• Non ci sono risultati.

1. Cosa sono le emozioni? 2. Quali sono Le Emozioni principali:

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "1. Cosa sono le emozioni? 2. Quali sono Le Emozioni principali:"

Copied!
17
0
0

Testo completo

(1)

1 1. Cosa sono le emozioni?

L’Emozione è una “Reazione affettiva intensa, con insorgenza acuta e di breve durata determinata da uno stimolo ambientale (interno o esterno). La sua comparsa provoca una modificazione a livello somatico, vegetativo e psichico….” (Galimberti, 1992).

Le Emozioni sono esperienze che portano con sè delle reazioni a livello fisiologico, viscerale, espressivo, psicologico e durano pochissimo.

Non dobbiamo confonderle con i sentimenti che invece possono essere duraturi, ti faccio un esempio: tu puoi essere innamorato (provi un sentimento) e provare gioia (provi un’emozione) quando vedi la persona amata, tristezza quando non la vedi da un po’, gelosia se ti sembra che sia interessata ad un'altra persona.

Quindi mentre il sentimento di amore (oppure odio, rammarico) è duraturo l’emozione è breve e momentanea, legata ad uno stimolo temporaneo.

2. Quali sono Le Emozioni principali:

- La Paura - La Gioia - La Rabbia - La Tristezza - La Noia - La Vergogna - Il Disgusto - Il Senso di colpa - L’invidia - La gelosia

Le emozioni possono essere sperimentate in gradazioni diverse. Potremmo sperimentare, infatti, una leggera frustrazione o sentirci infuriati, in entrambi i casi stiamo parlando dell’emozione della rabbia a livelli diversi:

immaginando un ipotetico termometro interno, potremmo dire che nel primo caso proviamo una rabbia a livello 1, mentre nel secondo caso ad un livello 10.

Se ci pensi bene, mentre quando proviamo un'emozione ad una intensità molto forte ci risulta più semplice riconoscerla e nominarla (ad esempio se siamo infuriati), ad un livello minimo diventa più difficile definirla (ad

(2)

2 esempio possiamo provare un lieve malessere, un leggero disagio e facciamo fatica a dire se è leggera tristezza o leggera rabbia).

Imparare a distinguere le emozioni a livello minimo è il primo passo utile per iniziare a saperle gestire. Saper riconoscere e gestire le emozioni è il primo passo fondamentale per combattare l’ansia e il panico!

Un buon esercizio può essere quello di partire dalle emozioni spiacevoli lievi: la prossima volta che ti capita di provare un'emozione di questo tipo, prova a chiederti "A quale emozione assomiglia di più ciò che sto provando?" e se non le ricordi può esserti utile andare a rileggere quali sono. Provaci!

3 . A cosa ci servono le Emozioni

Riconoscere i propri vissuti emotivi, invece che reprimerli, è molto importante per riuscire ad anticipare e gestire l’attacco d’ansia, ma anche per avere delle relazioni più efficaci. Le emozioni sono i nostri segnali stradali ci dicono qualcosa di noi, qualcosa di molto importante.

La rabbia, ad esempio, è un po’ come un semaforo rosso, che ci intima a fermarci perché c’è qualcosa che non sta andando come vorremmo e dobbiamo cercare di capire cos’è ed eventualmente rivedere o i nostri obiettivi o il modo con cui stiamo cercando di realizzarli.

La gioia è, invece, come un semaforo verde: ci avverte che le cose stanno andando come vorremmo e vale la pena continuare per questa strada.

La paura è come un semaforo giallo, ci intima che c’è un pericolo e dobbiamo fare attenzione.

La tristezza è un semaforo rosso un po’ diverso, nel senso che ci intima a fermarci perché abbiamo “perso” qualcosa e dobbiamo recuperare le energie necessarie per trovare il modo di andare avanti nonostante ciò che abbiamo perso.

Come puoi intuire, decidere di reprimere un’emozione, non ascoltarla, significa perdere una serie di informazioni importanti su chi siamo e cosa vogliamo e soprattutto significa rischiare di perseguire strade diverse da quelle che veramente desideriamo.

In questo senso possiamo affermare con forza che non esistono emozioni negative, ma emozioni piacevoli e spiacevoli, poiché tutte le emozioni ci servono ad uno scopo e quindi sono positive.

Anzi ti dirò di più: quanto più sono spiacevoli, le nostre emozioni, tanto più sono positive, nel senso che sono segnali importanti di cui dobbiamo tenere conto per modificare qualcosa, fuori o dentro di noi, per tendere ad un benessere maggiore.

Ognuno ha la sua emozione preferita ...

Purtroppo non è così scontato e facile riconoscere le emozioni che proviamo, spesso non veniamo educati ad ascoltarci emotivamente, anzi, a volte le persone che si sono prese cura di noi, ci hanno fatto capire che certe

(3)

3 espressioni emotive non sono bene accette e quindi siamo cresciuti con la convinzione, erronea, che è meglio

reprimerle.

Ti faccio un esempio: se tutte le volte che un bambino esprime rabbia sua madre si infastidisce o si spaventa, dicendogli “Sei un bambino cattivo!” perché non è lei stessa abituata ad accettare la rabbia, il bambino pian piano imparerà a reprimere questa emozione.

Questo è un processo assolutamente normale e funzionale all’adattamento e alla sopravvivenza, il problema è quando il meccanismo si irrigidisce e permane anche da adulto, per cui chi, ad esempio ha

imparato a reprimere la rabbia, non si dà più il permesso di esprimerla in nessun contesto, neanche laddove sarebbe auspicabile e utile farlo.

Che cosa succederà allora? Ti dirò una cosa: LE EMOZIONI NON POSSIAMO DECIDERLE! POSSIAMO SOLO VIVERLE, AL MASSIMO GESTIRLE!

Questo significa che, anche se quel bambino che ha imparato a reprimere la rabbia volesse non provarla non ci riuscirà, perché le emozioni affiorano lo stesso, ma non avendo imparato ad accettarla come un’emozione naturale e legittima, tutte le volte che da adulto proverà rabbia non la riconoscerà come tale, ma si renderà conto solo

dell’attivazione fisiologica della rabbia (mi batte il cuore, divento rosso, mi irrigidisco) e probabilmente se ne spaventerà fino a provare ANSIA o addirittura PANICO.

E questo è un aspetto che devi subito capire: SOTTO L’ANSIA C’E’ UN’EMOZIONE CHE NON SAI RICONOSCERE O CHE NON VUOI ACCETTARE perché NON TI SEMBRA ADATTA A QUEL CONTESTO!

4. Pensieri ed EMOZIONI

Molto spesso le nostre emozioni sono legate ai nostri pensieri, a ciò che ci diciamo in testa. Ad esempio se stiamo provando vergogna è probabile che stiamo pensando che abbiamo sbagliato qualcosa o che qualcuno ci sta giudicando male, ecc. In pratica non sono gli eventi in sè a determinare le nostre risposte emotive, ma

l’interpretazione che diamo agli eventi nella nostra testa.Quando un’emozione è molto intensa, ossia da 1 a 10 è 7, 8, 9 e soprattutto ci sembra sproporzionata rispetto al contesto o allo stimolo che l’ha fatta emergere, è probabile che nella nostra testa stia passando quello che viene definito pensiero irrazionale.

Un pensiero irrazionale è un pensiero rigido, che ci sembra assolutamente realistico, anche se la realtà ci dimostra il contrario. Vediamo di seguito le principali categorie di pensieri irrazionali.

(4)

4

(5)

5 5. Come gestire le emozioni in 5 passaggi

Veniamo al dunque: che cosa devi fare per poter disinnescare l’ansia e riprenderti la tua vita, in modo che sia tu ad avere potere sull’ansia e non l’ansia su di te.

A. Contesto. Dove sto?

Una delle prime cose che devi imparare ad osservare è quali sono i momenti e i luoghi in cui l’ansia è più forte per te, quando e dove ti capita di più.

Molte persone questo aspetto ce l’hanno chiaro o almeno credono di averlo chiaro, ad es. mi dicono “Mi succede più spesso quando mi sveglio la mattina e sto per andare al lavoro”, oppure “Mi succede quando sto in mezzo alle persone”, o anche “Quando sono da solo/a”.

Altri fanno più difficoltà ad individuare un momento specifico in cui ciò avviene, ad es. mi dicono “Guarda non c’è un contesto in cui mi capita di più, può capitarmi in qualsiasi momento e in qualsiasi posto”. Ecco questa è una delle prime cose da comprendere e da imparare a guardare di sé, ossia che: L’ansia non ci prende a caso, ma è sempre legata ad un contesto e ad una situazione di vita!

Questo aspetto è difficile da comprendere inizialmente, soprattutto da chi ha la sensazione di una specie di doccia fredda o di fulmine e a ciel sereno che arriva all’improvviso in qualsiasi momento.

In realtà l’ansia è una risposta ad un’emozione, come ti ho spiegato prima, per cui l’emozione è legata a ciò che percepiamo intorno a noi, spesso a come leggiamo una situazione, un contesto. Ti faccio un esempio.

Un mio paziente che ha avuto l’attacco di panico in metro, inizialmente lui mi descriveva questa giornata come assolutamente identica a tutte le altre. In realtà, andando a scavare un po’ meglio, si è reso conto che quel giorno il capufficio doveva parlargli di un possibile cambiamento di posizione.

Posizione molto ambita dai colleghi ed anche da sua moglie, ma che lui non si sentiva di voler affrontare. Ciò che ha scatenato l’ansia è stato il non accettare il fatto di non volere quel tipo di promozione e di non sapersi spiegare il perché.

Quando dico che devi imparare a leggere il contesto in cui provi ansia, intendo che devi riuscire a chiederti cosa sta succedendo in quel momento di vita per te, oltre a guardare dove ti trovi e che ora è.

L’ANSIA non CI PRENDE A CASO, MA E’ SEMPRE LEGATA AD UN CONTESTO E AD UNA SITUAZIONE DI VITA!

PROVACI SUBITO! Ripensa all’ultima volta che hai provato forte ansia o addirittura panico, dov’eri? Cosa stavi facendo? Oppure cosa avevi appena fatto o cosa stavi per fare? E scrivilo nella prima colonna a sinistra della tabella che segue

(6)

6 C. EMOZIONE.

Cosa provo?

Il secondo passo è chiederti che cosa stavi provando in quel momento. Se mi hai seguito sinora hai iniziato a capire che l’ansia copre un’emozione, significa che proviamo qualcosa poco prima dell’attacco d’ansia che non riusciamo a

“leggere” come emozione, ma quello che notiamo è solo l’attivazione fisiologica dell’emozione stessa, ossia ci rendiamo conto che aumenta il battito cardiaco, iniziamo a sudare o ad arrossire (a seconda che stiamo provando paura o vergogna o rabbia), ma non riusciamo bene a decifrare cosa stiamo provando, solo ci spaventiamo di queste reazioni fisiologiche, perché non abbiamo imparato a “collegarle” all’emozione e ci sembrano strane. Se ti alleni un po’, invece, comincerai a renderti conto che ciò che provi a livello fisico è del tutto normale e naturale e se tu lo accetti come normale e riesci a dirti “Sto provando vergogna”, oppure “Sto provando rabbia”, e accetti che se provi rabbia la cosa più normale è

che aumenti il battito cardiaco e se provi vergogna la cosa più normale è arrossire, inizierai a spaventarti meno delle tue reazioni fisiche. Ricordati una cosaLa differenza tra chi soffre d’ansia e chi non ne soffre sta nel fatto che chi non ne soffre la prova e non se ne spaventa, chi ne soffre la prova e se ne spaventa!

Nel momento in cui ti spaventi di una reazione emotiva e fisica NORMALE, la farai diventare ANORMALE, ossia aumenterà la tua paura e la tua reazione ansiosa da un livello 0,5 ad un livello 6, 7.

Quindi tornando sul pratico, il secondo passo è chiederti: “Quale emozione sto provando in questo momento? Può essere che mi sono semplicemente arrabbiato, infastidito di qualcosa?

LA DIFFERENZA TRA CHI SOFFRE D’ANSIA E CHI NON NE SOFFRE, STA NEL FATTO CHE CHI NON NE SOFFRE LA PROVA E NON SE NE SPAVENTA, CHI NE SOFFRE LA PROVA E SE NE SPAVENTA!

Può essere che sto temendo un giudizio negativo degli altri e quindi provo vergogna? Ma soprattutto chiediti “C’è qualcosa che sto provando (come nell’esempio che ti facevo, la paura della promozione) che non accetto di provare, che mi sembra strano o anormale provare?”

PROVACI SUBITO ->Torna su allo schemino e prova a compilare la seconda colonna. Ritorna col pensiero all’ultimo attacco d’ansia e chiediti “Quale può essere stata l’emozione di quel momento che stava sotto l’ansia?”

B. PENSIERO.

Cosa penso?

All’inizio di questa guida ti ho detto che ciò che pensiamo condiziona le nostre emozioni. In particolar modo se quello che pensiamo è un’idea irrazionale, è possibile che causi un’emozione molto spiacevole e disturbante, eccessiva per quello che è il contesto.

Ti ho parlato poi delle categorie di idee irrazionali. Adesso, quello che tu devi imparare a fare è capire quali sono i tuoi pensieri irrazionali che scattano nella tua testa e provocano l’ansia.

Ti faccio un esempio. Un mio paziente mi ha raccontato che ha avuto il primo attacco di panico in discoteca con gli amici. Dopo aver bevuto un bicchiere di troppo si è sentito male, ha provato un panico così invalidante che hanno chiamato l’ambulanza ed è stato ricoverato.

Andando a scavare sulla situazione, è venuto fuori che nel momento in cui ha bevuto si è sentito più “rilassato” , ha avuto la sensazione quasi di svenire ed ha pensato “Se svengo adesso penseranno che sono una pappamolla” questo è stato il pensiero che lo ha mandato in panico, dietro questo pensiero c’è un’idea irrazionale della categoria

“Catastrofizzazioni” ad es.: “E’ terribile se pensano che sono una pappa molla!” o anche della categoria

“Doverizzazioni”, ad es. “Non devo mai dare l’impressione di essere vulnerabile!”

A questo punto sei pronto per tentare di individuare i tuoi pensieri irrazionali e provare a vedere a quale categoria appartengono.

Una premessa: tutti noi abbiamo dei pensieri irrazionali e il problema è che ci sembrano assolutamente RAZIONALI!

Non devi sentirti inadeguato, strano o pazzo se riesci ad individuare i tuoi pensieri irrazionali.

(7)

7 Io stessa ho le mie idee irrazionali, l’unica differenza tra me e te è che io ne sono un po’ più consapevole e riesco a disinnescarli prima che facciano troppi danni : ), solo perché sono più “allenata” a farlo, quindi se ci riesco io, puoi farlo anche tu con successo! : )

PROVACI SUBITO. Torna al tuo schema e prova a compilare la Terza colonna. Chiediti “Cosa ho pensato poco prima di stare male?” Ciò che ho pensato è un pensiero irrazionale? In quale categoria di pensieri irrazionali potrei inserirlo?”

D. AZIONE.

Cosa faccio subito dopo l’attacco d’ansia? A volte ciò che facciamo dopo l’attacco d’ansia, invece che aiutarci a risolvere il problema lo rinforza, ossia lo fa aumentare ancora di più. Ti faccio un esempio.

Un mio paziente mi dice che ha avuto il primo attacco d’ansia in metropolitana, e appena si è sentito male, è sceso subito dalla metro non completando il viaggio, da allora non ha più preso la metro.

Ecco questo è quello che in psicologia chiamiamo “Evitamento”, l’Evitamento significa “togliersi” dalla situazione che genera ansia, con la speranza di non provare più l’emozione spiacevole di quel momento.

Il problema è che se eviti le situazioni per te ansiogene gli dai un potere enorme, ossia diventeranno sempre più ansiogene e spaventose per te, con il risultato che il problema aumenterà.

Questo aspetto è importante capirlo, perché all’inizio evitare potrebbe darti la sensazione di aver risolto il problema, in realtà il rischio dell’evitamento è duplice perché da una parte rinforza il timore, dall’altra pian piano potresti iniziare ad evitare sempre più situazioni, con il risultato di limitare sempre di più la tua vita!

Ecco perché l’azione che segue l’attacco d’ansia è assolutamente da “orientare” in un modo che TOLGA potere all’ansia e non che la rinforzi.

PROVACI SUBITO. Torna al tuo schema e con il ricordo all’ultimo attacco d’ansia e chiediti “Cosa ho fatto subito dopo?Quello che ho fatto toglie o dà ulteriore potere alla mia ansia?

E. DISINNESCA. (può essere fatto insieme in seduta)

Perché è irrazionale ciò che penso? L’ultimo passo è disinnescare le tue idee irrazionali e togliere potere all’ansia.

Come ti ho già detto, ciò che determina un’emozione molto forte e spiacevole è il pensiero che ci sta sotto.

Premesso che le emozioni non sono mai negative, perché hanno sempre un senso e una funzione, possono però essere piacevoli o spiacevoli, tuttavia anche le emozioni piacevoli possono portarci a provare ansia se non le accettiamo e le consideriamo “strane” o “inadeguate” ad una data circostanza. Ti faccio un esempio. Un mio paziente mi racconta che la prima volta che ha provato un’ansia soffocante, è stato ad un funerale di un suo amico.

Durante il corteo funebre, infatti, ha sentito raccontare una barzelletta da alcune persone che camminavano a fianco a lui e gli è venuto da ridere istintivamente. Dopo pochi secondi ha provato un’ansia irrefrenabile. In questo caso, l’idea irrazionale che ha fatto scatenare l’ansia, è stata del tipo “Non si può provare gioia ad un funerale! Se lo faccio sono una persona sbagliata, cattiva!”.

Questa idea irrazionale dentro la sua testa ha scatenato l’ansia nel momento in cui ha provato gioia o piacere o voglia di ridere, non tenendo conto del fatto che le EMOZIONI NON POSSIAMO DECIDERLE pertanto NON POSSIAMO SENTIRCI IN COLPA per AVERLE PROVATE, ciò che possiamo decidere è l’AZIONE CHE FACCIAMO SEGUIRE

ALL’EMOZIONE!

In qualche modo tu puoi decidere che se provi rabbia per una persona puoi picchiarla, oppure capire che non è il caso, puoi tacere, o urlare o solo farle presente la tua rabbia, questo puoi deciderlo, MA NON PUOI DECIDERE DI INTERROMPERE IMMEDIATAMENTE L’EMOZIONE DI RABBIA UNA VOLTA CHE LA STAI PROVANDO!

Quindi il primo passo importante è accettare l’emozione che stai provando e poi disinnescare il pensiero irrazionale che la fa diventare ansia.

(8)

8 Come si disinnescano le idee irrazionali? Non è facile inizialmente riconoscere e mettere in discussione le proprie idee irrazionali, queste infatti, ci sembrano estremamente "razionali" e convincenti, tanto da farci sperimentare i vissuti emotivi di disagio di cui parlavamo prima, ma con un po’ di allenamento diventerai molto abile a farlo!

Per riuscirci, devi innanzitutto essere disponibili ad accettare che dietro quel vissuto emotivo così intenso e

spiacevole possa esserci un pensiero irrazionale o dannoso, poi cercare di individuarlo, infine metterlo in discussione con argomentazioni convincenti. Eccone alcune:

Argomenti per affrontare le doverizzazioni

• “Perché le cose devono andare come voglio io?”

• “Perché devo assolutamente fare questa cosa?”

• “Sarebbe bene … sarebbe preferibile ..., sarebbe bello…., ma questo non vuol dire che deve per forza andare così, non è un’esigenza assoluta”

Argomentazioni utili per affrontare l’insopportabilità:

• “Come faccio a dimostrare che è insopportabile?”

• “Al massimo si tratta di una cosa molto fastidiosa o dolorosa ma alla quale si può sempre sopravvivere”

Argomentazioni utili per affrontare le valutazioni globali:

• “Per quanto una persona possa fare cose sgradevoli o sbagliate non possiamo valutarla globalmente per ciò che ha fatto! Si può essere persone in gamba e aver fatto un grande errore!”

• “Posso giudicare il comportamento ma non la persona”

• “Le persone sono qualcosa di diverse e più complesso della somma dei loro comportamenti”

• “Gli esseri umani, finchè sono vivi, possono sempre cambiare”

Argomentazioni utili per affrontare le catastrofizzazioni

• “Qual è la cosa peggiore che può succedere?”

• “E se succedesse sarebbe veramente la fine del mondo?”

• “So tratta di una cosa molto spiacevole, ma che può essere superata”

Argomentazioni utili per affrontare pensieri di indispensabilità, bisogni assoluti:

• “Certe cose sono belle, ci rendono la vita più gradevole, ma non sono indispensabili”

• “Posso non avere certe cose e vivere lo stesso, anche se un po’ meno bene”

• “Posso trovare anche altre cose che mi consentiranno di vivere piacevolmente”

Alcuni accorgimenti

Per essere convincenti e insistenti con noi stessi, dobbiamo ricordarci di:

- Attaccare i pensieri non l’emozione: riconoscere che è normale e legittimo provare ciò che si prova se alla base c'è un tipo di pensiero irrazionale.

- Utilizzare argomentazioni realistiche e non false risposte consolatorie: mettere in discussione un pensiero irrazionale non significa negare ciò che per noi è importante, dirsi, ad es. "Tanto non mi importa, in realtà, che gli altri mi apprezzino", quando invece ci colpisce molto il giudizio negativo altrui. In questi casi è opportuno ammettere che il giudizio positivo dell'altro è auspicabile e piacevole, e che è frustrante quando non c'è, ma non è terribile.

- Affrontare tutti gli elementi irrazionali presenti in un pensiero. E' importante capire se dietro un pensiero

irrazionale non ce ne sia un altro, ad esempio nella frase "Come fa a non accorgersi che sto male?", ci sono almeno 2 possibili pensieri irrazionali: “Gli altri devono accorgersi che sto male e cosa provo anche se non lo dico”; e anche

“Non mi capisce mai

PROVACI SUBITO! Torna al tuo schema e prova a mettere in discussione il pensiero cioè ciò che hai scritto nella 3°

Colonna, P, con le argomentazioni che ti ho suggerito, oppure trovandone di tue! E adesso ….

A questo punto hai in mano tutti i 5 passi necessari per analizzare e comprendere bene il tuo episodio d’ansia o di panico. Ricordati che è solo facendo che imparerai davvero a gestire al meglio il tuo problema, la prima volta che ti cimenterai probabilmente ti sembrerà molto difficile capire e mettere in crisi le idee irrazionali che ti scatenano l’attacco d’ansia o di panico, poi pian piano, se terrai duro e ti allenerai, tutto ti sembrerà molto più chiaro.

(9)

9 Ognuno di noi può essere in grado di identificare pensieri irrazionali mentre più complessa è la loro confutazione e modificazione verso pensieri più utili e funzionali. Il primo passo utile per prenderne coscienza è quello di rispondere a cinque semplici domande.

Domande utili in una situazione spiacevole per identificare i pensieri disfunzionali:

- che cosa penso di me?

- Che cosa ho paura che succeda?

- che cosa penso della situazione?

- Come penso di affrontarla?

- Che cosa farò?

Queste domande devono essere sempre legate alla situazione specifica che si vuole affrontare. Lo scopo è di cercare di non rimanere bloccati ad uno stato emotivo negativo ma cercare di passare ad uno stato più consono per poter affrontare la situazione.

Ovviamente questo passaggio non è sempre immediato e trasparente ma il riuscire ad esplicitare quale è per noi il pericolo o l’ostacolo che ci impedisce di affrontare l’obiettivo, trovare varie alternative e possibili soluzioni, identificare eventuali conseguenze negative e successivamente i modi per poter ripararvi, possono, a volte, essere risolutori di uno stato ansioso eccessivo.

(10)

10

L’ansia e il panico

ANSIA

L’ansia è un’emozione simile alla paura, la quale di per sé non è un fenomeno anormale o completamente dannoso.

Infatti la paura si attiva quando una situazione viene percepita soggettivamente come minacciosa o pericolosa e porta la persona all’esplorazione dell’ambiente e prepara il corpo a far fronte alla minaccia o a fuggire, comportando una serie di fenomeni fisiologici come l’aumento della frequenza del respiro, del battito cardiaco (tachicardia), della sudorazione, le vertigini, ecc.. Tali fenomeni dipendono dal fatto che, ipotizzando di trovarsi in una situazione di reale pericolo, l’organismo ha bisogno della massima energia muscolare a disposizione, per poter scappare o attaccare in modo più efficace possibile, scongiurando il pericolo e garantendosi la sopravvivenza.

Quando la paura si attiva a livello più generale e non solo di fronte ad una minaccia, si parla allora di ansia.

Un certo livello di ansia può essere utile sia di fronte ad un pericolo fisico, sia in alcune attività che richiedono

attenzione, impegno e concentrazione, ad esempio durante un esame, un colloquio di lavoro o una gara sportiva dove è più utile essere un po’ attivati piuttosto che del tutto rilassati, in quanto non si darebbe il meglio di sé.

Ma quando l’attivazione del sistema di ansia è eccessiva, ingiustificata o sproporzionata rispetto alle situazioni, si tratta allora di un disturbo d’ansia, che può complicare notevolmente la vita di una persona e renderla incapace di affrontare anche le più comuni situazioni.

La persona con Disturbo d’Ansia Generalizzata sperimenta una sensazione costante di ansia che spesso concerne piccole cose e che è caratterizzato da attesa apprensiva con anticipazione pessimistica di eventi negativi o catastrofici di ogni genere a natura. Oltre a questa eccessiva e incontrollabile preoccupazione per qualsiasi circostanza, si riscontrano anche sintomi fisici, quali sudorazione, vampate, batticuore, nausea, dissenteria, bocca secca, nodo alla gola, ecc.. Talvolta vengono lamentati disturbi muscolo-scheletrici, come tensione (soprattutto alla nuca e al collo), tic, tremori, affaticabilità. La tensione muscolare può inoltre esprimersi con diffuse manifestazioni di dolore o cefalee. Le persone, quando sperimentano questo disturbo, sono spesso irritabili, irascibili, incapaci di rilassarsi e persino di mantenere la concentrazione e vengono descritte come persone spesso irrequiete, distratte e impazienti.

Frequentemente soffrono di insonnia e continuano a preoccuparsi sull’eventualità di disgrazie incombenti, per sé ed altri.

Rispetto alle preoccupazioni comuni e giustificabili, quelle che prova chi ha un disturbo d’ansia generalizzato sono:

• non causate da un evento preciso

• relative ad eventi futuri poco probabili

• più presenti, frequenti e con durata e intensità maggiori

• più difficili da gestire

• con più impatto sulla vita quotidiana

• accompagnate da sensazioni fisiche sgradevoli e invalidanti

PANICO

Che cos’è un attacco di panico?

Immaginate un gatto selvatico che, durante una scorribanda notturna in una casa disabitata, penetri in una buia soffitta in cerca di avventure. Muovendosi furtivamente tra le centinaia di oggetti polverosi, ad un tratto si imbatte in un vecchio specchio. Al buio, improvvisamente, gli appare l’immagine di se stesso. Ma lui non lo sa. E per un momento drizza il pelo, inarca la schiena, solleva la coda, e si guarda fisso allo specchio pronto ad attaccare o a fuggire. Dopo un po’ accade che il gatto realizza, in qualche modo, che quella immagine è innocua. A questo punto la osserva noncurante e procede nella sua avventura. Chi soffre di attacchi di panico è come quel gatto. Ma con una differenza importante: rimane paralizzato, bloccato a quel momento in cui si spaventa davanti a se stesso.

Un attacco di panico è un’improvvisa e intensa sensazione di paura o disagio in una situazione nella quale la maggior parte delle persone non proverebbe paura e la persona stessa non ne ha mai provato prima.

Sono accompagnati da sintomi somatici e cognitivi che possono variare a seconda delle volte: palpitazioni e tachicardia, sudorazione improvvisa, tremori, sensazioni di sbandamento o vertigini, nausea, sensazione di soffocamento, nodo alla gola, dolore al petto, brividi o vampate di calore, paura di morire o di impazzire, ecc…

L’attacco è improvviso, inaspettato e molto più intenso rispetto alla sensazione di spavento dovuto a qualcosa di specifico che la maggior parte delle persone può avere sperimentato. Spesso non è immediatamente riconducibile a un reale motivo di spavento e spesso non viene riconosciuto come attacco di panico, ma scambiato per un malore fisico.

(11)

11 E, proprio per questi motivi, è comprensibile che la paura di un nuovo attacco diventi immediatamente forte e

dominante.

Il singolo episodio, quindi può sfociare in un vero e proprio disturbo di panico, ovvero “paura della paura”.

Chi ne soffre si trova rapidamente in un circolo vizioso che spesso è accompagnato dall’agorafobia, ovvero l’ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto, nel caso di un attacco di panico inaspettato.

Si può così arrivare ad evitare di uscire di casa da soli, viaggiare con i mezzi pubblici o guidare l’auto, stare in mezzo alla folla o in coda e situazioni simili.

Tale evitamento di tutte le situazioni potenzialmente ansiogene diventa quindi prevalente ed il paziente si ritrova schiavo del suo disturbo, costringendo spesso tutti i familiari ad adattarsi di conseguenza, a non lasciarlo mai solo e ad accompagnarlo ovunque, con l’inevitabile senso di frustrazione che deriva dal fatto di essere dipendente dagli altri.

Ciò che spesso colpisce chi ne soffre è il fatto che il primo attacco di panico sia generalmente inaspettato, ovvero si manifesta “a ciel sereno”, per cui il soggetto si spaventa enormemente e, spesso, ricorre al pronto soccorso pensando di avere un problema fisico di ordine medico.

In realtà un attacco di panico non è pericoloso e non può portare alla morte, ma può essere terrificante, soprattutto perché si sente di perdere completamente il controllo. Il disturbo è così grave non solo per via degli attacchi di panico in sé, ma anche perché spesso porta ad altre complicazioni quali depressione, isolamento e abuso di alcool e

psicofarmaci. Questo disturbo, se non curato, non solo tende a cronicizzarsi rapidamente, ma riduce anche l’autonomia personale, l’efficienza lavorativa e scolastica, e più in generale la qualità della vita, compromettendo le relazioni familiari e sociali di chi ne soffre.

Il panico influenza il nostro corpo, i nostri pensieri e le nostre azioni. Per questo la terapia cognitivo-comportamentale interviene in ognuna di queste tre aree.

Bisogna rendersi conto che il grande spavento, il panico, non è la conseguenza diretta di circostanze o situazioni, ma è la paura della propria paura. Come davanti ad uno specchio dell’anima, chi soffre di panico, ha paura di vedersi allo specchio, di riconoscere ed accettare le proprie emozioni come proprie. Ed in particolare di accettare l’emozione di paura. Di accettare l’ansia come un’emozione come le altre. Chi soffre di Disturbo di Panico ha paura di se stesso. Ha paura della propria paura. E fa di tutto per non provarla. L’ansia, come abbiamo visto, è un meccanismo fisiologico ancestrale che mette in moto alcune risposte fisiche in situazioni di pericolo: l’aumento del ritmo cardiaco, la respirazione, la tensione muscolare, la sensazione di cambiamento della realtà, sottili modificazioni nel modo di percepire i suoni. Si tratta di componenti del meccanismo attacco-fuga. E sono chiaramente percepibili da chi li sperimenta. Se anche una sola di queste sensazioni viene interpretata in modo catastrofico, e se ci si comporta come se l’ansia fosse effettivamente una catastrofe, l’ansia non può far altro che aumentare, e così anche le sensazioni del meccanismo attacco-fuga. Il risultato è uno stato di panico generato dall’ansia stessa. E allora si cercano soluzioni. Il tentativo più a buon mercato è di cercare di controllare l’ansia. Ma più si prova a controllarla, più l’attenzione è focalizzata sui segnali di ansia. E più l’ansia cresce. È come se si passasse il tempo a misurare ansiosamente la propria ansia: "Ora è a 3... ora è a 4... ora è a 5..."

E allora si passa ad evitare le circostanze e le situazioni in qualche modo associate all’idea di provare ansia. E qui comincia l’evitamento. Ma evitamento di cosa? Non tanto delle situazioni, ma delle proprie emozioni che potrebbero provare in determinate situazioni.

Come vedremo meglio in seguito, chi soffre di attacchi di panico interpreta alcune sensazioni fisiche con alcuni tipici pensieri catastrofici:

* Ho un grave malore.

* Sto svenendo e nessuno mi soccorrerà.

* Sto impazzendo.

* Sto perdendo il controllo.

* Farò qualcosa di imbarazzante davanti agli altri.

Questi pensieri sono i modi più comuni con cui chi soffre di disturbo di panico interpreta le sue stesse sensazioni dovute all’ansia. Nella figura si riassume il circolo vizioso del panico:

(12)

12

La natura dell'ansia, come paura: ansia utile come reazione a veri pericoli

Chi ha avuto attacchi di panico si spaventa anche al minimo accenno d'ansia, perché sospetta che si tratti dell'inizio di un attacco. Non sempre però l'ansia è nociva.

Considera il seguente esempio. Stai attraversando una strada quando sbuca improvvisamente una macchina che procede a grande velocità ed è a pochi metri da te. Ti spaventi e corri verso il marciapiede.

Ancora prima che inizi a correre, il tuo cervello ha avvertito il pericolo e il tuo organismo ha iniziato ad attivare il sistema nervoso autonomo, ed in particolare a rilasciare adrenalina. L'attivazione determina i cambiamenti spiegati nel prossimo paragrafo, che hanno tutti lo scopo utile di permettere di reagire in modo veloce ed efficiente al pericolo e cioè: scappando o affrontandolo.

Componenti della reazione di attacco o fuga

Tensione muscolare: Tutti i muscoli del corpo tendono a irrigidirsi, sono in tensione e sono pronti a scattare se necessario attaccare o darsi alla fuga. Stanno ricevendo ossigeno e zuccheri che ne garantiscano le prestazioni.

Fiatone, sensazione di soffocamento: il respiro si fa più frequente e i muscoli del corpo in tensione ostacolano l’espansione della cassa toracica e dell’addome, gli scambi gassosi sono più frequenti e meno profondi fino ad arrivare all’iperventilazione, il corpo si prepara ad una reazione anaerobica e repentina (per es. uno scatto).

Tachicardia, palpitazioni: il cuore aumenta la sua attività, aumentando il ritmo cardiaco e la pressione del sangue, in modo da trasportare velocemente l'ossigeno e gli zuccheri richiesti dai muscoli per l’attacco o fuga. Il sangue è dirottato ai muscoli, particolarmente ai grossi muscoli degli arti inferiori. Aumenta la capacità di coagulazione del sangue, cosicché nel caso di ferita si ridurrebbe la perdita di sangue.

• Vertigini, giramenti di testa, stordimento, offuscamento e restringimento del campo visivo: il repentino aumento della pressione e l’iperventilazione possono provocare una sensazione di stordimento per es. ci si alza di scatto dopo essere stati piegati. La pupilla dell’occhio si prepara all’azione dilatando favorendo la messa a fuoco, ma allo stesso tempo può creare sensazioni di modificazione del campo visivo.

• Pelle d’oca: la concentrazione dei muscoli coinvolge anche i tessuti della pelle, per effetto dei quali i peli si rizzano.

• Formicolii, sensazione di torpore: l’aumento della pressione sanguigna viene percepito soprattutto alle estremità del corpo, come formicolii, intorpidimento e talvolta anche come punture di spillo.

• Sudorazione e vampate di calore: sempre per l’aumento della pressione sanguigna, si comincia a sudare, a provare calore e arrossamenti cutanei, perché il corpo cerca di raffreddarsi per rispondere al

surriscaldamento dovuto alla attivazione fisica.

Nausea, disturbi digestivi e addominali: meno sangue affluisce agli organi interni perché si dirige ai muscoli e alle estremità e quindi la digestione si ferma. La bocca diventa secca e produce meno saliva. Il cibo si ferma nello stomaco e può dar luogo ad una sensazione di nausea o di "nodo allo stomaco". Viene invece liberato nel sangue dello zucchero, che serve a fornire energia. Il sistema immunitario rallenta. Il corpo per il momento concentra tutti i suoi sforzi nella fuga.

• La mente si concentra su un pensiero dominante: 'Sono davvero in pericolo e, se sì, come posso

evitarlo?". Tutto il resto passa in secondo piano e non ci si rende bene conto di quanto tempo passa o di cosa accade intorno.

Si tratta della cosiddetta risposta automatica di attacco o fuga di fronte a un pericolo fisico. La reazione porta ad essere più pronti e rapidi nel mettersi in salvo e, solo quando la fuga è impossibile, più efficienti nel lottare per la propria vita. In ogni situazione di allarme si genera una specie di reazione di attacco o fuga, che non sempre ovviamente raggiunge l'intensità che si ha in una situazione di vita o morte. La prospettiva di attraversare un ruscello su di una stretta asse aumenta l'ansia, ma generalmente meno dell'incontro con un cane feroce libero.

Un certo grado di ansia, se non è eccessivo, può essere utile non solo in presenza di un pericolo fisico, ma anche in alcune attività che richiedono impegno, concentrazione, attenzione a non sbagliare, ad esempio prima di un esame o di un colloquio di lavoro. Chi fosse totalmente rilassato durante un esame o un incontro sportivo o in una discussione importante con un figlio o col partner non darebbe il meglio di sé.

Chi soffre di panico e agorafobia diffida spesso di ogni forma d'ansia, anche di quella utile, e cerca di evitarla sempre, poiché teme che cresca a spirale, non sia più controllabile e diventi panico. L'ansia eccessiva

compromette ogni tipo di prestazione, perché la persona si concentra sui sintomi dell'ansia anziché sul compito, prova l'impulso di fuggire e finisce solo per sbagliare più facilmente. Più è difficile il compito, più è importante saper gestire bene l'ansia, in modo che, non aumentando troppo, aiuti a rimanere vigili, attenti, concentrati.

(13)

13

La natura dell'ansia: ansia dannosa come reazione a falsi pericoli

La risposta di attacco o fuga era particolarmente utile nelle condizioni di vita dei nostri antenati, piene di gravi pericoli fisici, quali l'aggressione da parte di un nemico armato o la carica di un toro, e per questo fa ancora parte dei nostri meccanismi di difesa, ma porta a problemi seri quando si attiva troppo facilmente o nel momento sbagliato, come succede nella maggior parte delle situazioni del mondo moderno. Non è utile ad esempio scappare correndo quando si è fermati da un vigile o aggredire fisicamente il capo ufficio che ci tratta male. Non c'è però da meravigliarsi se, quando ci sentiamo minacciati, ci manca l'aria, il cuore batte forte, proviamo nausea o i muscoli delle gambe e delle braccia sono tesi e tremano: sono tutte manifestazioni di una risposta che sarebbe utile se dovessimo fuggire o combattere.

Vedi il video relativo

Inoltre, come l'allarme di una macchina troppo sensibile può suonare fuori tempo, così un sistema d'allarme fisiologico troppo sensibile attiva la risposta di attacco o fuga quando non ce n'è bisogno e produce ansia in situazioni nelle quali la maggior parte delle persone rimane relativamente tranquilla. Per esempio, una persona che inizia a preoccuparsi mentre fa la coda in un negozio, se ha la tendenza ad avere troppo facilmente una reazione fisiologica di allarme, può cominciare a sentire la testa leggera, ad avere vertigini e ad avvertire un senso di irrealtà e può allora cominciare a pensare: "Sarebbe terribile se perdessi la testa e cominciassi a correre come un pazzo per il negozio, gridando, bestemmiando e colpendo gli altri". A questo punto forse uscirebbe dalla coda, rinunciando agli acquisti e rifugiandosi nella sicurezza della sua casa.

Chi si sente ansioso anche in situazioni nelle quali gli altri non lo sono o lo sono molto meno, deve sospettare che la: sua soglia di allarme sia troppo bassa, o, in altri termini, che la sua risposta di attacco o fuga sia troppo sensibile.

Se soffri di attacchi di panico a questo punto ti sarai reso conto che i sintomi che provi sono molto simili. Infatti l'attacco di panico è una risposta di attacco o fuga attivata in un momento sbagliato, in assenza di un vero pericolo esterno: il treno non deraglierà, il supermercato non prenderà fuoco, non soffocherai facendo la coda in banca. Chi ha un attacco di panico, poiché si rende conto che non è ragionevole che la situazione esterna provochi tanta ansia, inizia a pensare che la causa sia lui stesso, e comincia ad aver paura di avere un attacco di cuore o addirittura di morire o paura di perdere il controllo o paura di impazzire.

NB: False credenze sugli attacchi di panico e i sintomi

l’attacco di panico ha una durata breve: automaticamente dopo alcuni minuti (da 2 a 10 circa) di attivazione il corpo torna in uno stato normale, rilassato, anzi a volte anche “spossato”,

non si diventa pazzi a causa dell’attacco di panico: la mente vive attimi di confusione per via delle reazioni fisiche sopraelencate, ma al termine dell’attacco tutto torna come prima, anche le facoltà mentali,

Non si faranno atti inconsulti o scenate o cose di cui vergognarsi, anzi spesso chi è accanto non se ne accorge nemmeno. Dentro alla persona con attacco di panico c’è una tempesta, ma fuori non si vede quasi,

non si muore di attacco di panico,

non si può avere un infarto per un attacco di panico, nonostante qualche sintomo possa essere simile, come palpitazioni e formicolii al braccio,

non si sviene per attacco di panico, nonostante le vertigini e i tremori alle gambe possano farlo credere:

perché lo svenimento avviene quando nel nostro corpo è attivo il sistema nervoso autonomo

parasimpatico, mentre durante l’attacco di panico è attivo quello simpatico e non possono essere attivi contemporaneamente.

(14)

14

Perché ho dei falsi allarmi?

Gli attacchi di panico sono dunque dovuti a falsi allarmi che attivano troppo facilmente la risposta di attacco o fuga. Ma perché succede? Che cosa fa sì che qualcuno abbia più facilmente di un altro la risposta di attacco o fuga? La ricerca psicologica ha scoperto tre cause:

1. presenza di situazioni molto stressanti;

2. iperventilazione (respirazione eccessiva);

3. personalità individuale.

1. situazioni molto stressanti: il primo attacco di panico si manifesta quasi sempre durante un periodo in cui tensione o stress sono elevati. Si distinguono due categorie di fattori stressanti:

• Fattori stressanti psicologici: ad esempio disaccordo con il coniuge o i parenti, morte o malattia in famiglia, problemi sentimentali, problemi finanziari o pressioni sul lavoro.

• Fattori stressanti fisici: malattie fisiche, esaurimento da troppo lavoro, uso di alcolici o di droghe, mancanza di sonno, ipoglicemia (basso livello degli zuccheri nel sangue), causata magari da una dieta.

2. L’ iperventilazione (respirare troppo velocemente e/o in modo troppo profondo) porta ad un disequilibrio della concentrazione di ossigeno e anidride carbonica nel sangue. È importante conoscere alcuni sintomi dell’iperventilazione: senso di mancanza d’aria (uno dei sintomi peggiori e che può portare la persona a respirare ancora più profondamente peggiorando il sintomo), testa leggera, stordimento, irrealtà, stranezza, confusione, tachicardia, formicolii, mani sudate, bocca e gola secca, rigidità. Quando dura a lungo si può provare: vertigini, nausea, fatica a respirare.

Spesso questa sintomatologia viene interpretata come una possibile malattia (ad esempio cardiaca) ma in realtà non è pericolosa e fa parte di una normale risposta fisiologica.

3. L’effetto della personalità

Per personalità si intende il modo consueto con cui reagiamo, proviamo emozioni e ci comportiamo, anno dopo anno. Molti di coloro che ricorrono allo specialista per un attacco di panico si considerano nervosi, sensibili, emotivi e dicono di preoccuparsi troppo. Ci sono vantaggi nell'avere una personalità di questo tipo, ad esempio essere sensibili aiuta a capire meglio gli altri, ma anche svantaggi, perché proprio l'eccesso di emotività e la tendenza a preoccuparsi possono predisporre agli attacchi di panico. Le persone di questo tipo tendono a rispondere ai fattori stressanti con reazioni fisiologiche intense e a concentrare la loro attenzione su queste reazioni. In sintesi, sono persone più vulnerabili del normale alle situazioni stressanti e in

particolare allo stress rappresentato proprio dalla preoccupazione di potere avere un attacco di panico. Per fortuna le conseguenze dannose di questo tipo di personalità possono essere attenuate dalle tecniche che aiutano a cambiare i propri pensieri (il dialogo interno) e da quelle di rilassamento.

Ciò espone la persona ad un lavorio mentale a livello di pensieri più o meno intenso e più o meno continuo per fronteggiare la paura della propria ansia -> RIMUGINIO (vedere in seguito le pagine dedicate).

Infatti, chi soffre di questo disturbo sembra avere solo due alternative: stare alla larga dall’ansia oppure vederla lievitare all’impazzata.

E quindi si spiegano tanti comportamenti:

* Evitamento: evitare i luoghi e le situazioni che sono associate all’idea di avere un attacco di panico.

* Monitoraggio ossessivo della propria ansia: consiste nel controllare continuamente il proprio stato fisico.

* Controllare la distanza da centri medici o luoghi familiari: soprattutto per chi teme di non essere soccorso in caso di malore.

* Cercare costantemente accompagnatori: alcune persone possono essere alla continua ricerca di ignari accompagnatori per qualsiasi spostamento.

Tuttavia, nessuna di queste azioni e nessuno di questi atteggiamenti fa guarire dal problema perché, nel lungo termine, l’ansia non si riduce, ed anzi si aggiungono ulteriori problemi come la limitazione della libertà di azione personale, la frustrazione di sentirsi inadeguati o diversi, etc.

Come vedremo in seguito, uno degli obiettivi del trattamento è di aumentare la capacità di tolleranza all’ansia e dunque di sottrarsi alla sua schiavitù. L’effetto secondario di questo radicale cambiamento di atteggiamento è la riduzione dell’ansia. Ma perché l’ansia si riduca naturalmente è essenziale iniziare a tollerarla a viverla come un’esperienza in se stessa non pericolosa e non distruttiva. Ciò consente innanzitutto di non attivare il circolo vizioso, dall’altro consente di approfondire la nostra conoscenza di noi stessi e dunque anche dei meccanismi dell’ansia.

(15)

15 Accorgimenti possibili:

1. Ri-assumere il controllo del respiro

Riprendere il controllo del respiro è essenziale per sottrarre il ritmo respiratorio agli automatismi dell'ansia. Nel corso di un attacco di panico, infatti, l'ansia intensa determina una maggiore ossigenazione del cervello che, a sua volta, determina sensazioni di vuoto alla testa e confusione. Dal momento che questi sintomi sono

interpretati in modo catastrofico (cosa mai sta succedendo?) ed alimentano la percezione di perdita di controllo, la riduzione di ossigenazione è un fattore essenziale delle tecniche per calmarsi.

Ecco il video su youtube da guardare per la respirazione diaframmatica/di pancia

Se si riesce a capire il meccanismo, il consiglio è di fare, 2 o 3 volte al giorno, alcuni minuti per allenarsi. Solo dopo, quando verrà un po' più naturale, si può provare ad utilizzarlo nei momenti del bisogno. Prima solo a scopo di allenamento e abbassamento dell'ansia di base.

2. Calmarsi mentre si sta facendo qualcosa: connettersi al qui e ora (Mindfulness)

Molte persone legittimamente si chiedono: ma come faccio ad applicare l’esercizio del respiro ad esempio mentre sto guidando o mentre sto andando in bicicletta? Come faccio a chiudere gli occhi e a concentrarmi sul respiro se devo anche guidare?

Ebbene, noi possiamo restringere ed allargare il campo dell’attenzione proprio come se fosse un raggio di luce che può essere puntiforme ed allargarsi fino ad essere diffuso.

È importante esercitarsi a "sentire" il proprio respiro mentre si sta facendo un’altra cosa: parlare con qualcuno, studiare, preparare da mangiare, guidare, etc.

Dopo un po’ ci accorgeremo che non solo la percezione del respiro non ci distrae da quel che stiamo facendo, ma che, anzi, migliora la nostra capacità di concentrazione.

Passi da seguire:

1. Se stai facendo qualcosa (guidando, parlando con qualcuno, etc.) e dei pensieri catastrofici si affacciano alla mente uniti ad ansia o altre emozioni più o meno intense, continua a fare quel che stai facendo e, contemporaneamente, inizia a sentire il respiro. Quando la mente viene catturata da pensieri, nota dove sta la mente, eventualmente esprimi a parole, dentro di te, il contenuto di questi pensieri, ad esempio: "pensieri di preoccupazione", e poi riporta l’attenzione sul respiro e su quel che stai facendo.

2. Ora porta deliberatamente la tua attenzione al respiro, continuando contemporaneamente a fare quel che stai facendo. Senti il respiro nella pancia, ed eventualmente esegui alcuni cicli di respirazione volontaria e molto lenta, partendo dal basso e poi riempiendo tutti i polmoni. E poi lascia uscire l’aria con un semplice abbandono della tensione muscolare del torace. L’aria uscirà docilmente portando calma in tutto il corpo e nella mente.

3. Se emergono nuovamente pensieri catastrofici, riconosci il loro emergere e torna con l’attenzione sul respiro e su quello che stai facendo.

3. Interrompere il rimuginio e i pensieri catastrofici

Gli attacchi di panico, come abbiamo visto, sono accompagnati da intensi pensieri catastrofici che tipicamente riguardano le seguenti categorie: paura di morire, paura di svenire, paura di perdere il controllo, paura di impazzire, paura di comportarsi in modo imbarazzante davanti agli altri.

Per riportare la calma è essenziale interrompere la catena di questi pensieri che non hanno altro risultato che incrementare lo stato di ansia.

Molto spesso, coloro che soffrono di attacchi di panico istintivamente sanno che è importante "non pensare" e le tecniche intuitive e spontanee più frequentemente utilizzate rientrano nella categoria della "distrazione". Il tentativo di distrarsi è infatti molto comune nella storia di chi soffre di panico, e prende le forme più diverse, come, ad esempio, telefonare a qualcuno, pensare intensamente a qualcosa d'altro, parlare, cantare, etc.

Sebbene le tecniche di distrazione applicate spontaneamente possano avere qualche risultato, sono tuttavia spossanti in quanto richiedono un grande sforzo da parte di le utilizza e durano solo per il breve tempo in cui ci si riesce a distrarsi. L'eventuale fallimento della tecnica, inoltre, determina paradossalmente l'aggravarsi dell'ansia in quanto incrementa il senso di fallimento personale ed il senso di perdita di controllo.

(16)

16 RIMUGINIO = preoccupazioni negative ripetitive, eccessive, costanti che provocano disagio o difficoltà nella vita quotidiana.

Il rimuginio, esperienza normale e comune tra gli esseri umani, diventa patologico nel momento in cui diviene eccessivo ed incontrollabile.

La maggior parte delle preoccupazioni eccessive sono relative a circostanze quotidiane, come responsabilità lavorative, problemi economici, salute propria e dei familiari, incidenti a persone

significative, piccole attività (es. faccende domestiche, far tardi agli appuntamenti). Chi soffre d’ansia può svegliarsi durante la notte con la preoccupazione di non riuscire a risolvere un problema economico o di non essere all’altezza del lavoro che deve svolgere o agitarsi eccessivamente nell’attendere un amico in ritardo perché immagina che abbia avuto un incidente.

Gli eventi di cui la persona si preoccupa eccessivamente possono cambiare anche frequentemente e possono essere dovute anche ad eventi o ricordi del passato.

Rispetto alle preoccupazioni normali/adeguate, quelle che diventano rimuginazioni, risultano:

• più numerose, frequenti, durature, intense, invasive e pervasive;

• di rapida successione (ad una ne segue subito, o quasi, un’altra);

• accompagnate da emozioni di ansia intensa;

• relative ad eventi futuri improbabili;

• scollegate da fattori precipitanti;

• accompagnate da sintomi fisici;

• difficili da controllare e da rimandare ad altri momenti.

Alcune delle persone che hanno questo problema riconoscono che le loro preoccupazioni sono eccessive, soprattutto dopo che l’evento temuto non si è verificato, ma non riescono comunque a non farlo. Altri ritengono che i loro timori siano realistici o che rimuginare serva a:

• placare l’ansia e la paura,

• risolvere meglio i problemi,

• renderli pronti ad affrontare le situazioni temute,

• prendere decisioni e scelte migliori,

• proteggerli da forti emozioni di ansia, rabbia tristezza ecc..,

• aiutarli a non pensare a qualcosa di peggio.

Ma in realtà rimuginare non è utile agli scopi appena elencati, anzi è dannoso! L’ansia, contrariamente a quanto si pensa, aumenta invece di diminuire.

Perché non si tratta di pensiero produttivo, oggettivo, razionale e funzionale! Rimuginare è infatti l’opposto e si rischia di sovrastimare il problema, il disagio, la minaccia e si impiegano tutte le risorse mentali in modo ripetitivo, non lucido e si perdono di vista altri aspetti o il quadro generale.

Si dovrebbe, invece:

• Stabilire quando serve preoccuparsi e quando no. Le preoccupazioni inutili sono quelle riguardo

eventi che non dipendono da noi o non interamente, o quelle per le quali abbiamo già fatto il

possibile. Sono anche inutili le preoccupazioni frutto di “viaggi mentali” pieni di “se e ma” su

ipotetici e poco probabili eventi del futuro, come anche prevedere catene di eventi negativi.

(17)

17

• Imparare ad identificare i pensieri negativi che caratterizzano il rimuginio distinguendoli da quelli più utili rivolti al momento presente.

• Smettere di considerare il rimuginio uno stato automatico e inevitabile. E' automatico solo l'inizio del rimugino, non il proseguimento: sei tu che decidi di continuare a pensare a quell’argomento.

• Non credere a tutti i tuoi pensieri, i pensieri non sono fatti, ma la tua valutazione dei fatti. Quindi prova a prendere le distanze dai tuoi pensieri dicendo: “noto che sto pensando che sarà terribile..”

• Non cercare di smettere di preoccuparsi subito di colpo, ma usare la preoccupazione, per es.

chiedendosi: “In questo momento sto cercando di: Capire cosa mi preoccupa e Come posso

affrontarlo Oppure mi sto solo “preoccupando”? In altre parole, mi limito a stare nel mio malessere o lo sto usando come segnale per capire cosa fare per risolvere il problema?

Il rimuginio infatti è il segnale che occorre preparare un’azione. "Pensare a cosa di negativo potrebbe accadere in seguito a un problema (es: la macchina è guasta. Ipotesi rimuginante: “farò ritardo al lavoro“) non è la stessa cosa che pianificare COME risolvere la situazione.

• Dobbiamo chiederci: Possiamo preparare un’azione concreta in questo momento per affrontare il problema? Se non possiamo agire ora, allora non vale la pena pensarci, lasciamo defluire il

rimuginio e portiamo l’attenzione su ciò che stiamo facendo.

Se possiamo agire ora, allora è il momento di scegliere un ‘fare’ anche a costo di essere un po’

impulsivi, e di metterlo in pratica. Pensiamo a COME risolvere un problema: penso e scrivo un elenco delle possibili azioni e delle alternative, le valuto tenendo conto dei miei bisogni e dei miei scopi, scelgo, agisco e poi vedo come è andata."

• Usare le emozioni invece di preoccuparcene. Che cosa esattamente mi sta dicendo questo stato d'animo? Quale problema sta segnalando? E soprattutto su quale mio bisogno attirano la mia attenzione? Il rimuginio potrebbe distrarmi dal messaggio che mi porta l’emozione che sto provando.

• Non credere di dover rimuginare finché non si trova la soluzione; cercare di smettere se la soluzione non arriva entro un tempo ragionevole per il problema in questione.

• Non rifiutare le soluzioni non perfette: tutte le soluzioni sono parziali

• Scegliere un momento, di circa mezz’ora, all’interno della giornata (possibilmente sempre alla stessa ora e trovandosi nello stesso posto) da dedicare al rimuginio

• Interrompere e posticipare il rimuginio al momento apposito quando ci si rende conto di rimuginare nel momento non stabilito.

• Durante la mezz’ora dedicata al rimuginio impegnarsi per individuare soluzioni che permettano di affrontare ed eliminare le preoccupazioni.

Nel frattempo non lottare con i pensieri! Semplicemente nota il loro emergere ed il loro svanire.

Ricorda, il tuo compito non è di controllare le emozioni o i pensieri, ma di notare dove “sta andando” la tua mente e accompagnare l’attenzione sul presente (cioè il respiro e quello che stai facendo).

La tecnica della Mindfulness può aiutare molto: https://www.mindfulact.it/mindfulness/

Materiale a cura della dott.ssa Chiara Rossi Urtoler. Non diffondere o trasmettere al di fuori della terapia in corso.

Riferimenti

Documenti correlati

of Cell Signaling, Graduate School, Tokyo Medical and Dental University, Yushima 1-5-45, Bunkyo-ku, Tokyo 113-8549, Japan; 3 Global Center of Excellence Program, International

Notizia preliminare sui recenti rinvenimenti Xabier González Muro – Giacomo Antonino Orofino Nel corso dei lavori relativi all’adeguamento della pubblica illuminazione in Via Roma

Sono felice e contento e ora so che cosa sento,.. la mia bocca è all’insù e il mio cuor batte

Per costruire il dado ritagliare la sagoma seguendo

A d que verba si rediret et a vobis postularetur quid cogitare m us in ea re quidve facere velemus quidve opus nobis esset, res­ pondebitis nos semper

Así como la enfermedad es un victimario, sus enfermos son las víctimas, y éstas son estudiadas por los médicos junto con su causante (el victimario). Del mismo modo,

Materiale didattico realizzato a cura della UOS “Prevenzione specifica” della ATS di Milano Città Metropolitana, su mandato della Direzione Generale Welfare -