• Non ci sono risultati.

L ARENA DI POLA Registrata presso il Tribunale di Trieste n del Anno LXXIII Mensile n. 1 del 1 GENNAIO 2017

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "L ARENA DI POLA Registrata presso il Tribunale di Trieste n del Anno LXXIII Mensile n. 1 del 1 GENNAIO 2017"

Copied!
12
0
0

Testo completo

(1)

Fondata a Pola il 29.07.1945 – Mensile di attualità, storia e cultura giuliano-dalmata – Organo dell’Associazione “Libero Comune di Pola in Esilio” – www.arenadipola.it Direttore responsabile e redattore: Paolo Radivo – Redazione: Via Malaspina 1, 34147 Trieste – Cell. (0039) 388 8580593 – Tel. 040.830294 – [email protected]

Quote associative annuali: Italia ed Europa 35,00, Americhe 65,00, Australia 72,00, da versare sul conto corrente postale n. 38407722 intestato a L’Arena di Pola,

Via Malaspina 1, 34147 Trieste, o tramite bonifico bancario intestato a Libero Comune di Pola in Esilio, Via Malaspina 1, 34147 Trieste; codice IBAN dell’UniCredit Agenzia Padova Moro IT 10 I 02008 12105 0000 10056 393; codice BIC UNCRITM1N97 – Le copie non recapitate vanno restituite al CPO di Trieste per la restituzione al mittente previo pagamento resi L’ARENA DI POLA – Registrata presso il Tribunale di Trieste n. 1.061 del 21.12.2002 Anno LXXIII 3.401 – Mensile n. 1 del 1° GENNAIO 2017

TAXE PERÇUE TRIESTE TASSA RISCOSSA ITALy

Iniziativa realizzata

con il contributo del Governo italiano ai sensi della Legge 72/2001 e successive proroghe

Buon 2017!

Buon 2017!

POSTE ITALIANE SPA spedizione inabbonamentopostale D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004

n° 46), art. 1, comma 2, DCB Trieste

I contributi statali non sono ancora arrivati!

Le quote di iscrizione al Libero Comune di Pola in Esilio per l’anno solare 2017 saranno di due tipi: 1) € 35 per quanti vor- ranno la spedizione postale o telematica de L’Arena di Pola;

2) € 10 per i loro familiari che, ricevendo già il mensile a casa, non necessitano di un’altra spedizione ma desiderano ugual- mente essere Soci a pieno titolo con tutti i relativi diritti e do- veri. L’aspirante Socio dovrà compilare e ritagliare, oppure fotocopiare o altrimenti riscrivere su un foglio, il modulo di

propria competenza e spedirlo per lettera all’indirizzo: “Libero Comune di Pola in Esilio – Via Malaspina 1 – 34147 Trieste”.

In alternativa potrà riscrivere e spedire il modulo via mail al seguente indirizzo: [email protected]. Le domande dovranno pervenire entro il 31 marzo 2017.

Alle elezioni del prossimo giugno potranno candidarsi e votare solo quanti erano già iscritti il 12 giugno 2015.

Modulo per l’iscrizione con abbonamento

Il/La sottoscritto/a ____________________________, nato/a a ____________________________________ il __________, residente a _________________________

in Via / Piazza / Largo _____________________________

n° _______, tel. ________________________, cellulare ___________________, e-mail____________________

chiede di aderire al Libero Comune di Pola in Esilio per l’anno solare 2017, impegnandosi a rispettarne lo Statu- to, e di ricevere L’Arena di Pola in forma cartacea / digita- le. A tal fine verserà € 35.

In fede,

Firma

Modulo per l’iscrizione senza abbonamento

Il/La sottoscritto/a ____________________________, nato/a a ____________________________ il ________, residente a __________________________ in Via / Piazza / Largo ________________________________

n° ________, tel. _______________________, cellulare __________________, e-mail____________________, consorte / figlio/a / nipote del/la Socio/a _____________

____________________, chiede di aderire al Libero Co- mune di Pola in Esilio per l’anno solare 2017, impegnan- dosi a rispettarne lo Statuto, senza ricevere L’Arena di Pola. A tal fine verserà € 10.

In fede,

Firma

Iscrizioni 2017 con o senza “Arena”

Giorno del Ricordo 2017:

l’LCPE scrive a Mattarella

Il sindaco del Libero Comune di Pola in Esilio Tullio Canevari ha inviato martedì 20 dicembre 2016 la se- guente lettera al presidente della Repubblica Italiana on.

Sergio Mattarella onde auspicare la sua presenza alla cerimonia per il Giorno del Ricordo 2017 al Quirinale.

Signor Presidente,

il prossimo 10 febbraio 2017 sarà una data densa di si- gnificato, per noi esuli giuliani e dalmati.

Questa data dovrebbe avere lo stesso significato per tutti gli italiani, non immemori del sacrificio che il Trattato di pace che ha posto fine alla seconda guerra mondiale ha comportato per l’Italia, con la cessione di terre da sempre italiane e con l’esodo di popolazioni da sempre italiane.

Il 10 febbraio si identifica, per noi giuliano-dalmati, con il Giorno del Ricordo, il ricordo delle nostre terre, dei mor- ti che vi abbiamo lasciato, del desiderio di potervi ritorna- re, almeno nei cimiteri.

Ho la certezza che Lei condivide questi nostri senti- menti ed ho la speranza che Lei voglia, così come ha fat- to in altre occasioni, manifestarci la sua vicinanza con la sua presenza, in modo solenne, nella sede prestigiosa del Quirinale, nell’occasione del 70° anniversario di quel- la data.

A nome del Libero Comune di Pola in Esilio, che ho l’onore di rappresentare,

Tullio Canevari Sindaco del Libero Comune di Pola in Esilio

Anche “La Voce di Fiume”

e “Il Dalmata” solo on-line

I ritardi nel saldo dei contributi statali hanno costretto anche il Libero Comune di Fiume in Esilio a sospendere la stampa e spedizione postale del proprio bimestrale. «Il nostro giornale La Voce di Fiume – ha scritto la direttrice Rosanna Turcinovich Giuricin venerdì 2 dicembre pre- sentando su Facebook il numero di settembre-ottobre 2016 – esce in versione elettronica. Non ci sono i mezzi per la stampa, solo un miracolo potrebbe sbloccare la si- tuazione a metà dicembre, altrimenti dovremo attendere aprile, con tutte le incognite del caso. L’attesa, invece di proteste, provoca silenzio. Ancora una volta stiamo su- bendo una grande ingiustizia senza chiedere spiegazio- ni... fino a quando? Deve tutto morire così! [...]».

«Dopo reiterate promesse – scrive il sindaco dell’LCFE Guido Brazzoduro – e continui rinvii, specie per motivi burocratici, dal novembre 2015 ad oggi non ho ancora alcuna indicazione sulla data di un possibile pagamento dei contributi per gli anni 2010 e 2012, mentre per le nuo- ve proposte da fare per gli anni 2013/14/15/16 tutto è an- cora fermo. In questi anni abbiamo utilizzato le riserve costituite negli anni passati per far fronte agli impegni, ma oggi queste si sono esaurite. Pertanto come entrate sicure rimangono solo i contributi degli associati, che pur- troppo per motivi anagrafici non fanno vedere andamenti crescenti. Quindi ho dovuto sospendere ogni attività che comporti costi per la nostra gestione, confidando che la situazione possa sbloccarsi in tempi relativamente non lunghi. Unica azione possibile è stata quella, d’accordo con la Direttrice Rosanna Turcinovich sempre disponibi- le, di predisporre e mettere su Facebook alla pagina Un fiume di fiumani (in attesa di creare un sito) la nostra Vo- ce, dal numero di fine ottobre 2016 in poi, per essere raggiunta da chi può, sospendendo la stampa e l’invio di quella cartacea. Appena avremo uno spiraglio per lo sblocco dell’attuale situazione di difficoltà, farò di tutto per riprendere le normali attività».

Visto però il mancato arrivo dei finanziamenti, il 28 di- cembre la direttrice ha annunciato che, in segno di prote- sta, la rivista non verrà spedita via mail a nessuno, «an- che per rispetto di chi non potrà ricevere il cartaceo».

Il Dalmata del gennaio 2017 è stato diffuso il 21 dicem- bre scorso per la prima volta in formato solo elettronico, mancando i soldi per la stampa e la spedizione postale.

La Redazione del trimestrale dell’Associazione Dalmati Italiani nel Mondo ha invitato i destinatari a fornirle indiriz- zi e-mail di familiari, parenti, concittadini e amici, annun- ciando che la pubblicazione cartacea riprenderà nel 2017

«appena arriveranno i finanziamenti».

Se questi soldi non dovessero giungere a breve, La nuova Voce Giuliana, organo dell’Associazione delle Co- munità Istriane, potrebbe ridurre la periodicità da quindi- cinale a mensile, pur conservando la versione cartacea.

Braico: senza i contributi inutile il 10 Febbraio

«Stanno cercando di farci scomparire! Il prossimo 10 febbraio, se non saranno arrivati i contributi statali, riten- go inutile partecipare alle varie manifestazioni ufficiali per il Giorno del Ricordo». Lo ha dichiarato con amarezza Manuele Braico, presidente dell’Associazione delle Co- munità Istriane e vice-presidente di FederEsuli, durante il tradizionale evento Torno el fogoler svoltosi nel pomerig- gio di domenica 18 dicembre nella sede dell’Associazio- ne a Trieste. Braico ha deplorato la mancata erogazione dei finanziamenti previsti dalla legge nazionale 72/2001 per i progetti 2012 e, in alcuni casi, anche 2009, 2010 e 2011, nel mentre il vaglio dei progetti 2013 è ancora in alto mare, per non parlare di quelli successivi. Secondo Braico, se la situazione non si sbloccherà entro il 10 feb- braio 2017, i sodalizi degli esuli, messi alle corde, do- vrebbero manifestare pubblicamente il loro disappunto con un atto simbolico di protesta. Infatti le cerimonie isti- tuzionali suonerebbero beffarde a fronte delle clamorose inadempienze statali, che tante difficoltà stanno creando alle associazioni del mondo della diaspora.

Ad oggi, 1° gennaio 2017, le associazioni degli esuli istria- no-fiumano-dalmati non hanno ancora percepito dallo Stato i saldi dei contributi per i progetti 2012 ai sensi della legge sta- tale 72/2001 e successive modifiche. Alcune attendono perfi- no i saldi 2009, 2010 e 2011.

La notizia che verso metà dicembre la dr.ssa Luisa Villotta, in carica dall’8 luglio, si è dimessa da funzionaria delegata all’applicazione della legge ha dapprima suscitato preoccu- pazione: si temevano ulteriori lungaggini. Ma fortunatamen- te, a distanza di soli 5 giorni lavorativi, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MIBACT) ha nominato il successore: l’arch. Ilaria Ivaldi, direttrice del Segretariato re- gionale del MIBACT del Friuli Venezia Giulia. Ora il passag- gio di consegne comporterà fra l’altro il trasporto da Udine a Trieste di tutto l’archivio, acquisito, riordinato e integrato dalla dr.ssa Villotta con l’apporto dei sodalizi cui aveva chiesto di rispedire materiale andato smarrito o di inviarne di nuovo, perfino riguardo a progetti già interamente saldati.

L’auspicio è che gli errori e le omissioni finora riscontrati nella documentazione progettuale di alcuni soggetti della diaspora non impediscano la celere liquidazione di quanto dovuto a chi invece ha le carte in regola, avendo rendicontato tutto correttamente per il tramite di FederEsuli. Dal 19 set- tembre 2016 i fondi complessivi (1,4 milioni di euro) per il saldo dei progetti 2009-2012 sono depositati sul conto della Banca d’Italia, dopo che il 12 agosto la Corte dei Conti li ave- va dichiarati erogabili. Sembra inoltre che, se non venissero corrisposti entro fine gennaio 2017, tale ulteriore ritardo cau- serebbe problemi amministrativi all’ente delegante, ossia il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazio- nale (MAECI), con esiti spiacevoli per tutti. Rammentiamo che al Libero Comune di Pola in Esilio spettano € 44.500 a saldo dei progetti 2012, mentre FederEsuli attende anche il pagamento delle spese vive di intermediazione.

Intanto mercoledì 21 dicembre MAECI, MIBACT e FederE- suli (nella persona del presidente Antonio Ballarin) hanno fir- mato alla Farnesina il rinnovo per il triennio 2016-2018 della apposita convenzione prevista dalla legge 72/2001 per l’ero- gazione dei relativi fondi, già definiti dalla Legge di stabilità 2015. Si tratta di 2,3 milioni di euro annui per tre anni. Tale convenzione prevede la rotazione degli importi in caso di mancato utilizzo.

Prossimamente dovrebbe inoltre tornare a riunirsi la Com- missione tecnico-scientifica per valutare i progetti 2013 rien- tranti nella convenzione 2013-2015. Ne deriverebbe il com- pletamento del vaglio dei progetti 2013 e la corresponsione degli anticipi dei contributi connessi. E poi ci sarebbe da av- viare i bandi per i progetti 2014, 2015, 2016 e 2017...

Il 7 dicembre la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ha versato all’LCPE i 3.500 € di acconto (70%) sull’“incentivo”

per il 2016, a fronte però degli 83.500 € richiesti. Non si sa ancora quando verranno saldati i rimanenti 1.500 € (30%).

Una notizia meno rincuorante attiene il lascito della com- pianta socia Piera Fassio, deceduta nel dicembre 2015.

L’esecutore testamentario, avendo venduto le proprietà della defunta per metà del valore inizialmente valutato (150.000 € invece che 300.000 €), ha ridotto ad un terzo tutti i lasciti del- la signora. Pertanto la cifra di 30.000 € destinata all’LCPE si ridurrà a 10.000 €. Si ignora quando verrà corrisposta.

L’incasso dell’anticipo dell’incentivo regionale e l’afflusso di iscrizioni, elargizioni, offerte per i libri e necrologi da parte dei lettori hanno permesso all’LCPE di coprire anche le spese redazionali di dicembre e di versare alla tipografia triestina Art Group un ulteriore acconto sul debito residuo, ma non di stampare e spedire i numeri di ottobre, novembre, dicembre e gennaio. Per risparmiare sull’eventuale futura stampa e spedizione, anche questa Arena di Pola è a 12 pagine tutte in bianco e nero. La versione pdf è invece a colori.

La situazione si potrà provvisoriamente sbloccare solo se entro fine gennaio arriveranno i saldi dei progetti 2012. Altri- menti il Consiglio dell’LCPE valuterà anche se continuare ad affidare al sottoscritto la produzione e diffusione del giornale in pdf. Inutile dire che per scongiurare tale evenienza giove- ranno le iscrizioni (anche quelle donate a terzi), le elargizioni, le offerte per i libri (vedi pag. 10), i necrologi, la stampa “do- mestica” del giornale a beneficio di amici e parenti che non hanno accesso a internet o comunque l’esortazione a contri- buire per superare questa lunga “nottata”. Ricordiamo che tutte le erogazioni liberali (iscrizioni escluse) dirette all’LCPE saranno detraibili a fini fiscali allegando il relativo bollettino di conto corrente postale o la ricevuta del bonifico bancario.

Ecco gli estremi per i versamenti:

Conto corrente postale: 38 40 77 22 intestato a “L’Arena di Pola”

Conto corrente bancario: codice IBAN IT 10 I 02008 12105 0000 10056 393 presso UniCredit – Agenzia Padova Moro intestato al “Libero Comune di Pola in Esilio”

Nella fervida speranza che questo non sia l’ultimo numero de L’Arena di Pola dopo 71 anni e mezzo, ringraziamo anco- ra una volta di cuore tutti i cari lettori che ci hanno generosa- mente sostenuto finora, augurando loro un felice 2017.

Paolo Radivo

(2)

2 ATTUALITA’ GIULIANO-DALMATA

L’ARENA DI POLA n. 1 del 1° GENNAIO 2017

Seminario nazionale su scuola e confine orientale

Legge sui luoghi di nascita degli esuli inapplicata

Rimane troppo spesso disapplicata la legge 54/1989, che obbliga «tutte le amministrazioni dello Stato, del parastato, degli enti locali e qualsiasi altro ufficio o ente, nel rilasciare attestazioni, certificazioni, dichiarazioni, documenti in gene- re, a cittadini italiani nati in comuni già sotto la sovranità ita- liana ed oggi compresi nei territori ceduti ad altri Stati» a «ri- portare unicamente il nome italiano del comune, senza alcun riferimento allo Stato cui attualmente appartiene». Il 5 luglio 2012 il presidente del Consiglio Mario Monti aveva emanato una direttiva che elenca i comuni italiani fino al 15 settembre 1947 (ceduti in base al Trattato di pace) e fino al 3 aprile 1977 (ceduti in base al Trattato di Osimo), con codice ISTAT, codi- ce catastale, nome della relativa provincia e sigla della stes- sa. L’art. 5 indica quale strumento risolutivo di eventuali con- troversie il servizio on-line per la lettura del codice fiscale, ma la legge non ne impone l’uso per leggere i codici fiscali di chi è nato in comuni passati alla Jugoslavia ed oggi appartenenti a Croazia o Slovenia. Da ciò i persistenti errori interpretativi dei sistemi anagrafici informatizzati di vari enti pubblici o pri- vati. Per giunta l’art. 6 della direttiva non ne punisce l’inottem- peranza e ne affida genericamente l’attuazione al Ministero dell’Interno, che ha attivato la casella di posta elettronica [email protected], dove segnalare i casi in cui gli esuli vengano erroneamente indicati come nati in Jugoslavia, Croazia, Slovenia (o addirittura Serbia-Montenegro) o il no- me del loro comune di nascita non sia scritto in italiano. Con- sigliamo di provare a percorrere anche tale strada, comuni- candoci poi se funziona o meno.

UI: più fondi per l’istruzione

La VI sessione ordinaria dell’Assemblea dell’Unione Italia- na, riunitasi venerdì 23 dicembre a Capodistria, ha approvato il Programma di lavoro e il Piano Finanziario per il 2017 con la previsione di un lieve aumento rispetto al 2016, per un to- tale di 5.356.544 €. In particolare sono aumentati i fondi de- stinati all’istruzione (scuole, università, ricerca e formazione), a fronte di una riorganizzazione delle spese funzionali dell’UI e di quelle dedicate al capitolo “Cultura” e alle istituzioni della Comunità Nazionale Italiana. Come richiesto dal Ministero degli Esteri, è stato previsto un fondo per la manutenzione degli immobili dell’UI, da cui si è proposto di attingere per fi- nanziare parte dei numerosi progetti presentati quest’anno dalla Comunità degli Italiani di Spalato.

In relazione all’interpellanza presentata dalla CI di Fiume sul finanziamento della costruzione di un asilo italiano a Fiu- me, il presidente della Giunta esecutiva dell’UI Maurizio Tre- mul ha constatato come il progetto sarà difficilmente realizza- bile in tempi brevi, considerata la diminuzione delle risorse dello Stato italiano a disposizione della CNI. Sono tuttavia di- sponibili i mezzi per la progettazione esecutiva e in primave- ra potrebbe essere ottenuta la concessione edilizia.

Sul caso della CI di Valle, che ha indetto un concorso per la locazione a terzi di alcuni spazi di Castel Bembo, Tremul si è riservato di attendere il giudizio della magistratura.

Approvato infine il V assestamento del Bilancio 2016, con una ridestinazione delle risorse principalmente a beneficio delle CI e della casa editrice EDIT.

CI di Pola: preventivo 2017

L’Assemblea della Comunità degli Italiani di Pola, riunitasi mercoledì 28 dicembre, ha approvato il Piano finanziario pre- ventivo per il 2017, che pareggia su una cifra equivalente a 130.000 €. La prima entrata per consistenza (69.000 € circa, oltre il 50%) verrà dall’Unione Italiana, la seconda (34.000 € circa) dalla Città di Pola, le altre da attività proprie, ricavi stra- ordinari e quote sociali. Tra le uscite, le due maggiori saranno quella di 92.500 € per spese materiali, programmi e attività da attuare e quella di 37.000 € per gli stipendi dei tre dipen- denti fissi. Il presidente Fabrizio Radin ha annunciato più ri- gore nella riscossione delle iscrizioni ed ha proposto di tra- sformare l’attuale bar in ristorante italiano «per accentuare il carattere aggregativo della Comunità», il che richiederebbe però un intervento strutturale al momento non sostenibile.

Trieste: 157.000 € all’IRCI per il Museo istriano

La sera di lunedì 19 dicembre il Consiglio comunale di Trie- ste ha approvato con 27 sì e 6 no la delibera, proposta dall’assessore alla Cultura Giorgio Rossi, che concede un contributo straordinario di 157.000 € all’Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata (IRCI) per il Museo della Civiltà istriana, fiumana e dalmata di Via Torino, inaugurato il 28 giugno 2015. Rossi ha esordito spiegando che nel 2016 l’IRCI ha chiesto due contributi al Comune: 84.000 € per la rifusione delle spese di allestimento del Museo anticipati dall’ente co-gestore su ordine del Comune e 73.000 € per il rimborso di tutte le spese di gestione (specie le bollette). Se- condo gli uffici comunali, entrambi sono rimborsi dovuti per una struttura diventata parte della rete museale comunale dopo che il 24 maggio 2016 Comune e IRCI hanno firmato un protocollo d’intesa il quale affida la gestione del Museo a una Commissione paritetica di sei membri, con Giorgio Rossi pre- sidente e il presidente dell’IRCI Franco Degrassi vice.

«L’IRCI – ha obiettato il capogruppo del Movimento 5 Stel- le Paolo Menis – aveva chiesto un primo contributo straordi- nario a gennaio 2016. Noi in marzo abbiamo votato la con- venzione Comune-IRCI senza che di quella richiesta fosse fatta menzione. Nel 2010 abbiamo dato all’IRCI 30.000 €, poi fino al 2015 70.000 € l’anno. Dal 2012 al 2014, però, la con- venzione è stata rinnovata da un dirigente, e di delibere di Giunta non si trova traccia. Le spese di allestimento erano a carico dell’IRCI. Pur convinti dell’importanza del museo, vo- teremo contro». La maggioranza di centro-destra ha annun- ciato il proprio sì alla delibera per evitare la chiusura del mu- seo malgrado alcune lamentele sulla gestazione e conduzio- ne dello stesso da parte della precedente Giunta di centro- sinistra. Il PD ha chiesto un rilancio del progetto culturale del museo. Dopo che la delibera è stata emendata, il Movimento 5 Stelle ha reso noto che avrebbe informato la Corte dei Con- ti, mentre il PD ha detto che si sarebbe astenuto. Avendo la maggioranza rifiutato di votare «una delibera che pone rime- dio proprio ai danni fatti dal PD che ora si tira indietro», ne è sorta una disputa, terminata solo quando il PD ha accolto l’appello al senso di responsabilità rivolto dall’assessore.

La delibera avrebbe dovuto essere approvata dall’aula il lunedì precedente, ma il consigliere di Forza Italia Bruno Ma- rini ne aveva chiesto il rinvio in attesa dell’imminente appro- vazione della legge finanziaria regionale. A suo giudizio infat- ti, era compito della Regione, molto più ricca del Comune, fi- nanziare l’IRCI, mentre il Comune avrebbe potuto semmai aiutare le associazioni degli esuli in affanno.

L’assessore Rossi vorrebbe portare al Magazzino 26 del Porto Vecchio in un apposito Museo dell’Esodo le masserizie depositate al Magazzino 18 e le poche sistemate al Museo di Via Torino. Il PD ha però definito tale ipotesi «bizzarra».

La Regione FVG sostiene l’Unione degli Istriani

L’assessore regionale alla Cultura Gianni Torrenti ha parte- cipato nel pomeriggio di lunedì 19 dicembre alla tradizionale cerimonia per lo scambio degli auguri natalizi nella sede dell’Unione degli Istriani a Trieste. «Un buon Natale – ha det- to Torrenti nell’estendere il saluto della Regione ai moltissimi presenti – non di forma ma di sostanza, poiché cominciano a vedersi i frutti del lavoro iniziato tre anni fa, in accordo anche con il Comune di Trieste, per assicurare continuità alla me- moria». Dopo l’introduzione del presidente del sodalizio Mas- similiano Lacota, che ha illustrato le attività perseguite nel 2016 dall’associazione, Torrenti ha auspicato che si manten- ga la sinergia tra Regione e Unione degli istriani «dato che stiamo cercando anche di risolvere la questione dei finanzia- menti nazionali che giungono in ritardo». «L’intenzione – ha aggiunto – è anche di averne sotto controllo lo stato comples- sivo a livello locale. Lo scopo che stiamo cercando di rag- giungere è la continuità nei finanziamenti dei progetti. Uno di questi, il restauro del Museo di Padriciano, volto ad ampliare gli spazi a disposizione dell’Unione degli Istriani, è sostenuto dalla Regione anche tramite una mediazione nei confronti del Ministero, proprio perché rivolto a tutti gli esuli».

Una delle dolenti note nella percezione da parte degli italia- ni della tragica storia del confine orientale ha da tempo ri- guardato lo spazio e l’obiettività con cui le tematiche attinenti foibe ed esodo sono state affrontate dai libri di testo scolasti- ci. Molte segnalazioni, con indicazioni precise dei volumi che ignoravano o ridimensionavano la vicenda, sono state da tempo pronunciate dalle associazioni degli esuli istriani, fiu- mani e dalmati, nonché dalle sigle di rappresentanza studen- tesca collegate al centrodestra e non sono mancate iniziative di denuncia anche da parte di personalità politiche e istituzio- nali. ll Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca ha per- ciò attivato da alcuni anni un tavolo di confronto con le asso- ciazioni riunite nella Federazione delle Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, che ha prodotto significativi risultati.

Gran parte del lavoro realizzato da questa assise è consul- tabile nel sito www.scuolaeconfineorientale.it e inoltre ogni anno viene bandito il concorso nazionale per le scuole Identi- tà e memoria (suddiviso in due sezioni, primarie e seconda- rie) nonché il seminario di aggiornamento per gli insegnanti Le vicende del confine orientale e il mondo della scuola.

Quest’anno concorso e seminario erano dedicati al tema Na- sce la Repubblica Italiana senza un confine. Gli elaborati per il concorso possono essere inviati fino al 10 gennaio 2017, laddove l’aggiornamento dei docenti ha avuto luogo lo scorso 6 dicembre proprio presso il MIUR a Roma.

Il Sindaco del Libero Comune di Fiume in Esilio Guido Brazzoduro ha innanzitutto rivolto un messaggio di saluto da parte del mondo dell’associazionismo giuliano-dalmata, lad- dove il prof. Diego Lazzarich (docente di Storia delle Dottrine

Politiche alla Seconda Università di Napoli) ha svolto un in- quadramento generale della problematica, inserendo in una rapida ricostruzione degli eventi più importanti del secolo breve nelle terre dell’Adriatico orientale una sezione di vita famigliare, dedicata al nonno pasticcere fiumano esule a Na- poli.

La prima relazione è stata quindi tenuta dal prof. Davide Rossi, il quale, insegnando Storia del Diritto all’Università

degli Studi di Trieste, si è dedicato alle ricadute del Referen- dum del 2 giugno 1946 nelle terre contese fra Italia e Jugo- slavia: pochi sanno che un decreto legislativo del marzo 1946 sospese nelle province di Bolzano, Trieste, Gorizia, Pola, Fiume e Zara il precedente decreto luogotenenziale che convocava i comizi elettorali in tutta Italia; in linea teorica

i cittadini italiani qui residenti avrebbero potuto esprimere il loro voto in un secondo momento, cosa che mai avvenne, escludendo centinaia di migliaia di elettori dalla partecipazio- ne al momento fondativo del nuovo assetto istituzionale ita- liano.

Lorenzo Salimbeni, ricercatore storico che collabora con varie associazioni del settore (Lega Nazionale, Comitato 10 Febbraio, Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalma- zia), ha quindi ripercorso la storia del “confine mobile” dal 1866 (Terza guerra d’indipendenza) al 2013 (adesione della Croazia all’Unione Europea, pur non rientrando ancora nell’area Schengen).

Nella sessione pomeridiana i lavori sono stati riaperti dal prof. Raoul Pupo, insegnante di Storia contemporanea dell’ateneo triestino, il quale ha relazionato sul lungo dopo- guerra della Venezia Giulia, evidenziando le vicende del set- tembre 1943 (prima ondata di foibe), la doppia liberazione di Trieste (30 aprile 1945 il CLN, l’indomani i partigiani di Tito con conseguente seconda ondata di stragi) ed i passaggi della diplomazia internazionale sul cui sfondo si è articolato l’esodo giuliano-dalmata.

Il dirigente nazionale dell’ANVGD Alessandro Cuk, autore de La questione giuliana nei documentari cinematografici (Alcione, Treviso 2012), ha infine proiettato e commentato spezzoni cinematografici e documentaristici che all’epoca hanno informato l’opinione pubblica italiana sull’Esodo, for- nendo pure un’anticipazione di “Rosso Istria”, il film dedicato a Norma Cossetto che verrà distribuito l’anno prossimo).

Lorenzo Salimbeni (da Il Giornale d’Italia del 19/12/2016)

Lanciano e Rimini: oltraggi ai monumenti agli infoibati

Ennesimo oltraggio al monumento ai Martiri delle Foibe eretto nel 2011 a Lanciano (Chieti) per volontà del locale Co- mitato 10 Febbraio. Nella notte fra il 3 e il 4 dicembre 2016 ignoti vandali hanno sottratto una delle cinque lastre traspa- renti in plexiglas poste sopra il basamento recante la scritta

«In ricordo dei Martiri delle Foibe. Un gesto di speranza, per non dimenticare». Sono rimaste intonse per fortuna le due mani emergenti dal basamento che, già in precedenza di- strutte, erano state sostituite da copie donate dal fabbro lan- cianese Luca Rosato. Il monumento aveva subito anche altri danni, venendo poi sempre restaurato da volontari.

A Rimini, nella notte tra sabato 10 e domenica 11 dicem- bre, ignoti vandali hanno danneggiato il leggio della Bibliote- ca di pietra, realizzata dall’esule fiumano prof. Vittorio D’Au- gusta sul camminamento della nuova scogliera in pietra d’Istria ed inaugurata dall’amministrazione comunale il 10 febbraio 2014 per il decennale della legge 92/2004 sul Gior- no del Ricordo. Secondo l’esule piranese Giovanni Ruzzier,

«il gesto ha una precisa connotazione».

Celebrati a Roma i 25 anni dell’UI e i 20 del Trattato italo-croato sulle minoranze

Mercoledì 7 dicembre 2016, nella Sala Aldo Moro di Pa- lazzo Montecitorio, l’Unione Italiana ha festeggiato, con il pa- trocinio della Camera dei Deputati i 25 anni dell’UI stessa e i 20 anni del Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Croazia concernente i diritti minoritari. Sono intervenuti il sottosegretario agli Esteri sen. Benedetto Della Vedova, l’on.

Ettore Rosato, il sen. Carlo Giovanardi, l’ambasciatore croato a Roma Damir Grubiša, l’ambasciatore sloveno a Ro- ma Bogdan Benko, l’ambasciatore italiano a Zagabria Adria- no Chiodi Cianfarani, l’ambasciatore italiano a Lubiana Paolo Trichilo, il presidente dell’UI e deputato degli italiani di Croa- zia Furio Radin, il presidente di FederEsuli Antonio Ballarin, il presidente dell’Università Popolare di Trieste Fabrizio Som- ma, Antonella D’Antuono per la minoranza croata in Molise e il presidente della Giunta esecutiva dell’UI Maurizio Tremul.

Roma, 6 dicembre 2016: un momento del seminario

L’UI nacque in seguito alle prime libere, democratiche e pluralistiche elezioni del 25-27 gennaio 1991 per i nuovi or- ganismi della Comunità Nazionale Italiana. Votarono 13.150 italiani (l’84,48% degli aventi diritto). La prima Assemblea costituente si tenne a Pola il 3 marzo 1991, quando venne sciolta l’Unione degli Italiani dell’Istria e di Fiume (UIIF), fon- data il 10-11 luglio 1944. Il nuovo statuto e l’indirizzo pro- grammatico furono approvati a Fiume il 16 luglio 1991.

Il Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Croazia sui diritti delle Minoranze fu stipulato a Zagabria il 5 novembre 1996 dai ministri degli Esteri Lamberto Dini e Mate Granić e successivamente ratificato dai rispettivi parlamenti.

Oltre alla definizione della posizione giuridica, dei diritti e delle libertà garantite agli italiani di Croazia, il testo riconobbe esplicitamente l’UI quale organizzazione rappresentativa dell’intera Comunità Nazionale Italiana. A seguito del Trattato i diritti degli italiani in Croazia si sono ampliati estendendosi territorialmente con la nascita di numerose nuove Comunità degli Italiani sul territorio d’insediamento storico.

La cerimonia del 7 dicembre a Palazzo Montecitorio

(3)

L’ARENA DI POLA n. 1 del 1° GENNAIO 2017

IL RETAGGIO DEL PASSATO 3

Il sito internet della rivista Internazionale ha pubblicato il 20 dicembre 2016 una Lettera aperta sul Giorno del Ricordo, sottoscritta da 19 tra storici, insegnanti, scrittori e associazio- ni, che ripropone tesi filo-jugoslave. Il 23 dicembre 25 tra as- sociazioni, docenti, ricercatori e giornalisti hanno inviato la seguente risposta, scritta da Lorenzo Salimbeni.

Egregio Direttore, Spettabile Redazione,

con riferimento alla Lettera aperta sul Giorno del ricordo pubblicata sul sito www.internazionale.it in data 20 dicembre 2016, chiediamo cortesemente la possibilità di replicare e di effettuare alcune precisazioni a nome delle molteplici asso- ciazioni di esuli istriani, fiumani e dalmati e loro discendenti, nonché degli storici e dei ricercatori che aiutano l’associazio- nismo giuliano-dalmata nello svolgimento della ricerca scien- tifica e della divulgazione riguardo la “complessa vicenda del confine orientale”. La lettera che avete pubblicato, infatti, con un repertorio di citazioni in gran parte capziose, obsolete e superate dalla più recente storiografia, si insinua nel filone del cosiddetto “giustificazionismo”, con accenni di “riduzioni- smo” che stridono con la sintesi tutto sommato corretta ed efficace da voi realizzata lo scorso 10 febbraio 2016. In quan- to diretti interessati dalle vicende cui è dedicato il Giorno del Ricordo, riteniamo di poterlo affermare con maggiore autorevolezza di chi su questa storia interviene con finalità strumentali e senza maschera- re il proprio livore ideologico.

Ciascuna delle affermazioni contenute nella Lette- ra aperta è facilmente confutabile ed è un esercizio retorico al quale ci siamo purtroppo abituati, in quan- to costoro da più anni vanno ripetendo le medesime argomentazioni, che poi vengono rovesciate dalla testimonianza diretta di chi quella storia la visse per esperienza diretta ovvero dal lavoro sine ira ac stu- dio di storici obiettivi.

Prima di tutto l’italianità delle terre contese fra Italia e nascente Jugoslavia al termine della Seconda guerra mondiale risulta fuor di discussione: il diritto internazionale ed il diritto di guerra sanciscono che annessioni unilaterali (la provincia di Lubiana all’Ita- lia nell’aprile 1941, l’Istria alla Jugoslavia a metà set- tembre 1943 e la Zona di Operazioni Litorale Adriati- co alla Germania nell’ottobre 1943) non sono da te- nere in considerazione fino alla ratifica di un trattato di pace (il che sarebbe avvenuto solamente nel 1947) che sancisca la conclusione dello stato di guerra e stabilisca confini internazionalmente riconosciuti.

Con riferimento alla materia in esame, confini internazional- mente riconosciuti furono quelli stabiliti dal Trattato di Saint- Germain (1919), dal Trattato di Rapallo (1920) e dal Trattato di Roma (1924), in base ai quali Trieste, Gorizia, Istria, Fiume e Zara risultavano appartenenti all’allora Regno d’Italia e tali andavano considerate dal punto di vista del diritto fino al Trat- tato di Parigi del fatidico 10 febbraio 1947, entrato in vigore il successivo 15 settembre.

Negli anni Venti e Trenta il regime mussoliniano, in continu- ità con quanto impostato dallo Stato liberale sabaudo al suo arrivo in queste terre, tentò un’opera di bonifica etnica, ma i suoi risultati furono meno catastrofici per le comunità slovene e croate autoctone di quanto denunciato, nella misura in cui la resistenza jugoslava ebbe poi modo di radicarsi fra la po- polazione “alloglotta”, le componenti slave rimasero sul terri- torio e resistettero all’assimilazione dando anzi vita a reazioni armate (gruppi terroristici TIGR e Borba, attentati a simboli di italianità e non solo a rappresentanti del regime fascista), laddove dopo il conflitto la politica di fratellanza italo-slava sbandierata dal regime di Tito portò, come se non fossero bastate le vittime delle due ondate di foibe, alla sparizione di altri italiani ed all’esodo del 90% della comunità autoctona italofona. Siccome più avanti si cerca di sminuire il peso delle morti perpetrate dall’esercito di liberazione jugoslavo e dalle sue quinte colonne locali contestualizzando il tutto in una prospettiva più ampia, sarebbe invece maggiormente oppor- tuno ricordare che contemporaneamente a questo tentativo di snazionalizzazione il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni colpiva altrettanto pesantemente la comunità austriaca della Slovenia settentrionale (Domenica di sangue di Marburg/

Maribor), gli italiani di Dalmazia (2.000 persone in fuga da Spalato, Ragusa, Sebenico e Traù costituirono il cosiddetto

“Esodo dimenticato”) e gli albanesi del Kosovo (progetto di trasferimento coatto di migliaia di albanesi in Turchia).

Di certo non tutte le 1700 foibe istriane sono state usate per scaraventarvi, spesso ancora vivi, i prigionieri torturati e sommariamente processati da parte delle milizie facenti capo a Tito, ma non si ritiene di “aumentare l’enfasi sensazionali- stica della propaganda irredentista” se si puntualizza che in- vece già nel 1941 il terreno carsico del Montenegro consentì ai partigiani jugoslavi di gettare in alcune foibe soldati italiani (in spregio alle convenzioni di guerra che tutelavano i prigio- nieri), che nel litorale dalmata esponenti di spicco della co- munità italiana furono annegati in mare e che molte operazio- ni di recupero delle salme dalle foibe furono rese impossibili dalla carenza di materiale speleologico adeguato, dall’anda- mento accidentato di questi inghiottitoi e dall’avanzato stato di decomposizione dei resti umani, che rendeva irrespirabile l’aria per chi scendeva decine di metri in profondità allo sco- po di effettuare ricognizioni e recuperi. 2.500 persone forse non sono state gettate tutte quante nella vecchia miniera di Basovizza (sicuramente un centinaio di militi della Guardia di Finanza di Trieste che, dopo aver combattuto il 30 aprile 1945 contro gli occupanti tedeschi nel corso dell’insurrezione cittadina, sarebbero poi stati trucidati in quanto rappresen- tanti di uno Stato italiano che si voleva cancellare dalla Vene- zia Giulia), ma sicuramente fra Basovizza, Monrupino, Abis- so Plutone, Corgnale ed altri abissi della zona il quantitativo dei morti può raggiungere tale cifra. Siffatti esercizi di conta- bilità mortuaria, tuttavia, sono degni dei negazionisti dell’Olo- causto che argomentano sulle cifre dei morti nelle camere a gas e nei forni crematori. A prescindere dal numero delle vitti- me, l’efferatezza delle tecniche di uccisione condanna questi crimini (avvenuti a guerra finita): persone cadute nel vuoto legate col fil di ferro ai polsi di prigionieri precedentemente

uccisi e rimaste agonizzanti in fondo alla foiba per giorni inte- ri prima di morire, fucilazioni e sventagliate di mitra a colonne di prigionieri sul ciglio della foiba, cani neri buttati nella foiba al termine di queste esecuzioni di massa in ossequio ad ag- ghiaccianti rituali scaramantici.

Ricondurre poi la prima ondata di uccisioni nelle foibe istriane (avvenute contemporaneamente alle fucilazioni di italiani consumatesi a Spalato e in altre località della Dalma- zia) ad un episodio di “jacquerie” è una tesi ormai superata:

l’opera postuma di Elio Apih Le Foibe giuliane (Leg, Gorizia 2010, a cura di Roberto Spazzali) ha corroborato la chiave di lettura fornita a suo tempo dal prof. Arnaldo Mauri e cioè che si è trattato dell’applicazione di una metodologia repressiva sovietica già sperimentata a Katyn a danno degli ufficiali po- lacchi fatti prigionieri nella campagna di settembre 1939 e successivamente in altri ambiti dell’Europa orientale, consi- stente nell’eliminazione delle figure di riferimento di una co- munità nazionale e nell’azzeramento della sua classe diri- gente, in maniera tale da lasciare i popoli in balia dei nuovi regimi comunisti, sovente privi di un vasto consenso. Inoltre nella Venezia Giulia gli opposti nazionalismi italiano e slavo erano stati fomentati dalle autorità asburgiche nella fase fina-

le dell’Impero Austro-Ungarico secondo una subdola logica del divide et impera. Le mire espansionistiche slovene e cro- ate nei confronti di quelle località della costa adriatica orien- tale in cui la maggioranza della popolazione era italiana af- fondavano perciò le radici nella seconda metà dell’Ottocento e trovarono realizzazione non con il progetto di riforma triali- sta della compagine austro-ungarica a beneficio della com- ponente slava, bensì dietro la bandiera rossa che l’esercito di Tito ostentava. Gli italiani che furono partecipi delle violenze a danno dei propri connazionali confermano il carattere di guerra civile che la Resistenza assunse ed in tale contesto avevano anteposto l’adesione ideologica al comunismo all’appartenenza nazionale (esempio più eclatante il massa- cro a Porzûs da parte di gappisti delle Brigate Garibaldi-Nati- sone dei partigiani “bianchi” contrari all’espansionismo jugo- slavo in territori abitati a maggioranza da italiani), laddove i loro “compagni” jugoslavi strumentalizzarono il comunismo con finalità nazionaliste.

Il nazionalcomunismo titoista incarnò, infatti, un progettò imperialista degli slavi del sud latente da tempo e che rivendi- cava territori in cui vi erano presenze slave (Carinzia austria- ca e Friuli Venezia Giulia italiano) nonché la trasformazione degli Stati confinanti balcanici (Albania, Bulgaria e Grecia) in satelliti di Belgrado, andando così a ledere la supremazia sovietica nell’Europa orientale sancita dagli accordi di yalta fra le grandi potenze vincitrici della Seconda guerra mondia- le. In questo progetto espansionista affondano le radici della rottura Tito-Stalin del 1948, ma le mire egemoniche titine così come gran parte delle epurazioni compiute a guerra finita ri- masero sconosciute grazie alla spregiudicata politica estera del dittatore croato, che di fatto, pur militando nelle logiche della Guerra Fredda fra i cosiddetti “Paesi Non allineati”, si rivelò un prezioso interlocutore per il blocco occidentale, che quindi silenziò qualunque ricerca e denuncia inerente le sue vessazioni.

Il fatto che poi a guerra finita anche nel resto d’Italia vi sia- no stati episodi di giustizia sommaria e rese dei conti non sminuisce certo l’impatto della tragedia rappresentata da foi- be, deportazioni e campi di concentramento jugoslavi, anzi, dimostra la necessità di approfondimento, analisi e raccolta di testimonianze rilasciate da superstiti o loro congiunti. Il giustificazionismo che interpreta le foibe come risposta a vio- lenze italiane (gran parte delle quali, per quanto odiose, at- tuate in tempo di conflitto ed applicando le leggi di guerra all’epoca vigenti ed alle quali si attenevano tutte le potenze belligeranti nelle forme di rappresaglie, campi di internamen- to e uso di ostaggi) non ha ragion d’essere in una comunità internazionale che si vorrebbe regolamentata dal diritto e dal senso di giustizia come quella che i vincitori della Seconda guerra mondiale intendevano istituire sulle macerie delle dit- tature sconfitte. Il carattere eccezionale delle stragi di italiani e di oppositori slavi del progetto totalitario di Tito risiede pro- prio nella coltre di silenzio che le ha avvolte per decenni, tan- to da rendere necessaria l’istituzione di una Giornata del Ri- cordo dedicata a queste vittime.

I partigiani che “entrarono a Trieste nel maggio 1945” rap- presentarono altresì un’invasione e annichilirono i partigiani del CLN di Trieste, i quali nel capoluogo giuliano non dovette- ro entrare, in quanto già c’erano, avendo realizzato l’insurre- zione cittadina il 30 aprile 1945 per effetto della quale la guarnigione tedesca era stata già costretta ad asserragliarsi in alcuni presidi e la città era stata liberata. Nei successivi Quaranta giorni la violenza nei confronti degli italiani aumen- tò indubbiamente e a questo si riferiva l’articolo del 10 feb- braio scorso, senza nulla togliere a quanto sofferto da parti- giani, ebrei ed antifascisti ad opera dei tedeschi e dei loro

collaborazionisti. Le efferatezze consumatesi nel campo di internamento della Risiera di San Sabba rientrano nelle com- memorazioni del Giorno della Memoria dedicate allo stermi- nio perpetrato nell’arcipelago concentrazionista nazista, i cri- mini del fascismo hanno la loro sanzione nella Festa della Li- berazione, il Giorno del Ricordo è il momento in cui l’italianità giuliano-dalmata chiede di ricordare le proprie vittime ed un momento di raccoglimento per commemorare le violenze che ha subito: negare, giustificare e ridimensionare quanto patito costituisce una nuova forma di violenza.

Nella pluralità di voci e di firme che dovrebbero dar vita allo speciale di Internazionale che i firmatari della lettera aperta auspicano, chiediamo che vi sia spazio anche per la testimo- nianza degli esuli che in prima persona vissero la tragedia dell’esodo, in maniera tale da confutare le ciniche e disuma- ne interpretazioni che sono state qui date alla scelta di eso- dare. In questa maniera si potrebbe capire quanto doloroso sia stato quel distacco, quanto nessuno si immaginasse di abbandonare la miseria per andare nel paese di Bengodi, quanto la sotterranea finalità di nuocere all’economia jugo- slava (dietrologia pura!) fosse assente nelle famiglie intere che abbandonavano una terra in cui erano radicate da gene-

razioni. Il Presidente del Consiglio De Gasperi ed il CLN dell’Istria cercarono in tutti i modi di frenare que- sta emorragia, l’uno perché confidava in successivi aggiustamenti confinari e per non trovarsi a gestire l’emergenza umanitaria di decine di migliaia di profu- ghi nella disastrata Italia dell’immediato dopoguerra (i 109 Centri Raccolta Profughi furono la improvvisa- ta e dolorosa risposta a questa crisi), l’altro perché auspicava un plebiscito che consentisse alla popola- zione di esprimere liberamente la propria apparte- nenza statuale coerentemente al principio di autode- terminazione dei popoli. E’ addirittura oltraggioso so- stenere che 350.000 persone di ogni estrazione poli- tica e sociale abbiano abbandonato le proprie case lusingati da fantomatiche rosee prospettive economi- che, laddove con i loro beni abbandonati e poi nazio- nalizzati dal regime di Belgrado lo Stato italiano sal- dò, contravvenendo alle disposizioni del trattato di pace, parte delle riparazioni dovute alla Jugoslavia ed ancora non ha corrisposto un equo indennizzo agli esuli ed ai loro discendenti. La verità è che in Istria e a Fiume il governo militare jugoslavo, in atte- sa delle decisioni della conferenza di pace, aveva diffuso un clima intimidatorio, perseguitava le mani- festazioni di italianità, continuava a far sparire nel nulla i pun- ti di riferimento della comunità italiana e procedeva ad un’an- nessione strisciante di queste terre, travalicando le caratteri- stiche di provvisorietà che un Governo Militare dovrebbe avere (garantire l’ordine pubblico e la sicurezza in attesa di una sistemazione definitiva). I gerarchi di Tito e l’OZNA, la sua polizia segreta, avevano invece operato dal maggio 1945 all’inverno 1946-’47 per diffondere un clima di terrore nella popolazione italiana (episodi più eclatanti furono il mar- tirio in odium fidei del beatificato Don Bonifacio e l’attentato dinamitardo di Vergarolla, compiuto in zona di pertinenza an- gloamericana, con un centinaio di morti e decine di feriti) con il dichiarato intento di farla allontanare: «[…] Ricordo che nel 1946 io [Milovan Đilas, ndr] ed Edvard Kardelj andammo in Istria a organizzare la propaganda anti-italiana. Gli italiani erano la maggioranza solo nei centri abitati e non nei villaggi.

Ma bisognava indurre gli italiani ad andare via con pressioni d’ogni tipo. Così fu fatto» (intervista al periodico Panorama del luglio 1991).

Coerentemente allo spirito della legge istitutiva del Giorno del Ricordo, le associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dal- mati si impegnano oggi affinché questi drammi vengano por- tati alla conoscenza di tutti senza discriminazioni e distinguo e per il riconoscimento di questa tragedia al pari delle altre grandi catastrofi del Secolo breve. D’altro canto hanno avvia- to da sette anni un proficuo tavolo di lavoro con il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca che ha portato alla realiz- zazione di concorsi scolastici e di seminari di aggiornamento per i docenti tenuti da insegnanti universitari e storici qualifi- cati. In concomitanza con il Giorno del ricordo 2016 la rivista Storia in Rete ha dedicato un numero monografico alla storia del confine orientale italiano, coinvolgendo storici che da tempo collaborano con le associazioni dell’esodo giuliano- dalmata, e la trasmissione televisiva Terra ha realizzato uno speciale, sicché altrettanto interessante potrebbe essere un approfondimento di Internazionale, ma, come sopravvissuti e testimoni della Shoah vengono interpellati in occasione del Giorno della Memoria ed i tentativi revisionisti o negazionisti vengono silenziati, così anche la comunità degli esuli chiede rispetto per i propri lutti, empatia per le proprie sofferenze e assenza di livore e di velleità giustificazioniste nelle ricerche storiche che li riguardano da vicino.

Lorenzo Salimbeni (ricercatore storico); Giuseppe de Vergottini (Alma Mater Studiorum - Università di Bologna e Coordinamento Adriatico); Davide Rossi (Università degli Studi di Trieste); Antonio Ballarin (Federazione delle Asso- ciazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati); Lucia Bella- spiga (giornalista inviata speciale de “Avvenire”); Jan Ber- nas (giornalista e scrittore); Manuele Braico (Associazione delle Comunità Istriane); Guido Brazzoduro (Libero Comu- ne di Fiume in Esilio); Guido Cace (Associazione Nazionale Dalmata); Marco Cimmino (insegnante); Renzo Codarin (Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia); Renzo de’ Vidovich (Fondazione Rustia Traine); Viviana Facchi- netti (giornalista e scrittrice); Diego Lazzarich (Università degli Studi della Campania); Fabio Lo Bono (giornalista e scrittore); Emanuele Mastrangelo (editor e cartografo);

Marco Panti (dirigente scolastico); Giuseppe Parlato (Uni- versità degli Studi Internazionali di Roma); Michele Pigliucci (Comitato 10 Febbraio); Alessandro Quadretti (regista);

Pier Franco Quaglieni (Centro “Pannunzio”); Paolo Radivo (direttore de “L’Arena di Pola”); Paolo Sardos Albertini (Le- ga Nazionale e Comitato Onoranze ai Martiri delle Foibe);

Giorgio Federico Siboni (Università degli Studi di Milano);

Tito Lucilio Sidari (Libero Comune di Pola in Esilio); Lucio Toth (FederEsuli).

Una risposta chiara ai giustificazionisti

Una famiglia polesana in attesa di partire

(4)

4 STORIA & LIBRI

L’ARENA DI POLA n. 1 del 1° GENNAIO 2017

Prossime presentazioni del libro di Radivo

Le prossime presentazioni del libro di Paolo Radivo La strage di Vergarolla (18 agosto 1946) secondo i giornali giuliani dell’epoca e le acquisizioni successive (LCPE, 2016) avranno luogo giovedì 26 gennaio 2017 alle 19.45 al Circolo Volta in Via Giusti 16 a Milano su iniziativa degli Amici Triestini, mercoledì 8 febbraio a Trieste presso il Museo della Civiltà istriana, fiumana e dalmata in Via To- rino 8 su iniziativa dell’IRCI e dell’Associazione delle Co- munità Istriane, martedì 14 febbraio all’Istituto Compren- sivo “Giorgio Perlasca” di Ferrara, giovedì 16 febbraio all’Hotel Urban di Androna Chiusa 4 a Trieste su iniziativa dell’associazione EOS - Centro Internazionale di Studi delle Culture, e lunedì 6 marzo a Gorizia su iniziativa del Comitato provinciale dell’ANVGD.

Strage di Vergarolla: il comunista rovignese citato da “Radio Venezia Giulia” non era pratico di esplosivi

Centenario imperiale

Domenica 18 dicembre, al ristorante “Bepi venesian” di Mestre, la prof.ssa Romana de Carli Szabados, esule polesana e socia dell’LCPE, ha presentato il suo nuovo libro Centenario imperiale. Triste rassegnato tramonto (Rigoni editore, 2016). «I sentieri della gloria – si legge in quarta di copertina – conducono solo alla tomba: il cele- bre aforisma di Thomas Gray è sempre attuale come in quel plumbeo autunno del 1916 quando Francesco Giu- seppe scomparve dopo 68 anni di permanenza sul trono asburgico. Con la sua tumulazione nella Cripta dei Cap- puccini si chiuse davvero un’epoca, sia pure col breve corollario di Carlo, l’ultimo Imperatore che avrebbe re- gnato per un solo biennio, seguito dall’esilio e dalla morte in odore di santità. Francesco Giuseppe ebbe una vita tragica, segnata dai drammi di Massimiliano, Rodolfo, Elisabetta e Francesco Ferdinando, e dal tramonto di un sogno ormai utopistico come quello di conservare l’Anti- co Regime nel segno della Santa Alleanza: la Grande Guerra avrebbe dato luogo al crollo definitivo delle ultime autocrazie, ma l’idea di nazionalità si era già imposta da tempo nello spirito dei popoli».

Il 10 ottobre 1946 l’emittente clandestina “Radio Venezia Giulia”, che trasmetteva da Venezia e già si era occupata dell’eccidio di Vergarolla propendendo da subito per la matri- ce titina, diede a bruciapelo una notizia composta da due so- le scarne frasi: «Il rovignese Giordano Paliaga detto Beldine- ri, agente dell’OZNA in missione spesso a

Pola, secondo voci pervenuteci dovrebbe sa- pere qualcosa sul massacro di Vergarolla. La polizia di Pola potrebbe indagare». Fu questo l’unico nominativo menzionato da un qualche organo di informazione dell’epoca riguardo al luttuoso evento. Ma per quasi 70 anni nessu- no se ne accorse.

Il direttore de “L’Arena di Pola” Paolo Radi- vo l’ha scoperto consultando l’archivio digita- le di “Radio Venezia Giulia”, conservato a Trieste presso l’Istituto per la Storia del Movi- mento di Liberazione nel Friuli Venezia Giu- lia. Nel suo libro La strage di Vergarolla se- condo i giornali giuliani dell’epoca e le acqui- sizioni successive (Libero Comune di Pola in Esilio, Trieste 2016), oltre a riportare il breve testo originale letto dall’emittente, a pag. 134 commenta: «Tale affermazione, un po’ sibilli- na, non costituiva un chiaro atto d’accusa contro Paliaga, il quale però secondo l’emit- tente era almeno una “persona informata sui fatti”. La notizia non fu ripresa da nessun’al- tra testata. A dire il vero, l’OZNA, costituita nel 1944, era stata formalmente sciolta nel

gennaio 1946, quando i servizi segreti jugoslavi furono riarti- colati diversamente. Il termine “OZNA” rimase però ancora a lungo nell’immaginario collettivo per designare la famigerata polizia politica titina».

Approfondendo il tema alle pagine 633-634, Radivo forni- sce una breve biografia di Giordano Paliaga basata su quan- to riferitogli da due connazionali residenti a Rovigno. Al termi- ne l’autore osserva: «Tali elementi non bastano certo per im- bastire un qualsivoglia capo di imputazione a carico di Gior- dano Paliaga-Beldineri. Non è nemmeno assodato se aves- se fatto parte o meno dell’OZNA. Certamente, essendo all’epoca in stretti rapporti con i massimi vertici titoisti polesi, avrebbe potuto sapere qualcosa sugli autori della strage».

La figlia, prof.ssa Daniela Paliaga, ha ora portato a Radivo ulteriori preziosi elementi per un’analisi più completa e obiet- tiva di quei momenti. «Reputo mio padre – spiega – comple- tamente estraneo ai fatti. La notizia di “Radio Venezia Giulia”

data a quasi due mesi di distanza è, come molte altre nella situazione caotica della Pola del dopoguerra, realmente poco credibile. Il “dovrebbe sapere qualcosa […] la polizia di Pola

potrebbe indagare” non significa realmente nulla. Non vi è alcuna prova di una sua qualche corresponsabilità. Egli non fu mai indicato come agente dell’OZNA (UDBA), né quale persona “informata dei fatti”, né altro da nessuna fonte né prima né dopo l’attentato di Vergarolla».

«Mio padre inoltre – racconta la figlia – non aveva alcuna dimestichezza con gli esplosivi, probabilmente per il suo scarso addestramento militare nella Regia Marina (dopo l’in- gresso dell’Italia nella Seconda guerra mondiale aveva fatto parte dei Battaglioni speciali quale “allogeno”), e forse per-

ché fortemente astigmatico, tanto che porta- va lenti spesse fin da giovane. Partigiano pri- ma in Corsica e poi in Jugoslavia dall’estate del 1944, rientrò a Rovigno dopo un anno.

Martedì 6 agosto 1946, ovvero 12 giorni pri- ma dell’esplosione, si sposò con la connazio- nale Elena Nadovich e nei giorni seguenti passò con lei una breve luna di miele sull’iso- la di Figarola, davanti a Rovigno».

«Se – commenta Radivo – oltre a tutto ciò consideriamo che appena la sera del 5 ago- sto il comitato organizzatore della Coppa Scarioni decise la data dell’evento sportivo svoltosi nella baia di Vergarolla domenica 18 agosto, e che il 14 agosto venne diffuso il programma definitivo delle gare, risulta diffici- le credere in un suo coinvolgimento».

Daniela Paliaga conferma che in quell’epo- ca suo padre operava a Pola per conto del partito comunista croato, ma non sa con esattezza quando avesse iniziato a farlo e quando vi si fosse trasferito. Non ha mai avu- to notizia invece di sue attività nell’area di Di- gnano-Gallesano-Fasana. Durante tutto il periodo del GMA e dopo fu sempre a Pola, dove lei nacque nel gennaio 1948. In seguito il padre le rac- contò del proprio impegno in città nello schieramento comu- nista filojugoslavo. La prof.ssa Paliaga aggiunge che nel 1949 suo padre e sua madre tornarono a Rovigno con lei bambina. Nel 1951 la madre fu espulsa dal partito, mentre nel 1952 il padre fu destituito da segretario della locale sezio- ne e nel 1954 si ritrovò pure disoccupato. Diversi furono i suoi incarichi più tardi, a partire dal 1957, sia nell’Ufficio tas- se che contabilità del Comune, per essere eletto poi presi- dente della Comunità degli Italiani di Rovigno fino al suo pensionamento, avvenuto nel 1973.

«Mio padre – dichiara Daniela Paliaga – non fece mai car- riera innanzitutto perché non interessato a ciò, poi perché non accettò compromessi ed osò esprimere il proprio pensie- ro in un modo troppo schietto per i gusti del regime. Dopo il defenestramento di Antonio Borme da presidente dell’Unione degli Italiani dell’Istria e di Fiume, uscì dal partito comunista jugoslavo e restituì la tessera. Si dedicò alle sue vigne, all’or- to e ai suoi quadri, diventando finalmente padre e nonno a tempo pieno. Il suo decesso risale al 3 gennaio 1995».

E’ stato presentato venerdì 2 dicembre alla Comunità degli Italiani di Rovigno il libro di Orietta Moscarda Oblak Il “potere popolare” in Istria (1945-1953), edito dal Centro di Ricerche Storiche di Rovigno con i fondi del Ministero degli Esteri ita- liano tramite la collaborazione tra Università Popolare di Trie- ste e Unione Italiana. Il volume, di oltre 420 pagine, è il risul- tato della sua tesi di dottorato in Scienze umanistiche conse- guito all’Università di Trieste. Dopo l’esibizione del coro della SAC “Marco Garbin” della CI di Rovigno e i saluti del direttore del CRSR Giovanni Radossi, del presidente della CI Marino Budicin, del presidente dell’UPT Fabrizio Somma e del presi- dente della Giunta esecutiva dell’UI Maurizio Tremul, il prof.

Raoul Pupo (Università degli Studi di Trieste) ha illustrato il valore dell’opera, che colma una lacuna e costituisce una svolta nel campo della ricerca storiografica. Pubblichiamo di seguito quasi per intero l’allocuzione tenuta dall’autrice.

La finalità della ricerca confluita nel volume della collana

“Monografie” del CRS è stata quella di studiare la costruzio- ne del “potere popolare” da parte del nascente regime comu- nista jugoslavo in una realtà complessa come quella istriana, nel periodo che va dal 1945 al 1953. Per far ciò, l’attenzione è stata rivolta al complesso dei cambiamenti politici, sociali ed economici introdotti nell’area istriana con il passaggio all’amministrazione jugoslava, che coincise con l’instaurazio- ne e l’organizzazione di un nuovo potere politico e civile. Ho preferito quindi evitare una ricostruzione particolareggiata dell’instaurazione del regime comunista in Istria e in Croazia/

Jugoslavia, per concentrarmi piuttosto sull’esame di alcuni importanti centri del potere jugoslavo (esercito, polizia segre- ta, partito, CPL) allo scopo di coglierne le caratteristiche prin- cipali e di proporre un quadro d’assieme circa la politica at- tuata nei confronti della popolazione istriana, sia quella italia- na che quella croata, nel periodo compreso fra il 1945 e il 1953.

La ricerca si è concentrata sul territorio di quella che oggi è l’Istria appartenente alla Repubblica di Croazia ad esclusione della zona di Buie – la quale nel 1947 con il Trattato di pace avrebbe costituito la Zona B del Territorio Libero di Trieste e soltanto nel 1954, con il Memorandum d’Intesa, sarebbe sta- ta definitivamente integrata nella Croazia, ovvero nella Jugo- slavia – e di Pola, che dal 1945-1947 venne amministrata dagli angloamericani, per poi passare alla Jugoslavia. Ho ri- tenuto necessario limitare l’estensione geografica da prende- re in esame, proprio per la complessità della periodizzazione della storia istriana nel dopoguerra. Il territorio considerato nella ricerca è dunque quello “liberato” dall’esercito partigia- no, che sarebbe stato dapprima amministrato militarmente (giugno 1945 - settembre 1947), per poi venire annesso allo Stato jugoslavo. In tale area quindi si registra una continuità del potere che ha reso più agevole l’analisi, che in secondo momento potrà venire estesa anche a contesti diversi, quali Pola, la zona B del TLT e Fiume.

Sulla sovra copertina del volume è riprodotto un disegno in

bianco e nero degli anni ’50, di Bruno Mascarelli, che ritrae due giovani sorridenti con tutta la simbologia e i motivi pa- triottici di quel periodo. Sul IV di copertina, invece, un’altra fotografia in bianco e nero che ritrae lo slogan propagandisti- co del dopoguerra “Morte al fascismo - Libertà ai popoli” che si è conservato fino ai nostri giorni sulla facciata di una casa.

Le due immagini racchiudono brillantemente una delle tema- tiche presentate nel volume, ovvero il divario tra gli ideali di quel potere popolare e di quella fratellanza italo-slava e la realtà, che in nome della costruzione di una società migliore portò allo svuotamento e all’abbandono di interi paesi e alla

“semplificazione”

etnica dell’Istria.

Nel dopoguerra l’Istria era caratte- rizzata da realtà profondamente di- verse, con proprie caratteristiche poli- tiche, nazionali, economiche e so- ciali, maturate nel corso dell’800 e

’900, che resero difficile l’instaura- zione di un nuovo potere il quale, no- nostante mostras- se un’immagine fortemente interna- zionalista, si pre- sentava con finali- tà annessionisti- che che si poneva- no in piena conti-

nuità con le rivendicazioni classiche dei movimenti nazionali sloveno e croato. Pertanto il nuovo modello di potere jugosla- vo, rivoluzionario d’impianto stalinista, andò a cozzare contro una serie di problemi legati all’antagonismo nazionale, che in parte coincideva con la divisione sociale, ma che presentava anche una specifica dimensione culturale.

Discutendo di tali argomenti, le storiografie nazionali han- no evidenziato forti limiti di prospettiva. Per superarli, il taglio analitico qui adottato ha cercato di cogliere la specificità della situazione istriana, paragonandola con le esperienze matu- rate e nel quadro dei rivolgimenti che interessarono l’intero territorio jugoslavo del dopoguerra.

L’originalità di questo volume si basa sulla raccolta e sullo studio di un ampio repertorio di fonti archivistiche concernen- te la fase jugoslava della storia dell’Istria, conservate presso l’Archivio di Stato di Pisino e quello di Zagabria. L’attività di ricerca si è concentrata su due grandi blocchi documentari, quello relativo ai nuovi organismi jugoslavi del potere civile, i Comitati popolari di liberazione (CPL), e quello relativo ai

fondi riguardanti le strutture organizzative del partito comuni- sta croato esistenti sul territorio istriano (Komitet).

L’attività di ricerca presso l’Archivio di Stato di Zagabria, in particolare, ha riguardato alcuni filoni d’indagine, che hanno permesso di integrare i materiali rinvenuti a Pisino, come il fondo relativo all’organismo regionale del partito comunista croato/jugoslavo (Comitato regionale del PCC per l’Istria).

All’interno del fondo della Presidenza del Governo della RP di Croazia, è risultata utile la documentazione delle sezioni repubblicane che si occupavano o che avevano competenza anche per il territorio istriano, come la Commissione per le questioni istriane (1945) e l’Ufficio per le informazioni (1948- 1952), nonché la Sezione Consolare, che si è rivelata copio- sa in fatto di documentazione sulle richieste di opzione per la cittadinanza italiana. Altri filoni presi in esame hanno riguar- dato i fondi del Ministero per i territori neoliberati – l’organi- smo federale formato nel 1948, che coordinò i piani economi- ci, sociali e culturali per l’Istria – e quello del suo ufficio re- pubblicano, la Direzione per i territori neoliberati, ma che ri- entrava all’interno della Presidenza del governo croato.

Per analizzare tale massa imponente di documentazione inedita, combinandola con le altre fonti e le informazioni of- ferte da una bibliografia assai nutrita, il volume è stato artico- lato in quattro grossi capitoli: La presa del potere, Il nuovo ordine, Il potere civile: organizzazione e autorità, Consolida- mento e omologazione politica e nazionale (1948-1953), cia- scuno a sua volta adeguatamente suddiviso in sottocapitoli.

Orietta Moscarda Oblak

Il “potere popolare” in Istria (1945-1953): propaganda e realtà

Riferimenti

Documenti correlati

Contemporaneous increases in the volatility of taxes such as the VAT or income taxes are that are frequently collected tend to increase the share of public investment relative

This is not the case of postverbal position and clitic doubling, the former appears to make all types of verb less acceptable but psych verbs in particular,

Thus, the thesis aims to reconstruct the trajectories of Holberg’s thought and to situate his thinking about monarchism, religion, and moral philosophy – the

Commovente è stata l’intenzione di preghiera espressa da Grazia Del Treppo: «Con il trascorrere degli anni la nostalgia per la nostra amata e dolce terra si fa sempre più dolo- rosa

Il percorso ha toccato l’ex Casa della Bambina Giuliano-Dalmata, il bar “zara”, la sede dell’Associazione Sportiva Giuliana, le ex officine operaie e artigiane del

Nonostante il progetto Life WOLFNET non sia ancora giunto al termine, in base alla valutazione critica dei dati oggettivi e dei risultati ottenuti dopo quasi 5 anni

Considerando invece la relazione fra picchio nero e struttura dell'habitat, dati riguardanti il Parco Regionale delle Orobie Valtellinesi mostrano come la specie

Il MAP, è un vero e proprio supporto per la pianificazione assistenziale infermieristica ed ha come obiettivo quello di proporre e sperimentare un metodo per la messa a punto di