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Academic year: 2021

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Conclusioni.

Il problema del contrasto negativo tra uffici di procura, che può dirsi risolto in parte e solo in una prospettiva de jure condendo, ha offerto lo spunto per una analisi di altri aspetti problematici.

Questo significa che si non si debbano estendere al p.m. tutti i principi, i diritti e gli obblighi dei giudici, come abbiamo visto nei primi due capitoli. Anzitutto, lo studio del principio del giudice naturale precostituito per legge, ci ha dato modo di vedere che, pur non essendo ritenuto applicabile direttamente al p.m., secondo la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie, continua a dare vita a dibattiti dottrinali; in tal senso, appare opportuno richiamare l’asserzione di G. Conso, secondo cui “all’imputato può non essere indifferente che una causa sia trattata da un magistrato piuttosto che

da un altro

1

“, che potremmo così opportunamente modificare “all’

imputato non può essere indifferente che l’indagine sia svolta da un ufficio di procura piuttosto che da un altro.”

1 G. Conso, Introduzione, in Il principio di precostituzione del giudice, op.

cit., p. 23.

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130 Vi sono poi delle norme dettate per i giudici che sono applicabili anche ai p.m. Ad esempio, le norme sulla competenza, riferibili al giudice, esplicano i loro effetti anche sull’attività del p.m. in ragione dell’art. 51,3°. Abbiamo visto che le conclusioni cui sono pervenute la giurisprudenza e la dottrina in ordine alla limitata efficacia della dichiarazione di incompetenza, pronunciata dal g.i.p., e la relativa conseguenza che ne è stata tratta, ossia la scarsa rilevanza della

competenza nella fase delle i.p., ripercuotono i loro effetti anche sull’attività della magistratura inquirente. La sensazione è che nella fase procedimentale delle i.p. sia poco importante il rispetto delle

regole sulla competenza.

E’ innegabile che il rispetto del principio di legalità copra l’intera attività degli organi giurisdizionali e in generale, della Pubblica

Amministrazione. Quindi anche il p.m., chiamato a svolgere un’attività pubblicistica, è tenuto ad agire nel rispetto della legge, a partire da quella fondamentale, la Costituzione.

Quello che contraddistingue la legalità dell’attività del p.m. è l’obbligo sancito dall’art.112 cost. di esercitare l’azione penale.

Questo non deve avvenire sempre e comunque, ma quando il pm

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131 ravvisi che non siano manifestamente infondate le ipotesi di reato, per le quali ha svolto delle i.p.

Inoltre il legislatore ha predisposto degli strumenti di controllo volti a scongiurare il pericolo che il p.m. resti inerte laddove avrebbe dovuto esercitare l’azione penale, l’avocazione e la disciplina dei contrasti negativi. Ma anche questi strumenti non possono eliminare

una componente essenziale dell’esercizio dell’attività inquirente, ossia la discrezionalità del magistrato. E’ questo in sostanza che impedisce ai magistrati di essere semplici ’bocche della legge’ e li rende partecipi della cultura della giurisdizione che impregna il nostro ordinamento giudiziario attuale.

Concludendo, potremmo sostenere che per risolvere i problemi dei contrasti negativi tra uffici di procura non si potrà agire soltanto sul

una singola disposizione, ma ripensare più compiutamente sul valore

dei principi di legalità, di obbligatorietà dell’azione penale, sulla

discrezionalità della magistratura inquirente, sui rapporti interni alla

procura e tra procura della repubblica e procura generale, rendendo

necessaria una modifica alla legge sull’ordinamento giudiziario.

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