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3. Performance riproduttive

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Academic year: 2021

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3. Performance riproduttive

Le performance riproduttive che si osservano nelle specie avicole cacciabili, allevate e tenute in cattività, molto spesso risultano più basse rispetto a quelle delle altre specie che vengono invece allevate in maniera intensiva e per la produzione di alimenti destinati al consumo umano. La motivazione di tale disparità va ricercata in un maggior interesse economico verso gli animali allevati in maniera intensiva e nella maggiore disponibilità di soggetti allevati da osservare. Inoltre le conoscenze specifiche riguardo lo sviluppo

embrionale delle specie cacciabili sono ad oggi sono ancora insufficienti. La stima esatta dell’età di morte embrionale è la base per individuare le possibili cause di morte durante l’incubazione e, di conseguenza, migliorare la schiusa (Fronte et al., 2008).

Il principale fattore che influenza il successo riproduttivo è il basso tasso di schiusa delle uova, infatti, mentre nei polli varia dall'85 all'88 %, nelle specie cacciabili allevate è inferiore, con valori che per la pernice rossa si aggirano sul 65-80 % (Bagliacca, 1996; Gonzalez-Redondo, 2006).

Le performance riproduttive possono essere influenzate da numerosi fattori e per questo è molto importante eseguire controlli in ogni fase produttiva, partendo dal controllo dei riproduttori

(alimentazione, età, condizioni sanitarie e fattori genetici), per poi passare alla verifica delle caratteristiche delle uova (peso, forma, porosità e spessore del guscio), e ai metodi usati per la loro conservazione e incubazione. Tutti questi fattori possono influenzare singolarmente o congiuntamente la capacità di schiusa delle uova. Anche una consanguineità molto stretta, e soprattutto ripetuta, finisce con l’avere effetti negativi sulla fecondità e sulla schiusa delle uova, sulla vitalità e sull’accrescimento dei pulcini. Per cui non si va mai oltre la quarta o al massimo la quinta generazione di riproduzione consanguinea

(www.summagallicana.it).

In caso di riduzione della percentuale di schiusa rispetto ai valori normali indicati per le diverse specie è importante identificare rapidamente la, o le cause, che hanno determinato il problema osservato.

3.1. Mortalità embrionale

Lo sviluppo embrionale si compie in due momenti distinti: la prima fase avviene internamente alla madre, nell’ovidutto, la seconda fuori dal corpo materno, e solo se l’uovo è messo in condizioni di proseguire lo sviluppo già iniziato, affidandolo ad una chioccia naturale o artificiale.

Nella seconda fase l’embrione si accresce grazie agli scambi gassosi effettuati con l’ambiente esterno tramite il guscio.

Le cause di non schiusa delle uova possono quindi derivare sia da fattori interni a esse, come per esempio carenze nutrizionali, alterazioni della struttura e alterazioni cromosomiche letali, che dall’ambiente esterno e quindi da una non adeguata temperatura e umidità dell’incubatrice, oppure da una carenza di ossigeno e da un eccesso di anidride carbonica nella macchina.

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La mortalità embrionale può essere anche connessa a infezioni sostenute da batteri quali Enterobatteri o Streptococchi, che molto spesso risultano essere resistenti a numerosi antibiotici. La moltiplicazione batterica viene, infatti, favorita dalle condizioni fisico-chimiche dell’incubazione, che esaltano la natura dell’uovo di pabulum ottimale per lo sviluppo batterico. La popolazione microbica presente nell’incubatrice ha un impatto rilevante sulla qualità dei pulcini, sulla loro possibilità di sopravvivenza nell’allevamento di destinazione e sulle future performance riproduttive (Casadio et al., 2014).

Quando si è di fronte ad una contaminazione di tipo biologico la mortalità embrionale si rileva in qualsiasi fase dell’ accrescimento embrionale, a prescindere dall’età dell’embrione.

Per questa ragione, quando si osservano consistenti mortalità a diversi stadi di sviluppo embrionale, si consiglia di effettuare controlli microbiologici sulle uova non schiuse, in modo da isolare eventuali germi responsabili dell'infezione e, quindi, individuare il trattamento più adeguato (www.avianweb.com). Per valutare al meglio le cause che hanno portato a morte gli embrioni, è fondamentale conoscere e riconoscere quale siano le varie fasi della crescita embrionale, partendo dalla deposizione fino alla schiusa, con la nascita del pulcino.

Souver, nel 1988 ha descritto tre periodi di sviluppo:

Primo periodo: comprende i giorni precedenti alla prima speratura: dal 1° al 8° giorno di

incubazione;

Secondo periodo: include i giorni tra la prima e la seconda speratura: dall’9° al 20° giorno di

incubazione;

Terzo periodo: comprende i giorni che trascorrono dalla seconda speratura alla schiusa: dal 21° al

24° giorno.

Il primo periodo è molto delicato poiché, nei primi tre giorni d’incubazione, s’instaura sia la circolazione vitellina sia, in seguito, la “respirazione allantoidea”.

Durante il secondo periodo il momento in cui si registrano le maggiori perdite è negli ultimi due giorni, quando inizia la respirazione polmonare. Il terzo periodo s’identifica invece con il momento in cui i pulcini sono in grado di fuoriuscire dal guscio (Souveur, 1988).

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Secondo un altro studio, condotto da Fronte, Bagliacca et al. (2008), lo sviluppo embrionale può essere suddiviso in due periodi:

Primo periodo: va dal 1° al 17° giorno d’incubazione ed è caratterizzato dalla formazione di tutti gli

organi;

Secondo periodo: va dal 18° al 24°, ed è caratterizzato dall’accrescimento degli organi già formati e

dallo sviluppo degli arti.

Nello studio sopra citato sono inoltre descritte le varie fasi di accrescimento degli embrioni al fine di poter valutare l’età di morte embrionale con una approssimazione di circa un giorno.

L’apertura delle uova non schiuse consente di individuare i momenti critici dell’incubazione, cioè quelli in cui è stato registrato un maggior numero di embrioni morti. Individuare i punti critici permette di risalire alle operazioni che possono aver influito sulla mortalità embrionale e serve principalmente per conseguire un miglioramento delle performance di schiusa.

Uno studio condotto sul pollo riguardo l’andamento della mortalità embrionale in condizioni ottimali di incubazione, ha evidenziato le presenza di due picchi con maggiore mortalità embrionale: il primo picco si verifica nei primi 7 giorni di incubazione, quando inizia la circolazione sanguigna e l’alimentazione diviene più complessa. Il secondo picco si osserva dal 19° giorno in poi, quando avviene il passaggio dalla

respirazione allantoidea a quella polmonare. Tra gli embrioni morti negli ultimi tre giorni d’incubazione, l’83,53 % risultano mal posizionati (Tona et al., 2001).

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3.1.1. Principali cause di mortalità embrionale

La mortalità embrionale durante l’incubazione è spesso correlata a una gestione errata di quest’ultima. I problemi maggiori si riscontrano a causa di temperatura, umidità e ventilazione non idonee, i cui effetti sugli embrioni sono già stati descritti sopra. Tuttavia anche la gestione dei riproduttori e la fase di stoccaggio possono influire notevolmente sulle performance di schiusa.

Le principali causa di mortalità embrionale vengono di seguito descritte.

1. UOVA NON FERTILI, “CHIARE”.

La fertilità delle uova è influenzata dalla gestione dei riproduttori in allevamento e non dipende da manipolazione, stoccaggio o incubazione delle uova.

Le cause di una scarsa fertilità non sono le stesse di un eccesso di embrioni morti, per cui è importante distinguere un uovo infertile da uno in cui l’embrione è morto precocemente; ciò può essere fatto tramite l’apertura delle uova e la loro osservazione; tuttavia, il riconoscimento delle uova infertili dopo ventiquattro giorni di incubazione può risultare abbastanza difficoltoso.

Quando, durante la prima speratura, si registra un numero elevato di uova “chiare”, le cause sono principalmente da imputare a:

- Gestione errata dei riproduttori. Le pernici tenute in cattività non possono scegliere il compagno e le coppie sono spesso mantenute insieme anche dopo la stagione riproduttiva, cosa che in natura non avviene. Questo tipo di gestione potrebbe avere degli effetti negativi sulla naturale etologia degli animali, andando a influire sulla riproduzione, soprattutto negli animali che sono a fine carriera (Mourão et al., 2010).

- Sanità. Lo stato sanitario dei riproduttori è molto importante poiché alcuni patogeni possono essere trasmessi dai genitori ai pulcini per via verticale. Risulta utile attuare tutte le misure di profilassi ed intervenire con terapie mirate laddove sia necessario. Da questo punto di vista, è indispensabile il contributo del veterinario e l’adozione d’idonei piani di profilassi vaccinale.

- Proporzione errata tra maschi e femmine. È consigliabile mantenere il rapporto M/F in linea con le caratteristiche etologiche della specie. Per la pernice, specie monogama, deve essere di 1:1.

- Maschi sottonutriti. La somministrazione di diete bilanciate e la corretta preparazione dei mangimi, contribuisce a una buona produzione quali-quantitativa di sperma. È utile quindi

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controllare che tutti i maschi siano in grado di alimentarsi e, nel caso di razionamento, dare doppia razione un giorno sì e uno no (Bagliacca et al., 2008).

- Età del maschio. Un maschio in età avanzata può risultare sterile, sebbene riesca ad accoppiarsi. È ben noto che i soggetti più giovani siano caratterizzati da un tasso di fertilità maggiore di quelli più “vecchi”. La riduzione della fertilità nei maschi vecchi è dovuta alla diminuzione del numero di spermatozoi nell’eiaculazione, al minore volume di seme prodotto (Kotłowska et al., 2005) e, in generale, al comportamento di accoppiamento (Appleby et al., 2004). Nel caso della pernice si consiglia quindi di scegliere riproduttori giovani e comunque non più vecchi di 3 anni (Fronte et al., 2010).

Al fine di individuare i maschi sterili è utile numerare le uova al momento della raccolta, con il numero della gabbia in cui sono state deposte (Bagliacca et al., 2008).

- Età della femmina. L’età delle femmine ha un effetto negativo sulla fertilità e sulla schiusa. Con il passare degli anni di produzione nelle femmine si osserva un declino delle abilità di trattenere lo sperma negli ovidutti (Brillard, 1992).

- Femmine sotto/sovrappeso. Studi effettuati su delle galline hanno osservato che negli animali sovralimentati si manifesta un peggioramento delle performance riproduttive, con diminuzione sia della fertilità, che della schiusa delle uova per mortalità embrionale negli ultimi stadi di sviluppo (Romboli et al., 2008).

- Condizioni metereologiche estreme. Gli eventi meteorologici di forte intensità possono causare stress agli animali e inibire gli ormoni predisposti per la deposizione, ciò si osserva soprattutto nei soggetti che sono alla prima deposizione.

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2. EMBRIONI MORTI TRA IL 1° E IL 2° GIORNO DI INCUBAZIONE.

Se la morte dell’embrione avviene nei primi due giorni d’incubazione, le uova sono caratterizzate da una degenerazione delle membrane, ma non è ancora visibile l’anello di sangue (che indica la morte embrionale tra il 3° e il 5° giorno di incubazione).

Le causa di mortalità in questo stadio di sviluppo sono dovute a:

- Eventi stressanti per i riproduttori. Operazioni come il prelievo del sangue o manutenzioni dell’allevamento che sono particolarmente rumorose risultano stressanti per i riproduttori e possono quindi considerarsi possibili cause di mortalità embrionale. Sulle uova prodotte dagli animali, è possibile rilevare una tipica chiazzatura della membrana vitellina.

- Raccolta delle uova. È molto importante raccogliere le uova almeno una volta il giorno e, in caso di elevate temperature ambientali (superiori a 26 °C), più volte il giorno.

- Errata temperatura dell’incubatrice.

- Presenza di uova sporche. E’ sempre indispensabile eliminare le uova col guscio sporco per evitare contaminazioni delle altre uova all’interno dell’incubatrice.

3. EMBRIONI MORTI TRA IL 3° E IL 5° GIORNO DI INCUBAZIONE: UOVA CON ANELLO DI SANGUE.

La presenza dell’anello di sangue indica morte precoce dell’embrione, avvenuta nei primi tre/cinque giorni d’incubazione. Tra il terzo e il quinto giorno le uova presentano un contenuto denso, quasi “cremoso” e in tutte è presente e ben visibile l’anello vascolare. A causa dei processi metabolici il sangue si arricchisce di anidride carbonica, ammoniaca e acido lattico: un eccesso di uno di questi cataboliti porta o alla morte immediata o a un eccessivo indebolimento dell’embrione. In questi primi giorni di incubazione, nel pollo è stato osservato che la mortalità embrionale può raggiungere valori prossimi al 25% (www.summagallicana.it).

Le cause di un’elevata mortalità in questo momento dello sviluppo embrionale sono da imputare a:

- Errata temperatura dell’incubatrice. Una temperatura troppo alta o troppo bassa può pregiudicare lo sviluppo embrionale. Si possono verificare problemi anche nel caso in cui l’incubatrice non riesca a raggiungere la temperatura ottimale in tempi brevi una volta messe le uova all’interno.

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- Insufficiente frequenza dei voltaggi. Se la frequenza dei voltaggi è insufficiente, si può avere formazione di aderenze tra le membrane, con una errata formazione degli annessi embrionali.

- Fumigazione sbagliata o lavaggio/disinfezione non corretti. La fumigazione con formalina deve essere fatta il più presto possibile, dopo la deposizione, teoricamente prima del raffreddamento delle uova. Le uova non devono mai essere fumigate fra ventiquattro e novantasei ore dall’inizio dell’incubazione (Appunti lezione Prof. Bagliacca).

Per quanto riguarda il lavaggio, questo rimuove la cuticola dalla superficie del guscio calcareo; ciò fa sì che i pori non siano più protetti dalla cuticola e rende le uova più permeabili a contaminazioni esterne.

- Uova mantenute troppo a lungo in camera di conservazione. La durata dello stoccaggio influisce notevolmente sulla mortalità embrionale. Per questo motivo è consigliabile conservare le uova per un massimo di sette giorni ed eseguire un preriscaldamento delle uova per evitare la formazione della condensa sul guscio una volta messe in incubatrice. Inoltre è sempre efficacie effettuare il voltaggio delle uova una o più volte al giorno per tutta la durata della conservazione.

- Presenza di uova sporche. Le uova sporche di feci possono essere vettori di batteri (Salmonella) e virus. Le uova colpite da contaminazioni batteriche tendono a scolorarsi e puzzare, inoltre l’interno l’uovo perde struttura. I morti per infezione batterica sono definiti “morti allo stadio di occhio nero” (slide da Aviangen).

- Uova raccolte con temperature superiori ai 26 °C. Quando le temperature ambientali superano i 26 °C è utile raccogliere le uova più volte il giorno.

- Shocks subiti dalle uova. L’incubatrice deve essere aperta il meno possibile, per evitare sbalzi di temperatura che potrebbero danneggiare le uova.

L’operazione di speratura non dovrebbe essere fatta prima di sette giorni, poiché l’embrione si trova in una fase molto critica del suo accrescimento. Solo dopo l’inizio della respirazione allantoidea e la formazione di tutti gli annessi embrionali, le uova possono essere maneggiate.

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4. EMBRIONI MORTI TRA L’8° E IL 17° GIORNO.

In questa fase dello sviluppo solitamente la mortalità embrionale per cause naturali è relativamente bassa. Per questo motivo, quando si osserva un numero rilevante di embrioni morti tra l’8° e il 17° giorno di incubazione, le uova dovrebbero essere inviate ad un istituto zooprofilattico per accertamenti di tipo microbiologico.

Un numero eccessivo di embrioni morti in questa fase è da imputare a: - Temperatura dell’incubatrice troppo alta o troppo bassa.

- Umidità e ventilazione errate.

- Frequenza insufficiente di voltaggi.

- Problemi alimentari nei riproduttori. La mortalità osservata durante la fase centrale dell’incubazione, qualora non vengano evidenziate specifiche cause infettive, è causata generalmente da deficienze alimentari nei riproduttori. Va ricordato però che la maggior parte delle carenze alimentari è spesso dovuta ad una cattiva conservazione o miscelazione del mangime, o a micro-carenze vitaminiche che determinano solo un aumento del numero dei pulcini poco vitali che hanno difficoltà a uscire dall’uovo, senza un apprezzabile aumento della mortalità durante la fase centrale d’incubazione. Le mancanze alimentari più comuni che si osservano tra i riproduttori riguardano la vitamina A, la vitamina E e la Riboflavina (B2). La

mancanza di queste sostanze causa mortalità embrionale, nel fagiano e nel pollo tra l’8° e il 16° giorno, nella faraona e nel tacchino tra l’11° e il 20° giorno. Si ritiene che lo stesso possa verificarsi in maniera analoga anche per altre specie avicole, come la pernice.

5. EMBRIONI MORTI TRA IL 18° E 19° GIORNO DI INCUBAZIONE.

In questa fase l’embrione si prepara al passaggio dalla respirazione allantoidea a quella polmonare. Un numero eccessivo di embrioni morti in questa fase è da imputare a:

- Temperatura dell’incubatrice troppo alta o troppo bassa.

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- Voltaggio delle uova. In questa fase l’embrione sposta la testa verso l’alto e si dispone in maniera tale da prepararsi alla respirazione polmonare; un voltaggio eccessivo delle uova può danneggiare l’embrione.

- Posizione delle uova. Se le uova sono state sistemate nel modo sbagliato, quindi con il polo acuto rivolto verso l’alto, l’embrione si disporrà in maniera sbagliata, con la testa verso il polo ottuso; ciò gli impedirà di accedere alla camera d’aria negli ultimi giorni d’incubazione. Non potendo respirare l’embrione andrà incontro a morte.

6. EMBRIONI MORTI TRA IL 21° E IL 24° GIORNO.

Negli ultimi tre giorni d’incubazione le uova si trovano nella camera di schiusa. A questo stadio può accadere che i pulcini non riescano a forare il guscio; oppure lo forino, ma non riescano ad uscire. È possibile osservare anche la presenza di embrioni malformati, se il loro numero risulta superiore alla percentuale attendibile, è necessaria un’investigazione per accertarne le cause.

Un numero eccessivo di embrioni morti in questa fase di sviluppo è da imputare a:

- Alimentazione. Un eccesso di calcio nella dieta dei riproduttori può indurire eccessivamente il guscio, impedendo al pulcino di forarlo. A questo proposito è utile ricordare che il fabbisogno di Calcio tra maschio e femmina risulta diverso. Nella femmina il rapporto tra calcio e fosforo deve essere di 4:1, nel maschio di 1:1. È importante quindi bilanciare le diete nella maniera esatta a seconda dei diversi fabbisogni dei riproduttori.

- Temperatura. Si ricorda che durante la schiusa la temperatura deve essere mantenuta più bassa rispetto all’incubazione in quanto il pulcino stesso in questa fase dello sviluppo produce calore.

- Umidità e ventilazione. Si ricorda che, in questa fase critica, l’umidità della macchina deve essere inizialmente abbassata per facilitare la rottura del guscio, in seguito rialzata per impedire alle membrane di seccarsi diventando più resistenti alle lacerazioni e aderendo al corpo del pulcino, e poi in seguito, riabbassata per permettere l’asciugatura dei pulcini (Appunti lezioni Prof. Bagliacca).

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Tra i molteplici fattori che possono causare la morte embrionale, non sono da sottovalutare le carenze di elementi nutritivi nella dieta dei riproduttori o una loro possibile tossicità.

L’assenza di un’adeguata componente vitaminica (A, D3, E, K e B12), a seconda dei casi, può causare deformità embrionali e malattie degenerative, morte degli embrioni, sia precoce che tardiva, oltre che inibizione della crescita (Vit. D3, E, K, B12).

La mancanza della vitamina A può causare morte degli embrioni a 48 ore di incubazione per mancato sviluppo del sistema circolatorio; la carenza di vitamina E causa morte degli embrioni a 18/19 giorni di incubazione, con emorragie e insufficienza circolatori. Una non adeguata presenza di Riboflavina (vitamina B12) porta a picchi di mortalità a 60 ore,14 giorni e 20 giorni di incubazione e causa un alterato sviluppo del becco e degli arti.

Gli acidi grassi (Acido Linoleico) possono provocare un ritardato accrescimento e l'aumento della mortalità embrionale tra i giorni 1 e 4, 8 e 12 e sopra i 21 giorni.

Anche gli elementi minerali possono influire sullo sviluppo e sulla mortalità embrionale.

Il Manganese causa deformità dello scheletro, accorciamento delle ossa, edema e mortalità prima dei 18 giorni; lo Zinco può causare difetti della colonna vertebrale, occhi piccoli, edema e quindi comportare anche un alto tasso di mortalità embrionale. Il Calcio può far aumentare il peso delle uova e diminuire l'accrescimento delle ossa se non opportunamente bilanciato con Magnesio Fosforo, inoltre la carenza di calcio nella dieta porta ad un blocco delle ovulazioni dopo un periodo in cui vengono prodotte uova dal guscio morbido (www.summagallicana.it). Il Sodio agisce sull'apparato endocrino e un suo eccesso, o una sua carenza, può diminuire la crescita degli embrioni e aumentare il tempo di incubazione. Lo iodio può allungare il tempo di cova e causare un’incompleta chiusura addominale; la carenza di ferro può portare ad avere emoglobina bassa e scarsa circolazione extra-embrionale. Infine il Selenio, è considerato un nutriente essenziale coinvolto nei processi anti-ossidanti e nella fertilità in generale. Una dieta carente in selenio può causare una scarsa crescita e sviluppo embrionale, aumentare la mortalità, ridurre la produzione di uova e diminuire la capacità di schiusa. (Giuliacci, 2009; Barretta, 2012).

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4. Effetto della durata di conservazione sul tasso di

schiusa

La durata dello stoccaggio è strettamente correlata alla temperatura, come già illustrato, inoltre è documentato che la conservazione delle uova riduce la schiusa e aumenta la durata dell’incubazione. Se il tempo di stoccaggio aumenta, l’embrione necessita di più tempo per riprendere lo sviluppo e quindi cresce anche più lentamente, la sua crescita, infatti, è rallentata nelle prime ore dopo l’inizio dell’incubazione (Bagliacca et al., 2005).

Gomez ha illustrato questo mettendo a confronto uova stoccate per 7 giorni e uova stoccate per 42 giorni: le prime hanno avuto una durata di incubazione di 23,03 giorni, le seconde di 23,39 (Gomez, 2014).

La durata della conservazione e la temperatura possono interagire tra loro e modificare il tempo di incubazione. Uova incubate per 42 giorni a 15° C hanno un periodo di incubazione più lungo (23,49 giorni) rispetto alle uova incubate per lo stesso tempo a 9°C (23,26 giorni); il medesimo esperimento è stato fatto con uova conservate per un periodo di 7 giorni: quelle mantenute a 15° C presentavano un’incubazione di 22,93 giorni, mentre quelle stoccate a 9 °C di 23,23 giorni (Gomez, 2014).

Dato che, come abbiamo già detto, il tempo di stoccaggio influisce sulla durata dell’incubazione, per cercare di avere schiuse contemporanee di uova raccolte in giorni diversi è bene effettuare una correzione dell’incubazione in base alla durata della conservazione, incubando le uova più vecchie con un ora di anticipo per ogni giorno di conservazione oltre il secondo.

La sincronizzazione degli embrioni è di fondamentale importanza e permette di avere condizioni ottimali di sviluppo per tutti gli embrioni presenti, altrimenti si verificherebbe una aumento della mortalità embrionale.

Vari studi suggeriscono che l’aumento della mortalità embrionale sia dovuto a variazioni a livello morfologico nel blastoderma e malformazioni dell’embrione con un conseguente aumento di necrosi cellulare (Arora and Kosin, 1966b).

L’effetto negativo dello stoccaggio aumenta in base al tempo di conservazione: ogni giorno di stoccaggio in più entro il settimo giorno porta ad una riduzione della schiusa pari allo 0,2%; mentre oltre il settimo giorno di stoccaggio la schiusa diminuisce ogni giorno dello 0,5% (Yassin et al., 2008).

È stato documentato con vari studi che lo stoccaggio delle uova per tempi superiori a una settimana influenzi significativamente la schiusa. Una ricerca condotta da Fasenko (1999) su uova di pollo stoccate per 2, 4, 6, 8, 10, 12, 14 e 16 giorni, ha dimostrato che la conservazione, se inferiore a 8 giorni, non influenza la schiusa, mentre oltre questo periodo si osserva una significativa riduzione.

Studi condotti su uova di pollo e di tacchino hanno messo a confronto la schiusa delle uova in base al tempo di conservazione. È stato osservato che le uova di pollo stoccate per 4 giorni presentavano una mortalità embrionale del 10,7%, mentre quelle conservate per 14 giorni avevano valori più alti, di 27,7%. Lo

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studio eseguito su uova di tacchino ha riportato valori analoghi: le uova stoccate per 4 giorni avevano una mortalità embrionale del 22,9 %, mentre quelle conservate per 14 giorni del 29,2 %; inoltre la percentuale di schiusa diminuiva da 70,9% per le uova stoccate per 4 giorni al 64,4% per le uova stoccate per 14 giorni (Fasenko et al., 2001).

Questa significativa variazione è stata spiegata grazie ad uno studio condotto su uova di pollo stoccate per 4 giorni a confronto con quelle stoccate per 15 giorni. Attraverso l’utilizzo di un macchinario capace di misurare il metabolismo embrionale, è stato osservato che, il metabolismo embrionale nelle uova stoccate per 15 giorni (in particolare la fuoriuscita di CO2) procedesse ad un ritmo più lento rispetto che nelle uova stoccate per 4 giorni (Fasenko et al., 2002).

Ancora, uno studio condotto da Bloom sempre su uova di pollo, dimostra che nelle uova stoccate per almeno 14 giorni, il numero di cellule programmate a morire (apoptosi) aumenti (Bloom et al., 1998). L’ipotesi è che, una lunga esposizione degli embrioni ad uno stoccaggio a basse temperature, potrebbe incrementare il numero di cellule programmate per essere necrotiche.

Studi condotti da Gonzalez-Redondo sull’effetto della durata dello stoccaggio sulla schiudibilità delle uova, hanno evidenziato che, un periodo di stoccaggio di 28 giorni, a 15-16° C e con il 70-80% di umidità, non danneggino la schiusa di uova di pernice, ma uno stoccaggio di 35 giorni, con gli stessi parametri di temperatura e umidità, tende a diminuire significativamente la schiusa. Gomez (2014) ha inoltre verificato che lo stoccaggio per 42 giorni a 15 °C diminuiva ancora la schiusa delle uova, portandola al 67,7%.

Negli ultimi anni è stato inoltre sperimentato che, mantenere le uova per 6/8 ore (PRESI: pre-incubation storage) alla temperatura standard di incubazione (37° C), prima di lunghi periodi di stoccaggio (10/15 giorni) migliori la schiusa delle uova di pollo e tacchino rispetto a quelle su cui non è stato fatto questo tipo di trattamento (Fasenko et al., 2001). Per brevi periodi di conservazione questo processo non risulta invece vantaggioso.

Reijrink et al. (2008) ritengono che, in seguito a questo trattamento, migliori lo sviluppo embrionale, aumentando il numero delle cellule vitali.

In uno studio condotto da Yassin et al. è stato osservato che, se la uova vengono conservate, la schiusa diminuisce con ritmi diversi in relazione all’età dei riproduttori. La conservazione delle uova per tempi lunghi (8-14 giorni) influenza maggiormente la schiusa delle uova dei soggetti di un anno rispetto a quelli di due e tre anni (Yassin et al., 2008).

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5. L’età dei riproduttori

Il significato adattativo della variazione intraspecifica riguardo le caratteristiche riproduttive è stato solitamente studiato in un contesto ecologico (Lack, 1947, 1948). Però, differenze tra gli individui sono influenzate anche da variabili di origine non ecologica, come ad esempio l'età (Ryder, 1981).

Attraverso vari studi è stato possibile osservare che le performance della pernice rossa variano in base all’età dei riproduttori (Fronte et al., 2010).

I parametri riproduttivi tendono ad aumentare durante il primo anno di produzione e sono seguiti da un declino negli anni successivi. L'età, infatti, può implicare alcuni costi aggiuntivi associati a funzioni fisiologiche, come ad esempio i processi ormonali che controllano le performance riproduttive (Cabezas-Díaz et al., 2005). Gonzàlez-Redondo (2004 a) descrive un aumento della produzione di uova da 30, 35 a 40 rispettivamente durante la prima, la seconda e la terza stagione riproduttiva, fenomeno che si manifesta quando le pernici rosse vengono accasate con luce naturale; inoltre, il 95% delle uova deposte sotto queste condizioni sono risultate fertili e di queste, circa l'80% ha schiuso (Gonzàlez-Redondo, 2004 b).

Anche la grandezza delle uova può essere influenzata dall’età dei riproduttori; questo fenomeno si osserva soprattutto durante i primi due anni di età, con una differenza del 2-10% rispetto agli estremi della categoria (Cabesas-Dìaz, 2005). Nella pernice rossa, così come in altre specie avicole, dopo il terzo anno di produzione si osserva un declino delle performance riproduttive e della deposizione. Per questo motivo gli animali sono mantenuti negli allevamenti per massimo 3-4 stagioni riproduttive (Mourão, 2010; Fronte et al., 2010).

E’ da tenere comunque presente che non sono stati fatti molti studi sulle performance relazionate all'età dei riproduttori durante il periodo di deposizione (Gonzàlez-Redondo, 2006).

5.1. Età dei riproduttori e periodo di deposizione

Le pernici rosse, allevate a scopo di riproduzione, sono spesso sottoposte a un fotoperiodo artificiale. Lo scopo di tale tecnica è di avere una deposizione delle uova anticipata che permetta quindi di avere, già nel mese di giugno, animali pronti e sufficientemente sviluppati per essere liberati in natura.

L’utilizzo del fotoperiodo artificiale crea un’azione diretta di sfasamento sui soggetti ai quali è applicato, ma non influenza i giovani nati (Fulgheri, Papeschi et al., 2004).

L’età dei riproduttori, unita all’utilizzo del fotoperiodo artificiale in allevamento, può influenzare l’inizio della deposizione. In uno studio condotto da Mourão et al. nel 2010, è emerso che i soggetti di un anno entrano in produzione rispettivamente 5 e 7 giorni dopo i soggetti di due e tre anni; mentre non sono state riscontrate differenze sostanziali al termine del periodo di deposizione. Le coppie di due anni inoltre hanno registrato un periodo più lungo (P<0,05) di deposizione (113 giorni) rispetto alle coppie di un anno (105

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giorni). Le femmine giovani, infatti, possono mostrare una bassa risposta alla stimolazione fotoperiodica del sistema riproduttivo, la quale può a sua volta implicare un ritardo nei processi di gametogenesi (Cabezas-Díaz et al., 2005). Gli animali più vecchi quindi depongono le uova prima rispetto ai soggetti che sono alla prima deposizione (Cabezas-Dìaz et al., 2005).

Il periodo di deposizione sembra avere effetto anche sulla schiusa e sulla fertilità delle uova. In uno studio condotto da Fronte et al. (2010) emerge che la fertilità delle uova rispettivamente nel periodo inziale, centrale e finale di deposizione è dell’82,7 %, 82,7% e 85,5%; subisce quindi un calo nell’ultimo periodo di deposizione. Anche per la schiusa si osservano percentuali più basse nel periodo finale ( 91,2%, 89,4% e 77,0%).

L’interazione tra l’età dei riproduttori e il periodo di deposizione può avere degli effetti sulle schiuse e sulla fertilità delle uova. Durante il periodo iniziale le femmine più vecchie mostrano una percentuale

significativa di uova non fertili e scartate alla speratura ( 25,2% contro il 12,5% delle coppie di due anni e il 14,2 % delle coppie di un anno), mentre durante il periodo finale hanno dei tassi di schiusa migliori ( 67,5% contro il 62,7% e il 62,9%) (Fronte et al., 2010).

5.2 Effetto dell’età sulla fertilità e sulla schiusa

L’età dei riproduttori può influenzare le performance riproduttive, e in particolare la schiusa e la fertilità delle uova. Secondo vari studi riportati in bibliografia le femmine di due anni risultano avere le migliori schiuse, la migliore fertilità e la minore mortalità embrionale ( Fronte et al., 2010; Mourão et al., 2010; Cabezas-Dìaz et al., 2005).

Solitamente i soggetti di un anno sono quelli che maggiormente falliscono o terminano in maniera anomala la loro stagione riproduttiva; mentre le migliori performance si osservano nei soggetti di due anni. Il declino delle performance riproduttive si osserva dal terzo anno di produzione in poi. La fertilità delle uova varia dall’89,7 % nei soggetti di due anni, all’86,4% nei soggetti di tre anni. Per quanto riguarda la schiusa, i valori riscontarti sono stati del 78,9% negli animali di tre anni e dell’86,4% nei soggetti di due anni.

Riferimenti

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