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Capitolo 7 DISCUSSIONE

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Capitolo 7

DISCUSSIONE

Dai risultati ottenuti durante l’anno oggetto di studio emerge chiaramente un quadro di poliparassitismo che caratterizza l’allevamento “Fattoria Il Lischeto”. Per quanto riguarda strongili gastrointestinali, coccidi (Eimeria spp.) e Strongyloides papillosus, i risultati ottenuti dagli esami coprologici quantitativi sono stati anche analizzati statisticamente. Per nessuno di questi parassiti le variazioni del tasso di infezione sono risultate statisticamente significative, ovvero non ci sono state delle differenze evidenti nei quattro campionamenti eseguiti nel corso di un anno.

Per quanto riguarda la correlazione tra il livello di infezione e l’età, si è potuto osservare che nel caso dei coccidi e S. papillosus, questa rappresenta un fattore fortemente discriminante in quanto i giovani animali risultano più parassitati, mentre nel caso degli strongili gastrointestinali non ci sono differenze significative.

Valutando statisticamente la correlazione esistente strongili gastrointestinali, coccidi (Eimeria spp.) e Strongyloides papillosus, attraverso l’applicazione del test statistico X2 è stato osservato che le tre

parassitosi appaiono decorrere in modo indipendente. Nonostante il numero ridotto di dati a cui il test è stato applicato che potrebbe aver falsato i risultati, questo riscontro può essere spiegato con diverse ipotesi e, soprattutto, che queste parassitosi colpiscono l’animale in momenti diversi della loro vita; infatti, mentre gli strongili gastrointestinali interessano soprattutto i soggetti giovani al primo pascolo, coccidi e S. papillosus agiscono soprattutto nei primi due mesi di vita degli agnelli (Ambrosi, 1995). La mancanza di un legame tra strongili gastrointestinali e gli altri due parassiti può essere così

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facilmente spiegata, mentre più difficilmente giustificabile è l’assenza di una correlazione tra coccidi e S. papillosus.

Nel presente capitolo cercheremo di analizzare, per le patologie osservate, i dati raccolti, sia da un punto di vista epidemiologico, per valutare se l’andamento dell’allevamento è in linea con quanto riportato in studi analoghi, sia da un punto di vista produttivo e sanitario, cercando di valutare se e quanto le malattie parassitarie possono incidere sulla gestione e sulla produttività dell’allevamento.

Considerando poi che durante l’anno di studio gli allevatori si sono affidati, per la prima volta, alla medicina omeopatica, affiancata però anche a terapie allopatiche, sono state fatte alcune considerazioni sul ruolo che questi due approcci terapeutici, così diversi tra loro, possono avere avuto nel controllo delle parassitosi nell’allevamento esaminato.

Riguardo la strongilosi gastrointestinale, essa è considerata la parassitosi più diffusa nell’allevamento dei ruminanti e rappresenta una delle maggiori cause di perdite produttive per l’impatto sulle produzioni e per i costi connessi al suo controllo (Knox e Steel, 1996; Torina, 2004; Knox, 2006).

Durante tutto il periodo considerato il tasso di prevalenza si è mantenuto intorno a livelli medi elevati del 72%, mostrando oscillazioni limitate durante i vari campionamenti, con una prevalenza inferiore nel mese di luglio (60%).

Le percentuali di prevalenza risultano in linea con la situazione epidemiologica italiana, in cui facilmente, negli ovini al pascolo, si possono raggiungere valori del 100% (Ambrosi, 1995). In uno studio effettuato da Torina e coll. (2004), il 78% degli ovini esaminati sono risultati positivi per strongili gastrointestinali. Questo dato indica un’elevata diffusione della parassitosi nell’allevamento che potrebbe comportare notevoli problemi di tipo zootecnico e sanitario.

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Figura 7.1 Prevalenze della strongilosi gastrointestinale osservate

nell’allevamento “Fattoria Il Lischeto” tra Novembre 2006 e Novembre 2007.

Si può affermare che l’infezione, seppur ampiamente diffusa, si presenta di debole o media intensità (valore medio di UPG nel gregge pari a 168,1); ciò nonostante, essa può comunque comportare un rischio zootecnico con perdite produttive anche elevate e necessita di un controllo costante per riuscire a mantenere l’infezione entro questi livelli.

In questo studio non è stato osservato un andamento stagionale della parassitosi, che è risultata presente in modo costante per tutto l’anno esaminato, ciò non concorda con i dati epidemiologici, sia a livello italiano che mondiale, i quali indicano che c’è una notevole dipendenza dalle condizioni climatiche, in Italia normalmente i picchi di infezione si concentrano soprattutto in primavera ed in autunno, (Ambrosi, 1995; Colwell et al., 2002; Sissay, 2007).

I dati ottenuti vanno interpretati però alla luce di quella che è la situazione aziendale, sia in termini di gestione del pascolo e della stalla, che dell’andamento climatico.

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Importante è distinguere tra le due categorie campionate, in quanto ci sono delle differenze importanti in base all’età ed al tipo di stabulazione. 0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00% 70,00% 80,00% 90,00% 100,00%

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Figura 7.2 Prevalenze della strongilosi gastrointestinale osservate nei soggetti

adulti dell’allevamento “Fattoria Il Lischeto” tra Novembre 2006 e Novembre 2007.

La situazione degli adulti rispecchia quella riportata precedentemente, ovvero si sono osservate prevalenze elevate nell’arco dell’anno (in media 83%) e l’intensità dell’infezione è risultata variabile.

Non è stata osservata un vero e proprio andamento stagionale, in particolare risalta l’elevata prevalenza di febbraio (100%), in quanto nel periodo invernale ci si sarebbe aspettati una diminuzione della diffusione del parassita; al contrario la diminuzione della prevalenza in luglio (60%), pur rimanendo a livelli elevati, è in linea con quelle che sono le conoscenze epidemiologiche. Probabilmente questa riduzione nella diffusione dell’infezione riscontrata nel periodo estivo, oltre che legata al fenomeno dell’ipobiosi indotto dalle alte temperature e dai bassi livelli di piovosità ed umidità, possono essere ricondotti anche al

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trattamento che è stato eseguito a fine febbraio, che ha avuto lo scopo di bloccare il fenomeno del peri-perturient e laction rise consentendo di avere una minore carica infestante nei mesi successivi.

Per ciò che riguarda l’intensità dell’infezione, si è osservata una media annua di UPG pari a 181,67, con oscillazioni da 353,3 UPG di Novembre 2006 a 80 UPG di Novembre 2007, questi dati indicano una iniziale situazione di rischio zootecnico, che può portare a perdite produttive anche elevate.

I livelli relativamente contenuti di infezione riscontrati negli adulti, possono essere messi in relazione anche con un certo grado di immunità acquisita che permette loro di limitare la popolazione parassitaria e di subirne in modo meno evidente la loro azione patogena.

Le variazioni di prevalenza ed intensità osservate per questa infezione parassitaria possono essere spiegate considerando diversi fattori, in particolare gioca un ruolo fondamentale negli animali al pascolo l’andamento climatico ed il grado di fecalizzazione ambientale, che favoriscono la sopravvivenza ed il contatto parassita-ospite. Le condizioni metereologiche,, in termini di umidità, temperatura e piovosità, possono aver influenzato la crescita e la diffusione dei parassiti, infatti questi parametri sono risultati elevati, rispetto alle medie stagionali degli anni precedenti, per tutto l’anno oggetto dello studio, creando un clima più mite e adatto alla sopravvivenza del parassita.

In particolare l’elevata prevalenza rilevata nel mese di febbraio può essere spiegata attraverso la lettura dei dati metereologici, in quanto si osserva che in tutto l’inverno la temperatura ha mantenuto livelli superiori rispetto alle medie stagionali, con un valore intorno ai 9-10°C, l’umidità è risultata elevata intorno all’80% e la piovosità media intorno ai 60 mm. Benché la temperatura non sia quella ottimale per lo sviluppo degli strongili, si può tuttavia pensare che il clima più mite abbia favorito la sopravvivenza delle uova e delle larve, costituendo una continua fonte di infezione per gli animali al pascolo. In molti studi effettuati a livello internazionale, in Canada, Svezia o Etiopia, benché le

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condizioni climatiche fossero profondamente diverse, si è osservato un andamento della strongilosi strettamente legato a quello climatico, la parassitosi tende a diminuire con temperature eccessivamente alte o basse ed in climi secchi, mentre è favorita dall’elevata piovosità (Ambrosi, 1995; Lindqvist, 2001; Colwell et al., 2002; Sissay, 2007)

Un’altra osservazione che deve essere fatta è che gli animali vengono fatti pascolare su terreni coltivati, dopo che è avvenuto il raccolto, di conseguenza con le cure agronomiche si ottiene il loro risanamento e questo è importante perchè la strongilosi è una malattia parassitaria legata soprattutto al pascolo.

Un altro fenomeno importante da considerare è il peri-parturient relaxation in immunity, che deriva dall’aumento dell’eliminazione delle uova di strongili gastrointestinali nel periodo che precede immediatamente i parto (periparturient rise) e agli inizi della lattazione (lactation rise), legato ad un calo delle difese immunitarie. Nell’allevamento i parti sono distribuiti uniformemente nell’arco dell’anno, tra Novembre e Luglio, di conseguenza il tasso di infezione rimane alto e le fattrici in prossimità del parto rappresentano un’importante fonte di infezione sia per le altre pecore adulte che per gli agnelli.

I valori estremamente bassi osservati nel mese di Novembre 2007 sono da mettere in correlazione con il trattamento antielmintico eseguito nel mese di Ottobre 2007, l’utilizzo di un trattamento antiparassitario eseguito in autunno rientra perfettamente in linea con quelli che sono gli abituali metodi di controllo messi in pratica nell’allevamento ovino. Infatti, un trattamento eseguito in questo momento dell’anno previene il peri-parturient rise legato ai primi parti ed allo stesso tempo elimina i parassiti accumulati a partire dalla fine dell’estate e cercare di limitare il fenomeno dell’ipobiosi.

Per quanto riguarda la gravità dell’infezione, i valori medi indicano una situazione di rischio media o debole, da tenere comunque sotto un costante monitoraggio.

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Per quanto riguarda gli agnelli la prevalenza media osservata è stata abbastanza elevata, intorno al 60%, mentre l’intensità media dell’infezione è stata pari a circa 100 UPG e si è mantenuta costante per tutto l’arco dell’anno.

Gli agnelli sono tenuti in stalla fino almeno ai quattro mesi, in questo periodo per cui la fonte di contaminazione è rappresentata dagli adulti, è quindi importante un’accurata gestione della lettiera e della stalla al fine di ridurre la carica parassitaria ambientale.

I livelli di infezione risultano relativamente bassi; tuttavia, considerando che si tratta di soggetti molto giovani al di sotto dei due mesi di età e che la strongilosi gastrointestinale risulta più importante soprattutto negli animali al primo pascolo, si suggerisce un’estrema attenzione e cautela nell’affrontare il problema, in quanto si potrebbero avere notevoli perdite produttive nei giovani animali (Colditz et al., 1996). 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

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Figura 7.3 Prevalenze della strongilosi gastrointestinale osservate negli agnelli

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Per quanto riguarda i generi isolati nel corso dei campionamenti,

Trichostrongylus è risultato quello più frequente ed ha mantenuto un

andamento costante, con una prevalenza media intorno al 47%. Questo dato è molto particolare in quanto le femmine appartenenti al genere

Trichostrongylus producono poche uova al giorno, circa un centinaio,

per cui si può ipotizzare che il numero di parassiti a livello intestinale sia elevato. La patogenicità di questo genere è abbastanza elevata determinando una riduzione del peso corporeo, alterazioni dell’equilibrio idroelettrolitico e fenomeni diarroici (Ambrosi, 1995). Anche il genere Haemonchus è risultato molto frequente nell’allevamento, con una prevalenza media del 30,4%; questo genere risulta tra tutti forse il più patogeno, soprattutto per un’azione di sottrazione operata dal parasita ematofago. Oltretutto è da aggiungere che Haemonchus è estremamente prolifico, una femmina produce in media circa 5000 uova al giorno, e che quindi si può facilmente diffondere nell’allevamento. Haemonchus può essere responsabile di quadri anemici, gravi ed improvvisi, talvolta mortali e di enteriti con diarrea. Questo genere risulta diffuso in tutto il mondo, anche se legato principalmente a climi subtropicali è stato osservato in prevalenze molto elevate anche in studi effettuati nel Nord Europa, dove le temperature sono estremamente più rigide, questo indica una certa elasticità del parassita ad adattarsi alle più diverse condizioni climatiche (Vlassoff e McKenna, 1994; Lindqvist, 2001).

Teladorsagia ha avuto una prevalenza media intorno al 14%; con Haemonchus questo è uno dei generi più patogeni e responsabile di

abomasiti gravi con diarrea acquosa, disidratazione e deperimento marcato. Teladorsagia è anche molto resistente sia a climi freddi che secchi e caldi, ritrovandosi quindi in percentuale maggiore alla fine dell’inverno e dell’estate, questo spiega perché a Novembre 2006 e 2007 si sono osservate le prevalenze maggiori (Hammerberg, 1986; Ambrosi, 1995).

Gli altri generi isolati, Cooperia, Bunostomum e Chabertia sono risultati essere presenti in percentuali inferiori rispetto agli altri

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precedentemente citati. Questi generi hanno solitamente un ruolo secondario nel determinismo delle infezioni (Urquhart, 1998); le femmine sono altamente prolifiche, con una media di uova partorite giornalmente intorno a 3000-5000 (Hammerberg, 1986; Ambrosi, 1995). La bassa prevalenza di questi generi evidenziata con l’identificazione e la loro elevata prolificità fa pensare che la popolazione parassitaria nell’ospite sia abbastanza ridotta. Tuttavia è necessario non sottovalutare mai la loro presenza perché esplicano un’azione sinergica insieme agli altri agenti patogeni.

L’evidente presenza di poliparassitismo nell’allevamento in esame rappresenta un fattore importate da tenere sottocontrollo, in quanto la loro azione congiunta risulta maggiore sullo stato di salute dell’ospite. Tuttavia, l’intensità dell’infezione risulta abbastanza limitata nei vari campionamenti ed in base a quanto stabilito da Ambrosi (1995), si potrebbe definire una gravità ad un livello medio basso, di conseguenza sarebbe auspicabile evitare di trattare gli animali, almeno fino a quando i livelli di UPG rimangono al di sotto di 150-600, per evitare così un abuso di farmaci di sintesi. Si può quindi affermare che nell’allevamento c’è un buon controllo per quanto riguarda il problema della strongilosi gastrointestinale, tuttavia è caldamente consigliato inserire nella pratica dell’allevamento un monitoraggio costante delle parassitosi, sia per valutare il tasso di infezione che per censire la popolazione parassitaria presente e poter stimare così in modo più completo il rischio sanitario e zootecnico.

La coccidiosi, sostenuta dalle specie del genere Eimeria è risultata una parassitosi estremamente diffusa nell’allevamento ed il livello di prevalenza medio riscontrato è stato pari all’83,3%, confermando i dati epidemiologici riportati in bibliografia, secondo cui in Italia la copropositività oscilla dal 60 al 100% e non è possibile ottenere allevamenti completamente indenni (Ambrosi, 1995; Scatena e Perrucci 2002).

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Figura 7.4 Prevalenze della coccidiosi (Eimeria spp.) osservate nell’allevamento “Fattoria Il Lischeto” tra Novembre 2006 e Novembre 2007.

La prevalenza si è mantenuta a livelli elevati per tutto l’anno in entrambe le categorie di animali, tuttavia nel caso degli agnelli sia la prevalenza che l’intensità sono risultate notevolmente superiori.

Nei soggetti adulti è stata osservata una prevalenza media intorno al 90%, con lievi oscillazioni nei vari campionamenti, questo valore risulta in linea con quanto osservato in studi analoghi condotti in Italia ed in Europa (Ambrosi, 1995; Taylor e Catchpole, 1994). In uno studio condotto in Austria la prevalenza negli adulti oscilla tra il 20 ed il 60% con tassi più alti in prossimità del parto (Platzer, 2005). Per quanto riguarda l’intensità dell’infezione, si può notare che i valori di OPG osservati sono stati sempre superiori a 520, con il valore più alto a Febbraio 2007 (986,7 OPG). I valori osservati risultano importanti da un punto di vista dei danni che questa parassitosi può causare, infatti si stima che un valore di OPG superiore a 730 corrisponda già ad un rischio zootecnico che necessita, quindi, di un intervento immediato al fine di poter controllare un’ulteriore diffusione dell’infezione. È necessario dire però che questi valori si avvicinano a quelli riportati in

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bibliografia, in cui negli adulti il tasso di OPG si aggira intorno a 1000 (Ambrosi, 1995). 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

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Figura 7.5 Prevalenze della coccidiosi (Eimeria spp.) osservate nei soggetti

adulti dell’allevamento “Fattoria Il Lischeto” tra Novembre 2006 e Novembre 2007.

Per quanto riguarda gli agnelli, è possibile osservare una presenza costante della parassitosi che va a colpire la totalità dei soggetti giovani. Questi livelli di prevalenza così elevati possono essere facilmente spiegati sia con una predisposizione all’infezione legata all’età, sia con l’allevamento di tipo stallino in cui vengono tenuti gli agnelli almeno per i primi quattro mesi di vita, che rappresenta un fattore di rischio maggiore (Casarosa, 1985; Ambrosi, 1995; Urquhart, 1998; Platzer, 2005; Larsson et al. 2006). Anche l’alta densità degli agnelli deve essere considerato come un fattore di rischio importante per l’infezione, in quanto le oocisti trovano le condizioni di temperatura, umidità e ossigenazione, adatte alla sopravvivenza ed alla sporulazione (Berriatua, 1994; Ambrosi, 1995).

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I livelli di infezione osservati alle analisi coprologiche sono risultati estremamente elevati, con una media annuale pari a 1825 OPG; particolarmente significativo è il picco di eliminazione che si è verificato a Febbraio 2007 dove si è raggiunto un valore medio di 6950 OPG, che indica un grave rischio, sia zootecnico che sanitario, e la necessità di adottare subito delle misure volte a ridurre l’infezione, partendo da una gestione più corretta della lettiera e delle condizioni igieniche della stalla. 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

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Figura 7.6 Prevalenze della coccidiosi (Eimeria spp.) osservate negli agnelli

dell’allevamento “Fattoria Il Lischeto” tra Novembre 2006 e Novembre 2007.

Questo è importante in quanto la gravità delle conseguenze della parassitosi è legata a diversi fattori e non solo al numero di oocisti osservate nelle feci. A riprova di ciò Ambrosi (1995) indica che è possibile osservare, talvolta, soggetti con valori medi elevatissimi, fino a 50000 OPG che non presentano alcuna sintomatologia; tuttavia, anche in questi casi c’è una riduzione importante in termini di peso corporeo ed incremento ponderale, in relazione principalmente ai danni mucosali con deficit di assorbimento e perdita di proteine (Ambrosi, 1995).

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Per i coccidi, così come per gli strongili gastrointestinali, è stata effettuato il riconoscimento e l’identificazione delle specie coccidiche, così da avere un quadro generale di quelle che sono le più diffuse, ed in base alla loro patogenicità stimare quale è rischio ad esse connesso. Nel presente studio, delle dodici specie riconosciute fino ad ora interessare gli ovini ne sono state identificate sei: E. ovina, E. parva, E.

ovinoidalis, E. ashata, E. crandallis e E. faurei. Le specie riconosciute

come più patogene sono soprattutto E. ovina E. ashata, E. ovinoidalis (Pellerdy, 1974; Lindsay e Todd, 1993; Gregory, 1990; Kaufmann, 1996; Rimmel, 2000); l’elevata diffusione nell’allevamento della coccidiosi e la presenza di specie ad elevata patogenicità depongono per un elevato rischio di forme gravi e conclamate di malattia (Scala e coll., 1998; Varcasia, 2002).

E. ovina è risultata la specie più frequente, con una prevalenza media

nel periodo campionato pari al 56%, la sua elevata diffusione associata agli alti livelli di oocisti rilevati nelle feci indica un fattore di rischio. Per quanto riguarda le altre due specie maggiormente patogene, E. ashata ed E. ovinoidalis, hanno mostrato prevalenze rispettivamente del 7,7% e dell’11% con andamento variabile nel corso dei campionamenti, benché queste due specie siano state osservate meno frequentemente è consigliabile non sottovalutare il ruolo patogeno che possono svolgere, soprattutto in sinergia con le altre specie e con altri parassiti. Prevalenze abbastanza contenute sono state osservate anche per E. parva (12,2%), E.

faurei, 9,1% e E. crandallis (7,7%).

In uno studio analogo condotto in Austria la specie più frequente è risultata E. ovinoidalis (28,3%), seguita da E. crandallis ( 27,3%), E. ashata (19,1%) ed E. ovina (18,4%), (Platzer et al., 2005).

Perché compaiono sintomi conclamati legati alla coccidiosi oltre ad una elevata patogenicità è necessaria la presenza di altre concause, tra cui la facilità di venire facilmente a contatto con il parassita, le condizioni igieniche ambientali, il sovraffollamento, errori o carenze alimentari e la presenza di altre patologie concomitanti.

Detto ciò e considerato il carattere ubiquitario della parassitosi, l’elevato grado di contaminazione ambientale, l’elevata resistenza delle oocisti

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nell’ambiente esterno, la prevenzione ha un ruolo fondamentale (Ambrosi, 1995; Scatena e Perrucci, 2002).

Per la strongiloidosi la positività nel periodo di studio è stata pari al 51%, mostrando un aumento della prevalenza nel mese di febbraio. I dati epidemiologici indicano che la presenza di S. papillosus nell’allevamento ovino è estremamente variabile, con livelli di positività dal 10 al 90%, in relazione soprattutto all’età ed alle condizioni di stabulazione.

S. papillosus è favorito particolarmente da elevata piovosità e

temperature superiori alla media, riprendendo quanto già esposto per gli strongili gastrointestinali, si può ipotizzare che anche in questo caso condizioni climatiche più miti nel mese di febbraio 2007 e nei mesi precedenti abbiano favorito la diffusione del parassita.

Per quanto riguarda i soggetti adulti la prevalenza media è stata intorno al 39%, in linea con quanto riportato da studi effettuati in passato, secondo cui negli adulti raggiunge il 35-50% (Ambrosi, 1995).

Per quanto riguarda l’intensità dell’infezione, questa è risultata pari a 28,33 UPG, ovvero estremamente bassa. Si può per cui affermare che questa parassitosi appare sotto controllo, in quanto ben al di sotto dei valori medi che normalmente si osservano negli allevamenti ovini, introno alle 250-500 UPG (Ambrosi, 1995).

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Figura 7.7 Prevalenzadi Strongiloides papillosus osservate nell’allevamento

“Fattoria Il Lischeto” tra Novembre 2006 e Novembre 2007.

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Figura 7.8 Prevalenza i Strongyloides papillosus osservate nei soggetti adulti

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Per quanto riguarda gli agnelli la prevalenza media è stata del 65%, con dei livelli di positività pari al 100% nei mesi di febbraio 2007 e Novembre 2007.

La maggior prevalenza riscontrata nei soggetti giovani rispetto agli adulti, con l’esclusione del campionamento di Novembre 2006, è un reperto normale, in quanto S. papillosus colpisce principalmente i soggetti giovani, fino a 9-10 mesi di età (Ambrosi, 1995).

Relativamente ai livelli di infezione si è osservato un valore medio di UPG pari a 100, questo dato non risulta particolarmente elevato benché gli agnelli siano tenuti in stalla e quindi il rischio di infezione sia maggiore. Nel mese di Novembre 2007 l’intensità dell’infezione è risultata maggiore, con una media di UPG pari a 266,7, valore coerente con questo tipo di allevamento (Ambrosi, 1995).

In conclusione di può affermare che la strongiloidosi, nonostante sia ampiamente diffusa nell’allevamento, non si trovi ad un livello tale da costituire un pericolo per l’allevamento.

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Figura 7.9 Prevalenza di Strongyloides papillosus osservate negli agnelli

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Gli strongili broncopolmonari hanno avuto un andamento incostante nel corso dell’anno, con una prevalenza media del 22%, questo valore risulta inferiore a quella che è la situazione epidemiologica italiana, e soprattutto toscana, dove si stima una positività intorno al 98% dei capi (Ambrosi, 1995). 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

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Figura 7.10 Prevalenze degli strongili broncopolmonari osservate nell’allevamento “Fattoria Il Lischeto” tra Novembre 2006 e Novembre 2007.

In particolare è da sottolineare il fatto che è stato isolato solo il genere

Dictyocaulus, che solitamente ha una diffusione minore rispetto ai

piccoli strongili polmonari, Ambrosi (1995), indica che Dictyocaulus

filaria è stato identificato nel 14% dei capi sui 98% risultati positivi per

la strongilosi polmonare.

Probabilmente la bassa prevalenza della parassitosi è da relazionare anche alla scarsa prolificità delle femmine di D. filaria, così che gli ospiti parassitari eliminano con le feci da poco più di 2-3 larve fino ad massimo di 30 LPG.

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A Novembre 2006 e Febbraio 2007 gli strongili polmonari non sono stati osservati, mentre sono stati rilevati nel campionamento di Luglio 2007 ed in quello di Novembre 2007 con prevalenze crescenti. La prevalenza di D. filaria dovrebbe seguire un andamento stagionale, caratterizzato da un picco primaverile ed uno autunnale, si può invece osservare che questa situazione non si è verificata, infatti solo a Novembre è possibile evidenziare un aumento nella diffusione del parassita e un altro elemento importante è che è risultato presente anche in piena estate (Luglio 2007), probabilmente favorito da temperature medie non troppo elevate e da piovosità abbondante.

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Figura 7.12 Prevalenze di strongili broncopolmonari osservate negli adulti

dell’allevamento “Fattoria Il Lischeto” tra Novembre 2006 e Novembre 2007

È stato possibile osservare una differenza legata all’età dei soggetti, la prevalenza maggiore è stata rilevata nei soggetti giovani, con una media di positività del 75%. Questo rilievo è giustificato dal fatto che D. filaria predilige i soggetti giovani, anche se è in contrasto con lo scarso adattamento del parassita all’allevamento stallino. Nei soggetti adulti la

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scarsa prevalenza può essere interpretata anche come l’acquisizione di un certo grado di resistenza nei confronti del parassita.

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Figura 7.13 Prevalenze di strongili broncopolmonari osservate negli agnelli

dell’allevamento “Fattoria Il Lischeto” tra Novembre 2006 e Novembre 2007.

Oltre alle malattie parassitarie precedentemente trattate è necessario ricordare che sono stati messi in evidenza anche altri parassiti tra cui Moniezia benedeni, Trichuris sp. e D. dendriticum.

Moniezia benedeni è risultata presente nell’allevamento con una

prevalenza media del 7% ed andamento incostante nel corso dei campionamenti. Solitamente questo parassita presenta un andamento stagionale con picchi di positività in primavera ed in autunno. I valori maggiori di prevalenza osservati nell’anno sono invece stati osservati a Febbraio 2007, mentre a Novembre 2006 è risultato totalmente assente e nel Novembre 2007 ha avuta una prevalenza molto bassa intorno al 5%. Questo è probabilmente da ricondurre al trattamento antielmintico effettuato nel mese di Ottobre 2007 con Hapadex

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che agisce anche contro i cestodi.

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La prevalenza è risultata leggermente maggiore negli adulti (in media 6,7%) rispetto agli agnelli (5%), questo probabilmente perché è un parassitosi legata soprattutto al pascolo mentre i giovani sono tenuti in stalla fino ai quattro mesi. I livelli di prevalenza riscontrati sono tuttavia bassi e dato che all’analisi quantitativa dei campioni fecali non è stato possibile isolare M. benedeni si può affermare che questa parassitosi non desta particolari preoccupazioni nell’allevamento.

Per quanto riguarda i Trematodi, è stata rilevata la presenza solo di D.

dendriticum nel campionamento effettuato nel Febbraio 2007, la

prevalenza è risultata però estremamente bassa, intorno al 6,25% nel corso di tutto l’anno, contrariamente a quanto viene osservato solitamente in cui le prevalenze raggiungono facilmente valori prossimi al 100%.

Il parassita è stato isolato in un pool fecale di adulti confermando che questi soggetti sono i più interessati dalla patologia, inoltre è possibile osservare che D. dendriticum è risultato presente nella stagione invernale (Febbraio 2007), il che è in linea con quanto affermato da molti autori che vedono nell’inverno la stagione in cui i livelli di prevalenza raggiungono i valori massimi (Manga-Gonzàles, 1991; Ambrosi, 1995).

Per D. dendriticum non sono state eseguite analisi quantitative, di conseguenza è difficile stimare la presenza di un potenziale rischio produttivo e sanitario; tuttavia, la sola presenza del parassita, considerando i notevoli danni di cui si rende responsabile negli allevamenti e delle sue caratteristiche biologiche che ne consentono una facile diffusione, non deve essere sottovalutata.

Trichuris sp. ha riportato una prevalenza estremamente bassa nell’anno

oggetto dello studio, pari a 1,3%, la sua presenza è stata osservata limitatamente agli adulti e solo nel mese di Novembre 2006. Alle analisi quantitative non è stato possibile isolarlo, di conseguenza si ritiene che la sua importanza nell’allevamento in esame risulta scarsa.

Per quanto riguarda Cryptosporidium sp., la sua identificazione negli strisci fecali indica che potrebbe aver avuto un ruolo importante nel determinare l’episodio dell’aumento della mortalità neonatale. Questa

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parassitosi è tipica dei giovani soggetti che ancora non hanno sviluppato un’immunità adeguata, infatti con il passare del tempo e l’acquisizione dell’immunocompetenza gli ospiti riescono a controllarla. Nei soggetti con difese immunitarie inefficienti il protozoo può replicarsi in modo esponenziale, tanto che nelle feci si può arrivare ad avere fino a 1x106

-1x107 OPG. La notevole quantità di oocisti eliminate con l’ambiente, la

loro resistenza nell’ambiente esterno, associate ad una scarsa igiene ambientale sono tra le cause principali di diffusione dell’infezione, che può evolvere in modo subclinico o provocare gravi conseguenze con tassi molto alti di mortalità (Genchi, 2002).

Il rilievo della presenza di C. parvum nell’allevamento indica un potenziale pericolo che necessita di essere monitorato ed allo stesso tempo una maggiore cura ambientale con pulizie approfondite e rimozione frequente delle feci. Attenzione deve essere posta non solo verso gli agnelli, più suscettibili all’infezione, ma anche verso le madri, che rappresentano il serbatoi dell’infezione e che eliminano un maggior numero di oocisti proprio nel periodo che precede e segue il parto.

Va inoltre detto che la sensibilità la metodica di Ziehl-Neelsen modificata, impiegata per la colorazione degli strisci fecali, risulta piuttosto bassa (Arrowood and Sterling, 1989; Xiao and Herd, 1994; Katanik et al., 2001) di conseguenza non è possibile identificare con certezza la specie in causa (Arrowood and Sterling, 1989; Cole et al., 1999; Cacciò, 2004; Garcia and Garcia, 2006), tuttavia, in base alle caratteristiche morfo-metriche osservate delle oocisti isolate, si può ipotizzare che si tratti di C. parvum (Xiao et al., 2004).

Riguardo il ruolo delle terapie non convenzionali, l’utilizzo dell’omeopatia in campo zootecnico si sta notevolmente diffondendo nell’ambito del biologico anche perchè il numero di trattamenti allopatici consentiti è estremamente ridotto; inoltre i comuni antielmintici rappresentano una spesa importante per l’allevatore, contribuiscono a far aumentare e a diffondere il problema dell’antielmintico resistenza, hanno effetti limitati nel tempo e residuano nei prodotti di origine animale.

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L’applicazione del metodo omeopatico in campo zootecnico desta però non pochi problemi, in quanto è necessario trovare un rimedio che vada bene per il gruppo di animali da trattare. Il medico veterinario omeopata deve quindi condurre un’anamnesi approfondita del gruppo, indagando anche sull’alimentazione, sulle caratteristiche dell’ambiente fisico e sociale e recuperare tutte le informazioni utili per una più precisa identificazione delle peculiarità del gruppo (Pisseri, 2001).

È necessario individuare tutto ciò che può aver influito negativamente sugli animali, errori legati alla gestione dell’allevamento, all’alimentazione o anche tutti quei fattori più tecnici riguardanti le strutture, gli abbeveratoi e tanto altro, infatti non è possibile pensare di eliminare una malattia se poi non ci sono nell’allevamento le condizioni idonee all’animale ed alle sue esigenze.

In linea con quanto auspica il Reg. 1804/99, per quanto riguarda il ricorso a metodi alternativi di controllo delle malattie, nel momento in cui si è verificato l’aumento della mortalità neonatale, gli allevatori della “fattoria Il Lischeto” hanno deciso di optare per l’utilizzo dell’Omeopatia.

Al contrario del farmaco allopatico, che va a sopprimere il sintomo, il rimedio omeopatico dà all’animale lo stimolo necessario per poter reagire attraverso il principio del “similia similibus curentur”, per cui mentre il farmaco di sintesi ha come obbiettivo quello di azzerare totalmente la carica parassitaria il rimedio omeopatico ha come scopo di far sì che si crei un equilibrio tra parassita ed ospite, mantenendo le parassitosi al di sotto del livello di tolleranza, ovvero a livello di resilienza o di resistenza.

La resilienza rappresenta la capacità dell’ospite a crescere ed a produrre malgrado la presenza del parassita, mentre la resistenza è la capacità dell’ospite di ridurre il tasso di crescita, la fecondità e/o la persistenza di una popolazione parassitaria. Si può quindi affermare che i rimedi omeopatici non hanno un effetto antielmintico diretto, bensì aumentano la resilienza degli ospiti (Cabaret et al., 2002, Coop e Kyriazakis, 2001), si capisce per cui come non sia possibile valutare gli effetti terapeutici dell’omeopatia in modo scientifico ed utilizzando i metodi standard

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impiegati nella valutazione dell’efficacia dei farmaci antielmintici di sintesi, ma questi metodi devono essere integrati con nuove procedure di valutazione basate principalmente sugli indici produttivi (Cabaret et al, 2002; Benvenuti e coll., 2004 ).

I due rimedi scelti attraverso la repertorizzazione, Phosphorus XMK e Zincum Phosphoricum XMK, sono stati somministrati a tutte le fattrici alla dose di 2cc per os a capo ogni 15 giorni per i primi due mesi e poi una volta al mese, per ridurre i fenomeni di diarrea e mortalità neonatale. Lo scopo principale di questo trattamento, che si potrebbe definire eugenetico, è quello di esaltare la capacità delle madri di stabilire una “convivenza” equilibrata con la noxa patogena e di trasmetterla alla prole nella fase di allattamento (Biagi e coll., 2001). L’eugenetica, prevede infatti l’utilizzo di trattamenti ripetuti, individuati sulla base delle caratteristiche peculiari del soggetto o del gruppo, in particolari fasi della vita dell’animale, come la gravidanza e l’allattamento, volto a curare e prevenire il ripresentarsi di patologie specifiche. Questo consentirà di prevenire il manifestarsi delle problematiche più ricorrenti sia nei soggetti trattati che sulla loro prole e determinerà sull’allevamento un aumento delle difese immunitarie ed una maggiore stabilità dei soggetti, anche dal punto di vista comportamentale (Carteri e Verdone, 2000).

Del Francia (1997) sottolinea che, sottoponendo le femmine gravide ad un trattamento con medicamenti omeopatici, si ottengono neonati molto forti, robusti, resistenti alle più comuni malattie neonatali e che dimostrano un netto equilibrio psicofisico e precocità di sviluppo.

Volendo valutare l’utilità del trattamento omeopatico effettuato, si può osservare come questo sembra aver dato buoni risultati, dai dati aziendali viene riportata una diminuzione della mortalità degli agnelli dal 9%, riferita alla stagione 2005/2006 solamente all’1% nell’anno successivo.

Anche i fenomeni di diarrea si sono ridotti notevolmente, in base sia a quanto osservato dall’allevatore che dal veterinario aziendale.

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Per quanto riguarda le produzioni di latte non ci sono sostanziali differenze tra l’anno 2006, che corrisponde a quello in cui si è verificato il problema, e l’anno seguente, il 2007.

0 5 10 15 20 25 30

dicembre gennaio febbraio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre Mesi Q .l i la tt e Produzione 2006 Produzione 2007

Figura 7.12 Quintali di latte procapite prodotti mensilmente nell’anno 2006 e 2007 dalle pecore della fattoria “Il Lischeto”.

Per quanto riguarda l’intensità dell’infezione parassitaria non è stata osservata una riduzione della carica parassitaria, tuttavia, questo non può essere preso come parametro per valutare l’efficacia del trattamento omeopatico, in quanto il fine ultimo di questo è di ristabilire l’armonia del paziente con se stesso e con ciò che lo circonda e non di ottenere un’eliminazione dei parassiti. Il fatto che dalle analisi coprologiche non ci sia stato un miglioramento, associato alla riduzione della mortalità neonatale e della diarrea ed ad un andamento costante della produzione lattea nel corso dei due anni, può far ipotizzare che gli animali abbiano sviluppato un certo grado di resistenza o resilienza nei confronti dei parassiti, non mostrando segni clinici degni di nota.

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È da sottolineare che il trattamento avrebbe dovuto avere una durata di un anno, ma è stato interrotto solo dopo quattro mesi, per cui non si può escludere che se realmente fosse stato portato alla fine si sarebbero potuti osservare anche altri effetti.

Non ci sono stati fenomeni di aggravamento, o conseguenze negative, che possano giustificare la scelta di sospendere la terapia. Più ipotizzabile è che, avendo i due allevatori che gestiscono la “Fattoria Il Lischeto”, punti di vista diversi sull’utilizzo dell’omeopatia come metodo di prevenzione e cura delle patologie, ci sia stato un disaccordo che poi ha portato all’interruzione del trattamento. Si può inoltre affermare che probabilmente nessuno dei due allevatori era realmente pronto e cosciente della scelta intrapresa, in quanto l’omeopatia richiede una concezione diversa della malattia rispetto alle pratiche convenzionali.

Il fatto che ci sia stata un’interruzione precoce da parte degli allevatori, avvenuta nel momento in cui si è avuta la consapevolezza che il problema principale, ovvero quello legato alle morti neonatali, era stato risolto, pone l’accento sull’importanza che l’approccio omeopatico deve essere compreso ed apprezzato dall’allevatore, che naturalmente deve essere correttamente informato.

L’omeopatia si è rivelata un valido aiuto nella risoluzione del problema delle mortalità neonatale, tuttavia considerando che la sua applicazione non può prescindere da una corretta gestione aziendale è possibile ottenere probabilmente dei risultati ancora maggiori; ad esempio è stato notato che gli agnelli che presentavano sintomatologia più grave fino alla morte erano quelli nati alla fine della stagione, da pecore che erano rimaste più tempo nella stalla e quindi probabilmente più esposte all’azione di organismi patogeni. Sarebbe per cui indicata una gestione più attenta da un punto di vista igienico sanitario, cercando di non far sostare troppo a lungo le fattrici nella stalla o comunque attuando frequenti ed accurate pulizie e disinfezioni. Sarebbe interessante anche ripetere l’esperienza dell’omeopatia rispettando però i giusti tempi di trattamento ed eventualmente scegliendo dei rimedi che siano più efficaci contro le parassitosi, in questo caso sarà però necessaria una

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reale presa di coscienza da parte degli allevatori su cosa significhi approcciarsi all’omeopatia. Presupposto essenziale perché l’uso dell’omeopatia abbia successo è lo stretto rapporto di fiducia reciproca che deve istaurarsi fra il veterinario curante e l’allevatore, in quanto l’omeopatia non sostituisce semplicemente, così come molti credono, un farmaco di sintesi con uno più naturale e salutare, ma presuppone un approccio differente alle problematiche legate alla gestione della salute anche nelle realtà di tipo zootecnico.

Per quanto riguarda l’utilizzo delle terapie convenzionali nell’allevamento “Fattoria il Lischeto”, si è potuto osservare che conservano un ruolo determinante per il controllo delle endoparassitosi. La normativa sull’allevamento biologico (Reg. CE 1804/99), consente di utilizzare fino a due trattamenti antiparassitari annui, proprio perché le malattie parassitarie rappresentano un importante problema con un’elevata incidenza sull’economia aziendale, tuttavia ne impedisce l’utilizzo a scopo preventivo.

Nell’allevamento esaminato il ricorso a farmaci di sintesi per la lotta alle parassitosi rappresenta è ancora la prima scelta, soprattutto per la loro velocità d’azione ed efficacia. Solitamente vengono effettuati due trattamenti annui, in primavera ed in autunno, dopo aver eseguito delle analisi coprologiche su un campione aziendale per individuare i parassiti presenti ed, in base alla loro prevalenza, il farmaco più efficace.

In base ai risultati ottenuti dalle analisi coprologiche si può affermare che nel complesso l’azienda non ha mostrato delle vere e proprie situazioni di rischio imminente, zootecnico o sanitario, legato alle parassitosi, considerando oltretutto che è un allevamento biologico. I tassi di infezione sono risultati solitamente ad un livello medio-basso, con l’unica eccezione dei coccidi, a questo proposito va però sottolineato che le molecole farmacologiche utilizzate nei due trattamenti antiparassitari (p.a.: Albendazolo sulfossido e Netobimin) non agiscono sui protozoi, e quindi neanche sui coccidi.

È necessario ricordare inoltre che anche l’utilizzo degli antielmintici richiede di essere accompagnato da una gestione aziendale corretta, ad

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esempio sarebbe opportuno, per somministrare il farmaco agli animali, che questi venissero radunati e poi lasciati alcuni giorni dopo il trattamento nella stessa area, spostandoli poi altrove per poter effettuare le giuste operazioni di pulizia e disinfezione. L’azione dei farmaci di sintesi è infatti di per se limitata nel tempo e se i soggetti vengono lasciati in un ambiente contaminato risulteranno nuovamente infetti dopo pochissimo tempo. Altro fattore a svantaggio dell’utilizzo delle molecole di sintesi è quello legato all’insorgenza dei fenomeni di resistenza che si sta diffondendo sempre di più ed è causato proprio ad un loro uso irrazionale.

Al fine di ridurre l’utilizzo degli antielmintici si potrebbe pertanto consigliare un frequente monitoraggio dell’allevamento, così da poter costantemente osservare l’evoluzione della popolazione parassitaria ed intervenire solo nel momento in cui esiste un pericolo reale che può comportare conseguenze negative sia per gli animali che per l’azienda. Va infine ricordato, anche se già detto in precedenza, che animali che non hanno mai avuto contatto con i parassiti non possiedono le difese immunitarie necessarie a contrastarne l’azione, al contrario animali parassitati e che hanno stabilito un rapporto di equilibrio con il risultano meno sensibili e capaci di impedirne l’azione patogena.

Figura

Figura  7.1    Prevalenze  della  strongilosi  gastrointestinale  osservate
Figura 7.2  Prevalenze della strongilosi gastrointestinale osservate nei soggetti
Figura 7.3  Prevalenze della strongilosi gastrointestinale osservate negli agnelli
Figura  7.4  Prevalenze  della  coccidiosi  (Eimeria  spp.)  osservate  nell’allevamento “Fattoria Il Lischeto” tra Novembre 2006 e Novembre 2007
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