• Non ci sono risultati.

Abito nel Comune di Peccioli, Comune che con i suoi 92,63 Km

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Abito nel Comune di Peccioli, Comune che con i suoi 92,63 Km"

Copied!
50
0
0

Testo completo

(1)

Prefazione

CONTESTO ECONOMICO ED AMMINISTRATIVO

Questo percorso di Tesi inizia nel marzo del 2006 e finisce il 12 giugno del 2007.

Abito nel Comune di Peccioli, Comune che con i suoi 92,63 Km

2

è il settimo più grande per estensione dei 39 comuni della Provincia di Pisa.

Il paese è noto però non tanto per la sua estensione quanto per aver scelto nel lontano 1979 di accogliere e poi gestire (1990) in prima persona i rifiuti solidi urbani provenienti da tutta la Provincia e smaltirli nell’impianto situato nella frazione di Legoli. Tale scelta ha garantito all’Amministrazione risorse finanziarie di grande importanza.

Di seguito spiegherò in breve come sono amministrate tali risorse ed in che contesto economico ed amministrativo nasce il mio progetto di tesi.

L’azienda Belvedere S.p.A è una società a capitale misto pubblico – privato tra il Comune di Peccioli e azionariato diffuso riservato ai residenti dei comuni dell’Alta Valdera.

Gli obiettivi principali di tale società sono:

- Gestire l’impianto di interramento controllato di RSU (Rifiuti Solidi Urbani) situato nelle vicinanze della frazione di Legoli, nel territorio comunale di Peccioli.

- Reinvestire i proventi che ne derivano in iniziative volte alla promozione economica del territorio

- Favorire il processo di trasformazione necessario a garantire la sostenibilità economica dell’area anche dopo l’esaurimento dell’impianto.

Gli investimenti pianificati riguardano opere pubbliche, interventi strutturali nel settore

sociale e la creazione di nuove imprese in settori considerati strategici per il recupero e

la valorizzazione del territorio come l’agroalimentare, prevalentemente la produzione e

la commercializzazione di vino e olio, l’agriturismo ed il turismo culturale,

l’ortoflorovivaismo, l’acquacoltura.

(2)

Intendono inoltre sfruttare al meglio le potenzialità offerte dalla discarica, che continuerà a produrre biogas, e da questo energia elettrica e acqua calda per almeno vent’anni dopo la chiusura.

IL CONTRATTO CON LA FONDAZIONE G. GASLINI

In data 28 ottobre 2004 viene costituita la SOCIETA’ AGRICOLA FONDI RUSTICI Srl a cui la Fondazione Gaslini conferisce tutte le proprietà ricadenti nel nostro Comune:

- 870 ettari di terreni - N° 34 immobili rurali - N° 10 immobili urbani

- Euro 259.000,00 circa di macchine ed attrezzature agricole - N° 11 unità di personale dipendente

A seguito di precedenti accordi il 21 Dicembre 2004 il Comune di Peccioli e la Belvedere Spa acquisiscono le quote della Fondi Rustici Peccioli Srl, per un costo complessivo di Euro 17.376.000,00 di cui:

- Comune di Peccioli: 55% circa del Capitale Sociale - Belvedere Spa: 45% circa del Capitale Sociale

OBIETTIVO PRIORITARIO DA RAGGIUNGERE DOPO L’ACQUISTO DELLA FONDI RUSTICI S.r.l.

E’ rappresentato dalla gestione dell’azienda agricola con due esigenze da conciliare:

- La gestione unitaria dell’azienda agricola

- La suddivisione in lotti per la vendita dei fabbricati rurali e terreno annesso

1 – LINEE GUIDA ED IPOTESI SVILUPPATE:

- Unico gestore (cooperativa, consorzio, ecc) suddiviso al suo interno in vari settori (seminativo, olivicolo, ortofrutticolo, vitivinicolo)

- Accorpamento dell’Agripeccioli e utilizzo della nuova cantina

- Utilizzo del marchio Agripeccioli anche per altri prodotti agricoli

- Ipotesi di gestore unico compatibile con piccole aziende locali

(3)

- Divisione di una porzione dei territori più vicini al paese in modo da metterli a disposizione di privati per piccole coltivazioni familiari (orti sociali)

- Suddivisione dei terreni adibiti a oliveti a favore di privati che vogliono lavorarli - Utilizzo di alcuni terreni limitrofi al centro storico di Peccioli per esigenze di

pubblica utilità

2 – GESTIONE AGRONOMICA

- Utilizzo delle dotazioni strumentali dell’azienda (macchinari, strutture) - Mantenimento delle colture esistenti

- Programma di valorizzazione dell’azienda - Manutenzione e miglioramento dei boschi

- Recupero delle aree marginali e loro utilizzo per eventuale allevamento zootecnico

- Manutenzione idrogeologica e stradale (pulitura fossi, sistemazione strade poderali)

3 – ESPANSIONE DELL’ATTIVITA’ AGRICOLA - Utilizzo delle zone attualmente incolte

- Mantenimento delle attuali colture ed eventuali riconversioni agricole in sinergia con settori imprenditorialmente più redditizi quali:

o Florovivaismo o Coltivazione ortaggi o Coltivazione frutteti

4 – INTEGRAZIONE SUL PIANO LOCALE

- Mantenimento e valorizzazione del personale attualmente dipendente dell’azienda

- Messa a disposizione di piccole porzioni di terreno a favore di privati per piccole coltivazioni familiari (orti sociali, orti agli anziani)

- Messa a disposizione di parte dei terreni adibiti ad oliveti a favore di privati che

vogliono lavorarli

(4)

LA SCELTA DEL TEMA

SVILUPPI AL MOMENTO IN CUI HO FATTO RICHIESTA DI TESI

Nel Febbraio del 2006 mi recai nella sede della Belvedere Spa per chiedere se avessero tra le loro iniziative un tema che io potessi sviluppare e portare come argomento di Tesi di Laurea in Ingegneria Edile.

Dopo aver parlato con la coordinatrice Arianna Merlini ed in seguito con il Presidente della Società, Renzo Macelloni, mi furono illustrate diverse e vaste idee progettuali che descriverò in breve qui di seguito.

Tutto ruota intorno ad un ambizioso progetto chiamato “Agripeccioli Farm”

- Il Comune di Peccioli e la Belvedere S.p.A. hanno acquistato la Fondi Rustici Peccioli S.r.l. per permettere al nostro territorio uno sviluppo che tenga conto di una valorizzazione storica ed ambientale e produca reddito per la comunità locale; per il benessere di tutti.

- Il Progetto si propone numerosi obiettivi. Il primo, già raggiunto, è quello di mantenere le coltivazioni dei terreni e di individuare ed affidare, come è stato fatto, ad una cooperativa la gestione della parte agricola. Il secondo è quello di avviare la ristrutturazione dei casolari esistenti

(ED E’ QUI’ CHE HA PRESO VITA IL PROGETTO DI TESI)

seguendo due modalità: verificare quelli utili alla conduzione strettamente aziendale ed esaminare invece quelli che, previa ristrutturazione e deruralizzazione, possono essere immessi nel mercato.

- Il percorso prevede tre fasi:

o Individuazione all’interno della proprietà di un nucleo centrale (Agripeccioli Farm)

o Individuazione di ulteriori casolari destinati a singoli progetti o Individuazione di casolari per il mercato abitativo locale

- Il RESIDENCE: l’individuazione, all’interno della proprietà, di un nucleo

centrale di qualità che aggreghi circa 15 casolari legati da un’unica visione

progettuale e che costituiscano un “nucleo residenziale” (Agripeccioli Farm)

all’interno del quale i casolari, opportunamente ristrutturati, possano essere

venduti singolarmente, oppure, ogni casolare a più proprietari.

(5)

- Altre dimore: le proprietà non interessate a questo intervento faranno parte di singoli progetti, in armonia con il progetto generale, ma autonomi tra loro.

- Per i cittadini: la parte rimanente individua immobili da mettere in vendita o da ristrutturare destinati al mercato abitativo locale.

- Agripeccioli Farm. L’operazione centrale ruoterà attorno ad un progetto di “alta qualità” rivolto al mercato internazionale denominato appunto Agripeccioli Farm. Quest’ultimo è il cuore del progetto che ha tra le sue principali finalità un’operazione di urbanizzazione di base e la nascita di rapporti con una o più agenzie internazionali del settore.

- Un posto esclusivo. Dentro Agripeccioli Farm saranno individuati uno o più edifici che, dedicati a progetti particolari, di musica o arte, possono rappresentare di per sé momenti di eccellenza e di forte valorizzazione e qualificazione. Questa ipotesi presuppone l’esistenza in loco di una società di riferimento per la gestione di questo nucleo residenziale che sarà dotato di un’ampia gamma di servizi, agli edifici ed alle persone.

- I servizi della farm. I servizi saranno relativi alla sicurezza, alla sorveglianza, alla manutenzione dei giardini, delle case, delle strutture ricreative e della gestione residenziale. La creazione della società di gestione del residence metterà insieme operatori internazionali, gli operatori del settore turistico locali e la cooperativa che attualmente gestisce la parte agricola. Questa ha tra i suoi prossimi obiettivi anche quello della personalizzazione dei suoi prodotti ad hoc per i proprietari (vino, olio, miele, marmellata). Per le persone saranno previsti su richiesta il servizio giornaliero di domestica, disponibilità di uno chef, il servizio macchina con autista e l’opportunità di gestione degli affitti.

- Le operazioni di rifacimento saranno curate seguendo un’attenta ristrutturazione dell’esistente volta a mantenere la tipicità toscana ed il recupero del fascino dei luoghi.

- L’operazione finanziaria. L’operazione potrà essere finanziata in diversi modi:

o Dismissione di alcuni immobili non facenti parte di Agripeccioli Farm

per finanziare i primi interventi di urbanizzazione che assicurano una

viabilità efficiente per 12 mesi all’anno e la fornitura di servizi

fondamentali (acqua, luce, gas, sottoservizi e cablaggio)

(6)

o Ristrutturazione di un casolare come casolare campione, realizzata da un investitore privato a prezzi di costo o direttamente da Fondi Rustici Peccioli.

- Il team. Il Team Fondi Rustici Peccili in questa fase sarà costituito da diversi studi tecnici locali guidati e coordinati da un architetto di prestigio internazionale.

Dovendo scendere nel dettaglio edilizio per il mio progetto di tesi concordai con il Prof.

Ing. Pier Luigi Maffei (Professore ordinario nella facoltà di Ingegneria, titolare del corso di Architettura Tecnica e Tipologie edilizie, docente di politiche urbane e territoriali – Corso di Studi Scienze per la Pace, attivo nella ricerca per l’Analisi e la Gestione del Valore) e poi con il Prof. Ing. Walter Salvatore (titolare del corso di Costruzioni in Zona sismica nei Corsi di Laurea in Ingegneria Edile ed Edile Architettura, ricercatore di Tecnica delle Costruzioni) che l’argomento dovesse riguardare la ristrutturazione con adeguamento sismico (secondo la nuova normativa sismica OPCM 3274/2003 e successiva modifica OPCM 3431/2005) di un fabbricato facente parte dei 34 di proprietà della Fondi Rustici srl.

La Belvedere Spa (tra i 34 casolari complessivi di sua proprietà) mi propose di scegliere la ristrutturazione degli edifici facenti parte dei seguenti poderi:

- Podere Le Costie - Podere Le Costine - Podere La Torre - Podere San Giovanni - Podere dell’Annunziata

Ciascuno di questi poderi con i rispettivi terreni, casolari ed annessi agricoli sarebbe stato immesso nel mercato per la vendita a soggetti privati.

Tra i cinque proposti ho scelto il Podere dell’Annunziata (risalente al 1908 ed in stato

d’abbandono dal Secondo Dopoguerra) per l’esclusività della locazione e perché,

dovendo procedere anche alle operazioni di rilievo, era il più accessibile ed il “meno

pericolante”.

(7)

RIASSUNTO ANALITICO ED OBIETTIVI DELLA TESI

RIASSUNTO ANALITICO

IL LAVORO SI E’ SVILUPPATO NELLE SEGUENTI FASI:

1 - Fase informativa.

In tale fase (recandomi nelle biblioteche della facoltà di Agraria, di Ingegneria, Veterinaria, chiedendo informazioni al Consorzio Agrario di Pontedera e consultando le carte dell’Ufficio tecnico del Comune di Peccioli) ho raccolto informazioni e dati riguardanti la cultura e l’architettura della casa rurale ed in particolare ho raccolto informazioni su un campione di edilizia mezzadrile nella Valdera tra Peccioli e Montefoscoli. In tale fase ho raccolto anche dati e vincoli strettamente legati al Podere dell’Annunziata. Mappe catastali, schede comunali, vincoli e prescrizioni derivanti dal Regolamento Urbanistico del Comune di Peccioli, dati idrogeologici.

2 - Fase di studio.

In tale fase ho provveduto allo studio della nuova normativa sismica secondo le indicazioni derivanti dal Corso di Costruzioni in zona sismica tenuto dal Prof. Ing.

Walter Salvatore e sostenendo poi l’esame come esame libero (in quanto non previsto nel mio piano di studi)

3 - Fase del rilievo

Il rilievo è stato di tipo geometrico/architettonico, scientifico (per la ricostruzione di volumi o di parti dell’edificio crollate quali le scale ed i volumi accessori) e strutturale.

Tale fase è stata molto delicata ed impegnativa sia per raggiungere una confidenza e

conoscenza sufficiente dell’organismo edilizio esistente, per poter poi intervenire

con serenità e coscienza, sia per rispondere alle effettive richieste e prescrizioni che

sono espressamente indicate nell’ordinanza sismica.

(8)

CITO DALLA NORMATIVA (punto 11.5.2 OPCM 3431/2005)

“La conoscenza dell’edificio in muratura oggetto della verifica risulta di fondamentale importanza ai fini di una adeguata analisi, e può essere conseguita con diversi livelli di approfondimento, in funzione dell’accuratezza delle operazioni di rilievo, delle ricerche storiche, e delle indagini sperimentali. Tali operazioni saranno funzione degli obiettivi preposti ed andranno ad interessare tutto o in parte l’edificio, a seconda della ampiezza e della rilevanza dell’intervento previsto. Il piano delle indagini fa comunque parte sia della fase diagnostica che del progetto vero e proprio, e dovrà essere predisposto nell’ambito di un quadro generale volto a mostrare le motivazioni e gli obiettivi delle indagini stesse.”

Per la redazione delle tavole del rilievo mi sono basato sulle indicazioni del Prof.

Costantino Caciagli (con il quale ho sostenuto l’esame di disegno edile, esame adesso chiamato “disegno dell’architettura”).

Di estrema utilità in merito è stato il testo intitolato “La casa colonica ed il paesaggio agrario nel volterrano” (Costantino Caciagli 1989)

4 - Fase pre-progettuale: il DPP

In tale fase viene redatto un Documento Preliminare all’avvio della Progettazione.

Tale documento elenca in maniera sistematica tutti i dati raccolti ed elaborati nelle

fasi precedenti. Nello specifico tale documento contiene gli obiettivi che si

intendono raggiungere con l’opera programmata, i vincoli, le classi di esigenze del

committente/utilizzatore, le prestazioni attese, le classi di requisiti per l’ottenimento

di un prodotto che soddisfi le esigenze manifestate all’interno delle risorse

economiche del committente (per quanto riguarda la produzione) e dell’utilizzatore

finale (per quanto riguarda la gestione nel ciclo di vita ipotizzato per il bene in

esame).

(9)

5 – Fase creativa: IL PROGETTO.

Note le classi di esigenze (da soddisfare) dei fruitori ed utenti finali, noti i vincoli e le prescrizioni ancorati all’edificio esistente, individuate le raccomandazioni tecniche, le prestazioni attese ed il livello qualitativo richiesto, individuate e selezionate le attività primarie che il nuovo organismo edilizio sarà chiamato a svolgere, ipotizzato un approssimativo costo di produzione e di gestione sono passato ad elaborare soluzioni progettuali e tecniche tali da soddisfare i requisiti funzionali/spaziali, ambientali, tecnologici, tecnici, operativi, di durabilità e di manutentibilità. Il risultato di questa fase è stata la redazione di tavole progettuali preliminari (da assoggettare a verifiche strutturali) e suscettibili a modifiche.

6 – Fase del modello strutturale:

VERIFICHE SISMICHE SECONDO OPCM 3431

VERIFICHE AI CARICHI ORDINARI SECONDO IL D.M. 14/09/2005.

Questa è stata una lunga e faticosa analisi nella quale ho redatto un modello strutturale di calcolo in tre dimensioni avvalendomi del codice di calcolo del programma SAP2000 nella Release 10. Il modello è del tipo ad elementi finiti realizzato tramite elementi shell. Le verifiche sismiche sono state svolte seguendo un analisi dinamica modale (punto 4.5.3 OPCM 3274). Le verifiche sono state svolte sul modello dell’edificio già consolidato e ristrutturato poiché non avrebbe avuto senso svolgere le verifiche sullo stato di fatto, ovvero sui resti dell’edificio esistente che si trova in pessime condizioni strutturali (gran parte dei solai e della copertura sono crollati o pericolanti, le scale sono crollate, ecc.)

7 – Fase analitico selettiva.

In questa fase ho selezionato, tra le varie soluzioni tecniche e di dettaglio strutturale

necessarie al superamento delle verifiche sismiche, quelle che ottimizzassero i

requisiti di sicurezza strutturale, benessere termoigrometrico dei locali, di aspetto

estetico e di gestione (ad esempio ho scelto di precomprimere alcuni maschi murari

tramite tiranti verticali invece di utilizzare il betoncino su tutte le pareti perimetrali

evitando così di “impacchettare” le murature esistenti in pietra e laterizio tra due

fogli impermeabili di cemento armato).

(10)

8 – Fase di sviluppo.

In tale fase ho redatto tutti gli elaborati di progetto e di dettaglio strutturale per descrivere l’attuabilità tecnica della soluzione proposta.

9 – Fase di presentazione.

In tale fase ho reso presentabile e sinteticamente comprensibile alla commissione giudicante il mio progetto di Tesi, evidenziando i motivi delle scelte compiute.

OBIETTIVO DELLA TESI:

Obiettivo principale della presente tesi è di dar nuova vita ad un edificio rurale risalente al 1908 (la casa colonica del Podere Dell’Annunziata) trasformandolo in residenza esclusiva ad uso privato (ipotizzando quindi una committenza di tale tipo).

Le operazioni di rifacimento saranno curate seguendo un’attenta ristrutturazione dell’esistente volta a mantenere la tipicità toscana ed il recupero del territorio nel rispetto delle tradizione e del fascino del luogo. La ristrutturazione dovrà comunque soddisfare tutte le esigenze di sicurezza, benessere, fruibilità, aspetto, gestione, integrabilità e salvaguardia dell’ambiente ed avere tutti i requisiti necessari a soddisfarle rispettando un alto standard prestazionale quale si richiede all’esclusività del luogo.

In tale sede verrà anche svolto un progetto preliminare riguardante la ristrutturazione dell’annesso agricolo del casolare in esame (il fienile) inteso come edificio minore congiunto come complemento a quello principale (dependance).

Obiettivo personale è quello di acquisire dimestichezza con l’ostica e (fino allo

svolgimento del presente lavoro) sconosciuta nuova normativa sismica. Nello

specifico sperimentare l’attuabilità della stessa anche nell’ambito del recupero di

edifici esistenti in muratura ed in precarie condizioni statiche fermi restanti i vincoli

derivanti dai Regolamenti Urbanistici locali che vietano per lo più (per

ristrutturazioni di questo tipo) l’uso di materiali e di tecniche non tradizionali e che

vietano lo snaturamento dell’organismo esistente obbligando al rispetto

dell’interesse storico, ambientale ed architettonico ed in genere al rispetto della

memoria agricola.

(11)

Capitolo 1 L’analisi conoscitiva

1.1 BREVE STORIA DEL COMUNE DI PECCIOLI

Peccioli si erge in posizione dominante sul crinale delle colline che dividono in due la valle dell’Era e quella del Roglio. Il primo documento su Peccioli risale al 793 in cui si parla di una chiesa di San Quirico in Peccioli.

Nel 1063 un altro documento testimonia una donazione del marchese Alberto a favore della Badia di Poggibonsi, di un terreno posto in loco Petiole. Nel 1115, i Da Catignano, signori del castello di Peccioli, vendettero i loro privilegi al vescovo di Volterra. Come altri centri della Valdera anche Peccioli ebbe doppia giurisdizione (spirituale e civile) con tutte le ambiguità relative che determinarono dispute continue. In questa epoca fu consolidato il castello mentre le torri sono successive.

Il castello di Peccioli venne attribuito a Castruccio Castracani, famoso condottiero edificatore di rocche su tutti quei territori dove ebbe potere, dal territorio del Volterrano a quello della Lunigiana; l’imponente costruzione era una delle più temibili di tutta la Valdera.

Il castello, in posizione geografica strategica fu a lungo conteso tra le Repubbliche di Pisa e Firenze. Una tradizione orale si rifà ad una interpretazione di sapore localistico:

“Peggio-lì”. Durante le lotte tra Pisa e Genova per il possesso della Sardegna (1163), i pecciolesi guidati dal capitano Giovanni Borgherucci, si impadronirono di alcune località limitrofe.

Nel 1192 il castello di Peccioli venne venduto da Matilde, vedova del conte Ildebrando di Ugo, al vescovo di Volterra Galgano De’ Pannocchieschi e un successivo atto dell’imperatore Arrigo VI nel 1192 lo inviò sotto la giurisdizione del Comune di Pisa.

Nelle guerre tra guelfi e ghibellini, Pisa nel 1282 perse nuovamente il potere sulla

Valdera e lo riottenne soltanto con il trattato di Fucecchio del 1293. Nel 1406 con la

fine della Repubblica pisana Peccioli passa prima sotto la Repubblica fiorentina e poi al

Granducato di Toscana, conoscendo momenti particolari come nel 1431 quando

conobbe l’occupazione di Niccolò Piccinino generale del Duca di Milano ed una breve

(12)

ribellione nel 1529 al tempo dell’assedio di Firenze. Sotto i Medici, Peccioli fu sede di podesteria con giurisdizione su molti centri vicini, da Ghizzano a Castellina e nel 1776 divenne capoluogo del comune. Con Leopoldo II, Peccioli divenne nel 1844 sede di Cancelleria con giurisdizione su Lajatico e Terricciola. L'11 e 12 marzo 1860 ci fu il

"plebiscito" per l'annessione al Regno Sabaudo. Dei 1716 aventi diritto al voto, soltanto 1065 andarono alle urne: per l'unione al Regno Sabaudo si ebbero 838 voti, mentre contrari se ne ebbero 212; 15 le schede nulle.

Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, Peccioli subì diversi bombardamenti. Il 19 marzo del 1944 i repubblichini nel corso di un rastrellamento arrestarono 11 giovani. La notizia mobilitò il paese, con centinaia di persone che aspettarono l'arrivo del camion al bivio di via Carraia per impedirgli il passaggio, mettendo in fuga i fascisti. Il mattino del 14 luglio 1944, le truppe americane liberarono il paese.

Caduto il fascismo, gli ordinamenti democratici vennero ripristinati. Il 2 giugno 1946 i pecciolesi furono chiamati alle urne per pronunciarsi sul referendum istituzionale.

Schiacciante fu la vittoria per la Repubblica che ottenne 2863 voti contro i 1764 per la Monarchia.

CRONOLOGIA:

590 San Verano passa da Peccioli

620/60 I monaci di San Colombano piantano la vite sulle colline di Peccioli 660/80 Costruzione della rocca

1000/50 Assetto del castello con la prima cinta muraria che racchiude il borgo 1100 circa La chiesa di San Verano viene elevata al rango di Pieve autonoma 1115 Da Catignano, Signore di Peccioli vende il castello al vescovo di Volterra

1115/30 Il vescovo di Volterra cede il castello di Peccioli e tutta la Valdera all'influenza pisana

1140/63 Peccioli si rende autonomo ed acquisisce l'egemonia sulla Valdera 1163 Pisa riconquista il dominio su Peccioli e sulla Valdera

1282 I Guelfi di Peccioli insorgono e cacciano in esilio i Ghibellini aderenti a Pisa. Il castello torna sotto l'egemonia del vescovo di Volterra.

1284 Sconfitta di pisa alla Meloria. L'esercito fiorentino conquista la Valdera

1293 Pace di Fucecchio tra Pisa e la lega Guelfa Toscana. Il castello di Peccioli ritorna

sotto il dominio di Pisa.

(13)

1300/20 Per ordine di Castruccio Castracani, Signore di Pisa, il castello di Peccioli viene notevolmente ampliato e fortificato

1362 I Fiorentini conquistano, a patti, il castello di Peccioli e abbattono la rocca nella quale il capitano pisano aveva voluto rinchiudersi rifiutando la resa. Firenze riordina la costruzione della rocca.

1364 Pace fra Pisa e Firenze. La Valdera torna sotto il controllo Pisano

1405/06 Il castello di Peccioli ritorna sotto il dominio di Firenze, venduto con tutta la Valdera da Pietro Gaetani, cittadino pisano traditore della sua città. La Repubblica di Pisa cade sotto il dominio di Firenze.

1430/31 I Pecciolesi, insofferenti al dominio di Firenze, aprono le porte all'esercito milanese del duca Visconti, al comando del generale Niccolò Piccinino che occupa tutta la Valdera. Partito l'esercito milanese, Firenze ritorna in possesso del castello di Peccioli.

1529 Nuova ribellione dei Pecciolesi al dominio fiorentino che aprono le porte alle truppe dell'Imperatore Carlo V, comandate dal principe d'Oranges

1531 Smantellamento definitivo del castello di Peccioli ad opera dei Fiorentini, dopo la partenza delle truppe del principe d'Oranges

1642 Costruzione della Chiesa del Carmine 1776 Peccioli diventa Capoluogo

1800 circa Con la dominazione francese a Peccioli viene istituita la "Giudicatura di Pace" con giurisdizione su Peccioli, Lajatico e Palaia

1844 Con Leopoldo II, Peccioli è sede di Cancelleria con giurisdizione su Lajatico e Terricciola

1860 Nel "Plebiscito", Peccioli si pronuncia per l'unione del regno Sabaudo 1869 Si costituisce la Confraternita della Misericordia

1912/20 Ferdinando Pescatori Sindaco di Peccioli. Con la sua elezione si esaurisce l'egemonia aristocratica.

1923 La Cancelleria di Peccioli viene soppressa

1929 Il Re Vittorio Emanuele III visita Peccioli in occasione dell'inaugurazione del

monumento ai caduti 1944 (19 marzo) Sollevazione popolare in seguito ad un rastrellamento organizzato dai

Repubblichini

1944 (2 maggio) Si costituisce il Comitato di Liberazione Nazionale di Peccioli

1944 (14 luglio) Liberazione di Peccioli

(14)

1945 Luigi Bulleri primo Sindaco di Peccioli del dopoguerra 1946 Peccioli si pronuncia in favore della Repubblica

1965 Cafiero Campani Sindaco della prima giunta di centro/sinistra (Dc, Psi, Psdi) 1990/2004 Renzo Macelloni Sindaco di Peccioli.

1997 Si costituisce la Belvedere Spa società a capitale misto pubblico-privato tra il Comune di Peccioli e l'azionariato diffuso per la gestione dell'impianto di smaltimento dei rifiuti di Legoli.

ITINERARIO ALL'INTERNO DEI CENTRI ABITATI

Passeggiando attraverso vicoli e strade dei centri del capoluogo e delle frazioni è possibile ammirare un numero elevato di emergenze architettoniche: palazzi storici, edifici rurali, giardini, di maggiore e di minor importanza, che tutti insieme hanno contribuito a formare la storia del nostro territorio.

Peccioli Fabbrica Ghizzano Legoli Montecchio Montelopio Libbiano Pratello Cedri La Bianca

INSEDIAMENTI NEL TERRITORIO AGRICOLO

(15)

CONNOTATI ARCHITETTONICI

L’assetto urbano di Peccioli, coincidente con l’attuale nucleo più antico, si definisce nel XIII secolo. Fin dall’XI secolo il castello, costruito sul poggio detto della

“Castellaccia”, assume forma possente benchè privo delle due possenti torri quadrate.

Quest’ultime conferirono quell’aspetto temibile ed inespugnabile di tutta la Valdera.

Sempre nel XIV secolo furono costruite le mura intorno alla rocca per la lunghezza di circa un miglio, ripartite in sei cortine , a cui corrispondevano sei torri. Permane qualche traccia di tre delle sei torri e di due porte. Di notevole pregio sono le antiche tipologie abitative del borgo, dove le più ricche possedevano cisterne e profondi pozzi; abitazioni, case-torri, vicoli, chiassi convergono verso l’antica rocca e presentano numerose arcate e sottopassaggi (forse corrispondenti ad altrettante successive cinte murarie).

Larghi tratti dell’antico camminamento di ronda permangono nel lato occidentale ed orientale del paese. La Porta Pisana, ormai smantellata è ancora riconoscibile nel parametro murario del palazzo Orsini che poggia su di essa, nel quale sono visibili le feritoie per le prime armi da fuoco.

Principali opere di rilievo architettonico:

Torre di casa Lampredi Torre di Corbiano

Fattoria Gaslini – Edificio ex Gaslini Porta Carraia

Chiesa prepositura intitolata a San Verano Loggiato

Chiesa intitolata alla Madonna del Carmine Convento dei Cappuccini intitolato a San Michele Palazzo Pretorio

Palazzo Comunale

Edificio della Misericordia

Convento delle Suore Domenicane Palazzina di Belvedere detta “Cafè Haus”

Palazzo in via Lambercione

(16)

Palazzo Pescatori

Torretta di Piazza Scarselli Canonica ed edifici contigui Porta medioevale

Villa e dipendenza del Palazzo Dofour-Bertè Palazzo in Piazza Monsavino

Edificio in piazza Frà Domenico da Peccioli

Palazzo prospiciente piazza Frà Domenico da Peccioli Palazzo Zucchelli

Palazzo Tomei-Albiani Palazzo Pecori

Edifici in via Matteotti Palazzo Nazzi

Palazzo Orsini

Edificio detto “Il Fratino” proprietà Buselli Palazzo Montorsi

Ex giardino della fattoria Gaslini, oggi centro polivalente Palazzo ex-sede Cassa di Risparmio

Palazzo ex proprietà Merlini Villa Bindi

Piazza Domenico Da Peccioli e la Chiesa di San Verano

La chiesa, anticamente piccola cappella, succursale della Pieve al Pino, venne

elevata a rango di pieve sul finire del sec. XI. L’attuale pieve, anche se non

documentato da scavi archeologici sul posto, è probabilmente il secondo sito

della pieve di Peccioli, come ipotizzato e documentato nel libro di F. Trombi “Il

castello di Peccioli e il suo territorio nei secoli XIV-XVI”, nella nota n.163 pg

49. Nel libro si fa cenno al toponimo alla Pieve Vecchia, localizzata a lato della

torre di parte guelfa sulla Castellaccia. La pieve attuale fu costruita entro il

perimetro dell’antico castello, a tre navate, con archi a tutto sesto, ma di luce

diversa poggianti su colonne in mattoni con capitelli in pietra, di ispirazione

romanico-pisana, benchè priva di armonia nelle proporzioni. Orientata a

(17)

ponente, porge la facciata posteriore verso la piazza principale del paese.

Successivamente nel XII secolo venne ampliata. Già sotto la dominazione fiorentina si avvia il rifacimento della chiesa e il suo ampliamento mediante la costruzione sul lato sinistro delle due cappelle dedicate al SS. Sacramento e alla SS. Assunta. Di quest’ultima sono celebri il soffitto in legno dorato, il banco priorale e i banchi dei cantori, tutti realizzati nel XVI secolo. Il loggiato, che la storiografia locale fa risalire al 1821, (da documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Pisa), in relazione ai beni della Compagnia dell’Assunta di Peccioli, risalirebbe ai primi del seicento, in quanto è rammentato come soprastante agli otto fondi appigionati di proprietà della medesima Compagnia nell’estimo del 1621, mentre non si ha citazione tra i beni del successivo estimo del 1657.

Il loggiato costruito, caratterizzava la piazza ed eliminò la scalinata di accesso

all’ingresso principale. Nel dopoguerra il loggiato è stato demolito totalmente

nella parte laterale, mentre rimane ancora oggi con la funzione di terrazza

prospiciente l’ingresso principale della Chiesa. Nel 1885 venne costruito il

campanile su disegno dell’Arch. Bellincioni di Pontedera, di chiaro stile

eclettico, sulla base della preesistente torre campanaria, di cui ancora oggi

rimangono visibili le pietre del basamento, in prossimità del tetto dell’attigua

casa canonica .

(18)

RISTRUTTURAZIONE DEL CAMPANILE

È terminato lo scorso Aprile l'intervento di restauro del campanile che ha permesso di rendere la torre campanaria dell'Architetto Bellincioni visitabile e utilizzabile dal pubblico come punto panoramico speciale.

Chiesa Madonna Del Carmine (Peccioli)

Piazza del Carmine

Fu costruita nel 1642 (come si legge sulle due lapidi marmoree poste sulla facciata nord e sulla porta d’ingresso) sulla piazza all’epoca denominata “del Fosso”.

La tradizione popolare e la stessa lapide marmorea prima rammentata (dove è

descritta sinteticamente la storia della chiesa), vuole che l’antica cappella o

cappelle, di cui ormai sono state perse le tracce e che doveva essere situata in

prossimità del vicino al torrente Racosa o Roglio (intitolate a SS. Jacopo e

Bartolomeo e localizzata/e in S. Lorenzo a Gello) fu interamente demolita e

riedificata in parte anche usando le antiche pietre. E’ da far risalire alla

medesima cappella anche un affresco scoperto recentemente e posto sull’altare

(19)

della chiesa. Dopo il terremoto del 1846, la chiesa venne restaurata e nel 1849 vennero costruiti il loggiato antistante e il campanile.

Accanto alla chiesa, nella parte a confine con l’attuale via Provinciale, come era consuetudine fino alle leggi napoleoniche e come è riportato anche nel catasto Leopoldino del 1830, era presente un piccolo campo santo.

Pieve Santa Maria Assunta

Via della Chiesa

Chiesa plebana intitolata a Santa Maria Assunta, Giovanni e canonica

Antica pieve risalente al X secolo. Nel 1346 la pieve era matrice di quattro

parrocchie. Nel 1405 pare sia stata restaurata dai Gaetani, nel 1417 da un

pievano, il fiorentino Rosso di Antonio dei Rossi. Nel 1576 fu danneggiata a

causa di un cedimento del terreno e da allora ha subito numerosi interventi di

restauro. Nel secolo XVII la chiesa, a tre navate, in pietre squadrate, era lunga

35 braccia e larga 16. In particolare nel 1832 è stata rimodernata con volte,

quadratura dell’abside e delle colonne, rialzamento. Lo stile romanico è stato

(20)

riportato alla luce da un recente restauro. La canonica è anteriore al 1875. Nel 1875 è stato demolito il vecchio campanile e sostituito con uno nuovo. Nel 1862 la cappella laterale della Compagnia è stata voltata.

Oratorio Santa Caterina Benozzo Gozzoli

Via Benozzo Gozzoli

L'oratorio di Santa Caterina è collocato su un piccolo poggio sul colle della frazione di Legoli circondato da un'area verde e attiguo ad un parcheggio.

L'opera fu iniziata nel 1478, quando Benozzo Gozzoli, fuggito da Pisa con la

famiglia a causa di un'epidemia di peste, trovò rifugio a Legoli. Nel 1479

(21)

terminò l'opera, elevata come la sua più toccante cappella stradale realizzata.

Nel 1821, Alessio Della Fanteria eresse un oratorio in muratura attorno al tabernacolo perché servisse come sua cappella funeraria. Nel 1994 è stata realizzata una pavimentazione esterna, mentre su tre facciate sono state installate delle vetrate che permettono una visibilità degli affreschi sull'esterno. L'ingresso della cappella è garantito da una porta retro posta sul lato settentrionale.

Lato Est: Crocefissione con la Vergine e i Santi Francesco Domenico e Giovanni Evangelici. Lo stato degli affreschi è molto degradato: per secoli infatti, sono stati esposti alle intemperie e nel 1821 la costruzione dell'oratorio invece di proteggerli intrappolò l'umidità peggiorando ulteriormente la situazione. La comparazione degli affreschi al loro stato attuale con fotografie precedenti dimostra come essi abbiano continuato a deteriorarsi. La parte inferiore di ogni lato è andata perduta e i frammenti che restano sono completamente abrasi in alcune aree fino all'intonaco e al mattone della struttura stessa.

Il tabernacolo della Cappella di Legoli vedrà un intervento di recupero, concepito come una sistemazione estesa anche alla pertinenza della Cappella in modo da permetterne una contestualizzazione coerente con i caratteri di ruralità del paesaggio in cui il manufatto è inserito.

Il pittore fiorentino Benozzo di Lese, meglio conosciuto come Benozzo Gozzoli è uno dei grandi protagonisti dell'arte italiana del XV secolo. Nato a Firenze nel 1420 ca., cresce dal punto di vista professionale in un'epoca fondamentale per lo sviluppo dell'arte della storia fiorentina. All'età di venticinque anni diviene il più stretto collaboratore di Beato Angelico. Nel 1438 contribuisce all'esecuzione degli affreschi della chiesa e del convento di San Marco a Firenze. Si impegna a lavorare tra il 1444 e il 1447 alla Porta del Paradiso del Battistero di Firenze.

Attorno al 1450 inizia ad affermarsi come artista autonomo. Lavora a

Montefalco nella chiesa di San Francesco; nel 1459 inizia la decorazione della

Cappella in Palazzo Medici. Nel 1467 è a San Gimignano nella chiesa di

Sant'Agostino.Nel 1468 si trasferisce a Pisa dove l'Opera del Duomo gli

commissiona la decorazione del Camposanto. Il capolavoro che lo impegnerà

per 17 anni, lo consacrerà, ormai magister, agli occhi dei contemporanei. Nel

1478 un'epidemia di peste si abbattè sulla città e Benozzo fu costretto alla fuga

(22)

trovando rifugio sulle colline di Legoli dove si dedicò alla realizzazione della Cappella di Santa Caterina.Negli anni successivi Benozzo dipingerà altri due tabernacoli fra la Valdelsa e la Valdera; nel 1484 realizzerà le decorazioni del Tabernacolo della Madonna della Tosse e nel 1491 il Tabernacolo della Visitazione.

FABBRICA

CENNI STORICI E CONNOTATI ARCHITETTONICI

Seguendo il crinale che scende da Peccioli si incontra Fabbrica. La prima testimonianza giunta fino a noi di tale insediamento risale ad un atto redatto a Pisa nel 1137. Nel 1163 venne conquistata dall’esercito pisano che già aveva conquistato Peccioli. Nel 1201 venne restituita al vescovo di Volterra insieme a Peccioli, Lajatico, Ghizzano e Legoli.

Nel 1275 cadde nuovamente sotto il dominio pisano. Dopo alterne vicende con i pisani e fiorentini, con la pace di Fucecchio nel 1293 torno ancora sotto Pisa anche se come proprietà dei Gaetani. Il castello venne eretto in quegli anni, ed era munito di quattro torri angolari e di un alto mastio centrale con campane. E’ probabile che gli stessi Gaetani avessero fatto cingere il borgo sottostante la rocca con un’altra cinta muraria.

Dopo un lungo periodo di pace, rimase nuovamente coinvolta nelle guerre tra Pisa e

(23)

Firenze e nel 1364 ricadde sotto il dominio pisano. Nel contempo la famiglia Gaetani ampliò le sue proprietà a Cedri, Montelopio, Pietra Cassa, Miemo, Orciatico e Lajatico.

Nel 1405 Pietro Gaetani cedette il castello a Lajatico, Orciatico e Pietra Cassa in cambio di alcuni privilegi e maggior prestigio. Nel 1450 vennero abbattute, per volontà della Podesteria di Firenze, le quattro torri della rocca. Nel 1576 parte della rocca fu concessa a Giacomo Giovanni dei Riccardi; nel 1657 una parte quarta passò a Giacomo e Sinibaldo di Cammillo dei Gaddi. Nonostante i restauri della rocca del 1685, nel XVIII secolo ebbe inizio una sistematica demolizione di essa per ricavarne materiale per la costruzione delle case del borgo. Nel 1889 vennero abbattuti gli ultimi resti del mastio.

Opere di rilievo architettonico:

Cappella di San Rocco

Chiesa plebana intitolata a Santa Maria Assunta, Giovanni e canonica Villa Rosselmini Ricciardi oggi Rosselli del Turco e Cappella

Palazzo Torre

Comparto edilizio “il Castello”

Fattoria “Del Turco”

Podere San Giusto

GHIZZANO

CENNI STORICI E CONNOTATI ARCHITETTONICI

L’importante posizione geografica del suo castello, posto tra Castelfalfi e Peccioli, fra la

Val d’Era e la valle dell’Egola, fu ripetutamente contesa tra la Repubblica di Pisa e il

vescovo di Volterra e poi tra la Repubblica di Pisa e il Vescovo di Volterra e poi tra la

Repubblica di Pisa e il Comune di Firenze. Ghizzano viene menzionata in un

documento del 988 a proposito di due poderi posti “in loco et finibus Ghizzano”. Nel

1139 il conte Ranieri, detto Pannocchia, cedette tutte le sue proprietà e paesi limitrofi al

vescovo di Volterra, Ademaro Ademari. Anche nel 1161 Guglielmo del fu conte Ranieri

alienò le sue proprietà a favore del vescovo Galgano del Pannocchieschi. Il potere dei

Pannocchieschi si esercitò fino al 1284 quando cadde sotto il dominio pisano a cui

seguirono alterne vicende scandite da periodi di pace e di floridezza economica e intensi

traffici commerciali. Nel 1406 infine venne assoggettata a Firenze.

(24)

Opere di rilievo architettonico:

Palazzo Venerosi-Pesciolini Palazzo Cavoli-Venerosi

Pieve di San Germano e Prospero Palazzo della Canonica

Chiesa SS. Annunziata Cappella Privata Pesciolini Cappella San Rocco

Edificio ex fattoria Pesciolini Edifici ad uso di annessi agricoli Edifici in via della chiesa

Giardino all’italiana del Palazzo Venerosi-Pesciolini

LEGOLI

CENNI STORICI E CONNOTATI ARCHITETTONICI

Il borgo era composto in origine dal Castello e dalla Pieve. Nel 1186 la corte e il castello vennero acquistati dal vescovo di Volterra, e nel 1201 caddero i sotto il dominio pisano. Probabilmente Pisa, nel 1336 avrebbe distrutto il castello al fine di non permettere il rifugio ai fuoriusciti politici. Quando Firenze si impossessò di Pisa, anche Legoli vi si sottomise. Dal 1406 in poi Legoli ha seguito le sorti di Peccioli.

Recentemente sono state scoperte delle tombe etrusche nel paese, come descritto dettagliatamente nel volume di S. Bruni “Legoli un centro minore del Territorio Volterrano”.

Opere di rilievo architettonico:

Chiesa di San Giusto e Bartolomeo Oratorio di Santa Caterina

Cappella San Rocco

Chiesa Madonna delle Grazie Villa Susini

Palazzo Serragli Comparto edilizio Tombe a nicchiotto

Cappella privata San Pierino

(25)

MONTECCHIO

CENNI STORICI E CONNOTATI ARCHITETTONICI

Il castello di Montecchio si erge in posizione dominante sulla sommità di un crinale. Fu un importante rocca per la difesa di Peccioli ed ancor oggi, nonostante le numerose manomissioni, ne conserva l’aspetto. L’abside della Chiesa che chiude ad occidente il piccolo borgo, è stata ricavata in un vecchio torrione della rocca. Il Conte Ranieri, detto

“Pannocchia”, nel 1139 vendette la rocca e le altre proprietà di Guizzano, cedendole al vescovo di Volterra.

Il castello di Montecchio fu uno tra i più contesi tra Pisa e Firenze, e venne coinvolto nelle guerre di quest’ultime tra il XIII e XIV secolo. Nel 1406 seguì le sorti di Peccioli, quando, come per il territorio della Repubblica di Pisa, Montecchio passo sotto il dominio fiorentino.

Opere di rilievo architettonico:

Parrocchia SS. Lucia e Pancrazio Comparto edilizio

Cappella privata San Pierino

MONTELOPIO

CENNI STORICI E CONNOTATI ARCHITETTONICI

Il borgo, posto sul crinale della collina, lungo la strada che da Fabbrica conduce a Cedri, nasce intorno alla chiesa parrocchiale, intitolata a San Martino, già piviere di Fabbrica, trasferita in seguito in quella di Peccioli. E’ stata mansione dei templari o dei Cavalieri di Rodi. In questa frazione si sono succeduti numerosi proprietari, dai Gaetani ai Quadratesi, dai Frescobaldi ai Montato, dai Barbolani ai Gaddi, dai Barlati-Nerli ai Bianchi.

Cappella San Domenico.

L’antica chiesa di San Martino, in stile romanico, già piviere di Fabbrica, venne denominata nel 1860 e quindi sostituita dalla cappella di San Domenico.

Opere di rilievo architettonico:

Fattoria-villa padronale, Ballati Nerli - ex proprietà Fortuna Cappella privata, proprietà Fortuna

Palazzo Mazzetti e parco

Palazzo Fortuna

(26)

Casa colonica

Rimessa attrezzi agricoli “Tadini”

Edificio con portici Edificio di rilievo

Azienda Agricola Fattoria di Celli

LIBBIANO

CENNI STORICI E CONNOTATI ARCHITETTONICI

La frazione di Libbiano, posta sul crinale tra Legoli e Ghizzano, non ha molte notizie storiche.

Fin dal XII secolo la sua chiesa venne assegnata dai vescovi di Volterra ai camaldolesi della Badia di San Cassiano a Carigio, sul Roglio. Nel 1785 Libbiano vide soppresse due compagnie: quella intitolata alla Madonna e quella al SS. Rosario. Il tipico borgo agricolo possiede una chiesa barocca a pianta poligonale di notevole pregio architettonico.

Opere di rilievo architettonico:

Chiesa di San Germano Pieve di San Pietro

Case coloniche del borgo e annessi

Casa colonica aggregata alla chiesa di San Germano

PRATELLO

CENNI STORICI E CONNOTATI ARCHITETTONICI

Trattasi di un piccolo nucleo facente capo a Libbiano, noto per la villa-fattoria dei Della Gherardesca.

Opere di rilievo architettonico:

Oratorio Sant’Anna

Villa-Fattoria dei Della Gerardesca

CEDRI

CENNI STORICI E CONNOTATI ARCHITETTONICI

Il nome di origine etrusca deriva probabilmente da Cetruna o Ceturnei. Fu dominio

feudale di alcuni signori rurali già proprietari di Montecuccari e nel 1160 venne venduto

al vescovo di Volterra Galgano. Nel 1282 i pisani rivalsero il possesso della villa di

(27)

Cedri. Nel 1288 tornò sotto il dominio di Volterra. Nel 1329 passò sotto la giurisdizione pisana, dopo di che dopo lunghe contese tra Pisa Volterra declinò nelle mani dei fiorentini.

Opere di rilievo architettonico:

Chiesa di San Giorgio

Villa-fattoria Alemanni oggi Ferretti Case coloniche del borgo

Casa Padronale Monumento ai caduti

LA BIANCA

Opere di rilievo architettonico:

Villa del nucleo la Bianca

Casa colonica del nucleo La Bianca

Magazzini “cooperativa” del nucleo La Bianca Podere Cantina

INSEDIAMENTI NEL TERRITORIO AGRICOLO Mulino di Ripassaia

Torre “Merlini”

Chiesa Madonna delle Serre (o della neve)

ll’interno della Fattoria in Località Poggio Cosmiano

Pieve di San Bartolomeo al Pino Case Coloniche adiacenti la Pieve di San Bartolomeo al Pino

Villa Monti -Villa-fattoria Villa “Querci” già “Bardi” e “Mastiani” con villa residenziale e oratorio privato

“La Spinucola”

Scavi Fonterinaldi Scavi di Ortaglia Scavi di Mustiola

Ritrovamenti di Età Augustea

Montecuccari o Montecuccheri

(28)

1.2 LA CASA RURALE DELLA VALDERA ALLA META' DEL SECOLO SCORSO

Questa descrizione è tratta dalla IV parte, capitoli 3, 4 e 7 del volume di Giuseppe Toscanelli "La economia rurale nella provincia di Pisa" — Pisa, Nistri, 1861.

L'Autore, pur affrontando il problema in generale, per la descrizione del

"resedio" tipico guarda soprattutto quella della Fattoria La Cava, di sua proprietà, situata lungo la via che collega Montefoscoli a Pontedera.

Definizioni e note:

(1) PATTO DI PADULE:

Il patto di padule si dispone come la catasta della legna.

(2) CARRAIA:

E’ il luogo dove viene ricoverata la “carra” ( il carro o mezzo agricolo).

Alcuni chiamano la terrazza portico, e danno il nome di loggia o carraia al luogo ove sono ricoverate le carra.

(3) CASTRO:

Si chiama castro il casotto nel quale si tiene il maiale.

(4) TRINCIATOIO o TRINCIAFORAGGI:

Trinciatoio si chiama la stanza ove si riduce trito il foraggio prima di somministrarlo al bestiame.

(5) CASCINA:

Si dà questo nome al luogo nel quale si ripongono i foraggi secchi, questo luogo in alcune località della provincia si chiama ancora capanna o sovita.

(6) CIGLIERI:

Si da questo nome al bottaio. Nella casa colonica è la stanza dove vi sono le botti

cerchiate di legno, le bigongie, la pevera e i barili.

(29)

<<Lo spazio di suolo occupato dai fabbricati, e da tutto ciò che appartiene all'azienda colonica ha il nome di “resedio”, esso si divide in fabbricati ed in adiacenze; le adiacenze sono l'aia sulla quale si battono le grasce, quest'aia è circondata da pagliai collocati in modo da non impedire il corso ai venti dominanti, in estate. Tutte le aie hanno la forma circolare, ed il punto centrale rilevato, in generale sono di terra ma molte sono rivestite da una camicia di smalto. Vi è ancora il pozzo con pile onde lavare il bucato, abbeverare il bestiame, e fornire l'acqua al contadino, che da questo pozzo la estrae. Per tirarla più facilmente in alto si usa un congegno particolare che rende l'operazione più facile, questo congegno si chiama antenna. In prossimità della casa vi è uno spazio per girare all'intorno, onde avervi facile accesso; vicino al pozzo si incontro l'orto, ed in posizioni variabili la catasta della legna, le cassette per le api, che non sono davvero soggetto di cure speciali, la massa del letame quando non vi è concimaia murata, delle capanne di paglia; la palaia, delle bighe di patto (1) e la capra sulla quale si aguzzano i pali onde poterli mettere alle viti.

I fabbricati visti esternamente hanno dei caratteri particolari: al di sopra del tetto vi è sovente un casotto con piccole buche che serve per ricoverarvi i piccioni torraioli. La scala generalmente è esterna, e sporge fuori dalla linea di facciata; in cima alla facciata vi è una terrazza coperta, che dà accesso al piano superiore (2), dai lati della casa spesso vi sono tettoie appoggiate e sostenute da pilastri e fabbricati staccati come ad esempio il forno, il luogo comodo, i locali per le carra e per riporre il fieno, il tinaio, la concimaia, ed altri fabbricati destinati all'uso dell'azienda colonica. Tutto questo dà al resedio un aspetto particolare e bello nella sua semplicità, tantoché forse non vi è provincia in Italia, nella quale i coltivatori del terreno abbiano abitazioni più comode delle nostre, fino al punto da sembrare casini di delizia.

Girando con dei forestieri nelle nostre campagne mi è avvenuto di sentirmi domandare (alludendo ad una casa colonica) il nome del proprietario della villa, che per tale all'aspetto era stata dal forestiero giudicata.

Passando all'esame degli ambienti, questi possono dividersi in necessari ed utili; sono

necessari la stalla, la carraia, il cigliere, la cucina, il castro (3), il pollaio ed un numero

variabile di camere: questi locali si incontrano in tutte le case coloniche. La stalla

separata da quella delle vaccine, per i cavalli, i muli, o le pecore, il tinaio, il trinciatoio

(4), la cascina (5), la colombaia, il magazzino, il bottino, la concimaia, il forno, sono

locali che non sempre si trovano nella casa colonica. La fabbricazione del vino nelle

fattorie si fa alla azienda centrale, ed il tinaio è soltanto nei poderi più lontani, cui

(30)

sarebbe troppo scomodo portare l'uva alla fattoria. Spesso la trita si fa nella stalla nel cigliere, e così si supplisce alla deficienza del trinciatoio: se manca una stanza da destinarsi esclusivamente a magazzino, il capoccia tiene la grasce rinchiuse nella propria camera. Essendo riconosciuto che i piccioni torraioli sono più dannosi che utili, le colombaie vanno in disuso. L'ottimo modo nel quale si costruiscono i pagliai, la deficienza dei foraggi freschi alla quale riparano in parte i prati temporanei, ed alle volte delle capanne di paglia, provvedono alla mancanza della cascina. Le concimaie ed i bottini vanno grandemente aumentando; quando mancano, il letame sta ammassato sul suolo e la lettiera assorbe in gran parte l'orina.

Alle nostre case coloniche le porte e le finestre sono fatte in due modi diversi, uno dei quali, il più antico, è identico a come si facevano nel 1500. In generale può dirsi che i locali utili sono in via di incremento, e se si considera, il loro aumento nel corso di pochi anni può inferirsene che fra non molto s'incontreranno in tutte quante le case coloniche.

Le forme di quasi tutti gli oggetti mobili che si trovano nelle stanze destinate ad

abitazione del contadino sono quasi identiche alle forme Etrusche e Romane ossivvero a

quelle del tredicesimo e quindicesimo secolo. Il colono passa tutto il giorno nel campo e

all'aria aperta, la sera dimora quasi sempre in cucina; la cucina serve non solo per

prepararvi gli alimenti, ma altresì come stanza di conversazione, e da mangiare. Vi è un

piano poco rilevato da terra, sul quale si fà il fuoco; ad una certa elevatezza questo

piano è coperto da una cappa sporgente assai in fuori, ed appoggiata a due mensole, e ad

una travetta che le mensole sostengono; su questa travetta sporge una piccola tavola che

serve per posarvi qualche oggetto ed il muro della cappa, al di sotto vi è un chiodo al

quale si attacca il lume a mano, che ha una forma etrusca tanto spiccata e manifesta. Dal

camino pende una catena con un gancio, la catena è formata da varie campanelle di

ferro, in guisa tale che sospendendo il gancio a queste campanelle può alzarsi ed

abbassarsi a piacere il vaso che si tiene sul fuoco. Gli utensili adoprati onde porli attorno

al fuoco sono il calderotto di rame, che serve per riscaldare acqua, il paiolo nel quale si

fa la polenta, un paiolo assai più grande cui si dà il nome di caldaia; la caldaia è

adoprata onde cuocere gli erbaggi e scaldare l'acqua per i bucati. Vi è un altro vaso di

forma etrusca parimenti di rame, che serve specialmente per cuocere i fagioli, questo

vaso si chiama pentola di rame. Vi sono ancora delle pentole di terra che di quelle di

rame hanno la medesima forma, e dei tegami parimenti di terra, e di varie grandezze che

(31)

si adoperano per gli usi di cucina; si fà uso ancora di un altro vaso di terra, che ha la forma del calderotto, ed al quale si dà il nome di raveggio.

Sul piano del fuoco vi è la paletta che serve per rassettare il fuoco e levare la cenere; il treppiede che si usa per arrostirvi la roba, o porvi sotto il fuoco, e sopra dei vasi.

Attorno al fuoco si fa conversazione la sera, specialmente nelle lunghe serate d'inverno, e il capoccia ed i vecchi si assidono sopra dei grandi seggioloni della forma del 1300:

questi seggioloni si vedono tuttora dipinti nelle miniature degli antichi libri corali (Nel paese di S. Croce situato nel Valdarno di sotto, vi sono degli antichi libri corali nei quali si vedono i "seggioloni”). Dirimpetto al fuoco vi è la tavola per mangiare, di forma allungata; le tavole moderne sono sostenute da quattro gambe, ma se ne vedono tuttora di quelle del 1500, con due soli piedi tenuti insieme per mezzo di una staggia.

Nel senso della lunghezza della tavola vi sono due panche formate con un fusto di albero segato nel mezzo, e tenuto in alto da 4 piedi messi a barbacane. Il contadino fa vari pasti fuori, ed allora il sale ed il pepe si tiene in due piccole zucche; il vino si trasporta in un vaso di vetro circondato da vimini, al quale si dà il nome di fiasca, ma quando il pasto si fa alla casa allora si apparecchia sempre. In mezzo alla tavola la minestra si mette in un gran vaso di terra circolare ed incavato a callotta, al quale si dà il nome di scodellone; i tegami si collocano sopra un cestino di vimini onde non insudiciare la tovaglia. Ciascuno ha una scodella più piccola della forma dello scodellone. I cucchiai e le forchette sono di metallo. In alcuni luoghi non si adoperano le scodelle, e tutti mangiano, prendendo con il cucchiaio la minestra nello scodelllone, che rammenta la cena di Gesù Cristo, nella quale tutti gli Apostoli intingevano il pane allo stesso tegame. L'aceto sta in un fiasco e per il vino si adoperano due vasi diversi, la lucia di terra che tutti prendono in meno onde bere, questo vaso ha chiaramente la forma etrusca; in altri luoghi si adopera invece una gran boccia di vetro cui si dà il nome di boccione, ma da qualche anno l'uso dei bicchieri si va estendendo. L'acqua è in una gran fiasca e l'olio si tiene in due oliere di forma diversa, una delle quali è di vetro, ed a causa deiia sua forma ha il nome di ampolla. In altri luoghi si usa un vaso di latta cui si dà il nome di stagnatina: il sale ed il pepe stanno in una saliera di terra divisa in due scompartimenti onde tenervi in uno il sale e nell'altro il pepe.

Ancora i contadini hanno le loro feste ed i loro pranzi come in avvenire diremo, ed

allora adoperano le stesse stoviglie, che si usano alla fattoria, lo scodellone è bandito e

si fa uso del tegame. La carne sta nella giotta, e si adoperano come vassoi dei grandi

piatti circolari e profondi. Le scodelle sono più belle ed hanno degli uomini dipinti,

(32)

generalmente guerrieri. Pochi anni fa tutti i contadini avevano dei piatti a reverbero, ma la smania entrata nell'acquisto delle antiche terraglie ha fatto sì che questi si sono venduti agli antiquari. Sopra all'acquaio vi è una catinella di rame o di terra e la brocca per tenervi dell'acqua, questa brocca è di rame in pianura, di terra in collina, ed in ambedue i casi ha una forma Etrusca spiccata. Vi sono ancora-dei vasi che si chiamano catini, e questi si adoperano per rigovernare, e lavare gli erbaggi. Appesa al muro al di sopra dell'acquaio vi è la piattaia, nella quale si tengono le stoviglie, parimente dal muro pendono dei santi, la roccaia nella quale stanno le rocche, la fusaia per tenervi i fusi ed in qualche punto della cucina vi è l'arcolaio, e l'annaspo. Dalle pareti pende ancora un cencio nel quale stanno infilate le posate, ma non vi sono coltelli, perché tutti i contadini portano continuamente un coltello od un roncolino tascabile. Alle pareti od attorno al fuoco vi sono delle seggiole, ed in qualche punto le stadere di una forma primitiva, e la granata di saggina.

Tutti i contadini fanno il pane in casa; la madia si tiene in cucina col suo staccio e la sua staccina. Al di sotto della madia vi è un armadiolo, che serve per riporvi degli alimenti.

La massaia per far da cucina adopera degli utensili di legno, che si chiamano mestoli e si serve ancora di un ramaiolo di legno per cavare la minestra, e di una mestola bucata onde prendere l'erbe e prosciugarle dall'acqua. In cucina vi è ancora la paniera che si adopera per portare il vitto nei campi.

Nelle camere vi è un letto della forma del 1300, che si compone di un piano di tavole sospeso sopra due panche, il saccone ripieno di paglia, ed al di sopra contiene la coltrice, che si empie con piume, come si usava negli antichissimi tempi, sulla coltrice stanno il capezzale, le lenzuola ed il coltrone. Dalle pareti pendono vari santi: accanto alla parete vi è la cassa onde tenervi gli oggetti di abbigliamento come si faceva da tutti qualche secolo fà, ed ancora si ammirano dai contadini delle antiche casse dipinte del 1300. In vari punti della stanza vi sono delle seggiole, ed alle pareti sta infisso l'attaccapanni con tavole sopra, onde posarvi le scarpe, e qualche altro oggetto di abbigliamento. Tutti i contadini vanno a lavarsi all'acquaio, nella catinella comune, ma hanno sempre una catinella più fine, che tengono riposta onde servirsene attorno ai malati.

La "massaia custodisce la biancheria di casa, nella propria cassa, e quasi tutti i coloni

hanno della biancheria abbastanza fine, della quale si servono per le solennità o per le

persone di un qualche riguardo.

(33)

Il magazzino in generale è a piano, e là oltre la granata si trova la rasiera, lo staio, il bastillo, e le sacca; il capoccia vi custodisce il vino scelto, la carne salata che pende dalle travi, le provviste dei diversi alimenti, l'aceto, l'olio che sta entro a grandi zucche, la sporta con la quale va al mercato a fare le spese, i panieri per le frutta e dei Corbellini di una forma particolare, coi quali si portano le frutta al mercato; a questi Corbellini si dà il nome di colletti; nel magazzino si tiene ancora in deposito il castello, che serve per fare i bachi da seta, e l'ascia, la sega, i trivelli, ed i chiodi; questi arnesi nei giorni di pioggia si adoperano dal contadino per costruire la maggior parte dei suoi attrezzi: vi sono inoltre le stoie per coprire la roba sull'aia, sui barrocci, e sui carri, le funi per legare lo strame sopra il carro, la farina per la famiglia ed altri piccoli utensili.

Nel cigliere (6) vi sono delle botti cerchiate di legno, le bigongie, la pevera, e qualche barile.

Sotto il portico vi stanno i barrocci e le carra, questi veicoli sono costruiti in modo diverso; nella pianura pisana è assai grande, e vi si carica sopra fino a 2000 chilogrammi di fieno; in collina il carro è più piccolo; per caricare molto i carri con fieno, strame, o paglia vi si mettono sopra delle traverse di legno, ed allora si dice che il carro è armato.

In pianura si adopera un grande barroccio con tavole molto elevate, che si fermano quando il barroccio è carico con dei traversi di legno, e vi sono le molle onde poter elevare le tavole e collocare volendo una seggiolina sui cignoni. In collina il barroccio è più piccolo e le tavole si fermano con delle funi.

Verso Volterra in alcuni poggi erti e di difficile accesso, in guisa tale che non si potrebbero praticare col carro a ruote, si fa uso della treggia che tirano i bovi, e che strascica in terra.

Sotto il portico vi è ancora il cavalletto, macchina ingegnosa, che fa al contadino

l'ufficio del banco da falegname.>>

(34)

1.3 CULTURA E ARCHITETTURA DELLA CASA RURALE TRA PECCIOLI E MONTEFOSCOLI

1.3.1 L’AMBIENTE

La bassa collina montefoscolese, nel cuore della Valdera, va dai 50 ai 200 metri sul livello del mare, ma aperta verso di esso cui pur dista oltre 45 chilometri in linea d'aria.

Il territorio esaminato si presenta con una serie di piccole aree agricole che si succedono

a quelle boschive con un'alternanza regolare e proporzionata. In origine tutto il colle era

coperto di fitta boscaglia, da cui il toponimo Montefoscoli. Nel corso dei secoli, dal

manto selvoso assalito dall'uomo, furono conquistate aree per la coltura fino a

raggiungere un'armonico equilibrio, poiché nella vita del mezzadro anche le risorse del

(35)

bosco sono indispensabili quanto quelle agricole, traendo il mezzadro dall'ambiente circostante, tutto ciò che serve al sostentamento della sua famiglia.

Tuttavia qui la varietà non è assoluta, poiché essendosi la natura del terreno dimostrata particolarmente favorevole alla viticoltura, larga parte dei poderi è stata destinata a questa produzione.

Tale rivoluzione agronomica sarebbe comunque abbastanza recente se ancora nel 1861 la produzione vinicola non risultava, in questa valle, particolarmente importante.

“Come più volte abbiamo detto, poche sono le vigne, e quasi mai coltivate per produrre vino commerciabile; alle tenute vi è una piccola vigna col solo scopo di fornire alla famiglia del padrone uva da tavola, ed un poco di vino scelto per uso suo particolare”

(G. TOSCANELLI, L’economia rurale nella Provincia di Pisa. Pisa, 1861. pag 49).

E, comunque, l'uva da vino fu piantata in modesta quantità; soprattutto ci si specializzò in uva da tavola (tipo "bordeaux") di cui esistette un fiorente mercato, anche con l'estero, fino alla seconda guerra mondiale.

Il dopoguerra vide diffondersi uve da tavola più pregiate. Questo fenomeno mise in crisi l'economia della zona che d'altronde era priva di ogni altra risorsa sia industriale che commerciale o turistica. Molta mano d'opera trovò occupazione nella vicina industria motoristica della Piaggio (Pontedera dista solo 17 chilometri).

Molti ex addetti all'agricoltura, ora operai, continuarono tuttavia a risiedere nel paese, per cui l'abitato non subì flessione demografica, cosa che invece, si verificò tra gli abitanti delle case sparse.

Da un'indagine condotta dalla rivista "Cinquemattoni" (GIGI SALVAGNINI, La Valdera, morte di un paesaggio, in: “Cinquemattoni”, 1970, n° 5) risulta che tra 58 case coloniche montefoscolesi, tutte abitate da mezzadri, fino al 1950, nel 1969 ben 36 erano state abbandonate, e di queste solo 6 risultavano recuperate per altra destinazione.

Anche i poderi, nella quasi totalità, erano rimasti incolti, la crisi generale dell'agricoltura sconsigliava i proprietari dall'intraprendere iniziative di ogni genere.

Contemporaneamente, invece, si ebbe un certo sviluppo del centro abitato, ove vennero

impiantate alcune nuove infrastrutture e migliorate quelle esistenti: fognatura,

acquedotto, asfaltatura di tutte le vie di collegamento con l'esterno, restauro della chiesa,

sistemazione dei pur modesti impianti sportivi, ecc.

(36)

Ciò determinò un primo squilibrio dell'ambiente: in netto progresso il centro abitato (anche per le migliorate condizioni economiche degli abitanti), in rapido declino la campagna abbandonata ed inselvatichita.

Nel 1965 fu pubblicato il disciplinare per la denominazione "vino tipico chianti" nel cui comprensorio, come estrema frangia occidentale, rientrava l'area che qui stiamo esaminando. I proprietari ebbero allora quell'incentivo che era mancato prima, ed iniziarono un graduale recupero del territorio con l'impianto di vitigni adatti alla produzione di vini dalle caratteristiche stabilite dai disciplinare.

Naturalmente perché l'impresa risultasse economicamente conveniente si dovette operare una selezione dei poderi. Quelli che per la conformazione del terreno si prestavano alla lavorazione meccanizzata, furono recuperati; quelli di media pendenza e cupoleggianti, furono rimodellati, quelli ripidi o terrazzati vennero lasciati al loro abbandono.

Questa operazione determinò un rapido mutamento del carattere paesaggistico e consenti un recupero delle case rurali, prima abbandonate, come residenza di salariati agricoli che sovente erano gli stessi mezzadri di prima, mentre altra mano d'opera fu prelevata tra immigrati sardi, marchigiani ed abruzzesi. In alcuni poderi subentrarono anche coltivatori diretti.

L'entità del fenomeno è illustrata dai seguente confronto:

1969: 30 case abbandonate (52%) (indagine "Cinquemattoni") 1971: 23 case abbandonate (40%) (censimento generale del 4/X/71)

questa percentuale è rimasta immutata, a tutt'oggi, come risulta dalla presente indagine. Tuttavia va osservato che un mutamento c'è stato e sostanziale: se nel 1971 35 case coloniche ancora abitate erano per il 60% residenza di mezzadri che conducevano con tale sistema l'annesso podere, oggi solo tre svolgono questa funzione.

La selezione delle aree, avvenuta solo in base a criteri di sfruttamento, ha creato nuovi elementi di squilibrio nell'ambiente, che possiamo riassumere in tre punti:

Primo: Le aree abbandonate risultano essere di preferenza quelle adiacenti alle case

(spesso edificate in zone emergenti per ragioni psicologiche ed igieniche); lo stesso è

avvenuto per i poderi adiacenti al paese che sorge nella parte più elevata del territorio

sia per ragioni di salubrità che di sicurezza. Da cui dipende una sorta di isolamento del

centro abitato e la perdita di tutta una rete di viabilità pedonale che lo collegava con il

resto del territorio e soprattutto con le fonti, ormai inutili da quando nel 1954 fu

impiantato l'acquedotto.

Riferimenti

Documenti correlati

STATO DI CONSERVAZIONE Organismo con strutture ed elementi di finitura in cattivo stato di conservazione. DESTINAZIONE D’USO

Esercizio: adesso provate a fare il send e receive di una matrice tra due processi usando i diversi

- nel caso in cui un offerente risulti aggiudicatario di più di un lotto, allo stesso sarà affidata l'esecuzione del lotto di maggior valore economico ai sensi dell'art. - TUEL,

In data 01.04.2014 il Sindaco del Comune di Lastebasse, in qualità di capofila in forma associata con i Comuni di Tonezza del Cimone ed Arsiero, ha sottoscritto la convenzione con ODI

25.10.2007: partecipazione in qualità di relatore sul tema della pianificazione strategica e della governance locale nell’ambito della quinta edizione del Master di II livello MIMAP

Il prezzo offerto potrà essere anche inferiore di un quarto (1/4) al prezzo base e almeno pari all'offerta minima, ma in tal caso il professionista delegato potrà dar

Centro Sovracomunale di Protezione Civile sede della associazione locale di Protezione Civile alloggio non abitabile al piano primo.

3.1 La nascita del museo di Peccioli e l'incontro con il personale...pag.40 3.2 L'inaugurazione della nuova sede del Museo Archeologico presso la Fondi Rustici di