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Progetto preliminare di un propulsore ad effetto Hall di classe 30 kW

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(1)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Ingegneria

Corso di Laurea in Ingegneria Aerospaziale

Tesi di Laurea Specialistica

P

ROGETTO DI UN

P

ROPULSORE

A

E

FFETTO

H

ALL DI CLASSE

30

K

W

R

ELATORI

C

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ANIELE

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PRILE

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I

SOMMARIO

A più di quarant’anni dal primo lancio, la propulsione a effetto Hall si sta affer-mando sempre di più. Dopo il successo della sonda SMART-1, e con il continuo progresso fatto nel campo della generazione di energia elettrica a bordo dei veli-voli spaziali, si profila all’orizzonte un sempre più vasto impiego dei propulsori a effetto Hall come sistema propulsivo primario.

In quest’ottica gli obiettivi posti per il dimensionamento sono stati quelli di una potenza elevata, pari a 30 kW, e una forma compatta, con diametro massimo del canale di accelerazione pari a 300 mm. E’ stato quindi impiegato un sistema di scalatura sviluppato ad Alta S.p.A. al fine di definire le caratteristiche del propul-sore al punto di disegno e il suo intervallo operativo.

Si è quindi passati all’ottimizzazione del circuito magnetico utilizzando il pro-gramma FEMM per eseguire simulazioni 2D. Questo ha permesso di ottenere un’intensità e una topologia del campo pienamente soddisfacenti e al tempo stesso un peso ridotto, nonostante le complicazioni derivanti dalla geometria del canale di accelerazione. E’ anche stato eseguito un dimensionamento delle bobine d’induzione al fine di stimare i costi in termini di peso e potenza dissipata.

Il passo successivo è stato quello di svolgere una accurata analisi termica utiliz-zando il programma Comsol, al fine di individuare le zone di criticità per quanto riguarda la dispersione del calore prodotto e il raggiungimento di temperature ec-cessive. Sono state proposte quindi diverse modifiche atte ad estendere il più pos-sibile le potenze mantenibili a regime dal propulsore.

Sono state infine studiate diverse architetture costruttive del motore per sondarne la realizzabilità, e sono stati considerati i passi necessari per sviluppi successivi che si avviino versa l’effettiva costruzione.

(4)
(5)

III

ABSTRACT

More than forty years have passed since its first launch, and Hall effect thruster is becoming more and more appreciated. After the success of SMART-1 mission, and with the constant improving of power generation systems onboard of space-crafts, the possibility of an increasing use of Hall effect thrusters as primary pro-pulsion system becomes closer.

In this landscape the targets of the sizing were those of a high power of 30 kW and a compact shape, with an external diameter of the accelerating channel of 300 mm. A scaling system developed at Alta S.p.A has hence been employed to de-termine the design point parameters of the thrusters and its operative range.

The magnetic circuit has then been optimized through 2D simulations carried on with FEMM software. This process allowed to reach fully satisfactory levels of magnetic field and field topology with a low weight of the system overcoming the complications caused by the geometry of the accelerating channel. A coil sizing was also carried on, aiming to balance the costs in terms of weight and dissipated power.

Next step was to perform a detailed thermal analysis, using Comsol software, aim-ing to detect critical areas concernaim-ing heat transfer and temperatures reached. Several change proposals have then been developed in order to increase as far as possible the maximum power sustainable.

At last different building architectures have been studied to probe the technical feasibility of the engine, and the necessary steps for further developments and ef-fective realization have been considered.

(6)
(7)

V

RINGRAZIAMENTI

Ringrazio il professor Andrenucci perché ha saputo convincermi ad intraprendere lo studio delle materie spaziali e per l’entusiasmo che mi ha trasmesso insegnan-domele.

Un grazie a Tommaso Misuri che ci ha seguiti in questa tesi con pazienza e co-stanza e che ci ha sempre contagiati con la sua simpatia.

Un grazie anche a Federico Cannelli, miniera di utili suggerimenti, il cui aiuto ne-gli ultimi esami ed in questo lavoro è stato preziosissimo.

Grazie a Matteo, compagno di tesi, di appartamento e di vita, che con la sua lumi-nosità sa sempre trovare la soluzione a tutti i problemi anche quando la via sembra più buia.

Grazie agli amici e ai coinquilini che creano intorno a me un clima di allegria, di festa e di divertimento, ma anche di riflessione e profondità: Martino, Leonardo, Luca, Hari, Erika, Giuseppina, Alessio, Simone, Marco e tutti gli altri membri del-la Banda.

Grazie agli amici del nuovo gruppo, che hanno reso questi ultimi mesi fantastici ed indimenticabili: Davide, Francesca, Francesca, Lucia, Maurilio, Giusy e tutti gli altri.

Un grazie speciale a mia mamma, su cui posso sempre contare, e a mio papà, che non ha mai smesso di credere in me. Grazie a nonna Adriana e nonna Vita che mi hanno permesso di giungere fino a qua anche se non hanno potuto vedermi al tra-guardo, a nonno Aldo, che è stato il mio modello fin da bambino, e a tutto il resto della mia famiglia, che mi ha sempre voluto bene.

Infine un grazie speciale a Flavia che mi dona la felicità e che mi ha dato una nuova vita, che vale veramente la pena di essere vissuta alla grande.

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VII

RINGRAZIAMENTI

Il primo ringraziamento va senza dubbio al professor Andrenucci che per primo ha squarciato per noi il velo della ricerca spaziale. Ha insegnato a noi studenti a guardare le stelle non con malinconia ma con sognante determinazione.

Ringrazio di cuore Tommaso Misuri, che ha saputo guidarci nella stesura di que-sta tesi con pazienza, disponibilità e con un sorriso sulle labbra. Senza di lui nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile.

Un grazie per tutti i professori, ricercatori, dottorandi, tesisti e impiegati di Alta S.p.A., che mi hanno insegnato come la ricerca scientifica sia fatta di persone e non di numeri.

Grazie a Daniele, inseparabile compagno di avventura, che ha condiviso con me gli oneri e gli onori, nei momenti di gioia e di difficoltà, sostenendomi fin qui. Grazie a tutti gli amici, vecchi e nuovi. Grazie a coloro che sono stati con me fin dai primi giorni e che hanno reso la mia vita universitaria così speciale e indimen-ticabile. Grazie ai compagni di appartamento in via la Nunziatina, siete per me stati compagni di vita nel suo periodo più bello. Grazie a tutti gli inquilini di Casa Bartolio, dormienti e non, che mi hanno insegnato come Casa possa avere tanti si-gnificati diversi. E grazie anche agli ultimi arrivati: avrei voluto avere più tempo per conoscervi, ma non vi dimenticherò.

Grazie a tutti gli EUROAVIAni, con i quali ho viaggiato il mondo e ho riscoperto me stesso.

Grazie a tutta la mia famiglia. Non ne saprei pensare una migliore. Non sarei nien-te senza di voi e spero di ponien-tervi sempre rendere orgoglioso come farò oggi. E grazie anche a te, amore perduto. Per quanto io ora stia soffrendo ne è valsa la pena, e grazie a te sono diventato da ragazzo un uomo. Spero tu sia sempre felice.

(10)
(11)

IX

INDICE GENERALE

INDICE DELLE FIGURE

INDICE DELLE TABELLE

ELENCO DEI SIMBOLI

1 INTRODUZIONE ... 1

1.1 Introduzione ... 1

1.2 Generalità sulla propulsione spaziale ... 2

1.3 Il propulsore a effetto Hall ... 8

1.3.1 Breve storia ... 8

1.3.2 Sviluppi futuri ... 9

1.3.3 Il principio di funzionamento ... 10

1.3.4 Generalità sulle prestazioni dei motori a effetto Hall ... 14

1.4 Motivazioni ed obiettivi ... 18

1.4.1 Finalità ... 18

1.4.2 Lavori pregressi sull’alta potenza ... 19

1.4.3 Obiettivi del lavoro ... 27

1.4.4 Organizzazione del lavoro... 28

2 DIMENSIONAMENTO PRELIMINARE ... 29

2.1 Specifiche ... 29

2.2 I metodi di scalatura ... 30

2.2.1 Introduzione ... 30

(12)

X

2.2.3 Il metodo sviluppato ad Alta ... 32

2.3 Relazioni fisiche fondamentali ... 34

2.4 Applicazione del metodo: dimensionamento preliminare ... 38

2.4.1 Scelta del motore di riferimento ... 38

2.4.2 Scelta delle variabili indipendenti ... 39

2.4.3 Applicazione del metodo ... 41

2.4.4 Risultati ottenuti e punto di disegno ... 43

2.5 Prestazioni attorno al punto di disegno ... 49

2.5.1 Nuova scelta delle variabili indipendenti ... 49

2.5.2 Risultati ottenuti ... 50

2.6 Conclusioni ... 58

3 ANALISI MAGNETICA ... 59

3.1 Richiami sui circuiti magnetici ... 59

3.1.1 Le equazioni di Maxwell ... 59

3.1.2 Le proprietà magnetiche dei materiali ... 60

3.1.3 I circuiti magnetici ... 65

3.2 Requisiti del campo magnetico ... 67

3.2.1 Intensità del campo radiale ... 67

3.2.2 Gradiente del campo radiale ... 68

3.2.3 Geometria del campo ... 69

3.3 Strumenti e metodi ... 71

3.3.1 Simulazione 2D del campo magnetico ... 71

3.3.2 Analisi dei risultati ... 72

3.4 Processo di ottimizzazione ... 73

(13)

XI

3.4.2 Architettura di base e modello di partenza ... 78

3.4.3 Posizione e dimensione degli scudi magnetici ... 79

3.4.4 Configurazioni alternative degli scudi magnetici ... 86

3.4.5 Forma e posizione della base ... 89

3.4.6 Posizione dei poli ... 91

3.4.7 Posizione delle bobine... 93

3.4.8 Prima soluzione ottimale ... 95

3.4.9 Introduzione del traferro posteriore ... 97

3.4.10 Prima ottimizzazione delle correnti ... 100

3.4.11 Seconda ottimizzazione delle correnti ... 103

3.4.12 Forma delle espansioni polari ... 105

3.5 Conclusioni ... 107

4 DIMENSIONAMENTODELLE BOBINE ... 109

4.1 Lo standard AWG ... 109 4.2 Metodo di analisi ... 110 4.3 Risultati ... 112 4.4 Conclusioni ... 114 5 ANALISI TERMICA ... 115 5.1 Il problema termico ... 115

5.2 Il modello del motore ... 117

5.3 Definizione dei carichi termici ... 118

5.4 Requisiti ... 120

5.4.1 Condizioni al contorno ... 120

(14)

XII

5.5 Strumenti e metodi utilizzati... 122

5.6 Analisi termica ... 123

5.6.1 Geometria di partenza ... 123

5.6.2 Introduzione del catodo ... 127

5.6.3 Conduzione della bobina interna ... 130

5.6.4 Isolamento degli scudi magnetici ... 132

5.6.5 Introduzione ed ottimizzazione dello scudo termico ... 135

5.6.6 Modifica della potenza dissipata dalle bobine ... 144

5.7 Conclusioni ... 146

6 ARCHITETTURA ... 147

6.1 Introduzione ... 147

6.2 Architettura di partenza ... 147

6.3 Configurazione alternativa del canale d’accelerazione ... 148

6.4 Configurazioni alternative dell’anodo ... 150

6.5 Analisi termica e magnetica delle configurazioni alternative ... 151

6.6 Conclusioni ... 154

7 CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI ... 155

7.1 Conclusioni ... 155

7.3 Sviluppi futuri ... 157

BIBLIOGRAFIA………159

(15)

XIII

INDICE DELLE FIGURE

Figura 1. 1 Impulso specifico ottimale per una data missione ... 6

Figura 1. 2 Sezione di un motore a effetto Hall ... 11

Figura 1. 3 Linee di campo magnetico all’interno del canale d’accelerazione, con disposizione a “lente magnetica” ... 12

Figura 1. 4 Andamento del potenziale, del campo elettrico assiale e del modulo del campomagnetico lungo il canale ... 13

Figura 1. 5 Motore a effetto Hall in funzione durante un test effettuato ad Alta S.p.A. ... 13

Figura 1. 6 SPT-290 ... 19

Figura 1. 7 NASA-457M ... 21

Figura 1. 8 NASA-457M in funzione durante un test ... 21

Figura 1. 9 NASA-400M ... 22

Figura 1. 10 NASA-300M ... 22

Figura 1.11 BHT-20k ... 23

Figura 1. 12 Cluster di BHT-20k ... 24

Figura 1. 13 PPS-20k ... 25

Figura 1. 14 Modello CAD dell’HPHET 25 kW ... 26

Figura 2. 1 Spinta in funzione della larghezza e della differenza di potenziale .... 44

Figura 2. 2 Impulso specifico in funzione della larghezza e della differenza di potenziale ... 44

Figura 2. 3 Rendimento in funzione della larghezza e della differenza di potenziale ... 45

Figura 2. 4 Rapporto fra larghezza in lunghezza in funzione della larghezza e della differenza di potenziale ... 46

Figura 2. 5 Densità di particelle in funzione della larghezza e della differenza di potenziale ... 47

(16)

XIV

Figura 2. 6 Variazione della potenza in funzione di portata di massa e

differenza di potenziale ... 51

Figura 2. 7 Confronto fra i dati simulati e quelli misurati relativamente alla potenza ... 51

Figura 2. 8 Valori della spinta in funzione di portata di massa e differenza di potenziale ... 52

Figura 2. 9 Rapporto spinta su potenza ... 53

Figura 2. 10 Andamenti del rapporto spinta su area per i vari propulsori ... 54

Figura 2. 11 Andamento dell'impulso specifico con la differenza di potenziale... 54

Figura 2. 12 Rendimento dei vari propulsori in funzione di portata di massa e differenza di potenziale ... 55

Figura 2. 13 Trend del rendimento per il propulsore simulato e per i propulsori NASA ... 55

Figura 2. 14 Intervallo di variazione della densità di particelle ... 56

Figura 2. 15 Valori minimi ammissibili della lunghezza totale ... 57

Figura 3. 1 Curva caratteristica di un materiale ferromagnetico ... 63

Figura 3. 2 Curva di isteresi di un materiale ferromagnetico ... 64

Figura 3. 3 Schema di base di un circuito magnetico ... 65

Figura 3. 4 Variazione della corrente ionica col campo magnetico ... 68

Figura 3. 5 Topologia ottimale delle linee di campo magnetico ... 70

Figura 3. 6 Architettura di base del circuito magnetico in un propulsore a effetto Hall ... 74

Figura 3. 7 Confronto fra l'architettura a due ed ad un avvolgimento ... 76

Figura 3. 8 Modello con sola bobina esterna ... 77

Figura 3. 9 Modello con bobine equilibrate ... 78

Figura 3. 10 Configurazione di base ... 79

Figura 3. 11 Configurazioni si-1, si-2 e si-3 ... 80

Figura 3. 12 Grafici dei dati relativi agli scudi interni ... 81

Figura 3. 13 Configurazioni se-1, se-2 e se-3 ... 82

Figura 3. 14 Grafici relativi ai dati degli scudi esterni ... 82

(17)

XV

Figura 3. 16 Grafici relativi ai dati di entrambi gli scudi combinati ... 84

Figura 3. 17 Grafici dei dati relativi agli spostamenti laterali degli scudi ... 85

Figura 3. 18 Configurazioni a scudi allargati. La zona in viola indica saturazione ... 86

Figura 3. 19 Grafici dei dati relativi alle configurazioni alternative degli scudi .. 87

Figura 3. 20 Particolare del livello di saturazione dello scudo interno con l'inserimento di un traferro ... 88

Figura 3. 21 Configurazione ssu: le linee di campo sono state diradate per permettere di vedere il livello di saturazione ... 88

Figura 3. 22 Evoluzione della base ... 89

Figura 3. 23 Grafici relativi al confronto fra le varie forme della base ... 90

Figura 3. 24 Grafici relativi all'allontanamento della base dal fondo del canale .. 91

Figura 3. 25 Grafici relativi allo spostamento del polo interno ... 92

Figura 3. 26 Grafici relativi allo spostamento del polo esterno ... 93

Figura 3. 27 Grafici relativi allo spostamento delle bobine ... 94

Figura 3. 28 Sviluppo della soluzione ottimale ... 96

Figura 3. 29 Grafici relativi ai dati dello sviluppo della soluzione ottimale ... 96

Figura 3. 30 Configurazione sopt3-0,5cmGap ... 97

Figura 3. 31 Grafici relativi ai dati riguardanti l'introduzione del traferro posteriore ... 98

Figura 3. 32 Grafici relativi ai dati dell'aumento dell'intensità di corrente ... 99

Figura 3. 33 Sopt4(110-43)17A. Livello di saturazione. ... 100

Figura 3. 34 Sopt4(110-43)19Ases, alias sopt5(110-43). Livello di saturazione... 101

Figura 3. 35 Sopt5(110-43). Topologia del campo magnetico. ... 101

Figura 3. 36 Grafici relativi ai dati riguardanti la correzione del numero di spire ... 102

Figura 3. 37 Sopt6(90-56). Livello di saturazione. ... 103

Figura 3. 38 Sopt6(90-56). Topologia del campo magnetico ... 104

Figura 3. 39 Confronto fra sopt5 e sopt6 ... 104

Figura 3. 40 Forme alternative delle espansioni polari ... 105

(18)

XVI

Figura 4. 1 Fattori di costo pesati con le rispettive grandezze totali di

riferimento ... 113

Figura 4. 2 Rapporto fra l'ingombro degli avvolgimenti e lo spazio per essi disponibile ... 113

Figura 5. 1 Modello del motore ... 118

Figura 5. 2 Simulazione della geometria di partenza senza catodo ... 124

Figura 5. 3 Flussi termici all’interno del motore – geometria di partenza senza catodo ... 125

Figura 5. 4 Simulazione della geometria di partenza con catodo in posizione assiale ... 127

Figura 5. 5 Simulazione con bobina interna a contatto in direzione radiale con il circuito magnetico ... 130

Figura 5. 6 Flussi termici all’interno del motore – bobina interna a contatto in direzione radiale con il circuito magnetico... 132

Figura 5. 7 Simulazione con scudi magneti isolati dalla base del motore e scudo magnetico interno collegato all’espansione polare ... 133

Figura 5. 8 Simulazione con scudo termico posto tra scudo magnetico e canale d’accelerazione ... 135

Figura 5. 9 Simulazione con scudo termico posto tra scudo magnetico e canale d’accelerazione e sconnesso dalla base del motore ... 137

Figura 5. 10 Simulazione con scudo termico posto tra bobina e scudo magnetico ... 139

Figura 5. 11 Simulazione con versione finale dello scudo termico ... 141

Figura 5. 12 Simulazione con potenza dissipata dalla bobina interna diminuita da 256 W a 136 W ... 144

Figura 6. 1 Architettura di partenza ... 148

Figura 6. 2 Configurazione alternativa del canale d’accelerazione ... 149

Figura 6. 3 Configurazione con anodo separato dal distributore di gas ... 150

(19)

XVII

Figura 6. 5 Analisi termica della configurazione con canale d’accelerazione realizzato in due parti ... 152 Figura 6. 6 Linee di campo e saturazione magnetica della configurazione finale della base ... 153 Figura 6. 7 Gradiente del campo magnetico e rapporto Bt/Bn della

configurazione finale della base ... 153 Figura 6. 8 Modello finale del propulsore ... 154

(20)
(21)

XIX

INDICE DELLE TABELLE

Tabella 1. 1 Classificazione e caratteristiche dei principali sistemi propulsivi ... 7

Tabella 2. 1 Valori di riferimento relativi all'SPT-100 ... 39

Tabella 2. 2 Valori scelti per le variabili indipendenti ... 42

Tabella 2. 3 Valore delle variabili indipendenti al punto di disegno ... 48

Tabella 2. 4 Prestazioni al punto di disegno ... 48

Tabella 2. 5 Parametri del propulsore al punto di disegno ... 49

Tabella 4. 1 Standard AWG ... 110

Tabella 4. 2 Risultato del dimensionamento ... 114

Tabella 5. 1 Coefficienti di perdita alle pareti e all’anodo ... 119

Tabella 5. 2 Carichi termici alle pareti e all’anodo ... 119

Tabella 5. 3 Potenza dissipata al catodo... 120

Tabella 5. 4 Riassunto delle proprietà dei materiali utilizzati ... 122

Tabella 5. 5 Temperature massime – geometria di partenza senza catodo ... 124

Tabella 5. 6 Temperature massime – geometria di partenza con catodo e confronto con geometria di partenza senza catodo ... 128

Tabella 5. 7 Temperature massime – bobina interna a contatto in direzione radiale con il circuito magnetico e confronto con bobina non a contatto ... 131

Tabella 5. 8 Temperature massime – scudi magnetici isolati dalla base del motore e scudo interno collegato all’espansione polare e confronto con scudi magnetici collegati alla base del motore ... 134

Tabella 5. 9 Temperature massime – Soluzione con scudo magnetico posto tra scudo magnetico e canale d’accelerazione e confronto con soluzione senza scudo magnetico ... 136

(22)

XX

Tabella 5. 10: Temperature massime – scudo termico sconnesso dalla base del motore e confronto con scudo termico connesso... 138 Tabella 5. 11 Temperature massime – scudo termico posto tra bobina e scudo magnetico e confronto con scudo termico posto tra scudo magnetico e canale d’accelerazione ... 140 Tabella 5. 12 Temperature massime – scudo termico versione finale e confronto con scudo termico posto tra bobina e scudo magnetico ... 142 Tabella 5. 13 Temperature massime – confronto tra soluzione con scudo termico e soluzione priva di scudo termico ... 143 Tabella 5. 14 Temperature massime – soluzione con bobina interna fatta con fili AWG 12 e confronto con soluzione con AWG 18 ... 145

Tabella 7. 1 Valore delle variabili indipendenti al punto di disegno ... 156 Tabella 7. 2 Prestazioni al punto di disegno ... 156 Tabella 7. 3 Parametri del propulsore al punto di disegno ... 156

(23)

XXI

ELENCO DEI SIMBOLI USATI



velocità effettiva di scarico

[m/s]

 spinta [N]

 portata di massa del propellente [kg/s]

∆ variazione di velocità del satellite [m/s]

 impulso specifico [s]

tempo di accensione del propulsore [s]

accelerazione di gravità terrestre a livello del mare [m/s2]

 potenza specifica [W/N]

,  potenza fornita al propulsore [W]

 rendimento di spinta [-]

 numero di densità di particelle [-]

 diametro esterno del canale d’accelerazione [m]

 larghezza del canale d’accelerazione [m]

 lunghezza totale del canale [m]

 lunghezza di diffusione [m]

 lunghezza di ionizzazione [m]

 lunghezza di accelerazione [m]

 vettore induzione magnetica [T]

 campo magnetico radiale [T]

 vettore campo elettrico [V/m]

! campo elettrico assiale [V/m]

" vettore densità di corrente elettrica [A/m2]

#, $ potenziale elettrico [V]

$% potenziale effettivo dell’anodo [V]

$& potenziale di scarica [V]

(24)

XXII

' velocità effettiva delle particelle del getto [m/s] 'velocità ideale delle particelle del getto [m/s]

) carica elettrica dell’elettrone [C]

* massa atomica degli ioni [kg]

 corrente elettrica [A]

& corrente elettrica di scarica [A]

' corrente elettrica associata al getto [A]

 corrente dovuta ai soli elettroni [A]

+,+ portata di massa totale del propulsore [kg/s]

' portata di massa delle particelle utili al getto [kg/s]

 portata di massa delle particelle neutre [kg/s]

- rendimento legato al voltaggio [-]

. rendimento legato all’energia cinetica del getto [-]

/0 fattore di perdita alle pareti [-]

/ fattore di perdita all’anodo [-]

/ fattore di perdita per ionizzare il gas [-]

1 rendimento legato alla corrente [-]

2 rendimento legato alla portata di massa [-]

3 rendimento legato alla divergenza del getto [-]

4 rendimento legato alla differenza di velocità ionica [-]

5! velocità assiale delle particelle all’anodo [m/s]

 temperatura degli elettroni [eV]

% potenza dissipata all’anodo [W]

6 potenza dissipata alle pareti [W]

7 densità [kg/m3]

7 densità di carica elettrica [C/m3]

/ costante dielettrica del vuoto [C2/m2N]

8 permeabilità magnetica del vuoto [N/A2]

9 momento di dipolo magnetico dell’atomo [Am2]

: momento di dipolo magnetico [Am2]

(25)

XXIII

; vettore campo magnetico [A/m]

<2 suscettibilità magnetica [m3]

ℜ riluttanza magnetica [A/Vs]

Φ flusso magnetico [Vs]

?. . . forza magneto-motrice [A]

AB raggio di Larmor o di ciclotrone [m]

# potenziale termalizzato [V]

C costante di Boltzmann [J/K]

D resistenza elettrica [Ω]

A resistività [Ω/m]

E4 calore specifico a volume costante [J/kgK]

F generazione volumetrica di calore [W/m3]

G flusso di calore [J/m2]

C conduttività termica [W/mK]

) energia irradiata per unità di area [J/m2]

/ emissività superficiale [-] 7 riflettenza [-] H costante di Stefan.Boltzmann [W/m2T4]  temperatura [K] I irradianza [J/m2] J radiosità [J/m2]

(26)
(27)

1

INTRODUZIONE

1.1 Introduzione

I propulsori elettrici sono tutti quei dispositivi in grado di trasformare l’energia e-lettrica in energia cinetica di un flusso di massa.

Le tecnologie tramite le quali è ottenuta l’accelerazione del flusso, come anche i sistemi di generazione della potenza elettrica necessaria possono essere differenti tra loro, ma la peculiarità che accomuna tutti i propulsori elettrici è quella di avere velocità efficaci di scarico assai maggiori dei propulsori tradizionali chimici, per-mettendo così di ottemperare ai requisiti di missione con il minor consumo possi-bile di combustipossi-bile, sebbene con spinte di diversi ordini di grandezza inferiori. Nel mondo occidentale i propulsori elettrici sono usati solo recentemente princi-palmente per la tenuta in posizione di satelliti geostazionari, mentre nell’ex unione sovietica sono stati utilizzati a bordo dei satelliti per decenni.

Le potenzialità della propulsione elettrica furono intuite agli inizi del secolo scor-so dai due padri della scienza missilistica moderna, l’americano Robert H.

Goddard e il suo contemporaneo russo Konstantin Tsiolkovsky, ma hanno trovato applicazione commerciale solo dagli anni ’90 in poi grazie allo sviluppo di satelli-ti ad alta potenza, in grado di supportare la propulsione elettrica in orbita.

Poiché i sistemi di generazione di potenza sono in continuo miglioramento, l’applicazione della propulsione elettrica sta diventando sempre più comune.

(28)

2

1.2 Generalità sulla propulsione spaziale

Una prima classificazione dei propulsori spaziali può essere fatta sulla base del processo accelerativo del propellente:

• Gasdinamico: con questo processo viene accelerato un gas che si trova in una camera di reazione in condizioni di alta temperatura e pressione, per mezzo di un’espansione attraverso un ugello opportunamente sagomato;

• Elettrostatico: con questo processo viene accelerato un gas elettricamente carico mediante un campo elettrico;

• Elettromagnetico: con questo processo si accelera un fluido ionizzato ma globalmente neutro (plasma) per mezzo della forza di Lorentz, che deriva dall’interazione del plasma in movimento con un campo elettrico ed uno magnetico.

Un’altra classificazione può essere fatta in base al tipo di energia utilizzata:

• Chimica: energia derivante dalle reazioni chimiche esotermiche;

• Nucleare: energia derivante dalle reazioni di fissione o fusione nucleare;

• Elettrica: energia utilizzata per generare campi elettrici e magnetici, neces-sari per la ionizzazione e l’accelerazione del plasma.

Saranno adesso passati in rivista alcuni dei parametri di base delle prestazioni dei propulsori spaziali.

(29)

Capitolo 1 - Introduzione

3

Indicando con  la spinta e con  la portata di propellente, si ottiene l’espressione della velocità effettiva di scarico , che è quella velocità che attribuita alla parti-colare portata di propellente dà origina alla spinta effettiva :





=

2 (1.1)

Indicando invece con ∆ la differenza tra velocità finale ed iniziale di un razzo, che costituisce l’obbiettivo da raggiungere per una data missione, con L e  la massa finale ed iniziale, e facendo un semplice bilancio monodimensionale di quantità di moto ad un razzo in movimento nel vuoto senza forze esterne si ottiene l’universalmente nota equazione di Tsiolkovsky:

∆ = 



M

22ON (1.2)

Tramite l’equazione di Tsiolkovsky, conoscendo la velocità effettiva di scarico, si può risalire alla quantità di propellente necessaria per effettuare manovre o mis-sioni a ∆ fissato:

2PQRP

2N

= 1 − )

U∆VVW

(1.3)

Si capisce immediatamente che avere alte velocità effettive di scarico permette di ridurre notevolmente la quantità di carburante che è necessario portare a bordo ed in questo risiede il vantaggio principale della propulsione elettrica rispetto a quel-la chimica.

(30)

4

In luogo della velocità effettiva di scarico viene spesso utilizzato un parametro di più largo impiego chiamato impulso specifico e definito come il rapporto tra im-pulso totale e peso di propellente:





=

X 

YZ [ +

X \[YZ [2 + (1.4)

dove è la durata di accensione del propulsore.

Nel caso di spinta costante l’impulso specifico diviene semplicemente:





=

\[2

(1.5)

Impulso specifico e velocità effettiva di scarico sono legati quindi da una costante avente le dimensioni di un’accelerazione e che è stata scelta come la costante di gravità terrestre al livello del mare:





=





(1.6)

L’unità di misura dell’impulso specifico è quindi il secondo s.

Un altro parametro molto importante per la caratterizzazione dei propulsori è la

densità di spinta ovvero spinta per unità di potenza:





=

6N]

=

246N]W

(1.7)

Data la densità di spinta per un determinato tipo di propulsore e nota la potenza disponibile a bordo del veicolo spaziale si ricava immediatamente l’intervallo di spinta entro il quale questo può operare e di conseguenza i tempi necessari per ef-fettuare determinate manovre o missioni.

(31)

Capitolo 1 - Introduzione

5

In questo risiede la principale limitazione della propulsione elettrica: avendo i propulsori elettrici elevatissimi impulsi specifici, i livelli di spinta ottenibili sono molto bassi portando a tempi di missione molto lunghi, spesso incompatibili con le specifiche. Inoltre mentre la propulsione chimica sfrutta l’energia prodotta dalla reazione tra combustibile ed ossidante per l’accelerazione del gas, nella propul-sione elettrica l’energia deve essere fornita dall’esterno, ovvero da un opportuno sistema di generazione e di conversione dell’energia che può essere:

• Pannelli solari a celle fotovoltaiche; • Generatore a radioisotopi;

• Celle a combustibile; • Batterie.

La massa del sistema di generazione dell’energia dipende quasi linearmente dalla potenza richiesta:

*

\

= ^



=

_4`abW

=

_24`abWc (1.8)

dove ^ è la massa specifica del sistema di generazione di potenza e  è il

ren-dimento di spinta, definita come il rapporto tra “potenza utile”, ovvero quella

strettamente necessaria per ottenere una data spinta, e potenza in ingresso:





=

` 62 4N]Wc

=

` 64W N]

=



c

` 2 6N]

(1.9)

Il rendimento di spinta è un altro parametro fondamentale per la caratterizzazione di un propulsore.

(32)

6

Data l’espressione della massa del sistema di potenza, eq. (1.8) e quella della mas-sa del propellente:

*

= 

=

+4WZ

(1.10)

si può dimostrare che esiste un impulso specifico ottimale che minimizza la massa complessiva del sistema di potenza e del propellente. Infatti:

*

+,+

= *

\ +

*

=

_4`abW

+

+4WZ

(1.11) efYRY e4W

=

_ `ab

+Z 4Wc

(1.12) efYRY e4W

= 0 → (



)

, +

= k2

 +Z _

(1.13) Quindi :

(



)

, +

=

(4W)RPY \[

(1.14)

Si può vedere meglio questo concetto in figura 1.1:

(33)

Capitolo 1 - Introduzione

7

In tabella 1.1 è riportato un elenco dei principali sistemi propulsivi con relativa classificazione, spinte, impulsi ottenibili e potenze specifiche:

Propulsori Processo accele-rativo Energia utilizzata  [n]  [p]  [N/kW] Monopropellenti p`Iq gasdinamico chimica 230 0.5-100 - Bipropellenti p`rq/p`Iq gasdinamico chimica 310 0.5-1000 - Bipropellenti criogenici rt/I` gasdinamico chimica 450 0.5-10u - Resistogetti p`Iq , RCC gasdinamico elettrica 300 0.4 0.2 Arcogetti p`Iq gasdinamico elettrica 420 0.16 0.07-0.1 Effetto Hall elettromagnetico elettrica

1000-2500 0.01-2 0.03 MPD elettromagnetico elettrica 2000 100 0.03 Gridded ion thruster NSTAR elettrostatico elettrica 3300 0.092 0.025 FEEP

µFEEP 100 elettrostatico elettrica 8000 0.0001 0.018

Tabella 1. 1 Classificazione e caratteristiche dei principali sistemi propulsivi

La propulsione elettrica, oltre ai vantaggi già citati, possiede anche altre caratteri-stiche che la rendono competitiva nei confronti di quella chimica, ovvero:

• Possibilità di riaccensioni multiple;

• Possibilità di variare la spinta a richiesta su intervalli relativamente ampi; • Possibilità di riutilizzo per diverse missioni.

(34)

8

1.3 Il propulsore a effetto Hall

1.3.1 Breve storia

La propulsione a effetto Hall è stata studiata indipendentemente da Stati Uniti e URSS a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, tuttavia è stata sviluppata nella forma di un dispositivo perfettamente funzionante ed efficiente per prima nell’Unione Sovietica, dal momento che i laboratori occidentali si sono concentra-ti maggiormente sui motori a ioni. I due concentra-tipi di motori a effetto Hall che sono staconcentra-ti sviluppati in Russia, presso Fakel e TsNIIMASH, sono l’SPT (stationary plasma

thruster) ed il TAL (thruster with anode layer). Nel primo la zona di

accelerazio-ne del plasma è più estesa e racchiusa in un canale ceramico, mentre il secondo accelerazio-ne è privo. Il primo disegno dell’SPT, che in seguito si è affermato largamente sul TAL, è dovuto quasi interamente al lavoro di A.I. Morozof [7] e il primo modello ad operare nello spazio è stato l’SPT-50, dove il numero dopo la sigla indica il di-ametro esterno del canale di accelerazione, a bordo del satellite russo Soviet

Mete-or nel 1971. Da quel momento in poi più di cento SPT hanno operato a bordo dei

satelliti russi fino al 1990 ed in seguito furono ripresi e largamente studiati anche negli USA (Jet Propulsion Laboratory, Glenn Research Center e Air Force

Rese-arch Laboratory) portando a oltre duecento il numero di missioni effettuate con

motori a effetto Hall, utilizzati per lo più per il controllo d’assetto del satellite, senza mai aver registrato un guasto.

Il primo motore a effetto Hall ad essere usato al di fuori dell’orbita terrestre come sistema di propulsione primaria è stato sulla missione SMART-1 dell’Agenzia Spaziale Europea nel 2003.

Attualmente i propulsori a effetto Hall sono studiati in tutto il mondo, con potenze comprese tra 0,1 e 100 kW e impulsi specifici compresi tra 500 e 5000 s.

(35)

Capitolo 1 - Introduzione

9

1.3.2 Sviluppi futuri

La missione SMART-1 del 2003 ha aperto brillanti prospettive per l’utilizzo dei motori a effetto Hall come sistema primario di propulsione e non solo come con-trollo di assetto. La missione ha evidenziato i vantaggi di effettuare una missione interplanetaria con propulsione elettrica anziché chimica: il motore utilizzato, un PPS-1350, molto simile all’SPT-100 e funzionante ad una potenza di 1,35 kW, a-limentato a pannelli solari, ha percorso una distanza di più di 84 milioni di kilo-metri consumando in 3600 ore circa 60 kg di carburante, ovvero sei volte di meno di quanto avrebbe consumato un propulsore chimico per effettuare la stessa mis-sione. I livelli di spinta dei motori a effetto Hall permettono inoltre, come appunto nel caso della sonda SMART-1, di poter pianificare la missione utilizzando orbite non kepleriane, altro campo in forte sviluppo nel campo delle missioni interlpane-tarie.

Oltre alla possibilità di utilizzare la propulsione a effetto Hall per guidare delle sonde su traiettorie interplanetarie, si stanno riservando ai motori di questo tipo ruoli sempre più importanti anche nelle manovre di aggiustamento orbitale tra or-bite terrestri, come sollevamenti, rifasamenti e cambi di orbita che prima erano af-fidati esclusivamente alla propulsione chimica.

Inoltre, grazie al continuo sviluppo dei sistemi di generazione di potenza, saranno disponibili a bordo potenze via via maggiori e sarà quindi necessario uno sviluppo parallelo dei sistemi di propulsione elettrica funzionanti ad alte potenze.

Anche alle basse potenze, con il rapido diffondersi di microsatelliti e nanosatelliti, sta aumentando la richiesta di propulsori piccoli, affidabili e con buoni rendimen-ti, ed i motori a effetto Hall, oltre a possedere queste caratteristiche, sono anche facilmente scalabili, per cui si prestano ottimamente a questo tipo di applicazioni. Infine gli elevati rendimenti dei motori a effetto Hall, i loro ridotti consumi e la loro affidabilità, uniti alla possibilità di raggruppare più unità in un unico blocco propulsivo, possono far pensare al loro impiego in una futura missione interplane-taria con uomini a bordo, come l’esplorazione di Marte.

(36)

10

1.3.3 Il principio di funzionamento

Il funzionamento di un motore a effetto Hall è semplice e può essere brevemente esposto osservando la Fig. 1.2: un catodo cavo emette un fascio di elettroni che iniziano a muoversi lungo le linee di campo elettrico che congiungono catodo e anodo dovute alla differenza di potenziale tra questi; quando giungono all’in-gresso del canale subiscono però l’effetto del campo magnetico radiale generato dagli avvolgimenti ed incanalato dal circuito magnetico. A causa del loro piccolo raggio di Larmor (o di ciclotrone) gli elettroni iniziano un moto a cicloide in dire-zione perpendicolare sia al campo magnetico (radiale) che a quello elettrico alli-neato invece con l’asse del propulsore, ovvero in direzione circonferenziale. L’effetto Hall consiste proprio in questo moto degli elettroni perpendicolare al campo elettrico invece che parallelo, dovuto all’influenza del campo magnetico ed al basso numero di collisioni che tenderebbero a riallineare gli elettroni al campo elettrico.

Tuttavia il moto degli elettroni, e quindi la direzione della corrente, non è perfet-tamente circonferenziale ma presenta una lenta deriva assiale verso l’anodo. Du-rante questo moto di deriva gli elettroni, che hanno acquistato una notevole quan-tità di energia cinetica, colpiscono le particelle neutre del gas che viene fatto usci-re dall’anodo stesso, ionizzandole. Il processo di ionizzazione porta alla forma-zione di ioni e di altri elettroni che alimentano la scarica iniziale, dando luogo an-che alla caratteristica luminescenza dei motori a effetto Hall.

Il moto degli elettroni, ostacolato nella loro deriva verso l’anodo dal campo ma-gnetico, dà luogo ad un campo elettrico indotto che sarà tanto più intenso quanto più gli elettroni sono ostacolati, come se attraversassero una grossa resistenza. Il campo elettrico, che presenta il suo picco all’uscita del canale, accelera fortemente gli ioni che non subiscono il processo di deriva a causa del loro raggio di Larmor molto più grande della dimensione caratteristica del propulsore, ma vanno a for-mare il getto che genera poi la spinta. Per assicurare la quasi-neutralità, ovvero la presenza in ogni punto dello stesso numero di particelle positive e negative, il fa-scio di ioni deve essere neutralizzato dall’immissione di elettroni, e questi pro-vengono dal catodo stesso che funziona quindi anche da neutralizzatore. Si

(37)

chia-Capitolo 1 - Introduzione

11

ma corrente di scarica la parte di elettroni che dal catodo si muove verso l’anodo, dando luogo alla ionizzazione e alla generazione del campo elettrico e corrente di

neutralizzazione la rimanente parte di elettroni (circa il 90%) che si muove invece

insieme al getto di ioni, rendendolo elettricamente neutro.

Gli elettroni che raggiungono l’anodo vengono poi fatti ritornare al catodo tramite un generatore di tensione, chiudendo così il circuito.

(38)

12

In genere come gas propellente viene utilizzato lo Xenon, per la sua elevata massa atomica e basso potenziale di ionizzazione, ma talvolta vengo impiegati altri gas nobili o miscele di essi, come Argon e Krypton.

In Fig. 1.3 è mostrato l’andamento qualitativo delle linee di campo magnetico lungo il canale, mentre in Fig. 1.4 i valori del potenziale e del modulo del campo elettrico e magnetico. La sezione 2 corrisponde a quella d’uscita del canale. Si no-ta la tipica conformazione “a lente” del campo magnetico in prossimità della se-zione d’uscita, necessaria per far si che in quel punto avvenga la caduta di poten-ziale dovuta al rallentamento assiale degli ioni e quindi il picco del campo elettri-co che accelera gli ioni.

La zona compresa tra le sezione 1 e 2 corrisponde grossomodo alla zona di accele-razione, a cui è associata la lunghezza di accelerazione  che sarà utilizzata nel prossimo capitolo per dimensionare il motore. La parte del canale appena prima della sezione 1 è invece la zona di ionizzazione, dove avvengono la maggior parte delle collisioni tra elettroni e atomi neutri, e a cui è associata la lunghezza di io-nizzazione , mentre la zona a ridosso dell’anodo-distributore di gas è chiamata zona di diffusione, dove il gas semplicemente diffonde lungo il canale, e a cui è associata la lunghezza di diffusione 

Figura 1. 3 Linee di campo magnetico all’interno del canale d’accelerazione, con disposizione a “lente magnetica”

(39)

Capitolo 1 - Introduzione

13

Figura 1. 4 Andamento del potenziale, del campo elettrico assiale e del modulo del campo magnetico lungo il canale

In Fig. 1.5 è possibile ammirare un propulsore a effetto Hall in funzione durante un test effettuato ad Alta S.p.A. Si tratta dell’XHT-5, un motore da 5 kW svilup-pato ad Alta sulla base dell’SPT-100, il motore russo che è stato più a lungo stu-diato e analizzato e che è preso come modello di riferimento per il disegno di qua-si tutti i nuovi propulsori.

(40)

14

1.3.4 Generalità sulle prestazioni dei motori a effetto Hall

Il modello del motore a effetto Hall ideale è quello in cui il campo magnetico è puramente radiale, il campo elettrico puramente assiale e la corrente puramente azimutale. In questo caso, integrando nel volume della camera di scarica, si ottie-ne l’espressioottie-ne della velocità effettiva ideale:





= k

`  -fN v (1.15)

in cui $ % è il potenziale dell’anodo e * la massa atomica degli ioni.

In questo caso, spinta e rendimento di spinta seguono immediatamente, vedi (1.1) e (1.9):

 =  

 (1.16)





=

` 62 4N]Wc

=

` 64W N]

(1.17)

Nei propulsori reali tuttavia esistono una seria di effetti che alterano la situazione ideale, rendendo non immediata la determinazione dell’esatto processo di accele-razione. In primo luogo la topologia del campo magnetico è fondamentale è ha degli effetti complicati sul processo. Poi ci sono le interazioni del plasma con le pareti del canale, che danno luogo ad emissione secondaria di elettroni, effetti di diffusione e perdite energetiche. Diventa importante a questo punto ottimizzare anche la geometria del canale ceramico.

E’ stato osservato inoltre che il processo di diffusione reale degli elettroni può dif-ferire sostanzialmente da quanto affermano le leggi classiche della conduttività. Affiche sia assicurato il corretto funzionamento del motore sarebbe poi necessario che l’intero processo di ionizzazione avvenisse in una porzione limitata del cana-le.

(41)

Capitolo 1 - Introduzione

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Infine ci sono tutta una serie di perdite che limitano le prestazioni del motore e che saranno esposte in questo paragrafo.

Il primo fattore che altera l’idealità del propulsore è il fatto che la differenza di potenziale effettiva all’anodo non corrisponde a quella ideale della scarica, ma vi sono delle perdite, quantificate in un fattore ∆$.

Nell’equazione (1.18) $& rappresenta la differenza di potenziale ideale,

( $& = $w+,,− $,,), mentre $% il voltaggio effettivo al fine del processo ac-celerativo.

$% = $&− ∆$ (1.18)

Si definisce quindi un rendimento legato al voltaggio:



-

=

--xv (1.19)

Consideriamo ora l’energia cinetica effettiva del getto, in essa comparirà il valore effettivo della velocità delle particelle ', che differisce da quello ideale '∗. Le ve-locità reali ed effettive sono legate alla differenza di potenziale dalle seguenti re-lazioni:



'

= k

`  -fN v (1.20)



'∗

= k

`  -fN x (1.21)

Se definiamo quindi un rendimento legato all’energia cinetica del getto come il rapporto tra quella reale e quella ideale, si vede che questo coincide con il rendi-mento legato al voltaggio:



.

=

4y

c

z4y∗{c

=

-v

(42)

16

Le perdite di energia del getto sono dovute principalmente a:

1. Perdite alle pareti; 2. Perdite all’anodo;

3. Energia spesa per ionizzare il gas.

Queste perdite sono associate ai fattori di perdita /0, /, ed / che sono legati al rendimento dell’energia cinetica dalla seguente relazione:

. = 1 − /0− /− / (1.23)

Introduciamo adesso i rendimenti legati alla corrente e alla portata del getto. La corrente della scarica è infatti data dalla somma della corrente delle particelle effettivamente concorrenti al getto più quella degli elettroni:

& = '+  (1.24)

Si può così definire un rendimento legato alla corrente come:

1 =11xy (1.25)

Per quanto riguarda la portata massica del getto, in essa sarà presente una certa percentuale di atomi di gas non ionizzati, quindi neutri, che non sono accelerati dal campo elettrico e quindi non partecipano alla spinta. E’ immediato anche in questo caso definire un rendimento legato alla portata:

+,+ = '+  (1.26)

(43)

Capitolo 1 - Introduzione

17

Adesso si possono calcolare la spinta effettiva e da questa la velocità effettiva di scarico, per poi ricavare l’espressione del rendimento di spinta di un motore reale. La spinta sarà:

 = 

'



'

= 

'

k

`  -fNv (1.28)

mentre la velocità effettiva di scarico:





=

2YRY

=

22y ya4|y

= 

2



'

= 

2

k

`  -fNv (1.29)

Il rendimento di spinta, vedi eq. (1.9), risulta quindi:





=

` ~ 4xW

=

2ykc W v€N a|kc W v€N ` 1x -x

= 

2 -v -x 1y 1x

= 

2



.



' (1.30)

Come ci si poteva aspettare, tutti gli aspetti legati alla non idealità concorrono a determinare il rendimento di un propulsore reale.

Oltre a quelli già citati, ci sono altri due coefficienti da moltiplicare al rendimento di spinta complessivo per tenere conto della divergenza del fascio di ioni, che non sarà mai perfettamente allineato con l’asse del propulsore, e della differenza tra le velocità degli ioni stessi, che comporta una diminuzione dell’efficienza rispetto al caso ideale in cui tutte le particelle in uscita hanno la stessa velocità. Il primo dei due fattori appena descritti si indica con 3 ed il secondo con 4.

Il rendimento di spinta complessivo sarà dato quindi da:

 = 2 . ' 3 4 (1.31)

Tra i cinque rendimenti che concorrono alla determinazione del rendimento com-plessivo, il più difficile da valutare è quello legato alla caduta di potenziale, per i

(44)

18

quali occorre determinare separatamente i tre fattori di perdita legati alle pareti, all’anodo e alla ionizzazione. Per gli altri quattro, visto che non variano molto da propulsore a propulsore, in genere si assumono dei valori ragionevoli dettati dall’esperienza come si vedrà meglio nel prossimo capitolo.

1.4 Motivazioni ed obiettivi

1.4.1 Finalità

Come detto, la ricerca nel campo della propulsione e effetto Hall sta rivolgendosi sempre di più verso le alte potenze, a cause delle molteplici possibili applicazioni future su satelliti in cui tali potenze saranno raggiungibili a bordo, come i satelliti geostazionari di nuova generazione o alcune tra le missioni scientifiche e tecnolo-giche proposte dall’ESA. Inoltre, guardando ad un futuro più lontano, si possono immaginare missioni di esplorazione del sistema solare con uomini a bordo, ed in tal caso non ci saranno dubbi su quale tecnologia di spinta vincerebbe la disputa tra chimica ed elettrica. La propulsione elettrica infatti, come già ribadito, è l’unica in grado di permettere consumi ridotti di carburante, rendendo possibile una missione prolungata con carico utile elevato, e rappresenta quindi il futuro. Tra i vari sistemi di propulsione elettrica, la propulsione magnetoplasmadinamica (MPD) è quella in grado di elaborare le maggiori potenze a parità di dimensione del motore: si parla di centinaia di kilowatt in pochi decimetri cubi di canale d’accelerazione, tuttavia il suo stadio di sviluppo è ancora lontano dal funziona-mento stabile, affidabile e con buoni rendimenti.

Per questo i motori ad effetto Hall di alta potenza (maggiore di 20 kW), magari raggruppati in un cluster propulsivo, rappresentano il candidato più valido per una futura missione umana al di fuori della terra.

(45)

Capitolo 1 - Introduzione

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1.4.2 Lavori pregressi sull’alta potenza

Nell’ultimo decennio tutti i principali paesi nei quali la propulsione elettrica è stu-diata, come ad esempio Russia, USA, Francia e Italia, hanno proposto e/o realiz-zato il proprio modello di motore a effetto Hall di alta potenza. In questo paragra-fo sarà effettuata una panoramica dei lavori e dei prototipi in circolazione, ovvero sullo stato dell’arte.

1- SPT-290 (Russia, Fakel)

I russi sono stati i pionieri nel campo della propulsione a effetto Hall e tra tutti i motori da loro realizzati quello che lavora a potenza maggiore è l’SPT-290, che presenta un canale d’accelerazione con diametro esterno di 290 mm. L’intervallo di potenze in cui lavora l’SPT-290 va da 5 kW a 30 kW, con spinte di circa 1 N ed un impulso specifico di 3300 s.

Il circuito magnetico esterno è realizzato non con bobina continua ma a poli, con otto avvolgimenti diversi che introducono flusso magnetico nel circuito.

Il catodo/neutralizzatore è montato all’esterno.

(46)

20

2- NASA-457M , NASA-400M e NASA-300M (USA, NASA)

Negli Stati Uniti l’investigazione sulla propulsione a effetto Hall si è mossa in pa-rallelo verso le basse e verso le alte potenze. Dalla NASA sono stati realizzati i prototipi NASA-457M , NASA-400M e NASA-300M, mostrati in Fig. 1.7, Fig. 1.9 e Fig. 1.10. Le sigle stanno ad indicare che il diametro del canale, stavolta interno, è rispettivamente di 457 mm, 400 mm e 300 mm. Il NASA-457M è stato disegnato per funzionare ad una potenza nominale di 50 kW ed è stato testato fino a 72 kW ottenendo una spinta di quasi 3 N con impulso specifico di circa 3000 s e rendimento del 60 %. A questo livello di potenza la portata in massa del gas era di 108 mg/s.

Il NASA-457M è il più grande propulsore a effetto Hall mai realizzato. La Fig. 1.8 mostra il motore in funzione durante un test in camera a vuoto.

Il NASA-400M è nato come l’evoluzione del NASA-457M, infatti possiede pre-stazioni migliori per gli stessi livelli di funzionamento. L’architettura è pratica-mente la stessa ma le dimensioni sono più ridotte. E’ stato provato con potenze fi-no a 47 kW sia con gas Xefi-non che con gas Krypton.

Il NASA-300M è stato disegnato a partire dagli altri due e beneficia di tutti i mi-glioramenti tecnologi sviluppati con i primi due modelli. La potenza nominale è di 20 kW e ha dimostrato di poter raggiungere rendimenti fino al 67%, con spinta di 1,13 N ed impulso specifico fino a 3220 s.

In tutti i modelli il circuito magnetico esterno è realizzato con un unico avvolgi-mento mentre il catodo è montato al centro del motore. L’anodo non funziona an-che da distributore di gas, il quale è immesso nel canale da dei fori presenti su en-trambe sia sulla parete interna che su quella esterna.

(47)

Capitolo 1 - Introduzione

21

Figura 1. 7 NASA-457M

(48)

22

Figura 1. 9 NASA-400M

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Capitolo 1 - Introduzione

23 3- BHT-20k (USA, Busek)

Sempre negli USA la compagnia Busek ha disegnato il proprio propulsore di alta potenza, funzionante tra i 20 e i 25 kW. Il motore fornisce una spinta di circa 1 N, con impulso attorno ai 2750 s ed un’efficienza di spinta del 70 %. La portata di massa per realizzare la spinta di 1 N è di circa 40 mg/s.

Come si può vedere in Fig. 1.11, il BHT-20k è realizzato con quattro avvolgi-menti esterni attorno ad altrettanti poli del circuito magnetico, ed il catodo è tato all’esterno. L’architettura del BHT-20k è stata studiata per permettere il mon-taggio di più unità dello stesso motore in un cluster, come è possibile osservare in Fig. 1.12.

(50)

24

(51)

Capitolo 1 - Introduzione

25 4- PPS-20k (Snecma, Francia)

Nella cornice del progetto europeo HiPER, che prevede la realizzazione di un mo-tore a effetto Hall di alta potenza, è stato realizzato in Francia il PPS-20k, mostra-to in Fig. 1.13, che vuole essere un precursore ed un dimostramostra-tore per il momostra-tore fi-nale.. I requisiti di HiPER sono: potenza nominale di 20 kW, spinta di 1 N e im-pulso specifico di 2500 s.

Il PPS-20k è stato fatto funzionare a 22,4 kW ottenendo una spinta di 1,05 N con un impulso specifico di 2700 s ed un’efficienza del 60%, dimostrando appunto la fattibilità del progetto HiPER.

Il motore è realizzato in maniera simile all’SPT-290, con otto poli esterni anziché un unico avvolgimento, ma al contrario dell’SPT-290 presenta il catodo montato al centro.

(52)

26 5- HPHET 25 kW (Alta, Italia)

In Italia non è stato realizzato un prototipo di motore a effetto Hall di alta potenza ma sono stati condotti ampi studi e simulazioni in merito, fino a giungere ad un disegno finale che è mostrato in Fig. 1.14. Il motore è stato disegnato per operare con una potenza nominale di 25 kW, il diametro medio del canale d’accelerazione è 248 mm ed il circuito magnetico esterno è costituito da un singolo avvolgimen-to. Il catodo, che non è mostrato in figura, è pensato per essere montato all’esterno del propulsore.

(53)

Capitolo 1 - Introduzione

27

1.4.3 Obiettivi del lavoro

Lo scopo del presente lavoro è quello di acquisire le conoscenze e le capacità di disegnare un motore a effetto Hall di alta potenza, che si inseriscono nell’ottica di un accordo tra Alta S.p.A. e Riame MAI di Mosca per la realizzazione di un nuo-vo prototipo di motore. La potenza nominale del motore studiato nella presente tesi è 30 kW, quindi leggermente maggiore di molti dei prototipi pregressi.

Il progetto non ha riguardato tutte le componenti del motore, ma si è concentrato su:

• Processo di scalatura dei motori a effetto Hall, ovvero disegno preliminare in cui si affermano le grandezze fondamentali del nuovo motore di cui è data la potenza nominale;

• Processo di ottimizzazione del circuito magnetico, in cui si cerca la topo-logia ottimale del campo magnetico in termini di gradiente e simmetria delle linee di campo all’uscita del canale, e che porta alla definizione della geometria delle parti ferromagnetiche;

• Processo di analisi termica, per mezzo del quale si indaga il campo di temperatura all’interno del propulsore e si cercano delle soluzioni che ga-rantiscono il miglior smaltimento termico ed in definitiva l’accettabilità delle condizioni di funzionamento.

Altre fasi di progetto come:

• Progetto del catodo;

• Progetto del sistema di distribuzione del gas;

• Definizione dello spessore ottimale della ceramica del canale di accelera-zione;

• Disegno di componenti accessorie come bulloneria, collegamenti, etc.; • Analisi strutturale;

(54)

28

sono state vagliate ma non sono state eseguite in questo lavoro se non a livello concettuale o di base.

Ci si è invece soffermati su diverse possibili soluzioni concettuali dell’architettura di alcuni elementi, come anodo, circuito magnetico e canale d’accelerazione in modo da avere un’idea generale sulla realizzazione e sul montaggio di un motore a effetto Hall.

1.4.4 Organizzazione del lavoro

Il lavoro è stato contraddistinto da due fasi principali, durate circa tre mesi l’una.

La prima è stata dedicata allo studio approfondito del motore a effetto Hall e dei processi di scalatura e si è conclusa con il perfezionamento del metodo preesisten-te sviluppato ad Alta e quindi il disegno preliminare del nuovo motore.

Nella seconda fase invece è stato eseguito il progetto dettagliato del circuito ma-gnetico e delle bobine grazie allo sviluppo di un metodo per ottenere rapidamente e confrontare tra loro i risultati delle simulazioni magnetiche in termini di gradien-te del campo magnetico e simmetria del flusso all’uscita del canale, e poi sono state eseguite una serie di simulazioni termiche con lo scopo di verificare e mi-gliorare le prestazioni dal punto di vista termico, ovvero minimizzare le tempera-ture massime raggiunte dai vari componenti durante il funzionamento a regime.

Il lavoro si è concluso con la produzione di disegni preliminari d’assieme con di-verse soluzioni costruttive di alcuni componenti, e con la stesura della presente re-lazione.

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29

DIMENSIONAMENTO

PRELIMINARE

2.1 Specifiche

Conclusa la trattazione appena compiuta sulla propulsione spaziale in generale e quella ad effetto Hall in particolare, passiamo ora alla definizione del propulsore in studio nella presente tesi.

Va detto che le prestazione di un propulsore ad effetto Hall, anche dopo che esso è stato fisicamente realizzato, possono variare grandemente in funzione dei vari pa-rametri di controllo quali la differenza di potenziale applicata o la portata di gas in ingresso. Vale a dire che per un medesimo propulsore specifiche contrastanti a ri-guardo per esempio di spinta massima o impulso specifico possono essere soddi-sfatte da diversi punti operativi.

In questa ottica, e considerando che si tratta di uno studio preliminare, l’obiettivo del progetto è quello di fare in modo che il propulsore sia in grado di fornire il più ampio intervallo possibile di prestazioni col miglior rendimento possibile, data la sua classe. Per questo motivo prima verrà scelto un punto di disegno, attorno al quale il propulsore verrà ottimizzato, successivamente verranno studiate le possi-bilità di variazione dei parametri per massimizzare rendimento, spinta o impulso specifico.

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Considerati gli obiettivi di utilizzo per cui questo studio è destinato, si è scelto come parametro di progetto di ottimizzare il propulsore per una potenza nominale di 30 kW.

Un’altra scelta di progetto è stata quella del diametro massimo del canale d’accelerazione. Volendo cercare di limitare l’ingombro elevato che questo tipo di motore fornisce, si è scelto di fissare il diametro massimo a 300mm.

2.2 I metodi di scalatura

2.2.1 Introduzione

I primi propulsori ad effetto Hall effettivamente utilizzati per missioni spaziali, come ad esempio l’SPT-100, furono il frutto di lunghe ed accurate ricerche al fine di ottimizzare il propulsore cercando di tenere in considerazione il più possibile i vari, complessi e numerosi fenomeni fisici che caratterizzano il suo funzionamen-to.

Negli anni successivi si è sempre cercato di fare tesoro dell’esperienza acquisita dagli ingegneri e dai tecnici sovietici in quel periodo.

Col passare degli anni, tuttavia, l’intervallo di applicazione della propulsione elet-trica, e di quella a effetto Hall in particolare, si è andato sempre più allargando andando a coinvolgere classi di potenza molto differenti da quelle originali, che si attestavano attorno ai valori di 0,5-1 kW.

Questo portò al problema di capire come poter scalare il propulsore per permettere il suo funzionamento ottimale alle potenze desiderate senza degradarne le presta-zioni.

Molti gruppi di ricerca si sono applicati alla risoluzione di questo problema, tro-vando soluzioni anche diverse fra loro, che verranno brevemente discusse nel prossimo paragrafo.

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Capitolo 2 – Dimensionamento preliminare

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2.2.2 Panoramica sui metodi in uso

Il primo metodo utilizzato è il così detto modulo statistico.

Esso consiste inizialmente nel catalogare il maggior numero possibile di dati ri-guardanti propulsori esistenti. Il passo successivo è quello di individuare i propul-sori aventi potenze paragonabili a quella richiesta e fra questi selezionare i punti operativi corrispondenti alle prestazioni da ottenere. A questo punto è possibile ricavare statisticamente la geometria del propulsore e impostare adeguatamente gli altri parametri operativi.

Il pregio principale di questo sistema è la sua affidabilità, si ottengono infatti pro-pulsori molto simili a quelli esistenti, dal comportamento quindi comprovato da test.

Due sono invece i principali difetti del metodo statistico. In primo luogo questo metodo non indica nelle cause fisiche che portano ad una certa configurazione in-vece che ad un’altra. Il difetto più evidente, specialmente nel nostro caso, è inin-vece che utilizzando questo metodo si ottengono appunto solo propulsori simili a mo-delli già esistenti. Questo fatto preclude la ricerca di nuove soluzioni alternative, e nel caso di classi di potenza molto diverse dai propulsori esistenti il metodo pre-vede un processo di interpolazione che ne inficia grandemente l’affidabilità. Questo è appunto il caso dei propulsori ad alta potenza, di cui esistono solo pochi modelli e tutti ancora in fase sperimentale.

Un modello più adatto alla ricerca di nuove soluzioni è il modello analitico.

Esso consiste nell’individuazione delle leggi fondamentali che regolano i processi fisici in atto all’interno del propulsore per ottenere un dimensionamento del moto-re in base alle pmoto-restazioni richieste.

Il pregio principale di questo metodo è la sua indiscutibile flessibilità e una mag-giore comprensione del funzionamento del propulsore.

Il metodo analitico tuttavia è tutt’altro che avulso da difetti. La fisica di un pro-pulsore a effetto Hall infatti presenta numerose complicazioni ed aspetti ancora parzialmente incompresi. Questo implica che un modello analitico che abbia pre-tese di utilizzo pratico debba accettare pesanti semplificazioni, portando così al rischio di una rilevante discrepanza fra prestazioni reali e prestazioni teoriche.

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Per ovviare a questi inconvenienti i metodi di scalatura più moderni tendono ad essere in realtà un incrocio fra i due precedentemente esposti, mirando a sintetiz-zarne i pregi e cercando di colmare i difetti.

Il sistema utilizzato consiste sostanzialmente nell’utilizzare relazioni analitiche di base che permettano di considerare la geometria e le prestazioni del propulsore nel suo complesso, senza entrare eccessivamente nel dettaglio di tutti i processi fisici interni. Queste relazioni vengono poi applicate per scalare un propulsore partendo da un modello di riferimento e i risultati vengono incrociati ad un database di mo-tori esistenti. Il confronto permette di capire quali siano state le scelte progettuali adottate nel disegno di tali propulsori, quali variabili o rapporti fra variabili siano stati mantenuti costanti e quali variati, e possibilmente le motivazioni dietro que-sto tipo di decisioni.

A questo punto è possibile per il progettista adottare scelte progettuali atte ad a-dattare il propulsore ottenuto alla propria filosofia di sviluppo, cercando al con-tempo di non vanificare l’esperienza ottenuta dai suoi predecessori.

E’ chiaro che i risultati ottenuti da questo metodo, come peraltro quelli ottenuti da un qualsiasi metodo di scalatura, necessiteranno di analisi più approfondite nelle fasi successive del progetto e potranno essere validati solo da conferme sperimen-tali.

Come qualsiasi ibrido fra due estremi, inoltre, l’estensione con la quale il metodo di scalatura si affida alla componente statistica o a quella analitica è una pura scel-ta concettuale del suo sviluppatore e varia infatti nei vari casi presenti in letteratu-ra.

Nel prossimi paragrafi analizzeremo più in dettaglio il metodo sviluppato ad Alta e qui utilizzato per il dimensionamento preliminare del motore.

2.2.3 Il metodo sviluppato ad Alta

Dal punto di vista statistico, il metodo sviluppato ad Alta (si vedano [5] e [6]) si basa su di un solido database formato negli anni e basato su pubblicazioni scienti-fiche ufficiali. Le fonti di provenienza dei dati sono state verificate per scartare

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Capitolo 2 – Dimensionamento preliminare

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dati inaffidabili o incoerenti. Il risultato è un insieme di dati relativi a oltre venti propulsori diversi per un totale di più di mille punti operativi.

Il nostro primo compito, all’inizio del lavoro, è stato appunto quello di completare questo database mediante le recenti pubblicazioni nel campo della propulsione ad alta potenza.

Dal punto di vista analitico il metodo consiste nel sintetizzare le relazioni fisiche fondamentali mediante una forma matriciale che riporti gli esponenti con cui una variabile dipende dalle altre.

Ad esempio se si ha che 44 QWO=  ‚ ‚QWOƒ B „„ QWOƒ 2 !! QWOƒ 

si avrà che la matrice di dipendenza di v da x,y e z sarà [l , m , n ].

E’ chiaro che non tutte le relazioni fondamentali sono riducibili a questa forma, anche se questo avviene nella maggior parte dei casi.

Il vantaggio del metodo matriciale è che, una volta definita la matrice di trasfor-mazione rispetto ad un certo insieme di variabili indipendenti, è possibile applica-re una matrice di inversione e definiapplica-re un nuovo insieme. Questo è chiaramente possibile solo se il nuovo insieme è composto da variabili linearmente indipen-denti fra loro: non è possibile ad esempio avere contemporaneamente come varia-bili indipendenti corrente, differenza di potenziale e potenza.

Una volta ottenuta la matrice relativa all’insieme desiderato di variabili indipen-denti, ed il loro valore (o intervallo di valori) nel propulsore che si vuole ottenere, è possibile applicare la matrice di scalatura ad un motore di riferimento del quale devono essere noti il maggior numero di parametri possibili con la miglior preci-sione possibile.

Come ultimo passo si applicano le relazioni non inseribili nella matrice per ottene-re il valoottene-re dei parametri rimanenti. E’ chiaro come sia impossibile porottene-re questi parametri come variabili indipendenti.

E’ ovviamente sempre possibile porre delle relazioni aggiuntive fra i parametri considerati indipendenti. Questo diminuirà generalmente i gradi di libertà del pro-blema. Riducendo a uno i gradi di libertà si può ottenere un’unica legge di scala-tura per tutti i parametri del motore. Incrociando poi diverse leggi possibile con i dati presenti nel database è possibile capire quali siano state le scelte alla base del

Figura

Figura 1. 5 Motore a effetto Hall in funzione durante un test effettuato ad Alta S.p.A
Figura 2. 2 Impulso specifico in funzione della larghezza e della differenza di potenziale
Figura 2. 3 Rendimento in funzione della larghezza e della differenza di potenziale
Figura 2. 4 Rapporto fra larghezza in lunghezza in funzione della larghezza e della differenza di  potenziale
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