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Academic year: 2021

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La Crastan e la pubblicità

Se oggi la Crastan, per conquistare il mercato con prezzi competitivi e ottima qualità, rinuncia a grandi campagne pubblicitarie e promozionali, non si deve pensare che ciò derivi da incapacità o chiusura alle nuove tecniche di comunicazione, e soprattutto, come si vedrà, non è sempre stato così.

L’archivio aziendale, purtroppo ormai perduto, sarebbe stato una fonte fondamentale anche a questo punto della ricerca: erano conservati qui i bozzetti originali dei manifesti disegnati dal pittore-pubblicitario Boccasile negli anni ’30.

Fortunatamente qualcosa è

saltato fuori dai libri e dalle soffitte.

Ai primi del ‘900 erano poche

le aziende, soprattutto di

modeste dimensioni, che

avevano l’accortezza e

modernità di lanciare una campagna pubblicitaria; e in particolar modo erano davvero pochissime quelle che potevano permetterselo. La Crastan era una di queste.

La pubblicità italiana era nata alla fine del XIX sec. in affannosa e disordinata ricerca di uno stile definito, personale, ma soprattutto di livello comparabile con quello che faceva bella mostra di sé nei manifesti d’oltralpe. L’Italia si trovava molto indietro rispetto agli altri paesi europei, e l’unica tradizione in fatto di manifesti era legata alle locandine teatrali, nella quali c’era davvero poco di artistico. Si

Fig. 81- Pubblicità Crastan sulla stampa locale dei primi del ‘900.

(2)

può parlare di pubblicità italiana soltanto con la fine del XIX sec. e l’inizio del XX sec., quando incominciavano a comparire sulle ultime pagine dei giornali piccoli annunci, mentre sui tram a cavallo e sui muri venivano affissi i primi manifesti di nuovo stile e concezione. Proprio i manifesti, nati in Francia nei primi decenni dell’800, contribuirono all’iniziale successo della pubblicità: i cartellonisti vennero celebrati come pittori, decretando “l’artisticità” di questa nuova forma di espressione1. I primi disegnatori arrivavano comunque da una formazione pittorica. Erano veramente pochi quelli che uscivano dalle Officine Ricordi, culla dei pubblicitari Italiani.

La particolarità delle prime pubblicità era che queste si rivolgevano soltanto a una ristretta cerchia di compratori, poiché la maggior parte degli italiani era analfabeta e pochi potevano comprare i prodotti reclamizzati.

Anno dopo anno la pubblicità cominciò ad acquistare consensi e credibilità. Già all’inizio del ‘900 comparirono i primi scritti che trattavano l’argomento, e vennero organizzate mostre a Genova e Milano, anche se allora la parola “pubblicità” era appena nata e non riusciva a sostituirsi facilmente al francese “réclame”2.

I progressi furono tanti e rapidi, e alla fine degli anni Dieci l’iconografia pubblicitaria aveva finalmente perso la simbologia e l’aura classicheggiante, tipiche dello stile liberty, che l’avevano caratterizzata a cavallo del XIX e XX sec., per elevare a protagonisti delle sue immagini uomini e donne veri, che vivevano nel presente e

facevano parte della società consumatrice dei prodotti che

reclamizzavano. 1

G. P. Ceserani,Storia della pubblicità in Italia.,Editori Laterza- Bari, 1988. Pag. 3.

2

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Con l’avvento del fascismo ci fu un ritorno al simbolismo, a immagini di bandiere svolazzanti e sguardi fieri, e l’introduzione di nuove figure, rigorosamente in camicia nera.

Non si può dire che questa fosse una battuta d’arresto per lo sviluppo della comunicazione pubblicitaria, anche perché una delle basi che sorreggevano il regime fascista era proprio la propaganda, e il suo sapiente uso, ma la pubblicità non fu più libera di dare sfogo alla sua espressività e si dovette adeguare alle circostanze. Mussolini divenne protagonista indiscusso di manifesti che lo ritraevano in mille atteggiamenti e situazioni diverse, scriveva slogans e coniava nuovi termini, cercando di vendere il suo prodotto, la sua figura di capo e Duce, ai consumatori italiani3.

L’apertura a Milano, nel 1928, di una filiale della agenzia

pubblicitaria americana Erwin Wasey segnò un passo molto

importante per la pubblicità italiana. I cartellonisti, in cerca di un rinnovamento della loro professione, cominciarono a guardare con interesse i paesi stranieri, e soprattutto gli Stati Uniti. Seguendo l’esempio degli americani furono fondate anche in Italia agenzie pubblicitarie, riordinando il settore in una struttura più definita4.

Negli anni ’30 la pubblicità italiana girava tutta intorno alla esaltazione dei prodotti della patria, seguendo il progetto autarchico imposto dal regime5.

Con la fine della seconda guerra mondiale l’Italia visse un periodo di forti cambiamenti, che culminarono con il boom economico degli anni ’50. 3 IVI. Pagg.55-62. 4 IVI. Pagg. 104-129. 5 IVI. Pagg. 130-143.

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La pubblicità si sviluppò ulteriormente e riacquistò appieno quella libertà di espressione che aveva perso dai primi anni ’20.

In questi anni si fecero conoscere le tecniche pubblicitarie americane, e il marketing, e ciò mutò il modo di fare pubblicità; adesso ci si basava su leggi rigide e precise, basate su indagini e test.

Cambiarono anche i prodotti reclamizzati, e i poster vennero invasi da cucine economiche, detersivi, lavatrici, auto, diventati ormai prodotti alla portata della maggioranza degli italiani.

Agenzie straniere si aggiunsero alle italiane, portando con sé culture e abitudini diverse6.

La pubblicità era finalmente diventata un messaggio rivolto a tutti.

E’ importante sottolineare il fatto che l’azienda Crastan si sia affidata alla pubblicità assai così precocemente rispetto al boom degli anni ’50 del ‘900, con piena fiducia nel nuovo sistema di propaganda dei propri prodotti, ma soprattutto scegliendo, per la ricerca di una immagine accattivante da offrire ai clienti, due dei migliori illustratori del panorama pubblicitario italiano: Mauzan e Boccasile.

Il primo, già rinomato alla fine degli anni ’10, come uno dei fondatori della pubblicità italiana7, disegnava non soltanto per la Campari8 e per molte altre aziende dai prodotti più svariati (Ciprie Bertelli, Pasta dentifricia Kaliklor, Profumi Tosi), ma addirittura per

6

IVI. Pagg. 147-152.

7

G. L. Falabrino,Effimera e Bella. Storia della pubblicità italiana, Silvana Editoriale, Milano, 2001. Pag. 66.

8

IVI. Pubblicità del 1928, di Mauzan, che sfrutta la sorpresa dell’anacronismo: un gentiluomo del ‘700, incipriato e imparruccato, beve un bicchiere di Bitter Campari con 100 anni di anticipo sull’inizio della produzione! Pag. 88.

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lo Stato. E’ assai noto il manifesto del 1917, in cui un soldato, con il dito puntato, inneggiava al prestito di guerra.

Mauzan, negli anni ’20, era entrato a far parte della neonata agenzia pubblicitaria Maga, destinata a diventare la più grande di tutta Italia, per poi uscirne, pochi anni dopo, per aprirne una personale.

Se Mauzan, pur disegnando bellissime immagini, seguiva i costumi del tempo, senza particolari innovazioni, a creare scandalo ci pensava Boccasile, più volte tentato dal nudo.

Boccasile nacque a Bari nel 1901 e dopo essere emigrato in Argentina a Francia finalmente, alla metà degli anni ’30, gli si presentò una grande occasione in Italia: disegnare le copertine del nuovo periodico Mondadori, “Le Grandi Firme”.

Su queste copertine fecero la loro prima comparsa le bellissime e formose ragazze che avrebbero distinto la sua produzione, ma che gli costarono la censura fascista, dopo la quale accanto ad ogni donna fece la sua comparsa un accompagnatore. Le donne di Boccasile, così indipendenti e sfacciate erano una minaccia per la figura femminile che il regime cercava di affermare9.

Nel 1941 egli presentò la pubblicità per il Sapone Oliveol10, in cui una madre con un bambino, erano entrambi coperti soltanto da foglie di olivo, ma l’esempio più clamoroso della sua produzione, e anche più rappresentativo del suo modo di lavorare è la storica pubblicità realizzata per i prodotti di bellezza Paglieri (1946), dove una ragazza, a seni scoperti, usciva fuori da un festone di fiori, come un simbolo, con la sua bellezza e la sua gioia, della pace ritrovata dopo i cupi anni

9

G. P. Ceserani, Op. Cit. Pagg. 135-136.

10

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di guerra11. Naturalmente, nonostante l’immagine fosse apprezzata dai più, fu prontamente coperta con una collana di fiori, palesemente posticcia. Boccasile aveva osato troppo, anche per chi aveva salutato con gioia la fine della censura fascista.

L’artista tornò pazientemente alle sue figure di donne dalle gambe lunghissime e ammiccanti, che lo avevano lanciato nel mondo della pubblicità.

Possiamo dire che il suo talento di illustratore fosse stato scoperto dalla Ditta Campari, sempre attenta alle ultime tendenze figurative, alla continua ricerca di nuovi e rivoluzionari talenti, per la quale Boccasile disegnò un manifesto con una pattinatrice.

Le donne, sempre più spesso protagoniste della vita pubblica, diventano, negli anni ‘30 e ’40, anche i soggetti preferiti delle pubblicità.

Il primo decennio fascista aveva visto una rivoluzione, senza precedenti, del costume europeo e delle cultura comune. Si erano diffusi i nuovi miti sportivi del calcio e del ciclismo, ma soprattutto della velocità, che finalmente stava diventando alla portata dei più, con la motocicletta e l’auto, e che affascinava con il volo degli aerei. Coerentemente con questo clima troviamo una pubblicità di Mauzan del 1925, realizzata per la casa automobilistica Isotta Fraschini, nella quale un’auto si affianca a una ormai superata carrozza, quasi fiabesca12.

Boccasile non si lasciò certo sfuggire l’ultima icona della modernità e fu uno tra i primi che, nel 1935, mise al volante di una Fiat 1500, una donna. Nel suo manifesto, la guidatrice, a fianco della sua auto, scruta 11

G. L. Falabrino, Op. Cit. Pagg. 168-169.

12

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con un binocolo il volo di un aereo. Gli aerei, massimo esempio della velocità futurista e figura ricorrente nella pubblicità, tornano, più tardi, nelle immagini del pittore, ma sotto forma di uccello dalle

grandi ali, disegnato per il manifesto delle Linee Aeree

Intercontinentali Italiane S.A. (1940)13.

Le immagini di donne piuttosto misurate di Mauzan, eccetto forse la seducente protagonista della pubblicità dello spumante Beccaro14, si contrappongono alle donne “moderne” di Boccasile. Pattinatrici, bagnanti15, guidatrici, tenniste16, esploratrici17, spesso poco vestite, animano le sue illustrazioni, rivelando la differenza di età e di formazione dei due pittori.

Non si può certo dire che la campagna pubblicitaria della Crastan fosse stata affidata a due sprovveduti, e certo sprovveduti non furono davvero i Crastan, che invece, mostrano una grande conoscenza della comunicazione pubblicitaria e hanno la capacità di scegliere quali fossero i protagonisti del momento.

Mauzan, secondo quanto emerge dal catalogo completo delle sue opere18, è stato il primo a collaborare con la ditta pontederese, disegnando un manifesto e un calendario per l’anno 1927.

13

IVI. Pag. 124.

14

G. P. Ceserani, Op. Cit. Pag. 42.

15

G. L. Falabrino, Op. Cit. Pag. 118.

16

IVI. Pubblicità del 1930 per il Torneo Internazionale di Tennis di San Remo. Pag. 136.

17

IVI. Pubblicità per l’Amaro Ramazzotti, 1936. Pag. 141.

18

M. Carnevale-Mauzan,Achille Mauzan. 1883-1952. l’oeuvre complet. (catalogue raisonnè), Gieres (Fr), 2001.

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Figg. 82, 83- Manifesto e calendario di Mauzan per Caffeol.

Protagonista del manifesto è una donna, che , in abiti da primo ottocento, mostra sorridente i prodotti Crastan.

L’immagine è piuttosto rigida, ma comunque convincente: un sorriso soddisfatto vale più di mille parole o movenze!

La stessa soddisfazione compare sul volto della donna che osserva la teiera fumante nell’illustrazione del calendario. In questo caso il disegno vive, e la mano che solleva il coperchio della teiera sembra quasi invitare all’assaggio.

Queste donne sono entrambe vestite con abiti semplici, come per voler rimarcare che non importava essere signori per poter gustare una buona bevanda calda, anche se il caffè o il meno diffuso the non erano alla portata di tutte la tasche.

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C’è un altro elemento interessante: nel 1921, Mauzan aveva disegnato anche per

l’azienda Setmani, altra produttrice di

surrogato di caffè, concorrente della Crastan. Il manifesto dedicato alla Setmani si diverte con un gioco di parole: raffigura sette mani di donne, cinque delle quali sollevate verso la teiera, che le altre due inclinano per versarne il contenuto nelle eleganti tazzine decorate19. Anche in questo caso protagoniste sono le

donne, con le loro mani affusolate ed aggraziate. Si potrebbe quasi immaginare la scena: un incontro tra amiche, in un salottino, per fare due chiacchiere sorseggiando qualcosa di caldo.

Un tono diverso hanno le immagini di Boccasile.

Nelle tre illustrazioni dei primi anni Trenta, di cui un collezionista ha regalato le copie all’azienda, si respira aria di terre lontane e momenti di svago. Il manifesto per il Moretto, del 1936, ci porta dritti in Africa.

Un bambino, circondato da fichi d’india e sorvegliato da un sonnacchioso cammello tiene in braccio delle scatole di Moretto, mentre dietro di lui, c’è già chi ha pensato di prepararne una teiera.

L’iconografia è tipica di quelle pubblicità che ebbero molto successo e diffusione dopo la crisi del 1929. A

19

IVI.

Fig. 84- Mauzan per Setmani.

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quell’epoca il regime cercò nuovi sbocchi economici, ma anche distrazione dai problemi dell’Italia, nell’espansione coloniale. L’Italia fu letteralmente invasa da immagini che richiamavano l’attenzione sulle nuove colonie, ed esaltavano l’operato dell’esercito italiano mobilitato per la loro conquista.

L’Africa era il soggetto preferito non solo dalla propaganda fascista, ma da tutta la pubblicità, che sfruttava i paesaggi esotici e i loro abitanti come testimonial per prodotti che spesso non avevano niente a che fare con questi paesi20.

Nel manifesto per il Moretto l’artista ha abbandonato per un attimo le sue affascinanti donne, che però tornano ad essere prime attrici nella pubblicità e nel calendario Caffeol.

Figg. 86, 87- Manifesto e calendario di Boccasile per Caffeol.

Il manifesto, del 1930, ha come tema una giornata al mare. I protagonisti sono un ragazzo e una ragazza, seduti sulla scogliera, che si rilassano al sole sorseggiando Caffeol. In primo piano, la ragazza,

20

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vestita di chiaro, mostra le sue lunghe gambe e le braccia scoperte, protese in avanti per versare la bevanda, mentre dietro di lei il ragazzo, in canottiera semitrasparente, sorride. Sul fondo due vele danno un ulteriore senso di freschezza e spensieratezza all’immagine, tutta giocata sui toni dell’azzurro e del crema.

Per l’immagine del calendario del 1941, Boccasile ha invece prediletto un primo piano di una donna, con un cappuccio di pelliccia all’esquimese. A dare colore alla figura ci pensano il vivace rossetto, che spicca sul sorriso bianchissimo, e lo smalto rosso della donna, che riprendono il colore della tazza che tiene in mano.

Secondo Boccasile la donna moderna e sorridente beve senza dubbio Caffeol, in tutte le stagioni!

Anche se ci possiamo basare solo sulle poche immagini che sono rimaste, possiamo affermare che i manifesti pubblicitari Crastan siano un esempio dei piccoli capolavori di pittura che campeggiavano sui giornali e sui muri del primo novecento, prima che la fotografia facesse il suo ingresso, prima timido, naturalmente in una pubblicità Campari21, poi, dagli anni Quaranta, sempre più dilagante.

Il nome Crastan poteva raggiungere le famiglie dei clienti, e non, direttamente a casa, non soltanto grazie ai calendari omaggio, ma anche per posta, con le cartoline pubblicitarie stampate con i disegni dei prodotti.

Ne abbiamo trovate due. La prima, del 1919, stampata su carta azzurra, è molto semplice. Il marchio Crastan fa bella vista di sé in alto a destra, mentre maggior rilievo è dato al nome della ditta, collocato in alto, al centro, proprio sopra l’indirizzo del destinatario.

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Piccole decorazioni liberty sottolineano ed evidenziano la parte scritta, in cui compaiono anche i nomi di alcuni prodotti.

Figg. 88, 89- Cartoline postali pubblicitarie della ditta Crastan.

L’altra, del 1940, più razionalista, punta, però, su una caratteristica della pubblicità più moderna: non c’è più il nome scritto del prodotto, ma direttamente l’immagine della sua confezione. L’importanza del colpo d’occhio e del riconoscimento del Caffeol, da parte del cliente, fa passare addirittura in secondo piano il nome della ditta, scritto a piccoli caratteri sopra la figura. Spazio è dato anche alla descrizione dei diversi formati in cui viene impacchettato il surrogato, per evidenziarne la praticità di acquisto ed utilizzo. Era il nome del prodotto e il suo apprezzamento che decretava l’importanza del marchio Crastan.

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La copia delle cartoline che è stata trovata purtroppo non riporta l’altra faccia, dove è scritto il messaggio per il destinatario. Forse si sarebbe potuto scoprire di più di questa pubblicità postale, che da Pontedera raggiungeva Modena e Belluno, portando con sé il

gusto della cicoria Crastan.

Gli omaggi ai clienti non si limitavano soltanto ai calendari. Oltre a piccole palette per

alimenti, in plastica e

stampate con il marchio “cicoria Caffeol”, utili per

il dosaggio delle

confezioni più grandi di

prodotto, numerose sono le scatole di latta, di diverse dimensioni, che contenevano il prodotto al momento della vendita, ma che si prestavano ad essere conservati per gli usi più disparati. Le decorazioni, infatti, le rendevano piacevoli oggetti da tenere in casa e, magari, da collezionare. La Crastan era presente nelle case degli italiani non soltanto a colazione o dopo pranzo!

L’azienda ne ha ritrovate due, mentre l’altra, la più grande, faceva capolino tra le mille cianfrusaglie dei mercatini domenicali. Datare questi bei contenitori non è semplice, poiché il ricordo è rimasto, ma sfumato dal tempo e dalle numerose versioni con cui questi si sono presentati ai clienti. Si può però ipotizzare, osservandone le decorazioni e le immagini riportate, che risalgano alla metà del XX secolo.

Fig. 90- Palettina in plastica con il marchio “Cicoria Caffeol”.

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Come si vede

dall’immagine n°90,

una delle due scatole più piccole pubblicizza

i maggiori prodotti

Crastan: Moretto,

Bricco e Caffeol. Forse è la più vecchia, perché

riprende, con poche

variazioni, l’immagine già attribuita a questo prodotto da Boccasile nel suo manifesto, ritagliando la figura del bambino africano che abbraccia e mostra le sue scatole di Caffeol, su di uno sfondo giallo chiaro, su cui scorrono i nomi dei tre prodotti.

Sul lato è disegnata la confezione del Caffeol, e nominata la ditta Crastan. Sicuramente, secondo quanto sappiamo della produzione della ditta, la scatola è successiva alla seconda guerra mondiale, perché nomina il Bricco, un surrogato di caffè prodotto dopo il conflitto.

L’altra scatola

pubblicizza soltanto il Moretto, ma, pur non

cambiando soggetto,

abbandona la pubblicità

grafica. La foto in

bianco e nero di un

bambino, affiancata

dalla scritta “Olandese

Fig. 91- Scatola “Moretto, Bricco, Caffeol”.

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Moretto”, domina il coperchio rosso, mentre i lati più lunghi del contenitore, bianchi, mostrano un girotondo di bambini sorridenti. Forse si può pensare a un rinnovamento, a un revival, dell’immagine storica del Moretto, attualizzata grazie alla fotografia. A parte il nome sul coperchio, infatti, non compare assolutamente l’immagine del prodotto, segno che ormai bastava il nome e il piccolo africano a ricordare la bevanda.

La scatola più grande, purtroppo in condizioni di conservazione peggiori delle altre, riporta il marchio Caffeol e Moretto.

Sul coperchio, in simpatici

caratteri stilizzati e

tondeggianti, sono

riportati, dentro un

quadrato nero e un

rettangolo rosso, il nome

dell’azienda, “Figli di

Luzio Crastan Pontedera”,

e i prodotti che la

caratterizzano, “Surrogati del Caffè”. Sui lati corti del contenitore sono invece disegnate le confezioni di Caffeol e, sul lato opposto, del Moretto. Tutto il resto del contenitore è decorato con i nomi dei due prodotti, in rosso e blu su uno sfondo giallo chiaro, più probabilmente color crema all’origine.

Le figure possono aiutare a datare la scatola: l’immagine del Caffeol ha in bella vista un bollino in cui si celebra la medaglia d’oro ricevuta dall’azienda per i sessanta anni d’esercizio. Questo significa che la

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scatola potrebbe essere stata prodotta intorno al 1930, o comunque non prima.

Questi contenitori erano quasi sicuramente destinati ai bambini, magari per conservare i giochi, visto che un altro degli omaggi consisteva in un quadernetto stampato, già pronto ad ospitare battaglie navali sferrate a colpi d’inchiostro22. Questo piccolo blocco sembra proprio fatto apposta per entrare in una delle scatole.

Figg. 94, 95, 96- Il gioco della Battaglia Navale.

Ogni pagina riportava uno schema di gioco con due tabelle, due mari, su cui disegnare la proprie navi e gli attacchi al nemico.

Le pagine avevano un lato tratteggiato, per poterle facilmente staccare, ma soprattutto per far si che il gioco non finisse dopo una battaglia: una volta usata la prima bastava strapparla e ricominciare con la seguente.

22

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Per chi era alle prime armi, o per chi non si fidava dell’onestà dell’avversario, arrivava in soccorso la pagina delle “norme per il giuoco”, stampata in un elegante corsivo.

Su ogni schema, naturalmente, campeggiava in azzurro la pubblicità del Caffeol, che ricordava chi ringraziare per il gioco inaspettato.

Anche per questo omaggio risalire ad una data di produzione non è semplice, ma si può ipotizzare che il gioco della battaglia navale sia dei primi anni ‘40, soprattutto se si osserva lo stile e la grafia della pagina delle regole.

Con il passare del tempo non solo i prodotti si sono adeguati al cambiamento dei gusti e delle mode, ma anche i regali che la Crastan faceva ai suoi clienti più affezionati; ecco allora comparire, insieme alle scatole di surrogati, tovaglie di plastica, vassoi, asciughini per la

cucina, grembiuli, figurine, pennarelli e perfino pappagalli,

naturalmente in plastica.

Alcuni di questi omaggi venivano prodotti all’interno dello

stabilimento, che si era dotato di macchinari appositi, per esempio per la fabbricazione di tovaglie di plastica colorata, mentre altri arrivavano da aziende esterne, come i pupazzetti a forma di pappagalli23.

Considerato che all’interno dell’azienda era presente anche una tipografia, necessaria per la stampa delle etichette, si può pensare che, forse, proprio lì sia stato stampato il libretto della battaglia navale, secondo la politica di autosufficienza da sempre perseguita dalla ditta.

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Molto interessanti sono anche le etichette dei prodotti, sempre ricche di decorazioni e immagini, che spesso

riportano in bella vista il timbro dell’azienda, garanzia di qualità, ma soprattutto di originalità del prodotto. Insieme alla firma del timbro in alcune

si trova l’avvertimento:

“STIMATISSIMA SIGNORA! Voglia esigere la nostra firma perché le nostre marche si trovano spesso imitate.”. Il rivolgersi direttamente alla cliente è

un ulteriore passo avanti per la comunicazione pubblicitaria. I Crastan sapevano che la maggior parte delle persone che facevano la spesa e si indaffaravano dietro ai fornelli erano donne, e proprio a loro si rivolgevano gli slogan, con frasi dirette, ma piene di reverenza. Come si poteva ignorare una prodotto che, solo perché lo preferivi ad altri, ti apostrofava con un elegante e signorile “Stimatissima signora!”?.

Fig. 98- Particolare dell’etichetta precedente, con l’avvertimento per la cliente.

La necessità sentita dall’azienda di inserire un avvertimento del genere sulle scatole dei propri prodotti è un segno evidente che i surrogati Crastan avevano successo e c’era chi tentava di trarre in inganno i numerosi clienti, anche perché i Crastan non erano l’unica famiglia con questo nome che commerciava prodotti del genere.

Fig. 97- Etichetta con la firma in bella vista.

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A Pontedera ne era presente un’altra, molto probabilmente collegata da qualche remoto legame di parentela, quasi sicuramente proveniente dalla stessa zona della Svizzera, che possedeva una drogheria nel centro città.

Figg. 9924, 100- Pubblicità della drogheria e pasticceria pontederese di proprietà di un omonimo Crastan.

Sicuramente, però, la ditta Crastan di cui ci occupiamo era l’unica che aveva raggiunto un tale successo e giro d’affari, oltre che prestigio personale.

24

Il volume a cura dell’Unione Industriale Pisana, Industria story. L’industria a Pisa alla fine dell’800,(Nistri-Lischi, Pisa, 1998), ha erroneamente indicato questa cartolina come pubblicità della ditta “Crastan prodotti alimentari-Figli di Luzio Crastan”, ingannato dall’omonimia che confondeva anche i clienti e dalla quale l’azienda cercava di tutelarsi. Pag. 54.

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I surrogati prodotti a Pontedera, infatti,

varcavano spesso i confini italiani.

Testimonianza di ciò sono alcune etichette scritte in francese, di cui abbiamo un esempio molto bello, con un disegno in stile liberty. Nella scenetta, una allegra famiglia di signori, seduti a un tavolino in giardino, si fa servire dal maggiordomo in marsina una tazza di “Chicoree de dames”.

Con i prodotti, la pubblicità, e le vicende della società, si è rinnovato anche il logo

dell’azienda. Il più antico, trovato sulle etichette dei prodotti, risalente all’inizio del XX sec., se non precedente25, è costituito dalle iniziali “FLC”, intrecciate all’interno di uno scudo alla maniera di uno stemma nobiliare.

Il più famoso e duraturo è sicuramente quello in cui il nome dell’azienda è scritto su di una caffettiera contenuta all’interno di un cerchio. Questo marchio

si può trovare ancora al cancello

d’entrata dello stabilimento.

Nell’ultimo quarto del ‘900 è stato

accantonato ogni disegno, per mettere in primo piano il nome “Crastan”, che campeggia, bianco, su di uno sfondo rosso. Unico

25

Purtroppo le notizie sull’evoluzione del marchio sono molto scarse. Fig. 101- etichetta del surrogato

Crastan venduto in Francia.

Fig. 102- Marchio “FLC”.

Fig. 103- il marchio con la caffettiera.

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elemento decorativo è la spiga d’orzo, molto stilizzata, che si intreccia con la lettera A.

La spiga è stata cancellata all’inizio del terzo millennio, nella ricerca di un logo più lineare e semplice, come per rappresentare la modernità e l’attualità dell’azienda, sebbene abbia, come ricorda la piccola data sottostante il nome, più di 130 anni.

Figura

Fig. 85- Boccasile: Moretto.
Fig. 91- Scatola “Moretto, Bricco, Caffeol”.
Fig. 98- Particolare dell’etichetta precedente, con l’avvertimento per la cliente.
Fig. 102- Marchio “FLC”.

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