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ESAME DI STATO 2012 S

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Academic year: 2021

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ESAME DI STATO 2012 SECONDA PROVA -LICEO CLASSICO

Non il caso ma la finalità regna nelle opere della natura

Dei= mh_ dusxerai/nein paidikw~j th_n peri\ tw~n a)timote/rwn zw|&wn e0pi/skeyin. 'En pa~si ga_r toi=j fusikoi=j e1nesti/ ti qaumasto/n· kai\ kaqa/per 9Hra/kleitoj le/getai pro_j tou_j ce/nouj ei0pei=n tou\j boulome/nouj e0ntuxei=n au)tw~|, oi4 e0peidh_ prosio/ntej ei]don au)to_n qero/menon pro_j tw~| i0pnw~| e1sthsan (e0ke/leue ga_r au)tou_j ei0sie/nai qarrou=ntaj· ei]nai ga_r kai\ e0ntau=qa qeou/j), ou3tw kai\ pro_j th_n zh/thsin peri\ e9ka/stou tw~n zw|&wn prosie/nai dei= mh_ duswpou/menon, w(j e0n a3pasin o1ntoj tino_j fusikou= kai\ kalou=. To\ ga_r mh_ tuxo/ntwj a)ll' e3neka/ tinoj e0n toi=j th=j fu/sewj e1rgoij e0sti\ kai\ ma/lista· ou[ d' e3neka sune/sthken h2 ge/gone te/louj, th_n tou=

kalou= xw&ran ei1lhfen. Ei0 de/ tij th_n peri\ tw~n a!llwn zw|&wn qewri/an a!timon ei]nai neno/mike, to\n au0to\n tro/pon oi1esqai xrh_ kai\ peri\ au(tou=· ou)k e1sti ga_r a!neu pollh=j dusxerei/aj i0dei=n e0c w{n sune/sthke to_ tw~n a)nqrw&pwn ge/noj, oi[on ai[ma, sa/rkej, o)sta=, fle/bej kai\ ta_ toiau=ta mo/ria. 9Omoi/wj te dei= nomi/zein to_n peri\ ou(tinosou=n tw~n mori/wn h2 tw~n skeuw~n dialego/menon mh_ peri\ th=j u3lhj poiei=sqai th_n mnh/mhn, mhde\ tau/thj xa/rin, a)lla_ th=j o3lhj morfh=j, oi[on kai\ peri\ oi0ki/aj, a)lla_ mh_ pli/nqwn kai\ phlou= kai\ cu/lwn· kai\ to_n peri\ fu/sewj peri\ th=j sunqe/sewj kai\ th=j o3lhj ou)si/aj, a)lla_ mh_ peri\ tou/twn a3 mh_ sumbai/nei xwrizo/mena/ pote th=j ou0si/aj au)tw~n.

ARISTOTELE, De partibus animalium I 5, 645 a

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Non bisogna disdegnare in modo puerile l’indagine sugli esseri viventi meno nobili: in tutte le realtà naturali, infatti, è insito qualcosa di meraviglioso. E come si narra che Eraclito abbia detto ai visitatori stranieri che volevano incontrarlo, i quali, allorché avvicinandosi videro che si stava scaldando accanto alla stufa [lett. forno], si fermarono, ma Eraclito li esortava a entrare senza esitazione: anche lì infatti – diceva – vi erano dèi; così occorre affrontare senza disgusto anche l’indagine su ciascun essere vivente, pensando che in tutti vi è qualcosa di naturale e di bello.

Infatti, non la casualità, ma il tendere a un certo fine è presente nelle opere della natura, e in massimo grado: e il fine per cui esse sono state costituite o sono nate occupa il posto del bello. Se poi taluno è giunto a pensare che lo studio degli altri esseri viventi sia privo di pregio, costui deve ragionare allo stesso modo anche riguardo a se stesso: non è infatti possibile esaminare senza profondo fastidio le componenti di cui è costituito il genere “uomo”, ad esempio sangue, carni, ossa, vene e altre parti simili. Ugualmente occorre considerare che chi discute su una qualsiasi parte o oggetto non fa menzione della materia di cui consta, né discute in funzione di essa, ma tratta della forma globale: ad esempio, si discute di una casa, non di mattoni, malta e legname; e colui che discute della natura, discute della struttura composita e dell’entità complessiva, ma non delle cose che non sussistono una volta separate dall’entità cui appartengono.

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- www.loescher.it/mediaclassica - COMMENTO

Torna dopo trentaquattro anni Aristotele: un autore “classico”, certo, ma non fra i più letti nel cursus liceale. E soprattutto non viene letto il suo trattato zoologico in quattro libri Sulle parti degli animali, da cui è tratto il brano.

Tale brano ruota attorno a un concetto principale: che le opere della natura (come recita il titolo proposto dal Ministero) non siano governate dal caso, ma obbediscano a un fine supremo. Questa concezione – centrale nel pensiero di Aristotele – è invece negata, prima e dopo Aristotele, da altre scuole filosofiche, in primis dagli Atomisti e dagli Epicurei.

Il passo prescelto risulta estremamente impegnativo sia sul piano del contenuto – affollato di concetti e non narrativo (escluso l’aneddoto su Eraclito, peraltro non chiarissimo) – sia sul piano linguistico. Sul versante lessicale, ad esempio, imponevano scelte traduttive ben precise termini connotati filosoficamente come su/nqesij, ou)si/a e u3lh. Sullo stesso versante, il sintagma to_ tw~n a)nqrw&pwn ge/noj – apparentemente di facile resa – non indica collettivamente “il genere umano”, ma la tipologia “uomo” rispetto agli altri esseri viventi.

Sul versante stilistico creano difficoltà le frequenti ellissi e la sintassi, libera e non priva di durezze:

Aristotele infatti non si cura di esplicitare tutti i legami sintattici (un tratto tipico delle sue opere destinate all’uso interno della Scuola); siamo all’opposto – per citare solo un paio di casi – dell’equilibrata eleganza di un Isocrate o della “semplicità” di un Lisia, autori più familiari agli studenti liceali e ben più adatti per un esame di Stato.

Premesso che le difficoltà interpretative attraversano l’intero brano, ci sono passaggi particolarmente ostici. Ad esempio, l’articolo to\ che apre il secondo periodo regge e sostantiva – secondo un tipico modulo aristotelico – il segmento successivo fino a tinoj, segmento formato da due espressioni coordinate ma del tutto eterogenee (rispettivamente, negazione + avverbio e preposizione + pronome). Alla fine dello stesso periodo risulta di ardua interpretazione e ambiguo il segmento th_n tou= kalou= xw&ran ei1lhfen: (“occupa il posto del bello”): riteniamo che l’espressione significhi, in sostanza, che il finalismo insito nelle opere della natura equivale a una forma di bellezza (sfumature diverse, peraltro, non si possono escludere). L’ultima frase (kai\ to_n peri\ ... au)tw~n) – fortemente ellittica e concettualmente impervia – risulta micidiale, oserei dire, per uno studente: la successione dei peri\ + genitivo sicuramente disorienta; manca un verbo reggente; l’articolo to_n sottintende un participio dialego/menon (da ricavarsi dalla frase precedente); infine, occorre integrare un infinito diale/gesqai intendendo tutto il passo: “e colui che (discute) della natura, (discute) della struttura composita e dell’entità complessiva, ma non etc.”.

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Ancora una considerazione. Nella frase che ha come protagonista Eraclito l’espressione pro_j tw~|

i0pnw~| è stata resa (come si suole) “accanto alla stufa”. Il sostantivo i0pno/j, però, è attestato (anche se isolatamente) anche col valore di “letamaio”: valore che, nel contesto, non sarebbe inappropriato.

In conclusione, il brano aristotelico proposto ai maturandi appare sicuramente denso e significativo sul piano del contenuto, ma di eccessiva difficoltà: esso travalica dunque le competenze richieste mediamente ad uno studente al termine del suo percorso liceale.

Prof. CLAUDIO BEVEGNI

Università degli Studi di Genova

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