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«Corriere della Sera» 8 ottobre 2016

Michelle Obama: «Il mio orto in eredità al prossimo presidente»

La first lady Usa: «Spero che le future famiglie della Casa Bianca amino queste piante. I leader mondiali ci chiedono sempre come stanno crescendo i nostri pomodori»

Michelle Obama

Che emozione! Probabilmente anche voi siete emozionati quanto me, in questo giorno di inaugurazione ufficiale dell’orto della Casa Bianca. Devo ammettere che stando qui con tutti voi, affacciata su questo magnifico orto, sento salire un po’ di commozione. Ultimamente le occasioni per commuoversi non mancano, perché è arrivato il momento di salutarci. Ma questa è proprio la mia creatura… tutto ha avuto inizio da quest’orto. È un cerchio che si chiude.

Come ben sapete, l’idea dell’orto è nata in realtà molto prima che Barack entrasse alla Casa Bianca e tutti noi mettessimo piede qui. È nata nella cucina di casa nostra, a Chicago, quando Barack era in corsa per il primo mandato. Ricordo che una sera ero seduta a tavola con Sam (Kass, lo chef di Obama, ndt), sforzandomi di immaginare cosa avremmo fatto se mio marito avesse vinto: che tipo di First lady sarei stata, su quali temi mi sarei concentrata. Insomma, le domande martellanti che tutti mi rivolgevano. Tante volte mi sono chiesta dove diavolo Barack ci stesse portando… Poi, dopo qualche respiro profondo, abbiamo cominciato a pensare alle sfide che tante famiglie si trovavano ad affrontare, a partire da quella che vedeva impegnati noi: cercare di crescere figli sani. Ecco, molti di noi non si rendevano conto dell’impatto dell’ali- mentazione sul nostro corpo, sul corpo dei nostri figli. Forse non avevamo le informazioni giuste, o magari ci mancava solo il tempo necessario per comprare e preparare cibo sano. E così mi è venuta la folle idea di coltivare un orto sui prati della Casa Bianca, come punto di partenza di un dibattito sull’origine del cibo che mangiamo e sul suo impatto sulla salute dei nostri figli.

Ora, all’inizio c’era chi sosteneva che non fosse una grande idea. Più d’uno si domandava:

perché Michelle Obama vuole distruggere il prato della Casa Bianca? E molti temevano che il tema dell’obesità infantile fosse in realtà troppo «leggero», «troppo da First lady». Immagino che il sottinteso fosse: per una come me. Altri, invece, hanno avuto la reazione opposta, con- vinti che questo problema fosse troppo grande e complesso per una First lady – e forse per una come me. Temevano che il messaggio fosse: il big government ordina alla gente come sfamare i propri figli. Onestamente, anch’io avevo parecchi dubbi. Se avessimo messo su un orto e poi non fosse cresciuto nulla? Non sapevamo nulla del terreno o dell’esposizione solare.

Eravamo terrorizzati a quel pensiero.

Fortunatamente, nessuno di quei timori si è materializzato (...) Abbiamo aperto le porte a tantissimi ragazzini venuti qui, stagione dopo stagione, a piantare e raccogliere ortaggi. Poi c’è stato lo staff della Casa Bianca. Pensate a chi, dopo un’intera giornata trascorsa nella West Wing a occuparsi di Dio sa cosa, ha la possibilità di venire qui per raccogliere un po’ di erbetta.

Ottimo per meditare.

Gli alimenti prodotti qui hanno sfamato migliaia di persone grazie a un’organizzazione im- pegnata nell’assistenza ai bisognosi. Dirò di più: mio marito potrà confermarvi che una delle domande che gli vengono poste di frequente dai leader di altri Paesi è: «Come va l’orto di tua moglie?». Quest’orto ci ha aiutato ad aprire un dibattito nazionale sul modo in cui viviamo e

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mangiamo. Un dibattito che ha poi portato alla nascita della prima Task Force della Casa Bianca sull’Obesità infantile, che ha revisionato ogni programma federale riguardante l’attività fisica e la nutrizione infantile. E mi riempie d’orgoglio la consapevolezza che questo orticello continuerà a esistere come simbolo della speranza di veder fiorire una nazione più sana per i nostri figli – un’ambizione che trova in questo spazio all’esterno della casa degli americani, la sua sede più appropriata. Mi riempie d’orgoglio la consapevolezza che quest’orto servirà a ricordare il processo che abbiamo avviato, ma anche il lavoro che noi tutti dobbiamo com- pletare. E in questa giornata di inaugurazione la mia speranza è che le future famiglie presidenziali lo ameranno come noi, e che diventi un’istituzione della Casa Bianca.

(Traduzione di Enrico Del Sero)

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