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1. Istologia della pelle

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Academic year: 2021

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1.La pelle

1. Istologia della pelle

La pelle è un tessuto biologico che svolge un’azione di protezione degli organi interni dal mondo esterno; inoltre esercita altre importanti funzioni fisiologiche, quali la regolazione della temperatura del corpo, l’eliminazione verso l’esterno dei rifiuti e l’accumulo dei grassi.

Al di là delle variazioni di proprietà e di caratteristiche della pelle, la cui struttura e la cui composizione cambia tra le specie, tra le razze e tra le parti del corpo dello stesso animale, è possibile individuare nella pelle tre regioni (strati) distinte:

ƒ Epidermide

ƒ Derma

ƒ Strato sottocutaneo

Figura 1.1.1 Struttura della pelle [1]

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Epidermide. Dal punto di vista chimico è essenzialmente costituita da cheratine. E’ lo strato esterno della pelle e, sottile come un foglio di carta, ne costituisce circa l’1%

dell’intero spessore.

L’epidermide è a sua volta suddivisa in vari strati:

o Strato vivo malpighiano. Il più interno dell’epidermide e situato sopra il derma, è costituito internamente da cellule prismatiche (strato germinativo o basale) e più esternamente da cellule poliedriche (strato spinoso). In questo strato le proteine sono in uno stato di scarsa aggregazione molecolare e perciò più facilmente attaccabili da agenti chimici.

o Strato intermedio. Costituito a sua volta dallo strato granuloso e lucido, è caratterizzato da una progressiva degenerazione cellulare.

o Strato corneo. Strato più esterno dell’epidermide, è formato dalla sovrapposizione di piani di cellule morte e caratterizzato dalla presenza di cheratine più strutturate rispetto a quelle basali (cioè più compatte, dure e resistenti agli agenti esterni chimici e fisici).

Produzione dell’epidermide è il pelo, di cui si distinguono due parti, lo stelo, che emerge libero dalla cute, e la radice, che si inserisce in un ripiegamento dell’epidermide, entro lo strato del derma.

Nel tradizionale processo conciario l’epidermide con il pelo vengono eliminati.

Derma. Costituisce circa l’85% dell’intera pelle ed è ciò che, concluso il processo conciario, diventa cuoio. E’ formato da fibre di tessuto connettivo, soprattutto da fibre di collagene e in misura minore, da fibre di elastina. Separato dall’epidermide dalla membrana ialina, il derma si suddivide a sua volta in due strati:

o Strato papillare o fiore. E’ la parte del derma più esterna, sottostante

all’epidermide. E’ costituito da fibre di collagene molto sottili (diametro

medio di 0.01 mm), aventi un’orientazione per lo più perpendicolare alla

superficie della pelle. In questo strato del derma sono presenti le ghiandole

sudoripare, le ghiandole sebacee e i follicoli piliferi; questi ultimi, dopo

l’eliminazione del pelo, costituiscono delle piccole cavità sulla superficie del

fiore.

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Concluso il processo conciario, è proprio lo strato papillare del derma, il fiore, che determina in maggior misura la qualità del prodotto finito.

o Strato reticolare. E’ la parte più interna del derma, sovrastante il tessuto sottocutaneo; è formato da fibre di collagene spesse (diametro medio di 0.1 mm) che, progressivamente verso gli strati inferiori del derma, tendono ad assumere una orientazione pressoché parallela alla superficie della pelle. Da questo strato dipendono principalmente le caratteristiche di resistenza fisica dell’intero derma.

Tessuto sottocutaneo. La funzione del tessuto sottocutaneo è quella di ancorare la pelle al corpo dell’animale; è per lo più formato da grassi e da fibre di collagene piuttosto rilassate e degradate. Questo strato della pelle è rimosso attraverso asportazione meccanica durante le fasi del processo conciario, in quanto una degradazione chimica del tessuto sottocutaneo non è possibile senza danneggiare anche il derma, essendo entrambi costituiti da collagene.

2. Chimica della pelle

Da un punto di vista chimico la pelle di vitello è composta in media [1] da:

64% acqua

33% proteine

2% grassi

1% sostanze minerali e altre sostanze Possiamo dunque distinguere i componenti in:

ƒ Componenti proteici;

o Proteine fibrose o scleroproteine (collagene, cheratine, elastina) o Proteine globulari (albumina, globulina)

ƒ Componenti non proteici ( acqua, proteoglicani, grassi, sali minerali etc.).

Dell’alto contenuto d’acqua circa l’80% è libero negli spazi interfibrillari; l’altra parte è legata alla pelle in maniera analoga all’acqua di cristallizzazione.

Cominciamo a vedere i componenti più da vicino, prestando una maggiore attenzione al

collagene e alle cheratine.

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2.1. Le proteine

Le proteine sono delle lunghe catene polimeriche ad alto peso molecolare, i cui monomeri appartengono ad una importante classe di molecole, gli aminoacidi.

Gli aminoacidi sono molecole con una duplice funzione, quella amminica basica e quella carbossilica acida, legate ad un unico atomo di carbonio-α.

R C

COOH NH 2

H

Figura 1.2.1. Rappresentazione generica di un aminoacido

Al variare del gruppo R si ottengono 20 diversi aminoacidi; alcuni di essi sono riportati nella Fig. 1.3 a titolo di esempio:

C NH2 H

H C

O

OH

C NH

2

H

C O

OH C

H H O H

C NH

2

H

C O

OH C

H H H

C NH

2

H

C O

OH C

H H

glicina serina alanina fenilalanina

Figura 1.2.2. Esempi di aminoacidi [3]

Gli aminoacidi hanno la possibilità si formare lunghe catene polimeriche grazie alla loro capacità di unirsi attraverso legami ammidici (legami peptidici) –CONH-.

Figura 1.2.3. Formazione di un legame peptidico [3]

Il legame peptidico si forma con l’eliminazione di una molecola d’acqua tra il gruppo

amminico e quello carbossilico di due diversi amminoacidi, dando origine a lunghe

catene “polipeptidiche”, le proteine. I gruppi R degli aminoacidi costituiscono i gruppi

laterali delle proteine e dalla loro natura dipendono le caratteristiche chimiche e di

struttura delle proteine.

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2.2. Il collagene e l’elastina

Il collagene è il componente principale del derma. E’ una scleroproteina, ossia una proteina strutturale, la cui struttura è costituita da tre aminoacidi fondamentali, glicina, prolina, idrsossiprolina, più un quarto aminoacido.

a.

C NH

2

H

H C

O

OH

CH CH2

C O

OH C

H2

N C H2

H

CH CH2

C O

OH CH

N C H2

H O H

C NH

2

H

C O

OH R

GLY PRO HYP X

b. -X-GLY-PRO-HYP-GLY-X-

Figura 1.2.4. Struttura del collagene [3] a. Aminoacidi del collagene b. Catena molecolare

I polimeri lineari di collagene interagiscono tra loro sotto forma di tripla α-elica ( protofibrilla); un numero variabile di protofibrille forma una microfibrilla e dall’intreccio di microfibrille si ottengono le fibrille. Esse sono le unità fondamentali del collagene poiché insieme al materiale interfibrillare formano le fibre di collagene.

La formazione di ordinate strutture supermolecolari è possibile grazie alle numerose

interazioni sia tra le catene polimeriche che tra i loro gruppi laterali: tra i vari tipi di

legame, (legame ionico, legame idrofobico, forze di Van der Walls) il legame a ponte

idrogeno riveste maggiore rilevanza.

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Figura 1.2.5. Struttura del collagene [3]

c. Singola elica

d. Singola elica avvolta

e. Tripla elica avvolta (protofibrilla) f. Minifibrille

g. Fibrilla di collagene h. Fibre di collagene

Vista la natura polipeptidica delle proteine, nel collagene, ma anche nelle altre scleroproteine, è fondamentale per la formazione della superstruttura collagenica il legame –C=O Æ H-N-.

Figura 1.2.6. Ponti a idrogeno tra le catene polipeptidiche [2]

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Diversamente, i molto meno numerosi legami covalenti “cross links” agiscono sulla stabilizzazione della struttura collagenica e non sulla sua formazione: sarà infatti obiettivo della concia aumentare nel derma il numero di questi legami incrociati covalenti, per incrementare le proprietà meccaniche e la temperatura idrotermica di contrazione della pelle.

L’elastina è un’altra proteina strutturale e la troviamo anch’essa nel derma tra le fibre di collagene. In essa i gruppi laterali delle catene polipeptidiche sono prevalentemente apolari e caratterizzati da scarso ingombro sterico; ne consegue che per l’elastina, rispetto al collagene, sono assai meno sentiti i fenomeni di gonfiamento vista la prevalente apolarità dei gruppi laterali. Inoltre le catene polipeptidiche adiacenti sono molto compatte per la mancanza di gruppi laterali ingombranti e ciò conferisce alle fibre un’elevata elasticità.

2.3. Le cheratine

Le cheratine sono il componente principale dell’epidermide e del pelo. Diversamente dal collagene e dall’elastina, esse non costituiscono una sostanza uniforme e omogenea.

Tenendo conto dell’istologia dell’epidermide, si comprende come le cheratine subiscano, lungo i vari strati, una serie di trasformazioni chimiche, attraverso le quali le cheratine acquistano, progressivamente verso l’esterno, una maggiore resistenza chimica e meccanica. Analogo è il discorso per le cheratine del pelo: in prossimità del follicolo pilifero esse mostrano una strutturazione più blanda rispetto a quelle collocate sullo stelo del pelo.

Le cheratine infatti subiscono dall’interno verso l’esterno della pelle una progressiva

reticolazione, con formazione di legami covalenti tra le varie catene. Questa

reticolazione è possibile grazie alla presenza nelle cheratine di un particolare

aminoacido, la cisteina.

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Mediante processi di ossidazione si formano tra le varie catene ponti zolfo –S-S- (legami covalenti), che determinano la

stabilizzazione della struttura cheratinica. Sono proprio i ponti zolfo i punti di attacco che sono sfruttati nella depilazione per

degradare le cheratine

Figura 1.2.7. Cisteina Le cheratine infatti, pur avendo una temperatura idrotermica di contrazione superiore a quella del collagene, e pur essendo insolubili e molto resistenti agli acidi e alle basi, sono facilmente idrolizzate e destabilizzate dagli agenti ossidanti e riducenti.

Figura 1.2.8. Formazione della cheratina da precheratina

Questi vanno direttamente a scindere il ponte zolfo, separando le catene cheratiniche.

Diversamente, il collagene, non contenendo cisteina e, quindi, ponti zolfo, non subisce questo tipo di attacco degradante.

2.4. Albumine, globuline e proteoglicani

Le albumine, le globuline e i proteoglicani fanno parte del materiale interfibrillare del derma.

Le albumine e le globuline sono proteine globulari, cioè le loro catene peptidiche sono ripiegate senza una direzione preferenziale e non formano fasci fibrosi; sono costituite da numerosi aminoacidi a carattere polare, per cui risultano facilmente solubili in acqua o in soluzioni saline. Come vedremo, infatti, le albumine e le globuline vengono eliminate dalla pelle già nella fase di rinverdimento.

I proteoglicani appartengono alla famiglia delle glicoproteine, cioè sono molecole

costituite da uno scheletro proteico, a cui sono associate catene polisaccaridiche. I

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proteoglicani si legano alle fibre collageniche tramite ponti a idrogeno e contemporaneamente con i gruppi laterali fortemente polari, coordinano un elevato numero di molecole d’acqua. Solubili in soluzioni alcaline, i proteoglicani vengono facilmente eliminati durante il calcinaio.

2.5. Punto isoelettrico del collagene

Il collagene ha un comportamento cosiddetto anfotero, cioè si comporta, contemporaneamente e come acido e come base. Ciò deriva dalla presenza sul collagene di una certa aliquota di aminoacidi con gruppi laterali polari, i quali, in presenza d’acqua, se hanno un gruppo basico, (-NH

2

) possono caricarlo positivamente (-NH3

+

), mentre se hanno un gruppo laterale acido, (-COOH), possono perdere un protone, caricandosi negativamente (-COO

-

). Il comportamento anfotero del collagene può essere semplicemente rappresentato nella seguente maniera:

Figura 1.2.9. Comportamento anfotero del collagene [1]

La lettera P indica l’intera catena polipeptidica

Allo stato nativo, il numero dei gruppi basici nel collagene è circa uguale al numero dei gruppi acidi e, quindi nel suo complesso la struttura se messa in soluzione a pH neutro, risulta elettricamente non carica. Tuttavia, se poniamo le pelli in un ambiente acido o basico, nel collagene si perde questo equilibrio tra le cariche. In un ambiente acido, il gruppo carbossile riacquista il suo protone, mentre il gruppo –NH3

+

mantiene la sua carica; al contrario, in un ambiente basico, gli ioni COO

-

rimangono tali, mentre lo ione NH3

+

perde la sua carica positiva, acquistando uno ione ossidrile e perdendo una molecola d’acqua.

Detto questo, definiamo punto isoelettrico (P.I.) del collagene quel valore del pH al quale la struttura collagenica risulta neutra, ossia quando il numero dei gruppi laterali carichi positivamente è uguale al numero dei gruppi carichi negativamente.

Naturalmente, per la pelle allo stato grezzo, il P.I. è circa 7/7.5, visto che il numero dei

gruppi basici è pressoché uguale a quello dei gruppi acidi.

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Tuttavia il punto isoelettrico del collagene cambierà durante il processo conciario e costituirà una prova evidente delle modificazione chimiche che avvengono all’interno della struttura collagenica.

2.6. Gonfiamento del collagene.

Quando si parla di gonfiamento del collagene, si intende l’ingresso dell’acqua all’interno delle fibrille.

Si distinguono due tipi di gonfiamento, il gonfiamento liotropico e il gonfiamento osmotico o elettrostatico.

Gonfiamento liotropico. Il gonfiamento liotropico è dovuto all' interazione di ioni e molecole con i legami non ionici delle proteine. Vi sono alcune sostanze che hanno la capacità di rompere i ponti a idrogeno nel reticolo collagenico e di legarsi, attraverso forze dipolari o ponti a idrogeno, ai gruppi peptidici divenuti liberi: in questo caso viene aperta la struttura interna del collagene ed entra acqua. Inoltre, se la sostanza in questione contiene dei gruppi idrofili o è un elettrolita, si lega con acqua e contribuisce in maggior misura al gonfiamento della pelle. Il gonfiamento liotropico è un processo irreversibile: le fibrille si gonfiano, ma non si accorciano e ciò può portare facilmente ad una disastrosa degradazione della struttura collagenica, con notevole perdita in soluzione di sostanza dermica e con caratteristiche di resistenza assai scadenti del cuoio finito. Una delle sostanze liotropiche più efficaci e più pericolose è il cloruro di calcio [CaCl

2

].

Figura 1.2.10. Rottura legami idrogeno mediante cloruro di calcio [1]

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Gonfiamento osmotico o elettrostatico. Il gonfiamento osmotico o elettrostatico avviene o in ambiente acido o in ambiente basico: la forza dei legami a idrogeno diminuisce notevolmente ma, soprattutto, vengono rotti i legami di natura salina tra le varie protofibrille. Il fenomeno comincia ad essere rilevante soltanto per concentrazioni di H

+

o ioni OH

-

sufficientemente elevate [Fig. 1..2.11].

Figura. 1.2.11. Rappresentazione schematica del gonfiamento delle fibrille per effetto dell’NaOH: A Protofibrille unite mediante ponti salini. B – C, GONFIAMENTO ELETTROSTATICO: Repulsione tra COO

-

e NH

3

OH e incremento della distanza tra le protofibrille e influsso d’acqua. D – E, GONFIAMENTO OSMOTICO: incremento della concentrazione degli ioni Na

+

tra le protofibrille e influsso di acqua per egualizzare la concentrazione tra l’interno e l’esterno delle fibrille e gonfiamento.

Qualunque sia il meccanismo con il quale entra l’acqua nella struttura collagenica, la distanza tra le protofibrille passa da circa 10 Å a 16 Å: la struttura collagenica si distorce, le fibrille si accorciano e il loro volume aumenta. Contrariamente al gonfiamento liotropico, il gonfiamento elettrostatico o osmotico è reversibile in quanto, variando il pH dei bagni, possono essere ristabiliti i ponti salini tra le protofibrille.

Sebbene più sicuro e di più facile controllo rispetto al gonfiamento di carattere

liotropico, anche questo tipo di gonfiamento può causare notevoli inconvenienti. Un

gonfiamento troppo spinto, soprattutto se di natura acida, può portare ad una eccessiva

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spaziatura tra le protofibrille: la struttura si altera irreversibilmente, le fibrille si

rompono in microfibrille e si giunge alla dissoluzione del collagene.

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