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L ARENA DI POLA - Registrata presso il Tribunale di Trieste n del ANNO LXIII Mensile n. 2 del 28 febbraio 2007

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Fondato a Pola il 29.7.1945 - Organo dell’Associazione del “Libero Comune di Pola in Esilio” - Via Silvio Pellico, 2 - 34122 Trieste Direttore responsabile: Silvio Mazzaroli - Redazione: via Malaspina 1 - 34147 Trieste - Telefono e Fax 040.830294

Quote associative annuali per l’Italia: € 30 - Per le Americhe € 60 - Per l’Australia € 66 - da versare sul Conto Corrente Postale n. 38407722 intestato a L’Arena di Pola - Trieste Le copie non recapitate vanno restituite al CPO di Trieste per la restituzione al mittente previo pagamento resi

L’ARENA DI POLA - Registrata presso il Tribunale di Trieste n. 1061 del 21.12.2002 ANNO LXIII - 3282 - Mensile n. 2 del 28 febbraio 2007

ALL’INTERNO

Foiba di Basovizza, Monumento nazionale:

inaugurazione del sito

***

Gli interventi del Presidente della Repubblica,

del Vescovo e del Sindaco di Trieste

in occasione delle celebrazioni ufficiali

***

Un percorso storico illustrato da Gigi Vidris

***

El mondo xe rotondo di Fausto d’Asta

***

I Polesani di Torino festeggiano San Tommaso

***

Lettere in redazione risponde Silvio Mazzaroli

GIORNO DEL RICORDO E ETICA DELLA MEMORIA

di Silvio Mazzaroli

Il

“Giorno del Ricordo”, lungamente atteso, sem- bra finalmente aver im- boccato un percorso “virtuoso”

che lo sta trasformando sempre più, da statico episodio mera- mente celebrativo, in un processo dinamico dagli elevati contenuti etici e dai promettenti sviluppi.

La ragione del cambiamento sta essenzialmente nel fatto che anche a noi Esuli è stata “demo- craticamente” concessa, ancor- ché con sessant'anni di colpevole ritardo, una più ampia libertà d'a- zione, una maggiore facoltà di comunicare, permettendoci di riesumare dalle “foibe”, dove sembrava fossero stati definitiva- mente fatti precipitare, quegli elementi di verità che stanno scuotendo - e non vorremmo fos- se solo una nostra illusione - l'o- pinione pubblica nazionale, mes- sa finalmente nelle condizioni di conoscere e capire. In tale ottica, persino le retrive operazioni di

“contromemoria”, messe villana- mente in essere proprio nel Gior- no del Ricordo, sono le benvenu- te, perché consentono, almeno a quanti hanno il coraggio morale di farlo, di ribatterle, con orgo- glio per il nostro vissuto e per le scelte compiute, avvalendosi del- l'evidenza dei fatti.

Per questo, ci sono anche dei meriti che è doveroso ed onesto riconoscerlo - anche se nel nostro

Il caso La Spezia

Le vergognose menzogne della “signora K”

A

La Spezia, l'8 febbraio scorso, per commemorare il «Giorno del Ricordo» delle foibe e dell'esodo di 350.000 italiani dall'Istria, Fiume e Dalmazia, i Consiglieri di Rifondazione comunista della Pro- vincia hanno invitato la sedicente storica Alessandra Kersevan, ben no- ta per le sue tesi «negazioniste». A detta della relatrice, i fatti avvenuti nella Venezia Giulia alla fine della Seconda guerra mondiale si devono configurare come la giusta rivalsa del popolo slavo contro l'aggressio- ne dell'Italia fascista avvenuta nei balcani. La Kersevan ha poi negato l'esistenza del «fenomeno foibe» definendolo una sorta di mito creato ad arte dagli esuli per boicottare il disegno europeo teso a istituire la fratellanza italo-slava. A quelle affermazioni l'uditorio è esploso in una energica contestazione che ha richiesto l'intervento della Digos. La conferenza è stata sospesa e le polemiche che sono seguite sono divam- pate per giorni nella città ligure, allargandosi a macchia d'olio fino a di- ventare un caso nazionale. La stampa locale ha avuto modo di scrivere fiumi d'inchiostro sul caso, al punto che «Il Giornale» del 15.02, in un articolo di Maria Vittoria Cascino, titolava: «Scuse ai parenti degli infoibati ma il caso «Spezia» si allarga.» «Dopo la relazione «negazio- nista» le famiglie dei massacrati si ribellano». Non a caso durante la

trasmissione «Otto e mezzo» sull'emittente televisiva «La 7», condotta da Giuliano Ferrara, il problema si è ripresentato con le stesse modalità ma con la variante che a negare la barbarie slavo-comunista titina è sta- ta Claudia Cernigoj.

Per correttezza di informazione va ricordato che il «casus belli» di La Spezia è stato condotto da Amorino Armenio di Pola, gia Presidente del locale Comitato Provinciale ANVGD e da Vittorio Sopracase di Galle- sano, esule e figlio di Erminio, operaio di 30 anni nell'Arsenale di Pola, infoibato insieme a tutto il gruppo dei Gallesanesi alla fine di maggio del 1945.

Vittorio Sopracase è uno stimato pittore di livello internazionale, che ha dato lustro alla città in cui risiede dal tempo dell'esodo. Recente- mente, in qualità di cittadino benemerito, la Camera di Commercio di La Spezia gli aveva conferito una prestigiosa onorificenza. Sopracase ha accusato la Kersevan di mentire spudoratamente sulle foibe come coloro che fanno l'apologia del titoismo. Per onorare la memoria di suo padre, Vittorio Sopracase ha minacciato di querelare la Presidente Ber- tone ma soprattutto Marco Ferrari, Presidente provinciale delle istitu- zioni culturali, responsabile di aver invitato la Kersevan.

SEGUE A PAGINA 2

Non siamo revanscisti,

il Trattato di Pace tutela i beni

degli Esuli

D

esidero ricordare all'ex ministro Giovanardi che irresponsabili e colpevoli del- le truffe architettate per sot- trarre i beni agli esuli furono e rimangono i Governi italiani che, d'accordo con la Jugosla- via prima e con Slovenia e Croazia poi, da sessant'anni a questa parte continuano a mantenere in vita le violazioni al Trattato di Pace che, seppu- re iniquo, garantiva all'alle- gato XIV il diritto di pro- prietà. Accusare la maggiore organizzazione degli esuli, che ha finalmente ripreso, in maniera seria ed onesta, ad adempiere alla tutela degli in- teressi ed alla difesa dei diritti dei 32 mila esuli suoi aderenti, mi sembra quantomeno para- dossale.

E' necessario, una volta per tutte, fare chiarezza affinché gli italiani capiscano che le ri- chieste degli esuli non sono ri- vendicazioni revansciste, ma legittime richieste di ripristino della giustizia.

MASSIMILIANOLACOTA

Presidente dell'Unione degli Istriani Quanto precede è la replica - inviati agli organi di stampa nazionali - del presidente La- cota alle dichiarazioni dell'ex ministro Carlo Giovanardi, se- condo il quale “ogni tanto qualche frangia marginale (?) degli esuli se ne viene fuori di- cendo che vanno cancellati i trattati del passato”, a suo dire,

“affermazioni altrettanto irre- sponsabili di quelle di Mesic”.

di Massimiliano Lacota

di Piero Tarticchio Paese è sempre arduo scindere

nettamente ciò che è etico da ciò che è strumentale - vanno, al pre- sente, ascritti soprattutto al Presi- dente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per il discorso pro- nunciato in occasione dell'incon- tro con i congiunti delle Vittime delle foibe. Un intervento corag- gioso - lo dimostrano le polemi- che che ne sono seguite - che, pe- raltro, ha permesso anche ad altri

che hanno parlato in occasione del Giorno del Ricordo di espri- mersi (come riscontrabile nelle pagine di questo giornale) senza più reticenze. Un discorso, il suo, che vorremmo rimanesse un pun- to fermo nella storia democratica del nostro Paese e - ce lo auguria- mo - senza più umilianti e penosi cedimenti nei rapporti internazio- nali, in primo luogo, con Slove- nia e Croazia.

In quanto precede si è fatto ri- petuto uso dell'aggettivo etico.

Esso riguarda un qualcosa che si riferisce allo svolgimento pratico della vita, basato su principi mo- rali quali rispetto della verità, fi- nalità di giustizia, correttezza nelle relazioni, … ; riguarda le azioni ed i comportamenti, il rap- portarsi di un soggetto con gli al- tri.

SEGUE A PAGINA 2

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PAG.

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L’ARENA DI POLA N. 2 del 28 febbraio 2007

F LASH

A CURA DELLA REDAZIONE CON LA COLLABORAZIONE

DEI LETTORI

GIORNO DEL RICORDO E ETICA DELLA MEMORIA

SEGUE DALLA PRIMA PAGINA

Il quotidiano «La Nazione» ha pubblicato una serie di articoli che, giorno per giorno hanno riportato l'e- volversi della vicenda fino al 14 febbraio in cui, insie- me alle scuse del Comune e della Provincia, si am- metteva che era stato un errore invitare la storica «ne- gazionista». Le istituzioni comunali e provinciali han- no fatto ammenda e hanno deciso di schierarsi dalla parte degli esuli.

E' quanto mai vergognoso che una parte delle am- ministrazioni civiche di estrema sinistra sentano il do- vere di chiamare i «falsificatori della memoria» per evocare brandelli di Storia patria, che appartengono a tutti gli italiani, anziché sentire le testimonianze di quanti hanno vissuto sulla propria pelle le dolorose vicende delle foibe e dell'esodo. Al coro di consensi che si stanno levando per le nostre tragedie, un contri- buito notevole lo ha dato il Presidente della Repubbli- ca Giorgio Napolitano che, nel corso della cerimonia al Quirinale per la consegna delle medaglie ai con- giunti degli infoibati ha pronunciato il discorso inte-

gralmente riportato a pagina 12.

Più vibrante si sta levando la voce degli esuli che reclamano il diritto di essere ricordati per le immani sofferenze patite attraverso le foibe, per l'esodo e per i ghetti dei campi profughi in cui sono stati confinati, più aspro è diventato il dissenso delle sinistre più radi- cali che non perdono l'occasione per organizzare una

«Contro giornata del ricordo», chiamando a parlarne le voci più becere e retrive della disinformazione, og- gi identificabili nei signori Scotti, Kersevan e Cerni- goj.

Di una cosa siamo certi: per commemorare la Shoah non verrebbe mai in mente a nessuno di chia- mare un nazista; come siamo altrettanto sicuri che, in Germania, negare l'Olocausto venga considerato rea- to punibile con la galera. Sapremo nei prossimi giorni se dopo le numerose interpellanze fatte ai politici e al guardasigilli on. Clemente Mastella, se si possa confi- gurare una denuncia a carico di questi pseudo-storici - dispensatori di falsità - per vilipendio a una legge del- lo Stato.

PIEROTARTICCHIO

Le vergognose menzogne...

SEGUE DALLA PRIMA PAGINA

Etico può, pertanto, essere defi- nito il comportamento del Presi- dente Napolitano che, peraltro, ha potuto confermare il suo dire, ma- gari con toni più diplomatici, nel successivo intervento a Strasburgo;

sicuramente non etico è stato l'at- tacco portatogli dal Presidente croato Mesic, tant'è che, con ben scarsa convinzione, ha dovuto poi fare “marcia indietro”. Ancora, sufficientemente etico, almeno nel- le premesse, è stato il comporta- mento del Governo italiano allor- ché ha convocato il tavolo di con- fronto con le associazione degli esuli; non tanto per la determina- zione, assolutamente non palesata - stante il carattere interlocutorio dell'incontro - di voler fare final- mente giustizia, quanto piuttosto per averlo fatto a principio (o chis- sà, forse a fine, stando agli sviluppi del giorno dopo) legislatura. Scar- samente etico, di contro, il compor- tamento dello stesso Governo, al- lorché il suo Ministro degli Esteri, D'Alema, a Lubiana, ha sostenuto la necessità di rivedere i trattati (quello di Roma dell'83, in partico- lare) e, neanche un mese dopo, la nega per non turbare i rapporti di buon vicinato ed ostacolare il pro- cesso di avvicinamento della Croa- zia alla UE.

Ma, ritornando al nostro Giorno del Ricordo, è possibile usare l'ag- gettivo etico, riferendolo alla me- moria? Forse, con riferimento alla memoria in sè, appare poco appro- priato; lo è certamente se riferito al

“fare memoria”. E com'è che si fa, che noi cerchiamo, di fare memo- ria? Con dibattiti, libri, cerimonie, intitolazioni di strade, piazze, e giardini; con monumenti e targhe;

con tutto ciò che può trasmettere un chiaro ed inequivocabile mes- saggio di verità e giustizia a coloro a cui è diretto. È in questa ottica che anche un soggetto inanimato, destinato a rapportarsi con chi gli sta di fronte perché gli trasmette memoria, diventa più o meno etico.

Ecco, dunque, che non per spiri- to di polemica, ma perché nella cir- costanza ci consideriamo parte le- sa, che ci sentiamo in diritto di cri- ticare, definendola “non etica”, la targa (di cui alla foto qui pubblica- ta), apposta nel Giorno del Ricordo nella Stazione di Bologna, d'intesa tra quella Amministrazione e la Di- rigenza nazionale della Anvgd. Es- sa è un assai discutibile mix di ve- rità (ormai non più negabile) e, per quanto più direttamente ci riguar- da, di menzogna; una operazione forse politicamente utile, ma non per questo meno meschina. Quel menzognero “atteggiamento di ini- ziale incomprensione” (ben sappia- mo a cosa fa riferimento) non è, in- fatti, minimamente rapportabile al- la realtà dei fatti, mirabilmente sin- tetizzati dal grande Biagio Marin in un suo articolo, dal titolo “Realta' amara”, del 1955. Così scriveva:

“Noi (esuli) eravamo, non italia- ni che volevano vivere nell'ambito dei propri connazionali, ma dei perversi degni di morte! Perché non eravamo disposti a diventare gli iloti degli slavi. Ma sia detto, questo abisso di incoscienza uma- na, se non in una forma così cinica, è di molti italiani, che non ci hanno sentito, non ci sentono come carne loro, che non hanno sentito la per- dita dell'Istria come una stroncatu-

ra del proprio corpo, …Siamo soli tutt'ora”.

Ma non è solo la targa, incolpe- vole, ad essere “non etica”; lo è sta- to anche il comportamento di chi quel testo lo ha concordato. Su quei treni in transito per la stazione di Bologna c'erano soprattutto Esuli da Pola e nessuno si è sognato di sentirli preventivamente, né con- tattandoli a livello individuale (e sicuramente ancora c'è chi può te- stimoniare su quanto effettivamen- te accaduto) né rivolgendosi all'As- sociazione del “Libero Comune di Pola in Esilio”, che più di ogni altra li rappresenta. Tutti, con un atteg- giamento omertoso, sono stati mes- si di fronte al fatto compiuto, infi- schiandosene delle loro sensibilità.

A quanti sono stati coinvolti in questa poco nobile ed inopportuna operazione ed, in particolare, al Presidente dell'Anvgd Toth, che se ne è assunta la responsabilità di- fendendola pubblicamente a mez- zo stampa, rifacendomi al concet- to espresso da Aurelia Gruber Benco che, in un suo articolo dal titolo “1918 - 1951”, apparso sulla rivista “Umana” del 1951 in meri- to alle vicende del nostro confine orientale, addebitava agli italiani la mancanza di orgoglio ricono- scendolo però proprio agli istriani, rappresento soltanto che ognuno è sì, libero di pensarla come vuole ma non altrettanto d'agire, quando

il suo fare è lesivo della memoria e della dignità altrui; che lui - che su quei treni certamente non c'era - è padronissimo di svendere il proprio orgoglio ma gli contesto categoricamente l'arbitrio di sven- dere quello dei tanti che su quei treni invece ci sono dolorosamen- te stati.

È proprio con mezze verità di questo tipo che si corre il rischio, quando non ci saranno più testimo- ni diretti del nostro vissuto, di infoibare nuovamente la verità!

SILVIOMAZZAROLI

A Trieste il 1° Congresso internazionale degli Esuli e degli Espulsi in Europa

L'Unione degli Istriani - Libera Provincia dell'Istria in Esilio orga- nizza per i prossimi 29, 30 e 31 mar- zo 2007 a Trieste il 1° Congresso In- ternazionale degli Esuli e degli Espulsi in Europa; finalità dell'in- contro, individuare nuove forme di aggregazione e di sviluppo a livello europeo delle Associazioni degli Esuli e degli Espulsi, per giungere nelle più autorevoli sedi delle Istitu-

zioni europee alla risoluzione delle problematiche esistenti, conseguenti alle persecuzioni e all'espulsioni di interi popoli prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale. L'in- contro si ripromette di mettere in ri- lievo innanzitutto le legittime aspet- tative di tutti gli esuli e gli espulsi in maniera da costituire una base unita- ria sulla quale fondare le principali richieste di soluzione dei problemi aperti:

- il riconoscimento da parte del- l'Unione Europea, degli Stati Mem- bri dell'Unione Europea e delle Na- zioni Unite del delitto di Genocidio nei confronti dei nostri popoli espul- si o costretti all'esilio;

- il riconoscimento del diritto al ri- torno degli espulsi e degli esuli e delle successive generazioni nelle terre di origine, ivi incluso il diritto alla restituzione delle proprietà im- mobiliari illegalmente confiscate e nazionalizzate ed ove questo non fosse possibile un congruo risarci- mento in grado di garantire l'acqui- sto di altro bene immobile;

- la divulgazione delle tragedie dell'esodo e delle espulsioni in tutto il continente europeo, attraverso l'I- stituzione per direttiva europea, di una Giornata del Ricordo in memo- ria di 18 milioni di esuli ed espulsi nel continente Europeo nel '900, da celebrarsi annualmente in maniera solenne.

Nell'ambito del 1° Congresso in- ternazionale si propone inoltre, al fi- ne di perfezionare tutte le ulteriori ri- chieste delle predette Associazioni, di esaminare ed approvare congiun- tamente una risoluzione unitaria che porti in tempi rapidi alla Costituzio- ne dell'Unione europea degli Esuli e degli Espulsi, una nuova Organizza- zione con caratteristiche di “patro- nage” e con il compito esclusivo di promuovere, uniformare e presenta- re le richieste delle Associazioni aderenti con una unica voce. La na- scita della stessa avverrà con l'accor- do unanime di tutte le associazioni aderenti al 1° Congresso Internazio- nale nel quale, oltre alla bozza di sta- tuto e di atto costitutivo, verrà anche delineata la struttura organizzativa del nuovo Organismo. Tra i suoi obiettivi prioritari vi è l'assoluta ne- cessità di accreditarsi presso i rispet- tivi Governi Nazionali e, soprattutto, presso l'Ue e la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo per poter poi inter- venire, rappresentando gli interessi di oltre cinque milioni di cittadini europei, in tutte le questioni e le di- scussioni che la possano riguardare.

Nei lavori del 1° Congresso Inter- nazionale di Trieste, dovranno esse- re anche discusse le norme operative della nuova Organizzazione: svilup- po nel territorio in cui sono insediate

le associazioni aderenti, istituzione di sedi operative e rappresentanze in Europa, creazione di un efficiente regolamento operativo, individua- zione ed investimento unanime delle cariche e delle responsabilità dei soggetti destinati a rappresentare la nuova Struttura europea, reperimen- to delle risorse finanziarie di suppor- to dell'attività della Struttura, indivi- duazione di professionisti, di consu- lenti e di figure giuridiche a suppor- to dell'azione politica e giuridica della Struttura.

MASSIMILIANOLACOTA

Giorno del ricordo Memoria

e contromemoria

In questi ultimi anni, mesi e gior- ni, tali e tante sono state le intitola- zioni alle Foibe ed ai loro Martiri che verrebbe quasi da dire che il fat- to non fa più notizia. Non è così, non almeno per noi, perché ogni nuova intitolazione ci è di grande appaga- mento, perché contribuisce a incri- nare la congiura del silenzio che troppo a lungo ha riguardato la no- stra vicenda. Il fatto è che non baste- rebbero le pagine di questo giornale per citarle tutte e, comunque, si cor- rerebbe il rischio di dimenticarne qualcuna. Delle ultime occorse ne citiamo una, quella avvenuta a La Spezia il 18 nov. 2006, come riporta- toci … “alla presenza di Autorità co- munali, provinciali e militari, non- ché dell'amato Vescovo, Mons. Staf- fieri; in assenza, purtroppo, di tanti esuli della prima generazione com- pensata però dalla presenza di quelli, ormai di quarta generazione, portati dai giovani genitori.” La citiamo, non per l'eccezionalità del caso e nemmeno perché La Spezia è, come noto, luogo d'insediamento di una nutrita comunità di esuli da Pola, bensì perché la Città, oltre ad essere stata sede di commossa e commo- vente memoria, è stata altresì sede di una vergognosa operazione di “con- tromemoria”, come riportato nell'ar- ticolo di fondo, in prima pagina. Lo riportiamo perché vogliamo rendere omaggio a questa nostra comunità di esuli ed a quanti a loro hanno voluto unirsi, in un impeto di solidarietà, per contestare, interrompere l'inter- vento e far allontanare la spudorata mestatrice storica, “negazionista”

del dramma delle foibe, Sandra Kér- sevan. Questo sì che fa notizia! Tut- tavia, e ce ne rammarichiamo, per- ché occorso proprio in concomitan- za del Giorno del Ricordo, la “con- tromemoria” spezzina non è stata un caso isolato. Manifestazioni analo- ghe si sono svolte a Firenze, dove si è giunti allo scontro fisico; a Trevi- so; nella stessa Trieste, dove la stori- ca prof.ssa Vinci, con un melifuo ap- proccio letterario, ha riproposto le sue ritrite e partigiane tesi “giustifi- cazioniste”, controbattuta dai locali vertici delle Associazioni degli esuli istriani; ad Ancona, dove una mani- festazione dal predetto tenore, pro- mossa da un certo Nazzareno Re, ha suscitato vive polemiche ed indotto il Consigliere del locale Comitato Provinciale Anvgd, signora Laura Borgogni, a dare le proprie dimissio- ni perché: «…non condivido la scel- ta di “essere cauti” , di “ignorare” e

“non rispondere” alle polemiche

…». La signora, per inciso discen- dente da esuli da Pola, nel parteci- parci le sue dimissioni, ha aggiunto:

«… Io, nonostante tutto, continuo a credere nella sinistra. Continuo a da- re il voto da quella parte, convinta che il volere un po' di più per tutti, sia davvero giusto. E per questo mi indigno. Mi indigno dell’incapacità di ammettere delle nefandezze stori- che che, per altro, non siamo noi ad aver commesso, ma, eventualmente, chi prima di noi ha agito in modo dissennato. …». Anche a Lei va il nostro sentito apprezzamento.

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10 febbraio 2007 Se

la considerassimo solo come una data della storia, tra le tante date che la magistra vitae ci richiama, il ricordo perderebbe tanto del suo significato più pregnante, più sofferto, più sentito. Il 10 febbraio non è solo la data del Diktat, del Trattato di Pace da cui derivano, più che dalla guerra stessa, tante delle ingiustizie che abbiamo patito, ma in essa ricordiamo e riassumiamo ogni sofferenza, ogni lutto, ogni sopruso patito dalla nostra gente.

Non ricordiamo la fine di un evento, ma l'evento nel suo svolgersi lungo un lasso di tempo notevole che ha inizio dall'8 settembre 1943 e probabilmente continua ancora nell'intimo di tante persone. È da allora che hanno inizio le spa- rizioni, gli infoibamenti, la caccia all'italiano non per reazione al Fascismo, o al- meno non solo per quella, ma seguendo, in modo spietato, una vicenda che tro- va radici ben più profonde. La spinta in mare dell'italiano, in Istria come in Dal- mazia è cominciata molto prima anche se non sempre in modo cruento. Il con- nubio nazionalismo - comunismo ha generato il mostro che ha travolto anche i buoni rapporti tra gruppi diversi che pur c'erano, che ha disgregato comunità e famiglie, che ha cambiato i connotati ad una terra ricca di civiltà di vita.

Chi ha subito non ha bisogno di una giornata per ricordare, perché il misfatto l'ha sempre davanti; questa giova a chi ha ignorato, a chi per diversi motivi guardava dall'altra parte, a chi, anche se tardi, vuole finalmente conoscere.

Quelli che non hanno subito, ma fatto subire, vorrebbero cancellare il ricordo od almeno sminuirlo con giustificazioni improprie come ha fatto di recente il Presidente croato Mesic dimostrando che la nuova classe politica di quel Paese non è diversa dalla precedente. C'è poi chi, proiettandosi troppo in avanti in un' Europa compiuta, si illude e parla di amicizia, non come auspicio, ma come realtà, togliendo così a questa parola il suo vero significato. Occorre ricordare, conoscere, cioè partire dalla realtà, per aspirare ad un ordine nuovo che non può essere né improvvisato né fatto alla buona. Ricordare chi ha sofferto, chi è stato vittima innocente, chi non è morto perché odiasse qualcuno ma a causa di un odio bestiale che non è stato spontaneo, come reazione, ma voluto e pianificato.

Ricordare non per recriminare, ma per conoscere, perché solo dalla retta cono- scenza può scaturire il bisogno di cambiare. La conversione vera non è quella che avviene per ragioni di comodo, bensì dopo una sofferta ricerca, una verifica profonda e sincera. La Storia, quando chi se ne occupa sarà libero di ricercare la verità più che a seguire la convenienza o la giustificazione, renderà il ricordo un fatto quasi asettico. Si parlerà delle vittime come si parla delle tante altre vitti- me che la Storia ricorda o, meglio trascura. Delle guerre chi si ricorda dei tanti soldati e civili morti? Per un po' di tempo sì, poi viene l'oblio. Quell'oblio che molti “illuminati” speravano coprisse anche queste vittime, anche questa vicen- da! Il Giorno del Ricordo serve come un bagliore nelle tenebre, come un raggio di sole in una cupa giornata, non risolve, ma manifesta un qualcosa a chi è alla ricerca della verità. Un facile “volemose ben”, un mal inteso spirito di carità, può oscurare anche questo raggio di sole, questo bagliore nelle tenebre offrendo una foglia di fico a chi ancora cerca di nascondere la verità. Negli ultimi anni si son sentite cose nuove da parte di chi prima taceva o diceva ben altro. Il tempo dirà se si tratta di tattica, di strategia o di sincero mutamento. Noi non possiamo che prenderne atto, fiduciosi, anzi, certi che la verità alla fine trionferà.

Il 10 febbraio siamo andati tutti, almeno idealmente, al rinnovato monumento sulla Foiba di Basovizza portandoci così sulle innumerevoli Foibe note ed igno- te, sul fondo del mare ed in tanti altri luoghi che hanno accolto l'ultimo respiro delle vittime innocenti. Lo abbiamo fatto con animo aperto alla speranza di un domani migliore. Se ciò non fosse ricorderemo un sacrificio inutile. Quanto al riconoscimento di quel sacrificio poi è bene che non sia svilito da salamelecchi opportunistici quali potrebbero essere incontri solenni di comodo. Almeno le vittime meritano il rispetto di un riconoscimento reale!

PIETROPARENTIN

In ricordo di...

Edo Apollonio

Sono passati due anni da quando la gentile signora Silvia ci comunicò la scomparsa di Edo. Avverto - avvertiamo tutti - che mi ha lasciato un carissimo amico, uno scrigno pre- zioso, che tanto ha fatto per la comunità degli esuli e per l'italianità di Gorizia. Tuttora av- verto la sua dipartita come un vuoto incolma- bile. Non posso più chiedere a Edo un suo pa- rere, approfittando della sua esperienza nel proprio vissuto. Se ne andò in silenzio ed in punta di piedi, con gli occhi rivolti alla sua Pi- rano, al suo mare, alle voci e agli odori dell'I- stria. E sempre ricordo di quando, vedendo il Tricolore garrire sul castello di Gorizia, mi di- ceva: “Son contento che mio papà me ga fato italian.” Un nobile insegnamento patriottico.

Il 17 gennaio 2007, nella Sede provinciale dell'Anvgd, Sala Edo Apollonio (intitolatagli lo scorso anno a perenne ricordo), dopo le toccanti parole, in chiesa, di Gaetano Valenti e del goriziano Guido Mondolfo, fraterno amico degli esuli, è stata proiettata, a cura dello storico Guido Rumici, alla presenza del presidente Ziberna, della vice presidente Ada Merni e di un folto pubblico, una inedita inter- vista cinematografica in cui Edo illustra il

“suo” esodo dalla sua Pirano, dal suo mare, da quell'Istria tanto amata che dovette abbando- nare ragazzo. Racconta senza odio alcuno, com'era nel suo stile, il suo profondo dolore nel lasciare l'amata Terra natia, rimarcando che “mai e poi mai sarebbe ritornato stabil- mente in Istria da straniero in patria”.

Ancora una volta: ciao amico Edo. Farò - faremo - tesoro dei tuoi insegnamenti.

RUGGEROBOTTERINI

Claudio Colbasso

Quando parlava di Pola, del suo mare, delle sue coste, del triste destino della sua città gli occhi gli si illuminavano e le parole a tratti gioiose o severe tradivano una grande com- mozione.

La figlia Laura, il genero, il nipote e più tar- di la nipote, hanno imparato ad amare sempre di più questa terra perché "Lui" la amava dal profondo del cuore. Quando profugo si tra- sferì a Firenze insieme ad altri esuli fu per lui un doloroso distacco e quando gli era possibi- le cercava di tornare nei suoi luoghi di origine, per riscoprire insieme alla sua Nadia, i mo-

menti più belli o dolorosi della sua gioventù.

Non si perdeva mai d'animo,gli piaceva viag- giare,comunicare con nuova gente, ma sempre portando nel cuore la sua Pola.

Ci ha lasciato il 1 febbraio 2007 nella sua casa di Firenze vicino ai suoi cari, ma vivrà sempre nel nostro cuore e il suo spirito aleg- gerà ancora sopra quella stupenda baia a cui era tanto legato.

LAURACOLBASSO e famiglia offrono € 20 pro Arena

Alide Rocchi Urini

La mamma non c'è più. Ed è con l'animo ancora scosso dal dolore del distacco che scrivo qualche parola di ricordo per le persone che la hanno conosciuta e che potranno leggere queste righe. I ricor- di sconvolgono la scala dei tempi uma- ni, e fatti ed emozio- ni vissute si rime- scolano, distillando l'essenza del significato di una vita intera. Ed un uomo adulto si rivede ragazzino che impara ed è guidato a conosce- re, capire e, ancora di più, a sentire. Ed i miei ricordi, quelli di una persona nata “dopo”

quella serie di eventi che hanno marcato la vi- ta di tutti voi con un “prima” ed un “dopo”, so- no anche quelli di un mare limpido, di rocce dorate, di fresche pinete, di profonde amicizie ed affetti imperituri. Sono ricordi dell'educa- zione che mia madre mi ha dato, permeati dai suoi ricordi di un “prima” che io non ho vissu- to, ricordi di relazioni umane profonde e di luoghi rivisti nella mente con la struggente no- stalgia che non può non far ripensare a tutto il significato simbolico di quei “clivi e colli” nel sentire comune di una civiltà legata ad un luo- go. E così anche uno nato “dopo” sarà per sempre profondamente inserito, attraverso l'a- more ricevuto, nel vincolo profondo di una grande famiglia con cui assaporare assieme la malinconica sensazione del nostos, del deside- rio di ritorno.

FULVIOURSINI Nel ricordare la madre, devolve € 250 pro Arena

Appello

Il Gen. Alberto Ficuciello, Presidente della Commissione per l'esame delle domande per la concessione del riconoscimento ai congiunti degli “infoibati”, rivolge ai Presidenti delle Associazioni degli esuli, il seguente appello: “Vi pre- go di adoperarVi affinché pervengano alla Commissione le istanze di riconosci- mento, in termini formali corretti e nella quantità che ci si aspetta affinché siano rispecchiate e confermate le dimensioni della tragedia che ha colpito le Genti che Voi rappresentate”. Al 17 gennaio 2007, sono pervenute alla Commissione 458 istanze, di cui 380 sono state accolte, 270 sancite nel 2006 ed 85 sancite nel 2007; le restanti sono in corso di sanzione.

Benché consci delle molteplici ragione alla base del ridotto numero di do- mande presentate e certi che mai da esse potrà essere dedotto un qualsivoglia di- mensionamento della nostra tragedia, inoltriamo l'appello ai lettori e rimaniamo a disposizioni per fornire delucidazioni sulle modalità di presentazione.

51° Raduno degli Esuli da Pola a La Spezia

A 60 anni dall'abbandono della nostra città, sarà organizzato a La Spezia dal 18 al 20 maggio, con il seguente programma di massima

Venerdì 18 maggio - arrivo dei partecipanti, brindisi di benvenuto (ore 19), cena in albergo, ricordi, quatro ciacole in libertà, proiezioni di foto di Pola d'un tempo e documenti sull'esodo

Sabato 19 maggio - Mattino: Consiglio Comunale (ore 9.30), tempo libero a Spezia, eventuale giro del Golfo in barca, con escursione alle “5 Terre”, pranzo libero in albergo a prezzo convenzionato, o altrove. Pomeriggio: Visita giuidata al Museo Navale di La Spezia, Assemblea Generale (ore 18), cena ufficiale in albergo (ore 20), Cori guidati e letture

Domenica 20 maggio - Mattino: S. Messa (ore 10), visita alla Caserma Ugo Botti (ex Campo Profughi) con posa di una corona ricordo (da confermare), pranzo in albergo (ore 13). Pomeriggio: Saluti e partenza

Sistemazione - “Hotel Jolly” **** 19124 La Spezia, via XX Settembre, 2, tel. 0187 39555, fax. 0187 22129, e-mail: [email protected] Costi - stanza doppia, mezza pensione, prima colazione compresa: 45,00 eu- ro a persona/giorno; camera singola 70,00 euro per opersona/giorno

Prenotazioni - Telefonare all'Albergo Jolly (tel.018739555 ) specificando

“Partecipazione al raduno degli Esuli da Pola del 18/20 maggio 2007”

N.B. Il numero delle camere riservate è limitato (40), si raccomanda di preno- tare al più presto. Per ulteriori informazioni, telefonare alla Redazione.

Richiesta foto

L'Anvgd di Grado ha intenzione di allestire una mostra di foto che ricordino l'esodo. Sarà pertanto grata, a chi ne è in possesso, di inviare una copia con rela- tiva didascalia (data, località, nomi, …) al seguente indirizzo: Avv. Anteo Len- zoni, via Udine 6, 34073 GRADO (GO)

Comunicazioni ai lettori

(4)

PAG.

4

L’ARENA DI POLA N. 2 del 28 febbraio 2007

FOIBA DI BASOVIZZA,

MONUMENTO NAZIONALE:

INAUGURAZIONE DEL SITO

Il Sindaco di Trieste, Roberto Di- piazza, in occasione dell'inaugura- zione della nuova sistemazione mo- numentale della Foiba di Basovizza, dopo aver ringraziato quanti hanno contribuito, sia a livello politico che realizzativo, alla ristrutturazione del- l'opera, ivi inclusi il Governo Berlu- sconi ed i rappresentanti delle “co- munelle” slovene del Carso sul cui territorio il manufatto si trova, non- ché l'architetto Ennio Cervi curatore del progetto ed il prof. Livio Schiozzi, ideatore del nucleo scultoreo che so- vrasta la foiba e simboleggia una croce e l'argano che riportò alla luce i corpi colà fatti sprofondare, si è così espresso:

«… oggi, 10 febbraio 2007, pos- siamo dire che in questo pezzo del nostro Carso, si scrive una pagina della Storia d'Italia. Quella storia che sui libri di scuola non ha mai trovato posto. Quella storia che porta con sé i volti e il dolore dei 350mila esuli, co- stretti ad abbandonare la propria ter- ra, perché vittime di un preciso dise- gno di pulizia etnica. Ma anche la storia di chi, perché impiegato pub- blico, o carabiniere, oppure prete, op- pure ancora semplice cittadino con la sola colpa di essere italiano, ha trova- to la morte per mano di una violenza cinica e barbara, i cui mandanti han- no potuto godere di un'impunità giu- ridica ed ideologica per oltre ses- sant'anni. Ebbene questa nostra storia oggi ritrova la sua memoria, perché solo dopo aver dato dignità a chi ha sofferto si può ripartire verso una

strada di perdono e di riconciliazione.

Ma questa giornata dobbiamo e vogliamo dedicarla a chi non c'è più.

A tutti coloro i quali hanno atteso per decenni da parte delle istituzioni un segno, un'attenzione nei confronti del dolore per la perdita di un padre, di una madre, di un fratello o di un ami- co, spariti nel nulla dopo esser stati prelevati dagli uomini dell'esercito jugoslavo. Fu un genocidio e non c'è più alcuna ragione per sussurrarlo sottovoce, perché la stagione dei si- lenzi e dell'oblio è finita. Ribadiamo- lo anche a chi negli ultimi tempi ha maldestramente tentato di giustifica- re la strage delle Foibe attraverso una macabra logica di compensazione storica. Non riconoscere la gravità di ciò che accadde è un atteggiamento che porta l'orologio della storia indie- tro negli anni e rischia di compromet- tere un cammino difficile, dove le sensibilità e le diffidenze imporreb- bero invece un uso misurato e ragio- nato delle parole.

E allora anche per questo ricordia- mo con particolare emozione oggi il sessantesimo anniversario del Tratta- to di Parigi, quell'accordo luttuoso che sancì la separazione dallo Stato italiano delle terre dell'Istria di Fiume e della Dalmazia. Un'intera regione sparì dalla carta geografica dell'Italia:

350mila persone lasciarono i propri beni e intrapresero, costretti dalle ri- torsioni della pulizia etnica, un diffi- cile viaggio verso la madre Patria.

Questi uomini e queste donne non fu- rono degli optanti, come ancora oggi qualcuno osa definire gli esuli. Nella nostra lingua “opta” chi può decidere fra due alternative, ma non può “op- tare” chi deve scegliere fra la libertà e l'oppressione, fra la vita e la morte».

Dopo aver criticato il colpevole si- lenzio con cui lo Stato italiano ha cercato di chiudere i conti della se- conda guerra mondiale; richiamato l'attenzione su come siano state sino- ra disattese le legittime richieste de- gli esuli e su come sia possibile con- seguire, quando vi è una sincera vo- lontà politica, anche gli obiettivi ap- parentemente meno semplici, come attestato dalla realizzazione della nuova Foiba di Basovizza e sottoli- neato la necessità di fare memoria soprattutto nei confronti dei giovani, Dipiazza ha così concluso il proprio intervento:

«Chiudo allora lasciando spazio al- l'emozione che viene dal cuore, al ri- cordo di quei martiri, come la studen- tessa Norma Cossetto, alla quale una banda di partigiani strappò la vita do- po vili e odiose torture per non aver voluto piegarsi alle loro volontà.

Quella ragazza, che incarnava la gioia di vivere, è un luminoso simbo- lo di libertà, tanto caro quanto prezio- so. Un simbolo che oggi deve unire e non dividere. A lei, alle altre vittime innocenti delle Foibe e ai loro cari presenti quest'oggi; a tutte quelle fa- miglie divise, senza più una patria, senza più un lavoro, che in intermina- bili file si imbarcarono sulle navi del- l'esodo abbandonando ogni certezza, a tutti loro dedichiamo questo Sacra- rio per restituire quella dignità e quel ricordo per troppo tempo negati».

ONORE AI MARTIRI DELLE FOIBE!

VIVA LA PACE!

VIVA TRIESTE!

VIVA L'ITALIA

ALLA FOIBA DI BASOVIZZA

BENEDIZIONE DEL MONUMENTO 10 FEBBRAIO 2007

Signore,

che sei il Dio dei vivi e dei morti, qui oggi una volta ancora sostia- mo, reverenti e commossi, nel ricordo di coloro che efferata crudeltà ha barbaramente ucciso e precipitato in questo abisso che ne ha ac- colto l'ultimo soffio di vita e ne custodisce le spoglie.

Questa voragine, che fende il nostro Carso fin nelle profondità na- scoste, è immagine di quella ferita, mai rimarginata, che lacera il no- stro cuore. Ed un interrogativo inquieta le nostre coscienze: sarà mai possibile che fatti tragici come questi e tanta ingiusta violenza e tanto irragionevole odio possano essere dimenticati?

Signore,

non chiediamo di dimenticare. Siamo qui a ricordare. Fare memo- ria di quanti qui sono caduti è sacro dovere. Non vorremmo però fos- se soltanto una ripetuta doverosa severa e giusta condanna di chi ha tolto loro la vite con inumana ferocia. Essa è stata già pronunciata e la storia la confermerà. Vogliamo onorare questi nostri morti con una memoria che il dolore ha purificato da ogni sete di vendette o di ran- core e si apre ad orizzonti di riconciliazione nella verità e nella giusti- zia. Su questo luogo si stende l'ombra della croce di Cristo. Sia segno di benedizione ed auspicio di pace. Amen.

S.E. il Vescovo di Trieste Mons. EUGENIORAVIGNANI

(5)

Stipe Mesic. La storia violentata

Non

sono esule, ma sono a Trieste dal gen- naio del 1951 e ho sempre vissuto le vi- cende e condiviso i sentimenti degli esu- li più che se lo fossi.

Ebbene, quando è stato stampato il n.1/07 de “L'Arena di Pola”, nessuno poteva immaginare che la pubblicazione dell'articolo “La storia non dimenticherà”, tratto pari pari da “L'Arena di Pola” del 6 febbraio 1957 - sessant'anni fa! - avrebbe rappresentato la migliore risposta anticipata alle incredibili dichiarazioni del Presidente croato Stipe Mesic, il quale pervicacemente e in più occasioni ha ripetutamente affermato che le Foibe non sono state che la reazione con- tro i crimini fascisti e l'esodo è stato solo una scelta degli italiani che hanno “optato” di andarsene! Ebbene, il conte- nuto dell'articolo ha riproposto la testimonianza storica “di quel dramma spaventoso che fin dal settembre del 1943 si abbatté sull'Istria, allora sotto l'insegna della lotta di libera- zione popolare, portando le “foibe” agli onori di una giusti- zia sommaria e barbarica ed elevandola a sistema di epura- zione politica e sociale”. “Furono così traditi tutti quegli ideali sui quali unicamente possono reggersi la libertà e la civiltà cristiana”, innescando un vero e proprio regime del terrore comunista titino: istriani e polesani, “cedessero pu- re la loro terra, le loro case, i loro averi al barbaro conqui- statore, ma le loro anime, la loro vita, il loro spirito ardente di amor di Patria e di libertà, no, non li avrebbero avuti gli occupatori, perché alla schiavitù avrebbero preferito l'esi- lio”.

La storia non dimentica questi avvenimenti e ciò che sap- piamo, sentimenti che hanno suscitato e che nutriamo e perciò la storia non si può nemmeno violentare come ha fatto Stipe Mesic con le sue parole. A questo punto, la do- manda che sorge spontanea è questa: ma il Presidente della Croazia può credere davvero in quello che ha detto, oppure ha inteso sostenere tali assurdità, fuori tempo e fuori luogo, per una qualche malintesa convenienza politica? E l'opinio- ne pubblica, i suoi sudditi, i cittadini della Croazia, non si vergogneranno di sentir negati dal loro Presidente dei “fat- ti” e delle “verità” che la storia ha ormai unanimemente ri- conosciuto e condannato?

Certamente, quella di Stipe Mesic è stata anche una ri- sposta indiretta alle recenti visite del Presidente del Consi- glio Romano Prodi e del Ministro degli Esteri D'Alema a Lubiana, nel corso delle quali entrambi avevano accennato all'opportunità” di rivedere il Trattato di Roma del 1983.

Sia dalla Slovenia e ora ancor più dalla Croazia, la porta è stata chiusa, anzi, si potrebbe dire, sbattuta in faccia, agli interlocutori: “Pacta sunt servanda!” Il caso è definitiva- mente chiuso e non si riapre nessun negoziato”. Se vuole - è stato ripetuto - l'Italia ritiri il risarcimento dei milioni di dollari già versati in banca: quello che gli esuli considerano il frutto del tradimento a loro danno.

A seguito delle iniziative assunte dal Sen. Roberto Anto- nione e dall'On. Renzo Tondo (FI) nonché dall'On. Compa- gnon (Udc), lo stesso Presidente della Commissione Affari Esteri Umberto Ranieri era stato costretto a chiedere al Mi- nistro degli Esteri se il Governo intendesse assumere una posizione ufficiale nei confronti delle dichiarazioni del Presidente Stipe Mesic. C'è voluto, però, l'ulteriore attac- co di Stipe Mesic, questa volta diretto al Capo dello Stato Giorgio Napoletano per le parole da lui pronunciate il

“Giorno de Ricordo” nel consegnare la medaglia di ricono- scimento ai parenti delle vittime delle foibe, per far sì che le incredibili frasi offensive e le aperte provocazioni del Presidente croato, praticamente nei confronti di tutti gli ita- liani, persuadessero il Ministro degli Esteri D'Alema a convocare l'Ambasciatore di Croazia ed a consegnargli una

“ritardataria” seppur vibrata nota di protesta ufficiale.

Nel frattempo, in occasione della conferenza stampa per la presentazione a Roma del “Giorno del Ricordo”, si era verificato un fatto importante: il Presidente della Commis- sione Affari Costituzionali della Camera Luciano Violante (DS), aveva preannunciato che avrebbe chiesto di istituire un tavolo permanente di confronto fra le Associazioni degli Esuli, il Governo e la Conferenza Stato - Regioni, per af- frontare e cercare di risolvere i problemi degli esuli in sof- ferenza. Forse anche questa reazione, questa volta in senso positivo, potrebbe essere stata innescata dalle famose di- chiarazioni di Stipe Mesic, a proposito delle quali lo stesso Violante aveva subito ribadito che bisognava invece asso- lutamente rivedere gli accordi di Roma e che l'Italia ha ac- cumulato molti meriti nei confronti della Slovenia e della Croazia per poter chiederne la revisione alla luce dell'attua- le, amichevole collaborazione.

Quanto preannunciato nella conferenza stampa di Vio- lante era stato ovviamente già concordato in precedenza con il Governo ed è stato da lui presentato con una interro- gazione “question time” in Parlamento, ottenendo una ri- sposta pienamente positiva da parte del Ministro per le Riforme Istituzionali Vannino Chiti. Addirittura il Governo

ha poi formalizzato immediatamente l'iniziativa e ha con- vocato il primo incontro per il 20 febbraio a palazzo Chigi.

Ma quali sono i principali problemi che dovranno essere portati all'attenzione del tavolo di lavoro? Uno, tra i più fa- cili da risolvere, è finalmente la tassativa osservanza della legge che stabilisce sui loro documenti la menzione del solo nome italiano che il luogo di nascita degli esuli aveva a quel tempo. Un altro problema sarà l'applicazione del principio di non discriminazione sulla base della naziona- lità, obbligatorio per la Croazia se vorrà entrare nell'Unio- ne Europea, che dovrà consentire la restituzione dei beni di proprietà non nazionalizzati e in libera disponibilità, non- ché l'acquisto di beni da parte degli italiani alla pari con tutti gli altri cittadini europei. Difficilissimo si presenta, in- vece, il problema di ottenere una rivalutazione delle som- me previste dagli accordi con Slovenia e Croazia, richiesta, come si è visto, già sdegnosamente respinta. Resta infine da risolvere il problema interno del famoso indennizzo

“equo e definitivo”, da completare non solo per le residue 1800 pratiche relative alla Legge 137/2001 limitate agli importi minori (fino centomila lire valore 1938), ma af- frontando e liquidando anche le pratiche per gli importi su- periori e ben più importanti, finora non prese in considera- zione e tuttora inevase nella loro rivalutazione.

Per concludere, non si può che dare fiducia alla dimostra- zione di tanta buona volontà, della quale gli esuli non pos- sono che prendere atto e dichiararsi soddisfatti, confidando - come un po' da tutti è stato detto - che alle parole e alle prese in giro durate sessant'anni, possano seguire davvero fatti determinanti e concreti: proprio grazie all'aspetto sin- golare - secondo il modo di pensare generalizzato tra gli esuli - che sia stato un governo di sinistra, ad avere assun- to una così meritoria iniziativa: la speranza è che possa tro- vare udienza dall'altra parte, anche se - come si è visto - le premesse sono tutt'altro che incoraggianti.

Insomma, specie considerando …l'età degli esuli, è pro- prio il caso di dire: …chi vivrà vedrà!

PS: Prima che il giornale vada in macchina … soddisfa- zione e tripudio generale sono stati espressi per le ulteriori, ultime parole, di Stipe Mesic che sono state interpretate co- me una sua “marcia indietro”: tutto finisce “a tarallucci e vino”, con l'assicurazione di D'Alema che l'Italia aiuterà la Croazia ad entrare in Europa!

GIANFRANCOGAMBASSINI

ITALIA

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Anagrafe del “Libero Comune di Pola in Esilio”

Variazioni all’elenco Soci 2004 - secondo semestre 2006

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6

A cura della Redazione di Milano diretta da Piero Tarticchio L’ARENA DI POLA N. 2 del 28 febbraio 2007

di Claudio Antonelli

di Paola Bucher di Nidia Tercelli Rissetto

Non confondiamo i morti innocenti...

H

o notato che in occasione del «Giorno della memo- ria» (27 gennaio) non sono mancati coloro che hanno osato comparare le vittime del comuni- smo a quelle del nazifascismo.

Io dico a costoro: attenzione, di Olocausto ce n’è uno solo, guai ad abusarne il nome... L’accusa di an- tisemitismo viene lanciata per molto di meno ed è un’accusa che fa danni irreparabili. Chi parlava dei morti della foiba di Basovizza, fino a non molto tempo fa rischia- va l’accusa di voler minimizzare la Risiera di San Sabba. Il Presidente più amato dagli italiani, Pertini, non fece mai pericolose confusioni circa i martiri «Doc». Quando andò a Trieste volle commemorare le vittime della Risiera di San Sab- ba, ma non le vittime delle foibe.

Il culto della menzogna comunista diffuso per anni in Italia, con la beatificazione in blocco degli «an- tifascisti», assassini d’innocenti compresi, ha fatto sì che delle foi- be si sia cominciato a parlare un po’ solo dopo la caduta del Muro.

Il profondo antipatriottismo che caratterizza gli

italiani spiega poi anche per- ché questi ab- biano per più di mezzo seco- lo volto le ter- ga alle foibe.

Dopo tutto gli jugoslavi ave- vano combat- tuto valida- mente contro i soldati di Hi- tler. I «libera- tori» erano tut- ti dalla parte del bene.

E le loro vitti-

me sono diventate «ipso facto» dei fascisti, questa specie subumana, responsabile dell’Olocausto, il so- lo, il vero, quello con l’O maiusco- la. Essi hanno meritato il proprio calvario, e i discendenti delle vitti- me, lungi dall’avanzare crediti morali verso chicchessia, dovreb- bero stare quindi attenti a come parlano!

Non si può capovolgere il lieto fine della seconda guerra mondiale. Al- la belva è stata piantata un’asta d’acciaio nel cuore.

Ci mancherebbe altro che si cer- casse ora di dar voce ai morti delle foibe, che si rivelasse il martirio dei vinti, ricordando la tragedia de- gli stessi civili tedeschi, bambini compresi, espulsi, violentati, mas- sacrati. Non confondiamo i cattivi con i buoni.

Non confondiamo i morti innocen- ti. Ai Finzi Contini i loro giardini, sempre al centro della produzione letteraria e cinematografica del mondo intero in un crescendo di cui non si intravede la fine. Silen- zio invece per più di mezzo secolo sui nostri morti dell’Istria, sulle nostre case di pietra occupa- te da altri, e sullo sradica- mento che è stata la peg- giore tragedia che poteva toccare a noi, popolo non nomade ma profondamen- te attaccato al- la terra, e po- polo di una so- la patria.

C. Antonelli (Montréal, Ca- nada)

Mirella ha raggiunto il suo Emo…

Il retaggio dei Bucher raccontato dalla loro figlia

S

tamattina sfogliavo L’Arena di Pola: il postino la consegna a me, da quando la mamma non c’è più. Pur non conoscendo nessuno dei volti che vedevo nelle foto o nessuno dei nomi che mi scorrevano davan- ti, ho provato ancora quel- l’ondata di calore, di tene- rezza, di «famiglia», ricor- dando quante volte i nostri genitori ci hanno parlato di voi, della loro gente e della loro vita prima del- l’esodo. Noi tre figli abbiamo passato la nostra giovinezza, circondati da mille e mille racconti.

E sapevamo tutto, del Pian de la Madona, de via del Fòndaco, de Sacor-giana, delle corse di nostro padre in «motocicleta» e della pasticceria della mamma in corso. Si può dire che siamo cresciuti a latte e ricordi de mularìa... «Fioi, no stè far remitùr, che a

‘sta ora la gente vol ripo- sar, cossa fè tuto ‘sto gheto, cossa gavè el boresso?».

E tutto era familiare anche quando papà chiamava i suoi amici per gli auguri di Natale, sia che le telefo- nate fossero interurbane o inter- continentali. Era naturale fare chi- lometri e chilometri per andare a trovare lo zio, quando le mie ami- chette di scuola si spostavano cambiando a malapena quartiere...

Era naturale usare il nostro dialet- to istriano e sorridere quando gli amici, ascoltandoci parlare tra noi fratelli non capivano quando ci chiedevamo l’un l’altro: «Ti le gà ciolte tì le ciave de casa?...».

Ecco perché in questi anni, mi aveva fatto piacere che lei ritro- vasse i cari amici dell’Associa- zione di Verona: per lei era diven- tato un punto di riferimento nelle

quasi… «oh, la xè cussì brava, la se dà tanto da far, ti savessi….»

Ed io li ringraziavo, tutti, anche senza conoscerli personalmente, ma solo attraverso i suoi racconti.

«Me piasaría che un gior- no ti venissi con mi a l’Associasion, cussí te li faría conosser ….»

«Sì dai mama, co’ i me canbia de orario in uficio, e gavarò i pomerigi liberi, un giorno te porto mi, cussì li conosso tuti.» E lei sorrideva.E invece li ho conosciuti solo il giorno del funerale, tutti lì per l’ultimo saluto. Tanti, tan- tissimi. E le loro parole, i loro abbracci, finalmente ho potuto dare un viso a quei nomi. Ecco perché scrivo queste righe, anche se sono passati mesi, non voglio interrompere il filo del contatto umano. Non voglio perdervi di vista.

Avrò bisogno di sapervi comunque sempre lì. Avrò bisogno di parlarvi di lei e di papà.

Adesso che la sua assenza mi sem- bra ancora così irreale e così inso- stenibile. Avrò sempre bisogno di sentir parlare di lei, affinché non vada perso nemmeno un soffio della donna straordinaria che era.

Di tutta la ricchezza che con ill cuore e con l’anima ha trasmesso, a me e ai miei fratelli. E di tutto quello che ha saputo lasciare, anche senza saperlo, a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerla .Noi che li abbiamo sentiti raccontare le vostre storie, che appartengono anche alla nostra generazione, storie che abbiamo ereditato come un marchio sulla pelle, dobbiamo constatare che i nostri genitori, nel loro modo di essere - seppure diversi - erano senz’altro i migliori. P.B.

sue settimane, soprattutto da quan- do il papà se n’era andato.

Me lo ricordava sin dalla mattina del martedì, durante le nostre quo- tidiane telefonate: «Sì, oggi vado all’Associasion, sa. Se no ti me trovi, xè perché son andada là.

Vien a ciorme la Tullia, sta tran- quila: la guida ben. Opur vien su marì….»

E poi, puntualmente, il mercoledì mattina, mi faceva il resoconto di chi c’era, di cosa aveva fatto. «Te gò contà chi che xè vegnù? Sa quel sior, el iera anche amico del papà, i se conosseva da tanto tenpo…». «No, la Iris no iera, mi digo che la stà poco ben, stasera ghe telefono…»

Ed ogni volta sentivo tutto il calo- re che aveva ricevuto e quanto bene le facesse stare con la sua gente. Ancora di più, da quando il papà se n’era andato.

Sapevo tutto dei loro amici, o Il pietoso riconoscimento delle salme

F O I B E

A

Venezia, la banchina del por- to che accolse il 2 febbraio 1947 tutta quella umanità fe- rita nell’anima, era bianca di neve.

Proprio come quella che il popolo dell’esodo aveva percorso in una li- vida giornata per imbarcarsi e ab- bandonare senza speranza la sponda natia. La gente, sbigottita per l’ama- ro distacco, dedicava all’amata città le lacrime dell’addio. «POLA AD- DIO»! scrissero su qualche improv- visato cartello. Era il primo viaggio che il vecchio Toscana si accingeva a compiere per traghettare uomini e cose attraverso un mare agitato al- meno quanto i nostri cuori. Ammuc- chiati nella grande stiva soffrimmo tutti il mal di mare e il nostro fu dav- vero un viaggio da incubo. L’arrivo a Venezia non fu proprio tragico: qual- cuno ci tirò contro neve ghiacciata ma sentimmo anche qualche spora- dico applauso! Ci era toccato di peg- gio alla partenza: mentre la nave la- sciava gli ormeggi ricevemmo i «sa- luti» di certi balordi che sputando e gridandoci «fascisti» vollero farci sentire il loro... affetto. Quando ci misero sul treno per Vicenza la no-

stra avventura inco- minciò a prendere più che mai i contorni del- l’incertezza, «del cosa

sarà di noi». L’avremmo visto pre- sto, al momento cioè di accedere alla dimora per noi approntata in quel- l’antico ex «Collegio

Cordellina», umido anco- ra di calce e malta spese per una veloce ristruttura- zione, freddo e inadatto ad accogliere le anime in pena che eravamo. Lo stanzone dove io e la mia famiglia prendemmo po- sto insieme ad altre 4 fa- miglie (17 persone in tut- to) era diviso in tre parti da basse pareti. I letti a ca- stello forniti di pagliericci gonfi di foglie di grano- turco scartocciavano an- cora ad ogni nostro movi- mento, intonando un in- consueto concerto nottur- no che ci faceva rimpian- gere i nostri materassi la- sciati a Venezia, sotto la

neve, ridotti chissà come... Noi ra-

gazzi occupavamo i

«piani alti» per dormi- re e da lassù domina- vamo l’intera area del- lo stanzone Chissà dove stava di casa allora il diritto alla «privacy». Quel- l’inverno faceva freddo anche a Vi- cenza ed era tragico vive- re e sopportare la promi- scuità a cui ci costrinsero le circostanze, ma a sof- frirne di più erano gli adulti. Dover mettersi in fila, con le stoviglie di lat- ta, per assicurarsi la mine- stra (meio spetar per ulti- mi, diseva mio fradel, ti la ciapi più fissa) non era si- curamente dignitoso ma tremendamente necessa- rio. I ricordi legati a quel tempo non se ne andranno mai e nemmeno le care fi- gure che condivisero la mia condizione di esule.

Ogni tanto sento il biso- gno di riallacciare il rap- porto con le amiche di al- lora, magari solo attraver- so il telefono. Le porto nel cuore le

care ragazze di quel tempo: Brunetta, Mirella, Ida, Ucci, Carmen, tutte!

Il «Cordellina» io non lo odio; in quel periodo abbiamo avuto bisogno delle sue vecchie mura che ci hanno raccolto e custodito come meglio potevano. Mai dimenticare che era d’obbligo salvare la nostra «pelle italiana» poiché le foibe erano tante e capienti, laggiù, nella nostra amata penisola. Negli anni la gente, quella gente, forte di una immutabile legge di natura che imponeva il dovere di sopravvivere, ha creato altrove i pro- pri focolari.

Così la vita ha continuato a snodarsi, anno dopo anno, trasformando «l’ul- tima mularia de Pola» nei nonni del presente. Fu così che altri 60 anni si sono aggiunti alla nostra giovinezza.

Io, che non voglio più lasciarmi prendere l’anima dalla nostalgia, io che ormai per la mia perduta città non ho più lacrime né sorrisi, io che a 77 anni ho voglia solo di serenità, un pensiero per la mia Pola dovevo comunque esprimerlo, unirlo ai pen- sieri vostri e dire che il compimento di questo sessantesimo anno d’esodo non è cosa da poco. N.T.R.

POLA ADDIO!

Febbraio 1947 al «Cordellina»

(7)

di Gianantonio Godeas

di Tito Lucio Sidari

I

l Giorno del Ricordo delle Vit- time delle foibe e dell’Esodo viene talvolta beffeggiato e vi- lipeso da uomini di partito che si sono inseriti nella cultura italiana, nelle cattedre universitarie e negli istituti di studi storici. Sono essi che molto spesso vengono chia- mati ed ascoltati nelle «celebra- zioni».

Più raramente vengono chiamati gli Esuli, a testimoniare le loro sofferenze del passato ed a parlare della lunga lotta, tuttora attuale, che si svolge nel loro animo, per giungere al perdono cristiano e al- la nuova Europa di popoli tutti fratelli. Quale perdono ? Quello verso i carnefici materiali del pic- colo popolo degli Esuli ed anche

verso i mandanti ed i vecchi so- stenitori ideologici. Ma ora deve aggiungersi anche il perdono ver- so gli attuali denigratori, imbevuti di ideologia come i loro predeces- sori? Qui stiamo parlando degli studiosi che si arrogano il diritto di far intendere che quasi tutti gli Infoibati, in fondo, avevano dei torti; che gli Esuli che osano testi- moniare sono da considerare fa- ziosi o mezzi pazzi; che gli Esuli

«devono» perdonare, secondo certi schemi e certi tempi definiti a tavolino.

Occorre considerare che questi in- tellettuali e studiosi cominciarono le loro carriere parecchi anni or sono, alcuni certamente spinti da ideali puri. Quando giunsero a scoprire quali orrori e quali aber-

razioni avrebbero dovuto nascon- dere e mascherare, era troppo tar- di: a quel punto avrebbero dovuto disobbedire al loro stesso ideale, se lo avevano, e comunque avreb- bero dovuto interrompere una car- riera sviluppata con sacrifici, ma anche con onori. Pochi trovarono il coraggio di smettere, negli anni passati.

Se dimostrate ad un qualunque la- voratore che ha sempre sbagliato

il suo lavoro, potrà anche ricono- scerlo in cuor suo; più difficil- mente lo riconoscerà davanti a tutti. Ma forse non è troppo tardi.

Alcuni pochi Esuli giuliano-dal- mati sono ancora in grado di par- lare. Ascoltiamoli tutti.

Gli intellettuali e gli studiosi, che hanno inteso ciò che si vuol dire, sviluppino i loro studi con uno spirito nuovo, riaprendo occhi e cuore ai fatti reali, senza più se- guire gli schemi che li hanno ac- cecati sinora. Ed infine si uniran- no agli Esuli nella vera comme- morazione di una tragedia italia- na, per non dimenticare, per co- struire un futuro migliore.

Questo è il mio auspicio.

T.L.S.

Il vilipendio del

«Giorno del Ricordo»

Celebrata a Milano la

«Giornata del Ricordo»

10 febbaio 2007

M

ilano ha degnamente com- memorato il 60° anniversa- rio della firma del Trattato di Pace con una serie di manifestazioni che hanno frammentato il «Giorno del Ricordo» in tanti piccoli fuochi, dove la memoria per il dolore a lungo taciu- to è emersa ovunque: per le strade e per le piazze della grande Metropoli.

La fiammata ufficiale, quella più vivi- da ha brillato nella sala Alessi di Pa- lazzo Marino, alla presenza di una folla di trecento persone (120 non so- no potute entrare per ragioni di sicu- rezza) che ha seguito - emozionata e commossa - gli interventi degli orato- ri applaudendo l’iniziativa e il Comu- ne di Milano che ha concesso il Suo Patrocinio e la Magnifica sala che ha ospitato l’evento, nonché il Comitato Provinciale ANVGD di Milano che l’ha organizzato.

Subito è corsa voce che il sindaco, l’On. Letizia Moratti non sarebbe stata presente, diversamente da come era stato annunciato alla vigilia dal ceri- moniale; gli organizzatori si sono preoccupati che la defezione potesse turbare la cerimonia.

Alle 10,00 il presidente del Comitato di Milano Piero Tarticchio ha aperto i lavori ringraziando il Sindaco, le auto- rità, il Presidente del Consiglio Comu- nale e il pubblico presente in sala. Il Vice Sindaco, De Corato, ha letto il messaggio di saluto dell’on. Letizia Moratti, ricordando l’esodo dei 350.000 giuliani fiumani e dalmati dalla terra degli avi, nonché il martirio di quanti vennero precipitati nelle foi- be. Il Consigliere nazionale Roberto Predolin ha portato il saluto dell’on Lucio Toth, Presidente Nazionale del- la ANVGD.

Il senatore Enrico Pianetta ha chiesto di poter intervenire ricordando che i fiumani di Milano stanno da tempo chiedendo al Consiglio Comunale che venga ripristinata una piazza impor- tante che porti il nome dell’Olocausta Fiume: una piazza che i milanesi non hanno mai dimenticato e che forte- mente rivogliono.

L’attesa maggiore è stata per l’on. Vit- torio Sgarbi, l’unico politico che si sia prodigato per salvare una parte picco- la, ma importantissima, dell’Istria. Si tratta dei capolavori di Capodistria e Pirano, posti in salvo preventivamen- te nel 1940 da possibili bombarda- menti che li avrebbero danneggiati o distrutti. Le opere erano custodite a Roma e a Venezia. L’inestimabile pa- trimonio artistico, comprende dipinti di Cima da Conegliano, Paolo Vene- ziano, Alvise Vivarini, Matteo Ponzo- ne, Giovan Battista Tiepolo, Vittore Carpaccio e altri grandi maestri vene- ti: pittori; scultori e intagliatori. Final- mente qualcuno ha fatto qualcosa di concreto per noi esuli, malgrado i ten-

sie dei governi che si sono succeduti nel dopoguerra, riportando la Storia nell’alveo della verità. Ha reclamato per il popolo degli esuli il sacrosanto diritto di ricordare e di essere ricorda- to. Ha chiesto che i libri di testo per le scuole riportino le vicende legate al confine orientale in modo corretto, senza negazionismi o giustificazioni- smi di sorta. Tarticchio ha concluso il suo intervento strappando a Vittorio Sgarbi la promessa di portare la gran- de mostra degli artisti veneti a Mila- no, magari nel Palazzo Reale, per per- mettere ai milanesi di ammirare quei capolavori.

Operazione che darebbe prestigio a Sgarbi, Assessore alla Cultura della Giunta municipale, che ha avuto il merito di valorizzarli, ma soprattutto offrirebbe maggior visibilità e orgo- glio a noi esuli e alle nostre Associa- zioni.

Godeas Gianantonio, Consigliere ANVGD Milano.

***

Altre iniziative

La commemorazione per il «Giorno del Ricordo» è iniziata domenica 4 febbraio al Teatro dell’Arte nel Parco Sempione di Milano, dove la Compa- gnia teatrale di Grado, diretta da Tul- lio Svettini ha messo in scena il dram- ma in quattro atti di Bruno Carra Na- scinbeni «Istria terra amata. La Ci- sterna». Hanno fatto gli onori di casa il Presidente del Comitato Piero Tar- ticchio e il Sindaco del Libero Comu- ne di Pola in Esilio gen. Silvio Mazza- roli. La sala, gremita di esuli e simpa- tizzanti, ha a lungo applaudito la rap- presentazione chiamando più volte al- la ribalta i bravi attori.

Sabato 10 al cinema Gnomo di via Lanzone, si sono proiettati i lungome- traggi «La Rosa Rossa» di Franco Gi- raldi, tratto da un testo di Pierantonio Quarantotti Gambini e, dello stesso regista, «La frontiera» tratto da un li- bro di Franco Vegliani. Era presente il regista che ha illustrato i retroscena legati ai due lavori e risposto alle nu- merose domande degli spettatori.

Domenica 11, sempre al cinema Gno- mo, commentate dal critico cinemato- grafico Claudio Villa, sono state proiettate altre due pellicole che han- no affrontato in maniera esemplare il tema dell’esodo dei giuliano-dalmati.

Il primo film: «La citta dolente» ma- gistralmente diretto da Mario Bon- nard nel 1948 è stato sceneggiato dal giovanissimo Federico Fellini. Il se- condo film «Cuori senza frontiere», di Luigi Zampa è stato girato nel 1950 e interpretato da Tullio Kezich, Raf Vallone, Callisto Cosulich e da una giovane Gina Lollobrigida. red.

tennamenti in alto loco dovuti a timo- ri giuridicamente inesistenti per le mi- re della Slovenia, la quale ha forte- mente reclamato che le venisse resti- tuita l’intera collezione.

Sotto l’occhio vigile di Sgarbi le ope- re, tornate al primitivo splendore con accurati restauri, sono state esposte nelle sale del Museo Rivoltella di Trieste.

Mentre le im- magini dei quadri scorre- vano su uno schermo gigan- te, lo storico d’arte le ha c o m m e n t a t e dando a ognu- na la corretta interpretazione e incantando l’uditorio mila- nese oltremodo entusiasta. L’e- mozione con la quale è stata

ascoltata l’allocuzione di Sgarbi testi- monia l’accorata partecipazione all’e- vento - di grande rilevanza culturale - che il Comitato di Milano può vantare per la celebrazione della «Giornata del Ricordo». All’onorevole va il no- stro più sentito: «Grazie Vittorio, gra- zie di cuore!»

L’analisi storica degli avvenimenti re-

lativa al Diktat imposto dai vincitori con la firma del Trattato di Pace è sta- ta magistralmente esposta dal prof.

Massimo de Leonardis, Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Ha preso quindi la parola il Presidente Piero Tarticchio che, con parole toc- canti ha ricor- dato il sessan- tennale della firma dell’ini- quo trattato che ha infranto le residue speran- ze degli italiani dell’Istria, Fiu- me e Dalmazia di rimanere sulle loro terre.

Ha sostenuto che il compito che attende ora le nostre istitu- zioni è di col- mare le amne-

Riferimenti

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A Trieste, già dallo scorso no- vembre e per il 2005, sono previ- sti incontri mensili con persona- lità del mondo della cultura e del- la comunicazione per far cono- scere al