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Fiscal News. N. 335 Del 12/10/2017

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Fiscal News

Direttore Antonio Gigliotti

N. 335 Del 12/10/2017

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Tel. 0968.425805 - E-mail: info@fiscal-focus.it - www.fiscal-focus.it -

A cura di Emanuele Romaggioli

Rottamazione dei ruoli: i paradossi di una norma incostituzionale

Categoria: Accertamento e riscossione Sottocategoria: Equitalia I conti parlano chiaro: la definizione agevolata dei ruoli ha lasciato alla porta circa 400mila contribuenti.

Un esercito di “aspiranti rottamatori” il cui sogno di pacificazione fiscale si è arenato sulle secche. Nella platea degli esclusi, un posto di prim’ordine spetta ai contribuenti con rateazioni in corso alla data di entrata in vigore del dl 193/2016 (ossia al 24 ottobre 2016): sono loro i veri sconfitti della rottamazione.

Quei contribuenti che, a prescindere dalla fondatezza o meno del proprio debito, avevano già intrapreso un difficoltoso percorso di ravvedimento, seppur tardivo. Tuttavia, il loro sacrificio è stato vano. E’

bastata infatti una singola rata non pagata (magari di un anno prima, chissà), a farli capitolare dopo anni di sacrifici affrontati per rimettersi in carreggiata. I morosi incalliti, invece, possono cantar vittoria:

hanno avuto accesso de plano alla rottamazione e a costo zero. Un esito paradossale che, come già ipotizzato su queste colonne, solleva più di un dubbio sulla legittimità costituzionale dell’art. 6 del D.L.

193/2016 (convertito nella Legge 225/2016).

Il caso

Nell’anno 2014 un contribuente avviava una rateazione ordinaria con l’Agente della Riscossione.

Successivamente, in ragione del peggioramento delle proprie condizioni patrimoniali, chiedeva la trasformazione della pregressa dilazione in un piano di ammortamento straordinario a 120 rate. Nelle more dell’istruttoria della relativa istanza, il soggetto continuava ad onorare le rate del piano ordinario. Orbene, nell’ottobre del 2015 Equitalia comunicava al contribuente l’accoglimento della dilazione a 120 rate la cui decorrenza, tuttavia, veniva retrodata al settembre 2015 (cioè un mese prima rispetto all’avvenuta comunicazione).

Posto ciò, il contribuente, in buona fede, ometteva di versare la prima rata “straordinaria”

(peraltro già scaduta) in quanto aveva già corrisposto la corrispondente (e più elevata) rata di settembre 2015 del piano ordinario. In altri termini, egli aveva ipotizzato che il predetto versamento, necessariamente più cospicuo, avesse coperto la rata del piano straordinario relativa alla medesima mensilità. Le altre rate del piano straordinario, si badi, venivano tutte regolarmente pagate sino al mese di dicembre 2016. Equitalia gli ha negato l’accesso alla definizione agevolata adducendo la consueta motivazione stereotipata per i casi dei contribuenti in costanza di rateazione, ovvero: “non è stata rispettata la condizione prevista dall’art. 6, comma 8, del D.L. 193/2016, in quanto tale carico era compreso in un piano rateale in essere alla data del 24 ottobre 2016 e non risultano integralmente effettuati i relativi versamenti con scadenza dal 1 ottobre al 31 dicembre 2016”.

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Orbene, in ossequio al disposto di cui al comma 8 dell’articolo citato è stato riconosciuto il diritto di accesso alla “rottamazione” anche ai contribuenti con rateazione in corso, a condizione che, rispetto ai predetti piani, risultassero “adempiuti tutti i versamenti con scadenza dal 1 ottobre al 31 dicembre 2016”. Orbene, la ratio della norma era quella di evitare che, dal 24 ottobre 2016, i contribuenti interrompessero immediatamente i versamenti delle future rate del piano. In altri termini, si voleva evitare di offrire il destro ad un uso strumentale dell’istituto.

Precisato ciò, molti contribuenti procedevano ad effettuare i versamenti rateali dell’ultimo trimestre 2016 senza curarsi di sanare le eventuali rate precedenti rimaste scoperte (esempio:

agosto e settembre 2016). Sennonché, Equitalia è stata di tutt’altro avviso.

L’Agente della Riscossione, infatti, ha preteso il puntuale versamento di tutte le rate scadute al 31 dicembre 2016, invocando implicitamente il regime di imputazione dei pagamenti di cui all’art. 31 del D.P.R. 602/1973.

Come è noto, il citato articolo prevede che “se il contribuente è debitore di rate scadute il pagamento non può essere imputato alle rate non scadute (…)” e prosegue disponendo che “nei riguardi delle rate scadute l'imputazione e' fatta, rata per rata, iniziando dalla più remota (…)”.

Ne è derivata una falcidia delle istanze di rottamazione formulate dai contribuenti con rateazioni pendenti al 24 ottobre 2016, come nel caso di specie. Ciò in quanto, in virtù di tale norma (di dubbia applicabilità, come si vedrà), in caso di inadempienze del piano di ammortamento, del tutto probabili per chi aveva una rateazione di lungo corso, i pagamenti dell’ultimo trimestre 2016 sono stati imputati non già alle rate correnti, bensì alle eventuali rate antecedenti non saldate (nell’esempio sopra: la rata di ottobre 2016 avrebbe coperto agosto 2016 e così via).

Orbene, se a prima facie tale obiezione potrebbe anche apparire fondata, seppur foriera di effetti iniqui (come nel caso de quo), essa si presta ad ampie censure di legittimità alla luce dei principi generali di seguito illustrati.

L’art. 6 del dl 193/2016 quale lex specialis derogatoria della disciplina generale

Anzitutto, nella subiecta materiae, appare ragionevole qualificare la norma sulla definizione agevolata quale lex specialis in quanto, come è noto, essa va a disciplinare un aspetto del tutto peculiare della disciplina generale della riscossione a mezzo ruolo. Tale natura emerge chiaramente dalla ratio legis della “rottamazione”: un intervento varato al fine di favorire la riconciliazione tra le parti in un settore pervaso da un elevatissimo tasso di morosità cronica.

Vieppiù, la norma ha inteso perseguire anche una finalità deflattiva del contenzioso in essere contro Equitalia, avendo imposto, quale condizione di accesso, la rinuncia ai relativi processi

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pendenti. Orbene, in ragione della menzionata natura dell’intervento, invocare l’applicazione della norma generale di cui al D.P.R. 602/73 su un aspetto già disciplinato dal Dl 193/2016, appare improprio in quanto, come è noto, lex specialis derogat generali, anche in assenza di un’espressa previsione in tal senso. Pertanto, l’operatività del meccanismo dell’imputazione dei pagamenti “a ritroso” non appare affatto scontata come sostiene Equitalia, anche in virtù dell’infelice formulazione del decreto sulla definizione agevolata.

I principi costituzionali

Orbene, sul punto appare utile effettuare le seguenti considerazioni preliminari:

a) ove il citato contribuente non avesse avviato alcuna rateazione esattoriale, versando conseguentemente in una situazione di manifesta e pervicace morosità fiscale, egli sarebbe stato ammesso de plano alla definizione agevolata e a “costo zero”, non ravvisandosi, in tale ipotesi, alcuna condizione ostativa stante la natura tributaria delle pretese e l’esecutività dei ruoli ante-2017;

b) parimenti, anche nell’ipotesi di maturata decadenza dalla dilazione intervenuta antecedentemente al 24 ottobre 2016, il contribuente avrebbe avuto accesso al beneficio di legge, non ostandovi, anche in tal caso, alcuna ragione di diniego;

c) diversamente, in caso di rateazione in corso, come nel caso di specie, egli avrebbe dovuto versare (secondo l’interpretazione di Equitalia) tutte le rate antecedenti al 31 dicembre 2016 senza ottenere, in caso di accesso al beneficio, alcun rimborso delle sanzioni pagate medio tempore con i predetti versamenti mensili.

Orbene, da ciò si evince che, qualora il contribuente avesse assunto un atteggiamento dilatorio ed elusivo, esimendosi dall’avvio di alcuna rateazione, egli avrebbe conseguito un risultato paradossalmente più favorevole, come nei casi sub a) o sub b). Alla fine, dunque, le sue buone intenzioni si sono rivelate fatali. Voleva far pace con il Fisco ma ha iniziato una nuova guerra, atteso che il diniego di rottamazione è stato successivamente impugnato innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma.

Rebus sic stantibus, negare l’accesso al beneficio di legge in ragione di una singola rata rimasta

“scoperta”, equivale a vilipendere manifestamente i principi di uguaglianza e ragionevolezza presidiati dalla Costituzione. Ciò in quanto, come sopra prospettato, al debitore “virtuoso” (o almeno in parte) è stato riservato un trattamento decisamente sfavorevole rispetto all’evasore cronico, il quale, al contrario, ha avuto accesso de plano alla rottamazione ottenendo addirittura l’abbattimento integrale delle sanzioni (ovviamente mai versate). A ragion veduta, non si ravvisa alcun plausibile e ragionevole motivo atto a legittimare una simile disparità. Anzi, sarebbe stato

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doveroso il contrario. Anche perché, si ribadisce, il contribuente in rateazione, a differenza del

“collega distratto”, aveva già estinto quota parte delle sanzioni (senza peraltro la possibilità di rimborso né di imputazione a saldo del tributo). Pertanto, già all’atto della formulazione della domanda, per lui l’accesso alla definizione agevolata si prospettava più gravoso rispetto all’evasore incallito.

In considerazione di tali manifeste storture, dunque, peraltro ipotizzabili già alla vigilia dell’istruttoria delle istanze di rottamazione, ragioni di equità fiscale e di giustizia sostanziale avrebbe reso auspicabile un’interpretazione decisamente meno rigida e formalistica della norma. Ciò al fine di restringere al minimo le ipotesi di reiezione e/o inammissibilità delle istanze formulate dai contribuenti in rateazione al 24 ottobre 2016. L’approccio rigorista di Equitalia, invece, ha sortito l’effetto opposto rispetto a quanto predicato dal decreto, rendendo particolarmente difficoltosa l’agognata

“conciliazione” fiscale.

L’omesso invio delle comunicazioni preventive

Orbene, qualora l’intenzione di Equitalia fosse stata (paradossalmente) quella di effettuare un’istruttoria a maglie strette, si poteva perlomeno ipotizzare, in un’ottica di buona fede, l’invio al contribuente di una comunicazione di “pre-rigetto”. Una missiva in stile “compliance” volta ad invitare il cittadino a corrispondere, a strettissimo giro, le rate antecedenti all’ultimo trimestre 2016, pena il diniego della domanda di definizione agevolata. Un adempimento imposto dalla particolare complessità della materia e dall’infelice formulazione legislativa. Equitalia, invece, si è limitata ad inviare le comunicazioni preventive solo in caso di vizi formali dell’istanza. La rilevante portata dell’operazione, tuttavia, avrebbe reso auspicabile uno sforzo maggiore.

L’esempio delle comunicazioni di “pre-rigetto” delle rateazioni straordinarie

Si consideri, del resto, che l’approccio sopra auspicato viene già adottato da Equitalia per le istanze di rateazione straordinaria formulate dalle imprese. In tali casi, ove l’esattore ravvisi una condizione ostativa all’accoglimento dell’istanza, procede all’invio di una comunicazione di pre- rigetto in cui viene intimato un certo adempimento entro un dato termine, pena (appunto) il rigetto della rateazione straordinaria. Un esempio tipico in tal senso è rappresentato dal mancato deposito del bilancio da parte dell’impresa istante (adempimento che Equitalia, peraltro infondatamente, impone quale onere propedeutico alla concessione della dilazione extra-ordinem). Al contrario, nell’ambito della rottamazione dei ruoli, le comunicazioni preventive hanno riguardato solo gli aspetti squisitamente formali delle istanze (omessa allegazione di documenti di identità ecc.), senza rendere edotto il contribuente di cause ostative di carattere sostanziale (come il mancato pagamento delle rate antecedenti) idonee ad essere rimosse mediante un’eventuale condotta collaborativa del contribuente.

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Tel. 0968.425805 - E-mail: info@fiscal-focus.it - www.fiscal-focus.it - Il fallimento dell’intento deflattivo e gli scenari del contenzioso

Orbene, in base all’interpretazione rigorista e cavillosa di Equitalia, ad oggi i contribuenti bocciati ammontano a circa 400mila. Per loro, molto probabilmente, si profila una seconda chance con la rottamazione “bis” all’attuale vaglio del Governo. Ma per ora, nella palude dell’incertezza, l’unica speranza rimane la strada del contenzioso. Sotto tale profilo, qualora la Commissione adita o il Tribunale non appaiano sensibili agli argomenti sopra rassegnati, si potrebbe anche prospettare, quale extrema ratio, una soluzione conciliativa in sede giudiziale.

Ad esempio, il contribuente potrebbe manifestare la propria disponibilità al versamento (in un’unica soluzione) delle rate “scoperte” antecedenti al 31 dicembre 2016, chiedendo il contestuale rinvio dell’udienza di discussione per formalizzare l’adempimento. Ciò al fine di ottenere l’ammissione ex-post al beneficio di legge. Una soluzione in salita, anche in termini operativi, ma non certo impossibile.

Concludendo, se l’intento della definizione agevolata (oltre a fare cassa) era quello di tentare di agevolare il contribuente nel percorso di pacificazione fiscale, la missione appare fallita. La platea dei contribuenti bocciati è stata decisamente alta e le disparità di trattamento hanno inasprito gli animi anziché chetarli. I morosi irriducibili sono stati graziati rispetto ai contribuenti che, con enormi sacrifici, avevano già in essere lunghe e onerose rateazioni. Non rimane, ora, che attendere la rottamazione “bis”, nella speranza di assistere ad un testo normativo meno approssimativo e raffazzonato. Chissà.

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