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Sotto l aggraffatura di La Regina

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Academic year: 2022

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Sotto l’aggraffatura di “La Regina”

Nell’intercorso del 1890 al 1891, un rischiarante drammaturgo stilava lo stame di un’opera che avrebbe destato, nel prosieguo, l’acume di Jacques Lacan; parliamo della Kindertragödie riportante la titolazione: Frühlings erwachen o che sia tradotto nell’impossibile atto di “risveglio di primavera”.

Risveglio di primavera narra la storia di taluni ragazzi, recante l’Altro l’età di 14 anni e tali, in contingenze spiranti, rimarranno inusitati scalfendo l’Oργανον di θάνατος contro il ri-sveglio dipartente. Il risveglio dipartente è quel risveglio che la beanza articola nell’antro dell’opera, il dialogo di Wendla con la madre, la Signora Bergman, a tessere “con due palmi di volantino”1 in più il vestito. Dovessimo costituire una genealogia dell’opera di Wedekind potremmo dire sì l’opera della vestizione o forse l’opera della mascheratura, l’opera di messa in funzione significante dell’(a)donna, mi si conceda una pinzillacchera di onomaturgia in un contorno di mero ipo- criticismo!

Cosa abbiamo di inter-detto nell’opera di Wedekind? L’inter-detto, veicolato dal “palmo” in più, slabbra dalle prime righe ri-portando in vaso diaboli Melchiorre con Wendla. Possiamo scorgere nel loro rapporto assente

“Che cosa vuol dire? Lo si può dire, perché oramai è detto, ma non è certo sufficiente a dirlo, occorre anche motivarlo.2 […] Non c’è nessun modo di scriverlo […] Comunque sia, al giorno d’oggi non si può scrivere il rapporto sessuale senza far entrare in funzione una cosa che è un po’ buffa, proprio perché, per l’appunto, non si sa niente del suo sesso, vale a dire il fallo”

3Questa enucleazione impervia nella sua lettura è il punctum pruriens dell’opera di Wedekind ancor prima che emergessero gli scritti Freudiani.

Incistare il Rapporto Sessuale non equivale a rapporto sessuale, non è tautologico né è un refuso, le iniziali maiuscole hanno una connotazione

1 Wedekind F. Risveglio di primavera, P.52

2 Lacan J. Il seminario libro XVIII, P.155

3 Lacan J. Il seminario libro XVIII, P.75

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differente, come il buon Frege avrebbe rilevato, solo da una lettura guatante è possibile procurare la fissione terminologica, è possibile rendere impossibile l’impossibilità a capirsi delle differenziazioni a livello del grafema. Dicevamo che l’interdetto scardina le pagine stesse a tutta prima, dove la madre – non tutta – riporta la necessità, il punto che sia nevralgico, ovvero: coprire le gambe. Fosse una catacresi saremmo algenti! Vista la necessità di riferirci alle gambe, che potremmo con un matema scrivere Φ(a), quello che Lacan definisce il desiderio dell’uomo, o dell’a-lmeno-uomo. Il desiderio dell’uomo è ingombrato del desiderio Fallico, del desiderio che lo rende quello che Lacan definisce nel seminario XVIII Hommoinzin a carattere denotativo. Le Gambe, le gambe che saranno prima oggetto di soprusi, Wendla in vena che potremmo definire masochistica gode ad assurgere a grande phi Melchiorre, a ricevere quello che non ha mai ricevuto

“Melchiorre, io non sono mai stata picchiata in vita mia”4 e molto probabilmente potremmo rendere sincretico ad Ονειροι, vagante nei meandri di γπνος “Sognavo […] E che tornavo a casa la notte tremante di fame e di freddo, senza tutto il denaro che mio padre pretendeva, e allora mi picchiavano, mi picchiavano”5. Lacan, nel 1° settembre del 1974 in un litur- atramento, produce una sinopsi condensata del lavoro svolto nel corso degli anni di rielaborazione del “discorso” psicoanalitico e ci dice: “[…] affronta così la questione – parlando di Wedekind – di che cosa significhi per i ragazzi fare all’amore con le ragazze, sottolineando come essi non ci penserebbero affatto senza il risveglio dei loro sogni.”6, dovremmo configurare il “non ci penserebbero affatto senza il risveglio dei loro sogni” come un emakimono Giapponese, ai quali grafemi dovremmo apporre una rappresentazione del

“risveglio dei loro sogni”. Concentriamoci adesso sul risveglio dei loro sogni, cosa significa? Il sogno è sempre il segno/sogno dell’Altro, con ciò

4 Wedekind F. Risveglio di Primavera P.38

5 Ibidem. P.37

6 Lacan J. Altri Scritti P.553

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sappiamo come s’articoli mediante metafore e metonimie significanti. Non solo questo, questo potremmo dire sia un primo livello di analisi, ma vorremmo che ciò diventasse dialetticamente articolato perocché si possa configurare quel figmento nel lettore che sia capace di incuneare tale rilevanza psicoanalitica. Il sogno in quanto manifestazione dell’Altro e in quanto è il ri-sveglio del sogno, notiamo bene come vi sia una ri-petizione nel ri-sveglio, è wortvorstellung di una manifestazione altra da quanto in precedenza vi era. Con Lacan potremmo dire con un hapax che la lamella s’insinua in ogni dove concentrandosi in un punto significante del corpo.

Questo punto significante lo ri-troviamo in “Driade”7, significante che diverse volte viene ripreso nella tragedia di Wedekind, forniamo un esempio in cui è Melchiore a prender Parola: “Se non sapessi che sei Wendla Bergmann, ti avrei presa per una Driade scivolata giù dalle ramaglie.”8. Esempio chiaro che contestualizza nella sua forma, nella sua essenza, nel suo ereignis, l’avverbio tedesco frühlings, infatti Driade nella sua radice riporta alle querce, differenziandosi dalle amadriadi, ninfe delle querce perché erano congiunte agli alberi, quasi fossero il corpo e l’anima, la materia e l’infinito, la forma e l’informe, il pragmatico e l’astratto, quasi raffigurassero la tesi e l’antitesi in un unicum. La Driade invece è la ninfa degli alberi ma risulta essere disgiunta, come se vi fosse uno iato tra l’albero e la ninfa, l’albero non è la ninfa e la ninfa non è l’albero, ecco il quid, l’albero non fa la ninfa ovvero la ninfa rappresenta l’albero ma non è il suo corpo. Questa caratteristica, il riportare all’albero ed alla sua rigogliosità, alla sua fertilità, alla sua massimizzazione di vita, alla sua possibilità di ek-stasis viene, nell’opera di wedekind, a raffigurarsi nella genitrice Wendla. Wendla, nella sua nescienza, o potremmo dire nel suo essere sommessa all’Altro della castrazione, all’Altro dell’impossibile a dirsi, subisce, diviene oggetto dell’Altro che la soverchia generandone una vita umana nella vita che si tenta di eradicare, di

7 Wedekind F. Risveglio di primavera P.34

8 Ivi.

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svellere dal suo terreno che fornisce nutrimento. Purtroppo, quando la vita vede la vita e sovente si tenta di applicare una torsione a quell’avverbio di cui poc’anzi “frühlings”, il vomere che sempre veglia nel simbolico si presentifica applicando un buco, il buco dell’impossibile, il buco del resto, il buco dell’indicibile, il buco bucato dal reale, la morte. Anche la fioritura primaverile, la generatività della primavera può andare incontro all’impossibile a dirsi a quel piccolo scarto che non subirà mai il processo di erosione significante, non subirà mai il processo di simbolizzazione bensì rimarrà, peregrino e immarcescibile, carne viva diuturna nella mente di Melchiorre. La driade fertilizzante, sarà ancisa dall’Altro castrante che pone l’impossibile nella conoscenza di Wendla, come la signora Bergman riferisce

“Non posso farlo Wendla”9. Nel non posso farlo si nasconderà l’impossibilità a prevedere ciò che si ritiene impossibile, ovverosia che non si possa avere bambini se non si sia sposati, che non si possa avere bambini senza che vi sia ciò di cui Wendla era nesciente e che rompe le redini dell’altro per porsi nell’Atto dell’inscrivibile. Non è un caso che Lacan, riponendo in un grande passaggio sintetico ci dica “é nel regno dei morti che les non-dupes errent, direi con un titolo che ho illustrato”10 in cui la citazione francese rimanderebbe, omofonicamente parlando a “I nomi del padre” in cui il grande significante fallico, come suddetto, ghermisce la sembianza di Uomo senza, purtuttavia, abbrancare La Donna, rientrante nella “versione del padre”11 poiché non ricolma e attornia dalla simbologica del mitema fallico bensì reclutata nell’assoluta “ex-sistenza”12. Cosa vogliamo dire con ciò? Che Wendla si scontra con il simbolico per divenire vera ex-sistenza, è l’impatto con l’imgombro fallico, potremmo dire, che consente l’emergenza della singolarità che potremmo dire sarà rappresentata da Maurizio nel volger al termine del dramma, dramma riportante il risveglio ad integrum

9 Ibidem P.50

10 Lacan J. P.555

11 Ivi.

12 Ivi.

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che lo avremo in Maurizio rinsavito, in maurizio ri-apparso, in maurizio che diviene il reale che si scontra col mondo del simbolico, al quale, però, fa capolino l’Uomo mascherato, che non potrebbe essere altrimenti poiché sono nell’anonimato il signore può condurre l’(a)ltro nel mondo dell’Impossibile come luogo del possibile, che esordisce nel “Vieni, piccolo!”13 in cui la pausa che s’inframmezza scava l’abisso tra Simbolico e Reale.

Dal sogno, come carne vivente che prende corpo nel momento dell’impossibilità a compiersi, durante le ore notturne con la paralisi muscolare a rendere ostato il movimento, abbiamo una trascende che potremmo definire l’impossibile di una meta-faccenda è il racconto della Regina che come la lamella di Lacan aleggia negli anfratti dell’opera quasi a soverchiare ogni rigo battuto su carta, è la storia raccontata da Maurizio:

“Le foglie sussurrano delle storie. Mi sembra di sentir mia nonna buonanima narrare la storia della regina senza testa. Era una incantevole regina, bella come il sole, la più bella fanciulla del paese. Solo ch’era venuta al mondo senza testa. Non poteva mangiare né bere né vederci, non ridere e nemmeno baciare. Riusciva a farsi intendere dal seguito solo per mezzo delle piccole mani morbide. Coi graziosi piedini sgambettava per dichiarar la guerra o per condannare a morte. Ma ecco che un bel giorno venne sconfitta da un re che appunto possedeva due teste, le quali per tutto l’anno non facevano che prendersi per i capelli, litigando con tanta passione che questa non lasciava dire a quella una parola. Il primo stregone di corte prese allora la testa più piccola e la posò sulla principessa: guarda guarda, le andava a pennello! Al re non restò che sposare la principessa, e addio litigi, anzi fu un gran baciarsi sulla fronte, le guance, la bocca… e vissero tanti anni felici in perfetta letizia… Che razza di follia! Da quando sono finite le vacanze la regina senza testa non c’è verso che m’esca dalla mente. Se vedo una bella ragazza, mi appare

13 Wedekind F. P.101

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senza testa: addirittura mutata nella regina senza testa… Non è escluso che debban metterne una anche a me.”14

Come indicato questa sono le parole espresse da Maurizio, mediante le quali viene raccontato un mitema relativo alla regina senza testa, la quale ha un punto che desta l’attenzione del potenziale lettore, è senza testa! Ma cosa significa essere senza testa? In modo corrivo, Maurizio, tenta di fornire una lettura, non vede, non comunica, non parla, non sorride, non può svolgere, in modo palmare, quanto comunemente viene svolto dagli altri o potremmo dire da dacht gemeinsamen? Non è escluso, come ci racconta Maurizio che sia il re a mettere la testa, così come a dire che l’Altro antecede la venuta al mondo e l’esistenza, anzi la Herstellen sia data dalla presenza dell’Altro perché venga alla luce la componente forgiante, la fucina dell’altro. Per concludere, potremmo sincretizzare il racconto testé narrato con il termine del dramma, recante Wendla, Melchiorre e Maurizio a quel borromeo su cui potremmo dire questo dramma si configura, e che raggiunge lo statuto più eclatante col colpo silente, lo sparo di Maurizio. Il colpo è silente poiché solo mediante analessi verremo a sapere l’accaduto. Il testo si conclude così “E io me ne sto qui con la mia testa sotto il braccio. La luna si vela il volto, poi lo scopre ma non sembra di un filo più savia…”15 La testa sotto il braccio che non sia propria la testa assente della Regina che la pone in una condizione d’impossibile affinché soggiaccia all’universalizzazione cui l’uomo va incontro? E di cui tenta di redimersi solo mediante il nome Proprio prontando la moneta dell’Alto? Questo è un atto di enunciazione e Lacan insegna che “L’enigma è la enunciazione”16 l’enunciazione è l’enigma del possibile a dirsi e che ritorna sempre ad assumere scienza che “sarà essa

14 Ibidem. P. 42.

15 Ibidem. P.101

16 Lacan J. Il seminario libro XVII P.37

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a sospendere noi”17 il Godimento dell’Altro recante lo scafandro dell’impossibile.

17 Lacan J. Altri Scritti P.555

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Bibliografia

Wedekind F., Frühlings Erwachen, Trad. It. Risveglio di primavera, Rizzoli Editore, Milano 1955.

Lacan J., Autres écrits, Édition du Seuil, Paris 2001, Trad. It. Altri Scritti, Giulio Einaudi Editore, Torino 2013.

Lacan J., Le séminaire de Jacques Lacan Livre XVII. L’envers de la psychanalyse, Édition du Seuil, Paris 1991, Trad. It. Il seminario Libro XVII. Il rovescio della psicoanalisi, Giulio Einaudi editore, Torino 2001.

Lacan J., Le Séminaire de Jacques Lacan. Livre XVIII. D’un

discours qui ne serait pas du semblant (1971), Édition du Seuil, Paris 2007, Trad. It. Il seminario, Libro XVIII Di un discorso che non sarebbe del sembiante, Giulio Einaudi editore, 2010 Torino.

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