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Universo stage, situazione ancora critica: menodi un'assunzione su dieci, troppe leggi differenti

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Academic year: 2021

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@ele_voltolina Tweet 26 2 Com'è ad oggi il quadro dell'universo stage in Italia? In che modo viene utilizzato questo strumento, e sopratutto: la situazione è migliorata negli ultimi anni? Si sa che solamente un tirocinio su dieci si trasforma in contratto di lavoro. Non è, in realtà, una notizia: è infatti  un  dato  ormai  assodato,  stabile  da  anni,  con  leggere  variazioni  in  su  o  in  giù.  Lo calcola  Unioncamere  ogni  anno  attraverso  una  piccola  sezione  della  sua  indagine "Excelsior", quella dedicata ai fabbisogni formativi delle imprese e ai tirocini. 

A dicembre è stata presentato da Unioncamere il dossier che presenta i dati relativi al

2013. Attenzione, non 2014: proprio 2013. Bisogna infatti ricordare che i dati di Excelsior

(e  in  particolare  quelli  sui  tirocini)  vengono  sempre  resi  pubblici  con  grande  ritardo:  oggi, febbraio  2015,  stiamo  infatti  parlando  degli  ultimi  dati  disponibili  che  si  riferiscono  agli stage effettuati nel corso del 2013. Purtroppo il sistema è congegnato in questo modo, e sembra che non si possa "velocizzare" per fornire i dati con maggiore celerità. 

Bisogna anche tenere a mente che però comunque ­ con tutti i suoi ritardi e sebbene i numeri  non  siano  dati  generali  completi  ma  solo  una  "campionatura"  con  risposte raccolte attraverso un questionario e con l'ulteriore elemento "riduttore" di un raggio d'azione limitato agli stage attivati nelle sole imprese private ­ l'indagine Excelsior di Unioncamere è  finora  praticamente  l'unica  a  offrire  dati  nazionali  e  affidabili  sull'utilizzo  dello strumento dello stage in Italia. Questo perché mancano sistematiche rilevazioni statali o regionali sul tema: nel corso del 2015 verranno resi pubblici i primi dati di monitoraggio dei tirocini dopo le nuove leggi regionali, ma anche questi saranno parziali perché riguarderanno solo quelli extracurriculari (cioè svolti al di fuori del periodo di studi). E poi chissà se tutte le regioni li elaboreranno in maniera soddisfacente. 

La  terza  pecca  di  questi  dati  è  legata  alla  scelta  di  Unioncamere  di  non  modificare  il panel  di  domande  sui  tirocini,  malgrado  nel  2013  sia  stato  rivoluzionato  il  quadro normativo  relativo  a  questo  tema:  non  vi  è  dunque  una  distinzione  tra  tirocini curriculari e tirocini extracurriculari, pur avendo essi adesso addirittura due competenze normative differenti (lo Stato per i curriculari, con una clamorosa vacatio legis, e le Regioni per gli extracurriculari) Fatta questa premessa, ecco quel che dice Unioncamere sui tirocini.  Innanzitutto,  il  numero:  nel  2013  sono  stati  effettuati  nelle  imprese  private  italiane 310.540  stage.  L'anno  precedente  erano  stati  lievemente  di  meno  (306.580),  dunque l'1% in più: una variazione davvero minimale, che non può essere "caricata" di alcun valore positivo o negativo. Del resto, come la Repubblica degli Stagisti ha fatto notare a

più  riprese,  il  numero  degli  stage  non  si  è  ridotto,  durante  la  crisi,  in  maniera

proporzionale  a  quello  dei  contratti  di  lavoro.  Ciò  significa,  come  è  facile  intuire,  che molti  datori  di  lavoro  hanno  preferito  ridurre  il  numero  dei  contrattualizzati  ­  salariati,

mantenendo però invariato il numero di stagisti: in un certo senso si tratta di un doping  del

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Un aspetto opinabile del dossier di Unioncamere è che viene usata l'aggettivo «retribuiti» in riferimento ai tirocini,  per  indicare  quelli  dove  è  previsto  per  lo  stagista  un  compenso monetario, spiegando che a partire dall’edizione 2012 «l’indagine Excelsior ha investigato il tema dei tirocini e stage anche in chiave previsionale, chiedendo quanti tirocinanti e stagisti le  imprese  ipotizzano  di  ospitare  nell’anno  in  corso»  e  specificando  che  «si  tratta,  a differenza  dei  dati  a  consuntivo  fin  qui  analizzati,  di  informazioni  riferite  esclusivamente  ai tirocinanti e stagisti retribuiti». Eppure è bene ricordare questa parola non andrebbe mai usata quando si parla di stage ­ perché la retribuzione è un concetto che implica un rapporto di lavoro, mentre lo stage non è mai inquadrabile come lavoro.  C'è un altro aspetto che pone delle criticità. Nel documento si legge che dal 2012 al 2013 «è aumentata, tra tirocinanti e stagisti, la quota dei laureati o laureandi, dal 30,4 al 32,3%». Ma il fatto di conteggiare insieme laureandi e laureati è quantomeno improprio, sopratutto oggi, perché i laureandi svolgono stage definiti curriculari, mentre i laureati svolgono stage  extracurriculari.  La  distinzione,  ufficializzata  solo  da  un  paio  d'anni  dalle  ultime normative, non è da poco: le due tipologie di stage hanno addirittura due competenze normative differenti (lo Stato è competente per quelli curriculari, per i quali in questo

momento  vi  è  una grave  situazione  di  vuoto  normativo;  mentre  le  Regioni  sono

competenti  per  i  tirocini  extracurriculari),  ed  essere  inquadrato  come  tirocinante curriculare  piuttosto  che  come  tirocinante  extracurriculare  comporta  diritti  e  doveri  molto diversi. 

Un  esempio  per  tutti:  per  gli  stage  extracurriculari  è  previsto  l'obbligo  da  parte  del soggetto ospitante di erogare un rimborso spese (le cifre minime variano da 300 a 600 euro e sono state decise Regione per Regione), mentre quelli curriculari possono ancora essere  gratuiti.  Dunque  se  un  universitario  attiva  uno  stage  una  settimana  prima  di laurearsi  ricade  nel  novero  degli stage  curriculari  e  può  essere  "stagista  aggratis";  se  lo attiva  una  settimana  dopo  ricade  invece  nel  novero  degli  stage  extracurriculari  e  può rivendicare  il  diritto  a  ricevere  un  rimborso  spese  pari  almeno  al  minimo  fissato  dalla Regione dove svolge il tirocinio.

Questa  distinzione  non  viene  presa  in  considerazione  da  Unioncamere,  forse  perché nel  corso  del  2013  non  ancora  tutte  le  Regioni  avevano  provveduto  a  emettere  la  propria normativa  regionale  in  materia:  è  da  auspicare  che  le  rilevazioni  in  corso  sul  2014 prevedano invece di distinguere i laureandi dai laureati, o ancor meglio, gli stage curriculari da quelli extracurriculari.

L'indagine  Excelsior  conferma  poi  che  le  imprese  medio­grandi  sono  quelle  che  più abitualmente  ospitano  stagisti,  mentre  la  micro  e  piccola  impresa  ancora  usa  poco questo  strumento;  inoltre,  il  numero  di  stagisti  aumenta  con  l'aumentare  del  «livello tecnologico o qualitativo dei beni prodotti e dei servizi offerti». Cioè più un'azienda si occupa di  high  tech  e  offre  servizi  qualificati,  più  frequentemente  utilizza  stagisti.  In  particolare,  «i valori minimi  e massimi di imprese  “ospitanti” tirocinanti e stagisti  per macro­settore stanno in un rapporto di uno a tre: nell’industria si va dall’8% del comparto del legno e del mobile al 25,5%  di  quello  chimico­farmaceutico­petrolifero,  nei  servizi  dal  9,8%  delle  attività  di trasporto  e  magazzinaggio  al  28,2%  di  quelle  della  sanità,  dell’assistenza  sociale  e  dei servizi sanitari privati».

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Pochi  giorni  sono  sufficienti  all'azienda  per  trasferire  competenze  al  giovane,  e  al  giovane per assimilarle? In sostanza: ha senso un tirocinio di 150 ore, o addirittura meno?

Il giudizio complessivo di Unioncamere sullo strumento stage è comunque positivo: «I fondamentali  risultati  dell’indagine,  quasi  tutti  di  segno  positivo,  sono  piuttosto  confortanti: confermano il carattere formativo di questa esperienza, che consente ai giovani in uscita o appena usciti dai diversi cicli di istruzione di completare e integrare la preparazione ricevuta, e  la  sua  importanza  per  le  imprese,  che  in  questo  modo  possono  verificare  nel concreto  la  preparazione  effettiva  dei  giovani in  uscita  dal  sistema  scolastico,  la  loro capacità di integrazione  nell’ambiente di lavoro e l’interesse per  le prospettive professionali che l’azienda  può loro  offrire». Eppure a fronte di questa «importanza per le imprese», rimane il dato magrissimo delle trasformazioni di stage in contratti: 9,5% è infatti una percentuale decisamente bassa.

Interessante  a  questo  punto  è  affiancare  a  questa  indagine  il  recente  paper

dell'associazione  Adapt  che  valuta  invece  nel  complesso  i cambiamenti  legislativi intervenuti  sullo  stage  negli  ultimi  due  anni.  Il  giudizio  è  assai  meno  positivo:  «Le normative regionali  differiscono tra di loro,  talvolta in maniera significativa,  su alcuni aspetti fondamentali  della  regolamentazione  dei  tirocini  come  la  durata,  i  limiti  numerici  e  le indennità  da  erogare.  Il  risultato finale  è  una proliferazione  di  tante  discipline  differenti quante  sono  le  Regioni»  scrivono  i  ricercatori  del  centro  studi  fondato  da  Marco  Biagi: «L’effetto  standardizzazione  che  stava  alla  base  della  Riforma  Fornero  sembra  del tutto mancato. Le ripercussioni concrete di questo esito non sono di poco conto. A seconda del  territorio  in  cui  un  tirocinio  viene  attivato  valgono  regole  diverse.  Caso  eclatante  pare essere quello delle indennità. Tra una Regione e l’altra – e spesso tra Regione limitrofe – per la stessa esperienza un soggetto ha diritto a corrispettivi differenti». 

Bisogna  qui  ricordare  che  l'Adapt  parte  da  una  sorta  di  preconcetto  nei  confronti  del

compenso  agli  stagisti,  giudicato  a  priori dal  suo  direttore  scientifico  Michele  Tiraboschi come elemento negativo; e dunque il paper "forza" un po' il giudizio sulla leopardizzazione dei diritti degli stagisti (ampiamente prevedibile del resto, basti ricordare le parole di due anni fa  del costituzionalista  Francesco  Clementi  in  un'intervista  alla  Repubblica  degli  Stagisti  ), affermando che «la  natura formativa  del tirocinio  non è  stata compresa  nemmeno dai legislatori regionali che hanno, al contrario, interpretato lo strumento come una sorta di “lavoretto” a basso costo».

L'Adapt  mette  poi  in  evidenza  la  concorrenza  sleale,  già  molte  volte denunciata  dalla

Repubblica degli Stagisti, tra stage e apprendistato: «La ricostruzione dei dati disponibili a livello regionale mostra una tendenza generalizzata al restringimento dell’apprendistato –  sia  in  termini  assoluti  che  relativi  –  a  partire  dal  2010/2011  e,  parallelamente  alla progressiva  espansione  del  tirocinio».  Aggiungendo  con  onestà  che  questa  tendenza non è «ascrivibile, data la tempistica, alle Linee­guida di  per  sé,  quanto  piuttosto  alla  crisi economica che potrebbe aver spinto l’utilizzo, anche improprio, del tirocinio in luogo di  rapporti  di  lavoro  subordinato»,  e  concludendo  che  «l’accelerazione  nel  ricorso  ai tirocini  riscontrabile  in  alcune  Regioni  anche  nell’ultimo  biennio  2013­2014  (dati  disponibili tuttavia fino al III trimestre 2014), suggeriscono il possibile effetto di ulteriore promozione del tirocinio a discapito dell’apprendistato apportato dalle Linee­guida».

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a lavori lontani anni luce dalla loro formazione. Il film, di Paolo Virzì, si chiamava Tutta la vita davanti ed era liberamente tratto da un libro, Il mondo deve sapere: dopo il film ovviamente tutti corsero a recuperarsi il libro, il che fece la fortuna della sua autrice Michela Murgia. In  effetti,  sono  tante  le

cose  che  «il  mondo  deve sapere».  Per  esempio  i

giovani  italiani,  gli

studenti,  i  neodiplomati

e  neolaureati,  gli

inoccupati  e  i

disoccupati  dovrebbero

sapere  una  cosa

rispetto  agli  stage:  che solo  in  un  caso  su  10

portano  ad

un'assunzione.

È  importantissimo

conoscere  questo  dato,

per  parametrare  le  proprie  aspettative,  per  non  nutrire  eccessive  speranze,  per  valutare bene se accettare o rifiutare una proposta di tirocinio. 

Ovviamente  si  parla  qui  esclusivamente  dei  circa  300mila  stage  svolti  ogni  anno  nelle imprese  private:  per  quelli  svolti  all'interno  di  enti  pubblici  (che  sono  un  numero  ignoto, indicativamente compreso tra 150mila e 200mila) la probabilità di essere assunti al termine dell'esperienza formativa rasenta lo zero.

Fatta questa premessa, ecco in sintesi i dati e i numeri che «il mondo deve sapere» (e sopratutto i giovani italiani).

Primo  numero:  10,6.  Questa  è  la  percentuale  di  «personale  in  tirocinio  formativo  e stage  ospitato  dalle imprese  nel  2011  che è  stato  o  sarà trasformato  in  assunzioni»,

tratta dal rapporto annuale Excelsior 2012 realizzato da Unioncamere, l'unione delle Camere

di commercio italiane. Dunque in media su 1000 giovani che cominciano uno stage, 106 verranno  assunti  (con  qualsiasi  tipo  di  contratto),  e  894  verranno  invece  lasciati  a casa senza ricevere una proposta di lavoro.

La  probabilità  di  essere  assunti  però  si  alza  con  l'aumentare  della  grandezza dell'azienda. Per cui approfondendo questo numero si scopre che chi fa uno stage in una microimpresa (con meno di 10 dipendenti) ha solo il 7,5% di possibilità di essere assunto. Le probabilità lievitano impercettibilmente per la classe immediatamente superiore (imprese con un  numero  di  dipendenti  compreso  tra  10  e  49):  qui  il  valore  medio  si  attesta  a  8,3%.  Va meglio a chi fa uno stage in una impresa medio­grande (tra 50 e 249 dipendenti): qui si può sperare  di  essere  assunti  al  13,6%.  La  prospettiva  di  inserimento  lavorativo  più concreta  è  comunque  nelle  grandi  aziende,  quelle  con  oltre  250  dipendenti:  qui l'indagine  Excelsior  rileva  che  la  probabilità  di  essere  assunto  per  uno  stagista  è quasi una su quattro (22,9%).

Ma  la  possibilità  di  essere  assunti  non  aumenta  o  diminuisce  solo  per  il  fattore  della grandezza  dell'azienda  che  accoglie  lo  stagista.  Vi  sono  anche  significative  differenze  a seconda del settore di attività dell'impresa. 

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Ma  per  questi  settori  si  tratta  di poche  migliaia  di  stagisti  all'anno. Una  vera  emergenza  invece  è quella  del  settore  "Servizi  di alloggio  e  ristorazione  e  servizi turistici":  cioè  alberghi,  bar, ristoranti,  campeggi,  stabilimenti balneari  e  chi  più  ne  ha  più  ne metta.  Qui  gli  stagisti  sono  un esercito:  circa  50mila  all'anno.  Ma ad  ottenere  un  vero  lavoro  dopo  il tirocinio  sono  solo  il  7,1  %.  In parole  ancor  più  chiare  e  precise: dei  46.460  giovani  che  hanno fatto  stage  in  questo  settore  nel corso  del  2011,  solo  3.299  sono poi  stati  assunti.  Poco  più  di tremila su oltre 45mila!

Malissimo anche il  settore "Istruzione e servizi  formativi privati" con un  5,9% di assunzione dopo lo stage (362 assunti su 6.130 stage realizzati), e quello "Sanità, assistenza sociale e servizi sanitari privati" con un 6% (1.513 assunti su 25.220).

Ma dopo le bad news è giusto anche dare le good news. E dunque: fortunati i giovani che finiscono  in  stage  nelle  aziende  di  "Public  utilities"  (quelle  che  si  occupano  di energia,  gas,  acqua,  ambiente):  qui  la  percentuale  di  assunzione  media  è  addirittura del 18,9%, dunque quasi uno stagista su cinque ­ 495 sul totale di 2.620 ­ ha ottenuto un vero contratto.

Reggono ottimamente anche le "industrie chimiche, farmaceutiche e petrolifere", per le quali Excelsior registra un 17,8% di contrattualizzazione dopo lo stage; benino, anche se parecchio distanziati, anche i settori industriali di "fabbricazione macchinari e attrezzature e  dei  mezzi  di  trasporto"  (13,3  stagisti  assunti  ogni  100)  e  le  "industrie  elettriche, elettroniche, ottiche e medicali" (12,3 assunti su 100).

Sul  settore  delle  imprese  di  servizi,  la  miglior  prospettiva  di  inserimento occupazionale dopo lo stage viene garantita dal settore "Servizi di trasporto, logistica e  magazzinaggio"  che  assume  mediamente  il  20,3%  delle  persone  che  accoglie  in tirocinio;  bene  come  sempre  i  "servizi  informatici  e  delle  telecomunicazioni"  che contrattualizzano  il  17,2%  degli  stagisti;    benino  anche  il  commercio  al  dettaglio  con  un 15,3%  (oltre  due  punti  percentuali  sopra  i  "cugini"  del  commercio  all'ingrosso,  fermi  a 12,8%). 

Anche la geografia poi ha un suo peso. La Regione dove fare uno stage porta meno spesso all'assunzione è la Sicilia: solo il 7,2% dei giovani vengono contrattualizzati dopo l'esperienza  formativa.  Percentuale  identica  a  quella  del  Trentino,  ma  in  questo  caso l'interpretazione è molto più positiva: nelle province autonome di Trento e Bolzano lo stage è utilizzato  prevalentemente  con  i  giovanissimi,  studenti  universitari  o  addirittura  delle superiori, e in questi casi l'inserimento lavorativo non è un elemento prioritario.

Il  Lazio  si  conferma  invece  la  Regione  dove  gli  stage  più  spesso  si  trasformano  in lavoro:  siamo  al  15,8%,  oltre  cinque  punti  sopra  la  media  nazionale.  Bene,  a  sorpresa, anche il Molise (15,2%).

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