)

2

I liquidi al contrario dei solidi non hanno forma propria, gli sforzi interni non dipendono dalla deformazione (non definibile non esistendo una forma propria) bensì dalla velocità di deformazione cioè dalla velocità di variazione della forma.

Tra i corpi liquidi si può distinguere il caso particolare del liquido newtoniano per il quale gli sforzi interni possono essere considerati direttamente proporzionali alla velocità di deformazione.

La costante di proporzionalità è detta viscosità

γ η

τ = ⋅& (1.2)

E’ quindi possibile immaginare, tra i materiali a densità costante, una classe che abbia un comportamento intermedio tra il più generale dei solidi, dove lo sforzo dipende in modo qualunque dalla deformazione, e il più generale dei liquidi, per i quali lo sforzo dipenda in maniera generale dalla velocità di deformazione; tale classe è quella dei materiali viscoelastici.

La reologia è lo studio del comportamento meccanico dei materiali viscoelastici, questa parola deriva dal verbo greco ρείν fluire.

Per studiare il comportamento delle sostanze viscoelastiche è necessario introdurre anche il concetto di fading memory ovvero di memoria che diventa sempre più flebile via via che si procede a ritroso nel tempo. I solidi hanno memoria costante, ricordano cioè gli eventi passati indipendentemente dal tempo trascorso. I liquidi ricordano solo l’immediato passato e il loro comportamento dipende dagli eventi presenti ( hanno memoria nulla per il

figura (1.2)

modello meccanico elementare per la rappresentazione di un elemento viscoso lineare

(t) γ η τ(t) = ⋅&

(4)

passato e memoria ferrea per il presente) 1. I corpi viscoelastici rappresentano

una via di mezzo fra questi due casi estremi, essi hanno una fading memory (che svanisce ) ricordano cioè gli eventi passati, ma tendono a dimenticarli col trascorrere del tempo. Eventi trascorsi da un tempo t1, molto minore di t’

detto “ tempo naturale ”, vengono ricordati perfettamente, mentre eventi trascorsi da un tempo t2 molto maggiore di t’ ( ad esempio t2 → - ∞ ) sono

quasi del tutto dimenticati.

Il tempo naturale t’ è una misura della memoria di una sostanza:

per un corpo viscoelastico t’ è un valore finito, per un solido t = ∞ , per un

liquido t’ = 0.

1.2 Viscoelasticità lineare ( linear viscoelasticity LVE )

Il più semplice tipo di comportamento viscoelastico è quello lineare, ovvero quello per il quale vale il principio di sovrapposizione di Boltzmann (ved. par.1.4).

Dal punto di vista sperimentale nella maggior parte dei materiali il comportamento lineare si ottiene con deformazioni o gradienti di deformazione infinitesimi.

L’ equazione costitutiva dice che gli sforzi connessi a deformazione e velocità di deformazione sono additivi.

γ η γ G

τ = ⋅ + ⋅& (1.3)

1.3 Creep e stress relaxation

(5)

4

Il creep è la deformazione continua (dipendente dal tempo) a seguito di uno sforzo applicato costante, la stress relaxation rappresenta la diminuzione dello sforzo in un materiale soggetto ad una deformazione fissa anche essa nel tempo.

creep stress relaxation

figura (1.3) esperimento di creep e di stress relaxation

Le prove di creep misurano l’andamento temporale della deformazione, tolto il carico si può valutare il creep recovery ovvero il ritorno della deformazione nel tempo.

Questo tipo di prova sperimentale è quella preferita per studiare il comportamento viscoelastico lineare a tempi lunghi.

Per un materiale viscoelastico lo strain totale è la somma di tre parti: γ1 e γ2

che rappresentano la deformazione elastica istantanea e ritardata mentre γ3 è

una deformazione permanente non recuperabile dovuta allo scorrimento viscoso.

(6)

Viene definita una grandezza detta cedevolezza (creep compliance) che nel caso di comportamento viscoelastico lineare è indipendente da τ :

3 2 1 0 0 J J J τ γ(t) ) J(t,τ J(t)= = = + + (1.4)

La cedevolezza di equilibrio (equilibrium compliance) Je è definita come il

valore limite della deformazione (per tempi lunghi), e indica, se presente, che il materiale una volta rimosso il carico applicato è in grado di avere recupero totale della deformazione (J3=0). Inoltre, Je permette di classificare un

materiale come solido-viscoelastico (es. polimeri reticolati).

Altri materiali con presenza di scorrimento viscoso (anche a tempi lunghi) sono definiti liquidi-viscoelastici.

Le prove di stress relaxation misurano l’andamento temporale dello sforzo in funzione del tempo su un campione al quale al tempo t = 0 è imposta una deformazione istantanea γ0 poi mantenuta costante.

Per queste prove si può definire una grandezza, detta modulo di rilassamento, (shear relaxation modulus) che nel caso di comportamento viscoelastico lineare è indipendente da γ: 0 0 γ τ(t) ) G(t,γ G(t)= = (1.5)

1.4 Principio di sovrapposizione di Boltzmann

L’ipotesi della viscoelasticità lineare si basa sul principio di Boltzmann che afferma che lo stato di sforzo (di deformazione) di un corpo viscoelastico possa essere determinato dalla conoscenza della sua storia di deformazione (di sforzo). In pratica durante la deformazione viscoelastica dovuta ad uno sforzo

(7)

6

applicato generico, la deformazione totale può essere determinata dalla somma algebrica delle deformazioni dovute a ciascun incremento di carico. Nel caso di creep causato da una serie di carichi a gradino, dall’equazione (1.4)

τ J(t)

γ(t)= ⋅

se si ha un incremento di carico ∆τ1 al tempo t1, la deformazione dovuta a

questo incremento al tempo t è data da:

1 1 1(t) J(t t') ∆τ

γ = − ⋅ (1.6)

Se vengono applicati N incrementi di carico si ha che i contributi alla deformazione totale sono additivi e quindi:

= ∆ ⋅ − = N n n n t t J t 1 ) ' ( ) ( τ γ (1.7)

Generalizzando su un ciclo continuo di carico

' ) ' ( ) ' ( ) ' ( ) ' ( ) (t J t t d t J t t t dt t t ⋅ ⋅ − = ⋅ − =

∞ − ∞ − τ τ γ & (1.8)

Analogamente se si vuole valutare lo sforzo in funzione di una storia di deformazione continua si ottiene:

' ) ' ( ) ' ( ) ' ( ) ' ( ) (t G t t d t G t t t dt t t ⋅ ⋅ − = ⋅ − =

∞ − ∞ − γ γ τ & (1.9)

(8)

1.5 Analisi dinamica in regime oscillatorio (Dynamic

mechanical analysis DMA)

I metodi dinamici in regime oscillatorio permettono di estendere significativamente l’intervallo di caratterizzazione dei materiali e sono i più usati per determinare le proprietà viscoelastiche. Le prove di DMA consistono nell’applicare una deformazione tangenziale (shear strain) sinusoidale con una data pulsazione ω con la conseguente lettura dello sforzo di taglio (shear stress).

Lo shear strain applicato al campione è:

) sin( )

(t =γ0⋅ ω⋅t

γ (1.10)

con γ0 ampiezza della deformazione e ω frequenza. Derivando rispetto al

tempo si ottiene la velocità di deformazione (shear strain)

) cos( )

(t =ω⋅γ0⋅ ω⋅t

γ& (1.11)

se

γ0 è sufficientemente piccolo si può applicare il principio di

sovrapposizione di Boltzmann e dalla equazione (1.9) si ricava uno shear stress sfasato di un angolo δ (phase shift ) rispetto allo shear strain caricato:

) sin(

)

( τ0 ω δ

τ t = ⋅ ⋅t+ (1.12)

Introducendo le grandezze G' modulo di accumulo (storage modulus) e G'' modulo di perdita (loss modulus) definite come:

) cos( ' 0 0 δ γ τ ⋅ = G (1.13)

(9)

8 ) sin( '' 0 0 δ γ τ ⋅ = G (1.14)

si può riscrivere l’equazione (1.12) come:

[

'( ) sin( ) ''( ) cos( )

]

)

(t =γ0 ⋅ G ω ⋅ ω⋅t +G ω ⋅ ω ⋅t

τ (1.15)

il significato fisico di δ è quello della misura del carattere viscoelastico del materiale, i significati fisici dei loss e storage moduli possono essere semplicemente espressi dalla tabella 1.1

solido elastico ideale solido viscoelastico fluido viscoso newtoniano lo stress e lo strain sono

in fase δ = 0

lo stress e lo strain sono sfasati di δ = π/2

' G G=

lo stress e lo strain sono sfasati di 0 < δ < π/2

'' G G=

(tab. 1.1) moduli G

E’ conveniente pensare G'(ω) e G''(ω) come parte reale e parte immaginaria di un modulo complesso G*(ω) indicativo della resistenza globale del materiale alla deformazione:

) ( '' ) ( ' ) ( ) ( ) ( * ω ω ω γ ω τ ω G i G G = = + ⋅ (1.16) 0 ) sin( '' 0 0 = = δ γ τ G ' cos( ) 0 0 0 = = δ γ τ G

(10)

) ( ' ω

G descrive la quantità di energia immagazzinata e rilasciata elasticamente ad ogni oscillazione, G ''(ω)descrive la quantità di energia dissipata in energia termica, associata ad effetti viscosi.

In maniera analoga è definita una cedevolezza complessa (complex compliance) ) ( '' ) ( ' ) ( ) ( ) ( * ω ω ω τ ω γ ω J i J J = = − ⋅ (1.17)

Il rapporto tra l’energia persa e quella immagazzinata in ogni oscillazione è dato dalla tangente dell’angolo di fase (loss tangent):

) ( ' ) ( '' ) tan( ω ω δ G G = (1.18)

Una ulteriore grandezza utile è la viscosità complessa:

η''(ω) i η'(ω) η*(ω)= − ⋅ (1.19) ω G' γ σ η'(ω)= ⋅sin )= 0 0 & (1.20) ω G'' γ σ η''(ω)= ⋅cos )= 0 0 & (1.21) ω η* = G* (1.22)

(11)

10

1.6 Modelli meccanici del comportamento viscoelastico

Il modello di Maxwell è costituito da un elemento elastico ed un elemento viscoso in serie. Tale schematismo potrebbe ben configurare una prova di stress relaxation perché è possibile applicare una deformazione istantanea γ0.

In tale caso indicando con G = 1/J la rigidità della molla, η la viscosità del pistone, λ = η/G il tempo di rilassamento si ha:

figura (1.5) corpo di Maxwell

dalla equazione (1.4) si ricavano il modulo di rilassamento per il modello di Maxwell:

e le grandezze:

equazione costitutiva per il corpo di Maxwell: η τ τ γ( ) 1 (t) (t) G t = ⋅ & + &

prova di stress relaxation:

0 ) 0 ( ) ( γ γ γ t = t = = ) exp( ) ( 0 λ γ τ t = ⋅G⋅ − t ) exp( ) ( ) ( 0 λ γ τ t G t t G = = ⋅ − (1.23) 2 2 2 2 1 ) ( ' λ ω λ ω ω ⋅ + ⋅ ⋅ = G G (1.24) 2 2 1 ) ( '' λ ω λ ω ω ⋅ + ⋅ ⋅ = G G (1.25)

(12)

Il modello di Voigt è costituito da un elemento elastico ed un elemento viscoso in parallelo. Tale schematismo potrebbe ben rappresentare una prova di creep perché è possibile applicare uno sforzo istantaneo τ0.

figura (1.6) corpo di Voigt

dalla equazione (1.5) si ricavano la creep compliance per il modello di Voigt: ⎥⎦ ⎤ ⎢⎣ ⎡ ⋅ = = ( ) 1 exp( ) ) ( 0 λ τ γ t J t t J (1.26) e le grandezze: 2 2 1 ) ( ' λ ω ω ⋅ + = J J (1.27) 2 2 1 ) ( '' λ ω λ ω ω ⋅ + ⋅ ⋅ = J J (1.28)

Gli elementi di Maxwell e Voigt possono essere combinati per ottenere modelli più complessi.

Più elementi di Maxwell collegati in parallelo costituiscono un modello generalizzato che rappresenta uno spettro discreto di tempi di rilassamento, le forze nei vari elementi sono additive si ha quindi il modulo di rilassamento

equazione costitutiva per il corpo diVoigt: ) ( ) ( ) (t t G γ t η η τ γ& = − ⋅ prova di creep: 0 ) 0 ( ) ( τ τ τ t = t = = ⎥⎦ ⎤ ⎢⎣ ⎡ ⋅ = 1 exp( ) ) ( 0 λ τ γ t G t

(13)

12

(

)

[

]

= − ⋅ = N i i λ t i G G(t) 1 exp (1.29)

Utilizzando un sufficiente numero di elementi, questa equazione può descrivere un dato sperimentale di G(t)comunque complesso.

I valori Gi e λi costituiscono lo spettro discreto dei tempi di rilassamento.

Più elementi di Voigt collegati in serie costituiscono un modello generalizzato che rappresenta uno spettro discreto di tempi di ritardo, le deformazioni nei vari elementi sono additive si ha quindi la creep compliance:

(

)

[

]

= + − − ⋅ = N i i i t λ t η J J(t) 1 exp 1 (1.30)

I valori Ji e λi costituiscono lo spettro discreto dei tempi di ritardo.

Se il numero di elementi di Maxwell tende all’infinito, si ottiene uno spettro continuo di rilassamento H(λ). In uno spettro continuo il contributo infinitesimo Hdλ al modulo di rilassamento è dato dai λi nell’intervallo (λi,

λi+d λi ). In pratica H(λ) indica la percentuale di elementi che hanno un tempo

caratteristico nell’intervallo considerato. Si può anche utilizzare una scala logaritmica, considerando quindi gli intervalli (ln λi, ln λi+d lnλi ), da cui:

[

exp( )

]

(ln ) ) ( ) (t H λ t λ d λ G =

∞ ⋅ − ⋅ ∞ − (1.31)

Con riferimento alle proprietà dinamiche, se si discretizza H(λ) con l’ausilio di un numero finito N di elementi di Maxwell, si ottiene:

( )

( )

= + ⋅ = N i i i i G G 1 2 2 1 ) ( ' ωλ ωλ ω (1.32)

(14)

( )

= + ⋅ = N i i i i G G 11 2 ) ( '' ωλ ωλ ω (1.33)

Il calcolo dei G e i λi può essere fatto a partire da una curva sperimentale di G(t), ma e’ un problema matematico mal condizionato, per la soluzione del quali sono comunque disponibili dei software come RSI Orchestrator (Rheometric Scientific ).

La procedura per ottenere G'(ω) e G ''(ω)si ripete per J'(ω) e )

( '' ω

J considerando un numero infinito di elementi di Voigt in serie dai quali si ottiene lo spettro continuo dei tempi di ritardo L(λ).

1.7 Principio di sovrapposizione tempo-temperatura

(time-temperature superposition TTS)

Il principio di sovrapposizione tempo-temperatura (time-temperature superposition TTS) concerne la possibilità di correlare il tempo e la temperatura nelle prove di viscoelasticità. Una equivalenza tra tempo e temperatura può comprendersi con un esempio: se un materiale viscoelastico ha comportamento gommoso in certe condizioni di prova, può essere indotto ad avere un comportamento vetroso sia riducendo la temperatura che aumentando la frequenza di prova.

Un materiale per cui è valido il TTS è detto termoreologicamente semplice. Applicando tale principio è possibile visualizzare, su una singola curva del comportamento del materiale, un intervallo più ampio di tempo (o frequenza) di quanto sia possibile usando una sola temperatura.

La teoria afferma che la temperatura influenza il modulo di rilassamento in due modi:

(15)

14 ) ( ) (T aT i T0 i λ λ = ⋅ (1.34)

dove aTè funzione di T con aT(T0) = 1

inoltre: 0 0 0) ( ) ( ρ ρ ⋅ ⋅ ⋅ = T T T G T Gi i (1.35)

si può riscrivere il modulo di rilassamento per il modello di Maxwell generalizzato equazione (1.29) come:

[

]

{

}

= ⋅ − ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = N i i T i T t a T G T T T t G 1 0 0 0 0 ) ( / exp ) ( ) , ( λ ρ ρ (1.36) posti: ρ ρ ⋅ ⋅ ⋅ ≡ T T T t G t Gr( ) ( , ) 0 0 (1.37) T r a t t (1.38) si può scrivere:

[

]

= − ⋅ = N i i r i r r t G T t T G 1 0 0) exp ( ) ( ) ( λ (1.39)

questa equazione dice che se Gr è tracciato in funzione di tr i valori presi a

diverse temperature dovranno cadere sulla stessa curva, detta master curve, di quelli presi alla temperatura di riferimento T0 .

(16)

La funzione aT, detta shift factor (orizzontale), può essere ottenuta come

traslazione orizzontale necessaria per portare i dati da una generica temperatura T su quelli della curva alla T0 (temperatura di riferimento).

L’andamento con la temperatura di aT è empiricamente interpolato tramite

due equazioni, la Williams-Landel-Ferry (WLF) 2 valida in genere per

Tg < T < Tg + 100 °C, 0 2 0 1 ( ) ) log( T T c T T c aT − + − ⋅ − = (1.40)

dove c1 e c2 sono costanti e l’equazione di Arrhenius, valida per T < Tg

⎟⎟ ⎠ ⎞ ⎜⎜ ⎝ ⎛ − ⋅ = 0 1 1 ) log( T T R E a a T (1.41)

la grandezza bT (dalla equazione 1.35),

ρ ρ ⋅ ⋅ = T T bT 0 0 (1.42)

corrispondente allo shift verticale.

1.8

Teorie della viscoelasticità non lineare

Scritta l’equazione costitutiva del modello viscoelastico lineare (in forma tensoriale) mediante il principio di sovrapposizione di Boltzmann (1.9)

( )

(

) ( )

∞ − ⋅ ⋅ − = t dt t t t G t ' γ ' ' τ & (1.43)

(17)

16

si possono considerare varie forme del funzionale G

(

t't

)

.

Ad esempio si riscrivono in forma tensoriale i modelli di Maxwell semplice e generalizzato già visti da (1.23) e (1.29):

1.8.1 Modello della viscoelasticità quasi-lineare (finite linear

viscoelasticity FLVE)

Il primo passo per allontanarsi dalla linearità è quello di introdurre uno strain finito ( non più infinitesimo come nella normale teoria lineare). Si può scrivere una generica equazione costitutiva con un funzionale “ memory” m

(

t't

)

:

Si introducono due valori delle deformazioni il tensore di Cauchy C( tt, ')e il tensore di Finger C1( tt, ') con t tempo alla configurazione di riferimento e t’

tempo al quale sono valutati lo stress e lo strain 3.

Tali tensori nel caso particolare dello shear stress sono definiti come:

( )

( )

∞ − ⋅ ⋅ − − ⋅ = t G t t t dt t exp( ) ' ' ' γ τ & λ (1.44)

( )

∫ ∑

( )

∞ − = ⋅ ⋅ ⎪⎭ ⎪ ⎬ ⎫ ⎪⎩ ⎪ ⎨ ⎧ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ − ⋅ = t N i i i t dt t t G t exp( ) ' ' 1 ' γ τ & λ (1.45)

( )

(

) ( )

∞ − ⋅ ⋅ − = t m t t t t dt t ' γ , ' ' τ & (1.46)

[

]

⎥ ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ − + − − = 1 0 0 0 ) ( ) ' ( 1 ) ( ) ' ( 0 ) ( ) ' ( 1 ) ' , ( t t t t 2 t t t t γ γ γ γ γ γ C (1.47)

(18)

E’ anche utile calcolare gli invarianti scalari del tensore di Finger.

1.8.2 Modello del rubberlike liquid

Se si riscrive l’equazione (1.46) utilizzando il tensore di Finger si ha:

questa equazione costituisce il modello di Lodge (1956) 4 “rubberlike liquid”.

Si può ricavare la relazione tra la memory function e il modulo di rilassamento applicando uno shear strain a gradino di modulo γ al tempo t = 0 al rubberlike liquid; poiché si ha − (, ')=γ

12 1 t t C si riscrive l’ equazione (1.52)

[

]

⎥ ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ − − − + = − 1 0 0 0 1 ) ( ) ' ( 0 ) ( ) ' ( ) ( ) ' ( 1 ) ' , ( 2 t t t t t t t t γ γ γ γ γ γ 1 C (1.48)

[

]

2 ) ( ) ' ( 3 ) ( ) ( tr t t I1 = −1 = + γ −γ C C (1.49)

{

2

}

[

]

2 ( ) 1 2 ( ) ( ) 3 ( ') ( ) II1 = ⋅ tr1tr1⋅ −1 = + γ t −γ t C C C C (1.50) 1 ) det( ) ( −1 = −1 = C C III (1.51)

( )

(

)

( )

∞ − − ⋅ − = t dt t t t t m t ' C 1 , ' ' τ (1.52)

( )

( )

(

)

(

)

∞ − ∞ − ⋅ − ⋅ = ⋅ ⋅ − = = 0 0 12 t m t t' dt ' m t t' dt ' τ t γ γ τ (1.53)

(19)

18

Si nota che il modulo di rilassamento del rubberlike liquid è indipendente dallo strain. Il rubberlike liquid non è un modello valido per descrivere il comportamento viscoelastico non lineare ma prevede le principali caratteristiche delle prime deviazioni dal comportamento lineare.

Come caso particolare del rubberlike model si può considerare quello della Lodge network theory dove la funzione memoria si può scrivere da (1.55) e (1.29) come

L’equazione costitutiva ( detto upper convected Maxwell model ) è quindi:

1.8.3 Modello BKZ ( Bernstein, Kearsley, Zapas)

Un modello continuo, importante nello sviluppo delle idee più recenti nel campo della viscoelasticità non lineare, è l’equazione BKZ (Bernstein, Kearsley e Zapas (1963)) 5 con equazione costitutiva nella seguente forma :

( )

(

)

∞ − ⋅ − = = 0 ' ' ) (t τ t m t t dt G γ (1.54)

(

)

' ) ' ( ' dt t t dG t t m − = − (1.55)

(

)

(

)

= ⎥⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ − ⋅ = − N i i i i t t G t t m 1 ' exp ' λ λ (1.56)

( )

∫ ∑

(

)

( )

∞ − − = ⋅ ⋅ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ − ⋅ = t N i i i i t t t t dt G t exp ' , ' ' 1 1 C τ λ λ (1.57)

(20)

dove u è un funzionale potenziale dipendente dal tempo:

Molto più utilizzata, in pratica, è però una forma particolare della (1.59) dove il “ kernel” u=u(I,II,tt') è del tipo:

questa approssimazione è conseguenza dell’ osservazione che, per molte gomme reticolate, i dati di stress relaxation possono spesso essere descritti da un relaxation modulus che è il prodotto di un termine dipendente dal tempo e di uno dallo strain. Si può quindi riscrivere la (1.58) come:

questa equazione costituisce il modello BKZ fattorizzabile.

1.8.4 Equazione di Wagner e damping function

Ulteriori generalizzazioni del modello BKZ, mantenendo la semplice formulazione integrale (tipo 1.43), modificano le caratteristiche della memory function permettendogli di dipendere da qualche altra grandezza riguardante il

( )

, ' 2

( )

, ' ' 2 t t dt II u t t I u t ⋅ ⎥⎦ ⎤ ⎢⎣ ⎡ ∂ ∂ ⋅ − ⋅ ∂ ∂ ⋅ =

∞ − −1 C C τ (1.58) ) ' , , (I II t t u u= − (1.59) ) , ( ) ' ( ) ' , , (I II t t m t t U I II u u= − = − ⋅ (1.60)

( )

, ' 2

( )

, ' ' 2 ) ' ( t t dt II U t t I U t t m t ⋅ ⎥⎦ ⎤ ⎢⎣ ⎡ ∂ ∂ ⋅ − ⋅ ∂ ∂ ⋅ ⋅ − =

∞ − −1 C C τ (1.61)

(21)

20

processo di deformazione; si è rivelato utile far dipendere la memory function anche dallo strain.

Da un punto di vista matematico, per correlare questo nuovo funzionale con lo strain, si introduce una ulteriore dipendenza dagli invarianti ( del I e II ordine ) del tensore di Finger oltre che da ( t – t’ ); cioè:

Si può scrivere una nuova equazione costitutiva:

Rispetto alla (1.61) si vede che questa equazione è un caso particolare del modello BKZ in cui C= . 0

In maniera analoga a quanto visto in 1.8.3 la memory function è fattorizzabile come:

dove h( III, ) è detta damping function; si può quindi scrivere una nuova equazione costitutiva come:

la (1.65) è detta equazione di Wagner 6, poiché la memory function è

indipendente dallo strain, essa è la stessa determinata negli esperimenti con piccoli strain nel campo della viscoelasticità lineare.

(

)

( )

{

1 1

}

C C− − − =M t t I II M ', ( ), (1.62)

(

)

( )

[

t t',I( ),II

]

(t,t') dt' M t ⋅ ⋅ − = − ∞ − − −

1 1 1 C C C τ (1.63) ) , ( ) ' ( ) ' , , (I II t t M t t h I II M M = − = − ⋅ (1.64) ' ) ' , ( ) , ( ) ' (t t h I II t t dt M t ⋅ ⋅ ⋅ − = − ∞ −

1 C τ (1.65)

(22)

Per uno shear strain di grandezza γ, se la memory function è fattorizzabile, lo shear stress è dato da:

quindi il modulo di rilassamento non lineare è:

dove G(t) è il modulo di rilassamento lineare.

Quando i risultati di un esperimento di step strain sono “separabili” la damping function è un mezzo utile per la rappresentazione dei dati;

si elencano alcuni modelli, proposti per la interpolazione delle damping functions 3

1.9

Funzioni viscometriche

E’ stato già osservato che per un fluido newtoniano si può scrivere l’equazione 1.2 (in forma tensoriale):

G(t) h(γ γ τ(t)= ⋅ )⋅ (1.66) G(t) h(γ ) G(t,

γ

= )⋅ (1.67) Wagner h(γ)= exp(nγ) (1.68)

Osaki h(γ(= a

[

exp(n1γ)

]

+

(

1−a

)

[

exp(n2γ)

]

(1.69)

Zapas 2 1 1 ) ( γ γ ⋅ + = a h (1.70) Soskey h

γ

)=1+a

γ

b 1 ( (1.71)

(23)

22

γ

τ

=

η

&

(1.72)

Sperimentalmente è stato osservato che per alcuni fluidi non-newtoniani la shear viscosity è funzione dello shear rate, ad esempio come in figura (1.7),

figura (1.7)

per bassi valori dello shear rate la viscosità è indipendente da γ& , questo valore della viscosità è chiamato zero-shear viscosity 0η ; tale grandezza è in realtà una proprietà viscoelastica lineare, infatti si può calcolare anche come:

) ( ' 0 lim 0 ω η ω η → = (1.73)

dove η' è la viscosità (dinamica) definita in (1.20).

Nel caso riportato in fig. 1.7 per valori più elevati di γ& si ha un comportamento detto shear thinning, ovvero la viscosità diminuisce al crescere di γ& .

In generale si ha che η non è costante al variare di γ& e si può quindi scrivere un’equazione costitutiva introducendo una generica dipendenza da γ& tipo:

γ ) γ η(

(24)

questa costituisce il modello di un fluido newtoniano generalizzato (GNF). Il modello (1.74) può essere specificato per soddisfare alcuni risultati sperimentali, ad esempio il power-law model che si scrive come:

( )

−1 ⋅ = n γ m ) γ (& & η (1.75)

può descrivere lo shear thinning (e lo shear thickening), infatti, in scala logaritmica:

[ ]

η(γ&) logm

(

n 1

)

log

( )

γ&

log = + − ⋅ (1.75b)

Un’ altra equazione particolarmente “flessibile” utilizzata per interpolare i dati sperimentali è quella di Carreau 7 (a 5 parametri) :

(

)

[

( )

]

a n a γ λ η η η ) γ η( 1 0 1 − ∞ ∞ + − ⋅ + ⋅ = & & (1.76)

(25)

24

Esistono anche relazioni che permettono di ricavare funzioni viscometriche da grandezze lineari.

La più “utile” in questo senso è la regola empirica di Cox-Merz (1958):

) *(ω η ) γ η(& = γ&(1.77)

secondo la quale la viscosità ( in funzione dello shear rate ) è uguale al modulo della viscosità complessa ( in funzione della frequenza ).

L’utilità di questa regola sta nel fatto che nelle prove viscometriche, con strumenti rotazionali, difficilmente si possono raggiungere valori di γ& tanto elevati quanto gli ω raggiungibili in misure dinamiche.

La validità della (1.77), dimostrata per molti polimeri, non è comunque generale.

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1 G. Astarita La reologia dei polimeri. Quaderno Le Scienze n°52 2 Ferry J.D. Viscoelastic Properties of Polymers. New York: Wiley, 1980

3 Dealy J.M, Wissbrun K.F. Melt rheology and its role in plastics processing.

Dordrecht, Netherland: Kluwer Academic Publishers, 1999.

4 A.S. Lodge Trans. Faraday Soc. 52:120 (1956)

5 B. Bernstein, E. Kersey, L. Zapas Trans. Soc. Rheol. 7, 391, 1963 6 M.H. Wagner, Rheol. Acta 18:33 1979

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