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COBASTR INFO 1. GRADUATORIE DI ISTITUTO: I TITOLI NECESSARI E QUELLI UTILI PER MIGLIORARE LA POSIZIONE 2. ATA: COSA FARE SE VENGONO NEGATE LE FERIE

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COBASTR INFO_____

SOMMARIO

1. GRADUATORIE DI ISTITUTO: I TITOLI NECESSARI E QUELLI UTILI PER MIGLIORARE LA POSIZIONE 2. ATA: COSA FARE SE VENGONO NEGATE LE FERIE 3. LEGGE DI BILANCIO: 3 MILIARDI PER STIPENDI, 5

MILIONI PER ATA, 2 PER FORMAZIONE E 30 PER DIRIGENTI. ARRIVA IL BONUS SCUOLA

4. ORDINE DI SERVIZIO DEL DIRIGENTE, QUANDO POSSO IGNORARLO?

5. QUANDO SI PUÒ RESTARE IN SERVIZIO OLTRE I 67 ANNI DI ETÀ?

6. RIDUZIONE ORA DI LEZIONE. QUANDO NON VA RECUPERATA. LE NORME

1-

GRADUATORIE DI ISTITUTO: I TITOLI NECESSARI E QUELLI UTILI PER MIGLIORARE LA POSIZIONE

Di Libero Tassella Tecnica della Scuola

Nella prossima primavera 2020 (probabilmente nel periodo aprile-maggio) si aggiorneranno le graduatorie d’ istituto di seconda e di terza fascia e già stanno arrivando alla nostra redazione molti quesiti di docenti supplenti inseriti in graduatoria di istituto e che vorrebbero migliorare la loro posizione in graduatoria, avendo conseguito nuovi titoli da aggiungere al punteggio maturato in questi anni con il servizio d’ insegnamento.

In premessa dobbiamo precisare che tutti i docenti, compresi gli ITP, in possesso del titolo di studio valido per l’insegnamento (laurea o diploma), che vorranno inserirsi nella graduatoria di terza fascia di istituto per la prima volta devono conseguire necessariamente

24 CFU.

Ora passiamo ai titoli da conseguire e ai punteggi ad essi collegati per migliorare la

posizione in graduatoria.

I master annuali di primo livello (1500 ore 60 CFU) valgono 3 punti, i corsi di perfezionamento annuali (1500 ore 60 CFU) valgono anch’essi 3 punti.

I corsi EIPASS valgono punti 1, i corsi Lim di 100 ore, di 150 e di 200 ore rispettivamente sono valutati punti 0,50 , punti 0,75 e punti 1. I corsi Tablet di 100 ore, 150 ore , 200 ore

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sono valutati rispettivamente punti 0,50, 0,75 e punti , i PEKIT punti 1. Per le certificazioni informatiche si possono totalizzare al massimo 2 punti.

Passiamo infine alle certificazioni linguistiche.

Il livello B2 vale 3 punti per la seconda fascia e 1 punto per la terza, il livello C1 4 punti per la seconda e 2 punti per la terza fascia, livello C2 6 punti per la seconda fascia e 3 punti

per la terza fascia.

Infine, é appena il caso di ricordare ai nostri lettori che la valutazione dei titoli potrebbero subire delle modifiche per l’aggiornamento previsto per la prossima primavera.

Graduatorie di istituto 2020/23: le nostre FAQ per chiarire qualche dubbio Di Libero Tassella Tecnica della Scuola

Nella primavera prossima si dovranno aggiornare le graduatorie di istituto per il triennio 2020/23.

Alle molte domande che ci arrivano dai lettori rispondiamo in queste FAQ

1) Per quando é previsto il prossimo aggiornamento delle graduatorie d’ istituto di

seconda e terza fascia?

Non è stato definito ancora, ma si ritiene da più parti che il prossimo aggiornamento/

inserimento possa aver luogo nella primavera del 2020 (periodo aprile/maggio).

2) Posso cambiare provincia o sono vincolato alla provincia in cui sono ora inserito?

Puoi cambiare provincia, non c’è nessun vincolo che ti obbliga a restare nella provincia dove sei inserito, ma se cambi, dovrai rimane nella nuova provincia per tre anni cioè fino al 2023.

3) Nell’aggiornamento devo dichiarare di nuovo i titoli già dichiarati?

No. Non devi ridichiarare i titoli culturali o di servizio già dichiarati ma soltanto i nuovi titoli acquisiti entro la data di scadenza della domanda di aggiornamento/inserimento.

4) Come devo produrre domanda di aggiornamento/ inserimento?

Dovrai inviare la domanda di aggiornamento/ inserimento On Line tramite il portale POLIS.

5) Devo ancora scegliere le 20 scuole per le supplenze con il Mod. B?

Sì. Devi scegliere le 20 scuole ma solo per le supplenze brevi e temporanee che saranno ancora gestite dalle singole scuole.

6) E per le supplenze di durata annuale al 30 giugno o al 31 agosto?

Per le nomine annuali non devi scegliere le scuole, perché le graduatorie saranno trasformate in provinciali e saranno gestite dall’ AT di competenza, quindi sceglierai la provincia, la stessa delle 20 scuole.

7) Quando sarà pubblicato il calendario per le nomine annuali?

Almeno 20 giorni prima delle nomine sul sito istituzionale dell’ AT provinciale unitamente al nome della scuola polo dove avverranno le convocazioni.

8) Dove mi devo recare per la convocazione?

Presso la Scuola polo dove riceverai la nomina annuale.

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9) La tabella di valutazione resterà la stessa dell’altro aggiornamento?

No, la tabella è in revisione e il Miur sta valutando se cambiare o meno alcuni punteggi.

2 -ATA: COSA FARE SE VENGONO NEGATE LE FERIE

Le norme di riferimento sono quelle che seguono, se negate, va richiesta motivazione per iscritto, pur essendo un diritto dei lavoratori spetta "al datore di lavoro" la concessione. Se si iscrivono ai cobas chiedete incontro con ds per cercare una mediazione sul punto.

comma 8. ccnl scuola articolo 13 Le ferie sono un diritto irrinunciabile e non sono monetizzabili, salvo quanto previsto nel comma 15. Esse devono essere richieste dal personale docente e ATA al dirigente scolastico.

comma 11. Compatibilmente con le esigenze di servizio, il personale A.T.A. può frazionare le ferie in più periodi. La fruizione delle ferie dovrà comunque essere effettuata nel rispetto dei turni prestabiliti, assicurando al dipendente il godimento di almeno 15 giorni lavorativi continuativi di riposo nel periodo 1 luglio-31 agosto

comma 12. Qualora le ferie già in godimento siano interrotte o sospese per motivi di servizio, il dipendente ha diritto al rimborso delle spese documentate per il viaggio di rientro in sede e per quello di ritorno al luogo di svolgimento delle ferie medesime. Il dipendente ha, inoltre, diritto al rimborso delle spese sostenute per il periodo di ferie non goduto.

Così l'ARAN

SCU_093_Orientamenti Applicativi

In proposito, però, sembra utile evidenziare che la mancata fruizione delle ferie per motivi di servizio, entro i termini contrattualmente previsti, deve rappresentare un fatto eccezionale in quanto il diritto alle ferie viene qualificato, nell’ambito del nostro ordinamento giuridico ( in primo luogo dall’art. 36 della Costituzione) come un diritto irrinunciabile per il lavoratore.

Pertanto, in via ordinaria, l’amministrazione è tenuta ad assicurare il godimento delle ferie ai propri dipendenti, nel rispetto delle scadenze previste dal contratto, attraverso la predisposizione di appositi piani ferie e, in caso di inerzia dei lavoratori o di mancata predisposizione dei piani stessi, anche mediante l’assegnazione d’ufficio delle stesse.

Un’attenta pianificazione delle ferie, infatti, è diretta a garantire, da un lato, il diritto dei dipendenti al recupero delle proprie energie psicofisiche e, dall’altro, ad assicurare la funzionalità degli uffici.

3- VERBALI COLLEGIO DOCENTI – NON BASTA LA SEMPLICE ESPOSIZIONE IN SALA DOCENTI.

Comunicato sindacale Cobas Scuola Castrovillari

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Oggetto: verbali collegio docenti – non basta la semplice esposizione in sala docenti.

La Commissione per l’accesso documenti amministrativi c/o la Presidenza del Consiglio dei Ministri in Roma, accoglie il ricorso nei confronti del dirigente scolastico pro-tempore dell’IPSEOA di Castrovillari-CS.

Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è attiva la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi alla quale si può proporre ricorso, gratuitamente, in alternativa al Tar, avverso il diniego e/o il mancato accesso agli atti disposto da un’amministrazione pubblica.

Nel merito, il prof, Leonardo Genovese docente in servizio c/o l’IPSEOA di Castrovillari, nonché RSU d’istituto Cobas scuola, presentava formale richiesta al dirigente scolastico al fine di ottenere copia del verbale del collegio docenti. Trascorso un sufficiente lasso di tempo, avverso la condotta inerte dell’amministrazione resistente integrante la fattispecie del silenzio rigetto, si adiva la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi c/o la presidenza del consiglio dei ministri in Roma, ai sensi e per gli effetti dell’art 25 della legge 241 del 1990.

Nel ricorso presentato si richiamava una sentenza del consiglio di stato del 6 maggio 2013 n.2423 la quale specificava che “l’interesse è in re ipsa, inerendo alla funzione di componente del collegio dei docenti, che giustifica l’esigenza di conservare e poter disporre della documentazione dell’attività svolta. Il componente di un organo collegiale dell’amministrazione ha un interesse concreto e diretto, oltre che qualificato, a disporre di copia degli atti e dei verbali inerenti all’attività del collegio stesso, per verifica, approfondimento, memoria dell’iter di formazione della volontà collegiale” (cfr. Cons. Stato, vi, 9 giugno 2005, n. 3042);

Di contro, il dirigente scolastico, nelle sue determinazioni verso la commissione accesso- presidenza del consiglio dei ministri, aveva sostenuto” che la richiesta del prof. Genovese Leonardo fosse stata superata dalla formale pubblicazione del verbale stesso.

La Commissione, invece, accoglieva il ricorso presentato dal prof. Genovese – Cobas scuola Castrovillari, e per l’effetto invitava l’amministrazione resistente a” riesaminare la vicenda sulla base delle considerazioni svolte; specificava in termini di diritto. Che il professore ricorrente, quale componente dell’organo collegiale, è titolare di un interesse qualificato ad accedere ai verbali delle sedute del collegio stesso al fine di poter conservare e poter disporre della documentazione dell’attività svolta (cons. stato, VI, 9 giugno 2005, n.

3042).

Successivamente il dirigente scolastico consegnava i verbali legittimamente richiesti al prof.

Leonardo Genovese.

Sorprende, ma mica tanto, che ancora oggi nell’anno 2019, nonostante si viva in un regime di trasparenza amministrativa, per ottenere una semplice copia di un verbale del collegio docenti bisogna adire la commissione della presidenza del consiglio dei ministri, oppure ancor peggio ricorrere al tar con evidente, notevole spesa di denaro da sostenere a cura dell’interessato.

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Il sindacato Cobas scuola Castrovillari che ha patrocinato tutto il contenzioso, non può che esprimere soddisfazione per tale decisione al riconoscimento di un diritto sempre più contrastato,

Castrovillari, 04/04/2019 f.to Prof. Leonardo Genovese

Responsabile Cobas Scuola Castrovillari 4- ORDINE DI SERVIZIO DEL DIRIGENTE, QUANDO POSSO IGNORARLO?

di Avv. Marco Barone

Un dipendente ATA subiva la sanzione disciplinare della censura per non aver ottemperato un ordine di servizio. Interviene, sul punto, la Cassazione, che con Sent., (ud. 25-09-2018) 30-11-2018, n. 31086, afferma dei principi di diritto importanti.

La normativa

a) in base a costanti indirizzi della giurisprudenza, la facoltà del dipendente di non eseguire un ordine, previa rimostranza a chi lo ha impartito – secondo la suddetta norma, il cui testo è replicato nell’art. 89 del CCNL del Comparto Scuola per il quadriennio normativo 2002/2005( norma recepita nel successivo contratto all’articolo 92 per gli ATA) – è così disciplinato: “se ritiene che l’ordine sia palesemente illegittimo, il dipendente deve farne rimostranza a chi l’ha impartito dichiarandone le ragioni; se l’ordine è rinnovato per iscritto ha il dovere di darvi esecuzione. Il dipendente, non deve, comunque, eseguire l’ordine quando l’atto sia vietato dalla legge penale o costituisca illecito amministrativo” (Cons. Stato, Sez. 5, sentenza 15 dicembre 2008, n. 6208);

b) la “palese” illegittimità dell’ordine corrisponde ad una vera e propria (oggettiva) illegittimità dell’ordine stesso che – anche se non riguardi il compimento di un atto vietato dalla legge penale o costituente illecito amministrativo (come tale da non eseguire) – comunque deve essere affetto da un vizio di legittimità, cioè da uno dei vizi tipici degli atti amministrativi o da altri vizi, che nella specie rilevano come violazioni dei generali principi di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., i quali, alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., devono essere rispettati dalla PA nell’emanazione degli atti che rivestono la natura di determinazioni negoziali assunte con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro (quali sono quelli di cui si discute nel presente giudizio).

L’articolo 17 del DPR del 1957:

L’impiegato, al quale, dal proprio superiore, venga impartito un ordine che egli ritenga palesemente illegittimo, deve farne rimostranza allo stesso superiore, dichiarandone le ragioni. Se l’ordine e’ rinnovato per iscritto, l’impiegato ha il dovere di darvi esecuzione.

L’impiegato non deve comunque eseguire l’ordine del superiore quando l’atto sia vietato dalla legge penale.

L’articolo 17 è quello che trova direttamente applicazione per il personale docente e non prevede la possibilità in caso di reiterazione dell’ordine, della mancata esecuzione in caso di illecito amministrativo. Cosa che invece è contemplata per il personale ATA.

Il Codice di Comportamento dei dipendenti Pubblici

In questa cornice il riferimento alla soggettiva percezione da parte del destinatario dell’ordine non elide la necessità di una illegittimità “palese”, ma è finalizzata a fare sì che tutti i dipendenti pubblici, di ogni ordine e grado, collaborino alla legalità dell’agire della PA in cui prestano servizio, in attuazione di quanto previsto dall’art. 54 Cost., comma 2, in base

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al quale: “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.

Non a caso anche il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (di cui al D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62) all’art. 9, comma 2, stabilisce che “la tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità” e all’art. 12, comma 1, prevede che: “nelle operazioni da svolgersi e nella trattazione delle pratiche il dipendente rispetta, salvo diverse esigenze di servizio o diverso ordine di priorità stabilito dall’amministrazione, l’ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto con motivazioni generiche”.

Certamente tale Codice (….) è espressione dei profondi mutamenti normativi che si sono registrati nel tempo in materia di rapporti di lavoro pubblico contrattualizzato, con la principale finalità di aumentare l’efficienza e la correttezza dell’azione della PA (in materia di interpretazione evolutiva: Cass. 13 aprile 2016, n. 7313; Cass. 30 dicembre 2011, n 30722; sul codice di comportamento citato, tra le tante: Cass. 14 febbraio 2018, n. 3622).

Ne risulta confermato che non sussiste un obbligo incondizionato del pubblico dipendente di eseguire le disposizioni, ivi incluse quelle derivanti da atti di organizzazione, impartite dai superiori o dagli organi sovraordinati, visto che il dovere di obbedienza incontra un limite nell’obiezione circa l’illegittimità dell’ordine ricevuto (Corte dei Conti Sicilia, sentenza 27 marzo 2014, n. 117).

Ma è evidente che si deve trattare di un’obiezione ragionevole che si basi su una reale illegittimità dell’ordine e che può essere esternata e percepita anche soltanto dal destinatario dell’ordine medesimo, ma nel suo ruolo di “sentinella” e di collaboratore ad assicurare la legalità dell’Amministrazione, che gli deriva dall’art. 54 Cost., comma 2 e non per finalità, ragioni e percezioni meramente personali e soggettive.

E’ in quest’ottica che la normativa di legge e contrattuale stabilisce che l’esercizio della facoltà del dipendente di non eseguire un ordine, previa rimostranza a chi lo ha impartito, richiede, oltre alla palese illegittimità dell’ordine, anche che il dipendente non si limiti ad un mero rifiuto, ma concreti le sue motivate obiezioni, indicando le ragioni con dichiarazioni indirizzate a colui dal quale proviene l’ordine (Cass. 15 febbraio 2008, n.

3802).

Peraltro, la sussistenza in concreto dei suddetti elementi deve essere accertata dal giudice del merito e, nella specie, la Corte d’appello ha escluso motivatamente la sussistenza della

“palese” illegittimità dell’ordine, ritenendo che il Dirigente scolastico non abbia violato le prerogative degli organi collegiali in materia di determinazione del calendario di ricevimento settimanale dei genitori, visto che non era stata emanata alcuna delibera collegiale sul punto, donde la non configurabilità del dedotto vizio di “incompetenza”.

Il dovere di obbedienza incontra un limite nell’obiezione circa l’illegittimità dell’ordine ricevuto.

Ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, si ritiene opportuno enunciare i seguenti principi di diritto:

1) “la norma – prevista dal D.P.R. n. 3 del 1957, art. 17 e dalla contrattazione collettiva di vari Comparti – che attribuisce al dipendente pubblico la facoltà di non eseguire un ordine, previa rimostranza a chi lo ha impartito, “se ritiene che l’ordine sia palesemente illegittimo” deve essere interpretata nel senso che la “palese” illegittimità dell’ordine corrisponde ad una vera e propria (oggettiva) illegittimità dello stesso che – anche se non riguardi il compimento di un atto vietato dalla legge penale o costituente illecito

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amministrativo (come tale da non eseguire) – comunque deve derivare da un vizio di legittimità, cioè da uno dei vizi tipici degli atti amministrativi o da altri vizi, che nella specie rilevano come violazioni dei generali principi di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., i quali, alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art.

97 Cost., devono essere rispettati dalla PA nell’emanazione degli atti che rivestono la natura di determinazioni negoziali assunte con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro (quali sono quelli di cui si discute). In questa cornice il riferimento alla soggettiva percezione da parte del destinatario dell’ordine non elide la necessità di una illegittimità “palese”, ma è finalizzato a fare sì che tutti i dipendenti pubblici, di ogni ordine e grado, collaborino alla legalità dell’agire della PA in cui prestano servizio, in attuazione di quanto previsto dall’art. 54 Cost., comma 2, in base al quale: “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. Nello stessa ottica va inteso il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (di cui al D.P.R.

16 aprile 2013, n. 62) – utilizzabile in chiave di interpretazione evolutiva – secondo cui: “la tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità” (art. 9, comma 2), ma “nelle operazioni da svolgersi e nella trattazione delle pratiche il dipendente rispetta, salvo diverse esigenze di servizio o diverso ordine di priorità stabilito dall’amministrazione, l’ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto con motivazioni generiche” (art. 12, comma 1);

2) come si desume dalla norma – prevista dal D.P.R. n. 3 del 1957, art. 17 e dalla contrattazione collettiva di vari Comparti – che attribuisce al dipendente pubblico la facoltà di non eseguire un ordine, previa rimostranza a chi lo ha impartito, non sussiste un obbligo incondizionato del pubblico dipendente di eseguire le disposizioni, ivi incluse quelle derivanti da atti di organizzazione, impartite dai superiori o dagli organi sovraordinati, visto che il dovere di obbedienza incontra un limite nell’obiezione circa l’illegittimità dell’ordine ricevuto. Peraltro, deve trattarsi di un’obiezione ragionevole che si basi su una reale e oggettiva illegittimità dell’ordine e che può essere esternata e percepita anche soltanto dal destinatario dell’ordine medesimo, ma nel suo ruolo di “sentinella” e di collaboratore ad assicurare la legalità dell’Amministrazione, che gli deriva dall’art. 54 Cost., art. 17 e non per finalità, ragioni e percezioni meramente personali”.

Da ricordare che la Cassazione che sentenza n. 9736 del 19/4/2018 ha affermato che il lavoratore non può rifiutarsi di eseguire ordine di servizio se reiterato:

“Più in generale il lavoratore può chiedere giudizialmente l’accertamento della legittimità di un provvedimento datoriale che ritenga illegittimo, ma non lo autorizza a rifiutarsi aprioristicamente, e senza un eventuale avallo giudiziario (conseguibile anche in via d’urgenza), di eseguire la prestazione lavorativa richiesta, in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni impartite dall’imprenditore, ex artt. 2086 e 2104 c.c., e può legittimamente invocare l’eccezione di inadempimento, ex art. 1460 c.c., solo nel caso in cui l’inadempimento del datore di lavoro sia totale (cfr., tra le più recenti, Cass. n. 831 del 2016 e n. 18866 del 2016). Tali principi trovano applicazione nel rapporto di pubblico impiego privatizzato, anche in ragione del rinvio operato dall’art. 2, co. 2, d.lgs. n. 165/01.”

5 -QUANDO SI PUÒ RESTARE IN SERVIZIO OLTRE I 67 ANNI DI ETÀ?

Il trattenimento in servizio continua ad essere previsto per il personale che, pur avendo compiuto i 67 anni di età (pensione di vecchiaia) entro il 31 agosto 2019, deve raggiungere il minimo contributivo di 20 anni.

Così scrive il Miur nella succitata nota:

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Nulla è invece innovato rispetto al comma 3 del citato articolo 509 che disciplina i trattenimenti in servizio per raggiungere il minimo ai fini del trattamento di pensione. Ne consegue che nel 2019 potranno chiedere la permanenza in servizio i soli soggetti che, compiendo 67 anni di età entro il 31 agosto 2019, non sono in possesso di 20 anni di anzianità contributiva entro tale data.

In tal caso, il trattenimento in servizio non potrà protrarsi oltre il settantesimo anno di età.

Conclusioni

Alla luce di quanto detto sopra, può richiedere il trattenimento in servizio oltre i limiti d’età:

1. il personale impegnato in progetti didattici internazionali e innovativi, svolti in lingua straniera;

2. il personale che deve raggiungere il minimo contributivo (20 anni)

Pensioni, trattenimento in servizio: chi può chiederlo, perché e per quanto tempo

6- RIDUZIONE ORA DI LEZIONE 1. Per motivi estranei alla didattica

La materia è sempre stata regolata da circolari ministeriali ed ora anche dall’art. 28 comma 8 del Ccnl 2007 (assorbito nel CCNL 2016/18.

In particolare la CM 243/79 ha previsto che “nei confronti di richieste di riduzione di orario che dovranno comunque essere formulate, con adeguata, ampia motivazione, dai presidi dopo aver sentito il consiglio di istituto e il collegio dei docenti e fermo restando che il montante settimanale di ore di lezione deve essere distribuito nella misura giornaliera più perequata possibile, saranno osservati i seguenti criteri:

a) nei giorni della settimana nei quali l'orario delle lezioni è contenuto in quattro ore, è tassativamente vietata qualsiasi riduzione della durata oraria, che dunque resta determinata in sessanta minuti;

b) nei giorni della settimana nei quali l'orario delle lezioni è di cinque ore, le riduzioni suscettibili di autorizzazione devono riferirsi solo alla prima o alla ultima ora; soltanto eccezionalmente possono riferirsi alla prima e alla ultim'ora;

c) nei giorni della settimana nei quali l'orario delle lezioni è di sei ore, l'autorizzazione alla riduzione può riferirsi alla prima e alla ultima ora di lezione ed eccezionalmente anche alla penultima ora;

d) nei giorni della settimana nei quali l'orario delle lezioni è di sette ore, la riduzione può riferirsi alle prime due e alle ultime tre ore. La riduzione dell'ora di lezione non dovrà in nessun caso superare i dieci minuti; essa dovrà riferirsi solo alle classi in cui sia necessaria senza assumere carattere generalizzato per l'intera scuola o istituto.

Non è configurabile alcun obbligo per i docenti di recuperare le frazioni orarie oggetto di riduzione".

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Tale riduzione è sempre stata possibile con l’autorizzazione del Provveditore agli Studi al quale il singolo Capo d’Istituto doveva inviare formale richiesta.

Successivamente, la CM 192/80 ha esteso la possibilità di ridurre l'orario anche nelle ipotesi non contemplate dalla circolare del 1979, cioè anche per tutte le altre ore di lezione e non solo per le prime e le ultime, in presenza di "particolari situazioni di necessità debitamente rappresentate e documentate".

In data 27 settembre 1997 è stato raggiunto un Accordo di interpretazione autentica dell'art.

41 del CCNL 1995, trasmesso con la CM n. 620 del 3/10/97, il quale, nel rinnovare la validità delle circolari richiamate nell'accordo stesso, le modifica solo nella parte in cui queste prevedono l'autorizzazione preventiva da parte del Provveditore agli Studi, che dovrà essere informato dalle scuole esclusivamente "per opportuna conoscenza".

In pratica la responsabilità delle riduzioni orarie viene demandata ai "competenti organi della scuola" con le seguenti competenze:

- il Consiglio di circolo o d'istituto indica "i criteri generali relativi ... all'adattamento dell'orario delle lezioni ... alle condizioni ambientali" (art. 10 comma 4 T.U.), e nel caso in questione tiene conto delle richieste delle famiglie e/o degli allievi pendolari, dell’assenza della mensa o di altre problematiche che potrebbero causare la riduzione.

- il collegio dei docenti avanza proposte "per la formulazione dell'orario delle lezioni ... tenuto conto dei criteri generali indicati dal consiglio di circolo o d'istituto" (art. 7 comma 2 lett. b T.U.), valutando l’aspetto didattico della situazione, se, ad esempio, la riduzione consente comunque il raggiungimento degli obiettivi indicati nella programmazione, o se sia necessaria qualche modifica.

- il Consiglio di circolo o d’istituto assume la relativa delibera (art. 28 comma 8 Ccnl 2007).

- al dirigente compete la "formulazione dell'orario, sulla base dei criteri generali stabiliti dal consiglio di circolo o d'istituto e delle proposte del collegio dei docenti" (art. 396 comma 2 lettera d T.U.). Anche in questo caso al dirigente non resta che dare esecuzione alla delibera dell’Organo collegiale (vedi Dirigenza).

In tal caso, lo ripetiamo, al personale docente non può essere richiesto alcun recupero di frazioni orarie.

Taluni “neodirigenti” però vaneggiano che i “nuovi poteri” dell’autonomia e della dirigenza gli consentirebbero di “tralasciare” le disposizioni relative alla materia in oggetto ed interpretano che comunque le ore debbano essere recuperate.

Alcuni poi cercano di motivare tale assunto sull’equivoco di cosa debba considerarsi

“sperimentazione autonoma” prevista dall’art. 3, comma 5 del Regolamento dei curricoli dell’autonomia (D.I. 234/2000) il quale afferma che: “l'adozione, nell'ambito del piano dell'offerta formativa, di unità di insegnamento non coincidenti con l'unità oraria non può comportare la riduzione dell'orario obbligatorio annuale … nell'ambito del quale debbono essere recuperate le residue frazioni di tempo”.

Questo argomento è facilmente “smontabile” per due ordini di motivi:

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- il regolamento dei curricoli parla di “sperimentazioni” con le quali non può certamente confondersi la riduzione per motivi estranei alla didattica.

- tali curricoli non possono incidere su una materia che è regolata dalla disciplina contrattuale.

Comunque se qualche dirigente dovesse perseverare con questa interpretazione, i docenti che ricevessero un ordine di servizio, che prevedesse il recupero, dovranno opporre formale Rimostranza (vedi) documentandone le ragioni con i riferimenti normativi qui riportati ed eventualmente attivare il contenzioso giurisdizionale contattando la sede Cobas più vicina.

Su quest’argomento già diversi Giudici ci hanno dato ragione.

2) Per altre ragioni

In questo caso "qualunque riduzione della durata dell’unità oraria di lezione ne comporta il recupero nell’ambito delle attività didattiche programmate dall’istituzione scolastica.. La relativa delibera viene assunta dal collegio dei docenti" (art. 28 comma 7 Ccnl 2007).

Il Collegio, che può prevedere questa diversa durata dell’ora di lezione solo per ragioni didattiche, deve quindi programmare le modalità del recupero coerentemente con le finalità poste alla base di questa modifica, certamente non può destinare la frazione residua – magari su pressione del dirigente - per risparmiare sulle supplenze.

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