CAPITOLO SECONDO
“IL PROCESSO DI LAVORAZIONE DELLA PELLE”
2.1. Cenni evolutivi
L’arte abbraccia al suo interno la creatività di chi la esegue, molte infatti, sono le
tecniche artigianali scoperte negli anni e la concia rappresenta certamente una
lavorazione che malgrado lo sviluppo tecnologico mantiene quel carattere di
“manualità” dal quale non si può prescindere. La concia si è evoluta da processo
rudimentale a processo sofisticato e specifico; il prodotto finito grazie alle nuove
lavorazioni oggi è un bene insostituibile sui mercati che richiede determinate
caratteristiche.
Inizialmente in tempi preistorici la pelle grezza serviva esclusivamente come
protezione da agenti atmosferici, veniva trattata con grassi ricavati dagli animali
abbattuti per cercare di mantenerne la malleabilità. L’essiccazione fu il passo
successivo, un altro metodo utile soprattutto per ridurne il deterioramento ma a scapito
della morbidezza, mentre l’affumicatura, grazie ai fumi infatti, vi era la possibilità di
ottenere prodotti imputrescibili. Con la nascita delle prime civiltà le tecniche usate
assunsero modi e tecnologie diverse a seconda della loro localizzazione geografica; la
varietà di materiali disponibili nel territorio sviluppò l’ingegno dei suoi abitanti creando
lavorazioni conciarie tipiche e specifiche. Si utilizzavano materie prime e concianti
differenti che avevano l’effetto di produrre pelli con caratteristiche diverse, in tutto il
globo si svilupparono così molti sistemi di concia.
Si possono indicare le principali, ma va considerato come ognuna possa avere
molte varianti:
• Concia vegetale: le pelli venivano poste a bagno insieme a sostanze
vegetali contenute in legni, cortecce e foglie;
• Concia all’allume: eseguita con l’uso di appositi sali, permette la
fissazione delle fibre della pelle;
• Concia al cromo: eseguita con l’uso liquido del cromo come agente
chimico per il trattamento sulla pelle;
Negli anni le tecniche di concia non fecero che perfezionarsi, i Romani
concentrarono le esperienze etrusche e greche più quelle dei popoli conquistati nei
secoli, si riconducono a loro le prime produzioni su larga scala di calzature in pelle.
Nel Medioevo oltre all’incremento dei commerci del prodotto “pelle”, si ebbe
l’impulso ad ampliare la gamma di utilizzi di varietà che il cuoio offriva; esso infatti
veniva decorato, impreziosito con accessori e queste arti della trasformazione venivano,
per così dire, esportate.
Il commercio in Italia si sviluppò soprattutto grazie alle Repubbliche Marinare,
le loro floride attività commerciali si espandevano fino al Mediterraneo orientale; la
scoperta delle Americhe fu invece l’evento che portò ad un intenso scambio di pelli
grezze e prodotti finiti. Fino al 1700 si ebbe una massiccia presenza di lavorazioni, di
materie prime e conciate; col commercio il know-how si espanse portando ad una
selezione delle tecniche di concia e dei materiali utilizzati, i processi subirono così una
sorta di standardizzazione.
La profonda trasformazione che subì l’azienda conciaria portandola alle
peculiarità che oggi conosciamo e riconducibile alla fine dell’Ottocento e inizi
Novecento; furono introdotti i tannini di sintesi, l’invenzione del bottale e della concia
al cromo.
I tannini di sintesi sono sostanze concianti ottenute chimicamente quindi non più
dalle piante e presentano caratteristiche migliori per l’uso conciario.
Il bottale invece, è un recipiente cilindrico, a forma di botte, poggiato
orizzontalmente su sostegni che ne permettono la rotazione. Possiede un’apertura
dall’alto che permette il carico e lo scarico delle pelli e degli agenti chimici. La
rotazione del bottale permette che le pelli al suo interno assorbano tali agenti facilitando
le reazioni previste nel processo.
Fino all’introduzione di queste innovazioni e della concia al cromo l’attività
conciaria era svolta artigianalmente; il ventesimo secolo ha visto mutare profondamente
la conformazione di tali aziende, il peso associato all’industrializzazione ha visto come
effetto il forte aumento della produttività, l’ampliamento dimensionale delle aziende
portando alla formazione dei distretti.
2.2. Le fasi lavorative
Le fasi descritte si riconducono al processo produttivo della Camaleonte S.p.A.
azienda oggetto di indagine; vengono evidenziate quali sono le peculiarità di ogni fase
di lavorazione e le tecniche usate per l’ottenimento del prodotto finito richiesto. Saranno
scarsamente menzionate le fasi esternalizzate a terze imprese, in ogni modo dalla Figura
1 è possibile vedere per intero le fasi tipiche di lavorazione e il loro susseguirsi
cronologico.
Il processo conciario ha il pregio-difetto di essere modificabile, è quindi molto
soggettivo. Le operazioni da compiere possono variare a seconda del tipo di pelle
grezza utilizzata e al tipo di prodotto che si intende ottenere, dagli standard qualitativi
richiesti e dalla conoscenza dell’impresa.
La Camaleonte S.p.A. segue politiche degli approvvigionamenti e delle vendite
poggiate sull’operato di agenti intermediari (rappresentanti di vendita), i quali si
occupano di sviluppare i contatti con i clienti assegnatigli, perseguendo gli interessi
dell’azienda. La richiesta di approvvigionamento parte dalla azienda, l’intermediario si
attiva alla ricerca dell’offerta migliore in relazione agli standard qualitativi richiesti esso
inoltre è a conoscenza della disponibilità di pellame in quanto mensilmente il mercato
della macellazione fornisce i dati previsionali sugli abbattimenti di animali
determinando così l’offerta di pellame grezzo. Una volta trovata l’offerta adatta la
presenta all’azienda committente inviandogli in allegato una fattura proforma. L’offerta
viene ora sottoposta dall’azienda a valutazione, decide se rifiutarla o accettarla
inviando, nel secondo caso, una documentazione adeguata per dimostrare il saldo della
commessa, poiché molte società intermediarie chiudono l’affare solo a saldo
completamente effettuato sfruttando il loro peso nella filiera e un potere contrattuale
forte. La società intermediaria tratterrà, infine, sulla transazione una percentuale per il
servizio svolto.
Le società intermediarie di operazioni d’acquisto possono essere
“monomandatarie” o meno, esse infatti possono avere clienti che ne assorbono
pienamente il bacino di utenza; gli intermediari su operazioni di vendita devono essere
invece monomandatari, il mancato rispetto può portare il sorgere di conflitti d’interesse
nei confronti dei clienti.
Carico Fase Scarico
Pelli grezze
Rifilatura Ritagli grezzi
Rinverdimenti Rinverdimento Scarico liquido
Calce - Solfuro Calcinazione e Depilazione Scarico liquido
Scarnatura Scarico Solido
Maceranti Decalcinazione e Macerazione Scarico liquido
Degrassaggio Scarico liquido
Acqua - NaCl - Acido Solforico - Altri Acidi Piclaggio Scarico liquido
Acqua - NaCl - Solfato di Cromo - Bicarbonato di Sodio Concia al cromo Scarico liquido
Cavalletto Gocciolamento
Pressatura Liquido spremuto
Spaccatura
Taglio Scarico solido
Scelta
Rasatura Scarico Solido
Acqua - Riconcianti Riconcia Scarico liquido
Acqua - Bicarbonato di Sodio - Altri Alcani Disacidazione o Neutralizzazione Scarico liquido
Acqua - Coloranti Tintura Scarico liquido
Acqua - Ingrassi Ingrasso Scarico liquido
Cavalletto Gocciolamento
Messa al vento Liquido spremuto
Essiccamento
Condizionamento
Palissonatura
Inchiodaggio
Rifilatura Scarico Solido
Spolveratura e Smerigliatura Polvere
Acqua - Pigmenti - Leganti Rifinizione Scarico liquido
Stampaggio
Prodotto finito
Al momento della ricezione della materia prima “pelle grezza” questa viene
sottoposta ad un accurato controllo qualitativo e quantitativo e, se conforme all’ordine,
viene caricata in magazzino. La pelle ricevuta è opportunamente salata così da
conservarla per circa 2 settimane senza farla deperire nell’attesa della sua lavorazione;
viene inoltre piegata e posizionata in pile su bancali.
Il processo di concia può essere scisso in quattro macrofasi
1:
• Lavorazioni di riviera: contiene le prime operazioni chimiche e
meccaniche cui viene sottoposta la pelle grezza, servono a prepararla alla
concia.
• Concia: insieme di operazioni volte a fornire stabilità alle proprietà della
pelle.
• Riconcia, Tintura e Ingrasso: sono trattamenti chimici utili a migliorare
le caratteristiche estetiche e merceologiche della pelle.
• Rifinizione: sono operazioni svolte per proteggere la pelle da agenti
esterni e migliorarne l’aspetto.
2.3. Il processo produttivo nel dettaglio
Lavorazioni di riviera
La prima fase di lavorazione è denominata “Rifilatura”, essa comprende le
operazioni di preparazione della pelle grezza, come il taglio, da questa operazione si
ricava un sottoprodotto chiamato “frassame”, ossia la parte destinata alla produzione del
cuoio, di solito a questa fase provvede direttamente il macellatore o piccole società
specializzate come nel nostro caso tale attività è affidata a terzi.
Si provvede poi la fase di “Rinverdimento”, che permette la rigenerazione della
pelle nelle condizioni in cui si trovava appena scuoiata, si asporta il sale usato nella
conservazione, si deterge dalla sporcizia e si inumidisce la pelle facendole assorbire
l'acqua persa a seguito del trattamento di conservazione. Tale operazione viene svolta in
bottale
2.
1
IRPET, “Regolamentazione sociale ed economie locali: attori, strategie, risorse. Il caso dei distretti conciari”, FrancoAngeli, Milano 1994.
2
Si ricorda che il bottale è un recipiente cilindrico all’interno del quale le pelli subiscono trattamenti specifici per il conferimento di apposite caratteristiche.
Si passa poi alla “Calcinazione e Depilazione” queste due attività vengono svolte
contemporaneamente; otteniamo come output una pelle priva di pelo e dell’epidermide
quindi opportunamente preparata ad assorbire le sostanze dell’attività di concia.
La “Scarnatura” porta all’asporto di tutto ciò che non è utile alla concia (carni e
grassi residui); nel caso in cui la pelle abbia un elevato contenuto di grassi si provvede
ad una lavorazione in bottale detta “Degrassaggio”.
Le lavorazioni di riviera terminano col “Piclaggio”, consiste in un bagno in
bottale delle pelli in una soluzione di acidi e salini che evitano definitivamente il
putrefarsi della pelle.
Concia
Lo svolgimento delle fasi descritte servono per la preparazione della pelle alla
concia; questa avviene tramite un bagno in bottale della pelle, di durata variabile, in una
soluzione di cromo sia liquido o in polvere diluito in acqua. Comunemente l’output di
questa fase viene definito pelle in wet-blue, consistente in una pelle impregnata di
cromo che ha una colorazione blu.
Possiamo affermare che qui termina quella fase del processo destinata a
modificare le proprietà iniziali della pelle grezza ottenendo così una “evoluzione” della
materia prima, infatti, ora la pelle può essere immagazzinata per tempi più lunghi in
attesa della sua lavorazione definitiva. Questa prima parte di operazioni viene eseguita a
prescindere dallo stato degli ordini ricevuti, l’unico scopo è avere una disponibilità
adeguata di pelli pronte alla lavorazione che non deperiscano. Le lavorazioni di concia
possono quindi essere svolte ad intervalli regolari, quando vale a dire il livello del
magazzino di pelle in wet-blue scende sotto il livello minimo previsto.
Riconcia, Tintura e Ingrasso
Torniamo al nostro processo produttivo, terminata la concia la pelle viene
lasciata riposare in modo da riequilibrare l’assorbimento degli agenti, viene posta su dei
cavalletti e lasciata gocciolare
3(scarico di acqua e cromo), l’eventuale presenza di
liquido in eccesso viene definitivamente eliminato dalla pelle tramite un’operazione di
“Pressatura” che di fatto spreme la pelle.
3
La “Sgocciolatura” è anch’essa una fase del processo, richiede tempi abbastanza lunghi senza l’utilizzo di macchinari e agenti.
Le pelli ora sono pronte a subire quelle operazioni di trasformazione che
attribuiscono all’output le specifiche definite dall’ordine ricevuto.
Si procede con la prima fase: la “Spaccatura”, un’operazione meccanica che di
fatto separa parallelamente la pelle ottenendo due sottoprodotti: il fiore cioè il lato
esterno della pelle rappresentante la parte pregiata, e la crosta che viene utilizzata per le
lavorazione di articoli di basso valore, è la parte della pelle lato carne che non possiede
le proprietà estetiche, meccaniche e tecniche del fiore, nel nostro caso la crosta
rappresenta un sottoprodotto della lavorazione utile per essere venduto ad aziende che la
lavorano ottenendo prodotti che si posizionano su mercati di sbocco a basso costo e a
medio-bassa qualità.
Il punto di spaccatura (lo spessore dove avviene il taglio separatorio) è variabile,
tiene conto sia delle caratteristiche dichiarate del prodotto finito sia quelle che la pelle a
disposizione possiede. Per esempio in base all’età dell’animale macellato ci troveremo
di fronte a spessori diversi di pelle grezza; con un vitellino, ad esempio, avrò poca
crosta, quindi uno spessore ridotto su cui poter lavorare. Il taglio della pelle rappresenta
una fase incorreggibile, i margini di modellamento sono minimi per praticabilità si cerca
di scegliere le pelli da lavorare in relazione alle caratteristiche dell’output e delle pelli
grezze.
Lo stato della pelle in questo stadio del processo produttivo permette ora
un'attenta valutazione qualitativa del semilavorato, nel caso in questione ogni pelle
viene presa singolarmente e classificata basandoci su una scala di valori (minimo 1 e
massimo 5) individuando così l’idoneità all’uso, la qualità, la superficie di taglio (per
eliminare i fori o le imperfezioni cutanee specifiche per qualsiasi pelle) di ognuna ad
essere lavorata per il prodotto richiesto.
La “Rasatura” è una lavorazione di tipo meccanico, equalizza lo spessore della
pelle su tutta la sua superficie, la spaccatura infatti non garantisce questo risultato,
inoltre è possibile eliminare quelle macchie antiestetiche con l’ausilio della tintura,
portando così uniformità visiva della superficie della pelle.
La mancanza di imperfezioni viene richiesta soprattutto per quei prodotti (come
le calzature) che necessitano di una fodera poiché usati a contatto col corpo, per evitare
possibili fastidi o rotture. Gli scarti derivanti da questa lavorazione sono depositati in un
apposito contenitore, ritirato e svuotato regolarmente o su richiesta dall’Ente gestore del
trattamento dei rifiuti solidi industriali, sotto pagamento di un canone di
smantellamento.
Successivamente a questa fase la pelle viene nuovamente analizzata, se questa
non ha pienamente acquisito le proprietà derivanti dalla concia si provvede nuovamente
ad eseguirla in bottale con l’aggiunta al cromo di altre sostanze atte ad eliminare
radicali solforici e altri agenti per ridurre il livello di acidità, appunto questa operazione
contemporanea è definita “Disacidazione”.
Prima di essere colorata ogni pelle viene immersa in una vasca contenente
esclusivamente acqua, in modo da ridurre la presenza di impurità nocive ovviamente
alla qualità; è possibile adesso colorare la pelle. La “Tintura” avviene con macchine a
spruzzo, controllate da fotocellule che verificano la presenza della pelle al getto così da
ridurre gli sprechi, che fissano il colorante. L’operazione può essere svolta anche
manualmente a seconda delle richieste di effetti speciali che si vogliono creare sul
prodotto (effetto struzzo, coccodrillo, etc.).
Una nuova analisi riguarda ora il livello di morbidezza della pelle. Con
un’eccessiva durezza le lavorazioni successive e soprattutto l’uso finale ne risentirebbe
per una riduzione della comodità. Si provvede ad ingrassarla adeguatamente con agenti
chimici per poi lasciarla gocciolare a cavalletto negli opportuni scarichi che andranno
alla griglia di deflusso descritta nel paragrafo successivo.
La fase di eliminazione dell’acqua in eccesso prosegue con le fasi di “Messa al
vento” e “Essiccamento”; è però possibile che il livello di umidità della pelle non sia
perfetto su tutta la sua superficie, la pelle viene quindi lasciata a riposo in apposite stive
in modo da uniformare l’umidità presente nella pelle.
Le specifiche tecniche richieste sul prodotto finale vengono progressivamente
apportate anche tramite la “Palissonatura”, l’operazione vede la pelle posta su nastri
trasportatori che la fanno scorrere sotto dei micro martelletti pulsanti che uniformano e
stimolano la morbidezza della pelle su tutta la sua superficie. L’operazione che genera il
risultato opposto tende a correggere le eventuali eccedenze di trattamento:
“l’Inchiodaggio”; sulla pelle vengono fissati dei tiranti che espandono la superficie con
l’effetto di ridurre la morbidezza.
La “Rifilatura” porta ad uniformare il perimetro del semilavorato tagliandolo, è
una fase svolta ancora manualmente.
Con la “Smerigliatura e Spolveratura” la pelle viene esaminata per individuare i
difetti sia dal lato carne (richiesto dai clienti che producono articoli con rivestimenti in
fodere) sia lato pelle, dove il difetto viene eliminato stampando l’epidermide
ristabilendo così le caratteristiche visive e tattili che la pelle offre (ovviamente il
prodotto viene declassato). C’è chi afferma che questa fase debba essere precedente alla
tintura in modo da evitare l’opacizzazione del colore a fronte dell’eliminazione del
difetto, infatti la tintura non è né passante sulla pelle né impregnante, maggiore è lo
spessore della pelle maggiore sarà lo strato interno non colorato, aumentano quindi le
possibilità di vedere riaffiorare piccole zone non tinte con la conseguenza di dover
effettuare nuovamente la colorazione con spreco di tempo e di risorse.
Rifinizione
Il processo di trattamento della pelle si conclude con la “Rifinizione”; questa
operazione oltre
a proteggere la superficie dell’epidermide può contare su numerose
lavorazioni meccaniche e chimiche atte a migliorare l’aspetto della pelle. In generale,
sul fiore vengono applicati, con vari tipi di macchine, resine polimeriche, caseine, cere,
pigmenti e coloranti, allo scopo di impartire con precisione il colore voluto, coprire i
difetti, dare brillantezza, migliorare il tatto e tante altre caratteristiche.
Infine il processo definitivamente si chiude con la “Stampatura”, tipicamente è
richiesta da clienti che imprimono il proprio marchio sul prodotto; molte aziende come
Gucci, danno in esclusiva l’utilizzo dello stampo ad aziende specializzate che
imprimono il motivo richiesto sul prodotto con lo scopo di cercare di ridurre la
contraffazione e l’imitazione.
Occorre dire che le fasi di lavorazione non seguono necessariamente la
sequenza proposta, ogni processo produttivo è tipico e soggettivo, risente inoltre del
know-how aziendale.
Abbiamo così il nostro prodotto finito, una pelle pronta ad assumere la forma di
una giacca, una calzatura, un portafoglio e chissà quanti altri usi.
La Camaleonte non compie per intero il processo produttivo all’interno del suo
stabilimento. Lavorazioni come: la rifilatura, la pressatura, la spaccatura, la messa al
vento, l’inchiodaggio, la smerigliatura ed eventualmente la rifinitura possono essere
esternalizzate a terze imprese; i motivi alla base di tale scelta possono ricondursi
all’anti-economicità di acquistare macchinari e attrezzature specifiche per ogni fase di
lavorazione. Questi presentano costi d’acquisti elevati, inoltre il loro utilizzo è saltuario,
infine lo stesso servizio può essere svolto meglio da imprese specializzate a prezzi
competitivi, senza contare la selezione e la formazione del personale di personale
qualificato.
2.4. Il rapporto del settore conciario con l’ambiente
Il distretto pisano risulta essere molto sensibile ai problemi ambientali (sia idrici
che atmosferici), in quanto i processi produttivi, in esso svolti, hanno un impatto forte
sul territorio soprattutto a causa del processo di concia.
Tutelare l’ambiente oggi non viene più visto come un freno allo sviluppo, ma
rappresenta la strada per nuovi mercati e favorire il contenimento e la riduzione dei
costi di produzioni. Ciò è reso possibile grazie alla realizzazione di impianti
centralizzati di depurazione tra i più avanzati a livello internazionale, che attraverso
sistemi automatizzati di controllo della qualità e della quantità delle acque reflue hanno
creato sistemi di tariffazione premianti per le aziende meno inquinanti. Le istituzioni a
livello locale hanno dedicato molti sforzi per la riduzione dell’impatto del processo di
concia sull’ambiente; interventi mirati sono stati compiuti nell’ambito della riduzione e
dello smaltimento di fanghi, di sottoprodotti della lavorazione, di rifiuti solidi industriali
e nell’abbattimento delle emissioni di CO2, in relazione anche ai nuovi vincoli posti
dall’entrata in vigore del protocollo di Kyoto.
È importante ora aprire una piccola parentesi; nella figura 2 vengono individuati
per ogni fase di lavorazione del processo di concia i corrispondenti carichi e scarichi;
per i liquidi la normativa odierna impone alle aziende conciarie di avere due diverse
tipologie di reti di scarico, ognuna destinata ad una specifica raccolta.
Lo sviluppo dell’attività conciaria nel distretto di Santa Croce e non solo, si deve
alla presenza del fiume Arno, esso era utilizzato sia per l’approvvigionamento di acqua
necessaria per la lavorazione sia, purtroppo, per lo scarico dei residui da essa derivanti.
Oggi l’acqua non viene più attinta direttamente dal fiume, ma tramite appositi pozzi
artesiani, regolamentati da norme comunali che ne definiscono il numero, la tipologia di
scavo, la profondità e la portata. Questo fu reso in parte possibile grazie al nuovo piano
regolatore comunale, il quale stabilì la creazione di un nuovo polo industriale dove
poter implementare le moderne tecnologie per la salvaguardia dell’ambiente. Nel 2003
molte aziende scelsero così di cambiare sede, spinte da finanziamenti messi a
disposizione dallo Stato. La scelta presupponeva la costruzione di uno stabilimento a
norma di legge, con un’adeguata rete di scarichi per il trattamento dei residui della
lavorazione; il numero dei pozzi per azienda viene ad oggi determinato in base ad una
media dei propri consumi di acqua tenendo anche conto della portata di ogni pozzo.
Il settore conciario sconta, ancora oggi, un’immagine negativa che deriva per un
verso dall’impatto ambientale e per l’altro dall’assimilazione della conceria ad azienda
chimica, anche in quelle occasioni in cui i composti usati per conciare sono
prevalentemente o quasi esclusivamente di estrazione esclusivamente vegetale e quindi
ad impatto nullo.
Il primo nodo affrontato sul versante dell’impatto ambientale è stato
l’inquinamento delle acque; l’intero distretto si è mosso con la costruzione degli
impianti di depurazione investendo importanti risorse finanziarie per bonificare le acque
di scarico.
Si stimano in ben 1.400 miliardi di lire la spesa complessivamente sostenuta per
affrontare e gestire il problema; oggi possiamo affermare con soddisfazione che i
quattro impianti centralizzati di depurazione costruiti abbattono oltre il 98% del carico
inquinante in ingresso e le acque vengono restituite all’ambiente con caratteristiche tali
da consentire il loro sicuro reinserimento nei cicli biologici naturali.
4Tecnicamente gli scarichi vengono trattate in due maniere differenti:
• Per le attività di pre-concia gli scarichi vengono raccolti in apposite
vasche dotate di una griglia autopulente che grazie all’azione di spazzole
rotanti effettua un filtraggio eliminando i residui solidi più grossi; il
liquido raccolto in vasca può avere due destinazioni: il depuratore o
viene raccolto da discariche apposite. La griglia è accessoriata con un
campionatore di portata, uno strumento collegato automaticamente al
depuratore capace di passare i dati in tempo reale sulle quantità e
composizione dei liquami scaricati. Mensilmente il gestore del
depuratore analizza lo scarico di ogni singola azienda, si individua una
documentazione illustrante le quantità e la composizione dei liquidi di
scarico (il campionatore viene letto ogni settimana) ne fa una media
ponderata rispetto ai giorni e assoggetta i valori riscontrati a dei
parametri limite; l’azienda vede recapitarsi il prospetto mensile dei
propri scarichi con l’indicazione di ogni componente presente nello
scarico, ognuna di queste è comparata ad un parametro soglia che se
superato genera una sanzione monetaria indicata come costo per
inquinamento.
4
• Diverso trattamento hanno gli scarichi dell’attività di concia,
l’introduzione del cromo ha obbligato a gestire in maniera adeguata
questo cambiamento da un punto di vista ambientale; il cromo, infatti, è
altamente velenoso, un pericolo quindi per le falde acquifere che
possono essere contaminate se lo scarico è indiscriminato. Il cromo
inserito nei bottali non è pienamente assorbito dalle pelli, il residuo è
circa il 40% del versato nel bottale. Questo viene raccolto in vasche
interrate che vengono svuotate periodicamente da autobotti inviate dal
Consorzio Depurazione Cromo che provvede successivamente al
recupero funzionale del cromo scartato. Questo è sottoposto ad un
obbligo di riacquisto da parte dell’azienda conciaria. Questa deve inoltre
ridurre al minimo le proprie inefficienze, poiché i due tipi di scarichi non
devono mai venire a contatto, se parte del cromo finisse nelle vasche di
pre-concia le sanzioni potrebbero avere un valore elevato.
Il cromo di rilavorazione perde buona parte della propria qualità, per un’azienda
come la nostra che ricerca sempre il massimo livello qualitativo diventa non più
utilizzabile per una lavorazione di concia. Nello specifico la Camaleonte provvede a
“sbarazzarsi” del cromo rilavorato vendendolo totalmente ad altre concerie produttrici
di articoli di scarsa qualità che operano cercando di ridurre i costi di produzione per
commercializzare prodotti a prezzi bassi. La richiesta di cromo rilavorato è quindi molto
alta, per alcune concerie è infatti economicamente vantaggioso. Inoltre l’effetto
ambientale del cromo viene annullato, poiché in tal modo si garantisce il suo completo
utilizzo, esso viene, teoricamente, completamente assorbito dalle pelli senza disperdersi
nell’ambiente.
Questa parentesi conferma come il settore conciario stia adeguandosi a gestire
gli aspetti ambientali e il rapporto con la società, sforzandosi di avere meno impatto in
termini di inquinamento garantendo pur sempre un prodotto di qualità senza ledere la
salute altrui. Tali sforzi sono stati premiati nel 2005, quando la prima conceria in Italia
situata a Castelfranco di Sotto ha ottenuto la certificazione ISO 14001
5e nell’anno
successivo il riconoscimento della conformità del sistema di gestione alla normativa
5
Il settore ha colto con largo anticipo la valenza della certificazione di qualità in base alle norme ISO
9000; oggi le concerie toscane dotate di certificazione di qualità di processo o di prodotto sono circa 65 e rappresentano ben oltre il 50% delle concerie italiane certificate.europea EMAS
6(Eco-Management and Audit Scheme) con l’elaborazione successiva
della Dichiarazione Ambientale, documento dove sono raccolte le informazioni inerenti
alle prestazioni ambientali dell’azienda, l’organizzazione, la politica ambientale e gli
obiettivi di miglioramento a carattere pluriennale previsti.
Inoltre il distretto conciario di Santa Croce sull’Arno ha aderito al progetto di
sperimentazione del regolamento EMAS promosso dalla Regione Toscana a partire dal
2002, con l’obiettivo di verificare l’applicabilità dell’EMAS ad un intero distretto
industriale per ottenere una redazione di linee guida da sottoporre all’attenzione della
Commissione Europea in vista della prossima revisione del Regolamento EMAS.
Operativamente il piano prevedeva di indagare sulle problematiche ambientali
che il distretto creava, identificando le pressioni esercitate dalle imprese conciarie sul
territorio, uno scopo era anche sviluppare programmi per il miglioramento dell’attuale
situazione coinvolgendo portatori di interesse, le aziende e anche i gestori dei servizi
collettivi (come gli enti per la depurazione), supportando tali iterazioni con la
strutturazione di un efficace sistema di comunicazione.
La sperimentazione terminata nel gennaio 2005 ha portato alla costituzione di un
Comitato Promotore rappresentante l’organo decisore sulle varie fasi del progetto.
Inoltre si è realizzata un’Analisi Ambientale Iniziale che evidenziava le criticità sul
territorio, ricollegandole alle varie attività produttiva che a causa della loro presenza
portavano alla luce i loro impatti che potevano pesantemente incidere sul territorio
circostante. Dopo questa fase di pianificazione si è resa possibile una definizione della
Politica Ambientale di distretto così da individuare gli obiettivi comuni da seguire e i
risultati ambientali previsti nel Programma Ambientale, che rappresenta il documento
all’interno del quale sono inserite le azioni concrete da effettuare per ottenere i
miglioramenti prestazionali previsti.
A tal proposito sono stati messi a disposizione una serie di strumenti gestionali
per supportare il Programma Ambientale così da coordinare le politiche ambientali dei
vari soggetti partecipanti. In conclusione si è provveduto alla realizzazione di una
Dichiarazione Ambientale Distrettuale così da fornire un quadro completo delle
6
Comprende la parte del sistema di gestione complessivo comprendente la struttura organizzativa, la responsabilità, le prassi, le procedure, i processi e le risorse per definire e attuare la politica ambientale.
relazioni tra concerie e ambiente e degli interventi in esecuzione e in programma per
l’intero comprensorio della pelle
7.
Tutte le organizzazioni, e non più i soli siti produttivi, con un livello di
rendimento ambientale corrispondente almeno agli standard legali applicabili, possono
partecipare al nuovo schema EMAS del regolamento CEE 761/2001, per conseguire
l'iscrizione nel registro europeo delle organizzazioni registrate EMAS, e l'utilizzo del
logo ambientale europeo.
Obiettivo dell'EMAS è incentivare il miglioramento continuo delle prestazioni
ambientali delle organizzazioni mediante:
- introduzione e attuazione di sistemi di gestione ambientale;
- promuovere la realizzazione di progetti, misure e interventi mirati per migliorare gli
aspetti ambientali;
- perseguire il miglioramento continuo adottando comportamenti corretti mettendo a
disposizione il proprio know-how;
- valutazione obiettiva, periodica e sistematica (audit) dell'efficacia di tali sistemi;
- scambio di informazioni sulle prestazioni ambientali e un dialogo aperto con il
pubblico e parti interessate.
82.5. Il contoterzismo nel settore conciario
L’organizzazione della produzione è caratterizzata da un alto grado di
frammentazione dei processi produttivi tra le imprese con spiccata specializzazione in
alcune fasi della lavorazione, in particolar modo per il comparto del pellame della
calzatura, mentre nel comparto del cuoio il grado di integrazione verticale della
produzione è maggiore.
La pratica del decentramento produttivo viene vista oggi non più come un mero
aspetto limitato solo alle imprese di medio-grandi dimensioni; se pur tale limite è ancora
oggetto di studi dalla teoria economica oggi anche le piccole imprese spingono ad
esternalizzare le fasi dei propri processi produttivi per correggere le rigidità della
gestione, focalizzandosi così su ciò che si sa fare meglio; la conseguenza è la nascita
dell’imprese contoterziste, normalmente di piccole dimensioni, che ricevono la materia
7
Da “Pisa Economia” Periodico della Camera di Commercio di Pisa n° 3 anno 2007, per approfondimenti visitare il sito www.assoconciatori.com/064politicaambientale.pdf.
8
prima o i semilavorati da un committente a cui viene restituita la merce dopo la
lavorazione.
Lo sviluppo di queste micro-imprese è pressoché dovuto alle caratteristiche del
settore: la natura tecnico-economica del processo di concia, la domanda
geograficamente molto frantumata di quantità anche piuttosto piccole, la vasta gamma
di prodotti finiti disponibili e l’influenza della moda
9.
Nel settore conciario, recenti studi hanno evidenziato come le imprese
contoterziste siano più numerose in termini di unità locali, ma presentano dimensioni
più contenute e minoritarie per numero di addetti occupati.
Anche la Camaleonte S.p.A. ricorre alla pratica del contoterzismo, questa
manovra presenta scopi di attuazione soggettivi da azienda ad azienda, alcuni aspetti si
ricollegano ad un accrescimento della flessibilità produttiva e dei livelli di attività, per
focalizzare meglio il controllo diretto sia sulla gestione che sul personale. La
frantumazione del processo produttivo originario può essere visto anche come la
risposta delle aziende alla forte diversificazione della domanda in quanto spesso la
dimensione aziendale non può supportare la varietà delle richieste. Il quadro odierno
vede quindi molte piccole imprese dipendenti delle concerie committenti e queste
focalizzate ad estendere la gamma produttiva o a specializzarsi in apposite nicchie di
mercato indirizzando i propri sforzi verso iniziative a valenza strategica (area
approvvigionamenti, marketing, controllo interno, ecc.) alla ricerca della piena
soddisfazione di una gamma di clienti molto ampia ed esigente.
In gergo tecnico invece, come si è potuto notare, il processo di lavorazione
richiede fasi precise ognuna con attrezzature o macchinari specifici, rispetto alle
operazioni di natura chimica che vengono eseguite esclusivamente col bottale, le altre
lavorazioni sono tutte di natura meccanica; un altro svantaggio è dato dall’ampia
gamma di prodotti producibili che a seconda delle richieste può generare tempi di
riattrezzaggio dei macchinari molto lunghi.
È ovvio che qualsiasi conceria ragiona cercando di cedere a terzi quelle
operazioni dove l’efficienza interna è minore o dove sono riscontrabili vantaggi
riconducibili in risparmi in termini di costo. Inoltre è impensabile se non vi è un
adeguato volume di attività investire in macchinari che saranno utilizzati saltuariamente
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BELLANDI GIUSEPPE - “ Decentramento produttivo e lavorazioni in conto terzi nel settore conciario ” Ariello 1977. Estratto da C.P.M.C., organo ufficiale della stazione sperimentale per l’industria delle pelli e delle materie concianti.