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Multi-Level governance e il concetto di battleground nelle politiche per richiedenti asilo e rifugiati: la realtà trevigiana.

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale

in Lavoro, cittadinanza sociale, interculturalità

LM- 87 Servizio Sociale e Politiche Sociali

Tesi di Laurea:

Multi-Level governance e il concetto di battleground

nelle politiche per richiedenti asilo e rifugiati: la realtà

trevigiana.

Relatrice

Prof.ssa Francesca Campomori

Laureanda

Valentina Donadel

Matricola

841273

Anno accademico

2018/2019

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Ringraziamenti

Arrivata a conclusione di questo mio percorso universitario desidero ringraziare alcune persone senza le quali probabilmente non ce l’avrei fatta.

Non riuscirò mai ad esprimere completamente la gratitudine verso la mia famiglia, che c’è sempre stata e verso le persone a me più vicine, indispensabili in questo anno: Elisabetta, Marco e Nicole. Solo: grazie di esserci.

Non posso non ringraziare Noemi, la mia compagna di corso a cui mi sento più legata dopo aver ripreso gli studi, grazie per l’infinita pazienza e gli ottimi consigli.

Ringrazio e abbraccio le mie ex colleghe di Caritas Tarvisina, donne meravigliose, Elena, Faustina e Valentina, che mi hanno insegnato molto.

Un particolare grazie va alla mia relatrice, la professoressa Campomori, per avermi supportato nella stesura di questa tesi, seguendomi con professionalità e gentilezza. Infine, dedico questo lavoro a Katia, lei sa il perché.

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Indice

INTRODUZIONE ... 4

1. LA MULTI-LEVEL GOVERNANCE E IL CONCETTO DI “BATTLEGROUND” NELLE POLITICHE DI RICEZIONE DEI RICHIEDENTI ASILO ... 10

1.1 Multi-Level Governance come strumento di lettura delle politiche ... 10

1.2 L’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati in Italia ... 12

1.2.1. Italia e Immigrazione ... 12

1.2.2 Politiche e legislazione in materia ... 14

1.2.3 Il “Decreto Sicurezza” ... 20

1.3 Mappatura degli attori ... 25

1.3.1 L’Unione Europea ... 26

1.3.2 Interazioni verticali di governo: livello nazionale e enti locali ... 31

1.3.3 Attori “pro-immigrati” ... 33

1.3.4 Attori “anti-immigrati” ... 36

1.3.5 Interazioni tra il piano verticale (poteri pubblici) e società civile (piano orizzontale) ... 37

2. IL VENETO E LA SUBCULTURA BIANCA ... 39

2.1 Il concetto di subcultura politica ... 39

2.2 Il Veneto bianco ... 41

2.3 Il Veneto che cambia ... 45

2.4 Treviso e il sindaco “sceriffo” ... 52

2.5 Subcultura che va, principi che restano ... 54

3. “BATTLEGROUND” TREVIGIANA ... 56

3.1 Ricerca e metodologia ... 56

3.2 Dimensione verticale: i livelli di governo e il sistema di accoglienza ... 59

3.2.1 SPRAR ... 59

3.2.2 CAS ... 65

3.3 Dimensione orizzontale ... 74

3.3.1 Attori del Terzo Settore: interazioni tra loro e la società civile ... 74

3.3.2 Attori organizzati (Associazioni di volontariato, chiese, sindacati etc.) ... 77

3.3.3 Movimenti sociali: Django ... 81

3.3.4 Gruppi di sostegno e “battitori liberi” ... 84

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3.4 “Post-accoglienza” ... 89

3.5 Attori locali e ultime modifiche normative (d.l. 113/2018) ... 91

4. “BATTLEGROUND” TREVIGIANA, UN’ANALISI ... 94

4.1 Governance verticale: “confini locali” in un sistema in fase di cambiamento ... 96

4.2 Governance orizzontale: molteplicità di attori e complessità nel fare rete ... 101

4.3 Post-accoglienza: mancanza delle politiche e tentativi di farvi fronte ... 104

4.4 Treviso: interrelazioni tra poteri pubblici e società civile ... 106

4.5 Modifiche normative e cambio di scenario ... 107

CONCLUSIONE ... 110

APPENDICE A: interviste ... 115

Intervista 1: Comune di Treviso ... 115

Intervista 2: Caritas Tarvisina per la parte CAS ... 123

Intervista 3: LaEsse per la parte SPRAR ... 139

Intervista 4: LaEsse per la parte CAS ... 159

Intervista 5: Caritas Tarvisina per il progetto “Rifugiato a casa mia” ... 179

Intervista 6: Civico 63 ... 190

Intervista 7: Talking Hands ... 201

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INTRODUZIONE

La Multi-Level Governance (MLG): “evoca l’idea di soluzioni sempre più complesse per giungere a decisioni autorevoli in reti sempre più fitte di attori pubblici e privati, individuali e collettivi1” (Piattoni 2010, 1).

Tale approccio analitico è nato in ambito europeo per meglio comprendere le politiche nell’Unione Europea (Marks 1993), considerando che molteplici attori, non unicamente gli esecutivi degli Stati Membri, come regioni ed enti locali, possono prendere parte alle politiche comunitarie in tutte le sue fasi.

Più precisamente per MLG si intende un approccio allo studio delle politiche che riguarda l’analisi di due dimensioni che si incontrano e si intrecciano: quella verticale, che riguarda i rapporti tra i vari livelli di governo; quella orizzontale, caratterizzata dalla relazione tra attori pubblici e privati (Campomori F. 2018c, 1).

Le politiche di ricezione e accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, in Italia, sono oggetto di un sistema articolato di governance che prevede il coinvolgimento di vari attori nei livelli di governo e un ruolo significativo di una dimensione orizzontale, in cui si muovono una molteplicità di attori pro e contro l’immigrazione: per questa ragione la MLG si presenta come approccio adatto a comprende maggiormente i processi di

policymaking in questo tema particolarmente controverso (Ibidem).

Lo scenario attuale, infatti, vede lo Stato Nazione sfidato da processi quasi simultanei di devoluzione sia verso il livello sovranazionale, sia verso quello subnazionale, nel quale gli attori del privato sociale hanno assunto ruoli sempre più decisivi nell’implementazione delle politiche a livello locale.

In realtà, il concetto di MLG va completato, in quanto permette una comprensione analitica maggiore nella dimensione intergovernativa rispetto al piano orizzontale di governo, in cui agiscono attori pubblici e privati. Il motivo principale risiede nel fatto che gli studi sulla MLG si sono concentrati sulle azioni coordinate e l’ordine negoziato tra livelli.

A livello locale italiano si è lungi dal vedere interazioni guidate dalla coordinazione. Il primo ingente numero di richiedenti asilo arrivati nel nostro paese risale al 2011 con la cosiddetta Emergenza Nord Africa. I 62000 immigrati sbarcati prevalentemente a

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Lampedusa (Campomori F. 2018c) hanno fatto presagire un sistema di accoglienza assente. Il governo ha affrontato la crisi utilizzando la Protezione Civile come braccio operativo, mentre per quanto riguardava le forme di protezione internazionale la gran parte dei richiedenti asilo ottenne la protezione umanitaria (Ibidem). Il programma che riguardava il coinvolgimento della Protezione Civile finì, la maggior parte dei profughi concluse il periodo nelle varie strutture, tranne i più vulnerabili che vennero accolti negli SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Dall’esperienza non si sviluppò un processo di policy-making articolato, né una precisa definizione di ruoli e responsabilità tra i vari livelli di governo (Campomori F. & Feraco M. 2018, 128).

Dopo due anni di arrivi relativamente meno incisivi, lo sbarco di 170000 profughi nel 2014, ha segnato un momento di svolta. L’evento ha spinto il governo a predisporre un sistema di accoglienza strutturato e non episodico. È stato formalizzato in sede di Conferenza Unificata un accordo tra enti locali e regioni2, in cui, quest’ultime si impegnavano ad accogliere un certo numero di richiedenti asilo secondo parametri ben definiti.3 In quella sede è stato ampliato il sistema SPRAR assegnando per il periodo al 2014-2016 circa 21 mila posti.

A seguito di quel primo significativo momento di coordinamento tra livelli di governo, nel 2015 è entrato in vigore un decreto (d.lgs. n.142/2015) a ricezione della direttiva europea sulle condizioni di accoglienza (n. 2013/33/Ue). La norma ha cercato di strutturare maggiormente il sistema di accoglienza articolandolo in fasi, come già previsto dall’accordo raggiunto in sede di Conferenza Unificata.

Il sistema di accoglienza è stato progettato affinché il livello nazionale svolgesse un ruolo di coordinazione ed è diviso in tre fasi: primo soccorso, secondo livello di accoglienza e integrazione: lo SPRAR sarebbe dovuto diventare il percorso comune per tutti i richiedenti asilo.

A parte alcuni grandi centri in cui vengono accolti i richiedenti asilo appena arrivati nel territorio italiano, dal 2016, le politiche di asilo si basano essenzialmente su: SPRAR,

2 Quote regionali necessarie a riequilibrare la presenza dei profughi sul territorio, il 70% di coloro che venivano accolti erano ripartiti tra Calabria, Sicilia e Puglia (Campomori F & Feraco M. 2018, 131). 3

Percentuale della quota di accesso al Fondo Nazionale per le politiche sociali; esclusione dei comuni colpiti da terremoti o qualsivoglia emergenza; quote relative all’effettiva permanenza sul territorio e non alle assegnazioni iniziali.

http://www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/sub allegato_n_5_accordo_conferenza_unificata_luglio_2014.pdf

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un sistema nazionale in cui gli enti locali collaborano con il Ministero dell’Interno (accoglie 356504 persone), e CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) gestiti direttamente dal Ministero dell’Interno attraverso la collaborazione di attori privati (es. ONG, altri attori del terzo settore) che si occupano di accogliere richiedenti asilo bypassando le autorità locali (137000 persone).

Sebbene, lo SPRAR dovesse essere il luogo di arrivo per tutti i richiedenti asilo e il sistema preposto ad un reale progetto di integrazione per coloro che vengono accolti, le cifre testimoniano altro. Nello sviluppo dei progetti SPRAR, infatti, sono emerse forti criticità a causa di una mancanza di cooperazione a livello nazionale e locale. Si sono avviati 8705 progetti in 18006 comuni a fronte dei quasi 8000 presenti nel territorio nazionale. Pertanto, la maggior parte dei richiedenti asilo rimane confinata nei CAS (70%) di fatto distribuiti in tutta Italia, ma che non conferiscono ruoli ben definiti agli enti locali che li ospitano. Il prefetto (che rappresenta il governo centrale) può decidere di aprire un centro straordinario quando lo ritiene necessario senza l’approvazione del comune. A tale merito, molti enti locali hanno protestato contro l’avvio di CAS nei propri territori, talvolta dopo aver declinato la possibilità di aprire SPRAR dei quali avrebbero avuto la regia.

Le rimostranze delle autorità locali hanno creato veri e propri conflitti tra livello nazionale e livello locale. Congiuntamente si è assistito ad un forte aumento di politiche di esclusione attuate dai comuni che in alcuni casi sono arrivati ad impedire anche iniziative di solidarietà da parte della società civile locale verso i richiedenti asilo. All’interno della società civile, Ambrosini (2018), mappa due gruppi di attori che prendono posizione sulla questione dell’immigrazioni forzate: gli attori pro-immigrazione (ONG e organizzazioni del terzo settore, altri attori organizzati come associazioni di volontariato e sindacati, movimenti sociali, gruppi di sostegno e “battitori liberi”) e attori anti-immigrazione (comitati cittadini contrari all’accoglienza e partiti di estrema destra).

Il primo gruppo aiuta i richiedenti asilo e rifugiati in molteplici modi, sfidando le politiche di esclusione indette dal governo locale o nazionale; il secondo gruppo tenta di ostacolare l’accoglienza. Alla luce di queste interazioni tra i molteplici attori che si 4 https://www.sprar.it/progetti-territoriali-3 5 ibidem 6 ibidem

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muovono a livello locale si sviluppano le dinamiche di governance, che possono essere cooperative, a volte competitive e infine conflittuali.

La MLG comprende non solo l’ordine negoziato tra gli attori coinvolti dalle politiche di ricezione di richiedenti asilo e rifugiati, ma anche forti conflitti dettati dalla molteplicità di valori e fini che muovono gli attori nel locale, per questa ragione Ambrosini ha introdotto l’immagine di un “campo di battaglia” (battleground) per spiegare e completare l’approccio MLG.

Inoltre, l’ultima disposizione di legge (cosiddetto “Decreto Sicurezza” o “Decreto Salvini” l. n. 113/2018) che è andata a modificare il sistema di asilo, va in direzione restrittiva rispetto al percorso di accoglienza e crea potenziali conseguenze con ricadute anche tra le dinamiche multilivello.

Per provare a rafforzare e verificare il potenziale esplicativo del concetto di

“battleground” si è cercato di mappare il campo di battaglia trevigiano.

Per svolgere questa ricerca inizialmente si è ricostruita la tradizione politica veneta, guardando al concetto di “subcultura7

bianca”; come hanno dimostrato alcune ricerche (si veda Campomori F. 2008, Campomori F. & Caponio T. 2016) nell’ambito dell’integrazione degli stranieri i diversi interventi territoriali sono influenzati anche dalla differenziazione degli stili amministrativi, intesi come stile decisionale prevalente con cui il governo locale affronta e organizza le issues politiche (Campomori F. 2008, 76). Gli stili amministrativi sono condizionati a loro volta dalle subculture politiche territoriali e dalla diversa rappresentazione di ognuna riguardo al ruolo del pubblico nella regolazione politica (Ibidem).

Successivamente si arriva al cuore della ricerca: si sono individuati i vari attori presenti nel locale, le interazioni tra loro e ciò che queste hanno comportato nell’implementazione del sistema di accoglienza a Treviso. Sono emersi momenti di collaborazione tra i livelli inter-governativi e non sono mancati anche momenti di forte scontro, in particolare relativamente ad un grande hub, un centro di accoglienza straordinario che a Treviso è arrivato ad accogliere fino a 800 richiedenti asilo (nel 2016). Ci si è concentrati nel tentativo di ricostruire, quindi, il livello verticale di

7 Trigilia definisce la subcultura come: “Un particolare tipo di sistema politico locale, caratterizzato da un’elevata capacità di aggregazione e mediazione dei diversi interessi locale” (in Campomori 2008, pag.89). Esse in Italia si differenziano in “bianca” e “rossa” nel secondo capitolo verranno declinate in modo più puntuale

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governo per poi concentrarsi sulla dimensione orizzontale della governance identificando i gruppi pro-accoglienza e quelli contro.

Struttura del testo

Al fine di comprendere il campo di battaglia trevigiano e le dinamiche tra i vari attori al suo intero, si è diviso il testo in quattro capitoli: nel primo, si approfondirà il tema della MLG e del concetto di “battleground” nelle politiche di ricezione e accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati in Italia.

Si vaglierà la parte normativa che ha strutturato il sistema di accoglienza così come viene inteso, considerando le interazioni tra livelli di governo previste e le recenti modifiche che sono state apportate a termine dello scorso anno (2018).

Parte del capitolo è dedicata alla mappatura degli attori che a livello locale hanno un’influenza diretta o indiretta sull’implementazione delle politiche.

Il secondo capitolo è volto a comprendere la subcultura presente nella regione di appartenenza di Treviso, il Veneto, quella che viene indicata come “subcultura bianca”. Questa infatti, diviene una cornice valoriale importante che spiega alcuni rapporti tra società e istituzioni.

Il terzo capitolo cerca di mappare il “campo di battaglia” trevigiano. La metodologia utilizzata per riuscire a riconoscere gli attori presenti e le interazioni tra loro, ha riguardato uno studio della stampa locale, dal 2015 ad oggi, congiuntamente ad interviste qualitative che hanno interessato direttamente alcuni dei soggetti più significativi.

L’ultimo capitolo rappresenta invece il momento di analisi di quanto si è riuscito a ricostruire.

Precisazioni

Il testo non prende in considerazione tutte le criticità relative ai minori stranieri non accompagnati poiché a Treviso non sono emerse realtà che si occupano di accoglierli. Pertanto, anche nella trattazione delle recenti modifiche normative (d.l.113/2018) non si è parlato di ciò che riguarda i minori stranieri non accompagnati.

Una seconda precisazione riguarda la consapevolezza che nella fase conclusiva del presente lavoro di ricerca, il “campo di battaglia” trevigiano è già parzialmente

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cambiato rispetto a quello proposto. Infatti, le interviste sono state fatte a cavallo tra dicembre 2018 e gennaio 2019, momento in cui stavano per essere attuate le modifiche introdotte dal “Decreto sicurezza”. Alla luce di questo, in conclusione all’elaborato si farà un breve accenno ai cambiamenti rilevanti che hanno interessato la città a seguito della normativa.

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1. LA MULTI-LEVEL GOVERNANCE E IL CONCETTO DI

“BATTLEGROUND” NELLE POLITICHE DI RICEZIONE DEI

RICHIEDENTI ASILO

1.1 Multi-Level Governance come strumento di lettura delle politiche

La “dimensione locale” ha assunto sempre più rilievo nell’implementazione di politiche sull’immigrazione e integrazione (Caponio T. & Borket M. 2010). Per questa ragione sono stati studiati maggiormente gli intrecci e l’influenza reciproca tra i diversi livelli di regolamentazione politica allo scopo di comprenderne il policymaking in tutte le sue fasi, dalla decisione all’implementazione (Ambrosini M. & Campomori F. 2018). Nelle scienze politiche sono stati considerati principalmente due studi volti ad analizzare questo spostamento di responsabilità anche verso attori non statali: da un lato, ciò che viene chiamato “venue-shopping”, un concetto introdotto da Guiraudon nel 2000 per spiegare il fenomeno per cui i responsabili politici, trovando ostacoli nella loro “sede politica” tradizionale cercano nuove “sedi” più favorevoli ai loro obiettivi; dall’altro la Multi-Level Governance (MLG) che a differenza del venue-shopping, incentrato sulle politiche di controllo, è una prospettiva utilizzata nello studio delle politiche relative all’integrazione degli immigrati.

Partendo dall’analisi del primo paradigma, Guiraudon ha sostenuto che i funzionari nazionali hanno iniziato a cooperare in materia di asilo e migrazioni in sede europea, per evitare ostacoli “domestici” incontrati quando hanno cercato di rafforzare i controlli sull’immigrazione già nel 1980.

Più precisamente, il “venue-shopping” a livello europeo ha permesso ai responsabili delle politiche interne di eludere tre tipi di ostacoli che hanno messo a repentaglio il successo dei loro tentativi di aumentare i controlli sulla migrazione: i vincoli giudiziari, attori locali “pro-migranti”, e le organizzazioni non governative (Kaunert C., Léonard S. & Hoffmann U. 2013).

Dall’altro la Multi-Level Governance (MLG) che a differenza del venue-shopping, incentrato sulle politiche di controllo, è una prospettiva utilizzata nello studio delle politiche relative all’integrazione degli immigrati.

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Il concetto di MLG è stato formulato per la prima volta da Marks (1993) per spiegare la rilevanza crescente delle autorità subnazionali in ciò che riguarda i processi decisionali e di attuazione delle politiche dell’UE (Panizzon M. & Van Riemsdijk M. 2018).

Nel tempo si sono sviluppate molteplici definizioni del termine, tuttavia la più diffusa è quella di Hooghe e Marks (2001) e Marks e Hooghe (2004) in cui si descrive la MLG come un insieme di dinamiche volte alla dispersione dell’autorità lontano dal governo centrale, verso l’alto, coinvolgendo il livello sovranazionale, verso il basso, chiamando in causa le autorità subnazionali, e lateralmente verso reti private (Ibidem).

L’approccio, dunque, allo studio delle politiche è quello che considera il coinvolgimento di più autorità sul piano verticale, ossia i livelli di governo (Multi-Level), in concomitanza con l’analisi del piano orizzontale (governance) che coinvolge sia attori pubblici che privati, comprendendo le dinamiche che fanno incontrare e intrecciare i due diversi piani.

Fin ora questa metodologia di studio delle politiche è stata maggiormente utilizzata per la comprensione dell’integrazione degli immigrati regolari e raramente si è occupata della immigrazione irregolare e dell’accoglienza di richiedenti asilo (di recente ne hanno trattato Spencer 2017 e Panizzon M. & Van Riemsdijk M. 2018).

Questo studio, tuttavia, si concentrerà sull’analisi delle politiche destinate alla ricezione di richiedenti asilo le quali, per natura del fenomeno sfaccettato e complesso sotto più profili, implicano un’azione di governo ad ampio raggio che impone il coinvolgimento di diversi stakeholders. Risulta, dunque, interessante studiare le relazioni e le interazioni che scaturiscono dall’incontro dei diversi attori territoriali.

È importante ricordare che a partire dal 2014 l’incremento di arrivi nel continente, ha colto l’Europa impreparata alla ricezione dei richiedenti asilo, creando delle concrete difficoltà di coordinamento tra gli Stati membri causando, anche, tensioni al loro interno. Il tema dell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati rappresenta un ambito in cui la MLG è segnata da forti scontri poiché, nonostante sia stato un tema imposto con forza nell’agenda politica sin dal 2014, ad oggi i paesi dell’Unione Europea non hanno una visione comune rispetto al coordinamento e alla gestione del fenomeno.

Questo ha creato principalmente una “crisi di governance” tra gli stati (Campomori F. 2018b), i quali sono segnati al loro interno da diversi stakeholders che la influenzano e attraverso il loro agire la determinano.

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La MLG come prospettiva di analisi si concentra molto sull’ordine negoziato e di collaborazione tra gli attori, per questa ragione si presta maggiormente alla valutazione del livello verticale di governance considerando che gli attori in quel caso hanno dei

frames simili o congruenti. Le politiche di integrazione dei richiedenti asilo prevedono

una grande partecipazione di attori pubblici e privati nel locale (soprattutto in Italia) che al contrario, vivono forti contrasti.

Infatti, dal punto di vista nazionale (soprattutto quelli dell’Europa del sud, considerati guardie naturali dei confini-come l’Italia), la MLG diviene a livello locale una “battleground”, un “campo di battaglia” (Ambrosini M. 2018), dove le interazioni tra i diversi attori sono cruciali per comprendere il policymaking (Ambrosini M & Campomori F. 2018).

Vi sono, quindi, “un insieme di interazioni e scontri tra forze di globalizzazione, strategie politiche, interessi interni, valori umanitari, nostalgia di confine e le aspirazioni, gli interessi e i bisogni delle persone coinvolte8” (Ambrosini M. 2018, 131). Queste convergenze determinano le politiche e le condizioni sociali dei richiedenti asilo e rifugiati.

Il primo capitolo dell’elaborato, dopo avere delineato le politiche destinare alla ricezione e integrazione dei richiedenti asilo in Italia, si concentra sulla mappatura del “campo di battaglia” italiano, poiché è il quadro in cui si inserisce la realtà del trevigiano, cellula embrionale di un sistema tuttavia più ampio che rispecchia in ambito locale conflitti di natura anche nazionale.

1.2 L’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati in Italia

1.2.1. Italia e Immigrazione

Per addentrarsi maggiormente nella questione che riguarda il coinvolgimento e talvolta le resistenze in Italia all’immigrazione è necessario fare un piccolo inciso sulla sua storia.

L’Italia è uno stato interessato dal fenomeno non da moltissimo tempo, lo sviluppo economico più favorevole in altri stati europei ha visto, infatti, lo “Stivale” oggetto di

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tassi di immigrazione considerevoli solo a partire dal 1973-1974, periodo in cui per la prima volta il saldo migratorio passivo superò quello attivo (Campomori F. 2008). Pertanto, erano maggiori le persone che arrivavano nel paese rispetto ai cittadini italiani che si trasferivano altrove.

Fino al 2014 tutto ciò che concerneva l’immigrazione forzata non è stata preso realmente in considerazione dalle politiche pubbliche italiane poiché fino al 2011 i tassi di richiedenti asilo erano inferiori rispetto all’Europa settentrionale.

Istituzionalmente il discorso pubblico ha riportato l’immigrazione come un problema patologico da quando è diventato chiaro che l’Italia ne era interessata (intorno agli anni 90) e legato alla sicurezza. Non a caso è il Ministero dell’Interno ad occuparsene, quando, in realtà, il tema riguarda politiche non unicamente securitarie ma richiede riflessioni e atti trasversali in molteplici ambiti.

Il mercato del lavoro invece si è mosso sin dall’inizio in modo diverso, infatti era, ed è, interessato da meccanismi volti all’”integrazione” economica, ovvero, all’inserimento degli immigrati anche provenienti da paesi in via di sviluppo, in lavori in piccole o medie imprese o altri settori non molto interessati da cittadini italiani, come l’agricoltura, la pesca, l’ambito della ristorazione e il lavoro domestico (Campomori, 2008). Si trattava di inserimenti non formali, riguardanti l’economia sommersa, per poi essere “sanati”, spesso, tramite l’intervento dei datori di lavoro, quando la legge lo permetteva. Pertanto, c’è stato sin dall’inizio in questa materia un gap tra politiche e condizioni concrete di vita degli immigrati.

Il bisogno di manodopera del mercato italiano in ambiti poco forniti di personale, ma anche la possibilità di averne a basso costo hanno, sovente, bypassato la chiusura normativa.

In Italia inoltre, le reti tra immigrati sono andate a creare settori in cui era (ed è) maggiore la presenza di cittadini stranieri proveniente dallo stesso stato nel medesimo settore professionale perché sono risultate le vie più significative di comunicazione tra domanda-offerta lavorativa (Ambrosini M. 2018, 80).

L’immigrazione di conseguenza era divisa da due forze: la domanda economica e le politiche volte alla chiusura (ivi, 79).

I passati trent’anni, quindi, hanno visto lo Stato interessato da decreti flussi volti a regolarizzare persone già presenti nel territorio, sintomo di politiche non realmente

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funzionali a gestire gli ingressi. È importante sottolineare, inoltre, che le sanatorie non sono state pensate come uno strumento per garantire un diritto individuale ma piuttosto un’opportunità di regolarizzare la posizione di un dipendente da parte del datore di lavoro, consegnando nelle mani dello stesso la possibilità di regolarizzare, o meno, un cittadino straniero nello stato e farlo, o meno, emergere dall’invisibilità (Ambrosini M. 2018, 81).

L’accoglienza di richiedenti asilo è stata influenzata dall’accettazione sociale dell’immigrazione legata all’occupazione lavorativa, alle necessità del mercato del lavoro e le difficoltà di relazionarsi in ambito europeo (ibidem).

Per anni l’Italia è stata una tacita meta di transizione per giungere in paesi dove i richiedenti asilo avevano reti familiari e amicali. A volte era possibile fermarsi attraverso la ricerca di un lavoro informale che con sanatorie e un datore di lavoro disponibile ad ufficializzarne la posizione poteva concludersi in una regolarizzazione a tutti gli effetti come immigrati economici, qualunque fosse la loro storia, il che gli permetteva di evitare l’iter per la richiesta d’asilo (Korac 2001; Ambrosini 2014). Ma dal 2011 con la cosiddetta Emergenza Nord Africa e con maggiore forza nel 2014 (solo in quell’anno sbarcarono 170 000 richiedenti asilo sulle coste italiane), a seguito della guerra in Siria, non si è più potuto trattare il fenomeno come marginale. Oggi la chiusura dei porti e il rafforzamento del Trattato di Dublino rende quasi impossibile passare da un paese ad un altro dell’UE, oltre al fatto che non è possibile accedere al paese senza essere identificati. Pertanto, richiedere il permesso per richiesta d’asilo è oggi l’unico mezzo per poter rimanere nel paese legalmente.

1.2.2 Politiche e legislazione in materia

Dal punto di vista normativo in materia, nonostante il diritto d’asilo sia riconosciuto dalla Costituzione (art.10 comma 3) e l’Italia abbia aderito alla Convenzione di Ginevra, solo nel 1990 sono state approvate delle leggi per porsi in linea con le scelte legislative europee riguardanti l’asilo (Ambrosini M. & Campomori F. 2018). In particolare, si ricorda la legge n.39 (cosiddetta “Legge Martelli”) che introdusse un riferimento all’asilo ma non predispose un sistema di accoglienza.

Nel 2002 è nato il “Sistema di Protezione dei Rifugiati e Richiedenti Asilo” (SPRAR), a seguito di un’esperienza nata con l’emergenza dei profughi proveniente del Kosovo

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(1999) e la nascita del Piano Nazionale Asilo (PNA) infatti, si è previsto il coinvolgimento degli enti locali per offrire soluzioni abitative ai richiedenti asilo e servizi quali: i corsi di lingua, l’affiancamento durante l’iter per la richiesta d’asilo, supporto psicologico e mediatori culturali (l.189/2002).

Il sistema di accoglienza aveva tuttavia limiti e carenze, una tra tutte la poca disponibilità di posti disponibili.

Nel 2007 è stata inserita una regolazione per la protezione internazionale che prevede in aggiunta allo status di rifugiato la protezione sussidiaria e quella umanitaria (d. lgs. N.251 in recezione della Direttiva europea 2004/83).

L’impreparazione a gestire l’arrivo di profughi e la modalità emergenziale per affrontare l’accoglienza è emersa con forza nel 2011 con “l’Emergenza Nord Africa” e l’arrivo di 62 000 migranti a Lampedusa (Campomori F. 2018c), come precedentemente anticipato. L’accoglienza è stata gestita in modo emergenziale dal governo attraverso la Protezione Civile, che faceva da braccio operativo, mentre per quanto riguarda le domande di protezione internazionale la maggior parte di coloro che hanno fatto richiesta d’asilo hanno ottenuto la protezione umanitaria. Quando nel 2013 si è chiuso il piano che prevedeva l’operatività della Protezione Civile i profughi ancora presenti nelle strutture allestite sono stati dimessi e coloro che sono stati considerati più vulnerabili inseriti nel sistema SPRAR. L’esperienza non aveva lasciato al territorio italiano un sistema organico di accoglienza che facesse fronte anche a nuovi arrivi consistenti di persone, elemento emerso con forza nelle accoglienze a venire.

Per altri due anni l’Italia è stata oggetto di arrivi relativamente più contenuti ma il 2014 è stato un anno di forte cambiamento, sia per l’inasprimento del conflitto in Siria, sia per dei focolai di guerra in Africa.

Rispetto al 2011 si è cercato un accordo tra Stato e Regioni che prevedeva una cooperazione a vari livelli di governo (statale, regionale e locale) per l’accoglienza dei profughi (Ambrosini M. & Campomori F. 2018). Il 10 luglio 2014 la Conferenza Unificata Stato-Regioni ha approvato il “Piano nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari adulti, famiglie e minori stranieri non accompagnati9”, definendo così un accordo tra Governo, Regioni ed Enti Locali. A

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http://www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/sub-allegato_n_5_accordo_conferenza_unificata_luglio_2014.pdf

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seguito di queste disposizioni è stata emanato un decreto legislativo n.142/2015 a ricezione della direttiva europee sulle procedure di riconoscimento degli status internazionali (n.2013/32/UE) e norme relative all’accoglienza (n.2013/33/UE). L’insieme di questi atti rappresentava il tentativo di superare l’ottica emergenziale sviluppando due linee d’azioni: in primo luogo condividere una distribuzione dei migranti per regioni basandosi sulle quote di accesso al Fondo nazionale per le politiche sociali; in secondo luogo delineare un sistema di accoglienza che puntasse sulla collaborazione inter-istituzionale tra livelli di governo (Campomori F. & Feraco M. 2018, 131).

Il decreto ha suddiviso il sistema in fasi, una prima accoglienza da attuarsi nei luoghi di primo arrivo (in strutture denominate CARA e Hotspot). Dove non c’è la disponibilità di centri di primo soccorso si possono utilizzare Centri di Accoglienza Straordinari (CAS), come strutture che dal punto di vista normativo dovrebbero essere temporanee; una seconda fase nelle strutture SPRAR, volte all’inclusione grazie a progetti individuali.

La legge definisce anche la governance dell’accoglienza destinando la prima fase a centri governativi e la seconda al coinvolgimento degli enti locali in tutto il territorio italiano predisponendo delle quote territoriali. La partecipazione alla rete SPRAR è volontaria da parte dei comuni, che qualora interessati, partecipano ad un bando ministeriale dando in seconda battuta la gestione degli spazi e dei servizi ad enti attuatori del progetto, mantenendone la regia. Come emerge dalla tabella 1 i posti resi disponibili dalla rete SPRAR non hanno coperto il numero necessario per accogliere tutte le persone giunte in Italia dal 2014 ad oggi, pertanto sono stati aperti in tutto il territorio italiano dei CAS dalle prefetture referenti sorpassando le autorità locali con le quali si sono venute a creare non poche tensioni. Se si osservano con attenzione i dati (tab. 1) relativi all’inizio del 2017 si può notare come la maggior parte dei cittadini stranieri presenti nel sistema di accoglienza fosse accolto nei CAS. Non essere riusciti a incrementare i numeri di accolti nel sistema SPRAR, considerando il bando del 2016 promosso a livello nazionale andato quasi deserto che rispondeva alla necessità di avere nuovi fondi per attuarli, fa emergere una problematica rilevante: la poca volontà dei comuni di partecipare al progetto SPRAR. Probabilmente questo tipo di decisione può essere legata al timore di ricadute elettorali negative (Ibidem), considerando il momento

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storico segnato da un’opinione pubblica che registra un aumento di diffidenza, legata a timori per la sicurezza e la perdita dell’Italia del controllo dei propri confini, come emerge, ad esempio dai sondaggi a cura di IPSOS,10 o dagli episodi di razzismo individuati da Lunaria11.

La presenza degli SPRAR in Italia, è disomogenea, sono collocati perlopiù nelle regioni meridionali e vi è un impegno modesto da parte di regioni che accolgono un numero significativo di richiedenti asilo, come il Veneto.

Regione CAS Hotspot Centri di prima accoglienza SPRAR Totale v.a. % Lombardia 25.128 1.616 26.744 14,3 Campania 15.057 1.800 16.857 9,0 Lazio 12.382 898 3.295 16.575 8,9 Emilia Romagna 12.193 430 1.367 13.990 7,5 Sicilia 6.022 296 3.445 4.090 13.853 7,4 Piemonte 12.453 1.351 13.804 7,4 Veneto 11.210 1.749 652 13.611 7,3 Toscana 11.607 1.146 12.753 6,8 Puglia 7.483 56 2.478 2.559 12.576 6,7 Calabria 4.179 807 2.619 7.605 4,1 Liguria 5.629 578 6.207 3,3 Sardegna 4.942 230 5.172 2,8 Marche 4.317 780 5.097 2,7 Friuli Venezia Giulia 3.879 862 322 5.063 2,7 Abruzzo 3.950 460 4.410 2,4 Trentino Alto Adige 3.271 149 3.420 1,8 Molise 2.538 619 3.157 1,7 Umbria 2.666 415 3.081 1,7 Basilicata 2.005 514 2.519 1,4 Valle d’Aosta 328 11 339 0,2 Totale 151.239 352 10.669 24.573 186.833 100,0

Tabella 1 Italia. Cittadini stranieri presenti nel sistema di accoglienza per tipologia di centro e regione,

valori assoluti e percentuali al 01/12/2017 (fonte: Centro Studio e Ricerche IDOS)

10

https://www.ipsos.com/it-it 11

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Nel 2017 c’è stato un altro intervento del legislatore, che non è andato ad incidere direttamente sul sistema di accoglienza (se non relativamente alla iscrizione anagrafica degli “ospiti” e al ruolo di cui sono investiti i responsabili delle strutture – si pensi alla notificazione del diniego della protezione internazionale che non è più affidata alle Questure bensì direttamente agli operatori) quanto piuttosto sull’iter della richiesta di protezione internazionale: con il decreto legge del 17 febbraio 2017, n. 13 - cosiddetto “Decreto Orlando-Minniti”- sono state emanate le “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché misure per il contrasto dell’immigrazione illegale”, convertite poi nella legge del 13 aprile 2017, n. 46.

Le principali modifiche che ha apportato al sistema previgente, riguardano principalmente l’art. 35 del d. lgs. del 28 gennaio 2008, n. 25, apponendovi l’art. 35 bis. I maggiori elementi di novità riguardano: la modifica al primo comma del rito che la procedura deve seguire, passando dal rito sommario di cognizione al rito camerale; la non obbligatorietà della fissazione di udienza di comparizione delle parti dinanzi al Tribunale12; la non reclamabilità del decreto che conclude il giudizio instaurato, ma la sola ricorribilità per Cassazione riducendo a 30 giorni il termine per l’impugnazione (a fronte dei sei mesi previsti per qualsiasi altro tipo di contenzioso instaurato); la non automatica sospensione del provvedimento amministrativo di diniego fino all’esaurimento di tutti i gradi di giudizio, qualora, infatti, il primo grado di giudizio si concluda con un decreto di rigetto, anche se esso non è definitivo ed è dunque in corso l’impugnazione davanti la Corte di Cassazione, il provvedimento in questione non è automaticamente sospeso, ma occorre presentare apposita istanza di sospensione dinanzi allo stesso Tribunale che ha provveduto con il decreto di rigetto della domanda.

Quanto poi agli ex CIE, la denominazione: «centro di identificazione ed espulsione» di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, diviene «centro di

12

Comma 10 della norma citata stabilisce che: “E' fissata udienza per la comparizione delle parti esclusivamente quando il giudice: a) visionata la videoregistrazione di cui al comma 8, ritiene necessario disporre l'audizione dell'interessato; b) ritiene indispensabile richiedere chiarimenti alle parti; c) dispone consulenza tecnica ovvero, anche d'ufficio, l'assunzione di mezzi di prova. 11. L'udienza e' altresi' disposta quando ricorra almeno una delle seguenti ipotesi: a) la videoregistrazione non e' disponibile; b) l'interessato ne abbia fatto motivata richiesta nel ricorso introduttivo e il giudice, sulla base delle motivazioni esposte dal ricorrente, ritenga la trattazione del procedimento in udienza essenziale ai fini della decisione; c) l'impugnazione si fonda su elementi di fatto non dedotti nel corso della procedura amministrativa di primo grado”.

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permanenza per i rimpatri». La nuova normativa introduce al c. 5 dell’art. 14 cit. un ulteriore allungamento del termine massimo di trattenimento di 15 giorni nei casi di particolare complessità di identificazione e rimpatrio (non stabilendo la casistica né tantomeno che cosa debba intendersi per complessità). Altra novità rilevante dell’art. 14 al c. 1 è la previsione di una dislocazione capillare su tutto il territorio dei nuovi centri per la detenzione di immigrati irregolari13. “Al fine di assicurare la più efficace esecuzione dei provvedimenti di espulsione dello straniero, il Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, adotta le iniziative per garantire l'ampliamento della rete dei centri di cui all'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in modo da assicurare la distribuzione delle strutture sull'intero territorio nazionale14” fino ad averne uno per ogni regione, con un totale di 1600 posti15. La dislocazione dei centri di nuova istituzione avviene, sentito il presidente della regione o della provincia autonoma interessata, privilegiando i siti e le aree esterne ai centri urbani che risultino più facilmente raggiungibili e nei quali siano presenti strutture di proprietà pubblica che possano essere, anche mediante interventi di adeguamento o ristrutturazione, resi idonei allo scopo, tenendo conto della necessità di realizzare strutture di capienza limitata idonee a garantire condizioni di trattenimento che assicurino l'assoluto rispetto della dignità della persona.

Al d. lgs. 18 agosto 2015, n. 142 è aggiunta alla lett. a dell’art. 5, la lett. a bis con le relative indicazioni sull’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo accolti nelle strutture di accoglienza nonché le modifiche nelle comunicazioni relative alla richiesta d’asilo16. La possibilità dell’iscrizione anagrafica ha dato modo di poter registrare i richiedenti asilo all’anagrafe dei comuni in cui erano fino ad allora domiciliati e poter accedere alla residenza, semplificando la procedura di cancellazione degli stessi qualora lascino il centro. 13 https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2017/04/12/decreto-minniti-orlando-legge 14https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaArticolo?art.progressivo=0&art.idArticolo= 19&art.versione=1&art.codiceRedazionale=17A02767&art.dataPubblicazioneGazzetta=2017-04-18&art.idGruppo=3&art.idSottoArticolo1=10&art.idSottoArticolo=1&art.flagTipoArticolo=0 15 https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2017/04/12/decreto-minniti-orlando-legge 16

Atti convegno: “Protezione internazionale: procedure e rimedi giurisdizionali dopo le modifiche

introdotte dal D.L. n. 13/2017, convertito con emendamenti dalla Legge n. 46 del 13 aprile 2017”

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1.2.3 Il “Decreto Sicurezza”

Il sistema sopra descritto è stato di recente soggetto ad ulteriori modifiche a causa di una nuova normativa, il cosiddetto “Decreto Sicurezza”, entrato in vigore il 5 ottobre 2018, con il d.l. 113 e convertito nella legge n. 132 il primo dicembre dello stesso anno. Il Decreto riguarda diverse materie:

1) disposizioni in materia di rilascio di speciali permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario nonché in materia di protezione internazionale e di immigrazione (artt. 1-15ter);

2) disposizioni in materia di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa (artt. 16-31ter);

3) disposizioni per la funzionalità del ministero dell'interno nonché sull'organizzazione e il funzionamento dell'agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (artt. 32-38bis).

Per quanto la ricezione e l’accoglienza dei richiedenti asilo le principali modifiche prevedono: l’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, rilascio di permessi al di fuori della procedura d’asilo, modifiche al sistema di accoglienza, di iscrizione anagrafica e accesso ai servizi per alcuni titolari di alcune tipologie di permessi di soggiorno.

Il permesso per motivi umanitari non verrà più rilasciato, tuttavia, la Commissione potrà decidere di concedere un permesso di soggiorno per “protezione speciali” nei casi in cui ritenga fondati: “il rischio di persecuzione di cui all’art. 19, c. 1, d.lgs. 286/98, che stabilisce che: “In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione”; o il rischio di tortura di cui all’art. 19, c. 1.1, d.lgs. 286/98, che stabilisce che “Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti

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umani”; salvo – in entrambi i casi – che possa disporsi l’allontanamento verso uno Stato che provveda ad accordare una protezione analoga”17

.

Il permesso per “protezione speciale” può essere rilasciato a chi ha fatto domanda di asilo dopo il 5 ottobre 201818, se ottenuto ha validità di un anno. Può essere rinnovato nel caso in cui la Commissione valuti che continuino a persistere i rischi di cui sopra. È un documento valido a stipulare un contratto di lavoro e può essere convertito in permesso di lavoro.

Coloro che invece erano in possesso di un permesso di soggiorno per motivi umanitari valido all’entrata in vigore del Decreto-legge possono convertirlo in permesso di lavoro subordinato o autonomo se hanno un contratto di lavoro o requisiti richiesti per quello autonomo e sono in possesso di passaporto e documento analogo valido.

Per coloro che allo scadere del permesso per protezione umanitaria non l’abbiano trasformato in quello per lavoro verrà interrogata la Commissione territoriale. Se questa ritiene che la persona sia a rischio di persecuzione o tortura rilascerà il permesso per “protezione speciale”. Se al contrario la Commissione non concede questo permesso la persona riceve un diniego e se non vi fa ricorso diventa irregolare sul territorio. Non vengono disciplinati invece, specificatamente, coloro che al 5 ottobre 2018 aspettavano il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ma l’ASGI suggerisce che vengano trattati in modo analogo a chi ne era in possesso, quindi avendo la possibilità di tradurlo in permesso per lavoro o passando nuovamente attraverso la Commissione territoriale.

17 “Le principali novità sui permessi di soggiorno introdotte dal d.l. 113/18. Scheda per operatori” documento presentato alla formazione ASGI promosso dall’ufficio immigrazione CGIL di Venezia il 6 novembre 2018

18 “La normativa introdotta con il d. l. n. 113 del 2018, convertito nella l. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari dettata dall'art. 5, c.6, del d.lgs. n. 286 del 1998 e dalle altre disposizioni consequenziali, sostituendo/a con la previsione di casi speciali di permessi di soggiorno, non trova applicazione in relazione alle domande di riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell'entrata in vigore (5/10/2018) della nuova legge, le quali saranno pertanto scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione. Tuttavia in tale ipotesi, all'accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base dei presupposti esistenti prima dell'entrata in vigore del d. l. n. 113 del 2018, convertito nella l. n. 132 del 2018, farà seguito il rilascio da parte del Questore di un permesso di soggiorno contrassegnato dalla dicitura "casi speciali" e soggetto alla disciplina e all'efficacia temporale prevista dall'art. 1, c. 9, di detto decreto legge”

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Coloro, invece, ai quali era stata riconosciuta prima del 5 ottobre la protezione umanitaria ed erano in attesa del rilascio del permesso è stato consegnato un permesso per “casi speciali” di validità biennale, con la possibilità di conversione a permesso per lavoro nei termini precedentemente descritti. Se il titolare non provvede alla conversione ma voglia rinnovare il suo permesso di soggiorno umanitario in permesso per protezione speciale, allora la sua domanda dovrà essere valutata dalla Commissione Territoriale per accertare la sussistenza di pericolo di persecuzione o tortura con rilascio eventuale del permesso di soggiorno per “motivi speciali” o il possibile diniego, che se non impugnato sancisce lo stato irregolare della persona nel territorio.

Coloro che stavano aspettando il rilascio della protezione umanitaria a seguito della decisione dell’autorità giudiziaria dovrebbero essere trattati in modo analogo a coloro che sono appena stati descritti.

Il richiedente asilo potrà fare ricorso in Tribunale a seguito di diniego da parte della Commissione e manterrà il permesso di soggiorno per richiesta d’asilo fino alla decisione del Tribunale (se non è all’interno di un centro per il rimpatrio).

Vengono introdotte nuove tipologie di permessi di soggiorno.

Per cure mediche “degli stranieri che versano in condizioni di salute di eccezionale gravità, accertate mediante idonea documentazione, tali da determinare un irreparabile pregiudizio alla salute degli stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza.”19

Viene richiesto e rilasciato direttamente dal Questore, la sua validità è pari alla certificazione sanitaria, che non può essere superiore ad un anno, ma può essere rinnovata finché persistono le gravi condizioni di salute.

Per calamità “quando il Paese verso il quale lo straniero dovrebbe fare ritorno versa in una situazione di contingente ed eccezionale calamità che non consente il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza.20” ha durata di sei mesi, consente di lavorare ma non può essere trasformato in permesso per lavoro, ed è valido solo nel territorio nazionale. Viene, inoltre, inserito il permesso di soggiorno per atti di particolare valore civile che ha validità due anni, permette di lavorare e può essere convertito in permesso per lavoro. Viene concesso direttamente dal Ministro dell’Interno su proposta del Prefetto. È destinato a coloro che espongono “la propria vita a manifesto pericolo: per

19

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2018/10/04/18G00140/sg 20

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salvare persone esposte ad imminente e grave pericolo; per impedire o diminuire il danno di un grave disastro pubblico e privato; per ristabilire l'ordine pubblico, ove fosse gravemente turbato, e per mantenere forza alla legge; per arrestare o partecipare all'arresto di malfattori; per progresso della scienza od in genere per bene dell’umanità; per tenere alti il nome ed il prestigio della Patria21”.

Vi sono inoltre disposizioni per cui, tipologie di permessi di soggiorno, già previste dal d.lgs. 286/98 rilasciate in precedenza per “motivi umanitari” riportino ora la dicitura “casi speciali.”

Sono i permessi di soggiorno per: protezione sociale, ai sensi dell’art 18, violenza domestica, ai sensi dell’art.18bis e il permesso di soggiorno per particolare sfruttamento lavorativo, ai sensi dell’art. 22, co. 12-quater, tutti facenti parte del d.lgs. 286/98.

È necessario fare un breve inciso, tali tipologie di permessi sono per la maggior parte insufficienti ad assicurare una tutela alle persone che avrebbero diritto ad una protezione (art.10 Cost.) e non sono focalizzati verso una reale integrazione delle persone nel territorio considerando che hanno una durata esigua (come sopra descritto possono essere di un anno, sei mesi etc.) e non tutti possono essere trasformati in permesso per lavoro (Campomori F. 2018c).

Dal punto di vista del sistema di accoglienza le modifiche attuate da tale Decreto fanno sì che lo SPRAR possa accogliere: i titolari di protezione internazionale; i minori non accompagnati; coloro in possesso di permesso di soggiorno per cure mediche, calamità e atti di particolare valore civile; per casi speciali ai sensi degli art.18, 18 bis, 22, co. 12-quater del d.lgs. 286/98 nel caso in cui non accendano ai servizi specificatamente dedicati. Il Servizio Centrale ha inoltre dichiarato che verranno accolti i nuclei familiari in cui uno dei genitori è in possesso di protezione internazionale.

Possono rimanere all’interno degli SPRAR22 i richiedenti asilo e coloro in possesso di protezione umanitaria già presenti al 5 ottobre 2018 fino alla scadenza del progetto in corso.

Il Servizio Centrale ha anche specificato che vi rientrano anche coloro per i quali era stato predisposto l’inserimento entro il 4 ottobre.

21http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicaz ioneGazzetta=1958-02-03&atto.codiceRedazionale=058U0013&elenco30giorni=false

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Lo SPRAR a seguito di questa normativa ha assunto la denominazione SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati).

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Non sarà più possibile entrare all’interno dello SPRAR per: i richiedenti asilo, coloro in possesso di permesso di soggiorno per motivi umanitari, coloro con un permesso di soggiorno transitorio dato a seguito dell’ottenimento della protezione umanitaria prima del 5 ottobre, i titolari di permesso per protezione speciale.

I richiedenti asilo potranno trovare accoglienza solo presso i centri governativi di prima accoglienza (CAS e CARA), mentre non è prevista nemmeno questa possibilità a coloro i quali è stata riconosciuta una forma di protezione (per motivi umanitari, casi speciali-regime transitorio, protezione speciale). Per quanto riguarda i centri la nuova normativa predilige quelli di dimensioni maggiori a scapito dei progetti di accoglienza diffusa, stabilendo attraverso i nuovi capitolati che gli enti gestori garantiscano servizi minimi escludendo tutto ciò che è risultato fino ad ora necessario per una concreta possibilità di integrazione, dai corsi di lingua alla tutela legale (Campomori F. 2018c).

Un’altra modifica molto rilevante riguarda l’iscrizione anagrafica. Non sarà più possibile iscriversi all’anagrafe con il permesso di soggiorno per richiesta di asilo. Tuttavia, questa norma non sarà automaticamente applicata a quei richiedenti asilo che sono già in possesso della carta d’identità, ma vi sarà la loro cancellazione solo nei casi previsti dall’art 11 DPR 223/89, quindi per irreperibilità, mancato rinnovo del permesso, o la non comunicazione del rinnovo, non prima di 6 mesi dalla scadenza del permesso di soggiorno e non senza comunicarlo alla persona interessata.

Secondo la normativa l’esclusione dall’iscrizione anagrafica dovrebbe comunque rendere possibile l’accesso ai servizi in base al luogo di domicilio, questo sarà relativo al centro in cui il richiedente è accolto, che sia di prima accoglienza, un CAS o un CPR, mentre per tutti gli altri il domicilio è quello indicato dalla Questura alla formalizzazione della domanda di richiesta asilo.

Il decreto, come sopra indicato, è entrato in vigore il 5 ottobre 2018, ad oggi le modifiche da esso apportate stanno lentamente facendo presagire le diverse difficoltà che comporterà la nuova normativa rispetto ad un’integrazione possibile, dal rischio di un aumento sostanziale delle persone irregolari sul territorio, visto che non è possibile rimpatriare tutti coloro ai quali viene rigettata la domanda e poiché molte delle nuove tipologie di permesso non permettono poi la conversione a permesso per lavoro; ad una possibile conflittualità tra i diversi livelli di governo dettati dalla probabilità che gli SPRAR, che vedono il coinvolgimento diretto degli enti locali, diminuiscano (la

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maggior parte dei posti presenti a loro interno interessavano persone con la protezione umanitaria) mentre i CAS aumentino, che al contrario sono imposti dall’alto ossia dal governo (Campomori F. 2018c).

1.3 Mappatura degli attori

Per mappare chi è coinvolto nella “battleground” locale italiana sarà necessario guardare inizialmente alle interazioni verticali tra i livelli di governo, in primis considerando l’Europa e il suo agire, successivamente analizzando le interazioni tra il livello di governo nazionale e locale.

A seguito di questo primo quadro istituzionale si cercherà di identificare gli attori che nel locale svolgono altre parti significative del “combattimento”, rifacendosi alle distinzioni proposte da Ambrosini e Campomori (in Ambrosini M. & Campomori F. 2018).

Come inizialmente sottolineato non sono solo i poteri pubblici ad agire sulla

governance delle politiche di accoglienza. Vi sono attori pro-migranti che sfidano i vari

livelli di governo per superare politiche di esclusione e possono essere distinti in 5 gruppi.

In primis le ONG o organizzazioni del terzo settore che si occupano di offrire nel territorio servizi per l’accoglienza, nella maggior parte dei casi in accordo con gli enti locali attraverso progetti SPRAR e CAS. In altri casi, possono agire, e l’hanno fatto, anche in contrasto con il governo e le politiche da esso promosse, come si vedrà meglio nella disputa nata tra governo centrale e ONG che si occupano di salvare vite nel Mediterraneo.

In seconda battuta ci sono altri attori organizzati formati da professionisti e/o volontari come i sindacati, le chiese e varie associazioni di volontariato. Questi attori si occupano di dare sostegno pratico ai richiedenti asilo e rifugiati ed esercitano anche una funzione di advocacy nel territorio. Possono interagire con i poteri pubblici ma anche fornire sostegno a persone irregolari nel territorio o con condizione giuridica poco chiara (Hagan, 2008).

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Il terzo attore è rappresentato dai movimenti sociali, che portano avanti la battaglia in difesa dei diritti degli immigrati in parallelo ad altre rivendicazioni come ad esempio la lotta al capitalismo o contro il governo.

Quarti sono i gruppi di sostegno che nascono spontaneamente in relazione a particolari località come le zone di frontiera (ad esempio a Ventimiglia), o svolgono attività ricreative all’interno dei centri di accoglienza. Infine, vi sono i “battitori liberi” che a carattere individuale offrono aiuto in molteplici modi, ad esempio attraverso l’elargizione di cibo o denaro, o affiancano i richiedenti asilo nell’apprendimento della lingua oltre i corsi preposti dai centri.

Contestualmente, nella “battleground” si muovono anche attori anti-migranti, rappresentati soprattutto da movimenti di estrema destra o talvolta anche da comitati cittadini sorti contro le aperture di centri di accoglienza.

1.3.1 L’Unione Europea

Per comprendere la dinamica locale è necessario inserirla in un quadro più ampio e considerare un attore sovranazionale che ha molta importanza per l’agire dei governi nazionali, l’Unione Europea (UE).

Sono state indicate delle disposizioni generali dall’UE in materia, che si sono talvolta dimostrate non indenni allo sviluppo di conflittualità nella relativa attuazione nei vari stati che ne fanno parte.

Per quanto riguarda l’Italia come paese interessato dagli sbarchi, e tutta l’Europa Meridionale, L’UE, ha trattato nella sua agenda la questione, non relegandola ad un problema unicamente dei governi nazionali. Ha aumentato il budget per Frontex, e le operazioni congiunte Triton e Poseidon per aiutare le nazioni coinvolte in difficoltà di gestione dei confini e per salvare le vite in mare.

Ha cercato, in secondo luogo di ricollocare persone presenti in Italia (e anche Grecia) in altri paesi dell’UE, immaginando la rivisitazione del Trattato di Dublino, o per lo meno l’apertura di un dialogo sulla possibilità di cambiarlo nella misura in cui limita la possibilità di un richiedente asilo di farne domanda nel paese UE in cui vorrebbe stare. Attualmente, infatti, vi è l’obbligo di istanza d’asilo e conseguente iter, nel primo paese di arrivo che faccia parte della Comunità Europea creando non pochi problemi ai paesi di confine dell’Unione e agli immigrati stessi per il loro progetto migratorio.

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Inoltre, si sono aperti dei corridoi umanitari per far giungere persone in stato di bisogno nel territorio UE evitando loro di arrivare in clandestinità rischiando la vita, con un chiaro intento di combattere i trafficanti di esseri umani che costringono le persone a viaggi rischiosi e illegali. Oltre a ciò sono state stabilite le quote e i fondi destinati a ciascun paese, poiché valutando il numero di richiedenti asilo e rifugiati nel loro territorio, alcuni paesi sono più coinvolti di altri.

Il tutto è stato sancito dall’Agenda Europea sulla migrazione stabilita dalla Commissione Europea nel 2015.

Alcuni paesi hanno già preso una netta posizione di distanza rispetto alle policies proposte, vi fanno resistenza non solo gli interessati alla questione ma pure coloro che sono stati coinvolti anche minimamente da tale disposizione. Netta, ad esempio, è stata la posizione dei paesi del Trattato di Visegrad23 (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria).

Ad oggi, con il Consiglio Europeo del 18-19 giugno 2018 si è evidenziato ancora una volta la netta difficoltà di trovare una visione comune nella governance sulla questione migratoria. La mancanza di cooperazione è dovuta da molteplici fattori, tra cui le molte elezioni che vi sono state durante il 2018, le crisi politiche e gli attacchi terroristici. Tuttavia, come anticipato, l’Agenda aveva provato a definire i punti relativi alle azioni immediate da compiere.

Ossia, come precedentemente anticipato, “salvare vite umane in mare”24 (Agenda europea sulla migrazione 2015) triplicando i mezzi delle operazioni congiunte Triton e Poseidon di Frontex, affinchè “Frontex possa svolgere il suo doppio ruolo: da un lato coordinare il sostegno operativo alle frontiere degli Stati membri sotto pressione, dall’altro aiutare a salvare i migranti in mare”25

.

Si propone di combattere le reti di trafficanti attraverso “sistemi operazioni di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC).”26

Si riconosce altresì che il trattato di Dublino non è adeguato a far fronte agli arrivi, proponendo la cosiddetta “ricollocazione” definita quale “meccanismo temporaneo per la distribuzione delle persone con evidente bisogno di protezione internazionale, in 23 https://www.panorama.it/news/esteri/visegrad-chi-sono-cosa-vogliono-paesi-ribelli-europa/ 24 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52015DC0240&from=GA p.4 25 ibidem 26 ibidem

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28

modo da garantire la partecipazione equa ed equilibrata di tutti gli Stati membri allo sforzo comune.”27 La ridistribuzione è determinata sulla base di “criteri come PIL, popolazione, tasso di disoccupazione e numero passato di richiedenti asilo e di rifugiati reinsediati.”28

Invitando, così, tutti gli Stati a dar prova di collaborazione ai paesi in “prima linea”29

.

Un’ulteriore indicazione viene delineata dalla misura definita “reinsediamento”, in cui si definisce responsabilità dell’Unione non solo quella di ricollocazione delle persone presenti nel suolo europeo ma anche l’attivazione di canali legali e sicuri per il raggiungimento dell’Europa per quelle persone che sono riconosciute bisognose di protezione internazionale (compito dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati indicarle). A tal fine “L’UNHCR ha approvato per l’UE l’obiettivo del reinsediamento di 20 000 persone l’anno da qui al 2020”30

.

In questa parte del documento si fa presente che alcuni paesi si impegnano già molto in questo obiettivo, mentre altri “non offrono nulla, in molti casi neppure un contributo alternativo in termini di accoglienza e accettazione di richiedenti asilo o di sostegno finanziario allo sforzo altrui.”31

Per questo si rimanda a futuri criteri di ripartizione tra stati come quelli indicati per la ricollocazione e vengono promessi fondi europei.

Questi due impegni dell’Agenda sono stati i più difficoltosi da applicare. Alcuni dei paesi dell’UE hanno affermato di non voler rispettare queste indicazioni, come Danimarca, Irlanda ed Inghilterra, o hanno manifestato delle difficoltà con queste politiche, in particolare Polonia ed Ungheria. Tuttavia, implicitamente o esplicitamente, i paesi dell’UE stanno dichiarando di aderire a queste misure (Ambrosini 2018).

Il documento conclude l’esplicazione di questa prima parte dichiarando che: “Gli Stati membri dovrebbero inoltre attivare tutti gli altri canali leciti di cui possono disporre le persone bisognose di protezione, compresi il patrocinio di soggetti privati o non governativi e i permessi per motivi umanitari e le clausole inerenti al ricongiungimento familiare.”32 27 Ivi, p.5 28 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52015DC0240&from=GA p.5 29 ibidem 30 ibidem 31 Ivi, p.6 32 ibidem

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29

Se le indicazioni soprariportate risultano le difficili da attuare ma anche le più innovative, quelle di seguito descritte all’interno dell’Agenda riguardano un approccio più conservativo.

Si tratta della collaborazione con i paesi di provenienza dei rifugiati e richiedenti asilo per affrontare a monte l’immigrazione da tali luoghi. A questo scopo sono stati destinati 30 milioni di euro al Nord Africa e al Corno d’Africa per programmi di sviluppo locale, anche se tale cifra è stata criticata perché troppo esigua per riuscire a raggiungere dei cambiamenti significativi nei luoghi a cui è destinata.

Si parla, successivamente, della nascita di un centro polifunzionale in Niger che, grazie alla collaborazione di agenzie internazionali e nazionali dovrebbe favorire lo scambio di informazioni, protezione del territorio, e opportunità di nuovi stanziamenti. Questo si propone di essere il primo di molti centri che avranno il compito, nei paesi di origine o di transito, di dare ai migranti informazione sulle possibilità di successo del viaggio e illustrare, eventualmente, la possibilità di un rimpatrio assistito.

Tutte le attività vengono promosse in stretto collegamento “con le più ampie iniziative politiche di promozione della stabilità33”.

Si sottolinea l’importanza dell’azione dell’Alto Rappresentante della politica estera dell’UE e Vice Presidente della Commissione Europea rispetto alla Libia, che si esplica nel sostegno alle iniziative di cui l’ONU è capofila per incentivare l’iter di formazione “di un governo di unità nazionale34”.

Si parla in oltre di sostegno alla Siria per la risoluzione della crisi, supportato da uno stanziamento di 3,6 miliardi di euro per l’assistenza umanitaria. Non dimenticando anche ciò che riguarda l’immigrazione da Oriente, implementando le cooperazioni esistenti in Asia e nei Balcani occidentali.

Si rimanda poi al supporto agli stati in prima linea attraverso l’istituzione di “un nuovo metodo basato sui “punti di crisi35”. Gli Stati Membri più coinvolti lavoreranno con

l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO), Frontex ed Europol al fine di svolgere velocemente le operazioni iniziali di “identificazione, registrazione e rilevamento delle impronte digitali dei migranti in arrivo”. In questo iter EASO avrà il compito di trattare le domande di asilo più velocemente possibile. Frontex dovrà aiutare gli Stati coinvolti

33 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52015DC0240&from=GA p.6 34 ibidem

35 Ivi, p.7

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