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Capitolo 3

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Academic year: 2021

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Capitolo 3

La Metodologia di studio

Gli oggetti ornamentali studiati in questo lavoro appartengono ai siti neolitici distribuiti all’interno della regione Abruzzo.

I materiali studiati provengono da abitati all’aperto o da depositi di grotte e ripari sotto roccia.

Le prime indagini diagnostiche sono consistite nell’osservazione ad occhio nudo per prendere in esame la materia prima di fabbricazione, la forma e le tracce di lavorazione macroscopiche che hanno reso possibile una distinzione preliminare della materia prima e a quale categoria tipologica, in riferimento ai testi specifici, appartenessero i manufatti.

Successivamente, è stata effettuata un’analisi micromorfologica nello scopo di rilevare tracce non visibili ad occhio nudo ma che possono costituire caratteri utili per lo studio tecnologico. Per questo lavoro è stato utilizzato uno stereomicroscopio Leica MZ 12 5.

Lo studio tecnologico consiste nel rilevare, qualora sia possibile, le tecniche di lavorazione che hanno trasformato la materia prima nell’oggetto desiderato, e le eventuali tracce di usura dovute alla sospensione o allo strofinamento del manufatto sul corpo o sulle vesti.

Nel caso specifico delle conchiglie si è resa necessaria una sperimentazione per confrontare i risultati di laboratorio con i campioni studiati.

Tutti i reperti in materia dura animale studiati sono stati catalogati utilizzando la scheda oggetto MDA (materie dure animali) contenuta all’interno del Database I.I.P.P. Progetto “Materie Prime” v. 1.7., progettato dal dott. re Gianluca Cantoro (Figura 1).

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Figura 1-maschera catalogo.

La scheda con cui sono stati catalogati gli oggetti in pietra levigata segue le indicazioni e i parametri presi in considerazione dalla classificazione tipologica. Per gli anelloni è indicato lo stato di conservazione, il litotipo, la misura del diametro esterno ed interno, lo spessore e l’altezza, mentre per l’ascia-pendaglio viene indicato lo stato di conservazione, il litotipo, la lunghezza, la larghezza, lo spessore massimo ed il diametro del foro.

3.1. LO STUDIO TIPOLOGICO

L’analisi tipologica è stata effettuata facendo riferimento ai testi “Fiches typologiques de l’industrie osseuse prehistorique, cahier IV, objets de parure” (Barge et al. 1991) per gli oggetti in materia dura animale, mentre per gli anelloni in pietra si è fatto riferimento ai testi “Gli anelloni litici italiani, in Preistoria Alpina vol. 13” (Tanda 1977) e “Les bracelets de pierre du Néolithique méridional, in B.S.P.F., Tome 73” (Courtin-Gutherz 1976). Per i vaghi in generale si è fatto riferimento alle fiches nonostante la materia prima di fabbricazione sia diversa dalla materia dura animale.

Necessaria all’analisi tipologica è stata l’analisi morfometrica. Questa consiste nella misurazione (espressa in cm) con il calibro dei manufatti, utilizzando i criteri proposti dai testi per ogni tipo di manufatto:

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- pendagli: lunghezza, larghezza e spessore massimo;

- perle: diametro, spessore massimo;

- denti: lunghezza, larghezza della faccia al livello del foro (solo per i canini atrofici di cervo), diametro del foro;

- conchiglie intere forate: lunghezza della valva che nei lamellibranchi consiste nella misura presa dall’umbone fino al margine opposto secondo un’asse verticale, mentre nei gasteropodi consiste nella misura presa dall’apertura naturale fino all’apice.

- anelloni litici: altezza e spessore per la tipologia Courtin-Gutherz.

Le misurazioni hanno permesso di distinguere all’interno di ciascun tipo, dei sottotipi.

Nel caso dei pendagli si distinguono due sottotipi:

- a sezione sottile allorché lo spessore sia inferiore alla larghezza;

- a sezione spessa allorché lo spessore sia uguale o pressoché uguale alla larghezza del manufatto.

Anche per le perle si riconoscono due sottotipi:

- sottili se il diametro è superiore allo spessore;

- spesse se il diametro è inferiore allo spessore.

3.1.1. MATERIA DURA ANIMALE

Sulla base del testo di riferimento sopracitato (Barge et al. 1991), le categorie tipologiche alle quali appartengono gli ornamenti in materia dura animale studiati in questo lavoro sono:

- 1.0. FICHE GENERALE DES DENTS PERCEES:

“Il s’agit de dents animales, très rarement humaines, dont la racine a été aménagée

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canines et les incisives. Les prémolaires et le molaires sont moins courantes.” (pp.29-36).

Per denti forati si intende denti animali, raramente umani, la cui radice è stata lavorata per la sospensione.

- 1.3. FICHE CANINES DE CANIDES (Renard, Chien, Loup):

“Le canines de canidé, de forme courbe, sont composées d’une racine très effilée ou épaisse et d’une couronne plus ou moins courbe et pointue. ” (pp. 49-57).

Per canini di canide si intende i canini di volpe, cane e lupo con radice lavorata per la sospensione.

- 1.4. FICHE DEFENSES DE SUIDES:

“Les défenses ou canines de suidé sont de dents courbes et creuses, effilées vers la partie distale.” (pp. 59-64).

Le zanne o canini di suide sono denti curvi e cavi, affilati verso la parte distale.

- 1.5. FICHE DENTS DIVERSES:

“Plusieurs types de dents ont été réunis dans cette fiche en raison de leur faible représentativité. Il s’agit d’incisives, de canines, de prémolaires et de molaires appartenant à différentes espèces animales: canidés, suidés, ursidés, ovicapridés, petits carnassiers, castors, cheval ou à l’homme. ” (pp. 65-74).

Per denti diversi si intende vari tipi denti riuniti in questa scheda per lo scarso numero di rinvenimenti.

- 2.2. FICHE COQUILLAGES FA

ç

ONNES:

“Coquillages sont essentiellement marins, fossiles tertiaires ou espèces vivantes. Les formes terrestres ou d’eau douce n’ont été qu’exceptionnellement utilisées sans doute à cause de leur fragilité.

Les gastropodes de petites dimensions ont été perforés ou rainurés pour servir d’éléments de parure. Leur positions sur les corps inhumés en font preuve. Par contre,

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les lamellibranches ont connu divers usages: parure ou hochet pour les valves de dimensions moyennes, ustensiles culinaires ou autres outils pour le plus grandes.

Si toutes les formes allongées se prêtent à une suspension par simple ligature, les coquillages que nous retenons comme éléments de parure ou ustensiles sont perforés ou rainurés. Ce façonnage montre des aspects systématiques tant dans le choix de son emplacement sur le coquillage que dans celui des techniques utilisées en fonction des espèces.” (pp. 81-97).

Le conchiglie lavorate sono essenzialmente marine. I gasteropodi di piccole dimensioni sono stati perforati o solcati per essere utilizzati come parures, mentre i Bivalvi sono stati utilizzati per diversi scopi. Se tutte le forme allungate si prestano alla sospensione per semplice legatura, le conchiglie che noi riteniamo oggetti ornamentali o utensili sono perforate o solcate artificialmente.

- 3.1. FICHE PENDELOQUES:

“Parmi les objets pourvus d’un moyen de suspension évident (perforation ou rainurage), certains, de dimensions modestes, semblent n’avoir eu d’autres fonctions que celle d’un signe à valeur symbolique. C’est la catégorie appelée communément “pendeloques” constituée d’objets très différents par les dimensions, le choix des matériaux, la qualité du façonnage, le formes, et la présence éventuelle de décors.” (pp. 99-104).

I pendagli sono oggetti dotati di un mezzo di sospensione evidente (perforazione o solcatura), alcuni, di piccole dimensioni, sembrano non avere altre funzioni se non quella di oggetto con valore simbolico.

- 3.3. FICHE PENDELOQUES DROITES :

“Ce sont des objets allongés de longueur variable. Entièrement façonnés en matière dure animale, perforés à une extrémité ou sur un bord mésial. De rares exemplaires possèdent une perforation centrale. Les modèles allongés selon l’axe longitudinal sont souvent ornés sur le contour seulement ou sur la totalité de leur surface, et sur une partie ou sur la totalité de leur longueur. ” (pp. 117-126)

I pendagli dritti sono oggetti di lunghezza variabile, interamente lavorati, perforati a una estremità o su un bordo mesiale.

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- 3.4. FICHE PENDELOQUES COURBES:

“Ce sont des objets allongés, de forme entièrement courbe ou simplement recourbée à l’extrémité distale,de longueur variable, aménagés sur os, sur défense de suidé ou sur test, et perforés à une extrémité, sur un bord mésial ou au centre.” (pp. 127-136).

I pendagli curvi sono oggetti allungati, di forma interamente curva o semplicemente incurvata all’estremità distale e di lunghezza variabile.

- 3.5. FICHE PENDELOQUES CONIQUES:

“Ce sont des objets allongés entièrement façonnés, de forme conique, pris sur extremité d’andouiller de cervidé et suspendus par l’extrémité proximale ou distale.” (pp. 137-143).

I pendagli conici sono oggetti allungati interamente lavorati e di forma conica.

- 3.7. FICHE PENDELOQUES TRAPEZOIDALES

“Ce sont des objets allongés de forme trapézoidale possédent quatre cÔtés inégaux et de forme variable, rectilignes, convexes ou concaves. Ils sont parfois en os mais surtout en test de coquillage ce qui explique l’extrême variabilité des forme trapézoidales.” (pp. 155-159).

I pendagli trapezoidali sono oggetti di forma trapezoidale possedenti quattro margini diseguali e di forma variabile. ,

- 3.8. FICHE PENDELOQUES A POINTE

“Ce sont des objets entièrement façonnés en os, plus rarement en test, de taille variable et de forme allongé ou compacte, dont la partie distale est toujours terminée en pointe mousse. Il peut arriver que les deux estrémités soient pointues ou fortement convexes. Ils sont perforés à l’extrémité proximale ou au centre et peuvent être ornés de stries ou de coches. Ils présentent de nombreux caractères distinctifs.” (pp. 161-172).

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I pendagli a punta sono interamente lavorati, di taglia variabile e di forma allungata o compatta, la cui parte distale termina sempre con una punta.

- 6.2 FICHE PERLES NEOLITHIQUES :

“Ce sont des objets entièrement façonnés en matière dure animale, de forme compacte généralement circulaire, d’épaisseur variable et de profil le plus souvent parfaitement circulaire, et à perforation centrale. Plusieurs types ont été reconnus à partir de l’épaisseur, de la forme du profil, ou du décor.” (pp.257-268).

Le perle neolitiche sono oggetti in materia dura animale interamente lavorati, di forma compatta generalmente circolare, di spessore variabile e di profilo spesso perfettamente circolare, e a perforazione centrale.

In rapporto alla sezione longitudinale si riconoscono le seguenti categorie: discoide, cilindrica, ovoide, biconica, ad allargamento mediano ed a restringimento mediano.

- 7. ANNEAUX :

“Ce sont des objets à large perforation centrale, de section variable, qui selon leur taille peuvent être divisés en deux categories : les bagues e les bracelets. Ils sont façonnés en os ou en test. ” (pp. 269-276).

Gli anelli sono oggetti a larga perforazione centrale, di sezione variabile, che secondo la loro taglia possono essere divisi in due categorie: anelli e bracciali.

3.1.2. ANELLONI IN PIETRA

Gli anelloni in pietra sono stati studiati e classificati nella seconda metà degli anni ’70 da Giuseppe Tanda (Tanda, 1977, pp. 111-155), che li ha suddivisi, in base alla forma della sezione, in 8 tipi:

- Tipo A, caratterizzato da una sezione a triangolo isoscele, con due varianti:

A1 a faccia interna piana

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- Tipo B, a sezione piano-convessa

- Tipo A-B, a sezione poligonale, con due varianti:

A-B1 a sezione triangolare con faccia interna a profilo angolare

A-B2 a sezione triangolare con faccia interna convessa

- Tipo C, caratterizzato da una sezione a triangolo largo con lati curvilinei

- Tipo D, caratterizzato da una sezione convesso-piana

- Tipo E, caratterizzato da una sezione rettangolare

- Tipo F, caratterizzato da sezione trapezoidale, con due varianti:

F1 a basso spessore

F2 a spessore uguale alla metà della larghezza

- Tipo G, caratterizzato da una sezione ellissoidale, con due varianti:

G1 a sezione ellissoidale

G2 a sezione ellissoidale schiacciata

G. Tanda cercò nei suoi studi di incrociare le tipologie con il litotipo, dimostrando che nei tipi A, A-B, B rientrano per lo più gli anelloni in pietra verde, mentre gli anelloni in marmo, calcare e steatite rientrano nelle restanti tipologie, stabilendo un legame tra tipo di manufatto e tipo di roccia utilizzata. Inoltre divise gli anelloni in tre categorie in base alla misura del diametro interno: superiore a 5 cm, tra 4 e 4,9 cm e inferiore a 4 cm. Notò che il primo gruppo è quello in cui rientrano la maggior parte degli anelloni, formato prevalentemente da quelli in pietra verde, mentre il secondo e terzo gruppo sono costituiti sia da anelloni in pietra verde che da quelli in calcare , marmo e steatite. Sulla base dimensionale ipotizzò che gli esemplari del primo e forse del secondo gruppo fossero bracciali portati al braccio, all’avambraccio e alla caviglia, mentre quelli del secondo e del terzo gruppo avrebbero potuto essere pendagli. Aggiunse, in base al litotipo utilizzato, che gli anelloni in pietra verde sono sicuramente oggetti ornamentali di prestigio, mentre gli anelloni in calcare possono essere

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usati come pesi da rete o teste di mazza, per la bassa qualità della materia prima e per una lavorazione non troppo accurata.

Una classificazione tipologica degli anelloni in pietra basata su criteri diversi rispetto a Tanda è quella di J. Courtin e X. Gutherz (Courtin-Gutherz, 1976). Gli autori hanno effettuato uno studio dei bracciali in calcare provenienti dal sud della Francia riferibili al Cardiale ed allo Chasseano suddividendo i manufatti in 5 tipi:

- Tipo 1, a sezione spessa, ovale o biconvessa, spesso asimmetrica, quasi tanto larga quanto alta. Il rapporto altezza/spessore è inferiore a 2 e spesso inferiore a 1,5.

- Tipo 2, a sezione stretta biconvessa, rapporto altezza/spessore superiore a 2,5.

- Tipo 3, a sezione larga appiattita, triangolare, rapporto altezza/spessore inferiore a 1.

- Tipo 4, a sezione subtriangolare alta e stretta, i braccialetti sono generalmente troncoconici con rapporto altezza/spessore superiore a 2.

- Tipo 5, a sezione stretta molto alta, rapporto altezza/spessore superiore a 3, spesso a 4.

I rinvenimenti di anelloni durante il Neolitico finale e Calcolitico nel sud della Francia si limitano a poche unità, tuttavia sono classificabili nel tipo 6, che consiste in anelloni con solcature parallele sulla faccia esterna, e nel tipo 7, che consiste in anelloni con un profilo molto piatto e triangolare, con il bordo tagliente, confrontabile con gli anelloni-disco bretoni.

Considerando che la materia prima di fabbricazione degli anelloni nel sud della Francia è essenzialmente il calcare bianco duro, si è applicata per gli anelloni in calcare presenti in questo lavoro la tipologia di Courtin e Gutherz. Tale scelta appare più corretta, in quanto per alcuni bracciali/anelloni la tipologia proposta da Tanda non permette una corretta classificazione. Ad esempio, se un manufatto possiede la forma della sezione o il profilo diversi dai modelli proposti dall’autrice, eventualità probabile in quanto il suo studio fa riferimento ad

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anelloni rinvenuti in Italia fino al 1973, non è possibile la sua collocazione all’interno di nessun tipo.

Courtin e Gutherz utilizzando invece un ulteriore parametro, ovvero il rapporto tra altezza e spessore della sezione del manufatto, permettono di inserire qualsiasi bracciale/anellone all’interno di un tipo, nonostante la forma della sua sezione non sia identica a quella proposta dagli autori.

3.2. LO STUDIO TECNOLOGICO

L’analisi tecnologica permette di arricchire le conoscenze sulle capacità tecniche degli artigiani, sugli aspetti socio-economici e culturali dei gruppi preistorici, ed è fondamentale per la comprensione del loro modo di vivere. L’approccio si diversifica in relazione alla materia prima: per le materie dure animali ad eccezione delle conchiglie si è fatto riferimento al lavoro già citato (Barge et al. 1991) e “Propositions pour une terminologie du travail préhistorique des matières osseuses: Les techniques” (Averbouh, Provenzano 1998-99), per le conchiglie si è fatto riferimento a “Critères à base expérimentale pour l’étude des perforations naturelles et intentionnelles sur coquillages, in Traces et fonction: les gestes retrouvés, Colloque International del Liège, vol. 50” (F. d’Errico et al., 1993) pp. 243-254, mentre per gli anelloni in pietra si è fatto riferimento a “Analisi dell’industria in pietra levigata, in Alla conquista dell’Appennino” (Delcaro, 2004), pp.61-68.

3.2.1. MATERIA DURA ANIMALE

Necessario allo studio delle tecniche di lavorazione è individuare le fasi della catena operativa che hanno permesso la trasformazione dalla materia prima nell’oggetto desiderato. Questo ci permette di ricondurre ad ogni fase le stigmate caratteristiche di precise operazioni lavorative, utili alla ricostruzione in sequenza dalla messa in forma, fino al manufatto finale.

La catena operativa si suddivide in quattro fasi principali :

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- Façonnage ;

- Perforazione ;

- Levigatura.

Il Débitage

Questo processo si attua per avere un supporto di dimensioni e forma prestabilite che consiste in:

- fratturare con l’aiuto di un percussore;

- segare o tagliare con l’aiuto di una punta dura o di manufatti con margine tagliente.

Tale processo è diverso qualora si parli di ossa piatte o ossa compatte.

Per le ossa piatte, un elemento di sezione sottile può essere segmentato eseguendo due intaccature opposte su entrambe i bordi o incidendo profondamente una faccia o le due facce dell’osso. Successivamente si procede con la frattura della zona assottigliata esercitando una pressione da una parte e dall’altra dello stesso. Il luogo di rottura si riconosce per un bordo irregolare a dente di sega e l’esistenza di una scheggia distaccata su una delle facce dell’elemento, tranne nel caso siano effettuate due profonde incisioni sulle due facce dell’osso (Barge, 1982).

Per le ossa compatte, un segmento più o meno cilindrico può essere separato effettuando un intaglio, fino ad ottenere una zona più ristretta che essendo più debole si romperà facilmente. Si può anche procedere con la tecnica delle incisioni circolari periferiche effettuate con l’aiuto di una selce o di una cordicella, o con la realizzazione di due biseaux opposti (Camps-Fabrer et alii, 1991).

In questo studio le operazioni riferibili al débitage sono perlopiù assenti:

- le conchiglie sono nella maggior parte dei casi intere, o fratturate per cause post-deposizionali;

- i denti perforati presentano soltanto operazioni di façonnage;

- i pendagli in osso e le perle in generale non presentano tracce riferibili ad una fase di débitage a causa delle operazioni successive.

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Il Façonnage

Al Façonnage fanno riferimento tutte le tecniche di lavorazione le quali consistono “nell’applicare l’utensile sulla materia imprimendo direttamente la forza dei muscoli” (Leroi-Gourhan 1943). Queste tecniche si suddividono in due grandi categorie: quelle di superficie (raschiatura, abrasione), e quelle che si sviluppano in profondità (solcatura, taglio, incisione).

Tecniche di superficie: Raschiatura

La raschiatura consiste nell’eliminare piccole parti di materia per regolarizzare la superficie di un oggetto o diminuirne lo spessore, essa si applica grazie all’utilizzo di un utensile che possiede un arresto acuto, eseguendo un movimento unidirezionale ripetuto. Le stigmate sono spesso delle strie superficiali, longitudinali rispetto all’asse dell’oggetto, vicine e parallele tra loro. Le strie possono variare per due motivi: la morfometria della parte attiva dell’utensile utilizzato per la raschiatura o la materia prima dell’utensile con cui si effettua il procedimento. La morfometria della parte attiva dell’utensile inciderà sulla larghezza e sulla profondità delle strie, mentre la materia prima con la quale l’utensile è stato fabbricato produrrà, nel caso si tratti di selce, strie vicine accompagnate da shatermarks (Campana 1989), nel caso si tratti di metallo strie uguali alle precedenti, ma molto più attenuate, impercettibili ad occhio nudo.

Tecniche di superficie: Abrasione

L’abrasione consiste nell’eliminare particelle di materia prima per sfregamento di due superfici l’una contro l’altra, finalizzata a regolarizzare o diminuire lo spessore di una superficie. Essa si applica grazie all’utilizzo di una mola a grana grossa, media o fine, a seconda delle dimensioni di particelle che si desidera eliminare. Altri elementi abrasivi, come la sabbia, e l’acqua possono essere aggiunti per aumentare l’efficacia della mola. Le stigmate sono solitamente strie dritte o circolari secondo il senso del movimento applicato, organizzato in zone piatte e rugose. Quando l’abrasione è prolungata, si osservano zone visibili ad occhio nudo occupate da strie dritte ed attaccate, la cui la profondità di queste varia in funzione della finezza della grana della mola e dagli elementi aggiuntivi abrasivi utilizzati.

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Tecniche in profondità: la solcatura

La solcatura consiste nell’eliminare parti di materia tramite un solco profondo e lungo. Essa si applica grazie ad un movimento unidirezionale ripetuto, talvolta accompagnato da un movimento di va e vieni. Gli utensili adatti per realizzare questo procedimento possono essere lame o i bulini diedri. Le stigmate sono solchi allungati, profondi, che presentano una sezione a U più o meno aperta a secondo del manufatto utilizzato.

Tecniche in profondità: il taglio

Il taglio consiste nell’eliminare parti di materia al fine di dividere corpi solidi. Solitamente si effettua con un movimento di va e vieni spesso praticato perpendicolarmente all’asse longitudinale delle fibre ossee associato ad una pressione sufficiente per incidere la materia ad ogni passaggio. L’utensile adatto a questa operazione deve possedere un tranciante ed essere piuttosto resistente, con una parte attiva né troppo spessa , né troppo sottile. Le stigmate sono delle cavità ristrette con sezione a V che si separano in due piani al momento del distaccamento. Ogni piano presenta strie continue, dritte e perpendicolari al piano di taglio, speculari con quelle del piano opposto poiché create simultaneamente. Molto spesso il taglio non viene portato a termine, ed il distaccamento finale dei blocchi di materia si effettua per flessione o percussione.

Tecniche in profondità: l’incisione

L’incisione consiste nell’eliminare micro particelle di materia per creare un solco poco profondo, essa si applica grazie all’utilizzo di utensili con parti attive più o meno trancianti (schegge, bulini) in un movimento unidirezionale continuo. Le stigmate sono solchi con profilo ad U poco profondi e con bordi dritti. L’aspetto del fondo del solco dipende dal numero dei passaggi dell’utensile, ma spesso è molto stretto e poco striato.

La Perforazione

Solitamente si effettua la perforazione prima che l’oggetto di parure sia interamente finito, ma spesso è l’unica azione compiuta su un supporto. Le tecniche di perforazione variano a seconda del materiale utilizzato e specificatamente in relazione alla sua durezza, fragilità, o alla sua forma,

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convessa, concava, piana (Camps-Fabrer et alii, 1991). La perforazione può essere realizzata con la percussione, l’abrasione, la recisione, la pressione e la tecnica rotativa.

- La percussione è il metodo più semplice, utilizzato essenzialmente per le conchiglie, le cui zone concave o convesse permettono un migliore assorbimento delle onde d’impatto troppo forti per una superficie piana. Questo metodo non è applicabile all’osso e si realizza:

1. Per percussione diretta puntuale: la conchiglia, appoggiata su una superficie, è colpita a più riprese da un oggetto litico appuntito. In questo caso il foro ha un contorno sub circolare o circolare con i margini sbrecciati e attraversati da fessure. Si osservano delle cupole vicino la zona sbrecciata. Sul bordo del foro opposto alla faccia d’attacco si osservano dei distacchi (F. d’Errico et al, 1993).

2. Per percussione diretta diffusa: uno o più percussioni sono effettuate con l’aiuto di un ciottolo su l’umbone della conchiglia tenuta in mano. Questa tecnica produce degli stacchi adiacenti al punto d’impatto. Se sono necessari più colpi per l’ottenimento del foro, il contorno dell’orifizio presenta una superficie abrasa e attraversata da strie orientate secondo la direzione del movimento del percussore. Le pareti dell’apertura conservano spesso un aspetto fresco (F. d’Errico et al., 1993).

3. Per percussione indiretta: un percussore colpisce una o più volte l’estremità di un utensile, la cui estremità opposta, in contatto con la conchiglia, produce un foro per contraccolpo. Rispetto alla tecnica precedente non presenta una superficie abrasa intorno alla perforazione. (F. d’Errico et al., 1993).

- L’abrasione è un metodo che richiede più tempo ma più sicuro della percussione in quanto raramente può causare la rottura del manufatto. Questo processo consiste nello strofinare il supporto contro una superficie abrasiva fino ad incontrare la faccia concava della conchiglia od una cavità naturale come ad esempio il canale midollare per le ossa lunghe o la cavità pulpare per i denti (Camps-Fabrer et alii, 1991).

Indipendentemente dalla materia prima l’abrasione lascia intorno al foro una zona piatta attraversata da strie fusiformi parallele (F. d’Errico et al., 1993). Un’eccessiva abrasione bilaterale dell’estremità prossimale nei denti può causare la rottura del supporto al livello del foro (Camps-Fabrer et alii, 1991).

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- La recisione ha lo stesso scopo dell’abrasione, ossia ridurre lo spessore del supporto fino ad incontrare una cavità naturale. La superficie lavorata non è più piana come nell’abrasione, ma la solcatura può presentare un profilo a V nel caso in cui l’utensile utilizzato presenti un arresto vivo, o un profilo ad U nel caso in cui si utilizzi un utensile smussato, margine di un manufatto in selce il primo, cordicella il secondo (Camps-Fabrer et alii, 1991). Nel caso delle conchiglie il foro ha una forma allungata e le strie in prossimità e ai margini dell’orifizio indicano la direzione del movimento dell’utensile. Sulla faccia opposta a quella di attacco si osservano dei piccoli distacchi (F. d’Errico et al., 1993).

- La pressione è realizzata su una o su entrambe le facce del supporto e solitamente termina con una rotazione circolare che permette la regolarizzazione e l’allargamento del foro. Questa tecnica lascia delle cupole particolari ai margini del foro. Il movimento rotatorio circolare può eliminare le cupole, motivo per cui la loro assenza non presuppone un mancato utilizzo del metodo. Nel caso delle conchiglie il foro presenta un contorno irregolare attraversato da fessure e con dei distacchi che spesso ha una forma poligonale (F. d’Errico et al., 1993).

La rotazione circolare è effettuata per movimenti circolari alternati, con l’aiuto di un perforatore che possieda maggiore durezza rispetto all’oggetto da forare. Sulle pareti interne o vicino ad esse si osservano le tipiche strie concentriche dovute al movimento rotatorio del perforatore.

Nel caso specifico delle conchiglie il movimento circolare produce fori a sezione conica sulle cui pareti o vicino ad esse si osservano strie concentriche o sub concentriche (F. d’Errico et al., 1993).

Si può procedere:

1. direttamente a mano facendo ruotare l’utensile con un’estremità appuntita alternativamente da destra a sinistra e viceversa. Esso è attivato per movimenti concentrici di va e vieni fino all’ottenimento del foro. In questo caso, l’utensile non può che fare un semi giro per poi ritornare alla posizione iniziale (Camps-Fabrer et alii,1991);

2. a mano con un manico intermedio. Il perforatore è fissato all’estremità di un bastone azionato per strofinio dei palmi delle mani; il movimento descritto è circolare, alternativamente verso destra e verso sinistra;

3. per mezzo del trapano a arco: è il sistema più elaborato. Il bastone sul quale è fissata la punta è azionato da una corda legata alla sommità del bastone ed alle

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estremità di una bacchetta orizzontale azionata per un movimento di va e vieni che avvolge e svolge la corda attorno all’asse verticale. Il bastone è inserito in un peso forato che serve da volano al trapano. La punta può girare più volte su se stessa prima di cambiare di senso, in modo da rendere più efficace la perforazione. Questo sistema è rapido e preciso, in quanto permette di esercitare la pressione desiderata sul bastone e di diminuire o aumentare il mordente della punta secondo il materiale o lo stato di avanzamento della perforazione.

La Levigatura

La levigatura consiste nell’eliminare micro particelle di materia per sfregamento, effettuando un movimento di va e vieni ed esercitando una leggera pressione, in modo da omogeneizzare la superficie lavorata. Si realizza grazie all’aiuto di una mola a grana molto fine (scisto), strofinando il manufatto con del cuoio bagnato o con fibre vegetali abrasive. Le stigmate sono strie dritte o circolari secondo il senso del movimento applicato, organizzate in zone piatte e lisce. Le stigmate della levigatura sono più strette e sottili rispetto a quelle procurate dall’abrasione, risultando impercettibili ad occhio nudo. Spesso l’utilizzo prolungato del manufatto a contatto con pelle o vestiti determina lo stesso risultato.

Tracce d’uso

Le tracce d’uso sono piuttosto numerose e confermano la funzione del manufatto come oggetto di parure. Le stigmate più ricorrenti riguardano la perforazione, generalmente deformata per la tensione del filo. Appartengono a questa categoria anche altre alterazioni: rotture al livello del foro, fori di riparazione, lustro su zone circoscritte dovuto allo sfregamento, bordi del manufatto usurati, vaghi attaccati o incastrati tra loro. Individuare e riconoscere le tracce d’uso aggiunge informazioni sulla vita del manufatto: il modello di sospensione, quanto è stato portato, se è stato restaurato.

3.2.2 ANELLONI IN PIETRA

L’analisi delle tracce di lavorazione e i dati sull’attività sperimentale hanno permesso di ricostruire la catena operativa inerente alla fabbricazione degli anelloni e suddividerla in quattro fasi principali (Delcaro, 2004):

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- bocciardatura; - perforazione; - levigatura.

Premettendo che la scelta del ciottolo sarà quella che più si avvicina alla forma dell’anellone, la prima operazione effettuata sulla materia prima è la sbozzatura o scheggiatura, utile a regolarizzare i bordi e a predeterminare la forma del prodotto finale. La bocciardatura o martellinatura, consiste nell’asportare le asperità dell’abbozzo per conferirgli la forma desiderata. Successivamente a queste due operazioni si effetua la foratura del manufatto, operazione delicata e principale causa di rottura. Questo procedimento si ottiene picchiettando con un percussore duro ed appuntito il centro del manufatto da entrambi i lati fino ad ottenere un foro a sezione biconica che verrà man mano allargato grazie ad una leggera martellinatura. Il foro centrale potrà essere allargato successivamente con un ulteriore scheggiatura grazie a piccoli percussori. L’ultima fase della catena è la levigatura, inizialmente grossolana, che consiste nell’eliminare grazie ad una mola dormiente le tracce della martellinatura e a conferire lo spessore voluto, e di rifinitura, che permette di allargare e rifinire il foro per mezzo di lime abrasive in arenaria.

3.3. CONVENZIONI

Le convenzioni adottate in questo lavoro per gli oggetti di parure seguono il modello del testo specifico “Fiches Typologiques de l’industrie osseuse prehistorique, Cahier IV, Objets de Parure” (Camps-Fabrer et alii, 1991).

In generale, l’orientamento degli ornamenti segue il modello di sospensione, cioè si pone il foro verso l’alto, ma si indicano nel dettaglio le convenzioni utilizzate per la descrizione e l’orientamento degli oggetti in questo lavoro:

- Nel caso dei denti l’estremità prossimale è la radice (parte apicale), mentre l’estremità distale è la corona (parte occlusale).

- Per le zanne di cinghiale, l’estremità prossimale è sempre la parte perforata che si tratti sia della parte occlusale sia della parte basale della zanna. Sempre per questa categoria di oggetti, all’interno di questo lavoro, si definisce faccia

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superiore la superficie che mantiene lo smalto del dente (tutto o in parte), oppure nel caso lo smalto non compaia assolutamente si definisce faccia superiore la superficie decorata o maggiormente lavorata.

- Nel caso dei vaghi il diametro equivale alla misura della sezione mesiale trasversale, considerata perpendicolarmente all’asse di perforazione; lo spessore equivale alla misura della sezione mesiale longitudinale, considerata parallelamente all’asse di perforazione.

- Nel caso dei pendagli si indica come faccia superiore quella maggiormente lavorata.

3.4. LA SPERIMENTAZIONE

Le conchiglie semplicemente forate sono la categoria di manufatto ornamentale più utilizzata durante tutte le fasi neolitiche abruzzesi. L’elevata quantità di valve analizzate, che ha messo in luce fori intenzionali creati tramite l’utilizzo di diverse tecniche e fori naturali, ha reso necessario una breve attività sperimentale per ottenere dei campioni da confrontare con i reperti studiati. Inoltre, tale attività, che è consistita nel perforare e tagliare alcune conchiglie, è stata condotta per verificare gli aspetti tecnici del lavoro: testare la funzionalità degli strumenti usati, accertare i tempi di realizzazione delle azioni, individuare le tecniche che producono i risultati migliori e più vantaggiosi in termini di tempo.

Oltre alla sperimentazione sono stati analizzati microscopicamente alcuni fori localizzati sull’umbone di Glycymeris sp. spiaggiati conservati al Museo Pigorini di Roma. L’analisi di alcuni esemplari ha evidenziato la presenza di sbrecciature e cupole sui margini del foro che presentava un contorno piuttosto regolare. Dal confronto con la sperimentazione di d’Errico et al. effettuata su un ampio numero di valve, emerge che le stigmate presenti sui fori di alcuni campioni spiaggiati sono pressoché identiche a quelle provocate dalla percussione diretta puntuale. Tali tracce rendono impossibile identificare su alcuni elementi se il foro sia di natura artificiale o naturale, limitando le osservazioni al campo delle ipotesi.

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1. due Cardium (1 A e 1 B); 2. due Glycymeris sp. (2A e 2B); 3. una Columbella rustica; 4. un Dentalium sp.

1A. Sul Cardium 1 A (lunghezza 3 cm) è stata compiuta un’abrasione per assottigliare la valva ed è stata operata una successiva pressione a partire dalla faccia convessa della valva per ottenere un foro sull’umbone. L’abrasione è stata realizzata strofinando la valva su un blocco di arenaria; lo strumento utilizzato per la perforazione tramite pressione è un perforatore in diaspro. Il tempo complessivamente impiegato per eseguire entrambe le operazioni è stato 1 minuto circa. Al microscopio si osservano sulla superficie abrasa strie leggere e parallele e il foro risulta di forma irregolare e lobata con i margini privi di sbrecciature. Sullo stesso Cardium è stata compiuta un’abrasione ed una successiva percussione diretta puntuale a partire dalla faccia convessa della valva sopra l’umbone. L’abrasione è stata realizzata strofinando la valva su un blocco di arenaria e la perforazione è stata ottenuta agevolmente con successive percussioni della punta di una scheggia in selce (lunghezza 2,7 cm; larghezza 1 cm). Il tempo complessivamente impiegato per svolgere entrambe le operazione è stato di 1 minuto circa. Al microscopio si osservano strie leggere e parallele attorno al foro che ha acquisito una forma più regolare rispetto al foro eseguito con la tecnica a pressione. Il foro presenta alcune sbrecciature sui margini; inoltre sulla faccia concava della conchiglia si osservano delle sbrecciature e dei distacchi attorno al foro dovute alle onde di choc procurate dalla percussione avvenuta sull’esterno della valva. La sperimentazione effettuata da d’Errrico et al. riporta anche la presenza di fessure e cupole come tracce caratteristiche di una percussione diretta puntuale. Nel nostro caso l’assenza di fessure e cupole può essere spiegata con l’utilizzo di un’abrasione preventiva che ha ridotto lo spessore della valva impedendo lo sviluppo di queste stigmate.

1B. Sul Cardium 1 B (lunghezza 4 cm) è stata eseguita un’abrasione ed una successiva pressione a partire dalla faccia convessa della valva sopra l’umbone. L’abrasione è stata realizzata strofinando la valva su un blocco di arenaria. La perforazione è stata ottenuta grazie alla punta della scheggia in selce utilizzata sul

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Cardium 1 A ed il tempo complessivamente impiegato per eseguire entrambe le

operazioni è 1 minuto circa. Al microscopio si osservano strie leggere e parallele attorno al foro che si presenta di forma piuttosto regolare e privo di sbrecciature. Osservando al microscopio la faccia concava della valva attorno al foro si notano delle sbrecciature e dei distacchi rotondeggianti che costeggiano i margini del foro.

Sullo stesso Cardium è stata compiuta un’abrasione sulla faccia convessa ed una percussione a partire dalla faccia concava speculare alla zona abrasa. L’abrasione è stata realizzata strofinando la valva su un blocco di arenaria. La percussione è stata eseguita con la punta della scheggia in selce usata in precedenza ed il tempo complessivamente utilizzato per completare entrambe le operazioni è 1 minuto circa. Al microscopio si osservano strie leggere e parallele attorno al foro e l’appiattimento delle creste che caratterizzano la valva di Cardium. I margini del foro, di forma irregolare, si presentano molto sbrecciati sulla faccia convessa e su quella concava della valva. Le operazioni effettuate sui Cardium hanno evidenziato come le sbrecciature siano molto più evidenti sulla superficie opposta a quella d’attacco. Come si è osservato nel Cardium 1B, il foro risulta di forma piuttosto regolare e privo di fessure e cupole sui margini, probabilmente, anche in questo caso, a causa dell’abrasione preventiva alla perforazione.

2A. Sul Glycymeris 2A (lunghezza 3,5 cm) è stata compiuta soltanto un’abrasione sull’umbone fino ad arrivare alla perforazione della valva. L’abrasione è stata realizzata su un blocco di arenaria ed il tempo impiegato per perforare la valva è stato 30 secondi circa. Il foro di forma pressoché circolare presenta i margini privi di sbrecciature; al microscopio si osservano le strie leggere e parallele intorno al foro e sulla cerniera della conchiglia che è stata leggermente abrasa mentre l’umbone si stava gradualmente usurando.

2B. Sul Glycymeris 2B (lunghezza 3 cm) è stata compiuta un’abrasione sull’umbone successivamente forato con un perforatore in selce tramite una leggera pressione. Ottenuta l’apertura si è regolarizzato il foro con un movimento circolare. L’abrasione, effettuata su un blocco di arenaria, è stata effettuata per circa 40 secondi, dopodiché la foratura della valva è avvenuta istantaneamente grazie ad una leggera pressione effettuata con un perforatore in selce. I 10 secondi in più, impiegati nell’abrasione di questo esemplare rispetto all’abrasione del

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campione precedente, sono da imputare alla minore forza applicata sulla valva nei movimenti contro il blocco di arenaria. Le operazioni di regolarizzazione con movimento circolare hanno avuto una durata di circa 10 secondi. Il foro, di forma pressoché circolare, presenta i margini sbrecciati e in alcune parti appiattiti. Le operazioni di regolarizzazione hanno eliminato le strie leggere e parallele tipiche dell’abrasione. Questo caso dimostra come alcune tracce siano comuni a più operazioni, rendendo difficile la loro interpretazione. Le sbrecciature sono stigmate tipiche della percussione, mentre in questo caso si riferiscono ad una regolarizzazione che ha cancellato le tracce della tecnica effettivamente utilizzata: l’abrasione.

3. Sulla Columbella (lunghezza 1 cm) è stata eseguita una percussione al livello dell’ultima spira in opposizione all’apertura naturale ed un’abrasione dell’apice per perforare successivamente la columella con la tecnica a pressione. Queste operazioni sono state svolte per ottenere un campione da confrontare con un esemplare proveniente da Colle S. Stefano presentante tali caratteristiche. Per ottenere il foro si è effettuata una percussione diretta puntuale sull’ultima spira della conchiglia con lo spigolo di una scheggia in selce per un tempo di 2 minuti e 35 secondi. Il foro si presenta di forma pressoché circolare con margini piuttosto regolari e privi di angoli vivi. L’abrasione dell’apice realizzata strofinandolo su un blocco di arenaria, ha eliminato i primi due giri di spira in un tempo di circa 30 secondi. Dall’apertura provocata con l’abrasione si è successivamente utilizzato un perforatore che ha perforato per pressione la columella in un tempo di circa 1 minuto. Il foro sulla columella si presenta irregolare, con piccole cupole attorno ai margini sulla superficie opposta a quella su cui è stata esercitata la pressione ed ha un diametro di circa 1 mm.. Il perforatore, per ottenere il foro sulla columella, ha provocato una rottura del terzo giro di spira a causa della forte pressione applicata. Le tracce presenti sul campione archeologico e su quello sperimentale sono le stesse, tuttavia il foro dell’elemento sperimentale presenta un contorno molto più irregolare. Tale differenza si può imputare alle diverse morfologie degli strumenti impiegati o alle diverse forze che sono state utilizzate durante le operazioni di foratura della columella.

4. Il Dentalium è stato tagliato con una lama di ossidiana (lunghezza 5,7 cm; larghezza 1cm) in un tempo di circa 3 minuti. La scelta di operare con questo

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materiale è stata presa supponendo che l’ossidiana, in quanto roccia di caratteristiche simili al vetro, fosse il materiale più adatto per il taglio. I margini tagliati sono regolari ma la zona della conchiglia sulla quale è avvenuto il taglio di partenza presenta un’usura più estesa rispetto al margine, che invade con una smussatura obliqua la superficie della conchiglia. La lama ha riportato sbrecciature piuttosto regolari e continue su entrambi i margini utilizzati per tagliare descrivibili come un ritocco semplice. Tali tracce hanno evidenziato l’usura dell’ossidiana, che nonostante sia riuscita a tagliare la conchiglia non sembra il materiale più adatto.

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