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Novità fiscali del 28 febbraio 2013: da quest'anno i CUD dell'inps sono (anche) online, ma non spediti

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Novità fiscali del 28 febbraio 2013: da quest'anno i CUD dell'INPS sono (anche) online, ma non spediti

Pubblicato il 28 febbraio 2013

CUD 2013 online sul portale Inps; quando l’ipoteca di Equitalia non è valida; reati fiscali punibili due volte; confisca per equivalente: prezzo e profitto vanno di pari passo; negozi periferici: no a studi di settore; lavoratori domestici: tutte le novità del 2013; quattro importanti scadenze per i titolari di partita Iva; inaspriti i contributi a tempo determinato

Indice:

1) CUD 2013 online sul portale Inps

2) Quando l’ipoteca di Equitalia non è valida 3) Reati fiscali punibili due volte

4) Confisca per equivalente: prezzo e profitto vanno di pari passo 5) Negozi periferici: no a studi di settore

6) Lavoratori domestici: tutte le novità del 2013

7) Quattro importanti scadenze per i titolari di partita Iva 8) Inaspriti i contributi a tempo determinato

1) CUD 2013 online sul portale Inps

La Legge di stabilità 2013 ha previsto che le pubbliche amministrazioni utilizzino il canale telematico per l’invio di comunicazioni e certificazioni al cittadino, allo scopo di abbattere tempi e costi di consegna.

Da quest’anno, quindi, l’Inps, entro il 28 febbraio 2013, renderà disponibile in modalità telematica la certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente, pensione ed assimilati (CUD).

Il certificato potrà essere visualizzato e stampato dalla sezione “Servizi al cittadino” del portale Inps, previa identificazione tramite PIN.

Ai cittadini in possesso di un indirizzo di posta elettronica certificata CEC-PAC, noto all’Istituto, il CUD sarà recapitato alla corrispondente casella PEC.

Per tutti coloro che ne faranno esplicita richiesta, inoltre, sarà possibile ottenere il CUD in formato cartaceo attraverso uno dei canali alternativi descritti nella circolare Inps n. 32 del 26 febbraio 2013.

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Fornitura telematica del CUD

Il modello CUD, sarà reso disponibile entro il mese di febbraio, nella sezione Servizi al cittadino del sito istituzionale www.inps.it .

Il certificato potrà essere visualizzato e stampato dall’utente, previa identificazione tramite PIN.

Inoltre, ai cittadini in possesso di un indirizzo di posta elettronica certificata CEC-PAC, noto all’Istituto, il CUD verrà anche recapitato alla casella PEC corrispondente.

A tal proposito, tutti i cittadini possono ottenere gratuitamente l’attribuzione di una casella di posta certificata CEC-PAC dal gestore PostaCertificat@, attraverso i servizi disponibili sul sito https://www.postacertificata.gov.it.

I cittadini che hanno specificato un indirizzo di posta elettronica ordinaria (non certificata) all’atto della richiesta del PIN, saranno informati via email della disponibilità del CUD sul sito dell’Istituto.

Modalità alternative per ottenere CUD

L’Istituto ha approntato adeguate modalità alternative per ottenere il CUD in formato cartaceo.

Sarà, pertanto, possibile richiedere ed ottenere in tempo reale la consegna del suddetto certificato utilizzando i seguenti canali di accesso:

– Sportelli veloci delle Agenzie dell’Istituto;

– Postazioni informatiche self service;

– Posta elettronica, inoltre, viene messo a disposizione dei cittadini titolari di indirizzo di posta elettronica certificata CEC-PAC il seguente indirizzo richiestaCUD@postacert.inps.gov.it per l’invio di richieste di trasmissione del CUD, potendo ben ipotizzarsi che la disponibilità della casella di posta elettronica certificata da parte dell’utente (ovvero la conoscenza di tale condizione da parte dell’Istituto) sia avvenuta successivamente all’invio massivo degli stessi documenti agli altri titolari di PEC;

– Centri di assistenza fiscale;

– Uffici postali, sarà possibile ottenere il CUD presso gli uffici postali appartenenti alla rete

“Sportello Amico”.

E’ attualmente in vigore una Convenzione tra l’Inps e Poste Italiane, in virtù della quale tali sportelli rilasciano, dietro un corrispettivo a carico dell’utente pari a 2,70 euro più IVA, alcuni certificati per conto dell’Istituto, tra cui il CUD pensionati e il CUD Assicurati.

Ad oggi gli sportelli aderenti al progetto “Reti Amiche” sono 5.741, razionalmente distribuiti sul territorio.

L’elenco degli uffici postali dove è presente lo Sportello Amico, sarà a disposizione on line sul

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sito internet dell’Istituto e sull’intranet nella sezione dedicata alla D.C. Pensioni.

Inoltre, a favore di alcune categorie di utenti particolarmente disagiati, in considerazione dell’oggettiva difficoltà o impossibilità di avvalersi dei canali fisici e telematici messi a disposizione dall’Istituto è stato attivato un servizio dedicato, denominato “Sportello Mobile”, per l’erogazione con modalità agevolate di alcuni prodotti istituzionali, tra i quali la certificazione in argomento.

Attraverso lo Sportello Mobile gli utenti appartenenti alle categorie sopra citate (in una prima fase l’iniziativa riguarderà gli utenti ultraottantacinquenni titolari di indennità di accompagnamento, speciale o di comunicazione) possono contattare un operatore della Sede INPS territorialmente competente per la fornitura di diversi servizi.

In tale contesto, gli utenti ultraottantacinquenni titolari di indennità di accompagnamento, speciale o di comunicazione e i pensionati residenti all’estero, che dichiarino di essere impossibilitati ad acquisire la disponibilità della certificazione attraverso i canali fisici e telematici indicati nella presente circolare, possono richiedere telefonicamente all’operatore dello Sportello Mobile della Struttura INPS territorialmente competente, l’invio della certificazione al proprio domicilio.

Per quanto riguarda, esclusivamente, i pensionati residenti all’estero, gli stessi, per il medesimo servizio, potranno anche fare diretto riferimento, fornendo i propri dati anagrafici e il numero di codice fiscale, ai seguenti numeri telefonici dedicati 06.59054403 – 06.59053661 – 06.59055702, con orario 8.00 – 19,00 (ora italiana).

Spedizione del CUD al domicilio del titolare

Rimane nella facoltà del cittadino richiedere la trasmissione del CUD in forma cartacea, senza che per questo derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Al fine di contemperare gli obiettivi di efficienza ed efficacia declinati con chiarezza dalla suddetta norma, con oggettive situazioni di difficoltà rappresentate dall’utenza, l’Istituto provvederà, attraverso la propria articolazione territoriale ed il contact center multicanale, all’invio del CUD al domicilio del relativo titolare, su espressa richiesta dell’interessato, nei casi di dichiarata impossibilità di accedere alla certificazione, direttamente o delegando altro soggetto, mediante i servizi sopra elencati.

Modalità di rilascio CUD a chi non è titolare

Il CUD può essere rilasciato anche a persona diversa dal titolare; in questo caso la richiesta, presentata dalla persona delegata, deve essere corredata della delega o del mandato con il quale si autorizza esplicitamente l’INPS a riceverla ed a rilasciare la certificazione richiesta; tali atti devono essere accompagnati dalla fotocopia del documento di riconoscimento dell’interessato e la persona delegata dovrà, a sua volta, esibire proprio documento di riconoscimento.

L’allegazione della copia del documento di riconoscimento del delegato non è necessaria nei casi di richiesta di CUD trasmessa dall’indirizzo di posta elettronica certificata CEC-PAC dello

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stesso.

Trattamento di quiescenza del personale del comparto scuola

Le domande di pensione del personale del comparto scuola – compreso il personale ATA e gli insegnanti tecnico/pratici (ITP) – che cesserà dal servizio con decorrenza 1° settembre 2013, devono essere presentate da parte degli iscritti entro il 30 giugno (Messaggio n. 3295 del 25 febbraio 2013) avvalendosi anche dell’assistenza gratuita delle organizzazioni di Patronato che dovranno trasmetterle all’Istituto utilizzando il canale telematico ad essi dedicato, oppure compilando e trasmettendo direttamente la domanda di pensione on-line previa autenticazione che sarà possibile effettuare accedendo all’apposita sezione del sito www.inpdap.it.

2) Quando l’ipoteca di Equitalia non è valida

Anche sugli atti dell’esattore si applicano le norme sulla trasparenza del procedimento amministrativo.

Dunque, l’iscrizione di ipoteca da parte di Equitalia non è valida se l’avviso non contiene l’indicazione del termine e delle modalità per presentare ricorso.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4777 del 26 febbraio 2013.

Il cittadino che si oppone deve essere messo in condizione di potere fare valere le proprie motivazioni, in considerazione anche delle misure previste per la tutela dei crediti tributari.

E’ stata, quindi, respinta la tesi di Equitalia, secondo cui l’iscrizione ipotecaria di cui all’art. 77 del d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, circa l’obbligo di comunicare al contribuente, con l’avviso dell’iscrizione, il termine entro il quale può proporre opposizione e l’autorità a cui proporla, si sarebbe dovuta ritenere inapplicabile alla riscossione esattoriale.

In realtà, ha osservato la Suprema Corte, la legge 7 agosto 1990 n. 241 detta una serie di norme a tutela del cittadino nei rapporti con la pubblica amministrazione e le sue prescrizioni debbono essere ritenute applicabili anche ai rapporti con l’Amministrazione finanziaria, nei limiti in cui siano di agevole applicazione e non compromettano nella loro essenza le finalità pubbliche perseguite.

Le norme in tema di esecuzione esattoriale contemplano misure che, a garanzia e a tutela dei crediti tributari, possono gravemente compromettere i diritti individuali poiché – oltre che avere introdotto misure quali il c.d. fermo amministrativo di beni mobili registrati e l’iscrizione di ipoteca sugli immobili – introducono modalità estremamente rapide e semplificate di esproprio dei beni.

È essenziale pertanto che, proprio in tema di esecuzione esattoriale, siano rigorosamente rispettati sia il principio di legalità, tramite la stretta osservanza delle procedure stabilite; sia gli adempimenti di carattere generale diretti allo scopo di permettere all’esecutato di far valere le sue ragioni: soprattutto ove si tratti di adempimenti di agevole esecuzione e poco costosi per

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l’amministrazione, quali quello di comunicare all’interessato – unitamente alla comunicazione dell’avvenuta iscrizione ipotecaria – i termini e le modalità con cui può proporre opposizione e far valere le sue ragioni.

3) Reati fiscali punibili due volte

E’ possibile applicare le sanzioni fiscali e penali per la stessa violazione. Nessuna violazione del principio del ne bis in idem, secondo la Corte di giustizia Ue, se uno stato infligge, per i medesimi fatti di frode fiscale, una sanzione fiscale e poi una penale, qualora la sanzione fiscale non sia di natura penale.

Tutto questo non viola in linea il principio espresso dalla Carta dei diritti fondamentali, secondo cui sarebbe vietato addossare un doppio disvalore penale ad una persona per la stessa violazione.

La sentenza relativa alla causa C-617/10, pubblicata il 26 febbraio 2013, ha poi elencato i punti che occorre verificare per stabilire se una sanzione fiscale possa essere anche di natura penale.

E, precisamente, i criteri da tener presente sono tre: il primo consiste nella qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, il secondo nella natura stessa dell’illecito e il terzo nella natura nonché nel grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere.

Alla luce di tali criteri il giudice nazionale deve valutare se occorre procedere ad un esame del cumulo di sanzioni fiscali e penali previsto dalla legislazione nazionale sotto il profilo degli standard nazionali, circostanza che potrebbe eventualmente indurlo a considerare tale cumulo contrario a detti standard, e, nel caso, a non applicarlo, a condizione che le rimanenti sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive.

4) Confisca per equivalente: prezzo e profitto vanno di pari passo

Nei reati tributari la confisca per equivalente può essere applicata sia per il prezzo sia per il profitto del reato.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7877 del 26 febbraio 2013, con la quale è stato rigettato il ricorso di un contribuente al quale il tribunale di Lecco aveva applicato il sequestro preventivo finalizzato a confisca per equivalente. Il medesimo contribuente si era difeso sostenendo che ai reati tributari non si applica il sequestro preventivo.

Ma di diverso avviso si è dimostrata la Corte Suprema, poiché ha, infatti, affermato, che in relazione ai reati tributari il sequestro preventivo funzionale alla confisca si applica al prezzo e al profitto del reato.

In tale situazione non vi é alcuna violazione del principio di legalità. La sentenza ha, inoltre, definito cosa viene inteso per profitto confiscabile: Non solo l’incremento patrimoniale

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personale, ma anche qualsiasi vantaggio patrimoniale derivante dalla consumazione del reato e anche in risparmio di spesa.

Nel caso dei reati tributari questo vantaggio viene rinvenuto nell’imposta evasa. Riguardo il concetto di pertinenzialità necessario per la confisca che limiterebbe la funzionalità del reato, non è necessaria la pertinenza tra la cosa e il reato per la confisca.

La Cassazione ha concluso affermando che nel caso dell’art. 322-ter c.p. la confisca per equivalente non presuppone la dimostrazione del nesso pertinenziale tra reato e somme confiscate (o sequestrate) e, inoltre, viene meno la necessità di verificare, preliminarmente, se il bene sia entrato o meno nel patrimonio dell’indagato per tentarne il recupero.

5) Negozi periferici: no a studi di settore

Non si applicano gli studi di settore se il negozio esercita la propria attività in periferia, in locali ristretti, magari senza collaboratori.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3349 del 12 febbraio 2013.

Il fatto

La Commissione tributaria regionale di Aquila, sezione staccata di Pescara, con sentenza n.

206/10/06, depositata il 2.11.2006, confermava la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Pescara che annullava, nei confronti di un contribuente, l’avviso di accertamento, per l’anno di imposta 1998, fondato sui parametri, non avendo tenuto conto delle ragioni dedotte dal medesimo contribuente.

Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, deducendo, quale unico motivo, insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360, numero cinque, c.p.c., avendo, contrariamente a quanto dedotto dalla Ctr, ufficio motivato in ordine alle memorie prodotte dal contribuente in sede di contraddittorio.

Il contribuente intimato si è costituito con controricorso, presentando anche memoria.

Nel caso di specie, il contribuente ha evidenziato l’assoluta marginalità dell’azienda, di operare in locali stretti e senza collaboratori, in strada secondaria, fornendo servizi di riparazione serrature e duplicazioni chiavi, elementi posti a fondamento della motivazione della Commissione tributaria regionale ai fini della declaratoria di nullità dell’accertamento.

La decisione

La Cassazione ha rilevato che l’Agenzia delle entrate non ha fornito e documentato elementi contrari a tali affermazioni, limitandosi a enunciazioni generiche non supportate da concreti elementi di riscontro allegati al ricorso.

Ha, quindi, respinto il ricorso presentato dall’Amministrazione finanziaria, confermando l’accoglimento del gravame a favore del contribuente.

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Ciò poiché, ad avviso dei giudici supremi, la a procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente.

In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.

L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativo, restando inerte (Sez. U., sentenza n. 26635 del 18/12/2009.

6) Lavoratori domestici: tutte le novità del 2013

Aggiornati i nuovi minimi sindacali per le retribuzioni dei lavoratori domestici, definiti i nuovi valori per il pagamento dei contributi in scadenza il 10 aprile, con nuove tabelle che tengono conto delle novità introdotte al lavoro determinato dalla riforma del lavoro.

Tra le novità, rileva il Consiglio Nazionale dei Consulenti del lavoro nella nota del 27 febbraio 2013, anche l’esclusione per i datori di lavoro domestico del ticket di licenziamento introdotto dal 2013 dalla legge Fornero per tutti i casi di licenziamento e l’obbligo di invio, da luglio 2013, della denuncia di infortunio solo in via telematica.

Per colf, prestatori d’assistenza, giardinieri, autisti, ecc. assunti a tempo determinato, la legge 92/12 introduce un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’ 1,40% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali (retribuzione convenzionale).

Tale contributo non si applica ai lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti.

Per tutti i rapporti per i quali è già stata presentata la comunicazione obbligatoria di assunzione per un contratto a termine, ancora attivi all’1.1.13, il contributo addizionale sarà calcolato direttamente dall’Inps al momento della generazione del bollettino Mav (o delle altre modalità di pagamento), salvo che il datore – identificatosi con Pin – non comunichi al Contact Center Multicanale n. 803164 che l’assunzione è avvenuta in sostituzione di lavoratore assente. E’

opportuno che tale informazione sia data entro il 28 febbraio 2013.

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Nel caso di trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, è prevista la restituzione al datore del contributo addizionale degli ultimi sei mesi.

La legge Fornero, per finanziare l’indennità ASpI e mini ASpI, prevede che, in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per cause diverse dalle dimissioni, intervenute a decorrere dall’ 1.1.13, debba essere versato un contributo per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi 3 anni. Sul punto è intervenuto l’Inps con la circolare n. 25/13, affermando che il contributo non è applicabile al rapporto di lavoro domestico. Il Ministero del lavoro giorni fa, in via informale, si era espresso in modo identico.

Altra novità, infine, consiste nell’obbligo di invio on line dal 1° luglio 2013 delle denunce di infortunio accorse al lavoratore domestico.

Per tutti gli adempimenti è possibile rivolgersi al Consulente del lavoro, quale intermediario abilitato alla trasmissione.

7) Quattro importanti scadenze per i titolari di partita Iva

Tutti i titolari di partita IVA (tranne alcune eccezioni) sono chiamati al rispetto di quattro importanti scadenze che devono essere assolte mediante il canale telematico, utilizzato direttamente, o avvalendosi dell’assistenza dei professionisti abilitati.

Lo ha rilevato il Consiglio Nazionale dei Consulenti del lavoro in una nota del 27 febbraio 2013.

In particolare, secondo affermato nella citata nota, le scadenze da rispettare sono le seguenti:

A – Entro il 28.02 invio della Comunicazione dati IVA, che riepiloga i dati delle liquidazioni periodiche, mensili o trimestrali, effettuate durante l’anno 2012 Sono obbligati tutti i soggetti titolari di partita IVA ad eccezione di chi pone in essere esclusivamente operazioni esenti, delle persone fisiche con volume d’affari inferiore ad € 25.000, e le persone fisiche che usufruiscono del regime dei c.d. “nuovi minimi”. Da tenere presente che tutti i soggetti diversi dalle persone fisiche devono inviare la comunicazione, anche con volume d’affari pari a zero.

B – Entro il 18.03 (il 16.03 cade di sabato ed il termine è prorogato al lunedì successivo) effettuare il versamento dell’IVA dovuta sulla base della dichiarazione annuale e, per i contribuenti in regime trimestrale, dell’imposta relativa al quarto trimestre 2012. Come per gli anni precedenti è possibile rateizzare il versamento in nove rate mensili dal 18.03 fino al 18.11 (il 16 cade di sabato), oppure ancora differirne il pagamento con le imposte del modello Unico.

C – Entro il 30.04 comunicazione delle operazione rilevanti a fini IVA. L’obbligo è stato profondamente modificato dall’art. 2 co. 6 del DL 16/2012 che ha, di fatto, reintrodotto i vecchi elenchi clienti e fornitori (comunicazione del totale delle operazioni effettuate) e confermato l’obbligo di comunicazione delle operazioni di importo pari o superiore ad € 3.600 (IVA compresa) effettuate nei confronti di soggetti non titolari di partita IVA.

D – Entro il 30.09 Dichiarazione annuale IVA (inclusa nel modello UNICO). Tale adempimento le cui operazioni di compilazione devono essere comunque effettuate a marzo (per rispettare il termine di versamento) può anche essere anticipato (in forma disgiunta dall’UNICO) dal

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contribuente per usufruire anticipatamente della compensazione in F24 del credito (asseverandolo ove necessario) o per evitare (se inviata entro il 28.02) la comunicazione di cui al punto A.

Rimangono fermi gli altri termini IVA relativi a fatturazione, registrazione, liquidazione e versamenti periodici.

8) Inaspriti i contributi a tempo determinato

Tra le tante novità (negative) introdotte con la riforma Fornero, a decorrere dal 1° gennaio 2013 è previsto un inasprimento della contribuzione dovuta all’Inps da parte delle aziende per i contratti a tempo determinato. Tale scelta, dettata dalla riforma degli ammortizzatori, nello specifico dall’introduzione della nuova ASpI in sostituzione della vecchia indennità di disoccupazione, rischia di spaventare ulteriormente i datori di lavoro, spingendoli a contrarre ulteriormente la propria domanda di manodopera.

I Consulenti del lavoro hanno più volte evidenziato che non è certo aumentando la contribuzione su una determinata tipologia contrattuale che si spingono le aziende ad optare per scelte differenti. Tale percorso si sarebbe dovuto intraprendere con una reale flessibilità in uscita e con una ristrutturazione del costo del lavoro che in Italia raggiunge livelli ormai insostenibili per le aziende.

Tentando di capire il funzionamento di questo nuovo istituto: Il contributo è pari all’1,4% e andrà a colpire tutti i rapporti di lavoro non a tempo indeterminato (anche quelli già avviati prima del 1.1.13) ad esclusione di: lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti;

lavoratori assunti a termine per lo svolgimento di attività stagionali, apprendisti. Ciò anche alla luce di quanto previsto dall’art. 1 del D.Lgs. 167/2011 secondo cui il contratto di apprendistato è

“un contratto di lavoro a tempo indeterminato”; lavoratori dipendenti di pubbliche amministrazioni.

La riforma Fornero ha, poi, previsto un “premio di stabilizzazione” che consiste nella possibilità di restituzione all’azienda del contributo addizionale versato relativamente agli ultimi sei mesi di rapporto a tempo determinato.

Tale restituzione opera in caso di trasformazione del rapporto a tempo indeterminato o in caso di riassunzione a tempo indeterminato del lavoratore entro il termine di sei mesi dalla data di cessazione del precedente rapporto a termine.

In conclusione, viene evidenziata come, nella propaganda mediatica che ha ruotato intorno alla riforma Fornero, si sia dato ampio spazio alla possibilità, introdotta a decorrere dal 18 luglio 2012, di stipulare contratti a tempo determinato senza previsione di una reale motivazione posta alla base degli stessi (c.d. contratti acausali), presentandola come grande conquista per i datori di lavoro, dimenticandosi, per contro, del prezzo che tale conquista ha per gli stessi.

(Consiglio Nazionale dei Consulenti del lavoro, nota del 27 febbraio 2013)

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Vincenzo D’Andò

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