• Non ci sono risultati.

Capitolo 1I

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo 1I"

Copied!
35
0
0

Testo completo

(1)

Capitolo 1

I

NUMERALI

IN

LINGUISTICA

:

FONDAMENTI

TEORICI

1.1. I numerali nella storia della riflessione linguistica

Si può dire che la linguistica nel senso moderno sia nata come tentativo di rispondere alla curiosa somiglianza che alcune parole presentano in lingue diverse. Tra queste, i numerali hanno occupato da sempre un ruolo di primo piano. Il caso forse più noto di comparativismo delle origini è quello dell’ orientalista e giurista inglese Sir William Jones (1746– 1794), il quale osservò una stretta somiglianza tra parole sanscrite, greche, latine, gotiche e persiane. L’ affinità che intercorreva ad esempio fra sscr. sapta, lat. septem, gr. επτά e got. sibun non poteva spiegarsi con il caso; la quantità di esempi simili conduceva Jones a ipotizzare l’ esistenza per tali lingue di una qualche «common source» probabilmente ormai scomparsa.

Non occorre ricordare che la pratica del confronto fra lingue data a ben prima del Settecento: si pensi, per citare uno su tutti, a Filippo

(2)

Sassetti.1 Ma forse non a tutti è noto che anche la (prei)storia linguistica baltica ha conosciuto una fase di paleo-comparativismo con i cosiddetti “ latinizzanti” nel Cinquecento. In particolare, Michalo Lituanus (ca. 1490– ca. 1560), umanista di Vilnius, nel suo trattato De moribus Tartarorum, Litvanorum et Moscorum... scritto nel 1550 (ma pubblicato parzialmente solo nel 1615) formulò una teoria “ semilatina” della lingua lituana con cui sosteneva l’ identità di lituano e latino (intendendo così nobilitare il popolo lituano come direttamente derivato da quello italiano (!)). Tra le numerose corrispondenze lessicali latino-lituane addotte nell’ argomentazione spiccano per quantità proprio i numerali: primus, unus, duo, tres, quatuor, quinque, sex, septem & pleraque alia.2

È opinione diffusa che i numerali siano elementi particolarmente conservativi e da ascrivere – almeno quelli più bassi – al repertorio lessicale fondamentale comune proto-indoeuropeo.3 Perciò il primo interesse nei loro confronti fu determinato proprio dall’ arcaicità delle forme. Per tutto il XIX secolo essi furono studiati con gli strumenti della morfologia e della fonologia storica, sia in opere generali quali le grammatiche comparate dei vari A. Schleicher, K. Brugmann e H. Osthoff, sia in studi specifici come Die Uhrheimat der Indogermanen und das europäische Zahlsystem di J. Schmidt (Berlin, 1890). Il metodo comparativo-etimologico ha continuato per tutto il Novecento e continua tuttora a portare risultati importanti e a ridefinire le nostre conoscenze sulla storia dei sistemi linguistici e dei contatti fra i popoli.4

1 Al proposito si veda Muller (1986).

2 Una storia molto dettagliata della linguistica baltica cinquecentesca è adesso raccolta nel volume di Dini (2010). Per il tema specifico dei “ latinizzanti” si veda il cap. VII (pp. 527ss.).

3 Se in passato si è assistito a tentativi di ricostruzione globale del sistema numerale pie. (vedi su tutti Szemerényi, 1960), oggi l’ opinione più diffusa è che i numerali “ alti” (decine, centinaia, migliaia) siano successivi alla disgregazione dialettale (cfr. p. es. Winter, 1992). Di conseguenza, più che a ricostruire un quadro unitario, gli approcci attuali puntano a mappare la diversità dinamica delle “ storie” e a ricostruirne gli intrecci.

(3)

Se l’ indoeuropeistica della prima ora guardava ai numerali come portatori di unitarietà, altri lavori andavano nel frattempo raccogliendo quantità di dati da lingue “ esotiche” , aprendo così gli orizzonti alla diversità. Nell’ Ottocento si registrano numerosi resoconti di viaggio di avventurieri o predicatori, ma anche studi rigorosi come Pott (1847) e Conant (1896). La quantità di dati messa a disposizione aprì il campo alla tipologia linguistica, la quale ha preso sempre più forza dalla metà del Novecento ed è tuttora molto viva. Com’ è noto, tale approccio prevede la frequentazione di più lingue possibile, la loro comparazione e tipologizzazione in base a vari criteri allo scopo di fornire un apparato teorico induttivo basato su regolarità più o meno universali.

Una prima fase, iniziata già nel XIX secolo, guardò soprattutto ai tipi di sistemi classificandoli in base al parametro più evidente, quello della base. Negli anni ’ 70 e ’ 80 del Novecento, anche sulla spinta delle nuove proposte della grammatica generativa, l’ attenzione si è spostata sulla sintassi interna, ovvero sui meccanismi e sui criteri di buona formazione e “ generazione logica” dei numerali, e sulla sintassi esterna, ovvero sulle proprietà combinatorie e sul ruolo del numerale all’ interno del sintagma in cui ricorre.5 Negli anni ’ 90 si sono studiati maggiormente i processi di mutamento linguistico con particolare riferimento all’ azione del prestito, del calco, dell’ analogia e dell’ assimilazione.6

Lo sviluppo delle scienze cognitive negli ultimi decenni ha visto una proliferazione di studi al confine tra linguistica e psicologia dedicati in special modo al rapporto tra pensiero e lingua nell’ ambito della numerazione. I risultati fin qui raggiunti permettono di capire meglio quali

volume sui numerali indoeuropei curato da Gvozdanović (1992a). Per un punto della situazione alle soglie del terzo millennio si veda Carruba (1999), con bibliografia. 5 Cfr. Cortsius (1968); Hurford (1975); Stampe (1976); Greenberg (1978, 1989); Corbett

(1978a).

6 Un volume di riferimento è Gvozdanović (1999a), ma si vedano tra gli altri Marcos Marín (1992) sul prestito sintattico; Sala (1988) e Banti (1993, 1994) sulla tipologia del calco e del prestito; Seiler (1990) e Winter (1992) su assimilazione e mutamento analogico.

(4)

siano i modi, i tempi, i processi di apprendimento dei concetti numerici e le risorse cognitive impiegate nell’ utilizzo e nell’ espressione dei numeri.7

Tra gli altri ambiti importanti per la comprensione non solo storica, ma anche grammaticale dei numerali, due mi sembrano particolarmente degni di nota. Il primo è la storia del numero e del suo emergere nelle società, l’ altro è il settore dell’ etnomatematica. Questi due filoni di ricerca forniscono rispettivamente il “ retroterra” e la “ periferia” allo studio dei numerali. Non essendo mai possibile scindere, e qui meno che mai, il dato linguistico dai correlati storici e culturali, è necessario tenere sempre presente l’ aspetto originariamente concreto del numero.

Prima di articolarsi in astrazioni e sistemi di operazioni sempre più complesse, i numeri nascono da necessità pratiche di controllo della realtà quotidiana, per esempio contare degli oggetti. La storia del numero si delinea come un lungo processo di affrancamento dai contesti e dalle pratiche concrete che hanno costituito il primo banco di prova delle abilità umane nell’ ambito della numerazione. I documenti storici e archeologici dicono che tali pratiche furono varie: dall’ utilizzo di pietruzze (cfr. it. calcolo < lat. calculus ‘ sassolino’ ) all’ incisione di tacche su legno o pietra; dall’ uso di paletti (cfr. ingl. tally ‘ contare’ < lat. talea ‘ piolo’ ) al computo digitale. Anche i verbi lett. skaitīt ‘ contare’ e lit. skaičiuoti ‘ id.’ sono etimologicamente legati all’ azione concreta del ‘ raccogliere’ (cfr. Fraenkel, 1962-65, s.v.).8 In ogni parte del mondo, la realtà del numero è stata conosciuta, affrontata e “ addomesticata” attraverso la pratica, con l’ aiuto di supporti che hanno permesso all’ uomo di acquisire una familiarità dapprima limitata ed approssimativa, poi sempre maggiore con il numero.9

7 Mi è impossibile dare qui un ragguaglio anche sommario degli studi specifici su questo tema così ampio; non si può però non citare almeno Dehaene (1997). Per una panoramica generale rimando a Semenza & Granà (2006) e alla bibliografia ivi citata. 8 Dal punto di vista formale, il corrispondente più diretto di lett. skaitīt è il lit. skaityti,

che però significa ‘ leggere’ . Del resto la designazione della lettura come raccolta è comune anche ad altre lingue, p. es. ted. lesen ‘ raccogliere, leggere’ .

9 Per una storia del numero, del calcolo e dei suoi strumenti, cfr. Dantzig (1940); Menninger (1969); Ifrah (1989); Schmandt-Besserat (1992).

(5)

La varietà di conoscenze locali e pratiche tradizionali di conteggio sono oggetto dell’ etnomatematica.10 Essa studia i valori e i significati non scientifici del numero presso i diversi popoli. Questo serbatoio di conoscenze “ non ufficiali” rappresenta, dicevo, la periferia di quel sapere scientifico, uniforme e uniformante, cui tutti tributiamo un valore di verità. Ma poiché la nascita dei numeri (e dei numerali) affonda le radici nella notte dei tempi, la loro comprensione non può articolarsi esclusivamente secondo le griglie di un sapere moderno estraneo al passato remoto dell’ umanità.

Anche alla luce di questo, ultimamente l’ orizzonte si sta allargando alla comprensione della varietà interculturale. Lavori recenti vanno sottolineando l’ importanza delle circostanze materiali (p. es. climatiche o geografiche) e delle scelte culturali (p. es. pratiche o strumenti di conteggio) nella formazione di un sistema numerale.11

Per quanto approssimativa, questa rassegna offre il quadro della situazione sulla quantità e la stratificazione dei problemi connessi con lo studio dei numerali. Nel resto di questo capitolo mi concentrerò su alcune questioni più strettamente linguistiche; si dà però per inteso che, data la loro stessa natura, i numerali non si possono considerare esclusivamente fenomeni di lingua. Perciò nei capitoli successivi la discussione prenderà le mosse dall’ analisi di aspetti linguistici, ma si sposterà, quando è necessario, verso gli altri versanti – cognitivi, culturali e storici – che fanno parte della “ questione del numero” .

10 Per un inquadramento generale, cfr. Ascher (1991); con riferimento più diretto alle questioni linguistiche, cfr. Gnerre (1987). In questo settore si segnala l’ impegno profuso da Glendon Lean per la descrizione dei sistemi di conteggio delle popolazioni papuane (cfr. Lean, 1986-88, 1992).

11 Su questi aspetti si vedano ad esempio Divale (1999); Bender & Beller (2011); Epps et

(6)

1.2. Statuto linguistico dei numerali

Occorre affrontare in partenza una questione preliminare: se quella dei numerali si possa considerare o meno una classe lessicale autonoma, al pari degli aggettivi o dei verbi. Le grammatiche tradizionali sono solite annoverare tra le parti del discorso anche i numerali; tuttavia non è raro incontrare espressioni come “ X è un aggettivo numerale” , oppure “ il numerale X è un sostantivo” o simili. Affermazioni del genere, per quanto imprecise, hanno pure un fondo di verità, nel senso che effettivamente i numerali condividono caratteristiche di altre parti del discorso. Brugnatelli (1982: 123) ricorda come già Sven Herner in Syntax der Zahlwörter im Alten Testament (Lund, 1893, p. 6) riconoscesse ai numerali “ eine mittlere Stellung zwischen den Subst. und den Adj.” . E allora, aggiungerò, prima di lui lo Schleicher (Handbuch der litauischen Grammatik, Prag, 1856-57) suddivideva i numerali lituani fra adjectiva e substantiva. Ma è soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo scorso che si è venuto chiarendo come, dal punto di vista morfosintattico, i numerali condividano il comportamento degli aggettivi e dei sostantivi (cfr. in particolare Stampe, 1976; Greenberg, 1978); anzi, è stato messo in luce come i vari elementi di un sistema numerale si collochino sincronicamente lungo un continuum che va da un polo aggettivale a uno sostantivale (cfr. Corbett, 1978a,b).

A questo proposito vorrei richiamare brevemente le tre principali generalizzazioni proposte da Corbett nei lavori appena menzionati:

• i numerali condividono tratti caratteristici degli aggettivi o dei sostantivi, senza però essere pienamente aggettivi o nomi;

• il comportamento sintattico dei cardinali semplici rientra sempre tra quello degli aggettivi e quello dei sostantivi;

• i numerali dal comportamento più sostantivale indicano numeri più alti di quelli dal comportamento meno sostantivale.

Corbett prende in esame soprattutto i numerali slavi e li sottopone a una serie di test sintattici. Alcune proprietà sono tipicamente aggettivali (p. es. l’ accordo di caso, numero e genere con il quantificato), altre tipicamente sostantivali (p. es. la richiesta del genitivo del quantificato). Dalle risposte

(7)

a questi test si vede come i singoli numerali si distribuiscano da un massimo di “ aggettività” a un massimo di “ sostantività” . I più bassi si avvicinano al polo aggettivale, quelli più alti al polo sostantivale. Ad esempio in russo il numerale più aggettivale di tutti è один ‘ 1’ , mentre il più sostantivale è миллион ‘ 1.000.000’ .

Tra i numerali del primo tipo e quelli del secondo tipo non c’ è una divisione netta; al contrario, alcuni elementi hanno uno statuto intermedio, così che, partendo da один e arrivando a миллион, anziché una matrice di categorie sintattiche discrete si ha piuttosto un continuum. Tale situazione è chiamata squish.12 Il linguista inglese sostiene che «a squish is a natural state for simple cardinal numerals» (Corbett, 1978b: 50). Si tengano presenti questi fondamenti di teoria dello squish perché saranno ripresi e approfonditi più avanti.

Più recentemente la categoria dei numerali è stata messa in discussione dall’ approccio descrittivo funzionale-generativo (FGD); in particolare, per il lituano contemporaneo, Boizou (2012) ritiene superfluo adottare una classe specifica per i numerali. Egli considera invece la superclasse dei nominals (che include i tradizionali sostantivi, aggettivi, pronomi e numerali) e al suo interno distingue, sulla base della struttura sintattica profonda, “ nomi numerali” e “ aggettivi numerali” (in questo, va detto, andando sostanzialmente a ripetere quanto illustrato dal già citato Corbett e, nello specifico del lituano, da Cerri, 2010). La proposta più originale di Boizou mi sembra la suddivisione fra le due proprietà semantiche della quantità e della pronominalità: mentre la prima caratterizzerebbe tutti i numerali tradizionali (cardinali, ordinali, collettivi, ecc.), la seconda permetterebbe di affiancare a questi altre parti del discorso in vario modo connesse alla quantità come i quantificatori indefiniti (p. es. lit. keliolika ‘ un certo numero fra 10 e 20’ ), gli aggettivi del tipo lit. keleri ‘ alcuni’ e gli avverbi del tipo lit. kiek ‘ quanto’ .

Ora, pur essendo vero che i numerali nelle lingue del mondo si comportano in modo simile ad altre parti del discorso, è anche vero che

(8)

essi hanno delle proprietà specifiche. Ad esempio il sintagma quattro ragazze ha una struttura simile a quella di belle ragazze; e un milione di lavoratori è simile a un convegno di lavoratori. Così quattro sarebbe simil-aggettivale e un milione simil-sostantivale. Ma se l’ aggettivo bello può accordarsi al N nel numero e nel genere, il numerale quattro non può farlo. In altre lingue l’ accordo fra numerale e quantificato è più marcatamente aggettivale, ad esempio in sanscrito tri- ‘ 3’ si accorda al N nel genere (maschile, femminile o neutro) e nel caso, ma va da sé che non può accordarsi nel numero (come potrebbe 3 essere singolare?).

Inoltre, e in generale, i numerali hanno almeno una categoria flessiva in meno rispetto agli aggettivi: il grado. Tra le lingue del mondo non si trova un sistema che permetta il comparativo o il superlativo di un numero. Ciò, si capisce, è da ricondurre a motivazioni di ordine semantico. Molti aggettivi designano proprietà graduabili, o almeno comparabili tra loro rispetto ad un determinato prototipo (p. es. bello – più bello – bellissimo); questo non è possibile con elementi come i numeri naturali (1, 2, 3...). Inoltre, mentre in belle ragazze l’ aggettivo predica una proprietà di ciascuna delle entità cui si riferisce (qualifica), in due ragazze il numerale indica una proprietà dell’ insieme (quantifica): ciascuna delle due ragazze è bella, ma non è “ due” ; e mentre una può essere “ più bella” , nessuna può essere “ più due” .

Proprio a causa del fatto che hanno per referente i numeri, i numerali formano l’ unica classe di parole ordinate in una successione. Una delle loro principali caratteristiche è l’ appartenenza a una serie in cui ciascun elemento occupa una posizione. Si può dire di più: è precisamente il posto occupato in questa successione che ne determina il valore (ovvero il significato).

Un altro aspetto da affrontare circa lo statuto linguistico dei numerali riguarda la loro universalità. Fino alla seconda metà del Novecento si è creduto che ogni lingua possedesse un sistema numerale,13

13 Cfr. Salzmann (1950: 78): «numerals belong to language universals, i.e., constitute a part of the lexicon of any given language».

(9)

ma la documentazione messa a disposizione negli ultimi decenni porta a rivedere tale posizione. Non solo è ormai ampiamente documentata l’ esistenza di sistemi numerali limitati a pochi elementi (cfr. Pica et al., 2004; Donohue, 2008; Hammarström, 2010), ma pare che almeno una lingua ne sia completamente priva. Si tratta del pirahã, rappresentante della famiglia mura, parlata nella foresta amazzonica da circa 700 indigeni (cfr. Frank et al., 2008; Everett, 2013).14

Ebbene, casi come questo portano a riflettere sullo stretto rapporto che intercorre fra l’ esistenza di un sistema (linguistico, grafico, matematico, ecc.) di codifica dei numeri e la complessità sociale della comunità dei parlanti. In qualche misura il sistema numerale di una società è indice della sua complessità. Le nostre società industrializzate e altamente specializzate sono pressoché inconcepibili senza un articolatissimo sistema di numeri e di operazioni, multipli, sottomultipli, ecc. D’ altro canto, le lingue con sistemi numerali ridotti si incontrano presso società che evidentemente non hanno troppo bisogno di simili concetti, o che sopperiscono diversamente. Come evidenziano gli studi della Schmandt-Besserat (1992) sulle origini della scrittura nel Vicino Oriente antico, l’ esistenza dei numerali in una lingua non è un universale del comportamento umano, ma piuttosto il risultato di pressioni socio-economiche.

Ce ne offre un’ ulteriore testimonianza Comrie (1999) a proposito degli haruai della Papua Nuova Guinea. Questa popolazione dispone di tre sistemi numerali collocabili in ordine cronologico. Il primo sistema, “ indigeno” , possiede soltanto i due morfemi paŋ ‘ 1’ e mos ‘ 2’ , eventualmente combinabili fino a mos mos ‘ 4’ . Il secondo è uno dei vari esempi di body-part system (o body-part tally sistem) che si incontrano anche presso altre popolazioni papuane.15 È un sistema di conteggio basato

14 Questa lingua, detto per inciso, pone in discussione anche l’ universalità di altre categorie linguistiche, se è vero che è priva dell’ opposizione singolare/plurale e che manca di ricorsività nella sintassi (cfr. Everett, 2005).

(10)

sulle parti del corpo che contiene una trentina di “ numerali” .16 Il terzo infine è il sistema del tok pisin, il pidgin a base inglese che fa da lingua franca in buona parte della Papua Nuova Guinea. Quest’ ultimo ha introdotto, almeno potenzialmente, tutti i numeri come in inglese. Dunque seguiamo, lungo le fasi storiche di questa popolazione, l’ affermarsi di modi di vita e di condizioni diverse, accompagnate dalla necessità di disporre di un sistema numerale sempre più ricco.

1.3. Cos’ è (e cosa non è) un numerale

La funzione dei numerali è la quantificazione, mentre quella degli aggettivi è la qualificazione. Con quantificazione si intende la possibilità di indicare una quantità in senso astratto (p. es. ‘ 60’ ), oppure come proprietà di un N (p. es. sessanta libri). Ora, la quantificazione in entrambe le accezioni è realizzata anche da lessemi o espressioni che qui non vengono considerati numerali e che pertanto non saranno oggetto del presente studio, ad es. molto, molti, alcuni, ognuno, parecchio, parecchi, tutto, tutti, un po’ , più, meno, il doppio di, metà, centuplo, ecc. Tutti questi sono quantificatori, e ciò che li distingue dai numerali è che indicano una quantità in maniera indefinita o relativa. La numerazione qui intesa in senso stretto prevede il riferimento puntuale ad un numero. Dunque, la numerazione rientra nel dominio globale della quantificazione, ma ne rappresenta un modulo specifico, v. Tab. 1.1.

16 In realtà i lessemi coinvolti in questa procedura di conteggio non sono numerali stricto

sensu (vedi la definizione di numerale che darò più avanti). Questo procedimento,

gestuale e verbale al contempo, consiste nel contare un insieme di oggetti indicando per ciascuno una parte del corpo secondo una succesione stabilita, p. es. le cinque dita, il polso, il gomito, la spalla, l’ orecchio, e così via. Il risultato dell’ operazione non è un numero, ma una parola (p. es. gomito) che la comunità interpreta come “ la quantità corrispondente al numero di parti del corpo toccate per arrivare fino al gomito” .

(11)

Funzione: Qualificazione Quantificazione

Sotto-funzione: Numerazione

Proprietà: Qualità Quantità indefinita, relativa...

Numero (quantità assoluta)

Parte del discorso: Aggettivi Quantificatori Numerali

Tab. 1.1. Qualificazione, quantificazione e numerazione.

Sul piano del comportamento morfosintattico le differenze fra quantificatori e numerali sono generalmente poco marcate. Ciò è particolarmente evidente nelle lingue qui studiate. I quantificatori lit. daug ‘ molto’ , maž ai ‘ poco’ ; lett. daudz ‘ molto’ , vairāk ‘ di più’ , ecc. entrano nel sintagma secondo lo stesso modello di alcuni numerali, cioè facendo richiesta del genitivo del quantificato, p. es. in lettone:

daudz student-u ~ desmit student-u

molto.INV studente-GEN.PL.M 10.INV studente-GEN.PL.M

‘ molti studenti’ ‘ dieci studenti’

Faccio mia la dichiarazione di intenti di de la Villa (2010: 175-176), che nella sua ricca trattazione dei numerali latini chiarisce di volersi dedicare agli absolute numerals, ovvero quelli indicanti quantità assolute (unus, duo, decem, ecc.), mentre tralascia le relative quantities (aliqui, pauci, multi, omnes, ecc.).

Parlare di numerazione richiede inevitabilmente che si definisca cosa si intende con numero. Con “ numero” ci si riferisce a un elemento appartenente all’ insieme *ℕ dei numeri naturali, cioè dei numeri interi non negativi senza lo zero: * = {1, 2, 3, 4, 5, … }.ℕ 17 Più che dare una

17 Nella sistemazione matematica anche lo zero rientra tra i numeri naturali. Tuttavia in una prospettiva “ primitiva” i numeri cominciano da 1. Infatti essi nascono da procedure di associazione fra un elemento contato e un elemento contatore (p. es. una parola, o un gesto, o un oggetto). La storia ci racconta che il concetto dello zero, al contrario, è una conquista culturale avanzata e relativamente recente.

(12)

definizione formale, ciò che mi preme è sottolineare che il numero rappresenta il correlato astratto e concettuale di un numerale. Se i numerali sono elementi linguistici, i numeri sono unità di livello cognitivo.

La lingua dispone di altre innumerevoli possibilità per esprimere un numero: due per tre, la radice quadrata di otto, il numero delle dita di una mano, l’ anno di nascita di Napoleone, il numero atomico del carbonio, ecc. Tutte queste espressioni non convenzionali, pur riferendosi ad un numero, non rientrano nel lessico numerale della lingua e non fanno parte del sistema. Per dirla con Hammarström (2010: 11), non sono normed expressions, ma piuttosto il risultato della libera creatività linguistica. Esse sono considerate espressioni numeriche (number words o number expressions nella letteratura anglosassone) e vanno tenute distinte dai numerals, i numerali veri e propri. Questa precisazione terminologica è opportuna, visto che talvolta number words e numerals sono trattati impropriamente come sinonimi.

Dopo queste considerazioni si può arrivare ad una definizione soddisfacente dell’ oggetto di studio che sgombri il campo da ciò che non sarà preso in esame.

(1) In questo lavoro si definisce numerale un elemento: a. lessicale (semplice o complesso);

b. che ha per referente un numero; c. che può quantificare un N.

Il primo punto esclude le espressioni numeriche come la radice quadrata di otto; il secondo esclude i quantificatori indefiniti come molti; il terzo infine garantisce che gli elementi sotto esame siano integrati nel sistema grammaticale della lingua. Quest’ ultimo punto servirà a fare chiarezza sui cosiddetti “ numerali collettivi” del lettone.18

18 Mentre concludevo questa sistemazione teorica è uscito l’ articolo di McGregor (2014) sui numerali shua. Le sue proposte, molto vicine a quelle qui presentate, si basano a loro volta su un riesame critico di quelle di Hammarström (2010). La definizione di McGregor è riassunta a p. 50: «A linguistic expression is a numeral iff: Either (a) it

(13)

1.4. Sistemi numerali: panoramica teorica e tipologica

1.4.1. Forme numerali

Con sistema numerale si indica l’ insieme complessivo delle forme di una lingua che rispettano il criterio (1). I sistemi possono essere analizzati e classificati in base a vari criteri quali l’ estensione, il tipo di elementi che contengono, le procedure di formazione (operazioni), la/le base/i, ecc.

Da un punto di vista funzionale, un sistema può essere suddiviso in categorie e sotto-categorie. Quelle universalmente più diffuse sono i numerali cardinali e gli ordinali. I primi più dei secondi, poiché gli ordinali sono generalmente derivati dai cardinali e inoltre, nei sistemi ridotti o incompleti, i cardinali sono più numerosi; cioè non si conoscono casi certi di sistemi con più ordinali che cardinali (cfr. Hammarström, 2010: 34). Oltre a queste due, esistono altre categorie (moltiplicativi, frazionari, distributivi, ecc.).

Dal punto di vista morfologico chiamiamo semplici i numerali formati da singoli lessemi (p. es. it. sette), e composti quelli che ne contengono almeno due (p. es. it. ventisette). L’ opposizione tra numerali semplici e composti si considera sincronicamente, perciò it. quattordici è ritenuto semplice perché, pur essendo storicamente derivato da lat. quattuor e decem, non è direttamente riconducibile ai (e ricavabile dai) componenti italiani quattro e dieci, pertanto “ va imparato” . Le forme che “ vanno imparate” formano il lessico numerale fondamentale di una lingua, cioè il repertorio delle “ parole per i numeri” ; quelle che Greenberg (1978) chiama simple atoms. I numerali complessi differiscono dai composti in quanto formati da più numerali staccati tra loro. La differenza

constitutes a lexical item; (b) its coded (semantic) meaning specifies a cardinal or numerical quantity; and (c) it has the potential of occurring in a syntagmatic relation with an entity-specifying lexeme. Or: (d) it is a construction of one or more numerals satisfying properties (a)-(c), that also satisfies (b) and (c)». Il sistema numerale shua (lingua del gruppo khoe-kwadi parlata in Botswana) rientra tra i cosiddetti sistemi “ ridotti” (restricted) in quanto comprende parole distinte per ‘ 1, 2, 3, pochi, molti’ .

(14)

fra complessi e composti, così intesa, non è teoricamente molto rilevante, ma avrà una sua utilità pratica nel Capitolo 2. La forma grafica assunta dai numerali che non rientrano nel lessico fondamentale dipende anche dalle convenzioni di ciascuna lingua, ad esempio in italiano i numeri composti si scrivono attaccati (ventiquattro), in inglese si usa il trattino (twenty-four), in russo (e, come vedremo, anche in lettone e lituano) si scrivono staccati (двадцать четыре).

1.4.2. Basi

Nozione centrale di ogni studio sui sistemi numerali è la base. Stampe (1976: 601) la definisce come “ that number from which counting starts over” , associando giustamente il concetto di base all’ idea di ciclicità. Greenberg (1978: 270) afferma che la base è un serialized multiplicand cioè un elemento che entra in formazioni sia moltiplicative che additive. Ad esempio in inglese si riconosce una base 10 perché le decine sono formate secondo un modello che indica una procedura moltiplicativa n×B, (fourty = 4×10) e i numerali 11-19 indicano una procedura additiva n+B (fourteen = 4+10). Comrie (2005: 530), in modo analogo, definisce base di un sistema numerale quel valore n tale per cui le espressioni numeriche sono costruite secondo il modello … xn+y, ad esempio il 10 nel mandarino èr-shí-lìu (due-dieci-sei = ‘ 26’ ).

Quello della base è uno dei parametri fondamentali per la tipologizzazione dei sistemi numerali. A questo proposito, numerosi lavori mettono a disposizione informazioni sulle basi attestate tra le lingue del mondo.19

Il modello universalmente più diffuso in ogni parte del globo è quello decimale. Tra le testimonianze più remote, sebbene non direttamente linguistiche, della base decimale, va ricordato il sistema dell’ antica civiltà

19 Per citare solo i più recenti, si vedano Comrie (1997, 2005) e Hammarstöm (2010), quest’ ultimo con speciale riferimento alle basi più rare. Uno dei più vasti e accessibili repertori di sistemi numerali delle lingue del mondo è disponibile in rete: 〈lingweb.eva.mpg.de/numeral〉 (= Chan, 2013).

(15)

egizia del IV millennio a.C., nelle cui iscrizioni compaiono simboli distinti per 10 e le sue potenze (cfr. Høyrup, 2007: 29). Anche i sistemi vigesimali o “ ibridi” decimali-vigesimali20 si incontrano con una certa frequenza. Sono puramente vigesimali, ad esempio, il diola-fogny (Senegal), lo yoruba (Benin, Nigeria), l’ igbo (Nigeria), il tamang (Nepal), il chukchi (Russia), lo zoque (Messico), il carib (Suriname), cfr. Comrie (2005). Di sistemi ibridi, in cui il 20 fa da base per alcuni numerali ma non struttura l’ intero sistema, se ne riconoscono diversi esempi anche in Europa: tale è il caso del francese, del danese, dell’ albanese, del basco, del celtico insulare, ecc.21 Le lingue celtiche si distinguono tra l’ altro proprio per la varietà di basi attestate; in irlandese antico sono testimoniate, in formazioni più o meno occasionali, le basi 6, 7, 8, 9, 30, 40 e 50, cfr. Nuti (2001: 250-252).

I sistemi ternari sono rari, alcuni casi sono registrati in lingue della Papua Nuova Guinea, mentre la base 4 è più diffusa e si incontra tra i nativi dell’ America settentrionale e meridionale, in Oceania e in Africa. La base 5 vive oggi soprattutto fra le lingue africane, ma anche altrove in forma ibrida. Un esempio spesso citato è l’ api (Nuove Ebridi): 6 = otai ‘ nuovo uno’ , 7 = olua ‘ nuovo due’ , 8 = otolu ‘ nuovo tre’ , 9 = ovari ‘ nuovo quattro’ , 10 = lua luna ‘ due cinque’ , cfr. Dantzig (1940: 25). La pioneristica raccolta di Pott (1847) sui sistemi quinari e vigesimali rimane nonostante gli anni un ricchissimo repertorio di informazioni.

Sistemi a base 6, che in passato si pensava non esistessero, sono invece presenti soprattutto tra le lingue papuane;22 le basi 7 e 9 non sono attestate in forma pura; la 8 è rarissima, ne sarebbe un esempio il pameano (cfr. Avelino, 2006). La base 12 è attestata nell’ area dell’ altopiano di Jos, in Nigeria, in una serie di lingue appartenenti a

20 Un sistema puramente vigesimale forma tutti i numerali secondo la formula x20+y; in tale sistema le basi superiori sono 202 (= 400), 203 (= 8.000), ecc. Al contrario, i

sistemi ibridi prevedono la formazione delle decine in base 20, ma dalle centinaia in poi si passa alla base 10 (cfr. Comrie, 2005: 530).

21 Per una discussione sui sistemi vigesimali nelle lingue d’ Europa si veda Banti (1994: 471ss.).

(16)

diverse sotto-famiglie, cfr. Hammarström (2010: 31). I sistemi a base 15 in forma pura sono estremamente rari, il solo caso accertato è la lingua huli (Papa Nuova Guinea). Tuttavia è meno raro che il 15 faccia da base occasionale in sistemi ibridi; così avviene in gallese, dove pymtheg ‘ 15’ compare nella formazione di un ar bymtheg ‘ 16’ (= 1+15), dau ar bymtheg ‘ 17’ (= 2+15) e pedwar ar bymtheg ‘ 19’ (= 4+15), cfr. Greene (1992: 545). Infine qualche parola sul famoso sistema babilonese detto “ sessagesimale” . Qui il 60 era una delle basi del sistema, ma non l’ unica. Esso va considerato in realtà un sistema ibrido nato dalla commistione dei due fattori fondamentali 10 e 6.23

1.4.3. Procedure di formazione

Dato un lessico numerale fondamentale e una o più basi, grazie alla ricorsività della lingua è possibile ampliare infinitamente un sistema attraverso delle procedure di formazione. Esse sono al contempo aritmetiche e linguistiche. Le procedure aritmetiche consistono nelle operazioni matematiche (addizione, moltiplicazione, ecc.), quelle linguistiche nei diversi modi in cui ogni lingua manifesta tali procedimenti (composizione, giustapposizione, ecc.).

Il modello più diffuso è quello secondo cui le unità dei cicli superiori sono formate dalle unità semplici sommate alla base, p. es. 11 = 1+10 (o 10+1); a loro volta i multipli delle basi sono formati dal numerale semplice moltiplicato per la base, p. es. 20 = 2×10. Così il numero 453 in un sistema decimale ha generalmente una struttura aritmetica soggiacente di questo tipo: (4×100) + ((5×10) + 3).

I mezzi linguistici con cui si manifestano le relazioni tra i componenti sono vari, ad esempio la somma può essere espressa dalla congiunzione (cfr. ted. dreiundzwanzig ‘ 23’ ; fr. trente et un ‘ 31’ ) o da qualche preposizione (cfr. rum. unsprezece ‘ 11’ ; lett. divpadsmit ‘ 12’ ), oppure dal semplice accostamento con o senza univerbazione (cfr. lat. tredecim; ingl. twenty-seven). La moltiplicazione solitamente non è codificata da elementi

(17)

espliciti (cfr. alb. tri-dhjetë ‘ 30’ = 3×10; airl. tri coícait ‘ 150’ = 3×50); ma esistono eccezioni come l’ ojibway (algonchino) nising midaaswaak (‘ 3 volte 10-100’ = ‘ 3.000’ ), dove il numerale nisi ‘ 3’ è suffissato con -ing ‘ volte’ , cfr. Pannain (2000: 77).

Addizione e moltiplicazione sono le operazioni più diffuse, seguite dalla sottrazione. L’ esempio di sottrazione a noi più vicino sono i numerali latini duodeviginti, undeviginti, duodetriginta, undetriginta;24 ma anche sscr. ūnaviṃś ati- (‘ 19’ = 20 diminuito di uno), ūnatriṃś at- (29 = 30 diminuito di uno). Seiler (1990: 198) riporta che procedimenti sottrattivi si incontrano in lingue africane (efik, yoruba), americane (tunica), in finnico. Anche la sottrazione ha, come le altre due operazioni, per punto di riferimento la base principale o una base secondaria. Questa può essere esplicitata come in latino, oppure rimanere implicita come in come finl. kahdeksan ‘ 8’ = ‘ due non c’ è (da dieci)’ e yhdeksän ‘ 9’ = ‘ uno non c’ è (da dieci)’ .25 Una lingua nota in letteratura per fare un uso esteso della sottrazione è l’ ainu, parlata dagli indigeni dell’ isola di Hokkaidō (Giappone); in questo sistema tutta la seconda metà della prima decina è formata per sottrazione: i-wan ‘ 6’ (4-10); ar-wan ‘ 7’ (3-10); tu-pesan ‘ 8’ (2-sotto); shine-pesan ‘ 9’ (1-(2-sotto); wan ‘ 10’ , cfr. Stampe (1976: 602).26

Tra le quattro operazioni “ classiche” , la più rara è la divisione. Greenberg (1978: 261) generalizza che essa è sempre espressa come moltiplicazione per una frazione. Un esempio è gall. hanner cunt ‘ 50’ (cioè

24 Secondo l’ opinione di Lejeune (1981: 247), le forme sottrattive «ne sont pas des survivances d’ un système ancien, mais des innovations» e il latino le avrebbe riprese dall’ etrusco, dove tale procedura conosceva un uso più esteso dal momento che formava i tre numeri precedenti la base decimale (cfr. anche Agostiniani, 1995: 45). 25 In passato questi numerali sono stati interpretati come composti del numerale semplice

con ie. *deksam ‘ 10’ < *deḱṃ. Secondo Rédei (1988: 643, 807) tale ricostruzione non è foneticamente accettabile. Al contrario, kahdeksan e yhdeksän vanno interpretati come *kakta e-k-sä-n ‘ due non c’ è (da dieci)’ e ükte e-k-sä ‘ uno non c’ è (da dieci)’ .

26 Segnalo che per l’ 8 e il 9 Laufer (1917: 193) proponeva una diversa interpretazione: tu- ‘ 2’ , pe- ‘ thing’ , -san ‘ 10’ ; š i- ‘ 1’ , ne- suffix, pe- ‘ thing’ , -san ‘ 10’ . Dunque san comparirebbe in luogo di wan col significato di ‘ dieci’ . Ciò non cambia il fatto che la procedura resti di tipo sottrattivo.

(18)

‘ mezzo centinaio’ ), oppure oriya paüne tini š ata ‘ tre-quarti-tre-cento’ , cioè ‘ tre quarti della terza centinaia’ = ‘ 275’ , o ancora dan. halvfjerds ‘ 70’ < half-fiærdæ-tiwgh ‘ metà della quarta ventina’ .

Questi ultimi due esempi mostrano anche la cosiddetta “ quinta operazione” , cioè l’ overcounting (o overrunning o conteggio anticipato). Anche qui, come per la sottrazione, si prende per riferimento la base superiore, ma la seriazione procede in modo additivo, p. es. finl. 11 = yksi-toista ‘ uno della seconda (decina)’ , 12 = kaksi-yksi-toista ‘ due della seconda (decina)’ , ecc.27

Un’ ultima operazione, piuttosto rara, è l’ elevamento a potenza (exponentiation), p. es. sum. geš ‘ 60’ , š àr ‘ 3.600’ , š àr-gal ‘ 216.000’ .28

1.5. Il sistema numerale baltico

1.5.1. Lituano moderno

I numerali (lit. skaitvardž iai) si dividono nelle due categorie dei cardinali (lit. kiekiniai) e degli ordinali (lit. kelintiniai). La prima contiene a sua volta tre sotto-categorie: fondamentali; peculiari dei pluralia tantum e collettivi (v. Tab. 1.2). A questi tre, molte grammatiche – dalle più orientate all’ uso pratico fino alle più approfondite – aggiungono anche i frazionari (lit. trupmeniniai; cfr. Maž iulis, 1965; Mathiassen, 1996; Press, 2004; Lesauskienė, 2006; Ambrazas, 2006; Paulauskienė, 2007). Tuttavia, per la definizione di numerale data in (1), essi sono da escludere in quanto non rispettano il punto b). Infatti le frazioni non si riferiscono ad un valore numerico assoluto, ma relativo. Per questo motivo i frazionari non saranno presi in esame nel resto del lavoro.

27 Questa stessa operazione di conteggio anticipato è talvolta utilizzata da alcune lingue per l’ indicazione dell’ ora, p. es. ted. halb sechs; cat. dos quarts de sis; lit. pusė š eš ių ‘ le cinque e mezzo’ .

28 Sul tema delle operazioni aritmetiche rimando per approfondimenti a Stampe (1976); Greenberg (1978); Seiler (1990); Marcos Marín (1991); Hurford (2003: 595ss.); Gvozdanović (2006).

(19)

Cardinali Ordinali Fondamentali:

vienas, du, trys...

pirmas, antras, trečias...

Peculiari dei pluralia tantum:

vieneri, dveji, treji...

Collettivi:

dvejetas, trejetas, ketvertas...

Tab. 1.2. Sistema numerale lituano.

1.5.1.1 Cardinali fondamentali

I cardinali fondamentali (lit. pagrindiniai) sono la sotto-categoria più intuitiva. La serie 1-9 contiene forme morfologicamente semplici, cioè formate da un’ unica radice e da una desinenza flessiva: vien-as,-a ‘ 1’ ; du, dvi ‘ 2’ ; trys ‘ 3’ ; ketur-i,-ios ‘ 4’ ; penk-i,-ios ‘ 5’ ; š eš -i,-ios ‘ 6’ ; septyn-i,-ios ‘ 7’ ; aš tuon-i,-ios ‘ 8’ ; devyn-i,-ios ‘ 9’ . Si flettono nel genere e nel caso accordandosi al determinato, p. es. ketur-i vaik-ai ‘ quattro[NOM.M] bambini[NOM.PL.M]’ ; ketur-ios gėl-ės ‘ quattro[NOM.F] fiori[NOM.PL.F]’ ; ketur-iais š ok-iais ‘ con quattro[INS.M] salti[INS.PL.M]’ . Nello specifico, vien-as,-a si declina come gli aggettivi in -as,-a (< *-o, p. es. ger-as,-a ‘ buono, buona’ ); i numerali 4-9 invece come gli aggettivi in -i,-ios (p. es. ž al-i,-ios ‘ verde’ ); 2 e 3 hanno paradigmi propri con una ridotta distinzione di genere: 2 ha forme distinte per maschile e femminile solo al nominativo, accusativo e locativo, mentre 3 distingue soltanto il locativo.

Il 10 presenta due forme, deš imtis e deš imt. La prima, più antica, è un femminile singolare e segue il paradigma dei sostantivi femminili della IV declinazione; la seconda è una forma ridotta e indeclinabile. Entrambe hanno caratteristiche sintattiche di tipo sostantivale e richiedono il genitivo plurale dell’ oggetto quantificato, p. es. deš imt(is) obuolių ‘ dieci[NOM.SG] mele[GEN.PL.M]’ (alla lettera ‘ dieci di mele’ ).

(20)

cardinale fondamentale29 1-9 unita alla particolare terminazione -lika:30 vienuolika ‘ 11’ ; dvylika ‘ 12’ ; trylika ‘ 13’ ; keturiolika ‘ 14’ ; penkiolika ‘ 15’ ; š eš iolika ‘ 16’ ; septyniolika ‘ 17’ ; aš tuoniolika ‘ 18’ ; devyniolika ‘ 19’ . Sono tutti grammaticalmente femminili e vengono declinati secondo il paradigma degli aggettivi femminili in -a (p. es. gera ‘ buona’ ), con l’ unica eccezione dell’ accusativo.31 Si noti che sebbene seguano un paradigma flessivo aggettivale, questi numerali hanno sintassi sostantivale e reggono il genitivo plurale come il 10 e le decine, p. es. penkiolika obuolių ‘ quindici[NOM.SG] mele[GEN.PL.M]’ (alla lettera ‘ quindici di mele’ ).

Le decine si esprimono in due modi. Il più comune è formato a partire dal numerale fondamentale all’ accusativo plurale femminile seguito dal tema -deš imt (‘ 10’ ). Il primo modello dunque è schematizzabile così:

NUM(1-9)

[ACC.PL.F]-deš imt. Ecco la lista delle forme: dvideš imt ‘ 20’ ; trisdeš imt ‘ 30’ ; keturiasdeš imt ‘ 40’ ; penkiasdeš imt ‘ 50’ ; š eš iasdeš imt ‘ 60’ ; septyniasdeš imt ‘ 70’ ; aš tuoniasdeš imt ‘ 80’ ; devyniasdeš imt ‘ 90’ . Il secondo modo è formato dal numerale semplice 1-9 flesso al femminile e seguito da deš imtys, cioè il plurale di deš imtis ‘ 10’ . Stavolta il modello è riassumibile così: NUM(1-9) deš imtys. Tra i due componenti non c’ è univerbazione.

Rispetto alle forme sintetiche viste prima, queste possiedono una sfumatura di significato che le prime non hanno, cioè ‘ X decine’ : dvi

29 Si noteranno a dire il vero delle differenze (risultato di sviluppi fonetici storici) tra le radici dei fondamentali e quelle presenti nella derivazione di 11-19 (p. es. vien-as ma

vienuo-lika, dvi ma dvy-lika).

30 Il formante -lika ha da sempre attirato l’ attenzione dei linguisti; si sono versati fiumi di inchiostro nel tentare di spiegarne l’ origine e soprattutto di definirne il rapporto con il germanico *-lif- (cfr. got. twalif, ted. zwölf, ingl. twelve, dan. tolv, ecc.). È assodato che -lika si collega al verbo lit. likti ‘ rimanere, lasciare’ (cfr. lit. liekana ‘ resto, avanzo’ ) e che rimanda alla radice pie. *lekw-/*likw- ‘ lasciare’ ben rappresentata in molte lingue:

lat. linquō, gr. λείπω, got. leihan, asl.eccl. otь-lěkь, arm. lkcanem, sscr. riṇákti, ecc. (cfr.

Fraenkel, 1962-65; Smoczyń ski, 2007: 355-356). I principali contributi etimologico-comparatistici dedicati a queste forme sono Senn (1935-36); Endzelīns (1957: 143-144); Maž iulis (1957, 1965); Stang (1966: 281); Zinkevičius (1981: 61-63).

31 Nei numerali 11-19 l’ acc. coincide con il nom. (-a), mentre per gli aggettivi è -ą (p. es. nom. gera, acc. gerą ).

(21)

deš imtys ‘ 20 / due decine’ ; trys deš imtys ‘ 30 / tre decine’ ; keturios deš imtys ‘ 40 / quattro decine’ ; ecc. È una caratteristica di tutti i numerali derivati e complessi quella di assumere il comportamento sintattico dell’ ultimo elemento a destra. Qui la situazione è determinata dall’ elemento deš imt (o deš imtys), che regge il genitivo, p. es. septyniasdeš imt (o septynios deš imtys) obuolių ‘ settanta[INV./NOM.PL] mele[GEN.PL.M]’ (alla lettera ‘ settanta di mele’ ).

Š imtas ‘ 100’ si declina come un sostantivo maschile singolare della I declinazione. Nel formare le centinaia si usa il numerale fondamentale 2-9 seguito dalla parola š imtas concordata al plurale: š imtai (modello ‘ X centinaia’ ): du š imtai ‘ 200’ ; trys š imtai ‘ 300’ ; keturi š imtai ‘ 400’ ; ecc. Cento e le centinaia richiedono il genitivo del quantificato, p. es. du š imtai obuolių ‘ duecento[NOM.PL] mele[GEN.PL.M]’ .

‘ 1000’ è tūkstantis, e il suo plurale, per formare le migliaia, è tūkstančiai: du tūkstančiai ‘ 2000’ ; trys tūkstančiai ‘ 3000’ ; ecc. Mille e le migliaia richiedono il genitivo del quantificato, p. es. du tūkstančiai obuolių ‘ duemila[NOM.PL] mele[GEN.PL.M]’ .

Tutti i numeri compresi tra i nodi principali del sistema (decine, centinaia e migliaia) sono espressi da numerali complessi, cioè composti da più forme staccate. Se l’ ultimo elemento a destra può variare nel genere, allora esistono due forme di quel numerale complesso, una maschile e una femminile, distinte solo per la flessione dell’ ultimo elemento. La scelta dipende naturalmente dal genere dell’ elemento con cui concorda, p. es. dvideš imt penk-i mokin-iai ‘ venticinque[M] studenti[M]’ , dvideš imt penk-ios mokin-ės ‘ venticinque[F] studentesse[F]’ . Se invece l’ ultimo elemento a destra non varia nel genere (o perché sempre femminile come quelli in -lika, o perché invariabile come deš imt), allora c’ è un’ unica forma, p. es. trys š imtai keturiolika ‘ trecentoquattordici[M/F]’ .

Prima di chiudere con i cardinali fondamentali, vanno ricordati i termini internazionali milijonas (106) e milijardas (109). Sono maschili e seguono la flessione dei sostantivi della I declinazione. Si flettono al plurale per formare i numerali complessi, p. es. du milijonai ‘ due milioni’ , septyni

(22)

milijardai ‘ sette miliardi’ . Come tutti gli altri numerali tondi richiedono il genitivo del quantificato, p. es. trys milijonai gyventojų ‘ tre milioni[NOM.PL] di abitanti[GEN.PL]’ .

1.5.1.2. Cardinali peculiari dei pluralia tantum

La seconda sotto-categoria dei cardinali è costituita dai cosiddetti dauginiai, forme dedicate alla ristretta – ma pur sempre considerevole rispetto ad altre lingue – porzione di lessico dei pluralia tantum. Sono derivati dalle radici dei fondamentali seguite dal formante caratteristico -eri/-erios; fanno eccezione 2 e 3 dove troviamo -eji/-ejos: viener-i,-ios ‘ 1’ ; dveji,ejos ‘ 2’ ; treji,ejos ‘ 3’ ; ketveri,erios ‘ 4’ ; penkeri,erios ‘ 5’ ; šeš -eri,-erios ‘ 6’ ; septyn--eri,-erios ‘ 7’ ; aš tuon--eri,-erios ‘ 8’ ; devyn--eri,-erios ‘ 9’ . Si accordano al quantificato nel genere e nel caso, p. es. vieneri vartai ‘ una[NOM.M.PLT] porta[NOM.M.PLT]’ ; dvejų vartų ‘ di due[GEN.M.PLT] porte[GEN.M.PLT]’ ; trejos ž irklės ‘ tre[NOM.F.PLT] forbici[NOM.F.PLT]’ . In questo caso la norma vieta il numerale fondamentale (anche se nell’ uso naturalmente si incontrano anche espressioni come du vartai, trys ž irklės).

Vale la pena sottolineare che questo sottogruppo si individua come una specializzazione lessico-specifica dei cardinali fondamentali. A parte le diverse desinenze flessive, non si distinguono dai fondamentali né dal punto di vista funzionale, né da quello sintattico.

1.5.1.3. Cardinali collettivi

I collettivi (lit. kuopiniai) sono caratterizzati dal formante -etas. Alcuni di essi sono formati dalla radice dei dauginiai (dvej-etas, trej-etas), altri dalle radici dei fondamentali (penk-etas, š eš -etas); il 4 costituisce un’ eccezione sia per il suffisso -tas (anziché -etas), che per la radice, che non coincide con le radici ketur- e ketv- viste sopra. Ecco queste nove forme: dvejetas ‘ duo, coppia, gruppo di due’ , trejetas ‘ terzetto, gruppo di 3’ , ketvertas ‘ quartetto, gruppo di 4’ , penketas ‘ quintetto, gruppo di 5’ , š eš etas ‘ gruppo di sei’ , septynetas ‘ gruppo di sette’ , aš tuonetas ‘ gruppo di otto’ , devynetas

(23)

‘ gruppo di nove’ .

Questi esprimono una quantità non come somma di elementi distinti, bensì come insieme, «visuma kaip vienetas», il totale come unità (citando Paulauskienė, 2007: 139). Anche questi seguono la flessione sostantivale e fanno richiesta del genitivo del quantificato. L’ esempio che segue mette a confronto il cardinale fondamentale e quello collettivo: la differenza è formale (numerale fondamentale vs. collettivo), semantica (‘ X elementi’ vs. ‘ un gruppo di X elementi’ ) e sintattica (accordo vs. reggenza del genitivo). ketur-i vaik-ai ~ ketver-tas vaik-ų

4-NOM.M bambino-NOM.M.PL 4.COLL-NOM.SG bambino-GEN.PL

‘ quattro bambini’ ‘ un gruppo di quattro bambini’

Va poi segnalato che questi lemmi ricevono nei vocabolari (LKŽ e, DLKŽ e, ecc.) anche un’ altra lettura, quella di sostantivo ‘ voto X’ , p. es. gavau penketą ‘ ho preso cinque’ (cioè il nostro 10, essendo il sistema di valutazione lituano da 1 a 5).

1.5.1.4. Ordinali

Gli ordinali (lit. kelintiniai) sono tutti flessibili per genere e numero e si accordano con il quantificato. Dal punto di vista formale, sono riconducibili alle radici dei fondamentali (ad eccezione dei primi due), pur con certe modifiche. Il suffisso caratteristico delle forme regolari (dal 4° in poi) è -tas,-ta: pirm-as,-a ‘ primo,-a’ ; antr-as,-a ‘ secondo,-a’ ; treči-as,-a ‘ terzo,-a’ ; ketvirt-as,-a ‘ quarto,-a’ ; penkt-as,-a ‘ quinto,-a’ ; šeš t-as,-a ‘ sesto,-a’ ; septint-as,-a ‘ settimo,-sesto,-a’ ; aš tunt-as,-a ‘ ottavo,-sesto,-a’ ; devint-as,-a ‘ nono,-sesto,-a’ ; deš imt-as,-a ‘ decimo,-a’ ; vienuolikt-as,-a ‘ undicesimo,-a’ ; dvylikt-as,-a ‘ dedicesimo,-a’ ; ecc.

Gli ordinali – unici tra i numerali – possono presentarsi in forma pronominalizzata come gli aggettivi. È noto che le lingue baltiche, come le slave, oppongono gli aggettivi semplici a quelli pronominalizzati, p. es. lit.

(24)

geras, lett. labs ‘ buono’ vs. lit. gerasis, lett. labais ‘ il buono, quello buono’ .32 In maniera del tutto simile, si possono pronominalizzare i numerali ordinali, p. es. pirm-as,-a ‘ primo,-a’ vs. pirm-asis,-oji ‘ il/la primo/a’ . Naturalmente quest’ opposizione formale veicola quella semantica fra indefinito e definito. Ecco alcuni esempi di numerali ordinali pronominalizzati: antr-asis,-oji ‘ il/la secondo/a’ ; treči-asis,-oji ‘ il/la terzo/a’ ; vienuolikt-asis,-oji ‘ l’ undicesimo/a’ ; š imt-asis,-oji ‘ il/la centesimo/a’ ; tūkstant-asis,-oji ‘ il/la millesimo/a’ ; ecc.

1.5.2. Lettone moderno

Nella tradizione grammaticale lettone il sistema numerale ha ricevuto letture diverse, talvolta persino divergenti, da parte dei vari studiosi. Le descrizioni di cui si dispone differiscono nella terminologia ma soprattutto nella sostanza; infatti a variare sono i criteri di individuazione e di suddivisione del materiale in oggetto. Senza entrare troppo nei dettagli, ricordo che Endzelīns (1923, 1951) individua tre classi: cardinali, ordinali e “ derivati” , quest’ ultima contenente cinque sottoclassi. La grande grammatica accademica MLLVG (1959), invece, opera una distinzione tra numerali “ definiti” e “ indefiniti” , inserendo fra questi ultimi i quantificatori daudz ‘ molto’ , maz ‘ poco’ , vairāk ‘ di più’ , ecc. Forssmann (2001) affianca alle due classi dei cardinali e degli ordinali quelle degli “ avverbi numerali” e degli “ altri” numerali (frazionari, collettivi, ecc.).

Evidentemente, un primo problema è decidere che cosa faccia parte del sistema numerale lettone. I lavori appena citati delineano, seppure in modi diversi, un quadro più complesso del necessario. Essi infatti, basandosi su un criterio etimologico-morfologico, considerano parte del sistema tutte le forme che contengano una radice numerale; MLLVG (1959) addirittura include tutti i quantificatori. A mio avviso è più utile, semplice e grammaticalmente fondato attenersi alla definizione di numerale

32 Sulla formazione e gli sviluppi degli aggettivi pronominalizzati – o determinati, o

definiti – nelle lingue baltiche e slave, cfr. Gāters (1959); Otrę bski (1968); Parenti

(25)

(1) suesposta. In questo lavoro i numerali sono intesi come una classe lessicale con specifiche proprietà semantico-sintattiche e non come l’ insieme di tutte le forme connesse alla radice di un numero. Così facendo si escludono gli avverbi del tipo divkārt, divreiz ‘ due volte’ , i nomi composti del tipo piecskaldnis ‘ pentaedro’ , četrjūgs ‘ quadriga’ , gli aggettivi moltiplicativi del tipo divkārtīgs ‘ duplice’ , trīskārtīgs ‘ triplice’ e altre forme ancora.

Una volta sfrondato il campo da questi elementi, il quadro che emerge è piuttosto lineare e non molto dissimile da quello lituano (v. Tab. 1.3). Sappiamo già che la suddivisione fondamentale in seno al sistema dei numerali (lett. skaitļa vārdi o skaitleņi) è quella tra cardinali (lett. pamata skaitļa vārdi) e ordinali (kārtas skaitļa vārdi). La prima categoria a sua volta contiene due sotto-categorie: i fondamentali e i peculiari dei pluralia tantum. Accanto questi due, quasi tutte le grammatiche aggiungono i cosiddetti “ collettivi” , che invece io non considero numerali (perciò non compaiono nella tabella). Su questi mi soffermerò più avanti per motivare la decisione di escluderli dalla trattazione.

Cardinali Ordinali Fondamentali:

viens, divi, trīs...

pirmais, otrais, treš ais...

Peculiari dei pluralia tantum:

vienēji, divēji, treji...

Tab. 1.3. Sistema numerale lettone.

1.5.2.1. Cardinali fondamentali

I cardinali 1-9 variano nel genere e nel caso accordandosi al quantificato. Come al solito, qui fornisco soltanto il nominativo maschile e femminile: vien-s,-a ‘ 1’ ; div-i,-as ‘ 2’ ; trīs ‘ 3’ ; četr-i,-as ‘ 4’ ; piec-i,-as ‘ 5’ ; seš -i,-as ‘ 6’ ; septiņ-i,-as ‘ 7’ ; astoņ-i,-as ‘ 8’ ; deviņ-i,-as ‘ 9’ . Vien-s,-a segue la declinazione degli aggettivi in -s,-a (p. es. lab-s,-a ‘ buono,-a’ ); div-i,-as segue il plurale di questa stessa declinazione (p. es. lab-i,-as ‘ buoni,-e’ );

(26)

allo stesso modo si declinano anche i numerali 4-9. Il 3 invece presenta un paradigma particolare nel quale la distinzione di genere si conserva solo al dativo, allo strumentale e al locativo; anche in questi casi inoltre c’ è la tendenza alla neutralizzazione della distinzione attraverso forme uniche.

Per quanto riguarda la sintassi esterna dei numerali 2-9, bisogna far notare alcune eccezioni a quanto detto sopra. Nella lingua corrente, infatti, si dà il caso in cui:

«Noun phrases modified by a cardinal numeral 2-9 can occur in the nominative case in syntactic functions which otherwise require a different case. This is quite common where the noun phrase functions as an adjunct expressing temporal or spatial extension [… ]». (Nau, 1998: 15)

Un esempio, tratto dalla stessa Nau (ibid.), è il seguente: Četr-i gad-i mēs tikai no tiem desmit

4-NOM.M anno-NOM.PL.M 1PL.NOM soltanto PREP DEM.DAT/INS.PL 10

no-dzīvo-jām tur, tad mūs at-lai-da māj-ās

PREF-vivere-PST.1PL là allora 1PL.ACC PREF-lasciare-PST.3 casa-LOC.PL

‘ Vivemmo là soltanto quattro anni di quei dieci, poi ci lasciarono tornare a casa’

Secondo le norme del lettone standard il sintagma ‘ quattro anni’ andrebbe all’ accusativo: četrus gadus. Tuttavia, l’ uso del nominativo (come in questo caso: četri gadi) è abbastanza comune, anche se percepito come un po’ arcaico (cfr. Mathiassen, 1997: 78). Quello segnalato dalla Nau è l’ esempio di un fenomeno morfosintattico più ampio non limitato all’ espressione del tempo o dello spazio, cioè l’ uso del nominativo come “ caso unico” , sordo addirittura alle richieste sintattiche delle preposizioni:

«Skaitvardž iai nuo viens iki deviņi, kai jie eina su prielinksniais, gali būti tokio linsknio, kokio reikalauja prielinksnis, bet gali būti ir nekaitomi, pvz.

no viena (vienas) līdz diviem (divām) ir no viens līdz divi; no diviem

(divām) līdz trim (trijem, trijām) ir no divi līdz trīs [… ]» (Kabelka, 1987: 125)

(27)

[«I numerali da viens a deviņi, quando accompagnati da preposizioni, possono

andare al caso richiesto dalla preposizione, ma possono anche essere invariabili, p. es. no viena (vienas) līdz diviem (divām) e no viens līdz divi; no diviem (divām)

līdz trim (trijem, trijām) e no divi līdz trīs [… ]»]

Negli esempi nella citazione, le preposizioni no ‘ da’ e līdz ‘ fino a’ richiederebbero rispettivamente il genitivo e il dativo, ma tale richiesta può rimanere inespressa. Questa “ eccezione” sincronica rivela un’ interessante trafila diacronica che esporrò nel prossimo capitolo (§3.3.1.2).

Veniamo ora al dieci e alle decine. Esistono due forme per ‘ 10’ : la prima, più antica, è desmits; la seconda, più recente e più frequente, è desmit. Desmits è un singolare maschile che segue la flessione dei sostantivi maschili della I declinazione; desmit invece, con desinenza -ø, è invariabile. Quest’ ultima è impiegata con il valore numerale semplice ‘ 10’ , mentre la piena, desmits, ha anche una sfumatura collettiva: ‘ 10 / decina’ . Le decine si formano anch’ esse in due modi. Uno è il plurale di desmits, cioè desmiti, preceduto dal numerale semplice secondo il modello: NUM(1-9) desmiti, p.

es. divi desmiti ‘ 20’ , trīs desmiti ‘ 30’ , četri desmiti ‘ 40’ , ecc. L’ altro modo, più frequente, sono le forme composte dalla radice del numerale semplice più la forma desmit secondo il modello: radiceNUM(1-9)-desmit, p. es.

divdesmit ‘ 20’ , trīsdesmit ‘ 30’ , četrdesmit ‘ 40’ , ecc.

Per quanto riguarda la sintassi esterna del dieci e delle decine, occorre distinguere tra le forme piene (desmits, divi desmiti, ecc.) e quelle ridotte (desmit, divdesmit, ecc.). Le prime fanno richiesta del genitivo plurale del quantificato quando il sintagma NUM-N occupa il ruolo di soggetto (2) o di oggetto diretto (3):

(2) Desmit-s cilvēk-u stāv-ēja rind-ā

dieci-NOM.SG persona-GEN.PL stare in piedi-PST.3 fila-LOC.SG.F

‘ dieci persone stavano in fila’

(3) Es redz-ēju div-us desmit-us cilvēk-u

1SG vedere-PST.1SG 2-ACC dieci-ACC.PL persona-GEN.PL

(28)

Le forme ridotte possono essere seguite dal genitivo del quantificato (4)-(5) in maniera affatto simile a quelle piene, oppure dal nominativo (6) o dall’ accusativo (7) a seconda del contesto:

(4) Desmit cilvēk-u stāv-ēja rind-ā

dieci-INV persona-GEN.PL stare in piedi-PST.3 fila-LOC.SG.F

‘ dieci persone stavano in fila’

(5) Es redz-ēju divdesmit cilvēk-u

1SG vedere-PST.1SG 20-INV persona-GEN.PL

‘ ho visto venti persone’

(6) Desmit cilvēk-i stāv-ēja rind-ā

dieci-INV persona-NOM.PL stare in piedi-PST.3 fila-LOC.SG.F

‘ dieci persone stavano in fila’

(7) Es redz-ēju divdesmit cilvēk-us

1SG vedere-PST.1SG 20-INV persona-ACC.PL

‘ ho visto venti persone’

Secondo la maggior parte delle grammatiche, i costrutti con il genitivo (2)-(5) e quelli senza (6)-(7) stanno in rapporto di alternanza libera. Le grammatiche descrittive, concentrandosi principalmente sull’ uso, trattano le due varianti come sinonimi (cfr. MLLVG, 1959: 489; Fennell & Gelsen, 1980: 312; Kabelka, 1987: 126; Mathiassen, 1997: 76ss.; Prauliņš , 2012: 91ss.) o si limitano a sottolineare che il tipo (2)-(5) suona come «better style» (Nau, 1998: 16). D’ altro canto le grammatiche storiche – seguendo una tradizione stabile nella linguistica baltica – danno molto più spazio alla morfologia che alla sintassi (cfr. Endzelīns, 1923; Stang, 1966; Forssmann, 2001; LLVMSA, 2002). Pertanto lo sviluppo storico ed il rapporto tra i due modelli rimane finora non chiarito. Uno dei contributi che offrirò nel Capitolo 3 riguarda proprio questi aspetti (v. §3.3.2).

(29)

modello: radiceNUM(1-9)-padsmit. Padsmit si lascia analizzare come la

preposizione pa ‘ sopra’ e dsmit < d(e)smit(s) ‘ 10’ . Quindi i numerali 11-19 derivano da perifrasi del tipo ‘ X sopra dieci’ . È un modello che ritroviamo nello slavo (cfr. asl.eccl. (j)edinъ na dę set ‘ 11’ ) e che ha ampia diffusione tipologica (albanese, rumeno, ungherese, celtico, armeno classico, tocario, ecc.; cfr. Comrie, 1992: 762). Ecco la lista delle forme: vienpadsmit ‘ 11’ , divpadsmit ‘ 12’ , trīspadsmit ‘ 13’ , četrpadsmit ‘ 14’ , piecpadsmit ‘ 15’ , seš padsmit ‘ 16’ , septiņpadsmit ‘ 17’ , astoņpadsmit ‘ 18’ , deviņpadsmit ‘ 19’ . Sono forme invariabili come desmit e, come quest’ ultimo, possono richiedere il genitivo del quantificato (cfr. (4)-(5)), oppure no (cfr. (6)-(7)). Nel primo caso si hanno costrutti come man ir vienpadsmit grāmatu ‘ io ho undici libri[GEN.PL]’ , nel secondo il determinato va al caso richiesto dal contesto sintattico, p. es. vienpadsmit vīri ‘ undici uomini[NOM.PL]’ , zem divpadsmit grāmatām ‘ sotto a dodici libri[DAT/INS.PL]’ .33

I numeri compresi tra le varie decine sono espressi da numerali complessi: prima la decina e poi il cardinale semplice. A flettersi è soltanto l’ ultimo elemento e l’ intero numerale assume il comportamento sintattico dell’ ultimo elemento a destra, quindi si accordano al quantificato nel genere e nel caso, p. es. divdesmit vien-s burt-s ‘ ventuno lettere’ , divdesmit vien-a muc-a ‘ ventuno barili’ , trīsdesmit četr-iem strādniek-iem ‘ a trentaquattro operai’ , ecc.

Il numerale ‘ 100’ ha anch’ esso due forme; la prima è simts, che si flette come desmits, la seconda è simt, invariabile come desmit. La formazione delle centinaia è del tutto analoga a quella delle decine: esistono le forme analitiche (piene), p. es. divi simti ‘ 200’ , trīs simti ‘ 300’ , četri simti ‘ 400’ , ecc. e quelle sintetiche (invariabili), p. es. divisimt ‘ 200’ , trīssimt ‘ 300’ , četrsimt ‘ 400’ , ecc. Riguardo al comportamento sintattico di queste forme vale quanto già visto per desmit(s).

Il numerale tūkstotis ‘ 1.000’ è maschile singolare e si declina secondo il paradigma dei sostantivi in -is. Può presentarsi anche nella forma ridotta

33 È da notare che secondo Fennel & Gelsen (1980: 172) per i numerali 11-19 esiste

(30)

e invariabile tūkstoš . Per la formazione delle migliaia vale quanto appena detto per le centinaia: divi tūkstoš i o divtūkstoš ‘ 2.000’ , trīs tūkstoš i o trīstūkstoš ‘ 3.000’ , ecc. La sintassi esterna di mille e delle migliaia è la stessa di dieci, delle decine, di cento e delle centinaia.

Vi sono infine miljons e miljards. Si declinano come sostantivi maschili della I declinazione e, a differenza del 100 e del 1000, non hanno una variante ridotta. Per quanto riguarda la sintassi esterna, taluni ritengono che questi numerali richiedano sempre e soltanto il genitivo del quantificato (alla maniera dei numerali tondi lituani):

«The word miljons is a noun, whereas the others are numerals. Hence, the normal rules for precedence of other cases over the genitive (cf. ar desmit

vīriem) do not apply, miljons being always followed by the genitive: ar miljonu vīru ‘ with a million men’ ». (Fennell & Gelsen, 1980: 450)

Le grammatiche più recenti (Mathiassen, 1997; Nau, 1998; Prauliņš , 2012; Kalnača, 2013: 65-67) non si soffermano specificamente sulla reggenza di miljons e miljards, trattandoli piuttosto insieme agli altri numerali tondi. Apprendo però da parlanti madrelingua che il comportamento di miljons e miljards oggi differisce da quello registrato da Fennell e Gelsen nel 1980. Al pari degli altri numerali tondi, questi possono avere il quantificato al genitivo plurale oppure al caso richiesto dal contesto sintattico, p. es. ar miljonu cigareš u ‘ con un milione[ACC.SG] di sigarette[GEN.PL]’ vs. ar miljonu iecerēm ‘ con un milione[ACC.SG] di intenzioni[DAT/INS.PL]’ . Evidentemente si tratta di un cambiamento avvenuto negli ultimi decenni. Ritengo che si possa interpretare come un fenomeno di analogia esercitata dai numerali tondi più bassi (10, 100, 1.000) verso quelli più alti (106, 109). Il risultato, in termini strutturali, è duplice: da un lato si verifica un livellamento, così che tutti i numerali tondi hanno lo stesso comportamento; dall’ altro però aumenta la complessità. Infatti il nuovo modello sintattico non scalza il vecchio, ma i due tipi coesistono sinonimicamente.

(31)

1.5.2.2. Cardinali peculiari dei pluralia tantum

Sono queste le forme caratterizzate dalla terminazione – ēji/– ējas (fa eccezione solo il 3 con vocale breve – eji/– ejas), aggiunta alle radici dei cardinali fondamentali 1-9. Analogamente ai dauginiai lituani, essi dovrebbero essere usati in concordanza con sostantivi pluralia tantum, p. es. vienēji rati ‘ un carro’ , divējas bikses ‘ due (paia di) pantaloni’ . Nella lingua moderna però il loro uso è più prescritto dalle grammatiche che realmente osservato dai parlanti. Assai più spesso vengono sostituiti dai cardinali fondamentali (vieni rati, divas bikses). Sullo status di queste forme si potrà dire di più nel prossimo capitolo, laddove se ne analizzerà la frequenza d’ uso nella lingua contemporanea. I peculiari dei pluralia tantum sono in tutto nove forme, hanno flessione di genere e di caso: vien-ēji,-ējas, div-ēji,-ējas, tr-eji,-ejas, četr-ēji,-ējas, piec-ēji,-ējas, seš -ēji,-ējas, septiņ-ēji,-ējas, astoņ-septiņ-ēji,-ējas, deviņ-ēji,-ējas.

1.5.2.3. Collettivi

Veniamo ora ai cosiddetti “ numerali collettivi” . Con questa espressione si intendono cinque forme indeclinabili derivate dalla radice dei cardinali fondamentali 2-6 seguita dal suffisso -atā (cristallizzazione di un locativo): divatā, trijatā, četratā, piecatā, seš atā. È corretto definirli “ collettivi” poiché indicano un raggruppamento di X(2→6) elementi; al contrario, reputo improprio classificarli come “ numerali” . Sebbene formati da radici numerali, hanno sintassi e semantica di tipo avverbiale, p. es. dzivot trijatā ‘ vivere in tre’ , palikt divatā ‘ restare in due’ . Anche questi stanno scomparendo dall’ uso della lingua viva per essere relegati al repertorio linguistico del folclore e dei dialetti. Nella lingua moderna prevale anche qui l’ utilizzo dei fondamentali al caso locativo (dzivot trijos, palikt divos).

Come accennavo sopra, le grammatiche lettoni si trovano in disaccordo nel loro trattamento. Endzelīns (1923), guardando all’ aspetto morfologico, li classifica come Ableitungen von Zahlwörtern, MLLVG (1959) come kopuma skaitļa vārdi (numerali collettivi). Concordo piuttosto

Riferimenti

Documenti correlati

C d , convocati dal capo di istituto parroco , al quale partecipano le insegnanti della scuola dell’infanzia, le educatrici del Nido, la coordinatrice dell’istituto,

Ÿe´V“´¶‚]‚V“‰‰@M“´@΂“e‚¶¾‚¾Â΂“@‰e¤2““@¾eV“¶†@¶e´‚e]‚°@‰‰e@- ze’ strategiche, che trovano nella rete territoriale delle consigliere di

Morbido; Alta; Allegro; Vecchia; Tranquillo ; Cattivo; Buono; Viziato ; Spaziosa; Luminosa ; Calda; Bollente; Nero; Caotica; Lunga; Mansueto;. Nuova; Giovane; Enorme;

il bambino, per diventare adulto deve essere come il padre, scegliendosi un ruolo differito con una moglie-madre, su cui tenderà a trasferire non solo il suo modello di donna

Mentre i rap- porti iniziali sulla prevalenza della sindrome metaboli- ca nella popolazione adulta negli Stati Uniti tra il 1988 e il 1994 mostravano che circa un quarto degli

4) Narrow Band Imaging reduces persistence of cancer in patients with pT1 high grade bladder cancer. Giulianelli R, Gentile BC, Mirabile G, Albanesi L, Mavilla L, Tariciotti P,

Il genere del nome: MASCHILE E FEMMINILE I nomi di persona e di animale possono cambiare genere... Volgi dal maschile al femminile

Alcuni nomi di animali hanno un’unica forma, o maschile o femminile, per indicare sia il maschio sia la femmina:. l’aquila, la giraffa, la pantera, la iena, la