INFORMATIVA N. 281 – 14 NOVEMBRE 2013
IMPOSTE DIRETTE
“CHIUSA” LA QUESTIONE DELLA DEDUCIBILITÀ DELL’INDENNITÀ SUPPLETIVA DI CLIENTELA
• Art. 1751, C.c.
• Artt. 17 e 105, TUIR
• Circolari Agenzia Entrate 6.7.2007, n. 42/E e 8.11.2013, n. 33/E
• Sentenze Corte di Cassazione 27.6.2003, n. 10221; 16.5.2003, n.
7690; 18.11.2005, n. 2443; 24.11.2006, n. 24973; 30.1.2007, n.
1910; 11.6.2009, n. 13506; 11.4.2011, n. 8134 e 4.4.2013, n. 8288
Recentemente l’Agenzia delle Entrate, sposando l’orientamento giurisprudenziale consolidato, ha nuovamente “cambiato rotta” in merito al trattamento fiscale dell’accantonamento finalizzato alla costituzione del fondo relativo all'indennità suppletiva di clientela degli agenti, ora considerato deducibile per competenza.
In base alla precedente interpretazione, la deducibilità era riconosciuta all’atto della corresponsione dell’indennità all’agente, ossia secondo il principio di cassa. Tale orientamento rimane valido per la “soluzione” delle controversie aventi ad oggetto gli accantonamenti effettuati fino al 1992, in vigenza del diverso contenuto della normativa civilistica in materia.
Relativamente alle controversie concernenti gli accantonamenti effettuati dal 1993 l’Agenzia invita gli Uffici ad abbandonare il contenzioso, qualora non conforme alla nuova interpretazione.
Come noto, nell’ambito del contratto di agenzia, secondo quanto disposto dall’art. 1751, C.c., al momento dell’interruzione del rapporto la ditta mandante è tenuta a corrispondere all’agente l’indennità suppletiva di clientela, al sussistere di determinate condizioni.
Il trattamento fiscale da riservare all'accantonamento effettuato dalla ditta mandante per la costituzione del fondo relativo a detta indennità è stato oggetto di un ampio dibattito. Nel corso degli anni si sono, infatti, susseguiti diversi orientamenti giurisprudenziali cui hanno fatto seguito le varie interpretazioni dell’Amministrazione finanziaria.
Recentemente l’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 8.11.2013, n. 33/E, conformandosi all’orientamento giurisprudenziale prevalente, ha nuovamente modificato la propria posizione, affermando la deducibilità dell’accantonamento in base al principio di competenza. La precedente interpretazione, fornita nella Circolare 6.7.2007, n. 42/E, che riconosce(va) la deducibilità soltanto all’atto della corresponsione dell’indennità, rimane valida in vigenza della diversa normativa civilistica applicabile fino al 1992.
Di fatto, quindi, l’Agenzia distingue ora il trattamento fiscale dell’indennità in esame in capo alla ditta mandante in base alla formulazione del citato art. 1751, oggetto “di rilevanti modifiche introdotte a decorrere dal 1° gennaio 1993”.
TRATTAMENTO FISCALE IN CAPO ALLA DITTA MANDANTE FINO AL 1992 Secondo quanto disposto dall’art. 1751, C.c. nella formulazione in vigore fino al 1992:
“All’atto dello scioglimento del contratto a tempo indeterminato, il preponente è tenuto a corrispondere all’agente un’indennità proporzionale all’ammontare delle provvigioni liquidategli nel corso del contratto e nella misura stabilita dagli accordi economici collettivi, dai contratti collettivi, dagli usi o, in mancanza, dal giudice secondo equità”.
Come evidenziato nella Circolare n. 33/E in esame, il citato art. 1751 faceva genericamente riferimento alla corresponsione di un’“indennità” di fine rapporto mentre gli Accordi economici collettivi (Aec) dell’industria e del commercio individua(va)no 3 distinte tipologie di indennità, ossia:
Æ indennità per la risoluzione del rapporto di agenzia;
Æ indennità suppletiva di clientela;
Æ indennità meritocratica;
prevedendone la spettanza anche in deroga alle condizioni stabilite dalle disposizioni civilistiche.
Fino al 1992, pertanto:
l’art. 1751 non subordinava il riconoscimento dell’indennità di cessazione del rapporto di agenzia ad alcuna condizione e rinviava agli Accordi collettivi soltanto per l’individuazione della misura spettante;
gli Accordi collettivi distinguevano, all’interno dell’unitaria categoria dell’indennità di cessazione del rapporto di agenzia, la sottocategoria dell’indennità suppletiva di clientela la cui erogazione era collegata allo scioglimento del contratto su iniziativa della casa mandante per fatto non imputabile all’agente.
Relativamente alla previgente formulazione del citato art. 1751 si sono sviluppati i seguenti orientamenti giurisprudenziali e dell’Amministrazione finanziaria.
L’ORIENTAMENTO GIURISPRUDENZIALE
La Corte di Cassazione, tenendo conto della formulazione dell’art. 1751, C.c. in vigore fino al 1992, mentre nella sentenza 27.6.2003, n. 10221 ha ammesso la deducibilità dell’accantonamento per indennità suppletiva di clientela, come evidenziato nella Circolare n. 33/E in esame “ha successivamente mutato orientamento nel senso di ritenere che i predetti accantonamenti non fossero deducibili” (per competenza), considerato che l’indennità rappresenta un costo meramente eventuale sia nell’an che nel quantum e riconoscendo la deducibilità soltanto relativamente all’importo effettivamente corrisposto all’agente, a detto titolo, all’atto dello scioglimento del rapporto.
SENTENZA COMMENTO
27.6.2003 n. 10221
Tenuto conto che:
− secondo il comma 4 dell’art. 73 (ora art. 107), TUIR, “non sono ammesse deduzioni per accantonamenti diversi da quelli espressamente considerati dalle disposizioni del presente capo”;
− con riferimento alle indennità corrisposte agli agenti, l’art. 70, comma 3 (ora art.
105, comma 4), TUIR, riconosce la deducibilità, tra l’altro, degli accantonamenti per le indennità di cui alla lett. d) del comma 1 dell’art. 17, TUIR, ossia le
“indennità per la cessazione di rapporti di agenzia delle persone fisiche e delle società di persone”;
è ammessa la deducibilità dell’indennità suppletiva di clientela; infatti, il relativo accantonamento è espressamente previsto da una disposizione fiscale.
In particolare, “l’art. 70, comma 3, del D.P.R. n. 917/1986, che prevede che sono deducibili gli accantonamenti di fine rapporto di cui alla lett. d) dell’art. 16 [ora art.
17], comma 1, del D.P.R. n. 917/1986, si riferisce alle indennità percepite per la cessazione del rapporto di agenzia delle persone fisiche, tra le quali rientra l'indennità suppletiva di clientela”.
16.5.2003 n. 7690 18.11.2005
n. 24443
“L’indennità suppletiva di clientela … è caratterizzata dalla mera eventualità dell’obbligo del preponente alla sua corresponsione, condizionata … alla ricorrenza della ipotesi che il contratto di agenzia si sciolga «ad iniziativa della casa mandante per fatto non imputabile all’agente»: e ciò, a differenza dell'indennità di cui all'art. 1751 c.c.
… alla cui corresponsione il preponente è, in ogni caso, obbligato per legge.
L’indennità in questione - in quanto connotata, per la disciplina collettiva che la regola, dall'incertezza dell'obbligo del preponente alla sua corresponsione - costituisce, in pendenza del rapporto di agenzia, un costo meramente eventuale sia nell’«an» che nel «quantum» e, come tale, (non accantonabile fiscalmente e, quindi) non deducibile dal reddito d'impresa, manifestando, invece, la qualità di componente negativo deducibile solo nell’esercizio in cui venga concretamente corrisposta”.
24.11.2006 n. 24973
È ribadito quanto affermato nella citata sentenza n. 24443/2005 ossia che l’indennità costituisce un costo meramente eventuale e, come tale, non accantonabile fiscalmente con conseguente deducibilità solo nell'esercizio in cui è concretamente corrisposta.
Infatti, ammettere la deducibilità dell’accantonamento:
− “urta contro il chiaro ed univoco disposto normativo … per il quale … la «natura aleatoria» dell’erogazione … esclude la possibilità di considerare come
«maturata» nell’anno una qualche quota della stessa;
− non trova conforto nella «funzione» (sostituire il mancato reddito derivante dalla cessazione del rapporto) che si assume svolta dall’indennità de qua atteso che il problema giuridico è dato sempre e solo dalla individuazione, anche al fine di determinare l’esercizio (fiscale) di competenza, del momento di
«maturazione» dell’emolumento e tale momento può coincidere unicamente con il sorgere del diritto, quindi con la cessazione del rapporto”.
30.1.2007 n. 1910
Il trattamento di fine rapporto spettante all'agente consta di 2 distinti elementi:
un’indennità da corrispondere, comunque, in tutti i casi di scioglimento del rapporto di agenzia ed una indennità c.d. “suppletiva” riconosciuta soltanto in caso di risoluzione anticipata del contratto per fatto non imputabile all’agente.
La possibilità che si pervenga allo scioglimento anticipato del rapporto, a prescindere dalla maggior o minor frequenza con la quale possa verificarsi tale eventualità, resta appunto sempre un’eventualità e dunque, a differenza di quel che avviene per l’altra componente del trattamento di fine rapporto, si presenta priva dei requisiti di certezza e determinabilità oggettiva necessari, ai sensi dell'art.
75 (ora art. 109), TUIR, per la deducibilità delle componenti negative di reddito.
L’ORIENTAMENTO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE RM 21.7.80, n. 9/120
Con la Risoluzione 21.7.80, n. 9/120, il Ministero delle Finanze ha affermato che l’accantonamento relativo all’indennità suppletiva, essendo un onere privo dei requisiti di certezza, non trova alcuna legittimazione, con conseguente indeducibilità dello stesso qualora effettuato.
Tale interpretazione, sostenuta da una parte della dottrina e giurisprudenza, trovava giustificazione nel fatto che la stessa si riferisce alle disposizioni contenute nel DPR n. 597/73 nel quale non era previsto espressamente, a differenza dell'attuale TUIR, l’accantonamento all’indennità in esame.
Risoluzione Agenzia Entrate 9.4.2004, n. 59/E
Nella Risoluzione 9.4.2004, n. 59/E l’Agenzia, uniformandosi all’interpretazione fornita dalla Cassazione nella citata sentenza n. 10221, aveva affermato che:
“Appare evidente … come gli accantonamenti a fondi del passivo per le indennità di cessazione del rapporto di agenzia, per effetto del rinvio di cui al … articolo 105, comma 4, rientrano nel tassativo novero degli accantonamenti per i quali è riconosciuta rilevanza fiscale, essendo sostanzialmente equiparati a quelli di quiescenza e previdenza.
… l’accantonamento ai fondi per indennità di cessazione del rapporto di agenzia, valorizzato nelle diverse componenti … (indennità di risoluzione, indennità suppletiva e … indennità meritocratica), sarà fiscalmente riconosciuto …”.
Ai fini della deducibilità non assume rilevanza la circostanza che alcune componenti della complessiva indennità di cessazione (suppletiva e meritocratica) abbiano natura aleatoria in quanto dovute soltanto al sussistere di specifiche condizioni.
In particolare, la deducibilità dei relativi accantonamenti, analogamente a quanto previsto per quelli al fondo TFR del personale dipendente, va operata, nei singoli esercizi, secondo il principio di competenza.
Circolare Agenzia Entrate 6.7.2007, n 42/E
Con la Circolare 6.7.2007, n. 42/E l’Agenzia delle Entrate ha nuovamente mutato la propria interpretazione fornita nella citata Risoluzione n. 59/E, in quanto “non più sostenibile” alla luce del
“recente e ormai consolidato orientamento della Cassazione”, espresso nelle predette sentenze nn. 24973/2006 e 1910/2007.
In particolare l’Agenzia ha sostenuto che l’indennità è deducibile esclusivamente nell’esercizio in cui la stessa è concretamente corrisposta mentre non sono deducibili gli accantonamenti effettuati annualmente dalla ditta mandante.
TRATTAMENTO FISCALE IN CAPO ALLA DITTA MANDANTE DAL 1993
In base all’attuale formulazione del citato art. 1751, in vigore dal 1993, la ditta mandante, al momento dell’interruzione del rapporto di agenzia deve riconoscere all’agente un’indennità, a condizione che:
− “l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;
− il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l'agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti”.
Le predette condizioni sono comunque derogabili, purché a favore dell’agente.
L’indennità:
Æ non può essere superiore ad un importo equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi 5 anni ovvero, se il contratto risale a meno di 5 anni, sulla media del periodo di durata dello stesso;
Æ non spetta qualora l’interruzione del rapporto di agenzia sia dovuta a:
inadempienza contrattuale, imputabile all’agente, di una gravità tale da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto;
recesso dell’agente, esclusi i casi in cui l’attività non può essere ragionevolmente proseguita a causa di infermità, malattia, età (conseguimento della pensione di vecchiaia);
cessione del contratto a terzi, da parte dell’agente, in accordo con la casa mandante.
Il citato art. 1751 fa genericamente riferimento alla corresponsione di un’“indennità” di fine rapporto e, pertanto, come evidenziato nella citata Circolare n. 33/E:
disciplina l’indennità di cessazione senza effettuare alcun riferimento ad altre fonti;
non contiene alcuna distinzione tra le varie forme di indennità individuate dagli Aec, “fornendo quindi una nozione unitaria e compiuta dell’indennità di cessazione”.
L’ORIENTAMENTO GIURISPRUDENZIALE
Come evidenziato nella Circolare n. 33/E, recentemente la Corte di Cassazione, tenendo conto della modifica normativa del citato art. 1751, ha riconosciuto la deducibilità dell’accantonamento per indennità suppletiva di clientela.
SENTENZA COMMENTO
11.6.2009, nn. 13506, 13507 e
13508
A seguito delle modifiche apportate all’art. 1751, C.c., in vigore dal 1993, non sussiste più alcuna distinzione tra i diversi tipi di indennità spettanti all’agente, con la conseguenza che il riferimento dell’art. 16 (ora art. 17), comma 1, lett. d), TUIR alle “indennità per la cessazione dei rapporti di agenzia” avendo portata estesa, senza ulteriori distinzioni, alla materia regolata dal citato art. 1751, è applicabile a tutte le indennità.
Pertanto, ai sensi dell’art. 70 (ora art. 105), comma 1, TUIR, anche l’accantonamento relativo all’indennità suppletiva di clientela, in quanto ricompreso tra le indennità di cui alla citata lett. d) del comma 1 dell’art. 16 (ora art. 17) è deducibile, analogamente a quanto previsto per l’accantonamento per la risoluzione del rapporto di agenzia.
Peraltro, escludere la deducibilità dell’accantonamento in esame “non convince:
anche i fondi di previdenza del personale … contemplano spese di carattere aleatorio senza che, per questo, se ne possa desumere … l’indeducibilità”.
11.4.2011, n. 8134
L’art. 70 (ora art. 105), TUIR che disciplina la deducibilità degli accantonamenti per indennità di fine rapporto, è applicabile anche a quelli relativi all’indennità suppletiva di clientela, dovendo la stessa ritenersi compresa tra le “indennità per la cessazione di rapporti di agenzia” cui fa riferimento l’art. 16 (ora art. 17), comma 1, lett. d), TUIR, richiamato dal comma 3 del predetto art. 70.
“Detta locuzione va infatti riferita a tutta la materia regolata dall’art. 1751 cod. civ., il quale contiene ormai l’intera disciplina dell’indennità di fine rapporto dell’agente di commercio, essendo venuta meno, per effetto del Decreto Legislativo 10 settembre 1991, n. 303, art. 4 … ogni distinzione tra «indennità di scioglimento del contratto»
(obbligatoria perché di origine codicistica) ed «indennità suppletiva di clientela»
(derivante dalla contrattazione collettiva e fruibile solo a determinate condizioni), e non potendosi escludere la deducibilità dei relativi accantonamenti in virtù del carattere aleatorio dell’indennità in parola”.
Tale orientamento era già stato espresso nella sentenza 14.2.2001, n. 2126, nella quale i Giudici avevano affermato che “a fronte della chiara lettera normativa, e della conseguita unitarietà del trattamento di fine rapporto dell'agente di commercio, l’esclusione della deducibilità dell’accantonamento, fondata sul carattere aleatorio dell’indennità in parola, non convince: anche i fondi di previdenza del personale, cui si riferisce l’art. 70, comma 1, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (ora art. 105 del Tuir) e, in genere, tutti gli accantonamenti per rischi … contemplano spese di carattere aleatorio senza che, per questo, se ne possa desumere, contra legem, l’indeducibiltà”.
4.4.2013 n. 8288
La Cassazione “è oramai giunta a ritenere, sul presupposto della «unificazione», da parte dell’art. 1751 c.c. riformato, di tutte le indennità di cessazione rapporto - e al di là del carattere eventuale dell’indennità di clientela, questa soltanto dovuta in caso di scioglimento del contratto a tempo indeterminato ad iniziativa del preponente per fatto non imputabile all'agente - che anche la … indennità suppletiva di clientela rientri nella previsione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 70, applicabile ratione temporis (trasfuso nel vigente art. 105 TUIR), che prevedeva la deducibilità delle indennità inerenti la cessazione del rapporto d'agenzia nei limiti
«delle quote maturate nell’esercizio»”.
L’ORIENTAMENTO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
L’Agenzia, nella Circolare n. 33/E, si allinea al più recente orientamento giurisprudenziale, espresso nelle citate sentenze, riconoscendo la deducibilità, per competenza, dell’accantonamento al fondo per indennità suppletiva di clientela, alla luce del fatto che:
Æ la Corte di Cassazione ha affermato l’impossibilità di negare la deducibilità dell’accantonamento per l’indennità suppletiva di clientela sulla base del carattere aleatorio della stessa e dell’insussistenza dei requisiti di certezza e determinabilità ex art. 109, TUIR;
Æ l’Avvocatura generale dello Stato, nel Parere 2.10.2013, n. 391527, evidenzia che i principi ex art. 109, TUIR operano esclusivamente qualora altre norme non dispongano diversamente e pertanto non sono applicabili all’indennità in questione posto che la stessa è espressamente disciplinata dall’art. 105, TUIR, che consente l’accantonamento in esame. Per natura propria, peraltro, gli accantonamenti, ancorché deducibili per competenza nei casi e limiti previsti dalla legge, hanno “necessariamente alla loro base un elemento previsionale e probabilistico”, in quanto anticipano all’esercizio una quota di costo destinata a verificarsi in futuro.
L’Agenzia delle Entrate riconosce la validità dell’interpretazione fornita nella citata Circolare n.
42/E, ossia la deducibilità dell’indennità soltanto al momento della corresponsione, esclusivamente in relazione alla formulazione dell’art. 1751, C.c. applicabile fino al 1992.
GESTIONE DELLE CONTROVERSIE
Nella Circolare n. 33/E in esame l’Agenzia, considerata la nuova interpretazione, fornisce istruzioni agli Uffici per la gestione delle controversie aventi ad oggetto la deducibilità dell’accantonamento per indennità suppletiva di clientela. In particolare la stessa afferma che:
Æ “le istruzioni fornite con la Circolare del 6 luglio 2007, n. 42/E [restano] valide esclusivamente per le controversie riguardanti accantonamenti effettuati in periodi di imposta anteriori alla data di entrata in vigore della modifica normativa dell’art. 1751 c.c. (1°
gennaio 1993)”, per i quali rimane confermata l’indeducibilità per competenza, con conseguente deducibilità dell’indennità nell’esercizio di corresponsione della stessa;
Æ per le controversie relative a fattispecie disciplinate dall’art. 1751, C.c. nella formulazione in vigore dal 1993 è corretta la tesi favorevole alla deducibilità degli accantonamenti,
“senza che possa invocarsi … la carenza dei requisiti di certezza e determinabilità fissati dall’art. 109 TUIR”. Infatti:
“nell’attuale quadro normativo le condizioni per la corresponsione dell’indennità di cessazione si riferiscono a tutta l’indennità di cessazione del rapporto di agenzia, di talché l’aleatorietà dovrebbe eventualmente comportare l’indeducibilità dell’intero accantonamento, in aperto contrasto con l’art. 105 del TUIR.
Pertanto, anche gli accantonamenti per l’indennità suppletiva di clientela, dovuta in applicazione della norma recata dall’art. 1751 in vigore dal 1° gennaio 1993, devono ritenersi deducibili dal reddito di impresa della casa mandante, in quanto detta indennità è compresa tra le «indennità per la cessazione di rapporti di agenzia», cui fa riferimento l’art. 17, primo comma, lettera d) del Tuir”.
L’Agenzia invita pertanto gli Uffici a riesaminare, alla luce di quanto sopra, le controversie pendenti e ad abbandonare le pretese tributarie qualora non conformi al predetto orientamento “sempre che non siano sostenibili altre questioni”.
TRATTAMENTO FISCALE IN CAPO ALL’AGENTE
Si rammenta che in capo all'agente l’indennità suppletiva di clientela ha natura risarcitoria non essendo direttamente connessa ad alcuna prestazione specifica, con la conseguenza che la stessa:
Æ ai fini previdenziali non è assoggettata al contributo Enasarco;
Æ è esclusa da IVA ex art. 2, comma 3, lett. a), DPR n. 633/72;
Æ ai fini delle imposte sui redditi va assoggettata a tassazione separata ex art. 17, comma 1, lett. d), TUIR al momento della percezione (principio di cassa); l’agente persona fisica / socio di società di persone può comunque optare per la tassazione ordinaria (quadro RM mod. UNICO).
Ai fini IRAP, in molti casi l’agente non è soggetto passivo d’imposta in quanto esercente un’attività senza l’autonoma organizzazione.
Per un agente soggetto passivo d’imposta si ritiene di poter sostenere il non assoggettamento dell’indennità in esame in quanto richiamata dall’art. 53, comma 2, lett. e), TUIR che, disciplinando i redditi di lavoro autonomo, non risulta applicabile agli agenti che producono reddito d’impresa.
Diversamente, qualora si ritenga che l’indennità in esame costituisca reddito d’impresa, è necessario distinguere a seconda del metodo utilizzato per la determinazione della base imponibile IRAP. Infatti, per l’agente che utilizza il metodo c.d. “di bilancio” l’indennità risulterebbe soggetta ad IRAP mentre per l’agente che utilizza il metodo c.d. “fiscale” l’indennità non rileverebbe in quanto non richiamata espressamente dall’art. 5-bis, D.Lgs. n. 446/97.
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FINO AL 1992 DAL 1993
DEDUCIBILITÀ INDENNITÀ ALL’ATTO DELLA CORRESPONSIONE
(PRINCIPIO DI CASSA)
DEDUCIBILITÀ ACCANTONAMENTO ANNUALE
(PRINCIPIO DI COMPETENZA)