PAOLO CASANOVA (*) - ANNA MEMOLI (**)
LA GESTIONE DEL CAPRIOLO E DEL BOSCO IN APPENNINO ( 1 )
La crisi dell’agricoltura montana e l’esodo rurale, verificatesi tra il 1960 e il 1970, hanno favorito una forte espansione delle popolazioni di alcuni Ungulati, fra i quali il capriolo. La cessata competizione per il pascolo con il bestiame domestico ha permesso al piccolo cervide di conquistare complessi forestali particolarmente adatti alla sua ecologia (cedui) e di insediarsi in aree nelle quali da diversi secoli la presenza del selvatico non era stata rilevata. Ciò comporta la necessità di gestire le sue popolazioni per definire la den- sità massima sostenibile in base alle risorse alimentari pascolabili. Il prelievo selettivo rappresenta solo un aspetto della gestione complessiva e deve essere sempre accompagnato da verifiche annuali che accertino lo stato biologico delle popolazioni e la dinamica del bosco, in particolare lo stato della rinnovazione.
Parole chiave: Capriolo; gestione; Capreolus capreolus; bosco.
Key words: Roe-deer; management; Capreolus capreolus; forest.
P REMESSA
Le attuali popolazioni di Capriolo, presenti sull’Appennino centro-set- tentrionale, hanno avuto origine da ripetute immissioni, fatte da privati e da enti pubblici a partire dagli anni ’60, all’interno di istituti venatori privati e di aziende demaniali. I capi immessi provenivano in gran parte dal Tarvisia- no, dal Trentino o dalla ex-Jugoslavia; si trattava quindi di individui appar- tenenti alla sottospecie Capreolus capreolus capreolus e non al Capreolus capreolus italicus tipica della nostra Penisola, da considerarsi pressoché estinta (T OSCHI , 1965).
Dato il particolare momento storico, coincidente con la crisi dell’agri-
(*) Docente di gestione faunistica presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Forestali
(**) Dottore di ricerca presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Forestali.
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